Teoria di genere e della differenza

annuncio pubblicitario
SEMINARIO PER GLI STUDENTI DI SCIENZE POLITICHE (2017)
Sesso e Genere
-per sesso si intendono le differenze anatomiche e fisiologiche che caratterizzano i corpi maschili e
femminili;
-per genere le differenze sociali o i ruoli attribuiti alle donne ed agli uomini, ruoli appresi durante il
processo di crescita, che si modificano nel tempo e dipendono da fattori quali cultura, origine etnica,
religione, istruzione, classe e ambiente geografico, economico e politico.
Il sesso di una persona è una realtà fisica, ma il modo in cui uomini e donne vedono sé stessi e si pongono
in relazione, così come i ruoli che sono loro assegnati sono una costruzione sociale e vengono appresi
durante il processo di socializzazione.
Ad esempio: è vero che sono solo le donne a poter mettere al mondo un bambino (determinazione
biologica), ma la biologia non stabilisce chi alleverà i figli (comportamento di genere), né chi deve svolgere i
lavori domestici. Pertanto, il genere descrive la serie di qualità e comportamenti stabiliti dalla società per gli
uomini e per le donne e costituisce la loro identità sociale. Identità che differisce da cultura a cultura e che
si è modificata nel corso dei diversi periodi storici.
Chiara Saraceno maggio 2015: Non discende dalla conformazione del corpo il fatto che l'uomo lavori in
modo remunerato e la donna stia in casa, o che gli uomini guadagnino più delle donne o che gli uomini si
occupino di politica e le donne meno, così come non discende dalla conformazione del corpo il fatto che le
donne siano per natura più passive, dolci, e gli uomini più aggressivi e così via: sono tutti costrutti sociali.
L’immagine di ciò che viene definito maschile e femminile sono costrutti sociali così potenti da essere dati
per scontati e usati come modelli organizzativi nella famiglia e nella società, sia come mappe mentali che
guidano le scelte soggettive e danno perfino forma ai desideri.
Numerose prove a favore della tesi che il genere è una costruzione sociale e che le differenze negli
atteggiamenti e nei comportamenti di uomini e donne variano culturalmente provengono dai risultati delle
ricerche antropologiche e storiche.
Lidia Cirillo: Il genere è prima di tutto un PARAMETRO scientifico di lettura delle relazioni umane. Come gli
esseri umani stanno tra loro in rapporti di classe, così stanno tra loro in rapporti di genere. Il genere è un
fenomeno ideologico, è cioè il modo in cui una società, un gruppo umano, una comunità vivono
l'appartenenza all'uno e all'altro sesso. Ma è anche un fenomeno materiale, cioè è il complesso delle
implicazioni sociali della differenza sessuale in quella società, in quel gruppo umano, in quella comunità.
L'assenza del parametro di genere nelle analisi della realtà limita fortemente il carattere scientifico di
qualsiasi lavoro. Le prospettive della sociologia e dell'economia politica, per esempio, mutano radicalmente
se nell'osservazione è incluso o non è incluso il genere.
Sono state soprattutto le femministe a indagare sul genere, perché il genere non è solo un astratto
parametro scientifico. I rapporti di genere sono rapporti di potere, che si manifestano in forme
diversificate e complesse e per questo è spesso difficile individuarli e sottoporli a critica.
Studi di genere
Giulia Siviero 2015: Gli studi sul genere – “gender studies” – riguardano lo studio di come nel tempo, nella
storia e nella cultura siano state costruite le identità femminili e maschili. Mostrano come le norme che
1
reggono il rapporto fra i sessi sono state storicamente create. L’identità maschile o femminile secondo
questi studi non è “data per natura” ma è stata costruita socialmente. In questa costruzione la differenza di
sesso biologico è stata trasformata in una differenza di ruoli (di “genere”, appunto), che a sua volta è
diventata una gerarchia: gli uomini sono stati assegnati alla produzione e al lavoro, le donne alla
riproduzione e alla cura. La gerarchizzazione delle differenze ha portato all’oppressione degli uomini sulle
donne e alla creazione di confini rigidi tra le identità di genere, con l’allontanamento o il non
riconoscimento di chi sta fuori da questa norma. Per questo, secondo le teoriche del genere, è necessario
che le convenzioni sociali si emancipino dalla natura, ma anche che le persone sleghino la loro identità
dall’ordine sociale sottraendosi al dualismo sessuale. A tutto questo è collegata la rivendicazione di nuovi
diritti sessuali: quello di scegliere il proprio sesso, la difesa delle cosiddette minoranze sessuali, il diritto al
matrimonio omosessuale e all’adozione, il diritto ad avere un bambino attraverso l’inseminazione
artificiale.
Dice la teorica del gender Judith Butler (2013): «La teoria del genere non descrive “la realtà” in cui viviamo,
bensì le norme eterosessuali che pendono sulle nostre teste. Norme che ci vengono trasmesse
quotidianamente dai media, dai film, così come dai nostri genitori. E noi le perpetuiamo nelle nostre
fantasie e nelle nostre scelte di vita. Sono norme che prescrivono ciò che dobbiamo fare per essere un
uomo o una donna. E noi dobbiamo incessantemente negoziare con esse. Alcuni tra noi sono
appassionatamente attaccati a queste norme, e le incarnano con ardore; altri, invece, le rifiutano le
detestano, ma si adeguano.
Femminismo della differenza
Si oppongono decisamente alla teoria del genere le teoriche della differenza sessuale, le quali sostengono
che ogni cosa di cui un uomo o una donna fanno esperienza passa attraverso il loro corpo, mentre il gender
a loro parere mette in discussione il corpo sessuato.
Mentre Simone De Beauvoir bel 1949 scriveva: “Donne non si nasce, ma si diventa”, ovvero non è la
biologia che determina l’identità femminile, ma la cultura, il femminismo della differenza fa derivare dalla
diversità dei corpi, una incomponibile dualità del genere umano. La nozione neutra del genere umano è
considerata falsa, strumento di omologazione del sesso femminile a quello maschile.
Il corpo sessuato rappresenta il fondamento della nozione di “differenza di genere”. Infatti, al genere
sessuale non corrispondono solamente delle caratteristiche genitali o dei cicli fisiologici diversi per gli
uomini e per le donne: si connettono, invece, anche sensazioni ed emozioni corporee differenziate e,
quindi, anche un pensiero e un linguaggio costituiti sulla base della differenza nell’esperienza emotiva e
sensibile.
La differenza sessuale è una differenza ontologica, ossia preliminare rispetto alle forme sia della pratica
che del pensiero e comporta il rovesciamento di una visione della verità e delle istituzioni come dimensione
“neutra” ed “asessuata”, in cui il criterio della giustizia sia fondato sulla nozione (formale) di eguaglianza. La
differenza sessuale conduce, invece, alla individuazione di un ordine “sessuato” della giustizia e della verità,
che dovrebbe coinvolgere anche il genere maschile.
Infatti, la falsa apparenza degli uomini al “neutro”, se da un lato garantisce la riproduzione indefinita della
società patriarcale, dall’altro preclude ai maschi il percorso verso la presa di coscienza della propria
identità.
Virginia Woolf, una delle ispiratrici di tale pensiero, osserva negli anni Trenta del Novecento che la donna
all’interno del sistema patriarcale dominante è ritenuta inferiore a lui per natura. Per uscire da questa
condizione auspica che alle donne sia impartita una cultura diversa da quella maschile, perché solo così
potrà realizzarsi una società diversa da quella attuale: ad esempio, una società che formi non alla guerra,
come è quella maschile, ma alla pace. Le donne dovrebbero impegnarsi anzitutto a realizzare un
cambiamento sociale e culturale nella sfera privata prima ancora che in quella pubblica.
2
La “politica” della differenza di genere rappresenta il rovesciamento del programma classico del
femminismo, poiché rifiuta il principio dell’“eguaglianza” tra uomini e donne.
Nel 1970 Carla Lonzi, iniziatrice del pensiero della differenza in Italia, afferma che quella tra uomo e donna
«è la differenza di base dell’umanità. La donna è l’altro rispetto all’uomo, l’uomo è l’altro rispetto alla
donna. L’uguaglianza è un tentativo ideologico per asservire la donna a più alti livelli. Identificare la donna
con l’uomo significa annullare l’ultima via di liberazione». E ancora: «L’oppressione della donna non si
risolve nell’uguaglianza, ma prosegue nell’uguaglianza, non si risolve nella rivoluzione, ma prosegue nella
rivoluzione».
Il testo della Libreria delle donne di Milano Non credere di avere dei diritti (1987) riassume il concettocardine: l’uguaglianza è stata una trappola, bisogna invece esaltare la differenza e i valori positivi delle
donne. Insieme, affidandosi l’una all’altra, le donne possono affermare l’ordine simbolico femminile
centrato sulla madre in alternativa all’ordine simbolico maschile. Bisogna smascherare la presunta (e falsa)
universalità del sapere che di fatto è sessuato al maschile e opporre un nuovo sapere sessuato al femminile
da riscoprire, rivalutare, approfondire e arricchire. Ne scaturiscono notevoli conseguenze politiche: l’unica
via di salvezza per le donne è una scelta intensamente anti istituzionale e antiegualitaria.
Patriarcato
I rapporti di potere tra sesso maschile e femminile costituiscono un sistema che il femminismo chiama
patriarcale. Il patriarcato sta al genere come il capitalismo sta alla classe, è cioè uno specifico sistema di
genere, come il capitalismo è uno specifico sistema di classe. Il patriarcato nel senso letterale, ovvero come
organizzazione della famiglia in cui l'autorità e le principali funzioni sono nelle mani dell'uomo più anziano e
l'eredità è trasmessa ai soli discendenti maschi, con preferenza per i primogeniti, si è molto attenuato in
occidente, ma ha lasciato tracce profonde. Quel che opprime le donne è prima di tutto un complesso di
strutture. Una donna può nella sua vita non subire mai l'oppressione diretta di un uomo, ma subire lo
stesso l'oppressione patriarcale, così come una persona può anche non avere un padrone, ma subire
l'emarginazione, l'espropriazione, il disagio delle strutture capitalistiche. Secondo alcune pensatrici le
strutture patriarcali sono ancora oggi alla base di ogni società, sia pure in modi assai diversificati. In
maniera non certo equivalente, sono espressione di strutture patriarcali sia il burqa, sia l'inflazione di corpi
femminili nudi; sia la lapidazione delle adultere, sia la prostituzione coatta.
Connesso con il “patriarcato” è anche il modello prevalente di sessualità. L’immagine dominante dell’
eterosessualità – intesa come unica forma di identità sessuale socialmente accettabile – viene intesa come
un sottoprodotto del patriarcato, che tende ad escludere e a reprimere ogni altra forma di legame sessuale,
come l’omosessualità.
Se la forma “patriarcale” del dominio sessuale assume nelle società contemporanee forme più o meno
nascoste, se ne può osservare l’immagine esplicita nel persistere della violenza sessuale.
Il linguaggio così come noi lo conosciamo è conforme all’ordine patriarcale perché istituito dalla cultura
della società patriarcale. Esso è articolato sulla base della negazione della identità delle donne, in funzione
del dominio di uno solo dei due sessi. Infatti, nel linguaggio, così come è venuto storicamente
costituendosi, il “neutro” (che nella lingua italiana grammaticalmente non esiste) è dato in realtà
dall’universalizzazione del genere maschile. Ciò che è detto al maschile vale per la totalità degli esseri
sessuati e per il mondo delle cose. Ciò che è femminile, invece, indica solamente una parte. Il maschile
prevale sempre sul femminile.
Pari opportunità- azioni positive
Le pari opportunità sono un principio giuridico inteso come l'assenza di ostacoli alla partecipazione
economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione e convinzioni
personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale o politico.
3
Le azioni positive sono misure volte alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione
di pari opportunità, nell'ambito della competenza statale.
Le azioni positive di genere sono misure istituzionali temporanee speciali che, in deroga al principio di
uguaglianza formale, sono mirate a rimuovere gli ostacoli alla piena ed effettiva parità di opportunità tra
uomini e donne.
Sono speciali poiché non generali ma specifiche e ben definite e che intervengono in un determinato
contesto per eliminare ogni forma di discriminazione, sia diretta sia indiretta, e sono temporanee, in
quanto necessarie per un limitato periodo di tempo finalizzato alla rimozione delle disparità di trattamento
tra uomini e donne.
La strategia delle azioni positive di genere è volta al superamento delle posizioni di svantaggio delle donne
nel mondo del lavoro e della rappresentanza.
- Nel campo del lavoro si riferiscono all’accesso al lavoro, alle retribuzioni, alla carriera, alla presenza alle
posizioni di vertice, all’equilibrio fra responsabilità familiari e professionali.
-Nel campo della rappresentanza vogliono favorire la partecipazione delle donne alla vita politica del paese,
colmando il gap di presenza nelle istituzioni e nei partiti fra i due sessi.
Le azioni positive mirano a realizzare l’eguaglianza sostanziale lottando contro:
--la discriminazione diretta
che avviene nel momento in cui una persona è vittima di discriminazione in ragione del genere.
--la discriminazione indiretta
che avviene nel momento in cui, a livello legislativo, si prendono provvedimenti i quali,
apparentemente neutri, contengono elementi discriminanti a sfavore di un sesso.
Gender mainstreaming
(Consiglio d’Europa, Gender Mainstreaming, Strasburgo, 1998:) Si tratta di un concetto che parte dalla
convinzione che anche le azioni specifiche a favore delle donne (azioni positive di genere) si sono rivelate
una soluzione parziale, perché preparano le donne ad operare in una cultura dominata dagli uomini, ma
non la mettono in discussione. In tale modo non si riesce a trasformare la posizione delle donne (e
pertanto anche quella degli uomini). Ne consegue la necessità di ripensare in modo radicale le strutture, i
sistemi, il rapporto tra uomini e donne e le loro esigenze individuali, secondo l’approccio del mainstreaming
di genere, riconosciuto a livello mondiale in occasione della Quarta Conferenza Mondiale delle Nazioni
Unite sulle Donne tenutasi a Pechino nel 1995. Esso riconosce come le iniziative specificamente rivolte alle
donne, che spesso operano ai margini della società, sebbene necessarie, non sono sufficienti da sole ad
operare grandi cambiamenti.
Il mainstreaming di genere consiste in un “…processo volto a valutare le implicazioni sia per le donne che
per gli uomini di ogni azione pianificata a tutti i livelli (normativo, politico e di programmi). Costituisce
una strategia volta a rendere le preoccupazioni e le esigenze delle donne, ma anche degli uomini, parte
integrante nella progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione di politiche e programmi nella
sfera politica, economica e sociale, in modo che le donne e gli uomini possano trarne beneficio in ugual
misura e non si continui a perpetuare la disparità. L’obiettivo ultimo risiede nel raggiungere la parità di
genere”.
4
Valutare l’impatto di genere significa considerare politiche e prassi al fine di assicurarsi che abbiano effetti
altrettanto positivi su uomini e donne; identificare l’esistenza e la portata delle differenze tra donne e
uomini e le implicazioni delle stesse in relazione a specifiche aree politiche; valutare le politiche e le prassi
per verificare se avranno un impatto diverso sulle donne e sugli uomini per neutralizzare le discriminazioni
e per garantire la parità.
Scrive Federica Di Sarcina nel 2010: Il gender mainstreaming è un concetto rivoluzionario perché, oltre a
portare la dimensione di genere in tutte le politiche comunitarie, richiede l’adozione di una prospettiva di
genere da parte di tutti gli attori del processo politico, anche di quelli che non hanno esperienza o interesse
nell’ambito delle “questioni di genere”.
Il riconoscimento formale del gender mainstreaming avviene con il Trattato di Amsterdam (1997) che ha
posto la parità tra i sessi tra gli obiettivi dell’Unione (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) e i
compiti della Comunità, da perseguire tramite l’attuazione di politiche e azioni comuni (articoli 2 e 3 del
Trattato sulla Comunità).
Il Gruppo di Lavoro sul Mainstreaming di Genere della Commissione europea scrive: Il gender
mainstreaming permette di superare l’idea che quella della parità sia una questione prettamente
femminile e di giungere alla conclusione che la partecipazione paritaria di donne e uomini a tutti i livelli
della società svolge un ruolo essenziale nel garantire sviluppo e democrazia, oltre a manifestare il livello di
maturità politica raggiunto. Tale obiettivo ambizioso è ben lungi dall’essere una realtà.
Il gender mainstreaming si concentra sulle differenze sociali tra uomini e donne, differenze apprese,
modificabili nel tempo, e variabili da cultura a cultura, riconosce la forte correlazione tra lo svantaggio
relativo delle donne ed il vantaggio relativo di cui godono gli uomini. Ciò implica che i cambiamenti per le
donne dovranno essere accompagnati da cambiamenti per gli uomini e viceversa. Non si tratta di una lotta
fra i sessi. La vera sfida è rappresentata dal riuscire a dimostrare che tutti possono trarre beneficio da una
società maggiormente egualitaria, costruita sul riconoscimento delle differenze e che risponda e valorizzi le
esigenze degli individui e dei gruppi.
Ad esempio, la differenza nell’uso del tempo da parte delle donne e degli uomini determina un impatto
diretto sui modelli di lavoro e, in ultima analisi, sulle loro scelte di vita. Modelli di lavoro retribuito
tipicamente maschili - contratti di lavoro full-time a tempo indeterminato per tutta la durata del ciclo di vita
- impongono un vincolo sul tempo a disposizione della famiglia. Sono le donne a garantire la necessaria
flessibilità riducendo il proprio orario di lavoro oppure abbandonando un’occupazione a tempo pieno
quando i bisogni familiari lo impongono.
Il risultato è che la maggior parte dei disoccupati sono donne e sono quasi sempre le donne a garantire
assistenza alla famiglia.
--L’approccio non è incentrato sulle donne e sulla loro esclusione. Bensì sui rapporti fra uomini e donne e
sulla necessità che uomini e donne condividano decisioni, potere, opportunità, risorse.
--La soluzione ricercata non è integrare le donne nelle strutture esistenti. Bensì trasformare rapporti e
strutture ineguali.
--La strategia non riguarda solo le donne. Ma vuole identificare e rispondere alle esigenze pratiche
espresse dalle donne e dagli uomini, al fine di migliorarne la condizione
5
Scarica