Enrico Borghi TRASFORMAZIONI DI GAUGE E MECCANISMO DI

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Enrico Borghi
TRASFORMAZIONI DI
GAUGE
E
MECCANISMO DI HIGGS
INTRODUZIONE
Il concetto di trasformazione/invarianza di gauge è fra i più ricchi di sviluppi e densi di
conseguenze della Fisica moderna. Si è imposto come base del Modello Standard ed è una
componente chiave anche della teoria delle stringhe, inclusa la sua variazione più recente,
la teoria M.
Scopo di questo studio è introdurlo nel modo più semplice possibile partendo da una analisi
del significato di gauge.
Da dove deriva il termine “gauge”?
Dopo la pubblicazione della Teoria della Relatività Generale furono fatti diversi tentativi
di unificare la nuova teoria della gravitazione con l’Elettromagnetismo.
Nel 1918 H. Weyl propose una unificazione basata su una modifica del concetto di connessione, oggetto matematico che in geometria riemanniana definisce la modalità del trasporto
parallelo di un tensore, trasporto che, a sua volta, sta alla base dell’operazione di derivazione in uno spazio dotato di metrica riemanniana.
Weyl propose di rendere le connessioni dipendenti, oltre che dal tensore metrico gαβ come
normalmente succede, anche da un vettore dello spazio quadrimensionale Φα e notò che
le connessioni cosı̀ ridefinite risultavano essere invarianti per le seguenti trasformazioni
simultanee
gαβ (x) → λ(x)gαβ (x) ; Φα (x) → Φα (x) − ∂α λ(x)
dove λ(x) è una funzione arbitraria di x.
Il modo di trasformarsi di Φα che lascia invariate le connessioni è uguale a quello in cui
può trasformarsi il potenziale elettromagnetico senza mutare le equazioni di Maxwell (lo
vedremo nel cap. 3 di questo studio) e quindi Φα può essere interpretato come potenziale
elettromagnetico, che viene cosı̀ ad essere agganciato al campo gravitazionale definito dal
tensore metrico.
L’invarianza fu denominata da Weyl Eichinvarianz, o invarianza per cambio locale di scala,
o di taratura, o di gauge (traduzione inglese del termine tedesco Eichung = taratura), o
di calibro con riferimento a λ(x)gαβ (x) che corrisponde a una variazione locale del calibro
gαβ (x) usato per misurare distanze.
Gli sviluppi della proposta di Weyl misero però in evidenza alcuni problemi, su cui non ci
soffermeremo, in conseguenza dei quali il tentativo fu abbandonato.
Tuttavia dopo l’avvento dell’equazione di Schrödinger (1926) ci si accorse che l’equazione di
Schrödinger nella funzione d’onda ψ (R, t) per una particella con carica elettrica q soggetta
ai potenziali ϕ e A è invariante per le trasformazioni simultanee
i q
ψ → ψe h̄ c α (R,t)
;
ϕ→ ϕ−
1 ∂α
c ∂t
;
A → A + ∇α
con α (R, t) funzione arbitraria di R, t, e queste trasformazioni sono simili alle trasformazioni di gauge introdotte da Weyl (Φ ≡ ϕ, A, v. Appendice B), salvo il fatto che ora non
2
si tratta più di una variazione locale di scala, ma di una variazione locale di fase della
funzione d’onda ψ.
Dunque le circostanze in cui la locuzione “trasformazione di gauge” veniva usata da Weyl
sono cambiate (non c’è più alcun riscontro con la nozione di “calibro”), e tuttavia questa
denominazione non è stata abbandonata ma è rimasta nel linguaggio della Fisica, e viene
usata con le seguenti precisazioni:
1) trasformazione di gauge di prima specie, o trasformazione globale di fase, quando α è
una costante (circostanza nella quale opera il teorema di Nöther);
2) trasformazione di gauge di seconda specie, o trasformazione locale di fase, quando α =
α (R, t), e quindi questa locuzione riguarda sia la funzione d’onda sia i potenziali, che sono
entrambi funzioni di α.
Conviene però notare che talvolta vengono usate altre denominazioni:
1) trasformazione globale di fase, quando α è una costante;
2) trasformazione di gauge di prima specie, quando α = α (R, t) e la trasformazione riguarda la fase della funzione d’onda ψ;
3) trasformazione di gauge di seconda specie, quando α = α (R, t) e la trasformazione
riguarda i potenziali.
*
*
*
Avvertenza: la notazione • (n = numero intero) collocata in un punto del testo segnala
che a quel punto viene fatto riferimento in altra parte dello studio.
n
3
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
1. LA LAGRANGIANA DEL CAMPO DI MAXWELL
Partiamo dalle equazioni di Maxwell

∇ · E = 4πρ





1 ∂B


∇×E = −
c ∂t

∇·B = 0






 ∇ × B = 4πı + 1 ∂E
c ∂t
e integriamo la terza ottenendo
E = E (R, t) ;
ρ = ρ (R, t) ;
B = B (R, t)
ı = ı (R, t)
B = ∇×A
(1)
(2)
dove A, detto potenziale vettore, è un campo vettoriale arbitrario (perché la relazione
∇ · ∇ × A = 0 è verificata da qualunque A). Notiamo che nella (2) A è un campo vettoriale
non del tutto definito perché rimane imprecisata ∇ · A, quantità che deve essere nota, oltre
a ∇ × A, per definire A come sappiamo dal Teorema di Clebsch/Helmoltz.
Ora osserviamo che, tenendo conto della (2), la seconda delle (1) diviene
1 ∂A =0
∇× E +
c ∂t
Integriamo questa equazione ottenendo
(3)
1 ∂A
= −∇ϕ
(4)
c ∂t
dove ϕ è un campo scalare detto potenziale scalare.
Nella (4) il segno meno è stato introdotto per rendere questa equazione concorde con
la equazione statica E(R) = −∇ϕ(R) nella quale il segno meno deriva dal fatto che
una carica elettrica positiva genera un campo elettrico E diretto radialmente e con verso
in allontanamento dalla carica, mentre genera un potenziale ϕ(R) che diminuisce se ci
si allontana dalla carica e quindi ∇ϕ, che indica entità, direzione e verso di massimo
incremento (per unità di lunghezza) di ϕ, è diretto radialmente e con verso in avvicinamento
alla carica, cosicché occorre scrivere E = −∇ϕ. Dalla (4) segue
E+
E = −∇ϕ −
1 ∂A
c ∂t
(5)
Abbiamo cosı̀ ottenuto di esprimere i campi E e B in funzione del potenziale scalare ϕ e
del potenziale vettore A.
Se inseriamo le (2) e (5) nelle (1) otteniamo:
1 ∂A ∇ · − ∇ϕ −
= 4πρ
c ∂t
1 ∂A 1 ∂∇ × A
∇ × − ∇ϕ −
+
=0
c ∂t
c ∂t
∇·∇×A =0
1 ∂A 1 ∂
∇×∇×A−
− ∇ϕ −
= 4πı
c ∂t
c ∂t
4
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
ovvero, tenendo presente che ∇ · ∇ = ∇2 e ∇ × ∇ × A = ∇∇ · A − ∇2 A
1 ∂∇ · A
= −4πρ
c ∂t
1
∂A
1 ∂∇ × A
− ∇×
=−
c
∂t
c ∂t
∇·∇×A =0
1 ∂2A
1 ∂ϕ ∇2 A − 2 2 − ∇ ∇ · A +
= −4πı
c ∂t
c ∂t
∇2 ϕ +
(6)
Notiamo che la seconda equazione di questo sistema è una identità e la terza è una relazione
valida per qualunque campo vettoriale.
*
*
*
In notazione 4-dimensionale le (2) e (5) diventano
F = −(
Φ−Φ
)
dove F è definito dalle (B8) e (B9), Φ è definito dalla (B7) e
Ad esempio:
dalla (B14).
F12 = −(∂1 Φ2 − Φ1 ∂2 ) = −(∂x (−Ay ) − ∂y (−Ax )) = ∂x Ay − ∂y Ax = (∇ × A)z = Bz
in accordo con la (B8).
*
*
*
Applichiamo il formalismo lagrangiano per ricavarne la prima e la quarta delle (6) che qui
riscriviamo:
1 ∂∇ · A
= −4πρ
c ∂t
1 ∂2A
1 ∂ϕ ∇2 A − 2 2 − ∇ ∇ · A +
= −4πı
c ∂t
c ∂t
∇2 ϕ +
(7)
(8)
Introduciamo la seguente densità lagrangiana (v. Appendice C)
∂A
L ϕ, A, ∇ϕ, ∇A,
∂ct
1
=
8π
∂A
−∇ϕ −
∂ct
∂A
· −∇ϕ −
+
∂ct
−
1
ε : (∇A) · ε : (∇A) − ρϕ + ı · A (9)
8π
dove ε è il tensore di Levi-Civita dello spazio 3-dimensionale (ricordiamo che ε : (∇A) è
un modo per scrivere ∇ × A).
La scrittura simbolica che è stata usata nella (9) e che verrà usata nelle considerazioni che
seguono non deve far dimenticare che la L è funzione di quattro coordinate lagrangiane,
cioè ϕ e le tre componenti di A, e delle loro derivate (derivate spaziali di ϕ e A, e derivata
temporale di A).
5
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Scriviamo le seguenti equazioni di Lagrange
∂L
∂
∂L
∂L
−∇·
−
=0
∂ϕ
∂ϕ ∂ct
∂(∇ϕ)
∂
∂ct
∂L
∂L
∂L
∂
−
=0
−∇·
∂A
∂A ∂ct
∂(∇A)
∂
∂ct
nelle quali
∂L
1 ∂A
∂L
∂L
=0 ;
= −ρ ;
=
+ ∇ϕ
∂ϕ
∂ϕ
∂(∇ϕ)
4π ∂ct
∂
∂ct
∂L
∂L
1 ∂A
∂L
1
=ı ;
+ ∇ϕ
;
= − ε · ε : (∇A)
=
4π ∂ct
4π
∂A
∂A
∂(∇A)
∂
∂ct
Digressione: mostriamo come si ottiene la terza delle (13). Dalla (9) si ricava:
∂L
∂∇A
∂∇A
1
=−
ε:
· ε : (∇A) + ε : (∇A) · ε :
8π
∂(∇A)
∂∇A
∂∇A
Ma si ha (in coordinate cartesiane ortogonali con base ık , k = 1, 2, 3)
ε:
e si ha anche
(11)
(12)
(13)
∂∇A
∂
= εikl ıi ık ıl :
ım ın ∂r As ır ıs
∂∂m An
∂∇A
∂∂r As
= εikl
ıi ık ıl : ım ın ır ıs
∂∂m An
∂∂r As
= εikl
ıi δkm δln ır ıs
∂∂m An
∂∂r As
= εikl
ıi ır ıs
∂∂k Al
= εikl δkr δls ıi ır ıs
= εikl ıi ık ıl = ε
cosicché
(10)
o
∂L
1 n =−
ε · ε : (∇A) + ε : (∇A) · ε
8π
∂(∇A)
∂An
ε : (∇A) · ε = (εikl ıi ık ıl : ım ın m ) · εpqr ıp ıq ır
∂x
∂An
= εikl ıi δkm δln m · εpqr ıp ıq ır
∂x
∂An
= εpqr εikl m δkm δln δip ıq ır
∂x
∂Al
= εiqr εikl k ıq ır
∂x
∂Al
= εqri ıq ır εikl k = ε · (ε : ∇A)
∂x
6
(14)
(15)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
perciò la (15) diviene
∂L
1
= − ε · ε : (∇A)
4π
∂(∇A)
che è appunto la terza delle (13). Termine della digressione.
Le equazioni di Lagrange (10) e (11) coincidono rispettivamente con le (7) e (8).
Infatti consideriamo la (10) che, effettuate le sostituzioni (12), diviene
1
∇·
−ρ −
4π
∂A
+ ∇ϕ
∂ct
=0
uguale alla (7).
Passiamo infine alla (11) che, effettuate le sostituzioni (13), diviene
1 ∂
ı−
4π ∂ct
n
o
∂A
1
+ ∇ϕ +
∇ · ε · ε : (∇A) = 0
∂ct
4π
(16)
Ma per un qualsiasi vettore a si ha
n
o
∇ · ε · a = ∂k ık · {εilm ıi ıl ım · an ın }
= ık · ıi ıl ım · ın εilm ∂k an
= δki ıl δmn εilm ∂k an
= ıl εkln ∂k an
= −ıl εlkn ∂k an = −ε : {∇a}
perciò la (16) diviene (a = ε : (∇A))
∂
4πı −
∂ct
n
o
∂A
+ ∇ϕ − ε : ∇ ε : (∇A) = 0
∂ct
ovvero, tenendo presente che per un qualsiasi vettore a si ha ε : (∇a) = ∇ × a
∂
4πı −
∂ct
∂A
+ ∇ϕ − ∇ × ∇ × A = 0
∂ct
(17)
Ricordando che ∇ × ∇ × a = ∇∇ · a − ∇2 a si ottiene infine la (8).
Dunque la scelta della densità lagrangiana (9) è giustificata dal fatto che da essa si ricavano
equazioni di Lagrange che coincidono con le (7) e (8).
*
*
*
In notazione 4-dimensionale minkowskiana la (9) diviene:
L(Φ,
dove
Φ) = −
1
16π
Φ−Φ
, Φ e ı sono definiti nell’Appendice B.
7
:
Φ−Φ
−ı·Φ
(18)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Nella L distinguiamo la lagrangiana del campo e.m. libero (campo di Maxwell)
Le.m. (
Φ) = −
1
16π
Φ−Φ
:
Φ−Φ
(19)
e la lagrangiana della interazione della 4-corrente ı col potenziale Φ:
Lint. (Φ) = −ı · Φ
(20)
Per verificare che la (18) è la versione 4-dimensionale della (9) conviene tenere presente la
notazione introdotta nell’Appendice B per un 4-vettore antisimmetrico avente la struttura
indicata nella (B17) che ora riscriviamo in funzione dei potenziali (v. eq. (B12), (5) e (2))
−(
Φ−Φ
e ricordare la (B24) cosicché si ottiene


∂A


∓
∇ϕ
+

∂ct 

)=




ε : (∇A)
1
− Φ−Φ
: − Φ−Φ
16π


∂A
∇ϕ
+

1
∂A


∂ct 

=−
− ∇ϕ +
, ε : (∇A) : 




16π
∂ct
ε : (∇A)

)
(
 ∇ϕ + ∂A 
2
∂A 
∂ct 

=−
− ∇ϕ +
, ε : (∇A) · 




16π
∂ct
ε : (∇A)
2
∂A ∂A =−
− ∇ϕ +
· ∇ϕ +
+ ε : (∇A) · ε : (∇A)
16π
∂ct
∂ct
2
∂A ∂A =−
− −∇ϕ −
· −∇ϕ −
+ ε : (∇A) · ε : (∇A)
16π
∂ct
∂ct
1
∂A ∂A 1
=
−∇ϕ −
· −∇ϕ −
−
ε : (∇A) · ε : (∇A)
8π
∂ct
∂ct
8π
Le.m. = −
e quest’ultima è uguale alla corrispondente parte della (9), mentre (v. eq. (B21))
Lint. = −ı · Φ = −ρϕ + ı · A
e cosı̀, essendo L = Le.m. + Lint. , la verifica è completata.
*
*
*
In notazione 4-dimensionale minkowskiana le (7) e (8), che possiamo riscrivere cosı̀
1 ∂
1 ∂2ϕ
1 ∂2ϕ 1 ∂
∇ · A = 2 2 − ∇2 ϕ − 2 2 −
∇ · A = 4πρ
c ∂t
c ∂t
c ∂t
c ∂t
1 ∂2A
1 ∂ϕ
− ∇2A + ∇(∇ · A +
) = 4πı
2
2
c ∂t
c ∂t
− ∇2 ϕ −
8
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
ovvero
1 ∂2ϕ
1 ∂
1 ∂ϕ
− ∇2 ϕ −
(∇ · A +
) = 4πρ
2
2
c ∂t
c ∂t
c ∂t
1 ∂2A
1 ∂ϕ
− ∇2 A + ∇(∇ · A +
) = 4πı
2
2
c ∂t
c ∂t
diventano
2
Φ−
(
· Φ) = 4πı
∂β ∂ β Φα − ∂ α (∂β Φβ ) = 4πiα
;
(21)
Si conclude cosı̀ la presentazione del formalismo lagrangiano per i potenziali elettromagnetici, formalismo che è stato sviluppato sia nello spazio 3-dimensionale che nello spazio
4-dimensionale minkowskiano.
Quale uso verrà fatto di tutto questo sarà spiegato più avanti.
9
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
2. LA LAGRANGIANA DEL CAMPO DI PROCA
La seguente densità lagrangiana del campo di Proca Φ(R) con R ≡ ct, x, y, z
L(Φ,
Φ) = −
1
(
16π
Φ−Φ
):(
Φ−Φ
)+
m20 c2
Φ · Φ,
8πh̄2
introdotta nelle equazioni di Lagrange, fornisce nello spazio di Minkowski le equazioni di
un campo vettoriale Φ i cui quanti sono particelle dotate di massa m0 e spin 1.
Bosoni vettori di questo tipo, cioè massivi e di spin 1, sono i mediatori dell’interazione
debole.
Notiamo che nella L il termine di massa è proporzionale al quadrato del campo Φ.
Notiamo anche che se m0 = 0 ritroviamo la lagrangiana del campo di Maxwell (v. eq. (19)).
Dalla lagrangiana si ricavano le equazioni di Proca
2
Φ−
(
· Φ) +
∂β ∂ β Φα − ∂ α ∂β Φβ +
m20 c2
Φ=0
h̄2
m20 c2 α
Φ =0
h̄2
(22)
Deriviamo rispetto a xα :
∂α ∂β ∂ β Φα − ∂α ∂ α ∂β Φβ +
m20 c2
∂α Φα = 0
h̄2
Si ha ∂α ∂β ∂ β Φα − ∂α ∂ α ∂β Φβ = ∂β ∂α ∂ β Φα − ∂α ∂β ∂ α Φβ = ∂β ∂α ∂ β Φα − ∂β ∂α ∂ β Φα = 0 (si
noti che nell’ultimo termine dell’ultimo passaggio l’indice muto α è stato scambiato con
l’indice muto β) perciò segue
∂α Φα = 0
perciò le (22) possono essere espresse anche cosı̀

2 2
 ∂ ∂ β Φα + m 0 c Φα = 0
β
h̄2

∂α Φα = 0
;
α, β = 0, 1, 2, 3
In conseguenza di ∂α Φα = 0 solo tre dei quattro campi Φα , α = 0, 1, 2, 3 sono indipendenti.
1
• Dunque solo tre funzioni di R bastano a determinare il campo di Proca e corrispondono
ai tre gradi di libertà di una particella massiva di spin 1.
10
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
3. LE TRASFORMAZIONI DI GAUGE
Ricordiamo quanto si è detto all’inizio del capitolo 1 a riguardo del potenziale vettore A:
esso è legato al campo magnetico B da una relazione che lo individua a meno di ∇ · A,
cosicché possiamo porre su quest’ultima una condizione arbitraria.
Di grande importanza è la condizione di Lorenz espressa da
∇·A=−
1 ∂ϕ
c ∂t
(23)
Essa rende simmetriche e separate nei potenziali le equazioni (6) che diventano (omettiamo
di scrivere le identità):
1 ∂2ϕ
= −4πρ
c2 ∂t2
1 ∂2A
∇2 A − 2 2 = −4πı
c ∂t
∇2 ϕ −
;
∇·A=−
1 ∂ϕ
c ∂t
(24)
Un’altra condizione relativa alla divergenza di A, detta condizione di Coulomb, è
∇·A=0
(25)
Le (6) diventano
∇2 ϕ = −4πρ
∇2 A −
1 ∂ 2 A 1 ∂ϕ
− ∇
= −4πı
c2 ∂t2
c ∂t
;
∇·A = 0
(26)
La prima delle (26) è l’equazione di Poisson. Risolvendola si ottiene un potenziale scalare
che dipende dalle cariche come se queste fossero statiche (da cui la denominazione di
condizione di Coulomb). Notiamo tuttavia che ρ non è indipendente dal tempo (v. eq. (1)),
perciò anche ϕ diviene funzione di t perché segue le variazioni di ρ nel tempo, ma le segue
2
senza ritardi, perché nella equazione di Poisson il termine c12 ∂∂tϕ
2 non esiste.
L’equazione di Poisson è facilmente integrabile, dopo di che, noto ϕ, è possibile risolvere
anche la seconda delle (26).
*
*
*
Il ragionamento che ci ha permesso di ottenere le (24) e (26) può essere sostituito da una
procedura che parte dalla seguente constatazione: i campi E e B ricavabili dai potenziali
A e ϕ mediante le (2) e (5) non mutano se si opera la trasformazione
1 ∂f
c ∂t
0
A (R, t) → A (R, t) = A (R, t) + ∇f
ϕ (R, t) → ϕ0 (R, t) = ϕ (R, t) −
(27)
dove f = f (R, t) è una funzione scalare qualsivoglia delle coordinate e del tempo.
Infatti:
0
E =−
1 ∂f
1 ∂A 1 ∂f
1 ∂f
1 ∂A
1 ∂(A + ∇f)
− ∇(ϕ −
)=−
− ∇
− ∇ϕ + ∇
=−
− ∇ϕ = E
c
∂t
c ∂t
c ∂t c ∂t
c ∂t
c ∂t
11
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
0
B = ∇ × (A + ∇f) = ∇ × A + ∇ × ∇f = ∇ × A = B
e quindi sia le equazioni di Maxwell che l’espressione della forza di Lorentz non mutano in
conseguenza delle (27).
Questa trasformazione è detta trasformazione di gauge di seconda specie per i potenziali ϕ
e A, e i vettori E e B, invarianti rispetto ad essa, sono detti invarianti di gauge, mentre la
f è detta funzione di gauge.
Risulta quindi che i potenziali sono determinati, rispetto ai campi, in modo non univoco, perciò possiamo sceglierli in modo tale che sia soddisfatta una condizione arbitraria
supplementare: una sola, perché possiamo scegliere arbitrariamente solo la f.
Nel paragrafo precedente si è visto che le condizioni di Lorenz o di Coulomb semplificano le
equazioni nei potenziali: ora mostreremo che, quali che siano A e ϕ, è possibile, effettuando
una trasformazione di gauge, far sı̀ che essi soddisfino l’una o l’altra di queste condizioni e
otterremo cosı̀ nuovamente le (24) e (26).
Per ciò che riguarda la condizione di Lorenz, basta effettuare una trasformazione di gauge
0
tale che i potenziali ϕ0 e A ottenuti dalla trasformazione soddisfino la
1 ∂ϕ0
=0
∇·A +
c ∂t
0
Dalle (27) si ricava immediatamente che ciò è possibile scegliendo una f tale che
∇2 f −
1 ∂2f
∂ϕ
=−
−∇·A
2
2
c ∂t
∂ct
(28)
0
Si usa dire che i potenziali A e ϕ0 cosı̀ determinati sono definiti nel gauge di Lorenz.
Notiamo che l’integrale generale della (28) è la somma di un integrale particolare, cioè la
soluzione della (28), e dell’integrale della equazione omogenea associata
∇2 g −
1 ∂2g
=0
c2 ∂t2
Un potenziale definito nel gauge di Lorenz è quindi dipendente in modo arbitrario da una
qualunque funzione g che soddisfi quest’ultima equazione.
Nel caso della condizione di Coulomb basta effettuare una trasformazione di gauge tale che
0
il potenziale A ottenuto dalla trasformazione soddisfi la
0
∇·A =0
Dalla seconda delle (27) si ricava immediatamente che ciò è possibile scegliendo una f tale
che
∇2f = −∇ · A
(29)
0
Si usa dire che i potenziali A e ϕ0 cosı̀ determinati sono definiti nel gauge di Coulomb.
*
*
12
*
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Supponiamo che i potenziali A e ϕ siano definiti nel gauge di Lorenz.
Allora le equazioni dei potenziali assumono la forma (24) che, se poniamo ρ = 0 e ı = 0 e
se introduciamo la notazione 4-dimensionale minkowskiana (v. eq. (B7)) diventano
2
Φ=0
La soluzione ad onda piana di questa equazione è
Φ(R) = ae−ik·R
Dalla condizione di Lorenz
;
a = costante
· Φ = 0 (versione 4-dimensionale della (23)) segue
β
α
−ikβ δ α x
∂
∂Φα
α −ikβ xβ
α ∂e
α
β
−ikβ xβ
α
−ikβ xβ
=
(a
e
)
=
a
=
a
(−ik
δ
)e
=
−ia
k
e
=0
β
α
α
∂xα
∂xα
∂xα
da cui
k·a =0
Per un’onda che si propaghi nella direzione z si ha k1 = k2 = 0 perciò la condizione di
Lorenz diviene
k0 a0 + k3 a3 = 0
ovvero, tenendo presente che kα ≡ ω/c, −kx, −ky , −kz (v. eq. (B18))
ω 0
a − kz a3 = 0
c
Ora operiamo su questa equazione la seguente trasformazione di gauge:
(30)
a → a0 = a + kf(R)
dove f(R) è una arbitraria funzione di R. Segue
0
ω
f
c
= a1 + 0f
a0 = a0 +
a0
1
2
a0 = a2 + 0f
3
a0 = a3 + kz f
Ma la condizione di Lorenz comporta (v. eq. (30))
ω 0 ω
(a + f) − kz (a3 + kz f) = 0
c
c
Scegliamo una f tale che
a3 + kz f = 0
perciò
a0 +
Segue
0
a0 = 0
;
1
a0 = a1
ω
f =0
c
;
2
a0 = a2
;
3
a0 = 0
In conclusione, nel gauge di Lorenz due sole funzioni di R, cioè
Φ1 (R) = a1 e−ik·R
;
Φ2 (R) = a2 e−ik·R
bastano a determinare il campo elettromagnetico.
*
*
13
*
(31)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Supponiamo ora che i potenziali A e ϕ siano definiti nel gauge di Coulomb.
Allora le (6), tralasciando di riscrivere le equazioni che esprimono identità, diventano:
∇2 ϕ = −4πρ
∇2 A −
1 ∂ϕ
1 ∂2A
−∇
= −4πı
2
2
c ∂t
c ∂t
Se ρ = 0, la prima di queste equazioni diviene ∇2 ϕ = 0 la cui soluzione regolare in tutto
lo spazio è ϕ = 0. Ne segue che le (5) e (2) diventano
E =−
1 ∂A
c ∂t
B = ∇×A
;
(32)
Si vede cosı̀ che, in uno spazio privo di cariche, se i potenziali sono definiti nel gauge di
Coulomb, il campo elettromagnetico è esprimibile in funzione del solo potenziale vettore,
che rimane l’unico potenziale presente.
Questo è quindi sufficiente a definire sia E che B, cosicché in uno spazio privo di cariche
tre sole funzioni dello spazio e del tempo (le componenti di A) sono sufficienti a definire
il campo elettromagnetico, e, di queste tre, due sole sono indipendenti, perché la terza è
vincolata dalla condizione di Coulomb, cioè da ∇ · A = 0.
2
• In conclusione, in assenza di cariche, due sole funzioni indipendenti dello spazio e del
tempo bastano a determinare il campo elettromagnetico.
*
*
*
La lagrangiana Le.m. = Le.m. ( Φ) del campo di Maxwell (v. eq. (19)), campo al quale sono
associate le forze elettromagnetiche che vengono scambiate fra particelle elettricamente
cariche, rimane invariata per la trasformazione di gauge di seconda specie espressa da
0
Φ→Φ =Φ−
f
(33)
che è la versione 4-dimensionale delle (27). Infatti:
1
(
16π
1
=−
16π
1
=−
16π
L0e.m. = −
0
Φ −Φ
(Φ −
Φ−Φ
0
0
0
f) − (Φ −
f)
):(
−
Φ −Φ
(
f) + (
)
:
f)
(Φ −
:
f) − (Φ −
Φ−Φ
−
(
f)
f) + (
Ma con riferimento alla base cartesiana ıα con α = 0, 1, 2, 3 si può scrivere:
−
(
f) + (
perciò
L0e.m. = −
f)
= −ıα ∂α (ıβ ∂β f) + (ıα ∂α f)ıβ ∂β
= −ıα ıβ ∂α ∂β f + ıα ıβ ∂β ∂α f
= ıα ıβ (−∂α ∂β f + ∂β ∂α f) = 0
1
(
16π
Φ−Φ
):(
14
Φ−Φ
) = Le.m.
f)
(34)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Notiamo che avremmo potuto, in alternativa alla lagrangiana, considerare la equazione di
campo
2
Φ − ( · Φ) = 0 ; ∂β ∂ β Φα − ∂ α (∂β Φβ ) = 0
(35)
ricavabile dalle equazioni di Lagrange
·
Φ
L−
Φ
L=0
;
∂α
∂L
∂L
−
=0
β
∂(∂α Φ ) ∂Φβ
dopo aver posto in esse L = Le.m. . La (35) è la (21) con ı = 0 (la (21) si ottiene esprimendo
i campi delle equazioni di Maxwell in funzione dei potenziali).
3
• Applicando la trasformazione di gauge (33) alla (35) si ottiene
2
(Φ −
f) −
(
·Φ−
f) −
(
· Φ) +
2
f) = 0
da cui
2
Φ−
che coincide con la (35) perché
2
(
2
(
f) =
(
2
(
2
f) = 0
f).
*
*
*
Consideriamo ora campi non associati a forze, come il campo ψ di Schrödinger, o il campo
ψ di Klein-Gordon, o il campo Ψ di Dirac.
La lagrangiana di questi campi, a differenza della lagrangiana del campo di Maxwell, che
è associato a forze e.m., non rimane invariata per una trasformazione di gauge di seconda
specie (o trasformazione locale di fase) espressa, ad esempio per il campo di Schrödinger,
da
i
ψ → ψ 0 = ψe h̄ f (R,t)
(36)
Per mantenerla invariata occorre accoppiare tali campi con campi di gauge.
Un esempio di campo di gauge è il campo di Maxwell.
Quantizzando un campo di gauge si ottengono le particelle mediatrici (bosoni) della forza
che può essere osservata agire fra le particelle (fermioni) del campo associato alla materia.
Dunque l’invarianza in forma per una trasformazione locale di fase della lagrangiana dei
campi sopraindicati richiede la presenza di un campo di gauge che, una volta quantizzato,
fornisce le particelle mediatrici delle forze che si osservano agire fra le particelle del campo
quando queste sono accoppiate al campo di gauge.
Ad esempio, quantizzando il campo di Maxwell si ottengono i fotoni, che sono le particelle
mediatrici della forza elettromagnetica che si esercita fra particelle cariche, essendo la carica
il coefficiente di accoppiamento delle particelle col campo di Maxwell.
Entriamo più in dettaglio in questa proprietà di un campo di gauge esaminando alcuni
esempi.
• Consideriamo la lagrangiana del campo di Schrödinger associato a una particella libera
avente massa m0 :
∗
h̄2
1 ∗ ∂ψ
∂ψ ∗ ∗
∗
∗ ∂ψ ∂ψ
L ψ, ψ , ∇ψ, ∇ψ ,
,
=−
∇ψ · ∇ψ +
ψ ih̄
− ψih̄
∂t ∂t
2m0
2
∂t
∂t
15
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
o, in alternativa, l’equazione di Schrödinger da essa ricavabile mediante le equazioni di
Lagrange (omettiamo di scrivere l’equazione nella coordinata lagrangiana ψ ∗ , anch’essa
ricavabile dalle equazioni di Lagrange):
(−ih̄∇)2
∂ψ (R, t)
ψ (R, t) = ih̄
2m0
∂t
(37)
Conviene sottolineare, anche se potrà sembrare superfluo, che ψ (R, t) non è la funzione
d’onda che costituisce la rappresentazione nelle coordinate del vettore di stato della particella di massa m0 , ma è la variabile descrittiva del campo di Schrödinger, variabile che
nel formalismo lagrangiano diviene una coordinata lagrangiana (l’altra coordinata è ψ ∗ ,
considerata indipendente da ψ).
Al campo di Schrödinger, che nella L è stato introdotto come se fosse un oggetto della
Fisica classica, si deve inoltre supporre che sia applicabile una procedura di quantizzazione
in grado di definire particelle di massa m0 come quanti del campo.
Ci troviamo dunque nell’ambiente talvolta detto della “seconda quantizzazione” nel quale
rimarremo nel corso di questo studio.
Considerazioni più approfondite riguardanti questo duplice modo di interpretare la Meccanica di Schrödinger (cioè “ψ (R, t) = rappresentazione nelle coordinate di un vettore
di stato” oppure “ψ (R, t) = variabile di campo”) sono contenute nel post “Reinterpretare l’Elettromagnetismo maxwelliano per spiegare la Meccanica quantistica” (una sintesi è
presentata nell’Introduzione del post).
Riprendiamo in considerazione la (37).
Come è noto, la fase della ψ (R, t) può essere modificata a piacere effettuando la trasformazione di gauge di seconda specie per la funzione d’onda espressa dalla (36) nella quale
f (R, t) è una qualunque funzione di R e t, senza che la quantità avente significato fisico
espressa da ψ ∗ ψ subisca variazioni:
i
i
ψ ∗ ψ = ψ ∗ e− h̄ f (R,t) ψe h̄ (R,t)
Invece la (37) non è invariante in forma per la trasformazione (36). Infatti, effettuata la
trasformazione
h̄2 2
i
∂
i
−
∇ (ψe h̄ f ) = ih̄ (ψe h̄ f )
2m0
∂t
e tenuto conto della (A2) dell’Appendice A, possiamo scrivere
−
i
o
i
i
i
h̄2 n
∂ψ i f
∂e h̄ f
ψ∇2 e h̄ f + 2(∇ψ) · (∇e h̄ f ) + e h̄ f ∇2 ψ = ih̄
e h̄ + ih̄ψ
2m0
∂t
∂t
Ora osserviamo che
i
i
i
∇e h̄ f = (∇f)e h̄ f
h̄
i
i
∇2 e h̄ f = ∇ · (∇e h̄ f ) =
o
i
i
i n if
i
∇ · ((∇f)e h̄ f ) =
∇e h̄ · ∇f + e h̄ f ∇2 f
h̄
h̄ i
i i
i
f
f 2
h̄
h̄
=
(∇f)e · ∇f + e ∇ f
h̄ h̄
1
i 2
i
2
= − 2 (∇f) + ∇ f e h̄ f
h̄
h̄
16
(38)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
dove si è fatto uso della relazione ∇ · (aϕ) = ∇ϕ · a + ϕ(∇ · a) valida per ogni vettore a e
per ogni scalare ϕ, perciò
h̄2
−
2m0
i
i
(∇f)2
i 2 if
i
f
f
2
ψ −
+ ∇ f e h̄ + 2(∇ψ) · (∇f)e h̄ + e h̄ ∇ ψ =
h̄
h̄
h̄2
∂f
i
∂
ψe h̄ f
= ih̄ −
∂t
∂t
i
Dividiamo per e h̄ f :
h̄2
−
2m0
e quindi
i2
i
∂ψ
∂f
i 2
2
2
ψ = ih̄
−ψ
2 (∇f) − h̄ ∇ f + 2 h̄ ∇f · ∇ + ∇
∂t
∂t
h̄
h̄2
−
2m0
i
i 2
∂f
∂ψ
2
(∇ + ∇f) − ∇ f ψ +
ψ = ih̄
h̄
h̄
∂t
∂t
Si vede dunque che la forma dell’equazione di Schrödinger è cambiata.
Consideriamo ora l’equazione di Schrödinger per una particella dotata di massa m0 e carica
q in un campo elettromagnetico descritto dai potenziali ϕ (R, t) e A (R, t)
1 q 2
∂ψ
− ih̄∇ − A + qϕ ψ = ih̄
2m0
c
∂t
(39)
Se nella (39), oltre alla trasformazione (36) nella quale ora poniamo f (R, t) = qc α (R, t)
con α (R, t) funzione arbitraria di R, t, effettuiamo anche le seguenti trasformazioni di
gauge di seconda specie
1 ∂α
; A → A + ∇α
ϕ→ϕ−
c ∂t
otteniamo una equazione invariata in forma.
Per verificarlo iniziamo col riscrivere la (39) in una forma più comoda ponendo
q
χ = qϕ ; V = A
c
perciò la (39) diviene
1
∂ψ
2
(−ih̄∇ − V ) + χ ψ = ih̄
,
(40)
2m0
∂t
e poi effettuiamo nella (40) le trasformazioni di gauge
i
ψ → ψe h̄ f (R,t)
χ→χ−
∂f
∂t
;
;
q
f = α(R, t)
c
V → V + ∇f
ottenendo
i
2
1
∂f
i ∂ψe h̄ f
f
−ih̄∇ − V − ∇f + χ −
ψe h̄ = ih̄
2m0
∂t
∂t
17
(41)
(42)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Si tratta dunque di mostrare che questa equazione è uguale alla (40).
Riscriviamola cosı̀:
i
2
1
i i
∂ψe h̄ f
∂f
i
−ih̄∇ − V − ∇f ψe h̄ f + χ(ψe h̄ f ) = ih̄
+
(ψe h̄ f )
2m0
∂t
∂t
e quindi, sviluppando il primo termine a membro destro e tenendo conto del fatto che
i
∂f/∂t è solo un fattore moltiplicativo di (ψe h̄ f )
i
2
∂f
i
1
i
i
∂ψ i f
∂e h̄ f
−ih̄∇ − V − ∇f (ψe h̄ f ) + χ(ψe h̄ f ) = ih̄
e h̄ + ih̄ψ
+
ψe h̄ f
2m0
∂t
∂t
∂t
da cui
i
1
i
∂ψ i f
−ih̄∇ − V − ∇f · −ih̄∇ − V − ∇f (ψe h̄ f ) + χ(ψe h̄ f ) = ih̄
e h̄
2m0
∂t
i
ovvero, poiché χ è solo un fattore moltiplicativo di (ψe h̄ f )
1
i
i
∂ψ i f
−ih̄∇ − V − ∇f · −ih̄∇ − V − ∇f (ψe h̄ f ) + χψe h̄ f = ih̄
e h̄
2m0
∂t
(43)
mentre invece si ha (v. eq. (A1) dell’Appendice A)
i
i
i
−ih̄∇(ψe h̄ f ) = −ih̄(e h̄ f ∇ψ + ψ∇e h̄ f )
i
i
i
= −ih̄e h̄ f ∇ψ − ih̄ψ (∇f)e h̄ f
h̄
i
i
f
= −ih̄e h̄ ∇ψ + (∇f)ψe h̄ f
e quindi
i
i
(−ih̄∇ − ∇f)(ψe h̄ f ) = −ih̄e h̄ f ∇ψ
i
Sottraiamo V ψe h̄ f da entrambi i membri:
i
i
i
i
(−ih̄∇ − V − ∇f)(ψe h̄ f ) = −ih̄e h̄ f ∇ψ − V ψe h̄ f = e h̄ f (−ih̄∇ − V ) ψ
Sostituiamo in (43):
1
i
i
∂ψ i f
f
(−ih̄∇ − V − ∇f) · e h̄ (−ih̄∇ − V ) ψ + χψe h̄ f = ih̄
e h̄
2m0
∂t
(44)
Ma per ogni campo scalare ϕ e vettoriale a si ha ∇ · (ϕa) = (∇ϕ)· a + ϕ∇ · a perciò ponendo
i
ϕ = e h̄ f e a = −ih̄∇ − V si può scrivere
i
i
i
−ih̄∇ · e h̄ f (−ih̄∇ − V ) = −ih̄ (∇e h̄ f ) · (−ih̄∇ − V ) + e h̄ f ∇ · (−ih̄∇ − V )
i
i
= (∇f)e h̄ f · (−ih̄∇ − V ) + e h̄ f (−ih̄)∇ · (−ih̄∇ − V )
ovvero
i
i
−ih̄∇ · e h̄ f (−ih̄∇ − V ) = e h̄ f (∇f − ih̄∇) · (−ih̄∇ − V )
18
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Sottraiamo da entrambi i membri la quantità
i
(V + ∇f) · e h̄ f (−ih̄∇ − V )
(45)
ottenendo cosı̀
i
i
− ih̄∇ · e h̄ f (−ih̄∇ − V ) − (V + ∇f) · e h̄ f (−ih̄∇ − V ) =
i
i
= e h̄ f (∇f − ih̄∇) · (−ih̄∇ − V ) − (V + ∇f) · e h̄ f (−ih̄∇ − V )
da cui
i
i
(−ih̄∇ − V − ∇f) · e h̄ f (−ih̄∇ − V ) = e h̄ f (∇f − ih̄∇ − V − ∇f) · (−ih̄∇ − V )
e quindi
i
i
(−ih̄∇ − V − ∇f) · e h̄ f (−ih̄∇ − V ) = e h̄ f (−ih̄∇ − V )2
Sostituendo in (44) si ottiene
1 if
i
∂ψ i f
2
e h̄ (−ih̄∇ − V ) ψ + χψe h̄ f = ih̄
e h̄
2m0
∂t
e infine
∂ψ
1
2
(−ih̄∇ − V ) + χ ψ = ih̄
2m0
∂t
che è la (40) e viene cosı̀ mostrato che questa rimane invariata in forma a seguito delle (41)
e (42).
Quanto si è detto finora a partire dalla (37) può essere sinteticamente ripresentato nel
modo seguente:
I ◦ passo:
dalla (37), che non è invariante in forma a seguito della trasformazione (36), siamo passati
alla (39) effettuando le seguenti sostituzioni:
∇→ ∇−
iq
A ;
h̄ c
∂
∂
i
→
+ qϕ
∂t
∂t h̄
(46)
dove q è il coefficiente di accoppiamento della particella coi campi A e ϕ. Le (46) esprimono
quello che viene usualmente detto accoppiamento minimale della particella elettricamente
carica con i campi ϕ e A. L’accoppiamento è detto minimale perché in esso compare la
sola carica q e non un momento di multipolo elettrico di ordine maggiore.
II ◦ passo
abbiamo verificato che se sulla (39) cosı̀ ottenuta effettuiamo le seguenti trasformazioni di
gauge di seconda specie
i q
ψ → ψe h̄ c α (R,t)
(47)
e
ϕ→ϕ−
1 ∂α
c ∂t
;
19
A → A + ∇α
(48)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
dove α (R, t) è una funzione arbitraria di R, t, otteniamo una equazione invariata in forma.
Dunque l’equazione di Schrödinger per una particella accoppiata mediante il coefficiente q
ai potenziali ϕ e A nel modo indicato dalla (46) rimane invariata in forma a seguito della
trasformazione locale di fase (47) se si opera sui potenziali trasformandoli in accordo con
la (48).
Viceversa, se si vuole che l’equazione di Schrödinger per una particella libera rimanga invariata a seguito della trasformazione (47) occorre introdurre i campi ϕ e A ai quali la
particella si deve accoppiare mediante il coefficiente q nel modo mostrato nelle (46) e che
devono essere trasformati secondo le (48). Il coefficiente q è interpretabile come carica elettrica della particella e i campi ϕ e A sono interpretabili come potenziali elettromagnetici.
Dunque l’elettromagnetismo può essere generato dalla condizione di invarianza di gauge.
In altre parole, l’invarianza richiede una teoria interagente basata su campi dotati di libertà
di gauge e determina il tipo di interazione o accoppiamento, un fatto, questo, sconosciuto
nella Fisica prequantistica in cui quello che si può dire delle trasformazioni di gauge è che
lasciano invariate le equazioni di Maxwell.
• Come altro esempio consideriamo l’equazione di Klein-Gordon
(ih̄∂ µ ih̄∂µ − m20 c2 )ψ(R) = 0
;
µ = 0, 1, 2, 3
dove ∂µ e R sono definiti nell’Appendice B e m0 è la massa a riposo della particella.
Se effettuiamo una trasformazione locale di fase
ψ → ψeif (R)
otteniamo una equazione modificata in forma.
Se però accoppiamo la particella col campo di Maxwell Φ effettuando la sostituzione seguente
iq
∂µ → ∂µ +
Φµ
h̄ c
dove q (carica della particella) è il coefficiente di accoppiamento, otteniamo
n
o
q µ
q
2 2
(ih̄∂ − Φ )(ih̄∂µ − Φµ ) − m0 c ψ = 0
c
c
µ
che, come si può verificare, è invariante per le trasformazioni
i q
ψ → ψe h̄ c α(R)
e
Φµ → Φµ − ∂µ α(R)
dove α(R) è una arbitraria funzione di R.
• Come ultimo esempio consideriamo la lagrangiana del campo di Dirac:
∂Ψ ∂Ψ 1
L Ψ, Ψ, µ , µ =
∂x ∂x
2
→
←
µ
µ
Ψ(γ ih̄ ∂ µ −m0c)Ψ − Ψ(ih̄ ∂ µ γ + m0 c)Ψ
20
(49)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
con µ = 0, 1, 2, 3 o, in forma più compatta:
↔
µ
L = Ψ γ ih̄ ∂ µ −m0c Ψ
(50)
Nelle (49) e (50) m0 è la massa a riposo dell’elettrone, Ψ è un bispinore, Ψ = Ψ† γ 0 è il
bispinore coniugato di Dirac di Ψ e le γ µ sono le matrici di Dirac definite da
γ µ γ ν + γ ν γ µ = 2 · 11η µν
;
µ, ν = 0, 1, 2, 3
dove η µν è il tensore metrico minkowskiano. Gli indici bispinoriali sono stati omessi per
semplicità.
Le equazioni di Lagrange
∂L
∂
− µ
∂Ψ ∂x
essendo
∂L
=0 ;
∂Ψ
∂
∂xµ
∂
∂L
− µ
∂Ψ ∂x
∂L
∂Ψ
ih̄
= γ µ µ − m0 cΨ ;
2
∂x
∂Ψ
∂L
=0
∂Ψ
∂
∂xµ
∂L
ih̄
= − γµΨ
2
∂Ψ
∂
µ
∂x
∂L
ih̄
= Ψγ µ
∂Ψ
2
∂
µ
∂x
∂L
ih̄ ∂Ψ µ
=−
γ − m0 cΨ ;
∂Ψ
2 ∂xµ
forniscono le equazioni di Dirac:
∂
γ ih̄ µ − m0 c Ψ = 0 ;
∂x
µ
∂
Ψ ih̄ µ γ µ + m0 c
∂x
=0
Effettuiamo nella L la seguente trasformazione di gauge:
i
e
Ψ(R) → Ψ(R)e h̄ c α(R)
dove e è la carica dell’elettrone e α(R) è una arbitraria funzione di R ottenendo
L=
i e
(Ψe− h̄ c α )
1
=
2
µ
↔
i
e
γ ih̄ ∂ µ −m0 c (Ψe h̄ c α )
→
←
i e
i e
− h̄i e
α
µ
α
− h̄i e
α
µ
α
c
h̄
c
c
h̄
c
Ψe
(ih̄γ ∂ µ −m0 c)(Ψe
) − (Ψe
)(ih̄ ∂ µ γ + m0 c)Ψe
Sviluppiamo i termini entro parentesi graffe:
1
L=
2
i e
Ψe− h̄ c α
µ
ih̄γ (∂µ Ψ)e
i
h̄
eα
c
ie
i e
i e
α
α
+ ih̄γ Ψ (∂µ α)e h̄ c − m0 cΨe h̄ c +
h̄ c
µ
21
(51)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
i e
ie
− h̄i e
µ − h̄i e
α
α
µ
− h̄i e
α
α
c
c
c
h̄
c
− ih̄(Ψ∂µ )γ e
+ Ψ(−
)(α∂µ )e
ih̄γ + m0 cΨe
Ψe
h̄ c
i ie
e µ
1 n − i eα h
µ
h̄
c
Ψe
ih̄γ (∂µ Ψ) − γ Ψ(∂µ α) − m0 cΨ e h̄ c α +
=
2
c
h
i ie
o
i e
e
− ih̄(Ψ∂µ )γ µ + Ψ (α∂µ )γ µ + Ψm0 c e− h̄ c α Ψe h̄ c α
c
→
←
1
e µ
e
µ
µ
µ
Ψ[ih̄γ ∂ µ −m0 c]Ψ − Ψ γ (∂µ α)Ψ − Ψ[ih̄ ∂ µ γ + m0 c]Ψ − Ψ (α∂µ )γ Ψ
=
2
c
c
→
←
1
e
=
Ψ[ih̄γ µ ∂ µ −m0 c]Ψ − Ψ[ih̄ ∂ µ γ µ + m0 c]Ψ − Ψ (∂µ α)γ µ Ψ
2
c
↔
e
= Ψ γ µ ih̄ ∂ µ −m0 c Ψ − Ψγ µ (∂µ α)Ψ
(52)
c
Si vede cosı̀ che la L non è invariante in forma.
Per renderla invariante occorre accoppiare l’elettrone col campo di Maxwell effettuando la
sostituzione seguente (è la versione 4-dimensionale della (46)):
∂µ → ∂µ +
ie
Φµ
h̄ c
(53)
dove e (carica dell’elettrone) è la costante di accoppiamento.
Si usa anche dire che l’accoppiamento si effettua introducendo la derivata gauge-covariante
(membro destro della (53)) in luogo della derivata ordinaria (membro sinistro della (53)).
La (50) diviene dunque
e
L = Ψ γ (ih̄ ∂ µ − Φµ ) − m0 c Ψ
c
µ
↔
(54)
che è invariante per la trasformazione di gauge di seconda specie definita da:
i
e
Ψ(R) → Ψ(R)e h̄ c α(R)
(55)
Φµ (R) → Φµ (R) − ∂µ α(R)
(56)
Infatti
e
L = Ψ γ (ih̄ ∂ µ − Φµ ) − m0 c Ψ
c
↔
e
i e
− h̄i e
α
µ
= (Ψe c ) γ [ih̄ ∂ µ − (Φµ − ∂µ α)] − m0 c (Ψe h̄ c α )
c
↔
i e
i e
e
i e
− h̄i e
α
µ
= (Ψe c ) γ ih̄ ∂ µ −m0c (Ψe h̄ c α ) − Ψe− h̄ c α γ µ Φµ Ψe h̄ c α +
c
i e
i e
e
+ Ψe− h̄ c α γ µ (∂µ α)Ψe h̄ c α
c
µ
↔
22
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Riscriviamo il primo termine a membro destro tenendo presente lo sviluppo che ci ha fatto
ottenere la (52):
↔
e
e
e
µ
L = Ψ γ ih̄ ∂ µ −m0 c Ψ − Ψ γ µ (∂µ α)Ψ − Ψ γ µ Φµ Ψ + Ψγ µ (∂µ α)Ψ
c
c
c
Se ora semplifichiamo otteniamo la (54)
↔
e
µ
L = Ψ γ ih̄ ∂ µ −m0 c Ψ − Ψ γ µ Φµ Ψ
c
(57)
che quindi è rimasta invariata in forma a seguito delle sostituzioni (55) e (56).
Dunque la lagrangiana del campo di Dirac per un elettrone accoppiato mediante il coefficiente e al potenziale Φ nel modo indicato dalla (53) rimane invariata in forma a seguito
della trasformazione locale di fase (55) se si opera sul potenziale trasformandolo in accordo
con la (56).
Viceversa, se si vuole che la lagrangiana dell’equazione di Dirac per un elettrone libero
rimanga invariata a seguito della trasformazione (55) occorre introdurre il campo Φ al
quale la particella si deve accoppiare mediante il coefficiente e nel modo mostrato nelle (53)
e che deve essere trasformato secondo la (56). Il coefficiente e è interpretabile come carica
elettrica dell’elettrone e il campo Φ è interpretabile come potenziale elettromagnetico.
Dunque l’elettromagnetismo può essere generato dalla condizione di invarianza di gauge.
*
*
*
Notiamo che nella (57) viene messa in evidenza la quantità scalare
e
Ψ γ µ ΨΦµ = jµ Φµ
c
che descrive l’accoppiamento del 4-vettore densità di corrente del campo di Dirac  definito
da
e
 = Ψ γΨ ; γ ≡ γ 0 , γ 1 , γ 2 , γ 3
(58)
c
col 4-potenziale Φ del campo di Maxwell.
Notiamo, per inciso, che la (58) si ricava dal Teorema di Nöther imponendo che l’azione
S=
Z
∂Ψ ∂Ψ L Ψ, Ψ, µ , ν dR
∂x ∂x
rimanga invariata per una trasformazione di gauge di prima specie
i
e
Ψ0 = Ψe h̄ c α
0
i
e
Ψ = Ψe− h̄ c α
dove α è una costante avente valore cosı̀ piccolo che diviene lecito approssimare nel modo
seguente
ie
Ψ0 = Ψ +
αΨ
h̄ c
ie
0
Ψ =Ψ−
αΨ
h̄ c
23
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Notiamo che, a differenza delle trasformazioni di gauge di seconda specie, in queste trasformazioni α è costante.
*
*
*
Facendo riferimento, come spesso si usa, al sistema di unità di misura di Heaviside-Lorentz
(che, rispetto a quello di Gauss, è razionalizzato perché in esso non compare il fattore 4π)
introduciamo la lagrangiana che descrive l’interazione di fotoni ed elettroni (cioè positoni
con carica positiva e negatoni con carica negativa):
↔
1
µ
L = Ψ γ ih̄ ∂ µ −m0 c Ψ − (∂ν Φµ − ∂µ Φν )(∂ ν Φµ − ∂ µ Φν ) − jµ Φµ
4
(59)
ovvero, essendo Fνµ = −(∂ ν Φµ − ∂ µ Φν ):
↔
1
µ
L = Ψ γ ih̄ ∂ µ −m0 c Ψ − Fνµ Fνµ − jµ Φµ = LD + LM + Lint.
4
(60)
dove LD è la lagrangiana del campo di Dirac, LM è la lagrangiana del campo di Maxwell
e Lint. esprime l’interazione del campo di Dirac col campo di Maxwell.
Notiamo che il secondo e terzo termine a membro destro della (59) corrispondono ai termini
a membro destro della (18) salvo il fatto che ora la  non è la corrente maxwelliana ı, ma
è la corrente del campo di Dirac espressa dalla (58).
Notiamo anche che talvolta il termine elettroni, che qui indica sia i positoni che i negatoni,
viene usato per indicare le sole cariche negative, mentre le cariche positive vengono dette
positroni, e dunque in queste circostanze non si fa uso di un unico termine per indicare
entrambe le particelle.
*
*
*
Le particelle mediatrici delle forze che agiscono fra le particelle dei campi di materia e che
sono ottenute quantizzando campi di gauge risultano essere dotate di massa a riposo nulla.
Possiamo verificarlo considerando, ad esempio, il campo del potenziale e.m. Φ, che è un
campo di gauge cui sono associati i fotoni, particelle dotate di massa a riposo nulla.
L’equazione del campo Φ è la (35):
2
Φ−
(
· Φ) = 0
(61)
Questa equazione comprende le (7) e (8) ed è invariante in forma per la trasformazione di
gauge (33) come è mostrato nel punto 3 (pag. 15).
Ora osserviamo che se il fotone possedesse una massa a riposo diversa da zero, la (61)
diventerebbe l’equazione di Proca (v. cap. 2)
2
Φ−
(
· Φ) + m20 Φ = 0
(62)
e questa equazione non è gauge-invariante.
Dunque l’invarianza di gauge impone che i quanti del campo abbiano massa nulla.
Questa condizione è verificata, oltre che dai fotoni (mediatori della forza e.m.), anche dai
gluoni (mediatori della forza forte), ma non dalle particelle mediatrici della forza debole.
Queste particelle sono infatti dotate di massa non nulla.
24
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
A questo punto, se riteniamo che il concetto di particelle di gauge debba essere esteso anche
al caso delle forze deboli, occorre cercare un modo di rendere invariante per trasformazioni
di gauge una lagrangiana descrittiva della dinamica di un campo i cui quanti sono particelle
dotate di massa.
Ottenere una soluzione di questo problema significa avviare la costruzione del Modello
Standard delle forze elettrodeboli, che però in questo studio non verrà trattato nella sua
interezza.
Ci limiteremo a mostrare come si può •4 impostare la descrizione di particelle di gauge
dotate di massa non nulla.
Occorre innanzitutto supporre che in tutto lo spazio sia presente un campo scalare φ che
assumiamo dotato della seguente densità lagrangiana
L(φ, ∂α φ) =
1
1
1
∂α φ∂ α φ −
µ2 φ2 + λφ4 = T − V(φ)
2
2
4
(63)
dove µ è la massa della particella quanto del campo e λ è una costante di accoppiamento che
determina l’intensità dell’interazione della particella con se stessa; λ deve essere positiva
per rendere l’energia totale limitata inferiormente per φ → ∞.
Notiamo che si è usato un sistema di unità di misura in cui c = h̄ = 1 e che per semplicità
di scrittura la dipendenza di φ dalle coordinate spaziotemporali non è indicata.
Notiamo anche che il termine di massa è strutturato come il termine di massa nella lagrangiana di Proca (v. cap. 2), cioè è proporzionale al quadrato del campo.
Notiamo infine che la lagrangiana è simmetrica per riflessioni spaziali φ → −φ.
Ora nelle usuali applicazioni della densità lagrangiana allo studio di fenomeni occorre usare
una tecnica perturbativa che consiste nello sviluppare la densità lagrangiana nell’intorno
di un punto di energia potenziale V(φ) minima. Ci chiediamo dunque quale è il valore del
campo corrispondente all’energia minima per V(φ).
Calcoliamo la derivata di V(φ) e poniamola uguale a zero per trovare il punto di minimo,
cui corrisponde quello che è usualmente detto “stato del vuoto”:
∂V
= µ2 φ + λφ3 = φ(µ2 + λφ2 ) = 0
∂φ
Una soluzione di questa equazione è φ = 0 e quindi una condizione di energia potenziale
minima, cioè lo stato del vuoto, è quella che corrisponde ad assenza di campo.
2
2
5
• Non è tuttavia la sola perché si può scrivere anche µ + λφ = 0 da cui
φ=±
r
−µ2
= ±v
λ
ed assumere µ2 negativo cosicché questa quantità, dovendo essere considerata il quadrato
di un numero immaginario, non può più essere considerata il quadrato della massa della
particella quanto del campo ma diviene un parametro di cui ci serviremo nel modo che
verrà indicato.
Assumendo µ2 < 0 si ottengono due punti di minimo di V, cioè φ = ±v mentre il punto
φ = 0 diviene un massimo.
Dunque in questo caso lo stato del vuoto corrisponde a un valore finito, costante e non
nullo del campo.
25
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Ci proponiamo di descrivere le deviazioni della densità lagrangiana rispetto a uno di questi
due punti di minima energia potenziale, ad esempio +v, sviluppandola nell’intorno di
questo punto nel modo seguente:
φ=v+η
dove η è un campo scalare. Si ha allora
L(η, ∂α η) =
1
1
1
∂α η∂ α η − µ2 (v + η)2 − λ(v + η)4
2
2
4
(64)
Ricordando che (a + b)4 = a4 + 4a3 b + 6a2 b2 + 4ab3 + b4 segue
1
L = ∂α η∂ α η −
2
1 2 2
1
2
4
3
2 2
3
4
µ (v + 2ηv + η ) + λ(v + 4v η + 6v η + 4vη + η )
2
4
L’espressione fra parentesi graffe può essere semplificata tenendo conto di µ2 = −λv 2 e
raccogliendo i termini in
η
η2
η3
η4
;
(µ2 v + λv 3 )η = (−λv 3 + λv 3 )η = 0
6
1
3
1
; ( µ2 + λv 2 )η 2 = (− λv 2 + λv 2 )η 2 = λv 2 η 2
2
4
2
2
3
; λvη
1 4
;
λη
4
e raccogliendo anche i seguenti termini costanti
1 2 2 1 2
1
1
1
µ v + λv = − λv 4 + λv 4 = − λv 4
2
4
2
4
4
Si ottiene cosı̀
L(η, ∂α η) =
1
1
1
1
∂α η∂ α η − (2λv 2 )η 2 − λvη 3 − λη 4 + λv 4
2
2
4
4
(65)
L’ultimo termine a membro destro è una costante e può essere ignorato perché L è definita
a meno di una costante; il terzo e quarto termine rappresentano autointerazioni; il secondo,
che è un termine in η 2 , confrontato col termine in φ2 di L(φ, ∂α φ), cioè 21 µ2 φ2 , mostra che
√
2λv 2 è la massa della particella quanto del campo η.
Notiamo che mentre la lagrangiana (63) è simmetrica per riflessione spaziale, la lagrangiana (65) non lo è più perché lo stato del vuoto (cioè lo stato di minima energia) non è
simmetrico: è dunque avvenuta una rottura spontanea di simmetria conseguente alla scelta
di φ = +v come stato fondamentale.
Notiamo anche che avremmo potuto scegliere φ = −v, con equivalenti conclusioni.
*
*
*
Assumiamo ora che φ sia un campo complesso definito da
φ = φ1 + iφ2
26
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
con φ1 e φ2 campi reali. La densità lagrangiana diviene
L(φ, φ∗ , ∂α φ, ∂α φ∗ ) =
Il punto di minimo di
1
1
1
∂α φ∗ ∂ α φ − µ2 φ∗ φ + λ(φ∗ φ)2 = T − V
2
2
4
V=
è |φ| = 0 per µ2 > 0 e
1 2 ∗
1
µ φ φ + λ(φ∗ φ)2
2
4
2
|φ|vmin.
per µ2 < 0 (v. punto
5
(66)
(67)
µ2
=−
= v2
λ
(pag. 25)) da cui
r
−µ2 iα
φvmin. =
e
λ
;
α = tan−1
(68)
φ2
φ1
(69)
p
|φvmin. | = v = ± −µ2 /λ è il raggio di un cerchio centrato nell’origine.
Il potenziale V può cosı̀ essere espresso nel modo seguente
1
1
V = − λv 2 φ∗ φ + λ(φ∗ φ)2
2
4
(70)
e, avendo un massimo per |φ| = 0 e minimi in tutti i punti del cerchio di raggio v, è talvolta
detto “potenziale a sombrero”.
L’angolo α può essere scelto ad arbitrio perché la densità lagrangiana (66) è invariante per
rotazioni. Scegliamo α = 0 perciò v è sull’asse φ1 cosicché sviluppando φ nell’intorno di v
si ha
φ1 = η + v ; φ2 = ξ
con η e ξ funzioni delle coordinate spaziotemporali. Si può allora scrivere
φ = η + v + iξ
(71)
e quindi la (66) diviene
1
L = ∂α (η + v − iξ)∂ α (η + v + iξ) −
2
ovvero
1
L = (∂α η − i∂α ξ)(∂ α η + i∂ α ξ) −
2
1 2
µ (η + v − iξ)(η + v + iξ)+
2
2
1
+ λ (η + v − iξ)(η + v + iξ)
4
1
2
1 2
µ (η + v)2 + ξ 2 + λ (η + v)2 + ξ 2
2
4
= T−V
Ora osserviamo che
1
2
1
V = µ2 (η + v)2 + ξ 2 + λ (η + v)2 + ξ 2
2
4
1 2 2
1
= µ (η + v 2 + 2ηv + ξ 2 ) + λ (η + v)4 + ξ 4 + 2(η + v)2 ξ 2
2
4
1 2 2
1
= µ (η + v 2 + 2ηv + ξ 2 ) + λ η 4 + v 4 + 4η 3 v + 4ηv 3 + 6η 2 v 2 + ξ 4 +
2
4
+ 2(η 2 + v 2 + 2ηv)ξ 2
27
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
L’espressione di V può essere semplificata tenendo conto di µ2 = −λv 2 (v. eq. (68)) e
raccogliendo i termini in
η
;
η2
;
η3
;
η4
;
ξ2
;
ξ4
;
(µ2 v + λv 3 )η = (−λv 3 + λv 3 )η = 0
1
1
6
3
µ2 + λv 2 η 2 = − λv 2 + λv 2 η 2 = λv 2 η 2
2
4
2
2
3
λvη
1 4
λη
4
1
1 2 2 1 2 1 2 2
2
µ + λv ξ = − λv + λv ξ = 0
2
2
2
2
1 4
λξ
4
In V sono inoltre presenti i seguenti termini di interazione:
λvηξ 2
;
1 2 2
λη ξ
2
(72)
e ci sono anche i seguenti termini costanti:
1 2 2 1 4
1
1
1
µ v + λv = − λv 4 + λv 4 = − λv 4
2
4
2
4
4
Si può cosı̀ scrivere
1
1
V = λv 2 η 2 + λvη(η 2 + ξ 2 ) + λ(η 2 + ξ 2 )2 − λv 4
4
4
e quindi, essendo (∂α η − i∂α ξ)(∂ α η + i∂ α ξ) = ∂α η∂ α η + ∂α ξ∂ α ξ, si può scrivere
L=
1
1
1
1
∂α η∂ α η − λv 2 η 2 + ∂α ξ∂ α ξ − λvη(η 2 + ξ 2 ) − λ(η 2 + ξ 2 )2 + λv 4
2
2
4
4
ovvero
L=
1
1
1
1
1
∂α η∂ α η − 2λv 2 η 2 + ∂α ξ∂ α ξ − λvη(η 2 + ξ 2 ) − λ(η 2 + ξ 2 )2 + λv 4
2
2
2
4
4
perciò
mη =
√
p
2λv 2 = −2µ2 > 0
;
mξ = 0
(73)
(74)
La procedura che ci ha fatto passare da un campo complesso φ a due campi reali η e ξ è
detta meccanismo di Goldstone ed è in accordo col Teorema di Goldstone: se una teoria
si regge su una densità lagrangiana che ha una simmetria continua esatta che però non è
una simmetria del vuoto (si usa dire che è una simmetria rotta spontaneamente), allora la
teoria contiene una particella di massa nulla.
A seguito del meccanismo di Goldstone al campo η viene ad essere associata una particella
dotata di massa mη e di spin zero, mentre al campo ξ viene ad essere associata una
particella priva di massa (mξ = 0) e a spin zero.
28
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Quest’ultima, detta bosone di Goldstone, non corrisponde ad alcuna particella esistente e
potremmo cosı̀ concludere che al meccanismo di Goldstone non si può fare riferimento per
gli scopi che ci siamo proposti (v. punto 4 (pag. 25))
Ora però riprendiamo in considerazione la (66) ed effettuiamo l’accoppiamento della particella di massa µ col campo di Maxwell Φ (q = coefficiente di accoppiamento) in accordo
con (v. eq. (53))
iq
∂α → ∂α + Φα
(75)
h̄c
e inoltre sommiamo ad essa la densità lagrangiana del campo di Maxwell (v. eq. 19)),
cosicché
iq
iq
1
1
1
1
∂α − Φα φ∗ ∂ α + Φα φ− µ2 φ∗ φ− λ(φ∗ φ)2 − (∂µ Φν −∂ν Φµ )(∂ µ Φν −∂ ν Φµ )
L=
2
h̄c
h̄c
2
4
4
che, per comodità, conviene scrivere tenendo conto del legame fra F e Φ definito dalla (B12)
dell’Appendice B:
L=
1
iq
iq
1
1
1
∂α − Φα φ∗ ∂ α + Φα φ − µ2 φ∗ φ − λ(φ∗ φ)2 − Fµν Fµν
2
h̄c
h̄c
2
4
4
(76)
Questa densità lagrangiana è invariante per le seguenti trasformazioni di gauge
iq
φ → e h̄c f φ = eiγ φ
;
γ=
Φα → Φα − ∂α f = Φα −
q
f
h̄c
(77)
h̄c
∂α γ
q
a seguito delle quali la (76) diviene
L=
1
iq
h̄c
iq
h̄c
∂α − (Φα − ∂α γ) e−iγ φ∗ ∂ α + (Φα − ∂α γ) eiγ φ +
2
h̄c
q
h̄c
q
1
1
1
− µ2 e−iξ φ∗ eiξ φ − λ|e−iξ φ∗ eiξ φ|2 − Fµν Fµν
2
4
4
(78)
dove notiamo che la densità lagrangiana del campo di Maxwell è rimasta invariata.
Dalla (78) ricaviamo
L=
1
iq
iq
∂α − Φα + i∂α γ e−iγ φ∗ ∂ α + Φα − i∂α γ eiγ φ +
2
h̄c
h̄c
1
1
1
− µ2 φ∗ φ − λ|φ∗ φ|2 − Fµν Fµν
2
4
4
(79)
Questa equazione, a parte il termine descrittivo della densità lagrangiana del campo di
Maxwell, è uguale alla (66). Applichiamo ad essa la procedura che si basa sulla (71), cioè
la procedura che genera la rottura spontanea di simmetria:
α iq α
1
iq
−iγ
L=
∂α − Φα + i∂α γ e (η + v − iξ) ∂ + Φ − i∂α γ eiγ (η + v + iξ) +
2
h̄c
h̄c
1
1
1 2
− µ (η + v)2 + ξ 2 − λ|(η + v)2 + ξ 2 )|2 − Fµν Fµν
2
4
4
29
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
In luogo di questa si può ottenere una espressione più facilmente maneggiabile se, invece
della (71), si assume per φ lo sviluppo in forma polare
iξ
φ = (η + v)e v
;
φ∗ = (η + v)e
−iξ
v
cosicché la trasformazione di gauge (77), nella quale γ è arbitrario, diviene
iξ
ξ
φ → eiγ φ = eiγ (η + v)e v = (η + v)ei(γ+ v )
e il campo ξ può essere fatto sparire scegliendo γ = −ξ/v e quindi
φ→η+v
Sviluppando la (79) nel modo detto si ottiene
L=
1
1
1
q2 v2
1
1
∂α η∂ α η − 2λv 2 η 2 − λvη 3 − λη 4 + λv 4 + 2 Φα Φα − Fµν Fµν +
2
2
4
4
4
2h̄ c2
2
q
e2 v
+ 2 (Φα Φα )η 2 + 2 (Φα Φα )η
2h̄ c2
h̄ c2
(80)
In questa si notano:
√
• il campo η e l’associato bosone di massa mη = 2λv 2 , mentre il campo ξ è scomparso e
con esso l’associato bosone privo di massa (mξ = 0, v. eq. (74));
• il campo di gauge Φ che, come mostra il termine q 2 v 2 Φα Φα /2h̄2 c2 , ha acquisito una
massa, di cui originariamente era privo, pari a
1 qv
mΦ = √
2 h̄c
(81)
Dunque accoppiando il campo scalare complesso φ col campo vettoriale di gauge non massivo Φ si ottiene, dopo aver effettuato una opportuna trasformazione di gauge, un campo
scalare reale e un campo vettoriale entrambi massivi.
Il campo scalare η è detto campo di Higgs; la procedura che ci ha permesso di far sparire
il campo ξ e di far acquisire massa al campo Φ è detta meccanismo di Higgs.
Il meccanismo di Higgs, come si è visto, consiste di una rottura spontanea di simmetria che
crea due bosoni, di cui uno è il bosone di Goldstone, e di una appropriata trasformazione
di gauge che fa scomparire il bosone di Goldstone e fa acquisire massa al campo di gauge.
Rimane presente nella lagrangiana il campo di Maxwell con l’associato bosone, cioè il
fotone.
*
*
*
Se vogliamo verificare che il numero dei gradi di libertà della densità lagrangiana che
abbiamo considerato prima dell’applicazione dei meccanismi è uguale a quello dei campi
finali, possiamo vedere che:
• il meccanismo di Goldstone ha trasformato un campo scalare complesso, che ha due gradi
di libertà, in un campo scalare massivo reale con un grado di libertà e un campo scalare
non massivo di Goldstone;
• il meccanismo di Higgs ha trasformato un campo scalare complesso con due gradi di
libertà e un campo di gauge, anch’esso con due gradi di libertà (v. punto 2 (pag. 14)), in
30
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
un campo reale massivo con un grado di libertà e un campo vettoriale massivo con tre
gradi di libertà (v. punto 1 (pag. 10)).
In sintesi:
meccanismi
campi originali
campi finali
Goldstone
1 scalare complesso φ(2)
1 scalare reale massivo η(1)
1 campo di Goldstone ξ(1)
Higgs
1 scalare complesso φ(2)
1 campo di gauge Φ(2)
1 campo di Higgs η(1)
1 campo vettoriale massivo Φ(3)
Fra parentesi sono indicati i gradi di libertà (con riferimento al numero di coordinate
lagrangiane indipendenti di cui la densità lagrangiana L è funzione).
*
*
*
Volendo riassumere quanto si è detto finora sul meccanismo di Higgs possiamo dire che,
partendo da una teoria riguardante particelle mediatrici prive di massa e introducendo
la particella di Higgs, la rottura spontanea di simmetria fornisce una teoria nella quale
sono presenti particelle massive mediatrici della forza debole e fotoni privi di massa, come
effettivamente succede in realtà nell’ambito delle interazioni elettrodeboli.
Infine si può mostrare che il meccanismo di Higgs può essere esteso a conferire massa a
tutte le particelle, e quindi non solo ai bosoni mediatori di forze, ma anche ai fermioni,
cioè agli elettroni e ai quark.
Dunque la particella di Higgs diviene l’oggetto fisico senza il quale nell’universo non esisterebbe nulla dotato di massa.
31
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Appendice A
∇(ψϕ) = (∇ψ)ϕ + ψ(∇ϕ)
(A1)
∇2 (ψϕ) = ∇ · ∇(ψϕ) = ∇ · (∇ψ)ϕ + ψ(∇ϕ)
Poiché per ogni campo vettoriale a e per ogni campo scalare θ vale la relazione
∇ · (θa) = a · (∇θ) + θ(∇ · a)
segue
∇2 (ψϕ) = (∇ϕ) · (∇ψ) + (∇ · ∇ψ)ϕ + (∇ψ) · (∇ϕ) + ψ(∇ · ∇ϕ)
= (∇2 ψ)ϕ + 2(∇ψ) · (∇ϕ) + ψ(∇2 ϕ)
32
(A2)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Appendice B
Tensore metrico η
ηαβ

1



0
=



0
0
ηαβ
Tensore di Levi-Civita ε

0
0
0 

−1 0
0 


 = η αβ ; α, β = 0, 1, 2, 3
0 −1 0 


0
0 −1


1 0 0 0




0 1 0 0


= ηαγ η γβ = 
= η αβ = η αγ ηγβ




0
0
1
0




0 0 0 1
εαβγδ
e
εαβγδ
(B1)
(B2)


 0 se almeno due indici sono uguali
=
1

±√
se gli indici sono tutti diversi
−η


 0 se almeno due indici sono uguali
=
g

se gli indici sono tutti diversi
±√
−η
dove il segno + vale se αβγδ è una permutazione pari e il segno − se è dispari e dove η è
il determinante del tensore metrico pseudoeuclideo. Si ha cosı̀:
ε0123 = ε0312 = ε3021 = ε2301 = ε2130 = ε1203 =
=ε3210 = ε1320 = ε1032 = ε0231 = ε2013 = ε3102 = 1
e anche
ε0132 = ε3012 = ε3201 = ε2310 = ε1230 = ε1023 =
=ε3120 = ε1302 = ε0321 = ε0213 = ε2103 = ε2031 = −1
mentre le componenti covarianti hanno segno opposto.
Coordinate di un evento R dello spaziotempo
 
ct 




x


α
α


x ≡R =
y


 

z


∂/∂ct 




∂
−∂/∂x 


α


≡∂ =



−∂/∂y


∂xα


−∂/∂z


ct 




−x 




xα ≡ Rα = 
 −y 





−z
;
;
33


∂/∂ct 




∂
∂/∂x 




≡ ∂α = 



α
∂/∂y


∂x


∂/∂z
(B3)
(B4)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Quadrivelocità U (U = velocità newtoniana)
 
c 





1
U

x
α


U =r



2 
U

y
U  

1− 2
U
z
c


c 




1
−Ux 




Uα = r



2 
−U


y
U 

1− 2
−U
z
c
;
Densità di quadricorrente ı
 
ρ




i
 x


iα = 




i

y
 

iz


ρ 




 −ix 


iα = 




−i


y


−iz
;
Quadripotenziale elettromagnetico Φ
Campo elettromagnetico F
Fαβ

0





 −Ex
=



−Ey



−Ez


ϕ 




 Ax 


Φα = 




A

 y

Az
Ex
Ey
0
Bz
−Bz
0
By
−Bx

Ez 



−By 




Bx 



0
Fαβ = η νβ Fαν = ηαν Fνβ
Equazioni di Maxwell
(B5)
(B6)


ϕ 




 −Ax 


Φα = 




−A

y


−Az
;
;
Fαβ

0






 Ex
=



Ey



Ez

0





 Ex
=



Ey



Ez
(B7)
−Ex
−Ey
−Bz
0
0
By
Ex
Ey
0
−Bz
Bz
−By
0
Bx
Bz
−Bx

Ez 



By 





−Bx 



0

−Ez 



−By 




Bx 



0
(B8)
(B9)
F·
= 4πı
(B10)
.
ε:(
F) = 0
(B11)
Campo e.m. espresso in funzione del 4-potenziale Φ
F = −(
Φ−Φ
)
(B12)
*
*
*
Riesce talvolta comodo esprimere le grandezze 4-dimensionali in funzione delle corrispondenti grandezze 3-dimensionali usando una notazione che evidenzia le componenti spaziali
34
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
con un unico simbolo comprendente sia le componenti controvarianti (segno superiore) che
le componenti covarianti (segno inferiore):


ct 



R≡

±R
 ∂ 
 ∂ct 

≡


∓∇
 
 ρ 
ı≡
 

±ı


ϕ 



Φ≡

±A


±E 



F≡

B
 ω 
 c 

k≡


±k
Esempi d’uso:


ct 



R = R Rα = (ct, R) · 
 = c2 t2 − R2
−R
 ∂ 
∂2
∂
∂2

2
∂ct 


=(
, −∇) · 
− ∇2
=
=
α
2
∂xα ∂x
∂ct
∂(ct)
∇


 ϕ 

ı · Φ = iα Φα = (ρ, ı) · 

 = ρϕ − ı · A
−A
 
∂
∂ρ
 ρ 
· ı = ∂ α iα = (
, −∇) · 
+∇·ı
 
=
∂ct
∂ct
−ı


ct
ω
ω


α

k · R = k Rα = ( , k) · 

 = ct − k · R = ωt − k · R
c
c
−R
e infine un esempio di doppio prodotto scalare
2
αβ
F:F=F
Fαβ
α
(B13)
(B14)
(B15)
(B16)
(B17)
(B18)
(B19)
(B20)
(B21)
(B22)
(B23)


−E 



= (E, B) : 

B




−E 
−E 




= (E, B) · 

 + (E, B) · 


B
B
= E · (−E) + B · B + E · (−E) + B · B
= 2(B 2 − E 2 )
35
(B24)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Appendice C
Una introduzione alla Meccanica di Lagrange dei sistemi di particelle e relative equazioni
si trova nella Appendice K del post “Reinterpretare l’Elettromagnetismo maxwelliano per
spiegare la Meccanica quantistica”.
Con riferimento a quanto viene detto nell’Appendice K, ricaviamo le equazioni di Lagrange
per un sistema, definito nello spazio monodimensionale, composto di particelle puntiformi
(i)
inizialmente a riposo (parte alta della figura seguente) aventi masse m0 ed essendo ciascuna particella collegata con la precedente e la successiva mediante molle aventi costante
elastica ke . Consideriamo poi il sistema di particelle dotato di moto oscillatorio e indichiamo con qi (t) lo spostamento istantaneo della i-esima particella dalla posizione di riposo
(parte bassa della figura).
L’energia cinetica del sistema, supponendo trascurabile la massa delle molle, è espressa da
1 X (i) 2
T =
m0 q̇i
(C1)
2
i
L’energia potenziale è la somma delle energie potenziali possedute dalle particelle per
effetto della compressione o allungamento delle molle.
Per calcolarla esprimiamo dapprima la forza agente sulla particella i-esima. Tale forza
dipende sia dalla variazione della lunghezza della molla che precede la particella sia dalla
variazione della lunghezza della molla che segue. Calcoliamo queste variazioni:
- variazione di lunghezza della molla precedente: qi − qi−1
- variazione di lunghezza della molla successiva: qi+1 − qi
Se qi > qi−1 la molla compresa fra q1−1 e qi ha subito un allungamento perciò la particella
(i)
di massa m0 è soggetta a una forza che tende ad avvicinarla alla particella di massa
(i−1)
m0
; se qi > qi+1 la molla compresa fra qi e qi+1 ha subito un accorciamento perciò la
(i)
particella di massa m0 è soggetta a una forza che tende ad allontanarla dalla particella di
(i+1)
massa m0
spingendola in verso concorde con il verso del caso precedente. Ragionamenti
simili possono essere fatti se qi < qi−1 oppure se qi < qi+1 e si può quindi scrivere
Fi = −ke (qi − qi−1 ) − ke (qi − qi+1 )
ovvero, più semplicemente
Fi = ke (qi+1 − qi ) − ke (qi − qi−1 )
36
(C2)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
L’energia potenziale da cui questa forza è derivabile è espressa da
V=
1X
ke (qi+1 − qi )2
2
(C3)
i
come si può verificare osservando che i termini della sommatoria in cui entra la qi sono
due:
Fi = −
1 ∂ ∂V
=−
ke (qi+1 − qi )2 + ke (qi − qi−1 )2 = ke (qi+1 − qi ) − ke (qi − qi−1 )
∂qi
2 ∂qi
La lagrangiana del sistema è per definizione
L=T −V
perciò
L(q, q̇) =
i
1 X h (i) 2
m0 q̇i − ke (qi+1 − qi )2
2 i
(C4)
Le equazioni del moto della particella i-esima si ricavano dalle equazioni di Lagrange:
d ∂L
∂L
− i =0
i
dt ∂ q̇
∂q
Ricordando che i termini di L che contengono qi sono due, si ottiene:
(i)
(i)
m0 q̈i − ke (qi+1 − qi ) + ke (qi − qi−1 ) = m0 q̈i − ke (qi+1 + qi−1 − 2qi ) = 0
(C5)
che non è altro che la legge newtoniana della dinamica:
(i)
m0 q̈i = Fi
*
*
*
Riprendiamo in esame la lagrangiana (C4) che qui riscriviamo:
o
1 X n (i) 2
2
L(qi , q̇i ) =
m0 q̇i (t) − ke [qi+1 (t) − qi (t)]
2 i
(C6)
Osserviamo che qi+1 (t)−qi (t) è la variazione che q subisce in un istante t per un incremento
unitario dell’indice i, perciò, se teniamo presente il formalismo matematico del calcolo alle
differenze finite, possiamo scrivere:
qi+1 (t) − qi (t) = 4qi =
4qi
4i
4i
L’espressione della L diviene quindi
"
2 #
1X
4q
i
(i)
L=
m0 q̇i2 − ke 42i
2 i
4i
37
(C7)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
Questa espressione, effettuando una semplice manipolazione e introducendo il modulo elastico Y , si può scrivere cosı̀:
"
"
2 #
2 #
(i)
(i)
X
X
m0 2
4qi
1
m0 2
4qi
1
L=
q̇i − ke 4i
4i =
q̇i − Y
4i
(C8)
2
4i
4i
2
4i
4i
i
i
in accordo col fatto che (`i = lunghezza della molla i-esima a riposo)
|Fi | = ke |4`i | = Y
|4`i |
`i
da cui Y = ke `i .
Se ora facciamo tendere a zero la distanza fra le masse, otteniamo un corpo elastico monodimensionale continuo nel quale ogni singola masserella infinitesima dm è individuata da
un indice i che varia con continuità.
Si può cosı̀ introdurre la densità lineare di massa
(i)
dm0
µ=
di
e il modulo elastico
Y = ke di
Il passaggio al limite comporta anche che
4qi (t)
∂q(i, t)
→
4i
∂i
q̇i =
dqi (t)
∂q(i, t)
→
dt
∂t
mentre la sommatoria che compare nella (C8) diviene un integrale, cosicché
1
L=
2
2
2 #
Z " ∂q(i, t)
∂q(i, t)
−Y
µ
di
∂t
∂i
Conviene tuttavia evitare di usare la lettera i come simbolo di indice continuo e perciò
sostituiamo la i con la x:
2
2 #
Z " 1
∂q(x, t)
∂q(x, t)
L=
µ
−Y
dx
(C9)
2
∂t
∂x
Ponendo
L
∂q ∂q
,
∂t ∂x
" 2 #
2
1
∂q
∂q
=
µ
−Y
2
∂t
∂x
(C10)
si ottiene la lagrangiana
L=
Z
38
Ldx
(C11)
E. Borghi - Trasformazioni di gauge e meccanismo di Higgs
La
∂q ∂q
L=L
,
∂t ∂x
è detta densità lagrangiana (talvolta semplicemente lagrangiana, anche se questa denominazione dovrebbe essere riservata alla (C11)).
Notiamo che nella q(x, t) la variabile continua x ha la medesima funzione che l’indice i ha
nella qi (t); poiché il numero dei valori che i può assumere esprime per definizione il numero
dei gradi di libertà di un sistema, tale numero è ora infinito.
Lo spazio delle configurazioni è quindi dotato di infinite dimensioni.
Il punto rappresentativo del sistema ha, in un certo istante t̄, infinite coordinate q(x, t¯),
ciascuna contraddistinta da un valore dell’indice x.
Nel caso più generale di sistemi definiti nello spazio tridimensionale la densità lagrangiana
assume l’espressione
∂ψ ∂ψ k
k
L = L ψ(x , t), k ;
;x ,t
; k = 1, 2, 3
(C12)
∂x ∂t
dove la terna x1 , x2 , x3 ha la funzione di un triplo indice continuo.
Notiamo che L può essere funzione esplicita di xk , oltre che di t; la possibile dipendenza
da t è un fatto già noto per i sistemi discreti. Il punto rappresentativo del sistema ha in un
istante t̄ infinite coordinate ψ(x1 , x2 , x3 , t̄) ciascuna contraddistinta da una terna di indici
x1 , x2 , x3 .
La lagrangiana corrispondente alla (C12) è definita da
Z
∂ψ ∂ψ k
k
; x , t dτ
(C13)
L=
L ψ(x , t), k ;
∂x ∂t
τ
Si può ulteriormente generalizzare la (C12) considerando una densità lagrangiana funzione
non solo di uno scalare ψ ma di un tensore di ordine qualsiasi ψlk11lk22...... che per semplicità
indicheremo brevemente con ψn
∂ψn ∂ψn k
k
L = L ψn (x , t);
;
;x ,t
∂xk ∂t
Una volta nota la densità lagrangiana L di un certo sistema continuo caratterizzato dalle
coordinate lagrangiane ψn (xk , t), le equazioni del campo ψn si ottengono dalle seguenti
equazioni di Lagrange, una per ogni valore di n:
∂
∂L
∂
∂L
∂L
+ k −
= 0 ; k = 1, 2, 3
∂ψn
∂ψn
∂t
∂x
∂ψn
∂
∂
∂t
∂xk
Se infine consideriamo un sistema definito nello spazio relativistico allora la densità lagrangiana ha espressione:
∂ψα γ
γ
L = L ψα (x ),
,x
; γ = 0, 1, 2, 3
(C14)
∂xγ
In essa la quaterna x0 , x1 , x2 , x3 ha la funzione di quadruplice indice continuo.
Le equazioni di Lagrange sono
∂
∂L
∂L
−
= 0 ; α, γ = 0, 1, 2, 3
γ
∂ψα
∂x
∂ψα
∂
∂xγ
39
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