Incontro con Liliana Segre
Domenica 25 ottobre 2015, presso il Teatro Franco Parenti,
tra le iniziative di BookCity, Liliana Segre, sopravvissuta al
campo di sterminio di Auschwitz, ha presentato il suo libro
“Fino a quando la mia stella brillerà”.
L’incontro con Liliana Segre è cominciato con una
presentazione generale del libro curato da Daniela
Palumbo, che ha aiutato la scrittrice ad esprimersi e
ricordare, tramite il suo libro.
Dalla viva voce di Liliana abbiamo poi ascoltato il racconto
della sua vita.
Nata nel Settembre del 1930, Liliana ebbe un’infanzia
molto felice. Anche se a pochi mesi aveva perso la madre,
era comunque gioiosa, grazie all’affetto del padre.
Le prime “Porte Chiuse”, come le chiama lei, Liliana le
incontrò quando, nell’autunno del 1938, in seguito alle
Leggi Razziali, fu espulsa dalla Scuola Ruffini perché nata
ebrea.
Liliana ha voluto mettere l’accento sull’indifferenza che la
maestra ha dimostrato, rifiutandosi di insegnare
privatamente a lei dopo che il padre Alberto Segre ne aveva
fatto richiesta.
La scrittrice ci rimase molto male, perché la maestra
rappresentava per lei la figura femminile della mamma.
Questa fu una delle prime porte chiuse che la protagonista
incontrò; la seconda la trovò in Svizzera, che non accolse
lei e i suoi familiari come rifugiati, ma li rimandò indietro
in Italia, dove furono arrestati e rinchiusi nel carcere di San
Vittore.
Da qui venne separata da suo padre e poi deportata ad
Auschwitz –Birkenau, destinazione dei treni che partivano
dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano.
Nel campo di sterminio sopravvisse, anche grazie al
sostegno che dava a se stessa ogni sera, quando osservava il
cielo e si rassicurava vedendo la “sua” stella: finchè quella
stella avesse brillato, lei sarebbe rimasta in vita.
Alla fine della guerra, durante una marcia per la sfuggire ai
Russi, che stavano per raggiungere i campi di sterminio,
alla scrittrice venne la tentazione di uccidere un soldato
Tedesco, che si stava svestendo della sua divisa, per non
farsi riconoscere. Non lo fece e di quest’azione, a distanza
di anni, è fiera, perché in questo modo si sente la coscienza
libera e non ha imitato i suoi persecutori.
Liliana Segre così sopravvisse ad Auschwitz. Erano partiti
in 605 e tornarono in 22. Oggi solo pochi sono ancora in
vita e possono portare avanti la memoria di ciò che è
accaduto.
Quando fu liberata, si sentì una nuova persona, ma da quel
giorno non provò quasi più momenti felici, se non quando
nacque il primo figlio Alberto. Un altro momento felice fu
quando suo nipote le scrisse una poesia, ma la gioia di un
tempo era spenta per sempre.
Liliana per molti anni non riuscì a parlare con altre persone
di quello che le era successo, ma un giorno capì che era
giusto che tutti sapessero, soprattutto i giovani, e decise di
portare la propria testimonianza nelle scuole.
Questa testimonianza è stata molto toccante e unica, ci ha
trasmesso molte emozioni e ci ha aiutato a riflettere su ciò
che Liliana Segre ha subito: INGIUSTIZIA,
DISCRIMINAZIONE , INDIFFERENZA.
L’INDIFFERENZA è per lei il pericolo maggiore, tanto che
ha voluto che questa parola, scolpita su un muro,
accogliesse per prima i visitatori al Memoriale della Shoah,
al binario 21.
E’ per questo che è importante che i ragazzi ascoltino: per
combattere l’indifferenza, anche verso i perseguitati e i
profughi di oggi.
Aina Gianluca,
Gallizia Lorenzo,
Mancini Alessandro,
Stella Francesco
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