OBESITÀ: DENOMINATORE COMUNE DELLE PIÙ FREQUENTI PATOLOGIE CRONICHE Lorenzo M Donini “Sapienza” Università di Roma – Dipartimento di Medicina Sperimentale – Sezione di Fisiopatologia Medica, scienza dell’Alimentazione ed Endocrinologia L’obesità è oggi descritta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS - WHO) come un fenomeno a carattere epidemico che rappresenta "uno dei maggiori problemi di salute pubblica dei nostri tempi". Negli ultimi decenni si è infatti verificato un rapido aumento del numero degli individui in sovrappeso o obesi con un impatto notevole sia sui singoli individui (comorbosità, disabilità, mortalità, qualità di vita) che sui costi socio-sanitari. PREVALENZA Si stima che nel mondo vivano circa 300 milioni di individui obesi e la gravità del problema è destinata a peggiorare sia nei Paesi più ricchi (Nord America ed Europa) sia in quelli in via di sviluppo (Cina, India, Sud America). In Italia il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (http://www.epicentro.iss.it/problemi/obesita/epid.asp) riporta i seguenti dati: 1. nei giovani (dati Hbsc-Italia - Health Behaviour in School-aged Children) l’eccesso ponderale diminuisce al crescere dell’età ed è maggiore nei maschi. La frequenza dei ragazzi in sovrappeso e obesi è più elevata negli 11enni (29,3% nei maschi e 19,5% nelle femmine) che nei 15enni (25,6% nei maschi e 12,3% nelle femmine) i giovani di 15 anni (47,5% dei maschi e 26,6% delle femmine) fanno meno attività fisica rispetto ai ragazzi di 13 (50,9% dei maschi e 33,7% delle femmine) tra i quindicenni, il 40% dei maschi e il 24% delle femmine dichiara di consumare alcol almeno una volta a settimana dichiara di fumare almeno una volta a settimana, il 19% dei quindicenni (sia maschi che femmine) si riscontra un minor consumo quotidiano di verdura nelle Regioni del Sud e tra i maschi. 2. In età adulta (indagine Multiscopo dell’Istat “Aspetti della vita quotidiana. Anno 2009”) in Italia nel periodo 2001-2009, è aumentata sia la percentuale di coloro che sono in sovrappeso (dal 33,9% nel 2001 al 36,1% nel 2009) sia quella degli obesi (dall’8,5% nel 2001 al 10,3% nel 2009). La quota di popolazione in condizione di eccesso ponderale cresce al crescere dell’età, passando dal 19% tra i 18 e i 24 anni a oltre il 60% tra i 55 e i 74 anni, per poi diminuire lievemente nelle età più anziane (55,9% tra le persone con più di 75 anni). Le condizioni di sovrappeso e obesità sono più diffuse tra gli uomini che tra le donne: il 45,2% degli uomini è in sovrappeso e l’11,3% è obeso rispetto al 27,7% e al 9,3% delle donne. A livello territoriale si osserva che la condizione di sovrappeso e obesità è più diffusa nel Sud (50,9%), in particolare in Molise (51,6%), Campania (51,8%) e Calabria (51,4%). 3. In età geriatrica (dati da sperimentazione, realizzata in 7 Regioni italiane: Passi d’Argento) Si registra un aumento della popolazione in eccesso di peso fino a 75 anni di età: in questa fascia d’età, infatti, sovrappeso e obesità sono pari al 60%. Poi inizia una diminuzione tra i 75 e gli 84 anni (53%) e ancor di più negli ultra 85enni (42%). CAUSE L’obesità rappresenta un problema complesso multifattoriale coinvolgendo aspetti di regolazione dell’appetito e del metabolismo energetico, la genetica, la fisiologia e la neuroendocrinologia così come fattori ambientali, psicosociali e culturali. Di fatto lo stile di vita (alimentazione e attività fisica), condizionato in maniera determinante da tutti gli elementi sopra riportati, rappresenta sicuramente l’elemento che più di tutti incide sulla comparsa dell’obesità. Dai dati ISTAT emerge un’associazione negativa tra prevalenza di obesità e condizioni socio-economiche/livello di istruzione. Tra gli adulti con un titolo di studio medio-alto (diploma di maturità o laurea) la percentuale degli obesi è pari al 4,5%, mentre sale al 15% tra gli adulti con licenza elementare o senza alcun titolo di studio. A conferma di ciò, in Italia l’analisi della distribuzione territoriale del fenomeno rivela profonde differenze tra Meridione (dove l’11,4% della popolazione è obesa) e Nord-ovest (prevalenza dell’obesità al 7,5%). DEFINIZIONE e CARATTERISTICHE CLINICHE L’obesità viene definita come un aumento della massa grassa oltre un valore tale da rappresentare un rischio per lo stato di salute. La massa grassa dovrebbe rappresentare il 15-17% del peso nell’uomo adulto ed il 25-27% nella donna adulta; se tali valori superano il valore soglia, rispettivamente, di 25 e 35% si parla di obesità (WHO – Physical Status 1995; Deurenberg P et al: Int J Obes 1998, 22, 1164-1171 and 1999, 23, 537-542) L’ obesità rappresenta un problema di salute, in particolare ove l’accumulo di grasso abbia luogo in sede addominale, comportando una riduzione sostanziale della durata e della qualità di vita. L’obesità è infatti correlata a molte patologie croniche (cardiovasculopatia, ipertensione arteriosa, dislipidemia, gotta, diabete mellito di tipo 2 e alcuni tumori) che conducono a disabilità (per problematiche cardiorespiratorie e/o osteoraticolari), morte prematura e discriminazione sociale. VALUTAZIONE del RISCHIO per la SALUTE correlato a SOVRAPPESO /OBESITA’: indice di massa corporea e circonferenza addome Nella pratica quotidiana ed in ambiente non-specialistico è possibile stimare il rischio per la salute correlato all’aumento di peso attraverso l’indice di massa corporea [(IMC o body mass index, BMI = peso (kg) : statura (m) : statura (m)] Oltre il valore di 25 e fino a 29.9 kg/m 2 si è considerati soprappeso. Al di sopra di 30 kg/m2 ci si trova probabilmente in una situazione di obesità. (Esempio: un uomo di 90 kg, alto 1,70 m, avrà un IMC = 90 : 1,7 : 1,7 = 31.1 e rientrerà nella categoria “obesità”). Circoscrivere le considerazioni al peso e agli indici ad esso correlati può essere limitante. L’entità della massa grassa e soprattutto la sua distribuzione sembrano essere elementi che meglio definiscono il rischio legato all’obesità. Il grasso viscerale, che si accumula soprattutto all’interno dell’addome, rappresenta infatti un fattore di rischio specifico per le malattie cardiovascolari. Ha infatti caratteristiche diverse rispetto a quello sottocutaneo (che si accumula ad esempio nei glutei e sulle braccia): la struttura delle cellule e l’effetto esercitato sul sistema endocrino-metabolico dell’organismo determinano un aumento del rischio cardiovascolare. L’accumulo di grasso viscerale è evidenziabile attraverso la misura della circonferenza addominale che si rileva con un metro a nastro flessibile, ma non elastico (un metro da sarto ad esempio) posto orizzontalmente a metà strada tra la cresta iliaca e il bordo inferiore della gabbia toracica (più o meno all'altezza dell'ombelico). Secondo le recenti indicazioni di diverse società scientifiche, nei soggetti di razza caucasica, si considera: normale una circonferenza vita inferiore a 94 cm nell’uomo e a 80 cm nella donna, elevato tra 94 cm e 102 cm nell’uomo e tra 80 cm ed 88 cm nella donna francamente aumentato oltre 102 cm nell’uomo e 88 cm nella donna. CONSEGUENZE Le comorbosità associate all’obesità aumentano linearmente all’aumentare del BMI almeno fino ai 75 anni. L’obesità in età adulta può favorire patologie cardiovascolari, metaboliche e artrosiche in età senile. Di conseguenza, la prevalenza dei fattori di rischio per la malattia cardiovascolare è elevata negli anziani obesi in relazione a ipertensione arteriosa, dislipidemie, alterazioni del metabolismo dei carboidrati. Studi cross-sectional e longitudinali mostrano che l’obesità, e soprattutto la distribuzione dell’adiposità, è associata ad alterazioni del metabolismo (dei carboidrati e dei lipidi) anche in età geriatrica. Anche la riduzione dell’insulino-sensibilità è associata all’obesità centrale e alla sedentarietà (1). Gli aspetti caratterizzanti la sindrome metabolica (SM) sono prevalenti in età senile e l’aumentata adiposità centrale è indipendentemente associata alla SM negli uomini e nelle donne di 70-79 anni. Molti studi evidenziano che l’obesità in età adulta aumenta il rischio per una futura demenza indipendentemente dalle comorbosità. Inoltre è stata osservata un’associazione positiva tra obesità e depressione e tra obesità o sottopeso e scarsa qualità di vita (QOL) correlata alla salute, in particolare alla funzionalità e al benessere fisico. In età geriatrica, un’associazione significativa è stata osservata tra aumento di MG, disabilità in generale e disabilità nella mobilità. L’obesità può esacerbare il graduale declino delle funzioni fisiche età correlato e precipitare la fragilità. Mancano dati chiari sull’esatta relazione tra MM e MG, infatti: alcuni studi mettono in evidenza come maggiore predittore delle limitazioni funzionali la sarcopenia, mentre altri la MG. Le fisiologiche modificazioni corporee e delle abilità fisiche legate alla senescenza sono ancor più enfatizzate dalla sedentarietà che causa e/o effetto dell’aumento della MG. Anche la sarcopenia ed l’osteoporosi, la ridotta mobilità articolare e l’artrosi (d’anca e di ginocchio), tutte caratteristiche della vecchiaia, favoriscono uno stile di vita sedentario e la riduzione/perdita dell’autonomia nelle ADL. Gli anziani obesi hanno una ridotta efficienza respiratoria che può evolvere in insufficienza respiratoria di tipo restrittivo per l’aumento del lavoro respiratorio (dovuto all’aumento dell’adipe a livello di: collo, torace e addome) e la riduzione della MM dei muscoli respiratori (ovvero della loro forza) e della compliance respiratoria. L’incidenza della sindrome da ipoventilazione correlata all’obesità e dell’OSAS sono in aumento così come il rischio di sviluppare alterazioni cognitive e allucinatorie dovute all’ipossia durante il sonno.