L’Incoronazione della Vergine di Nicola Malinconico nella chiesa dello Spirito Santo di Sant’Antimo In uno dei numerosi giornali copia polizze dell’antico Banco napoletano del Salvatore, attualmente conservati nell’Archivio Storico del Banco di Napoli, alla data del 13 di settembre del 1708 leggiamo: «Ad Oratio Turco d. venti e per esso al Conte Nicola Malinconico e sono a compimento di d. duecento per lo quadro fatto all’Intempiatura della Venerabile Chiesa dello Spirito Santo della terra di S. Antimo ...». Attraverso il documento è ora possibile riferire al pittore napoletano Nicola Malinconico, e non già a Luca Giordano come fin qui riportato dalle fonti locali, la grande tela raffigurante l’Incoronazione della Vergine che si osserva ancora nel cassettonato della chiesa dello Spirito Santo a Sant’Antimo. Nell’accusare ricevuta della somma, il Malinconico, dopo aver ricordato di «esser Intieramente sodisfatto della pittura dello soffitto di detta Intempiatura ... come anco ... di tutto l’oro (che aveva probabilmente richiesto come sfondo alla sua tela) per causa [della stessa] ..., dichiara di non avere a «pretendere da detta Venerabile Chiesa cosa alcuna, sotto qualsiasi altro colore come di disegni o viaggi in carrozza, essendo da lui (il Turco, rappresentante in quella contingenza dell’università, cioè del comune di Sant’Antimo, sotto il cui patronato era ed è tuttora la chiesa) intieramente soddisfatto …». Il tema dell’Incoronazione della Vergine è uno dei temi maggiormente esaltati dalla devozione perché oltre a costituire la scena finale dei cicli iconici dedicati alla vita di Maria, è generalmente utilizzato, in chiave allegorica, per esaltare la gloria della Chiesa, anche qui (come nella rappresentazione della Pentecoste) personificata dalla Madonna. Nella tela, che ricorda molto da vicino nell’impianto formale l’analoga composizione realizzata dallo stesso pittore per la soffittatura della volta centrale della chiesa dell’Annunziata a Marcianise, Maria è rappresentata, secondo quella che è la versione più comune del tema, mentre, contornata da nubi, è trasportata nella gloria divina da cori di angeli e di putti. La scena culmina nella SS. Trinità con Cristo che pone sul capo della Vergine la corona. Manca rispetto alla tela marcianisana, invece, la schiera degli apostoli genuflessi, intenti in una sacra conversazione. Il Malinconico, oggetto di una frammentaria presentazione biografica del De Dominici - segnata, peraltro, da tutta una serie di riferimenti negativi a causa probabilmente dell’antagonismo manifestato dal pittore verso il Solimena, oltremodo apprezzato, invece, dal biografo napoletano - fu allievo prima del padre Andrea, poi del Giordano, e prima ancora di questi del pittore di natura morta, Andrea Belvedere, cui è ispirata d’altronde gran parte della sua produzione giovanile. Per il resto ci limiteremo a evidenziare solo la sua propensione naturalistica e abilità di frescante essendo impossibile elencare in questa sede, il gran numero di dipinti che egli realizzò non solo per le chiese di Napoli (Croce di Lucca, Santa Maria la Nova, Donnalbina, SS. Apostoli, etc.) e dintorni (Caivano, Chiesa di S. Pietro; Capri, Certosa) ma anche per le chiese della Puglia (Mottola, Cattedrale; Cutrofiano, Matrice), del Lazio (Gaeta, S. Caterina), della Calabria, della Sicilia e della lontana Bergamo (tele in Santa Maria Maggiore). Franco Pezzella N. Malinconico, Incoronazione della Vergine, Sant'Antimo, Chiesa dello Spirito Santo