Pinto Minerva Franca, Educazione e senescenza

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Pinto Minerva Franca, Educazione e senescenza, Bulzoni Editore, Roma,
1974, pp. 300.
Recensione di Barbara Baschiera – 30 luglio 2006
Abstract
Permanent education, which is the basis of the geragogic model proposed by the author, is to be
pursued in all the ages of life, aiming to get ready to live the changes that aging involves and to live an
intense intellectual activity once you are old.
L’educazione permanente, che sta alla base del programma geragogico proposto dall’autrice, va
perseguita attraverso tutte le età della vita, con il fine di prepararsi a vivere per tempo i cambiamenti
che l’aging comporta e di vivere, una volta anziani, un’attività intellettuale intensa.
Recensione
E’ possibile per l’uomo fare fronte alla destrutturazione senile, raggiungere e vivere
la vecchiaia conservando facoltà fisiche e mentali efficienti ed una vita emotivoaffettiva ricca o l’esistenza senile, anche per un ormai consolidato atteggiamento
conformizzante nei confronti dei membri non più produttivi della collettività, è
sinonimo di letargica attesa della fine?
Il testo della Prof.ssa Pinto Minerva, muovendo dalla convinzione che sia diritto di
tutti vivere una vecchiaia serena, presenta un programma educazionale che si
propone di fare vivere l’esperienza senile con apertura al mutamento, con
atteggiamento critico e formativo volto al nuovo, aperto allo scambio relazionale,
disposto al rischio della revisione e della riprogettazione.
Dato che l’esistenza senile è strettamente condizionata dall’identità che la società
assegna all’individuo che invecchia e dal modo in cui l’anziano percepisce tale
assegnazione, il programma si propone anche di educare la società a comprendere
ed amare l’anziano.
Se si legge la senilità come il momento di verifica della validità del personale
progetto esistenziale, come il periodo in cui si può recuperare l’estrema esperienza
di vita, scoprirla e viverla riacquistando la prospettiva del futuro, non si può non
considerare la formazione come un processo unitario ed ininterrotto dall’infanzia
alla vecchiaia.
Il testo, partendo dall’analisi di studi specifici della realtà senile, esamina i fattori
genetici del processo d’invecchiamento nelle sue molteplici componenti.
Passate in rassegna la teoria del legame trasversale e degli errori molecolari, dei
radicali liberi, la teoria mutazionistica e quella immunitaria, esamina le
modificazioni strutturali funzionali, chimiche, psicologiche, intellettuali ed emotivosentimentali che caratterizzano la senescenza.
Scritto negli anni ‘Settanta, ben lontano dalle prospettive più recenti dell’OMS,1
tende ad evidenziare i deficit connaturati all’invecchiamento; dalla presbiopia della
memoria (per cui l’anziano rievoca avvenimenti lontani nel tempo, ma non quelli
recenti) ai difetti nella capacità di comprensione, associazione, giudizio,
schematizzazione e strutturazione e nei processi logici, dalla desocializzazione alla
limitazione delle capacità di attenzione e concentrazione, dalle difficoltà di
adattamento alla realtà a squilibri di natura affettiva (egocentrismo, autoritarismo
1
irrazionale, collera violenta), da stati di nevrosi a forme depressivo-paranoidi o
demenziali-psicotiche.
Ma come vive l’anziano i mutamenti fisici ed interiori e come questi si inseriscono
nella trama della personale struttura esistenziale e del proprio vissuto?
L’involuzione senile, processo multiforme che coinvolge l’individuo a tutti i livelli,
comporta modificazioni strutturali che condizionano nell’anziano la percezione delle
proprie facoltà, della possibilità di conoscere e delimitare sé stesso, il proprio spazio
corporeo ed extracorporeo, determinando un’incrinatura nella percezione della
propria identità, nonché stati di angoscia e smarrimento tali da fare rompere il
contatto vitale con il mondo ancora prima di averne perduto completamente i
contatti sensoriali.
L’anziano, a cui sembra concessa la sola dimensione temporale statica del presente,
rivolge l’attenzione al passato, ad un tempo vissuto come gratificante di fronte ad
una realtà spesso vuota e senza prospettive costruttive.
Secondo l’autrice, la crisi della vecchiaia sta anche in una crisi di interesse; nel
momento in cui il vecchio, per la sua mancata efficienza, viene svalutato dalla
società in quanto non più portatore di valore di mercato; quando, nel timore di
perdere significatività per l’altro, si conforma al modello precostituito, rinunciando
così alle sue autentiche modalità d’esistere; quando gli vengono riconosciuti solo
ruoli svuotati ed incerti in cui egli si ritrova ad “essere costretto ad essere”2
secondo una modalità impostagli dall’esterno, incomincia a mitizzare il passato, a
chiudersi al nuovo, imprigionandosi nell’ambito limitato del proprio io, finché non si
spegne in lui lo slancio vitale che gli permetteva di conservarsi efficiente sul piano
fisico e psichico.
L’atteggiamento della società, volto, per un generico rispetto nei confronti dell’età,
della tradizione e della debolezza intrinseca alla senescenza, a realizzare una serie
di interventi terapeutici finalizzati a prolungare la vita media della popolazione, ma
nel contempo, per il disprezzo sociologico nei confronti dell’inefficienza, indirizzato
all’emarginazione dalla dialettica partecipativa alla vita relazionale, si presenta
alquanto ambiguo e paradossale.
Promotrice di tante ricerche per il prolungamento della vita, la società deve saper
accettare anche la responsabilità della vita prolungata; per quale ragione dare
tempo all’individuo anziano, se poi non gli viene dato spazio per viverlo secondo le
proprie capacità?
Accanto ad una maggiore longevità è necessario assicurare contemporaneamente
efficienza fisica e mentale, per garantire all’uomo moderno non solo più anni alla
vita, ma anche più vita agli anni.
Di qui la necessità di misure geroprofilattiche di carattere chiaramente formativo
atte ad evitare la caduta senile nella depressione e nella malinconia di un “presente
atemporale e adialettico”3, attraverso la sollecitazione e l’educazione alla
partecipazione attiva alla realtà prassica.
Un intervento gerontologico, articolabile in un’educazione alla conoscenza dei fattori
nutrizionali, all’uso creativo del tempo libero, alla utilizzazione di terapie fisiche ed
occupazionali, in grado di valorizzare le risorse senili e stimolare responsabilità
verso sé e verso gli altri.
Un programma preventivo diretto all’anziano, come obiettivo specifico, ma
analogamente all’intera comunità in cui egli declina la sua presenza. Solo se intesa
in tale senso, la prevenzione alla vecchiaia si configura di fatto “come un intervento
comunitario permanente.”4
2
Secondo l’autrice, i veloci mutamenti, la crisi della famiglia, lo sviluppo delle nuove
tecnologie, la svalutazione della tradizione in quanto obsoleta, l’estromissione dal
mondo del lavoro delle persone di terza età, impongono alla gerontoprofilassi un
triplice impegno:
-
sensibilizzare le famiglie e la comunità ai valori della senescenza;
elaborare piani assistenziali per la salvaguardia dell’integrità psicofisica degli
anziani;
aiutare l’anziano ad adeguarsi costruttivamente ai mutamenti in atto,
guidandolo alla ricerca di nuove risposte alle situazioni di vita che si trova ad
affrontare.
Solo una personalità in grado di ristrutturare continuamente il campo delle proprie
esperienze cognitivo-emotive e disponibile al decentramento dall’io in funzione della
comunicazione con l’altro, si salvaguarda da forme di chiusura di pensiero, di
comportamento e di linguaggio, messe in atto come barriera ai cambiamenti.
Invecchiare bene significa sapersi adattare al personale mutamento, accettandolo,
per non entrare in contrasto con la realtà esterna che continua incessante il suo
processo di trasformazione.
L’uomo che conserva un atteggiamento critico perennemente volto al nuovo, aperto
allo scambio relazionale, disposto al rischio della revisione e della riprogettazione,
attribuisce ad ogni fase della vita un valore fondamentale, in quanto parte del
mosaico totale dell’esistenza.
Tra i mutamenti più forti che l’anziano si trova a vivere, il pensionamento
costituisce sicuramente l’esperienza più significativamente traumatizzante
dell’intero processo d’insenilimento, in quanto rappresenta l’evento che per primo
pone l’individuo di fronte ad una forzata inattività, nonché ad una caduta di
prestigio che l’allontanamento dal lavoro comporta.
Tale retrazione, che nega all’uomo la prassi, dovrebbe avvenire gradualmente, in
un ambito temporale dai limiti elastici, entro cui ognuno possa scegliere il momento
più idoneo per sé.5
In considerazione del fatto che la possibilità di svolgere un ruolo attivo garantisce
all’anziano maggiore stabilità psicologica, gratificazione ed autosufficienza
economica, nonché partecipazione sociale, agli anziani potrebbero essere riservati
settori in cui valorizzare l’esperienza di una vita; attività anche part time che
richiedono regolarità, precisione, accuratezza, competenze queste non svalutate
dagli anni.
Alla luce di queste considerazioni, emerge con evidenza la necessità che la società
riconsideri il problema della formazione e dei cicli di attività sul piano del lavoro.6
Se ci mettiamo nell’ordine delle idee che ad ogni età è attribuito un compito da
svolgere e un contributo da dare, secondo un fisiologico continuum esistenziale,
comprendiamo come la società abbia il dovere di garantire a tutti i suoi membri la
possibilità di riscoprire un ruolo attivo e di come sia necessario un programma di
formazione che consenta un coerente divenire della personalità e una realizzazione
della totalità dell’io, nelle sue fondamentali dimensioni esistenziali.
L’autrice, dopo un’attenta analisi di numerose strutture per anziani, evidenzia che il
problema gerontologico non è solo una questione di strutture inefficienti e di
carenze economiche, ma soprattutto di atteggiamento sociale ed ideologico della
collettività.
Solo un mutamento di base nei confronti dei membri non più produttivi della
collettività potrà contribuire a risolvere le difficoltà esistenziali dell’anziano.
3
Spiegando, poi, in quale modo il meccanismo dell’istituzionalizzazione mette in atto
un processo di depersonalizzazione che “mutila la personalità individuale”7, pone in
evidenza la necessità di strutture abitative (alloggi comunitari, case-albergo, case
di riposo) non ghettizzanti, ma aperte all’esterno, di centri gerontologici per la
formazione alla vecchiaia, nell’ottica di una solidarietà socializzante.
Il contatto diretto con la realtà senile è l’unico modo per comprendere il problema
esistenziale dell’anziano, che è poi- in ultima analisi – il problema stesso dell’uomo
nel suo divenire.
Indice analitico del testo:
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Introduzione
Parte prima
I. L’INVECCHIAMENTO E LA VECCHIAIA
Il processo di invecchiamento e l’inizio della vecchiaia
Età cronologica e età biologica
Durata della vita e longevità
Fattori condizionanti la longevità
La ricerca dei fattori genetici nel processo involutivo
Le più attuali teorie dell’invecchiamento
Modificazioni strutturali e chimiche
a) Mutamenti morfologici
b) Modificazioni funzionali
c) Variazioni biochimiche
Modificazioni psicologiche
a) Limiti metodologici
b) Modificazioni della sfera intellettuale
c) Età e crisi di interesse
d) Età e praxis
e) Modificazioni della sfera emotivo-sentimentale
f) Età e sessualità
La condotta psicopatologica
L’assunzione della vecchiaia e la relazione con il proprio corpo mutato
La temporalizzazione nell’anziano e la ricerca del tempo perduto
Destrutturazione e ristrutturazione
II. LA POSIZIONE DEGLI ANZIANI NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
Identità senile e stereotipie sulla vecchiaia
Le ambiguità e i paradossi della vecchiaia
Collocazione sociale e situazione senile
Trasformazioni sociali e adattamento senile
Analisi delle trasformazioni sociali e incidenza sull’adattamento senile
a) Industrializzazione e lavoro
b) Urbanizzazione e inurbamento
c) Modificazioni strutturali della famiglia
Trasformazioni culturali e conflitto generazionale
La cesura del pensionamento
Perdita del ruolo professionale e crisi di identità
I gerotossici più pericolosi: l’isolamento e la solitudine
Crisi di comunicazione e alienazione
4
113 Il suicidio come risposta alla perdita del proprio mondo
116 I privilegiati e gli svantaggiati
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III. L’ISTITUZIONALIZZAZIONE PER L’ANZIANO AUTOSUFFICIENTE E PER
L’ANZIANO MALATO
Il ruolo biologico della territorialità e la “sindrome da sradicamento”
Le aspirazioni dell’anziano e le obiettive difficoltà situazionali
Alcuni dati sulle condizioni di vita nei ricoveri per anziani
L’istituzionalizzazione come processo di “spoliazione del proprio ruolo”
Verso nuove forme di intervento assistenziale
a) Gli alloggi e i servizi aperti
b) I centri sociali di consulenza e di assistenza
c) I servizi ad internato
Come l’anziano esperisce la situazione patologica
La malattia geriatrica
Lungodegenti e cronici
L’assistenza ospedaliera specializzata
L’ospedale diurno
Rapporto medico-paziente nella pratica geriatrica
Classe sociale e discriminazioni terapeutiche
La psichiatrizzazione senile
Il “messaggio della malattia” e il ruolo educativo del medico
167 Parte seconda
169
172
176
178
181
184
187
191
195
197
201
206
I. LA GERONTOPROFILASSI
Il mito di Faust
Verso l’anziano di massa
Il problema prevenzione
La coscienza sanitaria
Gli errori del regime alimentare
L’inventario della salute: il check-up
La gerotipologia e la geroprofilassi
L’utilizzazione del tempo libero nei programmi per gli anziani
La terapia occupazionale
La terapia fisica
Il ricorso alla psicoterapia
La prevenzione gerontologia come “intervento comunitario permanente”
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252
256
II. DALLA PROTOPEDAGOGIA ALLA GERONTOGOGIA
Il bambino è il padre dell’uomo
I conflitti dell’infanzia e i disagi senili
L’ambiguità del rapporto figlio-genitori
Il ruolo materno del periodo della Prägung
La presenza del padre quale medium per il rapporto con il mondo esterno
Psicanalisi e protopedagogia
La formazione affettiva come formazione alla “tolleranza interiore”
La formazione sociale come prevenzione primaria alle sociopatìe senili
La formazione “continua” dall’infanzia alla vecchiaia
La formazione al mutamento
L’educazione ininterrotta per tutti
L’educazione ininterrotta in una nuova visione della dialettica studio-lavoro
Rinnovata prassi educativa
Per il senescente di oggi, la gerontogogia
5
262 Il salto nel buio
267 Conclusione
271 BIBLIOGRAFIA
291 INDICE DEI NOMI
295 INDICE GENERALE
Autore e bibliografia essenziale
Franca Pinto Minerva è ordinario di Pedagogia generale e preside della Facoltà di
Lettere e Filosofia dell’Università di Foggia.
Tra i volumi pubblicati: Fondamenti di pedagogia e didattica (Roma-Bari 1994),
Manuale di pedagogia generale (Roma-Bari 2002), Introduzione alla pedagogia
generale (Roma-Bari 2004), L’intercultura (Roma-Bari 2002).
Links
http://www.libreriauniversitaria.it
(Per i testi dell’autrice)
Commento
Note
1
Nel maggio 2001 l'Organizzazione Mondiale della Sanità, partendo dalla revisione della vecchia
classificazione ICIDH, ha pubblicato la "Classificazione internazionale del funzionamento, della salute e
disabilità", l'ICF, che 191 Paesi riconoscono come la nuova norma per classificare salute e disabilità.
Spostando l'attenzione dalle cause all'impatto sul funzionamento della persona, l'ICF rappresenta una
autentica rivoluzione nella definizione e quindi nella percezione della salute e della disabilità.
Evidenziando per la prima volta l’importanza di un approccio integrato, tiene conto dei fattori ambientali,
classificandoli in maniera sistematica; prendendo in considerazione gli aspetti contestuali della persona,
permette inoltre la correlazione fra stato di salute e ambiente arrivando cosi alla definizione di disabilità
come: una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. La disabilità è una condizione che ognuno
può sperimentare durante la propria vita, poiché tutti possono avere una condizione di salute che, in un
contesto ambientale sfavorevole, causa disabilità. L’ICF non classifica le persone, ma gli stati di salute ad
essi correlati.
2
Pinto Minerva F., Educazione e senescenza, Bulzoni Editore, Roma, 1974, p. 88
3
Ibid., p. 79.
4
Ibid., p. 206.
5
Cfr., p. 106-107.
6
Cfr., p. 118.
7
Cfr., p. 134.
6
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