Effetti fisiopatologici della corrente elettrica sul corpo umano La vita è regolata a livello cerebrale, muscolare e biologico da impulsi di natura elettrica. Il cervello è collegato ai muscoli ed a tutti gli organi vitali da una miriade di “circuiti elettrici”, che costituiscono il sistema nervoso, attraverso i quali transitano debolissime correnti fisiologiche che comandano e controllano l’intero organismo. Se alle normali correnti fisiologiche si sovrappongono correnti di origine esterna tutto il delicato sistema risulta turbato con effetti più o meno gravi in funzione degli organi interessati, della intensità di corrente e del tempo in cui dura il contatto con parti in tensione. Gli effetti fisiopatologici della corrente elettrica sul corpo umano sono fondamentalmente 4: • Tetanizzazione; • Arresto della respirazione; • Fibrillazione ventricolare; • Ustioni. Tetanizzazione La tetanizzazione è una paralisi muscolare temporanea che, se perdura nel tempo, può portare a svenimenti, asfissia, collasso e stato di incoscienza. Sotto l’azione degli stimoli elettrici i muscoli si contraggono in modo progressivo (contrazione tetanica) fino alla contrazione completa. Questo stato permane finchè non cessano gli stimoli, dopodichè i muscoli tornano lentamente allo stato di riposo. Il più elevato valore di corrente per cui il soggetto è ancora capace di lasciare la presa della parte in tensione con la quale è in contatto prende il nome di corrente di rilascio. Mediamente la corrente di rilascio in alternata a 50 Hz vale circa 10 mA; in continua la corrente di rilascio vale 100 ÷300 mA. Quindi la corrente continua è meno pericolosa della corrente alternata!!! Arresto della respirazione Correnti superiori alla corrente di rilascio determinano una contrazione dei muscoli addetti alla respirazione o una paralisi dei centri nervosi che sovrintendono alla funzione respiratoria; se la corrente perdura l’infortunato perde conoscenza e può morire soffocato. E’ necessario quindi intervenire entro 3-4 minuti al massimo dopo l’infortunio praticando la respirazione artificiale (respirazione bocca a bocca) per evitare l’asfissia dell’infortunato e lesioni irreversibili al tessuto cerebrale. Fibrillazione ventricolare Alla normale attività elettrica fisiologica corrisponde il pulsare ritmico ed ordinato del muscolo cardiaco che si contrae ritmicamente 60÷100 volte al minuto e sostiene, al pari di una pompa, la circolazione sanguigna; al sopraggiungere di un’azione perturbatrice esterna, le fibrille (fibre muscolari dei ventricoli) vengono sovrastimolate in maniera caotica e iniziano a contrarsi in maniera disordinata provocando una grave aritmia cardiaca detta appunto fibrillazione ventricolare che non è spontaneamente reversibile. E’ determinante in questi casi il tempestivo intervento medico (entro qualche minuto) con apparecchio defibrillatore che utilizza una scarica elettrica violenta ma opportunamente dosata per arrestare la fibrillazione. Ustioni Il passaggio di una corrente elettrica attraverso il corpo umano è ovviamente accompagnato da sviluppo di calore per effetto Joule e quindi da ustioni profonde (e spesso difficili da guarire). Le ustioni peggiori si hanno sulla pelle perché questa presenta una resistività più grande di quella dei tessuti interni inoltre la densità di corrente è maggiore in corrispondenza dei punti di contatto tra corpo umano e parti attive e tra corpo umano e terra. In fig. 1.1 sono indicate 4 zone con le quali sono stati riassunti gli effetti principali prodotti dalla corrente elettrica alternata in funzione del tempo per cui fluisce attraverso il corpo umano. durata del contatto Fig. 1.1 Zone di pericolosità della corrente elettrica alternata (15 –: 100 Hz). (1) Di solito, assenza di reazioni, fino alla soglia di percezione (dita della mano). (2) In genere nessun effetto fisiologico pericoloso, fino alla soglia di tetanizzazione. (3) Possono verificarsi effetti patofisiologici, in genere reversibili, che aumentano con 1’intensità della corrente e con il tempo, quali: contrazioni muscolari, difficoltà di respirazione, aumento della pressione sanguigna, disturbi nella formazione e trasmissione degli impulsi elettrici cardiaci, compresi la fibrillazione atriale e arresti temporanei del cuore ma senza fibrillazione ventricolare. (4) Probabile fibrillazione ventricolare, arresto del cuore, arresto della respirazione, gravi bruciature. Contatti diretti ed indiretti DEFINIZIONI Massa: parte conduttrice , facente parte dell' impianto elettrico, che può essere toccata e che non è in tensione in condizioni ordinarie di isolamento ma che può andare in tensione in caso di un cedimento dell'isolamento principale (in pratica: contenitori metallici delle apparecchiature). Una massa deve essere protetta contro i contatti indiretti. Può diventare una massa anche una parte metallica non destinata a far parte di un impianto elettrico ma che (come un canale metallico portacavi) si trova permanentemente in questa scomoda veste. La dizione “che può essere toccata” significa che non è una massa una parte conduttrice, che può andare in tensione in caso di guasto, interna ad un apparecchio ed accessibile solo dopo aver rimosso un involucro saldamente fissato, in genere rimovibile con l’uso di un attrezzo. Se invece si deve rimuovere l’involucro nel servizio ordinario, ad esempio per compiere operazioni di regolazione, di sostituzione di fusibili, di manutenzione ordinaria ecc. allora la parte in questione diventa di fatto accessibile ed è una massa. Massa estranea: parte conduttrice , che non fa parte dell'impianto elettrico, suscettibile di introdurre il potenziale di terra o altri potenziali pericolosi. Sono considerate esplicitamente dalle norme masse estranee: le tubazioni dell’acqua e del gas allacciate alla rete pubblica di distribuzione, le parti strutturali metalliche degli edifici, le tubazioni e le canalizzazioni del riscaldamento e del condizionamento centralizzato degli edifici, gli schermi metallici dei cavi di telecomunicazione, le armature principali del cemento armato utilizzate nella costruzione degli edifici se, in qualche modo, sono accessibili direttamente o indirettamente. Non costituiscono masse estranee tutte le stutture metalliche che non escono dall’unità di impianto e non possono introdurre il potenziale di terra perché sono isolate da terra (ad esempio la tubazione metallica di un impianto autonomo di riscaldamento, che quindi non è comune a più unità, isolata da terra e collegata metallicamente solo alla massa della caldaia). Contatto diretto: contatto con parte dell'impianto normalmente in tensione (conduttore, morsetto, attacco di una lampada) Contatto indiretto: contatto con una massa o con una parte conduttrice connessa ad una massa (fig. 3.3) Fig. 3.3 Il contatto indiretto è pericoloso quanto il diretto; la percentuale di infortuni elettrici mortali è infatti simile nei due casi. Il contatto indiretto è più pericoloso del contatto diretto. Si può evitare il contatto diretto con una condotta prudente verso l’impianto elettrico, ma è impossibile evitare il contatto con le parti ordinariamente non in tensione perché il contatto con gli apparecchi elettrici e frequentissimo. Dispersore: insieme di conduttori infissi nel terreno destinati a convogliare nel terreno le correnti di guasto Tensione di contatto: tensione effettivamente esistente tra due punti del corpo umano durante un guasto d’isolamento Tensione di contatto a vuoto: tensione (che preesiste al contatto) tra la massa e il punto del terreno occupato dalla persona Tensione totale di terra: tensione tra massa e un punto sul terreno a potenziale zero. In fig. 5.2 è mostrato il circuito di guasto franco (impedenza di guasto trascurabile) a terra in un sistema TT e in fig. 5.3 il circuito elettrico equivalente nell’ipotesi, più sfavorevole, che la persona sia sufficientemente lontana dal dispersore da poter confondere la tensione di contatto a vuoto con la tensione totale di terra per cui la serie di Rc (resistenza del corpo umano) ed Rs (resistenza pavimento, scarpe ecc) è perfettamente in parallelo con RT. Questa ipotesi fornisce risultati cautelativi quando la persona si trova con i piedi in un punto a potenziale diverso da zero; in tal caso infatti, la tensione di contatto a vuoto è minore della tensione totale di terra. Inoltre, per ottenere il circuito di fig. 5.3, sono state trascurate l’impedenza interna del trasformatore e l’impedenza del conduttore di fase che sono molto piccole rispetto alle altre resistenze in gioco. Fig. 5.2: circuito di guasto a terra in un sistema TT. Fig. 5.3: circuito elettrico equivalente. Se si considera che la resistenza Rc+Rs è molto elevata rispetto ad RT, e può quindi essere considerata come un circuito aperto, si può ricavare semplicemente la tensione totale di terra UT applicando la formula del partitore di tensione UT = E RT R T + R TN dove E rappresenta la tensione stellata. (1) Sostituire Rc+Rs con un aperto equivale a considerare la tensione totale di terra non modificata apprezzabilmente dal contatto con la persona; d’altronde anche questa ipotesi è a favore della sicurezza perché l’espressione esatta di UT, ottenuta dal circuito di fig. 5.3, fornisce valori di tensione inferiori a quelli forniti dalla (1). Se si volesse contenere la tensione di contatto a vuoto, che coincide con UT, a valori inferiori alla tensione di contatto limite UL dovrebbe essere: E R U RT < U L ⇒ R T < TN L (E - U L ) R T + R TN (2) Per esempio, in un sistema trifase con E=230 V, in condizioni ordinarie UL=50 V, con una resistenza di terra del neutro RTN=1 Ω si ha RT<0.3 Ω. Non è quindi possibile dal punto di vista pratico limitare la tensione di contatto a vuoto sulle masse, perché non è facile ottenere resistenze di terra così basse negli impianti in bassa tensione. Inoltre, eventuali diminuzioni della resistenza RTN, che non sono note all’utente nei sistemi di distribuzione pubblica, potrebbero pregiudicare la sicurezza facendola dipendere dalle vicissitudini e dalle caratteristiche della rete di distribuzione pubblica in bassa tensione. Poiché quindi si ammette che la tensione di contatto a vuoto Uco possa superare il valore limite convenzionale UL si deve poter limitare il tempo per cui Uco permane in modo da rispettare la curva di sicurezza tensione-tempo. Si deve cioè coordinare la resistenza di terra dell’impianto RT con dei dispositivi in grado di interrompere automaticamente l’alimentazione.. Occorre allora ricorrere agli interruttori differenziali. Si definisce corrente differenziale Id la differenza tra le correnti I1 (con riferimento entrante nel carico) e I2 (con riferimento uscente dal carico) che fluiscono nei conduttori attivi del circuito (Fig. 5.7). In condizioni normali la corrente differenziale è nulla; solo se nel circuito si manifesta un guasto verso terra essa è diversa da zero e coincide con la corrente che si richiude nel terreno Id= I1- I2. I1 I2 Id Fig. 5.7 L’interruttore differenziale è un dispositivo automatico destinato ad aprire automaticamente il circuito quando la corrente differenziale supera un valore di soglia Idn denominato corrente differenziale nominale d’intervento. Il differenziale è schematicamente rappresentato in fig. 5.8. Fig. 5.8: principio di funzionamento di un interruttore differenziale di tipo AC (per correnti alternate sinusoidali). Quando I1≠I2 nel toroide 3 si genera un flusso alternato Φ. Nell’avvolgimento 4 si induce una forza elettromotrice che genera la corrente Is che circola nella bobina di sgancio del relè polarizzato 5. Il relè polarizzato lavora al contrario degli ordinari relè: è costituito da un magnete permanente (N-S) che, nella posizione di ON quando la leva di riarmo 8 pone l’ancora mobile a contatto con i poli, trattiene tale ancora mobile malgrado il contrasto esercitato dalla molla 7. La circolazione della corrente Is riduce il valore dell’induzione (ovviamente in uno solo dei due semiperiodi corrispondenti alla frequenza f) e quindi l’ancora mobile, sollecitata dalla molla, si stacca dai poli provocando lo sgancio dell’interruttore. Il tasto 9 è un tasto di prova che serve a verificare la funzionalità del differenziale e, se azionato periodicamente (il costruttore raccomanda di azionarlo almeno una volta al mese) limita il fenomeno dell’incollamento dei contatti dovuto a ossidazione, residui di lavorazione, presenza di lubrificanti ecc.. Per il coordinamento tra impianto di terra e differenziale deve essere soddisfatta la seguente relazione analoga alla (3): RT ≤ UL I dn (4) I valori di Idn per interruttori differenziali per uso domestico o similare sono i seguenti: 10 mA, 30 mA, 0.1 A, 0.3 A, 0.5 A, 1A. La differenza tra la (3) e la (4) consiste nel valore numerico del denominatore; mentre la corrente I5s dipende dalla corrente nominale In del dispositivo ed è dell’ordine di centinaia di Ampere, la Idn non dipende dalla In e richiede, per il coordinamento con l’impianto di terra, resistenze di terra facilmente realizzabili. Per esempio, se Idn=30 mA, RT deve essere non superiore a 1666 Ω. Anche se in teoria è possibile utilizzare per la protezione dai contatti indiretti differenziali con Idn fino ad 1 A, per la protezione dai contatti diretti sono necessari differenziali ad alta sensibilità (Idn≤30mA) come spiegato in seguito per cui nei centralini d’appartamento sono utilizzati differenziali con Idn=30mA. La caratteristica di intervento del differenziale è tale da soddisfare comunque, per Id>Idn, la curva di sicurezza tensione-tempo.