Immota harmonìa Collana di Musicologia e Storia della musica

Immota harmonìa
Collana di Musicologia e Storia della musica

Direttore
Sergio P
Comitato scientifico
Guido B
Conservatorio di Musica di Trapani “Antonio Scontrino”
Società aquilana dei concerti “B. Barattelli” Ente musicale
Dario D P
Conservatorio di Musica di L’Aquila “Alfredo Casella”
Alessandro C
Conservatorio di Musica di Roma “Santa Cecilia”
Stefano R
Università per stranieri di Perugia
Conservatorio di Musica di Perugia “Francesco Morlacchi”
Immota harmonìa
Collana di Musicologia e Storia della musica
La collana Immota harmonìa accoglie e prevede nelle sue linee programmatiche e nei suoi intendimenti le tre diramazioni e direttive della
ricerca musicologica: monografie e biografie, trattatistica e analisi
musicale. L’argomentazione biografica e monografica spazia naturalmente in tutto l’ambito della millenaria storia della musica, mentre la
trattatistica s’indirizza verso le teorizzazioni tipicizzanti e fondamentali (teorie generali, acustica, organologia, armonia, contrappunto,
studio ed evoluzione delle forme); l’analisi, infine, comprende riletture e tematiche specifiche secondo intendimenti e campi di indagine
molteplici, caratterizzanti e soggettivi.
Si ringraziano, per aver collaborato alla realizzazione del presente volume, Maria
Cerreta, Peppe Maisto, Carmine Piscopo.
Giovanni Ippolito
% American
La classicità del rock americano
Prefazione di
Iain Chambers
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: luglio 
Indice
9
15
Prefazione
Iain Chambers
Introduzione
Il rock 100% American, 15 – La classicità, 29 – For Everyman, 41
My City Of Ruins, 44
49
Capitolo I
Afroamerica
1.1. The Lonesome Jubilee, 49 - 1.2. Paper In Fire, 61 – 1.3. Check
It Out, 62 – 1.4. Hotdogs And Hamburgers, 64
67
Capitolo II
The Promised Land
2.1. Lives In The Balance (1986), 70 – 2.2. Oh Mercy (1989), 71
2.3. Human Wheels (1993), 74 – 2.4. The Ghost Of Tom Joad
(1995), 74 – 2.5. Dance Naked (1994), 75
77
Capitolo III
Il mercato
5
Indice
6
81
Capitolo IV
I maestri del rock 100% American
4.1. Bob Dylan, 81 – 4.2. Jackson Browne, 102 – 4.3. Bruce
Springsteen, 121 – 4.4. John Mellencamp, 150 – 4.5. Counting
Crows, 166
175
Bibliografia e discografia
Prefazione
Iain Chambers
Le voci rauche che annunciano la soglia di un passaggio notturno nell'altrove mentre assistiamo ai suoni che registrano le
storie raramente recepite che resistono nella tessitura sonora,
nella devianza di una tonalità, nella corda piegata di una chitarra. Stiamo parlando della musica di un’America composta dalla
contro-narrazione, dalle contro-storie che tendono a scompaginare i canoni estetici che storicamente hanno inquadrato il senso
della musica nell'Occidente. Stiamo parlando, come evidenzia
tanto bene questo volume, degli altri lati – quelli più oscuri, più
‘'blue’ – della modernità e della sua fede in un progresso pulito,
squisitamente lineare e accumulativo. Tirati in una zona siderale, in uno spazio eterotopico, dove suoni arrivano dal passato
per interrompere il presente con gli echi di storie di povertà e
sfruttamento, di razzismo e schiavitù. Sporcando la narrazione –
come fa letteralmente la voce di Bob Dylan o Bruce Springsteen
– con diversi modi per narrare l'America di oggi, l'archivio violento di un mondo costruito sulla parola d'ordine della libertà si
frantuma in zone oscure, ambigue e inquietanti.
In questo connubio chiaroscuro la musica rock svela la sua
forza, togliendo alla storia ufficiale la sua sicurezza, disseminando un'America multipla, ancora da narrare, da costruire e
conciliare con gli spettri di un passato che rifiuta di passare.
Dalle catene degli schiavi alle catene di montaggio, dal corpo
nero frustrato ai poveri bianchi consegnati alla pattumiera della
storia (“white trash”), i suoni dei blues e R&B, della musica
9
10
Prefazione
folk e Country and Western, riverberano storie inascoltate, rimosse e negate. Tutto questo è musica rock. Nella terra della libertà la musica rock dissemina una dissonanza storica e culturale: non tutti sono liberi, non tutti sono eguali. I suoni di rock insistono, producendo un intervallo, un'interruzione, nell'orchestrazione istituzionale della partitura della nazione. I conti ancora da saldare con la storia – il razzismo, la povertà, l'ineguaglianza, le discriminazioni, la violenza, la paura – sono sostenuti e sospesi nei suoi suoni.
La promessa della frontiera infinita che nutre il destino della
nazione propone delle strade spesso contorte e accidentate, perfino bloccate. Il viaggio diventa così un'escursione nella notte
buia dell'anima, mentre ci si trova a scivolare lungo le corde
della chitarra di Blind Willie Johnson verso il duro suolo freddo. Questa interruzione nel sogno americano provoca anche
un'interruzione estetica, nella quale la poetica del percorso ci si
presenta con un altro mondo, sia musicale, sia storico e culturale. Come il flusso delle immagini prese da un’automobile in
movimento lungo la ben illuminata Main Street, gli sguardi nei
vicoli restituiscono il buio che sorregge la volontà della strada.
Sebbene si viaggi in una ribellione senza causa dei belli e perdenti che cercano di sciogliersi nella notte, il viaggio taglia il
consueto con lo spaesamento e la necessità di rinegoziare il senso del presente. La musica rock, il jazz, il cinema americano
hanno proposto strade diverse dall’attraversare l'immaginario
moderno, irrompendo nei ritmi della vita quotidiana per far
uscire nuove possibilità, nuovi orizzonti.
Come icona sonora e visiva la musica rock a questo punto
non è semplicemente la colonna sonora di una modernità planetaria. Come suono iconico il rock amplifica il paesaggio turbolento e profondamente ambiguo del sogno americano. Il suono
stesso sorge in una cultura saturata dalla religione, dove i dannati sostenuti dalla musica country, gospel e soul, vivono in una
paese scelto da Dio. Si tratta di un Dio protestante, inflessibile,
punitivo, la deità del Vecchio Testamento. Non esiste la reden-
Prefazione
11
zione della confessione, ognuno è destinato a vivere con i propri
peccati e portarli lungo la strada per sempre. In questo senso, la
musica rock è il suono dei subalterni, della gente che vive lungo
la strada, dall'altra parte dei binari; sono persone abbandonate
che tracciano la strada perduta verso le zone selvagge che ci
portano al cuore di tenebra dell'America, e della stessa modernità. La grandezza, o classicità, dell’estetica e etica della musica
rock sta nell’evocazione della violenta ambiguità su cui si fonda
la costituzione storica e culturale degli Stati Uniti d'America e
la stessa modernità occidentale. Recentemente, Quentin Tarantino ha avuto il coraggio di esplorare questa formazione inquietante dello stato liberale in Django Unchained (2012), non a caso narrato dalle musiche di cui questo volume si occupa.
Rispetto al canone classico di stampo europeo, si tratta
dell'interruzione di un’economia affettiva sospesa e sostenuta
dai suoni che interrompono la logica limpida e lineare della musica classica (post-barocca). Dalla sporcizia delle note, dall'incertezza della tonalità, emerge una critica esplicita dell'estetica
kantiana. La contemplazione dell'oggetto sonoro e visivo, garantita dalla giusta “distanza critica”, è smontata nell'immediatezza dell'ondazione sonora. Dall’oggetto si passa allo stato di
essere assoggettato, dall’idea di pensare alla musica come forma estetica, sociale e storica si passa a pensare con la musica
come forza e risonanza dell'accadimento sonoro che segnala l'ora della storia. A questo punto il passato e il presente si intrecciano in quell'istanza che apre la porta sul presente eterotopico.
In questo passo oltre il tempo regimentato ci si trova a sentire
un altro modo di temperare e piegare il presente. Contro la chiusura conclusiva richiesta dalla struttura della musica classica europea, la sovversione dello suo sviluppo lineare nei cicli infiniti
delle strutture musicali afro-americane piantate nel cuore del
rock ci propone un'altra forma, un altro sentimento affettivo, più
aperto, più incerto, e perciò più libero. La narrazione ufficiale
della modernità è disturbata, deviata, infine riconfigurata, dagli
attraversamenti tracciati dalle note dei blues.
12
Prefazione
Allora il rock come taglio, come interruzione – sebbene solamente per una giornata – prima di essere recuperato dall'industria culturale. Ma le tracce restano e resistono per promuovere
una ri-configurazione che rompe il modello imposto. Dai frammenti emerge un altro disegno, un'altra possibilità.
Introduzione
Questo che state leggendo in primo luogo vuole essere un
libro a tesi. La tesi sostenuta è che il rock che definisco 100%
American è un’arte classica, cioè dai contenuti universali.
In secondo luogo ne è, in piccolo e in sintesi, una storia,
raccontata dalla sequenza degli esponenti che gli hanno dato
forma e sostanza nel corso degli ultimi decenni.
In terzo luogo vuole essere uno studio musicologico, poiché
l’obiettivo è illustrare le ragioni della sua classicità
analizzandone il linguaggio.
Come premessa fondamentale agli argomenti trattati in
seguito, in questa introduzione dirò che cosa è per me il rock
100% American e perché è americano al 100%, e farò alcune
considerazioni sul concetto di classicità.
Il Rock 100% American
Quando parliamo di rock parliamo in realtà di un esteso
arcipelago, comprendente i numerosi generi e stili sviluppatisi,
succedendosi e accumulandosi, a partire dalla sua nascita, che
viene convenzionalmente fatta coincidere con quella del rock’n’
roll (anni ‘50) sebbene si tratti in effetti del frutto di un albero
avente radici più antiche di qualche decennio, che in ultima
istanza attinge la propria linfa dall’evoluzione del folk di
matrice afroamericana (da worksong e spritual al blues e al
rhythm’ n’blues) e di quello “euroamericano”, cioè bianco
15
16
Introduzione
(dalla folk song al country&western). Per dirla in sintesi, da
Sweet Home Chicago di Robert Johnson a Hound Dog di Elvis
musicalmente il passo è breve.
La musica di cui si occupa questo libro è uno dei generi e
stili del rock. È il rock di Bob Dylan, Jackson Browne, Bruce
Springsteen, John Mellencamp e Counting Crows. Come il jazz,
ha una miriade di interpreti ed esponenti i frutti del cui lavoro
sono sintetizzati e incorporati in quello di pochi artisti che ne
determinano i più importanti cambiamenti nel corso del tempo e
formalizzano i principali aspetti. Uno per decennio all’incirca.
Si tratta di gente che fa canzoni, blues, folk ballad.
Che scrive testi degni di lettura a prescindere dalla musica.
Che usa la strumentazione elettrica della rock band.
In Italia li definiremmo, in modo riduttivo, cantautori.
L’altra, fondamentale, peculiarità di questi artisti è la voce.
Lo stile vocale è quello del cantante rock. Come nel blues o
nel folk, gli aspetti timbrici (la nasalità o la gutturalità) e di
pronuncia (ad esempio nell’attacco e nell’estinzione della nota
cantata) contrastanti con le regole del cosiddetto “belcanto”
sono un plus, non “sporcizia” da eliminare ma elementi
espressivi addizionali.
Quanto detto riguardo alla forma e allo stile, e qui vengo al
secondo punto, l’americanità di questa musica, è più che
sufficiente a chiarire che si tratta, musicalmente, di un’arte
100% American.
A un livello interpretativo più elevato, va rilevato che, al di
là degli aspetti prettamente musicali, si tratta di un linguaggio
nuovo, espressione di una cultura nuova che a partire dagli anni
‘60, con i fenomeni ideologicamente definiti “colonizzazione” o
più recentemente “globalizzazione”, si è via via trasformata in
cultura planetaria e quindi, almeno geograficamente, universale.
Il linguaggio musicale è un codice in rapporto di stretta
interdipendenza con le sue modalità di produzione e di
fruizione, a loro volta specchio della cultura sottostante. La
musica di cui mi occupo è 100% American soprattutto perché lo
sono tali modalità.
Introduzione
17
Infatti, ciò che caratterizza e contraddistingue il rock dalle
musiche che lo hanno storicamente preceduto è che si tratta di
“popular music”, nel senso che danno al termine i musicologi, a
partire da Richard Middleton. La popular music non è ciò che
noi chiamiamo pop e non è ciò che chiamiamo folk, non è
musica commerciale nel senso dispregiativo del termine, è la
musica risultante dalla mutazione del processo di produzione
musicale in business. È una invenzione 100% American.
Americane sono le prime opere musicali registrate prodotte per
fini commerciali (i nastri perforati delle pianole meccaniche di
fine ‘800 e i primi dischi) . Come tutti i prodotti di un processo
di business, la popular music è acquistata per soddisfare dei
bisogni (ad esempio far ballare nei locali o a una festa privata o
procurare piacere estetico all’ascoltatore isolato) e pertanto è
anche musica d’uso, funzionale e collettiva come il folk, che è
musica di e per una comunità. In quanto tale, a prescindere dalla
sua natura di prodotto commerciale, è un tutt’uno con la sua
cultura, la sintetizza, esprime, rappresenta.
Dunque, il rock di cui parlo è 100% American perché lo è il
suo linguaggio musicale e perché, essendo popular music, è un
tutt’uno con la cultura Americana.
Nel corso del libro evidenzierò le corrispondenze tra la
musica di Bob Dylan, Jackson Browne, Bruce Springsteen,
John Mellencamp e Counting Crows e gli elementi
fondamentali della cultura Americana. Per ora mi limito a
elencare tali elementi, anticipando la discussione di queste
corrispondenze.
I tre item fondamentali, unicità culturali dell’America, sono:
a) Afroamerica (la presenza dei neri con la loro storia di
deportazione, schiavitù, liberazione, avanzamento e i retaggi
della loro cultura originaria),
b) “The Promised Land” (l’America nasce come terra di
immigrazione)
c) Il mercato (l’America è la culla del capitalismo).
In aggiunta, segnalo alcuni elementi di importanza
secondaria: l’arte (la nuova estetica nella letteratura e nelle arti
figurative e la nuova arte, il cinema); la politica (la nuova
18
Introduzione
sinistra, nata in America intorno ai temi dei diritti civili e del
pacifismo, una sinistra non socialista e compatibile con il valore
Americano della libertà individuale); la religione.
Analizzo ora brevemente gli ultimi elementi menzionati
lasciando ciò che attiene ai tre item principali a capitoli
specifici.
Parto dalla letteratura. Il genere con cui il movimento Beat
ha più punti di contatto è il jazz, poiché i poeti Beat dicevano di
scrivere cercando di imitare in versi tempi e ritmi della loro
musica preferita, il Bebop. Tuttavia, in prospettiva storica,
emergono almeno altrettante corrispondenze e connessioni con
il folk e, di conseguenza, con il rock 100% American, per i
seguenti motivi.
La cultura Beat era del tutto alternativa e anticonformista,
potenzialmente sovversiva come il folk, che affrontava temi di
carattere sociale come le lotte sindacali. Anche i beat
producevano e “usavano” la loro arte in contesti collettivi e con
modalità estemporanee. Il materiale prodotto era spesso frutto
di improvvisazione e non destinato alla pubblicazione e
distribuzione nei circuiti tradizionali. Anche loro vivevano
spesso on the road, come i folksinger girovaghi. Per via di
questi parallelismi i contenuti controculturali del beat e quelli
antagonisti del folk si fondono. Il rock 100% American è zeppo
di elementi derivanti dal folk: la struttura (spesso quella della
folk ballad di origine anglosassone, con semplice ripetizione
della strofa senza ritornello), l’arrangiamento (talvolta solo voce
e chitarra), i principali elementi armonici e melodici (pochi
accordi, tipicamente quelli di tonica, sottodominante e
dominante, con melodie poco estese o “ondulate”, etc...).
Aspetti formali tipici del folk (musica semplice da eseguire e
ricordare, quindi trasmissibile oralmente).
Tuttavia una rockstar è ben altra cosa che un foksinger. Nel
rock il ritorno alle radici e alla musica tradizionale non è
conservazione ma costruzione e recupero del suo contenuto
simbolico, di un mito di impegno civile, cultura e libertà.
Incarnazione di questo mito è Woody Guthrie, il folksinger