Il barocco: uno stile che stupisce Il barocco non indica solo uno stile artistico, letterario o architettonico, ma lo spirito complessivo di un secolo. Il ‘600 è il secolo dei sentimenti e delle passioni, del movimento e della magnificenza. L’architettura vuole emozionare, convincere e sedurre e le fa privilegiando andamenti sinuosi, forme concave e convesse, giochi di luce e ombre. La storia: Derivato probabilmente dalla fusione di baroco – termine medievale che indicava un modo di ragionare particolarmente artificioso ed eccentrico – con il portoghese barroco o lo spagnolo barueco – che designava un tipo di perla dalla forma irregolare e bizzarra – il termine Barocco indica le trasformazioni di gusto e stile che caratterizzarono l’arte e la letteratura del Seicento. Sinonimo di effetti bizzarri e stravaganti, a partire dal XVIII secolo e fino ai primi decenni del XX, il termine Barocco assunse un significato spregiativo: ovvero «enfatico», «pesante» o «eccessivamente fastoso». Esso infatti, soprattutto nelle sue espressioni architettoniche e letterarie, fu giudicato come una degenerazione del gusto classico e rinascimentale. Caratteristiche proprie del Barocco sono la prevalenza della massa e del movimento; i forti contrasti di luci e ombre, l’instabilità, la ricchezza degli ornamenti. Come per altri stili artistici e letterari, anche il termine Barocco, nato nell’ambito della storia dell’arte, è stato presto esteso sia agli altri aspetti della produzione culturale del secondo ‘500 e del ‘600, sia ad ogni aspetto della vita sociale: tutto appare ora dominato dal gusto per la forma, per lo spettacolo, per l’ornamento, per la decorazione fino all’eccesso, al fine di suscitare stupore e meraviglia. Di recente il termine Barocco è stato recepito anche in ambito storiografico, presso il quale è accettato l’uso di parlare di «età barocca» per indicare il periodo storico compreso tra la seconda metà del XVI e il XVII secolo caratterizzato da una serie di contrasti: vi si combatte l’ultima guerra di religione, la guerra dei Trent’anni; la fine della guerra dei Trent’anni segna in Francia il trionfo dell’assolutismo, che si realizza in pieno con Luigi XIV, detto il «re Sole»; inizia la moderna ricerca scientifica, grazie a Galileo Galilei; le grandi potenze europee iniziano a sfruttare i territori americani scoperti un secolo prima e si sviluppa una ricca economia; Olandesi, Francesi e Inglesi iniziano a percorrere gli oceani come mercanti e pirati, arricchendosi enormemente; l’Italia, colpita da epidemie di peste e carestie, è divisa in molti stati sottoposti al dominio spagnolo (solo pochi di essi riescono a salvaguardare una certa indipendenza, come Venezia, Genova e il Ducato di Savoia, oltre allo Stato della Chiesa). Centro di irradiazione dello stile Barocco in Europa è l’Italia. Pur versando in una situazione di debolezza politica ed economica rispetto agli altri paesi europei, l’Italia del Seicento riafferma il proprio primato culturale e artistico, rilanciando al di là delle Alpi il prestigio dei suoi intellettuali e artisti. Risultati spettacolari vengono raggiunti soprattutto nel campo dell’architettura: le opere degli artisti italiani, infatti, diventano una sorta di modello per gli artisti degli altri paesi. Gli stessi architetti italiani sono chiamati a lavorare in molti capitali europee, contribuendo a rinnovarne l’aspetto. Tra la fine del ‘500 e i primi decenni del ‘600, papi e congregazioni religiose sono, insieme con la nobiltà, i principali committenti di opere d’arte. Il loro scopo è quello di celebrare sia la grandezza di Roma e della Chiesa cristiana nel mondo contro le altre dottrine religiose, in particolare quella protestante, sia il prestigio raggiunto dalla propria famiglia. Inoltre con i suoi effetti illusionistici, le sue forme fantasiose e stravaganti, l’arte barocca mira a educare i fedeli alle più complesse verità di fede attraverso l’immaginazione e la partecipazione emotiva. Gli artisti più importanti fanno a gara per realizzare imprese grandiose costruendo strade, palazzi, chiese, monumenti e fontane con scenografici giochi d’acqua. I principali architetti del Barocco sono Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. A Roma opera anche Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona, architetto e pittore. A Torino lavora Guarino Guarini, architetto, teologo, filosofo, matematico. A Venezia emerge la figura di Baldassarre Longhena. L’architettura barocca: L'architettura barocca è quella fase della storia dell'architettura europea che, preceduta dal Rinascimento e dal Manierismo, si sviluppò nel XVII secolo, durante il periodo dell'assolutismo. Mentre l'universo rinascimentale era chiuso e statico, l'atteggiamento fondamentale dell'età barocca divenne pertanto quello di appartenere ad un sistema assoluto e integrato, ma nello stesso tempo aperto e dinamico. Favorirono questo atteggiamento i grandi viaggi di esplorazione, la scoperta di un mondo più ampio, la colonizzazione e l'evoluzione della ricerca scientifica. Ciò determinò un incremento della specializzazione delle attività umane, con la conseguente rottura del binomio arte e scienza, binomio che aveva posto le basi all'uomo universale del Rinascimento. La distruzione del vecchio mondo culminò con la guerra dei trent'anni, che all'inizio del Seicento paralizzò buona parte dell'Europa Centrale. In questo periodo la riforma protestante si diffuse in numerose regioni d'Europa, dando inizio allo sviluppo di diverse chiese riformate. La conseguente Controriforma, avviata dalla Chiesa cattolica col Concilio di Trento, ebbe notevoli ripercussioni anche in campo artistico: fu promossa l'importanza didascalica delle immagini e furono fissate una serie di norme nelle arti per sottolineare la distinzione tra il clero ed i fedeli. Questo atteggiamento raggiunse tutte le regioni del mondo cattolico grazie all'opera dei Gesuiti e, malgrado il suo carattere rigido e difensivo, favorì lo sviluppo dell'arte barocca. Infatti, nel XVII secolo la Chiesa cattolica si avviò alla ricerca di un compromesso col potere politico, cessando di combattere contro le intromissioni della realtà storica e cercando di conciliare le questioni di fede con quelle inerenti alla vita mondana; proprio per questo il Barocco divenne uno stile atto ad esprimere sia i dogmi della fede che le frivolezze della mondanità. Ad esempio, questa duplice espressione dell'arte barocca può essere riscontrata nelle sistemazioni urbanistiche ideate da Domenico Fontana per Roma, durante il pontificato di Sisto V: il miglioramento dei collegamenti tra le chiese più importanti della città portò alla formazione di ampie piazze ornate con obelischi e fontane, che divennero pertanto simboli di una vitalità e un dinamismo non solo religioso. L'architettura barocca, che si preannunzia già alla metà del Cinquecento in alcune opere di Michelangelo, si sviluppò a Roma e raggiunse i suoi massimi risultati tra il 1630 ed il 1670; da qui si diffuse nel resto della penisola e nel mondo occidentale, mentre nel XVIII secolo Roma volse di nuovo al classicismo sull'esempio di Parigi. In Italia, il primo periodo barocco corrisponde all'attività di artisti e architetti quali Carlo Maderno, Annibale Carracci, Caravaggio, Pieter Paul Rubens. Il secondo periodo può essere ascritto a partire dal terzo decennio del Seicento, con le opere di Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona e Francesco Borromini, che resero Roma il maggior centro di attrazione artistica di tutta Europa. Più precisamente, sotto i pontificati di Urbano VIII Barberini, di Innocenzo X Pamphili e Alessandro VII Chigi il Barocco divenne uno stile internazionale che la città dei papi diffuse in tutto il mondo occidentale. Il termine conclusivo è legato alla decadenza della Santa Sede dopo la metà del secolo, in particolar modo dopo la morte di papa Alessandro VII, nel 1667. L'influenza del Barocco non si limitò al solo XVII secolo; infatti, all'inizio del Settecento si affermò il Rococò, che pur non essendo una semplice continuazione del primo, può essere inteso come l'ultima fase del Barocco. Caratteristiche dell'architettura barocca Contrariamente alle tesi secondo cui il Barocco fu generato dal Manierismo, diversi studi sostengono che fu invece il tardo Classicismo a dare inizio al nuovo stile. Infatti, l'architettura manierista non fu abbastanza rivoluzionaria per mutare radicalmente, in senso spaziale e non solo a livello della superficie decorativa, gli stilemi dell'antichità ai fini popolari e retorici del clima controriformistico; in altre parole, il Manierismo non corrispondeva alle esigenze artistiche della Controriforma, poiché mancava di quei caratteri di chiarezza, realismo e intensità emotiva richiesti dalla Chiesa del tardo Cinquecento. Già nel XVI secolo, Michelangelo Buonarroti aveva preannunciato il Barocco nelle forme colossali e massicce della cupola della Basilica di San Pietro a Roma; anche le alterazioni delle proporzioni e le tensioni espresse dallo stesso architetto nel vestibolo della Biblioteca Laurenziana e l'aggiunta del massiccio cornicione al palazzo Farnese avevano suscitato all'epoca reazioni, proprio per l'alterazione in senso drammatico delle proporzioni classiche. Ciononostante, in altre opere Michelangelo aveva ceduto alle influenze della corrente manierista. Quindi, fu solo quando il Manierismo volse al termine che fu riscoperto Michelangelo quale padre del Barocco. Caratteristiche fondamentali del Barocco sono le forme plastiche, la predilezione per le linee ricurve, anche in pianta, le composizioni spaziali complesse, l'impiego di pittura, scultura e stucco nella composizione architettonica, il sapiente uso della luce naturale, l'accentuazione scenografica, e l'uso di specchi e materiali preziosi. Il Barocco, tuttavia, non si limitò a rivedere con nuovo gusto schemi antichi, ma creò una nuova concezione spaziale, con l'interpenetrazione tra le parti derivante da una visione spaziale unitaria, di cui sono esempi significativi la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane e Sant'Ivo alla Sapienza del Borromini, o, ancora, il Santuario dei Quattordici Santi di Johann Balthasar Neumann. Urbanistica Nel 1585 papa Sisto V avviò i lavori per la trasformazione urbana di Roma, dando incarico a Domenico Fontana di collegare i principali edifici religiosi della città per mezzo di grandi assi stradali rettilinei. Il piano, che aveva il compito di enfatizzare il ruolo di Roma come città santa, gettò le premesse per una serie di analoghe trasformazioni in diversi centri europei. Pertanto, alle planimetrie centralizzate e chiuse delle città ideali rinascimentali, si contrappose la concezione barocca della città capitale, più dinamica e aperta verso i propri confini, ma al contempo punto di riferimento per l'intero territorio. A Roma, i centri focali del panorama urbano vennero sottolineati mediante l'uso di antichi obelischi egizi e alte cupole; a Parigi invece i nodi del sistema viario furono definiti per mezzo di piazze simmetriche, incentrate attorno alla statua del sovrano. In generale, la piazza barocca cessò la sua tradizionale funzione civica e pubblica, per divenire mezzo di esaltazione dell'ideologia politica o religiosa, come nel caso delle cosiddette place-royale francesi e di piazza San Pietro a Roma. Chiese Il punto di partenza dell'architettura legata alla Controriforma può essere ricercato nella chiesa del Gesù in Roma, costruita a partire dal 1568 su progetto del Vignola. L'edificio, che rappresenta una sintesi tra architettura rinascimentale, manierista e, naturalmente, barocca, soddisfaceva pienamente le esigenze controriformistiche: infatti, la disposizione longitudinale della pianta permetteva di accogliere il maggior numero di fedeli, mentre la pianta a croce latina con numerose cappelle laterali rappresentava un ritorno a quella tradizione auspicata durante il Concilio di Trento. Nella chiesa del Gesù la presenza di una cupola sottolinea la centralità dello spazio verso il fondo della navata e lascia presagire la ricerca di un'integrazione tra gli schemi longitudinali e quelli centralizzati derivati da San Pietro in Vaticano. Anche la facciata, costruita su progetto di Giacomo della Porta, sembra anticipare i temi più marcatamente barocchi, riscontrabili ad esempio nei prospetti di Santa Susanna e Sant'Andrea della Valle. Lo sviluppo dell'architettura della chiesa barocca è basato sugli stessi principi di integrazione tra gli schemi longitudinali e quelli centralizzati, nonché sul desiderio di rendere la chiesa parte dello spazio urbano circostante. Se gli architetti manieristi alterano l'impaginazione rigorosa delle facciate rinascimentali aggiungendovi temi e decorazioni caratterizzati da un raffinato e oscuro intellettualismo, senza modificare la logica planimetrica e strutturale delle facciate negli edifici, gli architetti barocchi modificano quell'architettura sia nelle piante, sia nelle partiture di facciata, in funzione di una concezione spaziale nuova. Le facciate delle chiese non costituiscono più la terminazione logica della sezione interna, ma divengono un organismo plastico che segna il passaggio dallo spazio interno alla scena urbana. Pertanto, lo spazio interno, spesso definito da ellissi, viene continuamente modellato attraverso il movimento degli elementi spaziali, differenziandosi totalmente dalla concezione rinascimentale, che invece prevedeva un susseguirsi uniforme di elementi disposti in simmetria tra loro. Per quanto concerne gli schemi planimetrici, oltre agli impianti derivati dal tradizionale schema basilicale, l'età barocca prevede due tipologie fondamentali di schemi centralizzati: le chiese longitudinali centralizzate e le chiese a pianta centrale allungata. Palazzi Nell'architettura civile occorre distinguere due tipi di abitazione nobiliare: il palazzo di città e la villa di campagna. Il palazzo italiano, seppur con alcune varianti regionali, rimase fedele alla tipologia residenziale del Rinascimento, con un corpo edilizio chiuso attorno ad una corte interna. Generalmente i prospetti principali furono dotati di avancorpi e decorati mediante l'impiego di colonne giganti. Si registra inoltre l'estensione dell'asse di simmetria anche all'interno dell'edificio, dove si aprono il vestibolo e la corte centrale; ad esempio, l'asse longitudinale introdotto in palazzo Barberini, a Roma, contribuisce alla definizione della pianta e ne sottolinea il rapporto con l'ambiente esterno. Peraltro, questo palazzo costituisce un punto di svolta nella tipologia delle residenze all'italiana: la pianta è ad H, con un profondo atrio che si riduce costantemente in larghezza fino ad immettere in una sala ellittica, centro nodale dell'intera costruzione. I grandi dell’architettura italiana barocca Carlo Maderno Santa Susanna Nel 1603, fu ultimata la facciata della chiesa di Santa Susanna, progettata da Carlo Maderno (1556-1629) e solitamente ritenuta il "primo esempio pienamente realizzato di architettura barocca"; malgrado l'impianto spaziale risulti ancora manieristico, Maderno rafforzò l'asse centrale mediante l'uso graduale di pilastri, semicolonne e colonne verso la parte centrale dell'edificio, accentuando così la plasticità già emersa nell'opera del Della Porta. L'elemento che più colpisce l'osservatore è il tema del graduale avanzare verso l'esterno della facciata nella sua parte centrale, una sorta di anticipazione del tema della facciata sinusoidale borrominiana, ottenuta qui attraverso passaggi non concavo-convessi, ma attraverso scatti successivi degli elementi strutturali, tesi a rafforzare l'asse centrale del tempio. Al primo ordine si passa infatti dalle lesene singole e poco rilevate, poste agli estremi della facciata, ad un primo avanzamento ottenuto con una colonna quasi in alveolo e infine con l'accostamento di due colonne, la prima in alveolo e la seconda a tutto tondo, che delimitano il portale disposte in modo gradualmente emergente verso il centro. Al contrario volendo si potrebbe leggere la facciata come un processo di rarefazione degli elementi architettonici dal centro all'esterno. Lo stesso processo si evidenzia in una lettura dal basso verso l'alto, in quanto al secondo ordine le colonne lasciano il posto a lesene molto meno rilevate, mentre il timpano si conclude con un coronamento a balaustra che lascia intravedere il cielo. Non si può ancora parlare di ricerca dell'infinito, ma gli spunti potrebbero essere stati importanti per gli allievi di Carlo Maderno. L'interno della chiesa è a navata unica con una cappella laterale in prossimità della balaustra del presbiterio. Le pareti sono state completamente affrescate con Storie della vita di Santa Susanna di Baldassarre Croce nel 1595. Il soffitto, invece, è a cassettoni dorati. La facciata di San Pietro Lo stesso Maderno fu incaricato di prolungare un braccio della Basilica di San Pietro, al fine di rendere la chiesa idonea ad accogliere un maggior numero di fedeli; anche in questo caso, la facciata (1608-1612), una delle opere più discusse della storia dell'architettura, mostra una maggiore intensità plastica verso il centro. Maderno, nel suo progetto di San Pietro, fu costretto a rispondere principalmente a esigenze funzionali, pastorali e teologiche. L'architetto, infatti, dovette costruire un portico, una sacrestia e una loggia per le benedizioni (non previsti dall'iniziale progetto di Michelangelo), ed evitare di lasciare inutilizzato lo spazio precedentemente coperto dall'antico tempio paleocristiano, non dimenticando tra l'altro di fornire sufficiente spazio per le attività liturgiche. Maderno, inoltre, decise di completare la basilica vaticana prolungando il braccio est dell'impianto michelangiolesco, con un corpo longitudinale «a tunnel processionale», e di realizzare, a partire dal 1608, l'imponente facciata. Questo intervento rappresenta una delle opere più discusse e criticate della storia dell'architettura: infatti, l'estensione della basilica, riconducibile ad una croce latina, impedisce la visione ravvicinata della grande cupola, mentre la facciata, priva dei campanili previsti nel progetto di Maderno e non realizzati per problemi strutturali, colpisce per l'eccessiva larghezza. Una nuova impostazione, basata sulla trasformazione delle forme piuttosto che sull'applicazione di elementi decorativi, si ebbe con l'affermazione di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), Francesco Borromini (1599-1667). Gian Lorenzo Bernini Figlio di uno scultore tardo manierista di nome Pietro, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) si dedicò precocemente alla scultura, divenendo ben presto uno dei principali protagonisti della vita artistica romana. A Roma, infatti, si svolse tutta la sua vita artistica, quasi sempre al servizio della corte papale. È lui senz’altro l’artista che più contribuì a diffondere in ambiente romano lo stile barocco, stile che divenne la matrice di ogni trasformazione urbana della città eterna per tutto il XVII e XVIII secolo. Appena ventenne realizzò quattro importanti gruppi scultorei per il cardinale Scipione Borghese: «Enea e Anchise», il «Ratto di Proserpina», «David» e «Apollo e Dafne». Nel 1623, a soli venticinque anni, venne chiamato alla corte pontificia da Urbano VIII, appena eletto papa, che l’anno successivo gli commissionò il baldacchino bronzeo per la basilica di San Pietro. Inizia così la sua attività in San Pietro che si concluse con una delle sue opere più mirabili in campo architettonico: la realizzazione del colonnato ellittico che definisce la piazza antistante la basilica. La grande abilità tecnica, insieme ad una fervida fantasia, consentì al Bernini di avere una attività produttiva molto vasta, con numerosissime realizzazioni sia in campo architettonico sia in campo scultoreo. Sempre presente fu in lui la ricerca dell’effetto scenografico, avendo cura di fondere scultura e architettura in un’unica spazialità, nella quale anche la luce veniva sapientemente controllata. In campo architettonico le sue maggiori imprese sono legate, oltre che al colonnato di San Pietro, al Palazzo di Montecitorio e alla Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale a Roma. Di straordinario effetto scenografico sono anche le statue che egli realizzò per alcune cappelle quali quelle dedicate all’estasi di Santa Teresa o alla beata Ludovica Albertoni. Numerose anche le sculture monumentali per spazi urbani, quali la fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona o la fontana del Tritone a piazza Barberini. Baldacchino di San Pietro Quella del Baldacchino è la prima impresa di Bernini in cui si fondono scultura e architettura a tal punto da creare una allegorica immagine di un oggetto, un catafalco processionale di grandezza monumentale, molto più grande del solito, e che sostituisse il consueto ciborio inserendosi nello spazio in maniera innovativa e scenografica, aprendo nuove prospettive all'architettura barocca. Quest'impresa è il risultato di un lavoro di cantiere collettivo che vide coinvolti Francesco Borromini, suo assistente per la parte architettonica, gli scultori Stefano Maderno e il fratello Luigi Bernini. Le caratteristiche colonne tortili, alte 11 metri, sono composte di tre rocchi ciascuna, a cui si aggiungono i capitelli compositi e gli alti basamenti in pietra, su cui sono raffigurate le fasi di un parto tramite le espressioni di un volto femminile, all'interno dello stemma papale di Papa Urbano VIII Barberini. Le colonne sono congiunte alla trabeazione attraverso quattro dadi di matrice brunelleschiana, che conferiscono al monumentale baldacchino un aspetto più slanciato, ispirando un senso di grande leggerezza. Sono inoltre tortili, ad imitazione e richiamo della pergula della vecchia basilica di San Pietro, a loro volta ispirate al Tempio di Salomone. Sono attraversate da elementi naturalistici bronzei come tralci di lauro (che alludono alla passione di papa Urbano VIII per la poesia), lucertole (simbolo di rinascita e di ricerca di Dio) ed api, che fanno parte dello stemma della famiglia papale (quella dei Barberini) e che si trovano anche nei basamenti marmorei. Questi quattro pilastri sono collegati da una trabeazione concava tipica del Barocco. L'elica scultorea formata dalle colonne tortili suggerisce un movimento ascendente che va dal basso verso l'alto in direzione della cupola di Michelangelo. Per la parte superiore fu adottata la struttura a dorso di delfino, al fine di alleggerirne l'aspetto, e si aggiunsero statue (disegnate da Francesco Borromini) di angeli e putti che reggono festoni, mentre i drappi sotto la trabeazione sono in movimento come mossi dal vento. A sottolineare la commissione di un papa afferente alla famiglia Barberini, il Bernini pose su uno dei lati del baldacchino un putto che alza al cielo un enorme corpo d'ape rovesciato; in cima fu collocato il globo con la croce; le statue sono animate in senso barocco e sono impreziosite cromaticamente, come il resto dell'opera, dall'uso della doratura. Per realizzare l'opera vennero asportati e fusi gli antichi bronzi del Pantheon, consistenti nelle massicce travature del pronao. La scellerata decisione ispirò la celebre pasquinata Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini ("ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini") con la quale si voleva sottolineare la smisurata ambizione della famiglia del pontefice. Sant'Andrea al Quirinale Alcuni decenni più tardi, a partire dal 1658, il medesimo architetto realizzò la piccola chiesa di Sant'Andrea al Quirinale, con una pianta ovale fortemente dilatata e caratterizzata dalla presenza di numerose cappelle ricavate nel muro perimetrale; una cupola, poco evidente all'esterno, poggia sulla trabeazione che si snoda al di sopra degli invasi laterali. La facciata si apre su un piccolo sagrato dilatato da due ali concave, che ampliano illusionisticamente lo spazio sul modello del colonnato della basilica di San Pietro in Vaticano, anch'esso del Bernini. Completano la facciata una gradinata semicircolare ed un portico monumentale, con lo stemma dei Pamphili (realizzato da allievi) retto da colonne ioniche, che copre la finestra della facciata. La pianta, centralizzata, è ovale, con l'asse maggiore trasversale; le minuscole dimensioni sono così dilatate in un ampio respiro. Le due absidi laterali non sono occupate da cappelle ma da elementi di sostegno, così da spingere lo sguardo direttamente sull'altare maggiore, costituito da una cappella in cui la pala d'altare è illuminata da una fonte di luce nascosta, secondo un espediente mutuato dalla scenografia teatrale che Gian Lorenzo Bernini aveva già utilizzato altre volte, ad esempio nella cappella Cornaro a Santa Maria della Vittoria. Le due ali del sagrato nel progetto di Bernini si protendevano maggiormente verso il palazzo del Quirinale, dando quell'effetto barocco, già sperimentato con il colonnato di piazza San Pietro, dell'abbraccio di santa madre Chiesa alla cristianità. La piccola cupola è decorata da cassettoni dorati e le pareti sono ricoperte da preziosi marmi mischi. Poco distante, sempre sulla via del Quirinale, è possibile ammirare uno dei capolavori del rivale di Bernini, la piccola chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane di Francesco Borromini, avendo la possibilità di mettere così a confronto la diversa soluzione di un analogo tema da parte di due geni tanto diversi del barocco italiano. Piazza San Pietro Piazza San Pietro è la piazza antistante la basilica di San Pietro. Posta a margine del centro storico di Roma, la piazza fa parte della Città del Vaticano ed è delimitata dal confine con lo Stato italiano; attraverso il rione Borgo che giace a est, i principali accessi sono da via di Porta Angelica o da via della Conciliazione. È solo dal Seicento che si pone la questione della piazza. Infatti papa Paolo V, nei primi decenni del secolo fa costruire da Maderno il corpo longitudinale della chiesa rinunciando definitivamente al progetto a pianta centrale di Michelangelo. Realizzata dal Bernini fra il 1656 e il 1667 sotto papa Alessandro VII (1655-1667), è composta di due parti: un primo spazio trapezoidale, delimitato dai due bracci rettilinei chiusi e convergenti che affiancano il sagrato, ed un secondo spazio di forma ellittica, compreso tra i due emicicli del quadruplice colonnato, perché, come ebbe a dire lo stesso Bernini, "essendo la chiesa di San Pietro quasi matrice di tutte le altre doveva avere un portico che per l’appunto dimostrasse di ricevere a braccia aperte maternamente i Cattolici per confermarli nella credenza, gli Heretici per riunirli nella Chiesa e gli Infedeli per illuminarli nella vera fede". Il progetto berniniano originario prevedeva un terzo braccio porticato quale elemento di chiusura della piazza, ma la morte di Alessandro VII provocò l’interruzione dei lavori e il terzo braccio fu l’unica parte del progetto a non essere realizzata. Questa soluzione, che avrebbe dovuto chiudere l’intero complesso e separare l’ellisse dal quartiere di Borgo creando l’effetto sorpresa nel pellegrino che si immetteva nella piazza, era in parte recuperata dal tessuto urbano circostante, la cosiddetta "Spina di Borgo", che "chiudeva" la piazza. Nel 1950, con l’apertura di via della Conciliazione al posto della Spina di Borgo, fu realizzata una nuova, ampia strada di accesso alla Basilica Vaticana che esalta la visuale maestosa della cupola di San Pietro, ma che ha profondamente alterato l’originario progetto berniniano. Le misure della piazza sono straordinarie: è profonda 320 metri con un diametro centrale di 240 metri ed è circondata da 4 file di 284 colonne e 88 pilastri. La balaustra sopra le colonne è coronata da 140 statue di Santi, alte 3,20 metri, realizzate intorno al 1670 da allievi del Bernini. Ai lati dell’obelisco, spostato al centro della piazza da Domenico Fontana nel 1585, le due grandi fontane del Bernini (1675) e del Maderno (1614). In basso, ai piedi della scalinata, le statue di San Pietro e San Paolo sembrano dare il benvenuto ai fedeli. Di grande interesse la Scala Regia, che collega la piazza ai Palazzi Vaticani, considerata dallo stesso Bernini "… la meno cattiva cosa ch’egli avesse fatto". Realizzata tra il 1662 e il 1666, appare ben più lunga dei circa 60 metri reali, grazie ad alcuni accorgimenti prospettici quali il restringimento progressivo della larghezza e la diminuzione della distanza tra le colonne verso il fondo. Piazza Navona – Fontana dei quattro fiumi La scultura detta Fontana dei Quattro Fiumi si trova a Roma al centro di Piazza Navona (davanti alla chiesa di Sant'Agnese in Agone, realizzata su progetto di Borromini) su commissione di papa Innocenzo X. La fontana dei Quattro Fiumi realizza lo straordinario supporto alla copia romana di un obelisco egizio, proveniente dal Circo di Massenzio. Opera di architettura, oltre che di scultura, la fontana mette in mostra un vero e proprio artificio barocco, nell'appoggio dell'obelisco sul vuoto. Quattro colossali figure, sedute in pose contrastanti, impersonano i grandi fiumi dei quattro continenti: il Nilo, il Gange, il Danubio e il Rio della Plata. La fontana, coronata dalla colomba dello Spirito Santo - emblema del papa Innocenzo X, committente dell'opera - fu anche interpretata come simbolo del trionfo della Chiesa sulle quattro parti del mondo. La tradizione che vuole il Bernini rivale al contemporaneo Borromini, ha costruito la leggenda per la quale il personaggio che nella fontana impersona il Rio della Plata alzerebbe la mano verso la prospiciente chiesa di S. Agnese - straordinaria opera del Borromini - in segno di difesa. Il disegno dei quattro colossi nudi che fungono da allegorie dei fiumi risalgono all'antico. I giganti del Bernini si muovono in gesti pieni di vita e con un'incontenibile esuberanza espressiva. Sull'antico, però, prevale l'invenzione del capriccioso. Così il Danubio indica uno dei due stemmi dei Pamphilj presenti sul monumento come a rappresentare l'autorità religiosa del pontefice sul mondo intero, il Nilo si copre il volto con un panneggio, facendo riferimento all'oscurità delle sue sorgenti, rimaste ignote fino alla fine del XIX secolo, il Rio della Plata possiede un sacco traboccante di monete d'argento, che simboleggiano il colore argenteo delle acque, e infine il Gange regge un lungo remo che suggerisce la navigabilità del fiume. Lo scultore ricerca uno studio più attento dei movimenti e delle espressioni, che l'artista varia al massimo. Sulla fontana sono raffigurati sette animali, oltre alla colomba bronzea in cima all'obelisco ed ai delfinetti nello stemma dei Pamphilj, disseminati attorno a tutta la fontana ed in stretta relazione, insieme alle piante, con le personificazioni dei fiumi: sul lato occidentale un cavallo esce dalla cavità delle rocce con le zampe anteriori sollevate nell'atto di slanciarsi in un galoppo sfrenato sulle pianure danubiane coperte di fiori che incoronano la testa del fiume; un gruppo di cactus e un coccodrillo dall'aspetto un po' fantasioso che spunta dall'angolo settentrionale, vicino al Rio della Plata; un leone sul lato orientale che sbuca, come il cavallo, dalla cavità delle rocce per abbeverarsi ai piedi di una palma africana che si innalza fino alla base dell'obelisco; un dragone che si avvolge intorno al remo tenuto dal Gange; e poi un serpente di terra striscia nella parte più alta, vicino alla base dell'obelisco, e infine un serpente di mare e un delfino nuotano nella vasca con le bocche aperte, avendo entrambi la funzione di inghiottitoio delle acque. Francesco Borromini Francesco Borromini, nato a Bissone in Svizzera, partecipò da giovane ai lavori al Duomo di Milano, ma visse e lavorò prevalentemente a Roma. Coetaneo e acerrimo rivale del Bernini, trasferisce nelle sue opere la propria religiosità rigorosa e severa e la drammaticità delle sue inquietudini interiori attraverso l’uso magistrale della linea curva e l’alternarsi di superfici concave e convesse, come mai nessuno prima aveva saputo e fare, e come mai nessuno dopo. Proprio il susseguirsi di pareti ondulate, concave/convesse, caratterizzano una delle seu prime opere romane: la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane detta San Carlino per via delle sue dimensioni, la cui facciata sinuosa si inserisce armoniosamente nel contesto urbano di Roma. San Carlino alle Quattro Fontane La chiesa è dedicata a Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, ma è soprannominata San Carlino per le sue ridotte dimensioni tanto da coprire con la sua area quella di uno solo dei quattro pilastri che sorreggono la cupola della basilica di San Pietro in Vaticano. La chiesa è a pianta mistilinea e le parti corrispondenti ai vertici sull'asse maggiore sono concluse da absidi semicircolari; come una sovrapposizione di una pianta a croce greca allungata e di un'ellisse, costruita geometricamente a partire dalla forma di due triangoli equilateri con le basi sull'asse trasversale. La cupola è costruita in laterizio. Quattro arconi riconducono alla perfetta imposta ovale della cupola incisa da un profondo cassettonato nel quale si alternano forme diverse (ottagoni, esagoni, croci) componendo un disegno molto particolare illuminato da due finestre poste alla base e dalla lanterna superiore. Il raccordo tra la cupola e il corpo dell'edificio è realizzato grazie alla presenza di quattro pennacchi che poggiano sulla trabeazione. Il movimento ondulatorio dei muri e il ritmico alternarsi a forme sporgenti e rientranti danno luogo a un palpitante organismo plastico, la cui forma viene sottolineata dall'assenza di sontuose decorazioni. Una particolarità riguarda la presenza ricorrente di elementi riuniti a tre a tre: questo numero ricorda la Trinità, cui i Trinitari erano devoti (si notino gli angeli nei pennacchi, le nicchie per pilastri, le file dei cassettoni nelle nicchie sopra gli altari, le decorazioni delle foglie ed i fiori dalle finestre). Le croci dei Trinitari compaiono anche nelle decorazioni della cupola (come i cassettoni stessi). Nella facciata Borromini utilizza due ordini, uno superiore ed uno inferiore. La parte inferiore è caratterizzata da una successione di superfici concava - convessa - concava; mentre la superiore presenta tre parti concave di cui la centrale ospita un'edicola convessa. Egli gioca con la concavità e la convessità delle pareti creando una facciata dinamica e piena di movimento, ma anche con le fantasiose decorazioni come la nicchia posta sopra al portale d'ingresso (che ospita la statua di San Carlo Borromeo realizzata da Antonio Raggi tra il 1675 ed il 1680) in cui le colonne sono due cherubini le cui ali vanno ad unirsi e creare una copertura alla statua. La facciata culmina con un medaglione ovale a superficie concava sorretto da angeli in volo, un tempo ospitante l'immagine di San Carlo. I l minuscolo chiostro a pianta mistilinea derivata da un ottagono: gli ambienti si suddividono su due ordini di loggiati. Quello inferiore è composto da serliane, che diventano convesse agli angoli, mentre quello superiore, ornato da semplici colonne, è abbellito da una balaustra a eleganti pilastrini triangolari dritti e rovesci realizzata nel 1644. In questo modo, con grande raffinatezza nelle linee, Borromini riesce a dare, come poi nella chiesa, un senso di accoglienza, togliendo la sensazione di oppressione che deriverebbe dalle esigue dimensioni dell'ambiente. Il tema dell'ottagono è presente anche nei capitelli del secondo ordine di colonne e nella vera del pozzo che completa la visione del chiostro. Sant’Ivo alla Sapienza Nel 1642, sotto il pontificato di Urbano VIII, Borromini diresse la costruzione della chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza, universalmente riconosciuta come la sua opus magna. Qui egli, dovendo fare i conti con dei forti vincoli fisici dovuti al cortile porticato rettangolare preesistente, si ritrovò a lavorare in uno spazio di dimensioni ridottissime. Non volendo adottare metodi di progettazione tradizionali, Borromini qui si diede ad intrepide sperimentazioni, dando vita ad un disegno in forma esagonale con cellette disposte in forma d'alveare; questa «pianta stellare» forse intende essere un rinvio all'ape barberina, simbolo di Urbano VIII. L'audacia borrominiana si palesa ancora di più nella cupola ripartita in spicchi, che si conclude con un'originalissima lanterna a spirale. L'adozione della struttura a spirale, oltre a nascondere significati biblici e sapienziali, conferisce alla struttura una strutturale e dinamica, e accelera lo slancio verticale della cupola. Sant'Ivo alla Sapienza fu tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile già realizzati che lasciavano uno spazio grossolanamente quadrangolare molto limitato per far sorgere la chiesa. Da questi vincoli egli ricaverà un'occasione di grande libertà. Sceglie una matrice triangolare che gli consente di creare un organismo orientato già dalle linee del triangolo costruito; raddoppia il triangolo per creare una stella a sei punte che occupi tutta la superficie a disposizione, ed a questa forma sottrae ed aggiunge spazi circolari secondo un rigoroso schema logico. L'esigenza di sfruttare il più possibile un lotto di forma quadrata, l'interesse per un involucro mistilineo (che gli permettesse di continuare l'esperienza di San Carlino alle Quattro Fontane) e l'idea di trarre spunto da forme simboliche saranno i motivi ispiratori del progetto. Il progetto di Borromini era molto diverso dalla creazione oggi esistente infatti essendo troppo complicato venne sostituito negli anni. Il risultato è ottenuto con estrema purezza ed apparente semplicità: la pianta centralizzata, mistilinea, disegna una sorta di stella a sei punte, e le mura ne ricalcano il perimetro. La parete è divisa da una serie di lesene scanalate, delle sottilissime cornici orizzontali, che sottolineano gli spigoli interni concavi e convessi della chiesa; sopra questa fascia vi è una cornice non eccessivamente aggettante, con funzioni di trabeazione, in cui ritroviamo il motivo del soffitto leggermente concavo, già visto nel San Carlino; sulla trabeazione poggia infine la cupola con sottili costolature che convergono verso la lanterna. All'esterno la cupola presenta un tamburo articolato su linee convesse e si conclude su un'alta lanterna con un coronamento a spirale. Lo spazio interno è racchiuso in un involucro unitario in cui c'è un riferimento classico al Pantheon, come testimonia anche la totale visibilità da ogni parte di tutta la struttura. L'effetto della luce, che entra incrociandosi sia dalla lanterna sia dalle finestre, è estremamente efficace e, unito al candore totale delle mura, sembra rendere le pareti della chiesa come diafane e trasparenti. Palazzo Barberini: quando tre geni collaborano assieme Il palazzo fu costruito nel periodo 1625-1633 ampliando il precedente edificio della famiglia Sforza creando una struttura ad acca, caratterizzata da un atrio a ninfeo, diaframma fra il loggiato d'ingresso e il giardino sviluppato sul retro. Autore del progetto è l'anziano Carlo Maderno, coadiuvato da Francesco Borromini. Dopo la morte di Maderno il cantiere passa dal 1629 sotto la direzione di Bernini sempre con la collaborazione di Francesco Borromini, cui si devono numerosi particolari costruttivi e decorativi quali l'elegante scala elicoidale nell'ala ovest del palazzo, con la quale dialoga lo scalone d'onore berniniano a pianta quadrata nell'ala est. Il progetto del Maderno prevedeva originariamente di inglobare il preesistente palazzo Sforza secondo il classico schema di palazzo rinascimentale, un blocco quadrangolare con uno spazio centrale cinto da arcate. Una successiva stesura dell'architetto proponeva invece di superare questo concetto facendo coesistere le due funzioni di palazzo e villa mediante una facciata regolare e severa che dava su piazza Barberini per assolvere alla funzione di rappresentanza e una parte invece tipica della villa suburbana dotata di vasti giardini e prospettive aperte. La facciata è formata da sette campate che si ripetono su tre piani di arcate sostenute da colonne rappresentanti i tre stili classici (dorico, ionico e corinzio). Tramite le arcate più basse si accede al piano terra entrando in un ampio atrio ellittico fiancheggiato da due scale nei lati e nel quale, centralmente si apre una scala che porta ai giardini, posti ad un livello più alto del piano terra.