La figlia del Faraone scese al fiume con le ancelle per fare il bagno

La figlia del Faraone scese al fiume con le ancelle per fare il
bagno; vide il cestello, lo mandò a prendere e vi trovò il
bambino che piangeva. « È un figlio degli Ebrei» comprese,
e ne ebbe compassione
Mosè (prima parte)
Giuseppe e i suoi fratelli morirono. I loro figli e nipoti, gli Israeliti,
vissero in Egitto. Divennero un popolo grande. Trascorse molto
tempo. Un nuovo faraone regnava in Egitto. Egli non sapeva nulla
di quanto Giuseppe era riuscito a fare a favore degli Egiziani nel periodo della
grande carestia. Temeva gli Israeliti e disse: «Essi sono forti. Presto saranno più forti
di noi Egiziani. Ma io lo impedirò ». Dapprima questo faraone costrinse gli Israeliti ai
lavori forzati. Dovevano costruire delle città. Poi comandò che tutti i neonati dei figli
degli Israeliti venissero annegati nel Nilo.
Qualche tempo dopo quest'ordine crudele, in una famiglia nacque un bimbo
maschio, e i suoi genitori cercarono in ogni modo di salvargli la vita; per questo lo
tennero nascosto per tre mesi. Quando non poté più tenerlo nascosto, la madre
prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece per impedire all'acqua di
penetrarvi, vi mise dentro il bambino e lo depose tra i giunchi sulla riva del fiume
Nilo. La sorella del bambino, che era già grandicella, si fermò a distanza per vedere
che cosa sarebbe accaduto. Poco dopo la figlia del Faraone scese al fiume con le
ancelle per fare il bagno; vide il cestello, lo mandò a prendere e vi trovò il bambino
che piangeva. «È un figlio degli Ebrei» comprese, e ne ebbe compassione. La sorella
del bimbo si avvicinò e le disse: «Vuoi che vada a chiamare una balia ebrea, perché
si prenda cura del bambino al posto tuo?» La figlia del Faraone acconsentì: così la
sorella andò a chiamare la madre, e la principessa le affidò il bimbo da allevare. Fu
così che il bambino fu allevato senza pericolo dalla sua stessa madre. Quando fu
cresciuto, ella lo condusse alla principessa, la quale lo adottò come figlio e gli mise
nome Mosè, che significa "salvato dalle acque". Mosè rimase alla corte del Faraone,
dove poté studiare e diventare un uomo molto importante e rispettato: il Signore
Dio lo preparava così a svolgere i grandi compiti che intendeva affidargli.
Gli Ebrei, il popolo d'Israele, si lamentavano fortemente della loro condizione di
schiavi in Egitto. Mosè era molto addolorato al vedere il suo popolo oppresso. Un
giorno vide un egiziano che picchiava un ebreo; si guardò attorno, vide che non c'era
nessuno, e allora uccise l'egiziano e nascose il suo corpo nella sabbia. Il giorno dopo
vide due ebrei che litigavano tra loro; Mosè cercò di farli smettere, ma uno dei due
gli disse: «Tu non sei nostro giudice. Vuoi forse uccidermi, come hai già ucciso
l'egiziano?» Mosè ebbe paura perché pensò: «Il mio segreto è ormai noto a molti!»
Anche il Faraone, infatti, venne a saperlo, e cercò di catturare Mosè per metterlo a
morte. Allora Mosè si allontanò dall'Egitto e fuggì nel deserto. Fu così che Mosè
capitò presso un pozzo, dove difese sette sorelle, che venivano ad abbeverare il loro
gregge, dai soprusi di altri pastori. Riconoscenti, le sorelle lo condussero a casa del
loro padre Ietro, che accolse con gratitudine Mosè e gli diede in sposa una delle sue
figlie. Mosè rimase dunque con letro, e si dedicò a pascolare il suo gregge.
Esodo 1 - 2
Quando si fu avvicinato, sentì una voce provenire dalle
fiamme: «Mosè, Mosè!» «Eccomi!» rispose Mosè.
Mosè (seconda parte)
Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero,
sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al
monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma
di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco,
ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare
questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era
avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose:
«Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo
sul quale tu stai è suolo santo!». E disse:
«Io sono il Signore Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Ho visto le
sventure del mio popolo schiavo in Egitto e ho scelto te per liberarlo. Ti recherai dal
Faraone a dirgli di liberare il mio popolo e lasciarlo partire». Mosè si copri il volto,
perché aveva paura di guardare verso Dio; poi disse: « Chi sono io per andare dal
faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto? » Rispose: «Io sarò con te. Questo sarà
per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo
dall’Egitto, servirete Dio su questo monte ». Mosè disse a Dio: « Che cosa dirò ai figli
di Israele che mi domanderanno il tuo nome? ». E Dio rispose: «Io sono Colui che
sono. Questo è il mio nome. Agli anziani di Israele dirai: Io sono mi manda a liberarvi
e a portarvi a Canaan. Poi vi presenterete al faraone e gli chiederete che Israele
possa andare nel deserto a sacrificare al suo Dio». Egli si opporrà ed io lo punirò.
Allora potrete andare ».
Era una promessa meravigliosa! Ma il popolo avrebbe creduto alla parola di Mosè?
Dio allora trasformò in serpente il bastone d Mosè e lo fece ritornare bastone nella
sua mano; e gli ordinò di rifare quel segno davanti al popolo. Mosè temeva di non
riuscire a dire bene al faraone quello che il Signore voleva da lui. Allora Dio gli indicò
un buon parlatore; era il fratello Aronne. Dio disse, infatti: « Aronne, tuo fratello, sta
venendo incontro a te. Egli parlerà per te; sarà la tua bocca. E tu terrai in mano il
bastone per compiere prodigi ». Dopo questa promessa, Mosè si fece coraggio;
prese la moglie e i figli e partì per l’Egitto. Sippora, però, non se la sentì di
continuare il viaggio e con i bambini ritornò dal vecchio padre. Mosè proseguì fino
all’Oreb, dove incontrò Aronne. Da quel momento, avrebbero lavorato uniti, perché
Dio compisse la liberazione del suo popolo.
Esodo 3 e 4
Dio ordinò ad Aronne di stendere la mano sul Nilo:
saltarono fuori tante e tante rane che tutto l’Egitto ne fu
ricoperto. Invadevano i cortili dove i bambini giocavano ,
entravano nelle case, si infilavano sotto le coperte, si
mescolavano al pane nei forni e nelle madie …
Mosè (terza parte)
Mosè e Aronne radunarono i capi d’Israele, e Aronne riferì
la promessa del Signore di liberarli dalla schiavitù d’Egitto.
Mosè compì davanti a loro le cose meravigliose che Dio gli
aveva dato potere di fare; e i capi ringraziarono Dio che si
era ricordato di loro. Poi Mosè e Aronne andarono a dire al
Faraone: « Il Signore Dio ti ordina: Lascia partire Israele
perché mi celebri una festa nel deserto ».
Il faraone si adirò e disse: « Chi è questo Dio, perché io ascolti e lasci partire quella
gente? ». Egli non volle obbedire al Signore, anzi, pretese che gli operai ebrei si
cercassero la paglia e preparassero lo stesso numero di mattoni.
Il popolo accusò Mosè di avergli aggravato il lavoro. Allora Mosè e Aronne
ritornarono dal faraone per ripetergli il comando del Signore:
« Lascia partire il mio popolo ». Ma il faraone restò fermo nel suo proposito. Allora
Mosè distese la mano e gettò il bastone, ed esso diventò un serpente che divorò
altri serpenti. Il faraone e la corte subirono la sfida ma non si arresero. Un’altra volta
mentre il Faraone scendeva al Nilo, Aronne alzò il bastone, percosse le acque: le
acque dell’Egitto divennero rosse come il sangue e tutti i pesci del fiume morirono. Il
castigo pesò per sette giorni sull’Egitto, ma non piegò il faraone.
Dio ordinò ad Aronne di stendere la mano sul Nilo: saltarono fuori tante e tante rane
che tutto l’Egitto ne fu ricoperto. Invadevano i cortili dove i bambini giocavano ,
entravano nelle case, si infilavano sotto le coperte, si mescolavano al pane nei forni
e nelle madie … Allora il faraone si rivolse a Mosè e promise di mandare libero
Israele se avesse ottenuto la cessazione di quel flagello. Mosè domandò:
« Per quando vuoi questo favore dal mio Dio? ». « Per domani! » - rispose il faraone.
Mosè pregò, e Dio fece cessare quella sventura. « Ora ci lascerà andare! » - dicevano
gli Ebrei.
Il faraone, però, continuò a trattenere Israele.
Avveniva, infatti, che appena sopraggiungeva il castigo il faraone prometteva di
lasciare partire il popolo; ma quando per la preghiera di Mosè, il flagello cessava, il
faraone non manteneva a promessa. Fu allora che Dio mandò la peste per tutto
l’Egitto, e colpì il bestiame piccolo e grosso degli Egiziani. Il faraone mandò i ministri
e vedere che ne era del bestiame degli Ebrei. Essi, molto meravigliati, ritornarono a
riferirgli: « Il bestiame degli Ebrei è rimasto incolume, e se ne sta a pascolo o al
lavoro ».
Il faraone comprese che il castigo veniva dal Signore,ma non cedette neppure
questa volta. Mosè ritornò dal faraone con questa parola del Signore: « Lascia uscire
il mio popolo. Se rifiuterai farò piombare sul paese una nuvola di cavallette ».
Mosè lasciò la reggia e i ministri dissero al faraone: « Lasciali andare! Non vedi che
l’Egitto va in rovina? ».
Allora il faraone fece venire Mosè e Aronne e ordinò: «Andatevene! Però, partirete
soltanto vuoi uomini ». Mosè si indignò e, giunto fuori dalla città, stese la mano: le
cavallette vennero dall’est e mangiarono il tutto e non rimase una foglia verde.
Chiamati in fretta Mosè e Aronne, il faraone disse: « Ho peccato contro Dio e contro
di voi. Perdonatemi! E pregate il Signore che ci liberi di questa sventura ».
Mosè pregò, e Dio volse il vento verso il Mar Rosso.
Esodo 5; 7-10
Al tramonto del giorno 14, tutte le famiglie immolarono
l’agnello e lo arrostirono al fuoco, e col sangue aspersero gli
stipiti delle porte; la notte, stando in piedi come se
dovessero partire, mangiarono l’agnello con pani azzimi ed
erbe amare.
Mosè (quarta parte)
Quei castighi non bastarono! E Dio colpì l’Egitto con la morte
dei suoi primogeniti. Gli Ebrei, invece, avevano avuto da Dio
l’ordine di celebrare la Pasqua. Già il giorno 10 del mese di
Nisan si erano procurati un agnello, maschio e senza difetto;
al tramonto del giorno 14, tutte le famiglie immolarono
l’agnello e lo arrostirono al fuoco, e col sangue aspersero gli
stipiti delle porte; la notte, stando in piedi come se dovessero partire, mangiarono
l’agnello con pani azzimi ed erbe amare. Era la Pasqua del Signore! Egli stava
passando e colpiva ogni primogenito d’Egitto; ma oltrepassava le porte degli Ebrei,
segnate col sangue dell’agnello, e la morte non entrò. Nel mezzo della notte un
grido di dolore si alzò dal’Egitto: erano morti tutti i primogeniti, dal figlio del faraone
a quello schiavo.
Allora il faraone fece venire Mosè e gli disse: « Andate, celebrate la festa al vostro
Dio. E prendete pure il vostro bestiame piccolo e grosso ».
E gli ebrei partirono da Ramses con carri e bestiame. Gli uomini portavano sulle
spalle la pasta non ancora lievitata; le donne custodivano i doni preziosi degli
Egiziani, e Mosè portava le ossa di Giuseppe. Quella fu una notte di veglia per il
Signore; e Israele la rivivrà ogni anno , per sempre, per ricordare che il suo Dio è il
solo Dio che salva.
Dio camminava davanti al suo popolo, e manifestava la sua presenza nella colonna
di nube che di giorno indicava la via e di notte rischiarava il cammino. Dio guidò
Israele per la strada del deserto che conduceva al Mare dei Giunchi, o Mar Rosso.
Arrivati a Sukkot, gli Ebrei si accamparono. Erano stanchi e affamati e anche tristi
per tutto quello che avevano dovuto lasciare. Per sfamarsi, fecero cuocere la pasta
in piccole forme di focacce non lievitate. La sosta fu breve: preceduti dalla colonna
di fuoco, essi ripresero il cammino e raggiunsero Etam.
Esodo 11- 13
Allora Mosè alzò il bastone e stese la mano sul mare. Subito
si levò un forte vento di oriente; il mare si prosciugò e le
acque si diviserò. Ecco, il Signore aveva aperto una strada
nel mare per far passare il popolo che si era scelto.
Mosè (quinta parte)
Gli Ebrei poi si diressero verso sud e, giunti davanti a BaalSefòn, si accamparono sulla riva del Mar Rosso.
Ancora un poco e gli Ebrei sarebbero stati liberi.
Ma il faraone si era già pentito e attaccato il cocchio, con i
soldati e i carri di guerra si era messo ad inseguire i figli di
Israele.
Li raggiunse mentre erano accampati lungo il mare. Quando
gli Ebrei videro dietro di loro gli Egiziani, pensarono di non aver più via di scampo.
Allora invocarono il Signore e dissero a Mosè:
« Perché ci hai fatto uscire dall’Egitto? Te lo dicevamo: lasciaci servire gli Egiziani!
Erano meglio essere schiavi che morire nel deserto ».
Mosè gridò forte perché tutto Israele lo udisse: « Non abbiate paura! Resistete! Oggi
vedrete il Signore che verrà a liberarvi. Gli Egiziani ce sono laggiù, non li vedrete mai
più. Il Signore combatterà per voi; restate calmi! ».
In quel momento, la colonna di nube si mosse e andò a mettersi dietro Israele ed era
luminosa, mentre dalla parte degli Egiziani era tenebrosa. Così questi non poterono
avvicinarsi ad Israele. Allora Mosè alzò il bastone e stese la mano sul mare. Subito si
levò un forte vento di oriente; il mare si prosciugò e le acque si diviserò. Ecco, il
Signore aveva aperto una strada nel mare per far passare il popolo che si era scelto.
Gli Ebrei avanzarono nell’asciutto in mezzo al mare, rischiarati dalla colonna di
fuoco, mentre le acque, come una muraglia, stavano alla loro destra e alla loro
sinistra. Dio combatteva per i figli di Israele; a gli Egiziani si ostinarono ad inseguirli,
ed entrarono anch’essi nella strada aperta nel mare.
Sul far dell’alba, l’acqua riprese a scorrere, impedendo ai carri degli Egiziani di
avanzare.
« Fuggiamo! – dissero – perché il Signore combatte per Israele contro di noi! ».
Dio allora ordinò a Mosè: « Stendi la mano sul mare! ». E le acque ritornarono sul
guado e sommersero i carri e i cavalieri. Non se ne salvò neppure uno.
Gli Israeliti raggiunsero esultanti l’alta sponda. La gioia di essere stati salvati era così
grande che improvvisarono un bellissimo canto al Signore.
Maria, sorella di Mosè, e le altre donne danzavano suonando tamburelli e
rispondendo in coro: « Cantate al Signore perché sublime trionfa: cavallo e cavaliere
Egli gettò nel mare ».
Ora davanti ad Israele c’era solo il deserto roccioso … Mancava l’acqua e quella che
trovarono a Mara era tanto amara. Il popolo si irritò contro Mosè: « Che berremo,
ora? Qui ci farete morire di sete! ». Allora Mosè prese un ramo di un certo albero e
lo gettò nell’acqua, ed essa diventò dolce. Giunti a Elim, trovarono acqua sorgiva e
tanta ombra.
Esodo 14 - 15
Gli ebrei compresero che Dio di prendeva cura di loro.
Mosè (sesta parte)
Nel deserto di Sin, Dio provò Israele con la fame. «Fossimo
morti in Egitto! – mormoravano gli Ebrei. Là c’erano pane e
carne in abbondanza ». Il Signore disse a Mosè di rassicurare
il popolo: «La sera avrete carne e la mattina avrete pane; e
conoscerete che io sono il Signore, vostro Dio ». Quella sera,
fitti stormi di quaglie migratrici si posarono
sull’accampamento e la mattina seguente una specie di coriandolo ricopriva il suolo
intorno.
« Sarà questa la manna? » - si domandavano gli Ebrei.
« È il cibo che il Signore vi dà! – disse Mosè. La mattina ne raccoglierete la porzione
di un giorno. Il sesto giorno ne raccoglierete il doppio perché il settimo giorno è il
sabato, sacro al Signore ».
A Refidim, Israele dubitò dell’amore di Dio e disse: « Ma il Signore Dio è davvero in
mezzo a noi? … Su mostracelo: dacci da bere! ».
Mosè vide che se la prendevano con Dio, e pregò: « Vieni in mio aiuto, Signore! Che
cosa posso fare io? Se non darai loro l’acqua, mi lapideranno ».
Il Signore disse a Mosè: « Su, prendi con te alcuni dei capi d’Israele e va. Con il tuo
bastone percuoti la roccia dell’ Oreb: ne scaturirà dell’acqua e il popolo berrà ».
Mosè percosse la roccia, e l’acqua sgorgò a fiotti. Gli ebrei compresero che Dio di
prendeva cura di loro. Ne ebbero un’altra prova quando Amalek li assalì e Giosuè
poté sconfiggerlo per la preghiera di Mosè.
Esodo 16 -17
E Dio diede a Mosè i comandamenti della sua alleanza.
Mosè (settima parte)
Quando Israele giunse al Sinai, Dio parlò a Mosè: « Di’ ai figli
d’Israele: Avete visto che io vi ho portato fuori dall’Egitto
come l’aquila porta i suoi piccoli alle ali. Ora voglio fare un
patto con voi. Se lo osserverete, diventerete il mio popolo
preferito. Sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa. ».
Mosè riferì la parola di Dio e il popolo proclamò: « Noi faremo
tutto quello che il Signore vuole ». E si preparò a ricevere la
legge del Signore. Il terzo giorno ci fu un fragore di tuoni e lampi; il monte fumava e
la vetta era coperta da densa nube. Mosè condusse il popolo fino alle falde del
mondo incontro a Dio; poi da solo risalì verso la vetta.
E Dio diede a Mosè i comandamenti della sua alleanza:
« Io sono il Signore, tuo Dio!
Non avrai altro Dio di fronte a me.
Non ti farai nessuna immagine per adorarla.
Non pronunziare invano il nome del Signore tuo Dio.
Ricordati di santificare il sabato.
Onora tuo padre e tua madre.
Non uccidere. Non commettere adulterio.
Non rubare. Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la roba degli altri.
Non desiderare la moglie del tuo prossimo ».
Israele accettò la legge e Mosè lo asperse, dicendo: « Ecco il sangue con il quale
stringiamo alleanza con il Signore, sulla base di queste parole ».
Esodo 19-20;24
« Ecco il tuo Dio Israele, colui che ti ha fatto uscire dal
paese di Egitto. Domani faremo festa in onore del Signore ».
Il giorno dopo Israele celebrò una festa solenne attorno al
vitello d’oro, e ci furono sacrifici e banchetti con suoni e
danze.
Mosè (ottava parte)
Mosè risalì sul monte Sinai e rimase a lungo con il Signore. Il
popolo che era desideroso di continuare il viaggio, si strinse
ad Aronne e lo pregò con insistenza:
« Facci un dio che continui a camminare davanti a noi;
perché di Mosè non sappiamo nulla ». Aronne cedette: si
fece portare gli orecchini d’oro, li fece fondere e rivestì di
metallo una immagine di vitello; poi lo presentò al popolo:
« Ecco il tuo Dio Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto. Domani
faremo festa in onore del Signore ». Il giorno dopo Israele celebrò una festa solenne
attorno al vitello d’oro, e ci furono sacrifici e banchetti con suoni e danze.
Il Signore vide che il popolo aveva già dimenticato le promesse fatte e disse a Mosè:
« Scendi! Il popolo ha peccato.
Ecco: li distruggerò e da te trarrò una grande nazione ». Mosè supplicò il Signore:
« No, non fare questo male al tuo popolo, ti prego! ».
Dio amava Mosè e ascoltò la preghiera. Allora Mosè scese verso l’accampamento
portando in mano le Tavole dell’ Alleanza, sulle quali erano scritti i dieci
comandamenti; ma visto il vitello e le danze, scagliò le Tavole ai piedi del monte e le
spezzò perché Israele aveva rotto il patto con il Signore. Poi, afferrò l’idolo, lo bruciò
e ridusse in polvere.
« Signore, - disse Mosè – se mi ami, ritorna a camminare in mezzo al tuo popolo. È
gente di testa dura, è vero; ma tu perdona! E fa’ di noi il tuo popolo ».
Dio allora scrisse su altre due tavole le parole dell’alleanza, e le consegnò a Mosè.
Egli ridiscese dal Monte Sinai con le tavole dell’alleanza rinnovata per presentarle a
Israele. Ma siccome il viso di Mosè era raggiante di luce, Aronne e gli altri ebbero
paura di avvicinarsi a lui. Egli, allora, li chiamò a sé e comunicò loro gli ordini del
Signore. Quando ebbe finito di parlare si coprì il volto con un velo, e lo toglieva
allorché entrava nella tenda a parlare con Dio.
Esodo 32;34
Nella parte più interna della Dimora, Mosè pose un cofano
di acacia rivestito d’oro dentro e fuori: era l’arca che
conteneva le Tavole dell’Alleanza. A copertura dell’arca
depose una lastra d’oro detta Propiziatorio; su di esso
stendevano le loro ali due cherubini d’oro. L’Arca era come
il trono visibile di Dio: da qui Egli manifestava a Mosè la
sua volontà.
Mosè (nona parte)
Dio aveva dato a Mosè anche altre leggi perché Israele si
costituisse come popolo del Signore. Gli ordinò inoltre di
erigergli un Santuario portatile. Il popolo offrì con
generosità oro, argento, pietre e tessuti preziosi per rendere
bello il luogo dove avrebbe abitato la gloria di Dio. Gli artisti
fabbricarono le parti del Santuario e ciò che occorreva al
culto del Signore. Quando tutto fu pronto, Mosè eresse il Santuario.
Esso si estendeva su uno spazio rettangolare, delimitato da colonne e tendaggi,
tessuti dalle donne. Qui Mosè eresse la dimora, che era una impalcature di legno
coperta da una Tenda di teli pesanti, tessuti con pelo di capra, con bisso, con
porpora. Nella parte più interna della Dimora, Mosè pose un cofano di acacia
rivestito d’oro dentro e fuori: era l’arca che conteneva le Tavole dell’Alleanza. A
copertura dell’arca depose una lastra d’oro detta Propiziatorio; su di esso
stendevano le loro ali due cherubini d’oro. L’Arca era come il trono visibile di Dio: da
qui Egli manifestava a Mosè la sua volontà. La Dimora venne divisa in due parti per
mezzo di un velo posto davanti all’Arca. Al di qua del velo Mosè introdusse la Mensa
dei pani, il Candelabro d’oro e l’Altare dei profumi. Nell’Atrio davanti alla Dimora,
collocò l’Altare degli olocausti e la conca per le abluzioni.
Mosè consacrò i sacerdoti che avrebbero offerto il sacrificio quotidiano dell’agnello
e dell’incenso. Fece venire Aronne e i suoi quattro figli: Nadab, Abiu, Eleàzaro e
Itamàr, e li lavò. Rivesti Aronne, che era il sommo sacerdote, della tunica di bisso, gli
cinse la cintura, gli pose il manto di porpora, l’Efod tessuto d’oro e il pettorale, sul
quale dodici pietre preziose recavano incisi i nomi delle dodici tribù d’Israele. Gli
pose in capo il turbante di bisso e lo fermò con il Diadema, sul quale era inciso:
« Sacro a Dio ». Poi unse con l’olio e consacrò la Dimora e Aronne. Quindi rivestì di
tuniche anche i figli di lui, li cinse e legò i berretti sul loro capo.
Aronne svolgeva il servizio nel luogo santo aiutato dai sacerdoti, cui era affidato
l’incarico degli Altari e del Candelabro d’oro che erano nella Dimora, al di qua del
velo. Le lampade del candelabro dovevano ardere di continuo dalla sera alla
mattina, per ricordare davanti al Signore i figli d’Israele. Per questo gli Ebrei fecero a
gara nell’offrire l’olio d’oliva puro, che doveva alimentare le lampade. Ai sacerdoti
era riservato il gradito ufficio di bruciare i profumi aromatici sull’altare d’oro e di
rinnovare ogni sabato i dodici pani, che deponevano sulla Mensa, davanti al Signore,
perché rappresentassero le dodici tribù d’Israele.
Anche altri Leviti, che non erano sacerdoti, aiutavano nel servizio del Signore. Il loro
aiuto diventava concreto quando la nube, che ricopriva la Dimora, si alzava: era ora
di levare l’accampamento e di mettersi in cammino. Allora i Leviti smontavano il
Santuario, e ognuno si caricava gli oggetti che aveva in custodia.
Aronne e i suoi figli, invece, ricoprivano con drappi gli oggetti che erano nella
Dimora, perché i Leviti, trasportando le cose sante, non le toccassero. Agli squilli
delle trombe d’argento le dodici tribù si disponevano in ordine di marcia: i Leviti di
Kehat trasportavano le cose sante, preceduti da sei tribù e seguiti da altre sei.
Il Signore voleva che i sacerdoti de Santuario gli volessero bene e lo servissero con
diligenza, osservando le disposizioni che egli aveva dato. Un giorno, però, Nadab e
Abiu avevano messo nell’incensiere un fuoco che non avevano preso dall’altare degli
olocausti, vi avevano sparso sopra dei profumi aromatici ed erano entrati ad offrirlo
davanti al Signore. Il Signore non gradì il profumo che Nabad e Abiu gli bruciavano;
anzi, mandò un fuoco che si appiccò alle loro vesti e li fece morire. Aronne e gli altri
suoi figli si spaventarono, ma compresero che bisognava servire Dio con grande
fedeltà e purezza, perché Egli è santo.
I figli di Israele celebravano tante belle feste in onore del Signore, prime fra tutte la
Pasqua. Celebravano anche la festa dell’espiazione, nella quale avveniva un fatto
straordinario: il Sommo sacerdote, Aronne, oltrepassava il velo ed entrava nel Santo
dei Santi, davanti al Signore. Là chiedeva perdono al Signore dei propri peccati e di
quelli dei figli d’Israele, aspergendo col sangue la copertura dell’Arca. Ritornato
nell’atrio, Aronne posava le mani su un capro, gli addossava i peccati della comunità
e lo mandava nel deserto perché fosse lasciato libero. Quel gesto voleva dire che i
peccati non c’erano più e il Signore aveva perdonato davvero il suo popolo.
Dai libri del Levitico e Numeri.
Alzò la mano, percosse due volte la roccia e vi fu acqua per
la comunità e tutto il bestiame. Ma in quella occasione Mosè
e Aronne non glorificarono il Signore. E Per questo motivo
anche essi non entrarono nella terra promessa ad Abramo,
Isacco e Giacobbe.
Mosè (decima parte)
Gli israeliti, a tappe, giunsero a Kades, nel deserto di Paran,
dove soggiornarono lunghi anni. Mosè scelse dodici capi, uno
per ogni tribù, e li mandò ad esplorare il paese di Canaan. Essi
vagarono nel paese per quaranta giorni, e quando fecero
ritorno alla comunità, raccontarono che nel Canaan c’erano
Amaleciti, Gebusei e Cananei; che le città erano fortificate e
belle; che la terra era irrigata e feconda. E come prova
mostrarono un grosso grappolo d’uva, che avevano portato in due e infilato a una
stanga, e melograni e i fichi, che quella terra produceva. Ma qualcuno di loro disse
che quegli uomini erano giganti così forti che nessuno li avrebbe vinti. A questa
notizia, gli Ebrei si ribellarono a Mosè. Il Signore si manifestò nella nube davanti a
tutto il popolo e disse a Mosè: « Stanno mormorando che li farai morire nel deserto;
ebbene: io farò quello che hanno detto: tutti gli adulti morranno in questo deserto;
invece i vostri bambini entreranno nel paese che voi avete disprezzato ».
Il popolo fu turbato per questa parola del Signore, e un gruppo di uomini volle
andare a combattere contro gli Amaleciti e i Cananei. Mosè li ammoni: « Voi sarete
sconfitti, perché Dio non è con voi ».
L’arca dell’Alleanza non si mosse. E gli Ebrei furono battuti e respinti in Kades.
Spesso gli Israeliti dimenticavano che Dio li amava. Avvenne anche a Kades. E allora
minacciarono Mosè perché non avevano acqua da bere. Mosè consultò il Signore,
poi convocò la comunità davanti alla roccia e disse: « Ascoltate, ribelli! Vi faremo noi
forse uscire acqua da questa roccia? ».
Alzò la mano, percosse due volte la roccia e vi fu acqua per la comunità e tutto il
bestiame. Ma in quella occasione Mosè e Aronne non glorificarono il Signore. E Per
questo motivo anche essi non entrarono nella terra promessa ad Abramo, Isacco e
Giacobbe.
Queste sono le acque di Merìba, dove gli Israeliti litigarono con il Signore e dove egli
si dimostrò santo in mezzo a loro.
Numeri 13-14;20
In quei giorni sbucarono dalla roccia dei serpenti e con il
loro morso velenoso uccisero molti Ebrei.
Mosè (undicesima parte)
Quando partirono da Kades, Mosè chiese al re di Edom, che
discendeva da Esaù, il fratello di Giacobbe, di poter
attraversare il suo territorio.
Ma il re non diede il permesso di passare. Allora gli Israeliti si
avviarono al monte Hor. Là Aronne morì. Mosè unse
Eleazaro Sommo Sacerdote. Ripresa poi la marcia nel
deserto per aggirare Edom, mormorarono ancora perché
non c’era né acqua, né cibo. In quei giorni sbucarono dalla roccia dei serpenti e con
il loro morso velenoso uccisero molti Ebrei. Il popolo comprese che quello era un
richiamo di Dio, e si pentì del suo peccato. Dio lo perdonò e volle che Mosè
innalzasse un serpente di rame, promettendo di lasciare in vita chi avesse guardato
quel segno.
Numeri 20
Balaam si avviò ugualmente verso Moab, ma l’asina
s’impuntava, ed egli la spinse con forza.
Mosè (dodicesima parte)
Israele nella sua marcia di decenni verso il Canaan, aveva
vinto Seor, re degli Amorrei e Og, re di Basan, e si era
impadronito dei loro territori. Balak, re di Moab, temette la
stessa fine e mandò a chiamare l’indovino Balaam affinché
maledicesse Israele. Ma Dio disse a Balaam: « Tu non
maledirai quel popolo, perché è già benedetto! ». Balaam si
avviò ugualmente verso Moab, ma l’asina s’impuntava, ed egli
la spinse con forza. Quando vide dall’alto l’accampamento d’Israele, esclamò:
« Io lo contemplo, ma non da vicino: un astro punta da Giacobbe e uno scettro sorge
da Israele ».
E Dio liberò Israele dalla vendetta del re Balak.
Poi Mosè salì sul monte Nebo e il Signore gli mostrò tutta la
terra di Canaan: dal nord a sud, e gli disse: « Questo è il
paese che ho giurato di darvi. Te l’ho fatto vedere, ma tu no
vi entrerai ».
Mosè (tredicesima parte)
Israele era giunto alle soglie della terra promessa e Mosè lo
radunò per dargli l’ultimo addio e disse: « Sono ormai vecchio e
il Signore mi ha detto: Tu non passerai questo Giordano! Il
Signore Dio sarà colui che passerà davanti a voi e vi guiderà alla
conquista delle nazioni. Il Signore vi farà padroni di quelle terre.
Non temete; fatevi coraggio, perché il Signore non vi
abbandonerà ».
Poi chiamò Giosuè, al quale aveva già imposto le mani affinché guidasse Israele, e gli
disse: « Sii forte! Tu entrerai con questo popolo, nel paese che il Signore giurò di
darvi. Il Signore cammina davanti a te. Sii coraggioso! ».
Poi Mosè salì sul monte Nebo e il Signore gli mostrò tutta la terra di Canaan: dal
nord a sud, e gli disse: « Questo è il paese che ho giurato di darvi. Te l’ho fatto
vedere, ma tu no vi entrerai ».
Mosè, amico del Signore e guida di Israele, morì in quel luogo, nel paese di Moab, e
fu sepolto nella Valle.
Israele fece lutto e lo pianse per trenta giorni. Non è più sorto in Israele un profeta
simile a Mosè, perché solo con lui Dio parlava faccia a faccia. Poi Giosuè, figlio di
Num e aiutante di Mosè, che era pieno di saggezza, si pose alla guida di Israele, per
introdurlo nella terra promessa.
Deuteronomio 31;34