Il barocco: uno stile che stupisce

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Il barocco: uno stile che stupisce
Il barocco non indica solo uno stile artistico, letterario o architettonico, ma lo spirito complessivo
di un secolo. Il ‘600 è il secolo dei sentimenti e delle passioni, del movimento e della magnificenza.
L’architettura vuole emozionare, convincere e sedurre e le fa privilegiando andamenti sinuosi,
forme concave e convesse, giochi di luce e ombre.
La storia:
Derivato probabilmente dalla fusione di baroco – termine medievale che indicava un modo di
ragionare particolarmente artificioso ed eccentrico – con il portoghese barroco o lo spagnolo
barueco – che designava un tipo di perla dalla forma irregolare e bizzarra – il termine Barocco
indica le trasformazioni di gusto e stile che caratterizzarono l’arte e la letteratura del Seicento.
Sinonimo di effetti bizzarri e stravaganti, a partire dal XVIII secolo e fino ai primi decenni del XX, il
termine Barocco assunse un significato spregiativo: ovvero «enfatico», «pesante» o
«eccessivamente fastoso». Esso infatti, soprattutto nelle sue espressioni architettoniche e
letterarie, fu giudicato come una degenerazione del gusto classico e rinascimentale.
Caratteristiche proprie del Barocco sono la prevalenza della massa e del movimento; i forti
contrasti di luci e ombre, l’instabilità, la ricchezza degli ornamenti.
Come per altri stili artistici e letterari, anche il termine Barocco, nato nell’ambito della storia
dell’arte, è stato presto esteso sia agli altri aspetti della produzione culturale del secondo ‘500 e
del ‘600, sia ad ogni aspetto della vita sociale: tutto appare ora dominato dal gusto per la forma,
per lo spettacolo, per l’ornamento, per la decorazione fino all’eccesso, al fine di suscitare stupore
e meraviglia.
Di recente il termine Barocco è stato recepito anche in ambito storiografico, presso il quale è
accettato l’uso di parlare di «età barocca» per indicare il periodo storico compreso tra la seconda
metà del XVI e il XVII secolo caratterizzato da una serie di contrasti: vi si combatte l’ultima guerra
di religione, la guerra dei Trent’anni; la fine della guerra dei Trent’anni segna in Francia il trionfo
dell’assolutismo, che si realizza in pieno con Luigi XIV, detto il «re Sole»; inizia la moderna ricerca
scientifica, grazie a Galileo Galilei; le grandi potenze europee iniziano a sfruttare i territori
americani scoperti un secolo prima e si sviluppa una ricca economia; Olandesi, Francesi e Inglesi
iniziano a percorrere gli oceani come mercanti e pirati, arricchendosi enormemente; l’Italia, colpita
da epidemie di peste e carestie, è divisa in molti stati sottoposti al dominio spagnolo (solo pochi di
essi riescono a salvaguardare una certa indipendenza, come Venezia, Genova e il Ducato di Savoia,
oltre allo Stato della Chiesa).
Centro di irradiazione dello stile Barocco in Europa è l’Italia. Pur versando in una situazione di
debolezza politica ed economica rispetto agli altri paesi europei, l’Italia del Seicento riafferma il
proprio primato culturale e artistico, rilanciando al di là delle Alpi il prestigio dei suoi intellettuali e
artisti. Risultati spettacolari vengono raggiunti soprattutto nel campo dell’architettura: le opere
degli artisti italiani, infatti, diventano una sorta di modello per gli artisti degli altri paesi. Gli stessi
architetti italiani sono chiamati a lavorare in molti capitali europee, contribuendo a rinnovarne
l’aspetto.
Tra la fine del ‘500 e i primi decenni del ‘600, papi e congregazioni religiose sono, insieme con la
nobiltà, i principali committenti di opere d’arte. Il loro scopo è quello di celebrare sia la grandezza
di Roma e della Chiesa cristiana nel mondo contro le altre dottrine religiose, in particolare quella
protestante, sia il prestigio raggiunto dalla propria famiglia. Inoltre con i suoi effetti illusionistici, le
sue forme fantasiose e stravaganti, l’arte barocca mira a educare i fedeli alle più complesse verità
di fede attraverso l’immaginazione e la partecipazione emotiva. Gli artisti più importanti fanno a
gara per realizzare imprese grandiose costruendo strade, palazzi, chiese, monumenti e fontane
con scenografici giochi d’acqua.
I principali architetti del Barocco sono Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. A Roma opera
anche Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona, architetto e pittore. A Torino lavora Guarino
Guarini, architetto, teologo, filosofo, matematico. A Venezia emerge la figura di Baldassarre
Longhena.
L’architettura barocca:
L'architettura barocca è quella fase della storia dell'architettura europea che, preceduta dal
Rinascimento e dal Manierismo, si sviluppò nel XVII secolo, durante il periodo dell'assolutismo.
Mentre l'universo rinascimentale era chiuso e statico, l'atteggiamento fondamentale dell'età
barocca divenne pertanto quello di appartenere ad un sistema assoluto e integrato, ma nello
stesso tempo aperto e dinamico. Favorirono questo atteggiamento i grandi viaggi di esplorazione,
la scoperta di un mondo più ampio, la colonizzazione e l'evoluzione della ricerca scientifica. Ciò
determinò un incremento della specializzazione delle attività umane, con la conseguente rottura
del binomio arte e scienza, binomio che aveva posto le basi all'uomo universale del Rinascimento.
La distruzione del vecchio mondo culminò con la guerra dei trent'anni, che all'inizio del Seicento
paralizzò buona parte dell'Europa Centrale. In questo periodo la riforma protestante si diffuse in
numerose regioni d'Europa, dando inizio allo sviluppo di diverse chiese riformate. La conseguente
Controriforma, avviata dalla Chiesa cattolica col Concilio di Trento, ebbe notevoli ripercussioni
anche in campo artistico: fu promossa l'importanza didascalica delle immagini e furono fissate una
serie di norme nelle arti per sottolineare la distinzione tra il clero ed i fedeli. Questo
atteggiamento raggiunse tutte le regioni del mondo cattolico grazie all'opera dei Gesuiti e,
malgrado il suo carattere rigido e difensivo, favorì lo sviluppo dell'arte barocca. Infatti, nel XVII
secolo la Chiesa cattolica si avviò alla ricerca di un compromesso col potere politico, cessando di
combattere contro le intromissioni della realtà storica e cercando di conciliare le questioni di fede
con quelle inerenti alla vita mondana; proprio per questo il Barocco divenne uno stile atto ad
esprimere sia i dogmi della fede che le frivolezze della mondanità.
Ad esempio, questa duplice espressione dell'arte barocca può essere riscontrata nelle sistemazioni
urbanistiche ideate da Domenico Fontana per Roma, durante il pontificato di Sisto V: il
miglioramento dei collegamenti tra le chiese più importanti della città portò alla formazione di
ampie piazze ornate con obelischi e fontane, che divennero pertanto simboli di una vitalità e un
dinamismo non solo religioso.
L'architettura barocca, che si preannunzia già alla metà del Cinquecento in alcune opere di
Michelangelo, si sviluppò a Roma e raggiunse i suoi massimi risultati tra il 1630 ed il 1670; da qui si
diffuse nel resto della penisola e nel mondo occidentale, mentre nel XVIII secolo Roma volse di
nuovo al classicismo sull'esempio di Parigi.
In Italia, il primo periodo barocco corrisponde all'attività di artisti e architetti quali Carlo Maderno,
Annibale Carracci, Caravaggio, Pieter Paul Rubens. Il secondo periodo può essere ascritto a partire
dal terzo decennio del Seicento, con le opere di Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona e
Francesco Borromini, che resero Roma il maggior centro di attrazione artistica di tutta Europa. Più
precisamente, sotto i pontificati di Urbano VIII Barberini, di Innocenzo X Pamphili e Alessandro VII
Chigi il Barocco divenne uno stile internazionale che la città dei papi diffuse in tutto il mondo
occidentale. Il termine conclusivo è legato alla decadenza della Santa Sede dopo la metà del
secolo, in particolar modo dopo la morte di papa Alessandro VII, nel 1667.
L'influenza del Barocco non si limitò al solo XVII secolo; infatti, all'inizio del Settecento si affermò il
Rococò, che pur non essendo una semplice continuazione del primo, può essere inteso come
l'ultima fase del Barocco.
Caratteristiche dell'architettura barocca
Contrariamente alle tesi secondo cui il Barocco fu generato dal Manierismo, diversi studi
sostengono che fu invece il tardo Classicismo a dare inizio al nuovo stile. Infatti, l'architettura
manierista non fu abbastanza rivoluzionaria per mutare radicalmente, in senso spaziale e non solo
a livello della superficie decorativa, gli stilemi dell'antichità ai fini popolari e retorici del clima
controriformistico; in altre parole, il Manierismo non corrispondeva alle esigenze artistiche della
Controriforma, poiché mancava di quei caratteri di chiarezza, realismo e intensità emotiva richiesti
dalla Chiesa del tardo Cinquecento.
Già nel XVI secolo, Michelangelo Buonarroti aveva preannunciato il Barocco nelle forme colossali e
massicce della cupola della Basilica di San Pietro a Roma; anche le alterazioni delle proporzioni e le
tensioni espresse dallo stesso architetto nel vestibolo della Biblioteca Laurenziana e l'aggiunta del
massiccio cornicione al palazzo Farnese avevano suscitato all'epoca reazioni, proprio per
l'alterazione in senso drammatico delle proporzioni classiche. Ciononostante, in altre opere
Michelangelo aveva ceduto alle influenze della corrente manierista. Quindi, fu solo quando il
Manierismo volse al termine che fu riscoperto Michelangelo quale padre del Barocco.
Caratteristiche fondamentali del Barocco sono le forme plastiche, la predilezione per le linee
ricurve, anche in pianta, le composizioni spaziali complesse, l'impiego di pittura, scultura e stucco
nella composizione architettonica, il sapiente uso della luce naturale, l'accentuazione scenografica,
e l'uso di specchi e materiali preziosi.
Il Barocco, tuttavia, non si limitò a rivedere con nuovo gusto schemi antichi, ma creò una nuova
concezione spaziale, con l'interpenetrazione tra le parti derivante da una visione spaziale unitaria,
di cui sono esempi significativi la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane e Sant'Ivo alla Sapienza
del Borromini, o, ancora, il Santuario dei Quattordici Santi di Johann Balthasar Neumann.
Urbanistica
Nel 1585 papa Sisto V avviò i lavori per la trasformazione urbana di Roma, dando incarico a
Domenico Fontana di collegare i principali edifici religiosi della città per mezzo di grandi assi
stradali rettilinei. Il piano, che aveva il compito di enfatizzare il ruolo di Roma come città santa,
gettò le premesse per una serie di analoghe trasformazioni in diversi centri europei.
Pertanto, alle planimetrie centralizzate e chiuse delle città ideali rinascimentali, si contrappose la
concezione barocca della città capitale, più dinamica e aperta verso i propri confini, ma al
contempo punto di riferimento per l'intero territorio. A Roma, i centri focali del panorama urbano
vennero sottolineati mediante l'uso di antichi obelischi egizi e alte cupole; a Parigi invece i nodi del
sistema viario furono definiti per mezzo di piazze simmetriche, incentrate attorno alla statua del
sovrano.
In generale, la piazza barocca cessò la sua tradizionale funzione civica e pubblica, per divenire
mezzo di esaltazione dell'ideologia politica o religiosa, come nel caso delle cosiddette place-royale
francesi e di piazza San Pietro a Roma.
Chiese
Il punto di partenza dell'architettura legata alla Controriforma può essere ricercato nella chiesa del
Gesù in Roma, costruita a partire dal 1568 su progetto del Vignola. L'edificio, che rappresenta una
sintesi tra architettura rinascimentale, manierista e, naturalmente, barocca, soddisfaceva
pienamente le esigenze controriformistiche: infatti, la disposizione longitudinale della pianta
permetteva di accogliere il maggior numero di fedeli, mentre la pianta a croce latina con
numerose cappelle laterali rappresentava un ritorno a quella tradizione auspicata durante il
Concilio di Trento.
Nella chiesa del Gesù la presenza di una cupola sottolinea la centralità dello spazio verso il fondo
della navata e lascia presagire la ricerca di un'integrazione tra gli schemi longitudinali e quelli
centralizzati derivati da San Pietro in Vaticano. Anche la facciata, costruita su progetto di Giacomo
della Porta, sembra anticipare i temi più marcatamente barocchi, riscontrabili ad esempio nei
prospetti di Santa Susanna e Sant'Andrea della Valle.
Lo sviluppo dell'architettura della chiesa barocca è basato sugli stessi principi di integrazione tra gli
schemi longitudinali e quelli centralizzati, nonché sul desiderio di rendere la chiesa parte dello
spazio urbano circostante. Se gli architetti manieristi alterano l'impaginazione rigorosa delle
facciate rinascimentali aggiungendovi temi e decorazioni caratterizzati da un raffinato e oscuro
intellettualismo, senza modificare la logica planimetrica e strutturale delle facciate negli edifici, gli
architetti barocchi modificano quell'architettura sia nelle piante, sia nelle partiture di facciata, in
funzione di una concezione spaziale nuova. Le facciate delle chiese non costituiscono più la
terminazione logica della sezione interna, ma divengono un organismo plastico che segna il
passaggio dallo spazio interno alla scena urbana. Pertanto, lo spazio interno, spesso definito da
ellissi, viene continuamente modellato attraverso il movimento degli elementi spaziali,
differenziandosi totalmente dalla concezione rinascimentale, che invece prevedeva un susseguirsi
uniforme di elementi disposti in simmetria tra loro.
Per quanto concerne gli schemi planimetrici, oltre agli impianti derivati dal tradizionale schema
basilicale, l'età barocca prevede due tipologie fondamentali di schemi centralizzati: le chiese
longitudinali centralizzate e le chiese a pianta centrale allungata.
Palazzi
Nell'architettura civile occorre distinguere due tipi di abitazione nobiliare: il palazzo di città e la
villa di campagna.
Il palazzo italiano, seppur con alcune varianti regionali, rimase fedele alla tipologia residenziale del
Rinascimento, con un corpo edilizio chiuso attorno ad una corte interna. Generalmente i prospetti
principali furono dotati di avancorpi e decorati mediante l'impiego di colonne giganti. Si registra
inoltre l'estensione dell'asse di simmetria anche all'interno dell'edificio, dove si aprono il vestibolo
e la corte centrale; ad esempio, l'asse longitudinale introdotto in palazzo Barberini, a Roma,
contribuisce alla definizione della pianta e ne sottolinea il rapporto con l'ambiente esterno.
Peraltro, questo palazzo costituisce un punto di svolta nella tipologia delle residenze all'italiana: la
pianta è ad H, con un profondo atrio che si riduce costantemente in larghezza fino ad immettere in
una sala ellittica, centro nodale dell'intera costruzione.
I grandi dell’architettura italiana barocca
Carlo Maderno
Santa Susanna
Nel 1603, fu ultimata la facciata della chiesa di Santa Susanna, progettata da Carlo Maderno
(1556-1629) e solitamente ritenuta il "primo esempio pienamente realizzato di architettura
barocca"; malgrado l'impianto spaziale risulti ancora manieristico, Maderno rafforzò l'asse
centrale mediante l'uso graduale di pilastri, semicolonne e colonne verso la parte centrale
dell'edificio, accentuando così la plasticità già emersa nell'opera del Della Porta.
L'elemento che più colpisce l'osservatore è il tema del graduale avanzare verso l'esterno della
facciata nella sua parte centrale, una sorta di anticipazione del tema della facciata sinusoidale
borrominiana, ottenuta qui attraverso passaggi non
concavo-convessi, ma attraverso scatti successivi degli
elementi strutturali, tesi a rafforzare l'asse centrale del
tempio.
Al primo ordine si passa infatti dalle lesene singole e poco
rilevate, poste agli estremi della facciata, ad un primo
avanzamento ottenuto con una colonna quasi in alveolo e
infine con l'accostamento di due colonne, la prima in
alveolo e la seconda a tutto tondo, che delimitano il
portale disposte in modo gradualmente emergente verso il
centro.
Al contrario volendo si potrebbe leggere la facciata come
un processo di rarefazione degli elementi architettonici dal
centro all'esterno. Lo stesso processo si evidenzia in una
lettura dal basso verso l'alto, in quanto al secondo ordine
le colonne lasciano il posto a lesene molto meno rilevate,
mentre il timpano si conclude con un coronamento a balaustra che lascia intravedere il cielo. Non
si può ancora parlare di ricerca dell'infinito, ma gli spunti potrebbero essere stati importanti per gli
allievi di Carlo Maderno.
L'interno della chiesa è a navata unica con una cappella laterale in prossimità della balaustra del
presbiterio. Le pareti sono state completamente affrescate con Storie della vita di Santa Susanna
di Baldassarre Croce nel 1595. Il soffitto, invece, è a cassettoni dorati.
La facciata di San Pietro
Lo stesso Maderno fu incaricato di prolungare un braccio della Basilica di San Pietro, al fine di
rendere la chiesa idonea ad accogliere un maggior numero di fedeli; anche in questo caso, la
facciata (1608-1612), una
delle opere più discusse
della storia dell'architettura,
mostra
una
maggiore
intensità plastica verso il
centro.
Maderno, nel suo progetto
di San Pietro, fu costretto a
rispondere principalmente a
esigenze
funzionali,
pastorali
e
teologiche.
L'architetto, infatti, dovette costruire un portico, una sacrestia e una loggia per le benedizioni (non
previsti dall'iniziale progetto di Michelangelo), ed evitare di lasciare inutilizzato lo spazio
precedentemente coperto dall'antico tempio paleocristiano, non dimenticando tra l'altro di fornire
sufficiente spazio per le attività liturgiche. Maderno, inoltre, decise di completare la basilica
vaticana prolungando il braccio est dell'impianto michelangiolesco, con un corpo longitudinale «a
tunnel processionale», e di realizzare, a partire dal 1608, l'imponente facciata. Questo intervento
rappresenta una delle opere più discusse e criticate della storia dell'architettura: infatti,
l'estensione della basilica, riconducibile ad una croce latina, impedisce la visione ravvicinata della
grande cupola, mentre la facciata, priva dei campanili previsti nel progetto di Maderno e non
realizzati per problemi strutturali, colpisce per l'eccessiva larghezza.
Una nuova impostazione, basata sulla trasformazione delle forme piuttosto che sull'applicazione di
elementi decorativi, si ebbe con l'affermazione di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), Francesco
Borromini (1599-1667).
Gian Lorenzo Bernini
Figlio di uno scultore tardo manierista di nome Pietro, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) si dedicò
precocemente alla scultura, divenendo ben presto uno dei principali protagonisti della vita
artistica romana. A Roma, infatti, si svolse tutta la sua vita artistica, quasi sempre al servizio della
corte papale. È lui senz’altro l’artista che più contribuì a diffondere in ambiente romano lo stile
barocco, stile che divenne la matrice di ogni trasformazione urbana della città eterna per tutto il
XVII e XVIII secolo.
Appena ventenne realizzò quattro importanti gruppi scultorei per il cardinale Scipione Borghese:
«Enea e Anchise», il «Ratto di Proserpina», «David» e «Apollo e Dafne». Nel 1623, a soli
venticinque anni, venne chiamato alla corte pontificia da Urbano VIII, appena eletto papa, che
l’anno successivo gli commissionò il baldacchino bronzeo per la basilica di San Pietro. Inizia così la
sua attività in San Pietro che si concluse con una delle sue opere più mirabili in campo
architettonico: la realizzazione del colonnato ellittico che definisce la piazza antistante la basilica.
La grande abilità tecnica, insieme ad una fervida fantasia, consentì al Bernini di avere una attività
produttiva molto vasta, con numerosissime realizzazioni sia in campo architettonico sia in campo
scultoreo. Sempre presente fu in lui la ricerca dell’effetto scenografico, avendo cura di fondere
scultura e architettura in un’unica spazialità, nella quale anche la luce veniva sapientemente
controllata.
In campo architettonico le sue maggiori imprese sono legate, oltre che al colonnato di San Pietro,
al Palazzo di Montecitorio e alla Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale a Roma.
Di straordinario effetto scenografico sono anche le statue che egli realizzò per alcune cappelle
quali quelle dedicate all’estasi di Santa Teresa o alla beata Ludovica Albertoni. Numerose anche le
sculture monumentali per spazi urbani, quali la fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona o la
fontana del Tritone a piazza Barberini.
Baldacchino di San Pietro
Quella del Baldacchino è la prima impresa di Bernini in cui si fondono scultura e architettura a tal
punto da creare una allegorica immagine di un oggetto, un catafalco processionale di grandezza
monumentale, molto più grande del solito, e che sostituisse il consueto ciborio inserendosi nello
spazio in maniera innovativa e scenografica, aprendo nuove prospettive all'architettura barocca.
Quest'impresa è il risultato di un lavoro di cantiere collettivo che vide coinvolti Francesco
Borromini, suo assistente per la parte architettonica, gli scultori Stefano Maderno e il fratello Luigi
Bernini.
Le caratteristiche colonne tortili, alte 11 metri, sono composte di tre rocchi ciascuna, a cui si
aggiungono i capitelli compositi e gli alti
basamenti in pietra, su cui sono raffigurate le
fasi di un parto tramite le espressioni di un
volto femminile, all'interno dello stemma
papale di Papa Urbano VIII Barberini. Le
colonne sono congiunte alla trabeazione
attraverso
quattro
dadi
di
matrice
brunelleschiana,
che
conferiscono
al
monumentale baldacchino un aspetto più
slanciato, ispirando un senso di grande
leggerezza. Sono inoltre tortili, ad imitazione e
richiamo della pergula della vecchia basilica di
San Pietro, a loro volta ispirate al Tempio di
Salomone. Sono attraversate da elementi
naturalistici bronzei come tralci di lauro (che
alludono alla passione di papa Urbano VIII per la
poesia), lucertole (simbolo di rinascita e di
ricerca di Dio) ed api, che fanno parte dello
stemma della famiglia papale (quella dei
Barberini) e che si trovano anche nei basamenti
marmorei. Questi quattro pilastri sono collegati
da una trabeazione concava tipica del Barocco.
L'elica scultorea formata dalle colonne tortili suggerisce un movimento ascendente che va dal
basso verso l'alto in direzione della cupola di Michelangelo.
Per la parte superiore fu adottata la struttura a dorso di delfino, al fine di alleggerirne l'aspetto, e
si aggiunsero statue (disegnate da Francesco Borromini) di angeli e putti che reggono festoni,
mentre i drappi sotto la trabeazione sono in movimento come mossi dal vento. A sottolineare la
commissione di un papa afferente alla famiglia Barberini, il Bernini pose su uno dei lati del
baldacchino un putto che alza al cielo un enorme corpo d'ape rovesciato; in cima fu collocato il
globo con la croce; le statue sono animate in senso barocco e sono impreziosite cromaticamente,
come il resto dell'opera, dall'uso della doratura.
Per realizzare l'opera vennero asportati e fusi gli antichi bronzi del Pantheon, consistenti nelle
massicce travature del pronao. La scellerata decisione ispirò la celebre pasquinata Quod non
fecerunt barbari, fecerunt Barberini ("ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini") con la quale
si voleva sottolineare la smisurata ambizione della famiglia del pontefice.
Sant'Andrea al Quirinale
Alcuni decenni più tardi, a partire dal 1658, il medesimo
architetto realizzò la piccola chiesa di Sant'Andrea al
Quirinale, con una pianta ovale fortemente dilatata e
caratterizzata dalla presenza di numerose cappelle
ricavate nel muro perimetrale; una cupola, poco
evidente all'esterno, poggia sulla trabeazione che si
snoda al di sopra degli invasi laterali.
La facciata si apre su un piccolo sagrato dilatato da due
ali concave, che ampliano illusionisticamente lo spazio
sul modello del colonnato della basilica di San Pietro in
Vaticano, anch'esso del Bernini. Completano la facciata
una gradinata semicircolare ed un portico
monumentale, con lo stemma dei Pamphili (realizzato da
allievi) retto da colonne ioniche, che copre la finestra
della facciata.
La pianta, centralizzata, è ovale, con l'asse maggiore
trasversale; le minuscole dimensioni sono così dilatate in un
ampio respiro. Le due absidi laterali non sono occupate da
cappelle ma da elementi di sostegno, così da spingere lo
sguardo direttamente sull'altare maggiore, costituito da una
cappella in cui la pala d'altare è illuminata da una fonte di
luce nascosta, secondo un espediente mutuato dalla
scenografia teatrale che Gian Lorenzo Bernini aveva già
utilizzato altre volte, ad esempio nella cappella Cornaro a
Santa Maria della Vittoria. Le due ali del sagrato nel
progetto di Bernini si protendevano maggiormente verso il
palazzo del Quirinale, dando quell'effetto barocco, già
sperimentato con il colonnato di piazza San Pietro, dell'abbraccio di santa madre Chiesa alla
cristianità.
La piccola cupola è decorata da
cassettoni dorati e le pareti sono
ricoperte da preziosi marmi mischi.
Poco distante, sempre sulla via del
Quirinale, è possibile ammirare uno dei
capolavori del rivale di Bernini, la piccola
chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane
di Francesco Borromini, avendo la
possibilità di mettere così a confronto la
diversa soluzione di un analogo tema da
parte di due geni tanto diversi del
barocco italiano.
Piazza San Pietro
Piazza San Pietro è la piazza antistante la basilica di San Pietro.
Posta a margine del centro storico di Roma, la piazza fa parte della Città del Vaticano ed è
delimitata dal confine con lo Stato italiano; attraverso il rione Borgo che giace a est, i principali
accessi sono da via di Porta Angelica o da via della Conciliazione.
È solo dal Seicento che si pone la questione della piazza. Infatti papa Paolo V, nei primi decenni del
secolo fa costruire da Maderno il corpo longitudinale della chiesa rinunciando definitivamente al
progetto a pianta centrale di Michelangelo.
Realizzata dal Bernini fra il 1656 e il 1667 sotto papa Alessandro VII (1655-1667), è composta di
due parti: un primo spazio trapezoidale, delimitato dai due bracci rettilinei chiusi e convergenti
che affiancano il sagrato, ed un
secondo spazio di forma ellittica,
compreso tra i due emicicli del
quadruplice colonnato, perché, come
ebbe a dire lo stesso Bernini, "essendo
la chiesa di San Pietro quasi matrice di
tutte le altre doveva avere un portico
che per l’appunto dimostrasse di
ricevere
a
braccia
aperte
maternamente
i
Cattolici
per
confermarli nella credenza, gli Heretici
per riunirli nella Chiesa e gli Infedeli per
illuminarli nella vera fede".
Il progetto berniniano originario prevedeva un terzo braccio porticato quale elemento di chiusura
della piazza, ma la morte di Alessandro VII provocò l’interruzione dei lavori e il terzo braccio fu
l’unica parte del progetto a non essere realizzata. Questa soluzione, che avrebbe dovuto chiudere
l’intero complesso e separare l’ellisse dal quartiere di Borgo creando l’effetto sorpresa nel
pellegrino che si immetteva nella
piazza, era in parte recuperata dal
tessuto
urbano
circostante,
la
cosiddetta "Spina di Borgo", che
"chiudeva" la piazza.
Nel 1950, con l’apertura di via della
Conciliazione al posto della Spina di
Borgo, fu realizzata una nuova, ampia
strada di accesso alla Basilica Vaticana
che esalta la visuale maestosa della cupola di San Pietro, ma che ha profondamente alterato
l’originario progetto berniniano. Le misure della piazza sono straordinarie: è profonda 320 metri
con un diametro centrale di 240 metri ed è circondata da 4 file di 284 colonne e 88 pilastri. La
balaustra sopra le colonne è coronata da 140 statue di Santi, alte 3,20 metri, realizzate intorno al
1670 da allievi del Bernini. Ai lati dell’obelisco, spostato al centro della piazza da Domenico
Fontana nel 1585, le
due grandi fontane del
Bernini (1675) e del
Maderno (1614). In
basso, ai piedi della
scalinata, le statue di
San Pietro e San Paolo
sembrano dare il
benvenuto ai fedeli.
Di grande interesse la Scala Regia, che collega la piazza ai Palazzi Vaticani, considerata dallo stesso
Bernini "… la meno cattiva cosa ch’egli avesse fatto". Realizzata tra il 1662 e il 1666, appare ben
più lunga dei circa 60 metri reali, grazie ad alcuni accorgimenti prospettici quali il restringimento
progressivo della larghezza e la diminuzione della distanza tra le colonne verso il fondo.
Piazza Navona – Fontana dei quattro fiumi
La scultura detta Fontana
dei Quattro Fiumi si trova a
Roma al centro di Piazza
Navona (davanti alla chiesa
di Sant'Agnese in Agone,
realizzata su progetto di
Borromini) su commissione
di papa Innocenzo X.
La fontana dei Quattro
Fiumi
realizza
lo
straordinario supporto alla
copia romana di un obelisco egizio, proveniente dal Circo di Massenzio. Opera di architettura, oltre
che di scultura, la fontana mette in mostra un vero e proprio artificio barocco, nell'appoggio
dell'obelisco sul vuoto.
Quattro colossali figure, sedute in pose contrastanti, impersonano i grandi fiumi dei quattro
continenti: il Nilo, il Gange, il Danubio e il Rio della Plata.
La fontana, coronata dalla colomba dello Spirito Santo - emblema del papa Innocenzo X,
committente dell'opera - fu anche interpretata come simbolo del trionfo della Chiesa sulle quattro
parti del mondo. La tradizione che vuole il Bernini rivale al contemporaneo Borromini, ha costruito
la leggenda per la quale il personaggio che nella fontana impersona il Rio della Plata alzerebbe la
mano verso la prospiciente chiesa di S. Agnese - straordinaria opera del Borromini - in segno di
difesa.
Il disegno dei quattro colossi nudi che fungono da allegorie dei fiumi risalgono all'antico. I giganti
del Bernini si muovono in gesti pieni di vita e con un'incontenibile esuberanza espressiva.
Sull'antico, però, prevale l'invenzione del capriccioso. Così il Danubio indica uno dei due stemmi
dei Pamphilj presenti sul monumento come a rappresentare l'autorità religiosa del pontefice sul
mondo intero, il Nilo si copre il volto con un panneggio, facendo riferimento all'oscurità delle sue
sorgenti, rimaste ignote fino alla fine del XIX secolo, il Rio della Plata possiede un sacco
traboccante di monete d'argento, che simboleggiano il colore argenteo delle acque, e infine il
Gange regge un lungo remo che suggerisce la navigabilità del fiume. Lo scultore ricerca uno studio
più attento dei movimenti e delle espressioni, che l'artista varia al massimo.
Sulla fontana sono raffigurati sette animali, oltre alla colomba bronzea in cima all'obelisco ed ai
delfinetti nello stemma dei Pamphilj, disseminati attorno a tutta la fontana ed in stretta relazione,
insieme alle piante, con le personificazioni dei fiumi: sul lato occidentale un cavallo esce dalla
cavità delle rocce con le zampe anteriori sollevate nell'atto di slanciarsi in un galoppo sfrenato
sulle pianure danubiane coperte di fiori che incoronano la testa del fiume; un gruppo di cactus e
un coccodrillo dall'aspetto un po' fantasioso che spunta dall'angolo settentrionale, vicino al Rio
della Plata; un leone sul lato orientale che sbuca, come il cavallo, dalla cavità delle rocce per
abbeverarsi ai piedi di una
palma africana che si innalza
fino alla base dell'obelisco;
un dragone che si avvolge
intorno al remo tenuto dal
Gange; e poi un serpente di
terra striscia nella parte più
alta, vicino alla base
dell'obelisco, e infine un
serpente di mare e un
delfino nuotano nella vasca
con le bocche aperte,
avendo entrambi la funzione di inghiottitoio delle acque.
Francesco Borromini
Francesco Borromini, nato a Bissone in Svizzera, partecipò da giovane ai lavori al Duomo di Milano,
ma visse e lavorò prevalentemente a Roma. Coetaneo e acerrimo rivale del Bernini, trasferisce
nelle sue opere la propria religiosità rigorosa e severa e la drammaticità delle sue inquietudini
interiori attraverso l’uso magistrale della linea curva e l’alternarsi di superfici concave e convesse,
come mai nessuno prima aveva saputo e fare, e come mai nessuno dopo.
Proprio il susseguirsi di pareti ondulate, concave/convesse, caratterizzano una delle seu prime
opere romane: la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane detta San Carlino per via delle sue
dimensioni, la cui facciata sinuosa si inserisce armoniosamente nel contesto urbano di Roma.
San Carlino alle Quattro Fontane
La chiesa è dedicata a Carlo Borromeo, arcivescovo
di Milano, ma è soprannominata San Carlino per le
sue ridotte dimensioni tanto da coprire con la sua
area quella di uno solo dei quattro pilastri che
sorreggono la cupola della basilica di San Pietro in
Vaticano.
La chiesa è a pianta mistilinea e le parti
corrispondenti ai vertici sull'asse maggiore sono
concluse da absidi semicircolari; come una
sovrapposizione di una pianta a croce greca
allungata e di un'ellisse, costruita geometricamente
a partire dalla forma di due triangoli equilateri con le
basi sull'asse trasversale. La cupola è costruita in
laterizio.
Quattro arconi riconducono
alla perfetta imposta ovale
della cupola incisa da un
profondo cassettonato nel
quale si alternano forme
diverse (ottagoni, esagoni,
croci) componendo un
disegno molto particolare
illuminato da due finestre
poste alla base e dalla
lanterna
superiore.
Il
raccordo tra la cupola e il
corpo
dell'edificio
è
realizzato
grazie
alla
presenza di quattro pennacchi che poggiano sulla trabeazione. Il movimento ondulatorio dei muri
e il ritmico alternarsi a forme sporgenti e rientranti danno luogo a un palpitante organismo
plastico, la cui forma viene sottolineata dall'assenza di sontuose decorazioni. Una particolarità
riguarda la presenza ricorrente di elementi riuniti
a tre a tre: questo numero ricorda la Trinità, cui i
Trinitari erano devoti (si notino gli angeli nei
pennacchi, le nicchie per pilastri, le file dei
cassettoni nelle nicchie sopra gli altari, le
decorazioni delle foglie ed i fiori dalle finestre). Le
croci dei Trinitari compaiono anche nelle
decorazioni della cupola (come i cassettoni
stessi).
Nella facciata Borromini utilizza due ordini, uno
superiore ed uno inferiore. La parte inferiore è
caratterizzata da una successione di superfici
concava - convessa - concava; mentre la
superiore presenta tre parti concave di cui la
centrale ospita un'edicola convessa. Egli gioca
con la concavità e la convessità delle pareti
creando una facciata dinamica e piena di
movimento, ma anche con le fantasiose
decorazioni come la nicchia posta sopra al portale
d'ingresso (che ospita la statua di San Carlo Borromeo realizzata da Antonio Raggi tra il 1675 ed il
1680) in cui le colonne sono due cherubini le cui ali vanno ad unirsi e creare una copertura alla
statua. La facciata culmina con un medaglione ovale a superficie concava sorretto da angeli in
volo, un tempo ospitante l'immagine di San Carlo.
I l minuscolo chiostro a pianta mistilinea derivata da un
ottagono: gli ambienti si suddividono su due ordini di
loggiati. Quello inferiore è composto da serliane, che
diventano convesse agli angoli, mentre quello
superiore, ornato da semplici colonne, è abbellito da
una balaustra a eleganti pilastrini triangolari dritti e
rovesci realizzata nel 1644. In questo modo, con grande
raffinatezza nelle linee, Borromini riesce a dare, come
poi nella chiesa, un senso di accoglienza, togliendo la
sensazione di oppressione che deriverebbe dalle esigue
dimensioni dell'ambiente. Il tema dell'ottagono è
presente anche nei capitelli del secondo ordine di
colonne e nella vera del pozzo che completa la visione
del chiostro.
Sant’Ivo alla Sapienza
Nel 1642, sotto il pontificato di Urbano VIII, Borromini diresse la costruzione della chiesa di
Sant'Ivo alla Sapienza, universalmente riconosciuta come la sua opus magna. Qui egli, dovendo
fare i conti con dei forti vincoli fisici dovuti al cortile porticato rettangolare preesistente, si ritrovò
a lavorare in uno spazio di dimensioni ridottissime. Non volendo adottare metodi di progettazione
tradizionali, Borromini qui si diede ad intrepide sperimentazioni, dando vita ad un disegno in
forma esagonale con cellette disposte in forma d'alveare; questa «pianta stellare» forse intende
essere un rinvio all'ape barberina, simbolo di Urbano VIII.
L'audacia borrominiana si
palesa ancora di più nella
cupola ripartita in spicchi,
che si conclude con
un'originalissima lanterna
a spirale. L'adozione della
struttura a spirale, oltre a
nascondere
significati
biblici
e
sapienziali,
conferisce alla struttura
una
strutturale
e
dinamica, e accelera lo
slancio verticale della
cupola.
Sant'Ivo alla Sapienza fu
tema difficilissimo per Borromini, condizionato dalla preesistenza del palazzo e del cortile già
realizzati
che
lasciavano
uno
spazio
grossolanamente quadrangolare molto limitato
per far sorgere la chiesa.
Da questi vincoli egli ricaverà un'occasione di
grande libertà. Sceglie una matrice triangolare
che gli consente di creare un organismo
orientato già dalle linee del triangolo costruito;
raddoppia il triangolo per creare una stella a sei
punte che occupi tutta la superficie a
disposizione, ed a questa forma sottrae ed
aggiunge spazi circolari secondo un rigoroso
schema logico.
L'esigenza di sfruttare il più possibile un lotto di
forma quadrata, l'interesse per un involucro
mistilineo (che gli permettesse di continuare
l'esperienza di San Carlino alle Quattro Fontane) e l'idea di trarre spunto da forme simboliche
saranno i motivi ispiratori del progetto. Il progetto di Borromini era molto diverso dalla creazione
oggi esistente infatti essendo troppo complicato venne sostituito negli anni.
Il risultato è ottenuto con estrema purezza ed apparente semplicità: la pianta centralizzata,
mistilinea, disegna una sorta di stella a sei punte, e le
mura ne ricalcano il perimetro.
La parete è divisa da una serie di lesene scanalate, delle
sottilissime cornici orizzontali, che sottolineano gli spigoli
interni concavi e convessi della chiesa; sopra questa fascia
vi è una cornice non eccessivamente aggettante, con
funzioni di trabeazione, in cui ritroviamo il motivo del
soffitto leggermente concavo, già visto nel San Carlino;
sulla trabeazione poggia infine la cupola con sottili
costolature che convergono verso la lanterna. All'esterno
la cupola presenta un tamburo articolato su linee
convesse e si conclude su un'alta lanterna con un
coronamento a spirale.
Lo spazio interno è racchiuso in un involucro unitario in
cui c'è un riferimento classico al Pantheon, come testimonia anche la totale visibilità da ogni parte
di tutta la struttura.
L'effetto della luce, che entra incrociandosi sia dalla lanterna sia dalle finestre, è estremamente
efficace e, unito al candore totale delle mura, sembra rendere le pareti della chiesa come diafane
e trasparenti.
Palazzo Barberini: quando tre geni collaborano assieme
Il palazzo fu costruito nel periodo 1625-1633 ampliando il precedente edificio della famiglia Sforza
creando una struttura ad acca, caratterizzata da un atrio a ninfeo, diaframma fra il loggiato
d'ingresso e il giardino sviluppato sul retro. Autore del progetto è l'anziano Carlo Maderno,
coadiuvato da Francesco Borromini.
Dopo la morte di Maderno il cantiere passa dal 1629 sotto la direzione di Bernini sempre con la
collaborazione di Francesco Borromini, cui si devono numerosi particolari costruttivi e decorativi
quali l'elegante scala elicoidale nell'ala ovest del palazzo, con la quale dialoga lo scalone d'onore
berniniano a pianta quadrata nell'ala est.
Il
progetto
del
Maderno
prevedeva originariamente di
inglobare il preesistente palazzo
Sforza secondo il classico schema
di palazzo rinascimentale, un
blocco quadrangolare con uno
spazio centrale cinto da arcate.
Una
successiva
stesura
dell'architetto proponeva invece
di superare questo concetto
facendo coesistere le due
funzioni di palazzo e villa
mediante una facciata regolare e
severa che dava su piazza
Barberini per assolvere alla
funzione di rappresentanza e una
parte invece tipica della villa
suburbana dotata di vasti giardini
e prospettive aperte.
La facciata è formata da sette campate che si ripetono su tre piani di arcate sostenute da colonne
rappresentanti i tre stili classici (dorico, ionico e corinzio). Tramite le arcate più basse si accede al
piano terra entrando in un ampio atrio ellittico fiancheggiato da due scale nei lati e nel quale,
centralmente si apre una scala che porta ai giardini, posti ad un livello più alto del piano terra.
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