INDICE GENERALE Home Unità di misura Capitolo 1 1.1 Il Campo elettrico 1.2 Il campo magnetico 1.3 Energia e potenza 1.4 Equazioni di Maxwell Capitolo 2 2.1 Circuiti a parametri concentrati 2.2 Circuiti lineari tempo-invarianti 2.3 Bipoli lineari tempo-invarianti e relazioni costitutive 2.4 I principi di Kirchhoff 2.5 Collegamento di resistorii 2.6 Partitori resistivi di tensione e di corrente 2.7 Calcolo di resistenze equivalenti nel caso generale 2.8 Collegamento di condensatori 2.9 Collegamento di induttori 2.10 Generatori equivalenti 2.11 Generatore equivalente di Thevenin e Norton 2.12 Reti equivalenti di componenti attivi 2.13 Determinazione della corrente in reti resistive mediante Thevenin e Norton 2.14 Teorema di Millmann per reti resistive 2.15 Bipoli lineari tempo-varianti 2.16 Bipoli non lineari 2.17 Densità di energia 2.18 Induttanza del cavo coassiale e della linea bifilare Capitolo 3 3.1 Generalità 3.2 Definizioni relative alla teoria dei grafi 3.3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico mediante i principi di Kirchhoff 3.4 Il teorema di Tellegen 3.5 Il metodo delle correnti di maglia 3.6 Il metodo delle tensioni di taglio 3.7 Il metodo del potenziale di nodo Capitolo 4 4.1 Risoluzione delle equazioni del circuito 4.2 Richiami sulla soluzione classica delle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti 4.3 Determinazione delle condizioni iniziali 4.4 Determinazione dell'ordine di una rete 4.5 Le variabili di stato 4.6 Circuiti del I° ordine Pagina 1 4.7 Soluzione dell'equazione di stato per circuiti del I° ordine 4.8 Circuiti con t< 0 (circuiti instabili) 4.9 Circuiti del II° ordine 4.10 Soluzione dell'equazione di stato per circuiti del II° ordine 4.11 Circuiti di ordine n Capitolo 5 5.1 Generalità sul funzionamento a regime dei circuiti 5.2 Il regime sinusoidale 5.3 Metodo trigonometrico 5.4 Il metodo fasoriale 5.5 Applicazione del metodo fasoriale alla risoluzione dei circuiti 5.6 Bipoli elementari 5.7 Definizione di ammettenza, conduttanza, suscettanza 5.8 Circuiti mutuamente accoppiati 5.9 Potenza ed energia 5.10 Potenza ed energia nei circuiti magneticamente accoppiati 5.12 Il teorema di Boucherot 5.13 Il rifasamento Capitolo 6 6.1 La trasformata unilatera di Laplace (t.d.L.) 6.2 Proprietà della trasformata di Laplace 6.3 Antitrasformata di Laplace TAB.6.1 PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI LAPLACE TAB. 6.2 TRASFORMATE DI LAPLACE 6.4 Risoluzione delle equazioni integro-differenziali mediante la t.d.L. 6.5 Confronto tra metodo classico e t.d.L 6.6 Applicazione della t.d.L. alla risoluzione dei circuiti 6.7 Perché usare la t.d.L. unilatera anziché quella bilatera 6.8 Perché usare 0- nella trasformata di Laplace 6.9 Determinazione della risposta di un circuito lineare mediante la t.d.L 6.10 Funzione di rete 6.11 Funzione di rete come L-trasformata della risposta impulsiva 6.12 Semplificazioni poli-zeri 6.13 Stabilità 6.14 Il principio di sovrapposizione degli effetti nei circuiti L-trasformati 6.15) Teoremi relativi alle reti lineari 6.16 Il teorema di Millmann 6.17 Considerazioni sulla determinazione della f.d.t. 6.18 Risposta a regime e risposta transitoria 6.19 Circuiti del I° ordine 6.20 Circuiti del II° ordine 6.21 Poli dominanti 6.22 Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione 6.23 Metodo algebrico per la determinazione della stabilità Capitolo 7 7.1 Sviluppo in serie di Fourier 7.2 Serie di Fourier finita 7.3 Simmetrie 7.4 Spettri di ampiezza e fase 7.5 Serie di Fourier esponenziale 7.6 Grandezze tipiche di tensioni e correnti sinusoidali 7.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche 7.8 Potenza nei circuiti alimentati con ingressi periodici 7.9 Distorsione introdotta dal circuito 7.10 Trasformata di Fourier Capitolo 8 8.1 Introduzione 8.2 Risposta in frequenza e mappa dei poli-zeri 8.3 Frequenza di taglio e banda passante 8.4 Circuiti equivalenti di induttori e condensatori reali 8.5 Circuiti risonanti 8.6 Energia nei circuiti risonanti 8.7 Diagrammi di Bode 8.8 Tracciamento dei diagrammi di Bode Capitolo 9 9.1 Generalità 9.2 Collegamento delle fasi dei generatori 9.3 Collegamento delle fasi dei carichi 9.4 Potenza nei sistemi simmetrici ed equilibrati 9.5 Rifasamento nei sistemi simmetrici ed equilibrati 9.6 Sistemi trifase simmetrici e squilibrati 9.7 Sistemi asimmetrici e squilibrati 9.8 Potenza nei sistemi asimmetrici e squilibrati 9.9 Misura della potenza attiva nei sistemi a tre fili 9.10 Rifasamento dei carichi trifase nel caso generale 9.11 Linee trifasi Capitolo 10 10.1 Generalità e definizioni 10.2 Collegamento di doppi bipoli 10.3 Doppi bipoli con porta di uscita chiusa su un carico 10.4 Teorema del massimo trasferimento di potenza 10.5 Doppi bipoli come adattatori di impedenza Appendice A A.1 Funzione a gradino unitaria A.2 Funzione a rampa A.3 Funzione impulsiva A.4 Derivazione delle funzioni continue a tratti A.5 Derivazione della funzione impulsiva A.6 Derivazione della funzione a rampa Appendice B B.1 Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione B.2 Interpretazione grafica dell'integrale di convoluzione B.3 Calcolo della risposta forzata scomponendo in gradini dell'ingresso Appendice C C.1 Risposta libera CAPITOLO 1 1.1 Il Campo elettrico Si consideri una carica di prova q, caricata positivamente, e si ponga in varie regioni dello spazio; in quelle regioni in cui sulla carica q viene esercitata una forza si dice che esiste un campo elettrico. Il campo elettrico è definito dunque come una regione dello spazio in cui si manifestano delle forze sulla carica di prova q. Detta Q la carica che ha provocato il campo elettrico, e detta d la distanza tra Q e q, quest'ultima tale da non modificare il campo elettrico prodotto da Q, la forza che si manifesta ha le seguenti caratteristiche: − direzione: quella della congiungente le due cariche: − verso: di attrazione se Q è negativa, di repulsione se Q è positiva (accade il contrario se q e' negativa). − intensità: data dalla legge di Coulomb e vale: F= 1 Qq 4 πε d 2 (1.1) con ε costante dielettrica dipendente dal mezzo nel quale è presente il campo elettrico (per il vuoto vale ε0= 8,854 ⋅10-12 F/m). Spostando la carica di prova in tutto lo spazio circostante Q si evidenzia il campo elettrico, le cui linee di forza (direzioni tangenti alla forza agente). Nel caso in cui il campo elettrico sia generato da una carica a simmetria sferica, come mostrato in fig. 1.1, le linee di forza sono radiali. Le superfici normali in ogni punto alle linee di forza sono dette superfici equipotenziali; in fig.1.1 tali superfici sono sferiche. q + A F > B Q Fig 1.1 Campo elettrico prodotto da una carica Q a simmetria sferica. 2 Cap. 1 Richiami di elettrologia Il lavoro compiuto dalle forze del campo per spostare la carica q dal punto A al punto B, vedi fig. 1.1, vale: L AB = ∫ xB xA Fdx = ∫ xB xA 1 Qq dx 4πε x 2 in cui xA e xB sono le distanze tra i punti A e B e la carica Q. Risolvendo si ha: Qq = − 4πε L AB 1 x xB = xA Qq 1 1 − 4πε x A x B (1.2) Indicando con: E= 1 Qq 4πε x (1.3) l'energia potenziale si ha anche: L AB = E A − E B Si osservi che EA > EB, pertanto lo spostamento della carica per effetto delle forze prodotte dal campo elettrico avviene da punti a energia potenziale maggiore verso punti a energia potenziale minore; lo spostamento tra punti appartenenti ad una superficie equipotenziale avviene con lavoro nullo. Nelle considerazioni finora svolte risulta evidente la similitudine tra campo elettrico e campo gravitazionale. Si definisce intensità del campo elettrico la quantità: K= 1 Q F = 4πε x 2 q (1.4) Vale inoltre la relazione(Teorema di Gauss): ∫ εK ⋅ nds = Q S in cui Q è la carica racchiusa dalla superficie chiusa S. Il campo elettrico è un vettore avente le stesse caratteristiche della forza F. Si definisce differenza di potenziale (d.d.p.) tra due punti A e B la quantità: x VAB L AB E A E B 1 Q B 1 Q 1 = VA − VB = = − = − ∫ 2 dx = 4 πε x x 4 πε x A x B q q q (1.5) A Per quanto detto in precedenza, lo spostamento della carica avviene da punti a potenziale più alto (VA) verso punti a potenziale più basso (VB). Portando il punto B all'infinito si ha: Q Q 1 = VA 0 dx = − x A 4 πεx 2 4 πε x A VA∞ = VA − V∞ = ∫ ∞ (1.6) Dalla (1.6) si ottiene la definizione di potenziale di un punto A che risulta essere il lavoro fatto dalle forze del campo per spostare la carica q dal punto A all'infinito diviso la carica stessa. Il potenziale è definito dalla relazione: 3 Cap.1 Richiami di elettrologia V = − ∫ K ⋅ dx (1.7) sostituendo la (1.4) nella (1.7) si ha: V= Q + cos tan te 4πεx Il potenziale è quindi definito a meno di una costante, tale costante viene fissata scegliendo un punto di riferimento; se si sceglie come riferimento un punto all'infinito, con V∞= 0, la costante è nulla. Se assumiamo come riferimento un punto K al quale si attribuisce potenziale nullo risulta: Cos tan te = Vk − Q Q =− 4 πεx K 4 πεx K Poiché ciò che interessa non è il potenziale ma la differenza di potenziale, la scelta del riferimento risulta ininfluente. Dalla (1.7) si ha: K=− dV dx (1.8) Si chiama generatore di tensione una apparecchiatura in grado di stabilire una d.d.p. (o tensione) ai suoi terminali. Applicando una d.d.p. alle estremità di un conduttore (si rimanda al corso di Fisica per la definizione di conduttore, semiconduttore, isolante) si ottiene uno spostamento di cariche elettriche, ossia una corrente elettrica. La corrente elettrica è data dalla relazione: i= dq dt (1.9) Nonostante che la corrente sia dovuta ad un flusso di elettroni, si assume convenzionalmente come verso della corrente quello che avrebbero le cariche positive. Nei generatori viene indicato con un + o con un pallino l'estremità dal quale esce la corrente (per i generatori per i quali la d.d.p. cambia segno il morsetto positivo indica l'estremità dalla quale esce la corrente quando è positiva). Dalla (1.9) si ha: t 0 t t −∞ −∞ 0 0 q ( t ) = ∫ idt = ∫ idt + ∫ idt = q( 0) + ∫ idt (1.10) essendo q(-∞)=0. Si definisce densità di corrente J la quantità: J= dI ds (1.11) Sperimentalmente si ha: dI = σK ⋅ nds = J ⋅ nds (1.12) La densità di corrente è quindi una grandezza vettoriale legata al campo elettrico dalla relazione: 4 Cap. 1 Richiami di elettrologia J = σK = 1 K ρ ( 1.13) in cui σ è la conducibilità e ρ la resistività del materiale. La densità di corrente è un vettore solenoidale, ossia: ∫ J ⋅ nds = 0 (1.14) La relazione (1.14) indica che le linee del campo di J sono chiuse, ossia in una superficie chiusa entrano tante linee di forza quante ne escono. Dalle (1.7) e (1.13), supponendo ρ indipendente dalla corrente, si ha: VAB = ∫ xB xA Kdx = ∫ xB xA ρJdx = x B dx I ρ dx =I ∫ ρ xA xA S S ∫ xB Alla quantità: xB R=∫ ρ xA dx S (1.15) si da il nome di resistenza elettrica. Tenendo conto della (1.15), per la d.d.p tra i punti A e B si trova: VAB = RI (1.16) La (1.16) è detta legge di Ohm ed esprime il legame esistente tra la d.d.p. alle estremità di un conduttore e la corrente che lo attraversa. Per un conduttore di lunghezza e sezione costante S, la (1.15) diviene: R=ρ S (1.17) Si chiama condensatore una apparecchiatura costituita da due superfici conduttrici (armature), separate da un isolante (dielettrico). Se ad un condensatore si applica la d.d.p. V, esso si carica con carica Q. Si definisce capacità del condensatore il rapporto: C= Q V (1.18) Dalla (1.10), supponendo la capacità indipendente dalla tensione e dal tempo, si ha: v( t ) = Q 1 t 1 t = idt = v(0) + idt C C −∞ C 0 ∫ ∫ (1.19) ed anche: i(t ) = C dv dt (1.20) 1.2 Il campo magnetico Il campo magnetico è una zona dello spazio in cui un ago magnetico è sottoposto a forze che lo orientano in una determinata direzione. Il campo magnetico può essere generato con materiali particolari (magneti permanenti) o con una corrente. Consideriamo il secondo caso; il legame tra corrente e campo magnetico H è espresso dalla relazione (Legge di Ampere): 5 Cap.1 Richiami di elettrologia ∫ H ⋅ dx = I (1.21) c la quale esprime il fatto che la circuitazione di H lungo un percorso chiuso è pari alla corrente racchiusa da tale percorso. Per un filo rettilineo lungo, la (1.21) diviene (legge di Biot-Savart): H= I 2πr (1.23) in cui si è assunto come percorso di circuitazione una circonferenza concentrica con il conduttore di raggio r percorso dalla corrente I. Per il caso considerato le linee di forza del campo magnetico sono anch'esse circonferenze concentriche con il conduttore. H H a) b) Fig. 1.2 Campo magnetico prodotto da un conduttore rettilineo percorso da corrente entrante a) uscente b) La direzione del campo magnetico è tangente alle linee di forza, il verso è determinato con una delle note regole (mano destra, cacciavite ecc.). Le linee di forza del campo magnetico sono chiuse, a differenza di quelle del campo elettrico che sono aperte. Si definisce induzione magnetica la quantità: B = µH (1.23) in cui µ è la permeabilità magnetica; essa ha valore costante nel vuoto (4π10-7H/m), per i materiali diamagnetici e paramagnetici, mentre varia con H nei materiali ferromagnetici. Si definisce flusso di B: Φ = ∫ B ⋅ ndS S (1.24) Per quanto affermato riguardo alle linee di forza di H e quindi di B si ha inoltre: ∫ B ⋅ ndS = 0 (1.25) Una spira (o un qualunque altro circuito) concatenato con un flusso ϕc variabile nel tempo è sede di una forza elettro motrice (f.e.m.) data da: e=− dϕ c dt (1.26) Nella (1.26) il segno negativo significa che, se la spira è chiusa, la corrente circolante prodotta dalla variazioni di flusso ha verso tale da annullare tali variazioni (Legge di Lentz), Si definisce coefficiente di autoinduzione o induttanza il rapporto: L= ϕc i (1.27) 6 Cap. 1 Richiami di elettrologia in cui ϕc è il flusso concatenato con il circuito e prodotto dalla corrente che circola nel circuito stesso. (Il flusso concatenato con un solenoide di N spire è N volte quello concatenato con una spira). Se L non dipende dalla corrente e dal tempo, in virtù della (1.27) la (1.26) diviene: e = −L di dt (1.28) Si definisce coefficiente di mutua induzione il rapporto: M= ϕc i (1.29) in cui ϕc è il flusso che si concatena con un circuito ed è prodotto dalla corrente i che circola in un altro circuito posto in prossimità del primo. Per M indipendente da corrente e tempo si ha: e = −M di dt (1.30) La (1.28) e la (1.30) sono dette rispettivamente forza elettromotrice di auto e di mutua induzione. Nel caso in cui il flusso concatenato sia dovuto all'effetto combinato di auto e mutua induzione si ha: di 2 di 1 e = − L ±M dt dt (1.31) in cui vale il segno positivo se il flusso di mutua è concorde con quello di auto, il segno negativo se è discorde. Dalla (1.7) si ha: ∫ K ⋅ dl = 0 ∫ per circuiti non concatenati con flusso (1.32) dϕ K ⋅ dl = e = − c per circuiti concatenati con flusso dt Dalle (1.21) e (1.23) si ha: Ic = Φ B ∫ µ dl = ∫ µS dl Se il flusso è costante in tutte le sezioni si ha: I c = Φ∫ dl = Φℜ µS (1.33) La (1.33) è detta legge di Hopkinson. Si chiama riluttanza la quantità: ℜ= dl ∫ µS (1.34) 7 Cap.1 Richiami di elettrologia Per un avvolgimento di N spire percorso dalla corrente I si ha: Ic = NI , la legge di Hopkinson diviene quindi: NI = ℜΦ (1.35) Si osservi la similitudine formale tra le (1.15) e (1.34) e tra le (1.16) e (1.35) in cui si hanno le seguenti corrispondenze. VAB → NI R → ℜ I → Φ 1.3 Energia e potenza Dalla definizione di d.d.p. si ottiene la definizione di energia elettrica come: t t 0 0 w = ∫ vdq = ∫ vidt (1.36) Per la potenza elettrica si ha: p= dw = vi dt (1.37) Nella TAB. 1.1 sono riportate le unità di misura delle grandezze elettriche che sono state definite nel presente capitolo. Nella TAB. 1.2 sono riportati i principali multipli e sottomultipli. 1.4 Le equazioni di Maxwell Il teorema di Gauss, la seconda delle (1.32), la (1.25) e la (1.21) costituiscono le equazioni di maxwell in forma integrale. Esse sono: Q ∫SK ⋅ nds = ε 0 = ∫ K ⋅ dl = e = − 1 ε0 ∫v ρ c dv (1.38) dϕ c ∂ = − ∫ B ⋅ nds dt ∂t s (1.39) ∫ B ⋅ ndS = 0 (1.40) ∂ ∫ B ⋅ dl = µ 0 (I + I s ) =µ 0 ∫sJ ⋅ nds + µ 0 ∂t ∫sε 0 K ⋅ nds (1.41) Nelle relazioni precedenti ρ c è la densità di carica volumetrica e Is è la corrente di spostamento. Tale corrente, per la cui definizione si rimanda ai libri di fisica, tiene conto dei fenomeni che avvengono all'interno dei dielettrici in seguito ad una variazione di campo elettrico (ad es. durante la fase di carica e di scarica di un condensatore). 8 Cap. 1 Richiami di elettrologia TAB. 1.1 GRANDEZZA UNITA' DI MISURA SIMBOLO Forza Carica Capacità Costante dielettrica Lavoro Potenza Energia potenziale Campo elettrico Corrente Densità di corrente Conducibilità Resistività Resistenza Campo magnetico Induzione magnetica Permeabilità Flusso Induttanza Coeff. di mutua induzione Riluttanza newton coulomb farad farad/metro joule watt joule volt/metro ampere ampere/metro2 (ohm metro)-1 ohm metro ohm ampere/metro weber/metro2 henry/metro weber henry henry henry-1 N C F F/m J W J V/m A A/m2 Ω-1m-1 Ωm Ω A/m Wb/m2 H/m Wb H H H-1 TAB. 1.2 FATTORE PREFISSO SIMBOLO 1012 109 106 103 102 10 10-1 10-2 10-3 10-6 10-9 10-12 10-15 Tera Giga Mega Kilo etto deca deci centi milli micro nano pico femta T G M K h da d c m µ n p f CAPITOLO 2 2.1 Circuiti a parametri concentrati Con la teoria dei circuiti si studiano i circuiti a parametri concentrati, ossia quei circuiti in cui i parametri R, L, M, C in generale distribuiti su tutta l'estensione del circuito vengono concentrati in un punto. Questa approssimazione vale solo sotto determinate condizioni. La propagazione dei fenomeni elettrici avviene sotto forma di onde elettromagnetiche che si propagano alla velocità della luce c = 3⋅105 Km/s; il tempo di transito di tali fenomeni su una distanza d è data dalla relazione: t = d/c (2.1) Considerando variazioni periodiche di periodo T, il tempo di transito deve essere confrontato con T. Solo nel caso in cui risulti: t << T si possono trascurare i fenomeni propagativi ed il circuito può essere rappresentato a parametri concentrati. 0 λ x a) 0 t T b) Fig. 2.1 Onda elettromagnetica a); grandezza elettrica b). Poiché T è anche il tempo impiegato a percorrere una lunghezza d'onda λ si ha: (2.2) T = λ/c la relazione t << T diviene allora: d << λ (2.3) 10 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive L'approssimazione a parametri concentrati è accettabile quando le dimensioni del circuito sono molto minori della lunghezza d'onda delle onde elettromagnetiche. Poiché vale anche la relazione: λ = c/f (2.4) si deduce che quanto maggiore è la frequenza di lavoro tanto minori debbono essere le dimensioni del circuito affinché esso possa essere rappresentato a parametri concentrati. Esempio 2.1 Si consideri un circuito che lavori alla frequenza f = 25kHz, si ha: λ = c/f ≅ 12 Km Per un circuito che lavora alla frequenza di 50Hz si ha: λ = 3 ⋅105/50 =6 ⋅103 Km In questo caso, poiché T = 0,02 s, accettando verificata la relazione t << T per t =0,01T, si avrebbe: d = t ⋅ c = 0,01 T ⋅ c = 0,01 c/f = 0,01 λ = 60 km 2.2 Circuiti lineari tempo-invarianti Per analizzare un circuito elettrico, ed anche qualunque altro sistema, deve essere scritto un sistema di equazioni, in genere integro-differenziali che costituiscono il modello matematico del circuito; se tali equazioni sono di tipo lineare il circuito è detto circuito lineare, se inoltre i coefficienti delle equazioni non dipendono dal tempo, il circuito è detto lineare tempo-invariante. Per i circuiti che soddisfano le condizioni precedenti le equazioni che costituiscono il modello matematico sono del tipo: v( t ) = α i( t ) + β di + γ i( t ) dt dt (2.5) in cui α, β, γ, sono costanti. Un circuito lineare soddisfa il principio di sovrapposizione degli effetti, il quale afferma che in un circuito inizialmente a riposo( condizioni iniziali nulle) la risposta del circuito a più ingressi (generatori) può essere determinata sommando le risposte ottenute considerando i generatori agenti singolarmente nel circuito. Un circuito tempo-invariante soddisfa la proprietà di traslazione nel tempo di causa ed effetto, ossia, se i(t) è la risposta all'ingresso v(t), allora i(t-τ) è la risposta all'ingresso traslato v(t-τ). 2.3 Bipoli lineari tempo-invarianti e relazioni costitutive Nei circuiti a parametri concentrati le resistenze dei circuiti e le zone in cui si svolgono i campi elettrici e magnetici vengono confinati in elementi circuitali, resistori, induttori, condensatori, aventi come parametro, resistenza, induttanza, capacità (nel linguaggio comune si identificano spesso, impropriamente, tali elementi circuitali con i propri parametri, si parla cioè di induttanza invece che di induttore etc.) Ogni elemento circuitale a due terminali è detto bipolo e le relazioni che, per tale bipolo, legano tensione e corrente vengono dette relazioni costitutive. 11 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive 2.3.1 Resistore Il legame tra tensione e corrente è espresso dalla relazione: v = Ri = 1 i G (2.6) in cui R è la resistenza e G la conduttanza del resistore. Vale: R=1 G (2.7) Per l'energia e per la potenza si ha: w= t 0 Ri 2dt (2.8) p( t ) = Ri 2 (2.9) Nella fig. 2.2a) è indicato il simbolo circuitale del resistore. A B R A B a) b) B A c) Fig. 2.2 Simbolo circuitale del resistore a); circuito aperto b); corto circuito c). Un circuito aperto ha resistenza R = ∞ , un corto circuito ha resistenza R = 0. 2.3.2 Induttore Il legame tensione-corrente è espresso dalla relazione: v( t ) = L di dt (2.10) Si osservi che rispetto alla (1.28) è cambiato il segno, ciò poiché con v(t) si indica la caduta di tensione e con e(t) la f.e.m. indotta . Dalla (2.10) si ha anche: i( t ) = 1 L t −∞ v( t )dt = 1 L 0 −∞ v( t )dt + 1 t 1 t v( t )dt = i(0) + v( t )dt L 0 L 0 (2.11) La (2.11) mostra che per conoscere la corrente i(t) all'istante t è necessario conoscere il valore i(0) all'istante iniziale; per questo motivo si dice che l'induttanza è un elemento con memoria. L'energia entrante nell'induttanza nell'intervallo [ t 1 , t 2 ] è: w [t 1 , t 2 ] = t2 t1 v( t )i( t )dt = t2 t1 L i(t 2 ) di 1 1 i( t )dt = Li( t )di = Li 2 ( t 2 ) − Li 2 ( t 1 ) i ( t ) 1 dt 2 2 (2.12) La potenza vale: p ( t ) = v ( t ) i ( t ) = Li ( t ) di dw ( t ) = dt dt (2.13) La (2.12) mostra che l'energia entrante nell'induttore dipende solo dai valori iniziali e finali della corrente e non dall'andamento della corrente. Ciò è tipico dei fenomeni conservativi (si pensi ad esempio all'energia potenziale e cinetica della fisica). L'induttore 12 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive può immagazzinare e successivamente restituire energia (senza dissipazione) ed è per questo detto elemento reattivo. In fig. 2.3 a) è riportato il simbolo circuitale dell'induttore. a) C b) L Fig. 2.3 Simbolo circuitale dell’induttore a) e del condensatore b). 2.3.3 Induttori mutuamente accoppiati Nelle figg. 2.4 a) e b) sono rappresentati due circuiti mutuamente accoppiati. In tali circuiti i pallini hanno il seguente significato: se le correnti sono entrambe entranti o uscenti dai morsetti contrassegnati con i pallini i flussi di autoinduzione e di mutua induzione sono concordi, in caso contrario sono discordi. Risulta evidente che qualora fosse noto il circuito fisico, e quindi il senso di avvolgimento, una volta assegnato il verso della corrente si potrebbero determinare i versi dei flussi di auto e di mutua induzione senza dover ricorrere ai pallini. Questi ultimi sono invece rappresentati sul circuito elettrico equivalente partendo proprio da quello reale. i 1 v1 i2 L1 L2 Μ 1 v1 v2 L1 a) 2 L2 Μ v2 b) Fig. 2.4 Circuiti mutuamente accoppiati con M > 0 a) e M < 0 b). Le equazioni costitutive per i circuiti mutuamente accoppiati rappresentati in fig. 2.4 a) e b) sono: - caso a v1 ( t) = L1 di 1 di 2 +M dt dt (2.14) v 2 ( t) = L 2 di 2 di 1 +M dt dt (2.15) v1 ( t) = L1 di 1 di 2 −M dt dt (2.16) v 2 ( t) = L 2 di 2 di 1 −M dt dt (2.17) - caso b) Per l'energia, procedendo come in precedenza e supponendo nulli i valori delle correnti per t = 0, si ha: w(t) = t 0 [v ( t)i ( t) + v 1 1 2 1 2 1 2 ( t ) i 2 ( t ) ]dt = L 1 i 12 + L 2 i 22 ± M i 1 i 2 (2.18) 13 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Nella (2.18) il segno positivo è relativo al caso a), quello negativo al caso b). Vale ovviamente quanto detto a proposito degli induttori non accoppiati riguardo alla conservazione dell'energia. 2.3.4 Condensatore Per la tensione e la corrente del condensatore valgono le seguenti relazioni: v( t ) = 1 C i( t ) = C t −∞ i( t ) dt = v( 0) + 1 C t 0 i( t ) dt (2.19) dv dt (2.20) L'energia entrante nel condensatore nell'intervallo [ t 1 , t 2 ] è: [ ] w t1, t 2 = t2 t1 v( t ) i( t ) dt = t2 t1 Cv( t ) dv dt = dt d 1 2 1 1 Cv dt = Cv 2 ( t 2 ) − Cv 2 ( t 1 ) t 1 dt 2 2 2 (2.21) t2 Poiché questa energia è di tipo conservativo (il condensatore immagazzina energia in fase di carica e la restituisce in fase di scarica) e la conoscenza della tensione all'istante t è subordinata alla conoscenza della tensione all'istante iniziale, il condensatore, come l'induttanza, è un elemento reattivo con memoria. Il simbolo circuitale del condensatore è rappresentato in fig. 2.3 b). 2.3.5 Generatori indipendenti 2.3.5 a) Generatori di tensione I generatori ideali di tensione impongono alle loro estremità una differenza di potenziale v(t) indipendente dalla corrente che li attraversa. Nelle fig. 2.5 a),b),c), sono rappresentati rispettivamente il simbolo circuitale del generatore di tensione, il legame tensione corrente (caratteristica esterna), ed il simbolo utilizzato nella letteratura anglosassone. Α a) e Β v e Α b) i e + _ Β c) Fig. 2.5 Simbolo circuitale del generatore ideale di tensione a), sua caratteristica esterna b), simbolo circuitale anglosassone c). Un generatore di tensione avente tensione nulla è equivalente ad un corto circuito (il corto circuito tra due punti A e B si ottiene collegando i due punti con un conduttore di resistenza nulla); nel seguito con l'espressione " disattivare un generatore di tensione" si intende l'operazione di sostituzione del generatore con un corto circuito. Questa operazione, puramente teorica, non coincide con quella pratica di cortocircuitare il generatore, in quest'ultimo caso si avrebbe infatti una corrente infinita. 14 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive i Α i= 0 Α R v R v=0 Β v Β Β a) i= Α b) c) Fig. 2.6 Generatore ideale di tensione chiuso su una resistenza a); generatore ideale disattivato b); generatore cortocircuitato c) In pratica è impossibile realizzare un generatore ideale, infatti esso presenta sempre parametri interni, R, L, C, che rendono la tensione alle estremità dipendente dalla corrente che li attraversa. In fig. 2.7 è rappresentata un generatore di corrente continua e la sua caratteristica esterna. . Α + e_ r v + i v R e ri _ v Β a) b) v r i Fig. 2.7 Batteria a) e sua caratteristica esterna b). Per i = 0 si ha v = e (funzionamento a vuoto, ossia con circuito esterno interrotto), per v = 0 si ha: icc =e/r (funzionamento in corto circuito). Il generatore di tensione rappresentato in fig.2.7 a) è un generatore di tensione continua, ossia costante nel tempo. Il segno + indica il morsetto a potenziale più elevato. In generale la tensione del generatore non è costante nel tempo; il pallino di fig. 2.6a) indica il morsetto dal quale esce la corrente quando la tensione è positiva. Con l'espressione "disattivare un generatore ideale di tensione" si intende l'operazione di sostituzione del generatore con un corto circuito (si deve però mantenere l'elemento circuitale che rappresenta il parametro interno). 2.3.5 b) Generatori di corrente I generatori di corrente ideali impongono una corrente, indipendente dalla tensione, Α Α v + v j j _ a) Β j b) i Β c) Fig. 2.8 Simbolo circuitale del generatore ideale di corrente a); caratteristica esterna b); simbolo utilizzato nella letteratura anglosassone c) nel circuito in cui operano. In fig. 2.8 sono rappresentati i simboli circuitali e la caratteristica esterna del generatore ideale di corrente. Un generatore di corrente con corrente nulla equivale ad un circuito aperto. Nel seguito 15 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive con l'espressione "disattivare un generatore di corrente" si intende sostituire il generatore con un ramo aperto come illustrato in fig. 2.9. Β Α a) A B i=0 i b) Fig. 2.9 Generatore di corrente attivato a) e disattivato b). I generatori reali hanno parametri interni R, L, C. In fig. 2.10 a) è rappresentato il caso particolare in cui il generatore abbia solo resistenza interna r, in fig. 2.10 b) è riportata la sua caratteristica esterna. v Α i + j r v R rj i1 i _ Β a) b) j i Fig. 2.10 Generatore reale di corrente a) e sua caratteristica esterna b). Con resistenza esterna R = 0 (funzionamento in corto circuito) si ha i(t) = j(t), con R = ∞ (funzionamento a vuoto) i(t) = 0. La potenza relativa ad un generatore di tensione o di corrente vale: p(t) = v(t) i(t) essa risulta positiva se erogata, negativa se assorbita (in quest'ultima condizione il generatore funziona da motore o da batteria che si carica). Nel caso di generatori di corrente continua la potenza risulta negativa se la corrente entra dal morsetto contrassegnato con il + (generatori di tensione) o se (per i generatori di corrente) la tensione ostacola il passaggio di corrente( ossia presenta una polarità contraria a quella di fig. 2.10 a)). NOTA: Con il termine potenza erogata dal generatore si intende la potenza che viene trasferita agli utilizzatori. Con potenza generata si intende invece la somma della potenza erogata e di quella dissipata all'interno del generatore. I due termini coincidono per i generatori ideali. 2.3.5 c) Trasformazione di generatori di tensione in generatori di corrente e viceversa Si consideri il circuito di fig. 2.11 a), in cui un generatore ideale di tensione alimenta un generico utilizzatore, rappresentato con un rettangolo, con una tensione v(t) che determina una corrente i(t). Per l'utilizzatore non cambia niente se il generatore di tensione è sostituito con un generatore di corrente, come mostrato in fig. 2.11 b), che fornisce una corrente pari a i(t) e determina la stessa v(t) ai terminali dell'utilizzatore. È ovviamente vero anche il contrario. 16 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive i i + + v e v j _ _ a) b) Fig. 2.11 Generatore di tensione a); generatore corrente equivalente b). La sostituzione, sempre agli effetti esterni al generatore, può essere effettuata anche per generatori reali. Nella fig. 2.12 sono riportati alcuni tipi di generatori di tensione e gli equivalenti di correnti. + L R i v _ i' i e i C i j R e e i j i' i j L i' C Fig. 2.12 Generatori di tensione ed equivalenti di corrente. a) Generatore di tensione con resistenza interna R v=e−Ri i= e v − = j−i R R a cui corrisponde il generatore di corrente avente: e j= R (2.23) Viceversa per il generatore di tensione equivalente a quello di corrente di corrente si ha: e=Rj (2.24) b) Generatore con induttanza interna L v= e−L di dt i= j= Partendo dal generatore di corrente: 1 1 edt − vdt = j − i L L 1 edt L e=L (2.25) dj dt (2.26) c) Generatore con capacità interna C v = e− 1 idt C i=C de dv −C = j−i dt dt j=C de dt (2.27) 17 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Partendo dal generatore di corrente: e= 1 C (2.28) jdt 2.3.6 Generatori dipendenti ( o pilotati o controllati) Molti dispositivi elettronici possono essere modellati con equazioni in cui le tensioni e/o le correnti dipendono da tensioni e/o correnti in altre parti del circuito. La rappresentazione di questi dispositivi nei circuiti è ottenuta mediante generatori detti dipendenti (o pilotati o controllati), poiché la loro tensione o corrente dipende da quella in altri rami. I vari tipi di generatori controllati e le rispettive relazioni costitutive sono: Generatori di tensione controllati in tensione; Generatori di tensione controllati in corrente Generatori di corrente controllati in tensione; Generatori di corrente controllati in corrente. e=µv e = rm i j = gmv j = αi (2.29) (2..30) (2..31) (2..32) in cui µ ed α sono grandezze adimensionali, rm e gm hanno dimensioni di resistenza e conduttanza. I simboli circuitali utilizzati sono riportati in fig. 2.13 j e a) b) Fig. 2.13 Generatori dipendenti di tensione, a) e di corrente b) 2.4 I principi di Kirchhoff 2.4.1 I° principio di Kirchhoff Applicando la (1.14) alla parte di circuito (insieme di taglio) delimitato dalla superficie chiusa S di fig. 2.14 , si ha: i5 i1 i5 n i4 i1 i4 S i3 i2 a) i2 i3 b) Fig. 2.14 Applicazione del primo principio di Kirchhoff alle superfici chiuse a) e ai nodi b). 18 S Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive J x n dS = J 1 x n dS + J 2 x n dS + ⋅⋅⋅⋅ + J 5 x n dS = −i1 + i 2 − i 3 − i 4 + i5 = 0 S S S (2.33) Dalla (2.33) si trova che la somma algebrica delle correnti relative alla superficie chiusa S (o all'insieme di taglio relativo) è nulla. Lo stesso risultato si ottiene se l'insieme di taglio contiene rami convergenti in un punto detto nodo. Si ha quindi: I° principio di Kirchhoff: la somma algebrica delle correnti in una superficie chiusa, in un insieme di taglio, in un nodo è nulla. Si noti che sommare algebricamente le correnti significa attribuire un segno alle correnti, tale segno dipende dall'orientamento della normale n, con le convenzioni di fig. 2.14 risultano positive le correnti uscenti dalla superficie (o dal nodo) e negative quelle entranti. 2.4.2 II° principio di Kirchhoff Applicando la relazione (1.32) al circuito di fig. 2.15 (maglia), supponendo dl orientato in senso orario, si ha: L1 R2 D C B i4 i3 i2 L2 C dl i5 G F i A E R1 e2 e1 1 Fig. 2.15 Circuito al quale si applica il II principio di Kirchhoff. B C D E F G A A B C D E F G K x dl = K x dl + ... + ... + ... + ... + ... + ... = ( VA − VB ) + + ( VB − VC ) + ( VC − VD ) + ( VD − VE ) + ( VE − VF ) + ( VF − VG ) + ( VG − VA ) = = VAB + VBC + VCD + VDE + VEF + VFG + VGA = 0 (2.34) Dalla (2.34) si ha: II Principio di Kirchhoff: in una maglia la somma algebrica delle differenze di potenziale è nulla. Sostituendo nella (2.34) le relazioni costitutive relative ai vari elementi e tenendo conto dell'orientamento del dl e i versi delle correnti, si ha: − di di 1 i 2 dt + L1 3 + R 2 i 3 − L 2 4 − e1 + R 1i1 − e 2 = 0 C dt dt (2.35) da cui: e1 + e 2 = R 1i1 − di di 1 i 2 dt +R 2 i 3 + L1 3 − L 2 4 C dt dt (2.36) Il secondo principio di Kirchhoff può anche essere enunciato nel seguente modo: stabilito il verso di percorrenza della maglia, la somma algebrica delle forze elettro 19 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive motrici (f.e.m.) in essa agenti, prese con segno positivo se tendenti a far circolare corrente concorde al verso di percorrenza (in termini pratici significa incontrare prima il morsetto negativo), negativo in caso contrario, è uguale alla somma algebrica delle cadute di tensione, prese con segno positivo se provocate da correnti concordi al verso di percorrenza, negativo in caso contrario. 2.4.3 Calcolo delle differenze di potenziale( d.d.p.) Si supponga ad esempio di voler calcolare la d.d.p. tra i punti B e F del circuito rappresentato in fig. 2.15. Si ha: VBF = VBC + VCD + VDE + VEF = VBA + VAG + VGF (2.37) Sostituendo: VBF = L 1 di 3 di 4 1 + R 2i3 − L2 + e2 = i dt + e 1 − R 1 i 1 dt dt C 2 (2.38) La d.d.p. tra due punti si ottiene sommando algebricamente le d.d.p. sui singoli elementi, prese con segno positivo se provocate da correnti concordi con il verso di percorrenza, con segno negativo in caso contrario; le f.e.m. sono prese con segno positivo se si incontra prima il morsetto positivo( contrassegnato con il + o con il pallino) nello spostamento tra primo e secondo punto, con segno negativo in caso contrario. Contrassegnando con segno positivo le estremità a potenziale più elevato sia per elementi attivi che passivi (si ricordi che la corrente va da potenziale più alto a potenziale più basso), le d.d.p. sui singoli elementi vanno prese con segno positivo se nello spostamento si incontra prima il segno +. In fig. 2.16 sono riportati quattro esempi in cui è illustrato quanto detto in precedenza. A A A A + R _ i e + i e _ R _ R + i e + R _ i e B vAB = B vAB = _ Ri + e B vAB = _ Ri _ e B vAB = Ri + e Ri _ e Fig. 2.16 Calcolo della d.d.p. VAB in vari casi 2.4.4 L'operatore D L’operatore D viene utilizzato per comodità di scrittura per indicare le operazioni di derivata e di integrale, si pone infatti: D= Risulta: d dt 1 = D dt 20 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive D⋅ 1 d = D dt 1 ⋅D = D dt = 1 d dt ≠ 1 dt 2.5 Circuiti equivalenti Un qualunque bipolo può essere sostituito con un bipolo equivalente, ossia con un bipolo che alimentato con la stessa tensione assorba la stessa corrente, se alimentato con la stessa corrente produca la stessa caduta di tensione alle sue estremità. + v _ i + v _ B i B' Fig. 2.17 Bipoli equivalenti. L'equivalenza vale agli effetti esterni, all'interno dei bipoli sono presenti elementi che assorbono correnti o provocano cadute di tensione diverse. Determiniamo ora i bipoli equivalenti per alcuni casi particolari. 2.5.1 Resistori collegati in serie Due o più resistori si dicono in serie quando sono attraversati dalla stessa corrente. In fig. 2.18 sono rappresentati tre resistori collegati in serie. A C B R1 R2 D A D R eq R3 a) b) Fig. 2.18 Resistori in serie a) e resistore equivalente b). Si osservi che anche le resistenze R1 e R 8 di fig. 2.19 sono attraversate dalla stessa corrente(sottolineiamo stessa corrente infatti resistenze attraversate da correnti uguali non è detto che siano in serie) R2 A i R1 R4 R6 R3 B R5 R8 i R7 Fig. 2.19 Insieme di taglio con due terminali contenenti resistenze R1 e R8 in serie. In generale quando si può costruire un insieme di taglio con due soli terminali, le eventuali resistenze presenti su tali terminali sono in serie. Applicando il II principio di Kirchhoff al circuito di fig. 2.18 a), si ha: VAD = VAB + VBC + VCD = R1 i +R2 i +R3 i = ( R1 +R2+R3 ) i = R eq i In generale: 21 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive n R eq = (2.39) Ri 1 Più resistori in serie sono equivalenti ad un resistore di resistenze pari alla somma delle resistenze dei singoli resistori. 2.5.2 Resistori collegati in parallelo Due o più resistori si dicono in parallelo quando sono sottoposti alla stessa d.d.p. In fig. 2.20 a) sono rappresentati tre resistori collegati in parallelo. i1 R1 i2 R2 A i i3 B A B i v R3 v a) R eq b) Fig. 2.20 Resistenze in parallelo a) e resistenza equivalente b). Si osservi che risultano in parallelo anche le resistenze R1 e R2 di fig. 2.21 a e b ). A A D C R1 a) E D C R2 B R1 R2 B b) Fig. 2.21 Circuiti con due resistenze, R1 e R2 , in parallelo In generale se in circuito si può individuare una maglia in cui solo due rami contengono resistenze (e gli eventuali altri rami siano cortocircuiti), le resistenze di tali rami risultano in parallelo. Applicando il I principio di Kirchhoff al circuito di fig. 2.20 a) si ha: i = i1 + i 2 + i 3 = v da cui: R eq = In generale: 1 1 1 v + + = R1 R 2 R 3 R eq 1 1 1 1 + + R1 R 2 R 3 (2.40) (2.41) 22 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive 1 R eq = (2.42) 1 1 Ri n In termini di conduttanza si ha: n G eq = 1 (2.43) Gi Nel caso in cui tutte le resistenze siano uguali la resistenza e la conduttanza equivalente valgono: R eq = R n G eq = n ⋅ G (2.44) Nel caso di due resistenze in parallelo si ha anche: R eq = R1 ⋅ R 2 R1 + R 2 (2.45) 2.5.3 Collegamenti a stella e a triangolo Nelle fig. 2.22 a) e b) sono mostrati i collegamenti stella e a triangolo. A A RA R CA R AB RC RB B a) B C b) R BC C Fig. 2.22 Collegamento a stella a) e a triangolo b) È spesso utile, nel calcolo della resistenza equivalente di un bipolo, passare da un collegamento all'altro, a tale scopo si possono usare le seguenti formule delle quali si omette la dimostrazione: RA = R AB⋅ ⋅ R CA R AB + R BC + R CA R AB⋅ ⋅ R BC R AB + R BC + R CA R BC⋅ ⋅ R CA RC = R AB + R BC + R CA RB = R AB = RA ⋅ RB + RA ⋅ RC + RB ⋅ RC RC RA ⋅ RB + RA ⋅ RC + RB ⋅ RC RA RA ⋅ RB + RA ⋅ RC + R B ⋅ RC = RB R BC = R CA (2.46) Nel caso in cui le resistenze siano tutte uguali risulta: R STELLA = 1 R TRIANGOLO 3 Si osservi che nel collegamento a stella è presente un nodo in più ed una maglia in meno rispetto al collegamento a triangolo. 23 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive 2.6 Partitori resistivi di tensione e di corrente Sono detti circuiti partitori, quei circuiti che ripartiscono la tensione o la corrente tra due resistenze in serie o in parallelo come mostrato in fig. 2.23 a) e b). i R1 v ii1 2 i i1 1 2 R2 R1 v R2 a) v 2 b) Fig. 2.23 Partitori di tensione a) e di corrente b). Per il circuito di fig. 2.23 a) le tensioni v1 e v2 risultano: v1 = v R1 R1 + R 2 v2 = v R2 R1 + R 2 (2.47) Per il circuito di fig. 2.23 b) si ha: R1 i1 = R 2 i 2 i1 + i 2 = i da cui risulta: i1 = i R2 R1 + R 2 i2 = i R1 R1 + R 2 (2.48) Le (2.47) e (2.48) consentono di calcolare tensioni e correnti nelle resistenze R1 e R2 quando è nota la tensione o la corrente totale. 2.7 Calcolo di resistenze equivalenti nel caso generale 2.7.1 Reti resistive passive In questo caso si giunge alla resistenza equivalente attraverso equivalenti serie, parallelo e trasformazioni stella triangolo. Esempio 2.3 R2 A R1 B B R5 R4 D R3 R7 C F E A R6 RA D F O RC C R'7 R8 a) RB R'1 R9 Fig. 2.24 Esempio 2.3 R5 b) R6 24 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Le resistenze R1 e R9 sono in serie, in serie tra loro risultano anche R7 e R8 ; trasformando a stella il triangolo costituito da R2 R3 R4 , si ottiene il circuito di fig. 2.24 b), in cui: R R R R R R R B = 2 4 RC = 3 4 R 1′ = R 1 + R 9 R 7′ = R 7 + R 8 RA = 2 3 RS RS RS con : RS = R2 + R3 + R4 Semplificando ulteriormente si ottengono i circuiti di fig. 2.25 a),b),c), in cui: R'B A R"1 A F O R"1 R"B O F A R' C R"1' F R'7 R'7 R'7 a) b) c) Fig. 2.25 Circuiti semplificati R 1′′ = R 1 + R A R ′B = R B + R 5 R ′C = R 6 + R C R ′′B = R ′B ⋅ R ′C R ′B + R ′C R 1′′′= R 1′′ + R ′′B R eq = R 1′′′⋅ R ′7 R 1′′′+ R ′7 Esempio 2.4 R1 B R3 A R1 D R2 C A R4 R5 a) Fig. 2.26 Esempio 2.4 R2 B C D R3 b) Le resistenze R3 e R4 possono essere tolte perché cortocircuitate; unendo i punti B,C,D, si ottiene il circuito di fig. 2.26 b), dal quale si ha: 1 R eq = 1 1 1 + + R1 R 2 R 3 2.7.2 Reti resistive comprendenti generatori controllati In questo caso la resistenza equivalente tra i due poli deve essere calcolata supponendo di 25 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive applicare un generatore fittizio di tensione v* (o di corrente i*), con circuito disattivato dai generatori indipendenti, determinare la corrente i* ( o la tensione v*) ed eseguire il rapporto: R eq = v∗ i∗ (2.49) In fig. 2.27 è illustrata la procedura per il calcolo di R eq. i* + v* _ i* v* a) b) Fig. 2.27 Calcolo della resistenza equivalente per reti resistive contenenti generatori controllati Esempio 2.5 Si voglia eseguire il calcolo la resistenza equivalente tra i punti A e B del circuito di fig. 2.28 a). µv A i∗ + R1 v − B R3 R2 i1∗ R4 e 1 a) µv i 2∗ + R1 v − RA b) Fig. 2.28 Esempio 2.5. Essendo la serie tra R3 e R4 è in parallelo con R2, si può porre: RA = R2 ⋅ (R3 + R4 ) R2 + R3 + R4 Poiché nel circuito è presente un generatore dipendente, il calcolo della resistenza equivalente deve essere effettuato applicando il generatore di tensione v* tra i punti A e B si giunge al circuito di fig. 2.28 b), dal quale risulta: i 1∗ = v∗ R1 v ∗ − µv = R A i ∗2 i ∗ = i 1∗ + i ∗2 Dalla seconda equazione si ha: i ∗2 = sostituendo nella prima si ottiene: v∗ (1 + µ ) R A con: v = R A i ∗2 26 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive i∗ = (1 + µ ) R A + R 1 v∗ v∗ + = v∗ R 1 (1 + µ ) R A (1 + µ ) R A R 1 da cui: R eq = (1 + µ ) R A R 1 v∗ ∗ = i (1 + µ ) R A + R 1 Per µ = 0 la resistenza equivalente è data dal parallelo di R1 con R4. Esempio 2.6 Calcolare la resistenza equivalente tra i punti A e B del circuito di fig.2.29 a). A R1 R2 i* αi i B + R3 v∗ R1 R2 i − a) Fig. 2.29 Esempio 2.6 Dal circuito di fig. 2.29b), si ha: i∗ = (1 + α ) i da cui: i = R3 αi b) 1+ α i∗ v ∗ = R 1i ∗ + R 2 i La resistenza equivalente risulta: R v∗ R eq = ∗ = R 1 + 2 1+ α i Si osservi che: - per α = 0 il ramo contenente il generatore di corrente risulta aperto per cui: Req =R1 + R2 - la resistenza in serie al generatore ideale di corrente non influisce sulla resistenza equivalente. 2.8 Collegamento di condensatori 2.8.1 Collegamento in serie Più condensatori sono in serie, vedi fig. 2.30, quando hanno la stessa carica( in analogia con i resistori i conduttori di collegamento di condensatori in serie sono percorsi, in fase di carica, dalla stessa corrente di conduzione A Q Q Q C1 v1 C2 v2 C 3 v3 a) B A Q Ceq v b) B 27 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Fig. 2.30 Condensatori in serie a) e condensatore di capacità equivalente b). Dalla fig. 2.30 a) si ha: v = v1 + v 2 + v 3 = Q con: C eq = 1 1 1 Q + + = C1 C 2 C 3 C eq 1 1 1 1 + + C1 C 2 C 3 In generale si ha: C eq = 1 n 1 (2.50) 1 Ci 2.8.2 Collegamento in parallelo Analogamente al caso dei resistori in parallelo, più condensatori si dicono in parallelo quando sono soggetti alla stessa differenza di potenziale. Tale tipo di collegamento è mostrato in fig. 2.31a). A Q1 C1 Q2 C2 Q3 C3 B A Q B Ceq v v a) b) Fig. 2.31 Condensatori in parallelo a) e condensatore equivalente b. Per determinare la capacità equivalente, ricordando che la carica complessiva depositata è la somma di quella di tutti i condensatori, si ha: Q = Q 1 + Q 2 + Q 3 = (C 1 + C 2 + C 3 ) V = C eq V con: C eq = (C 1 + C 2 + C 3 ) In generale: n C eq = Ci (2.51) 1 2.8.3 Collegamenti a stella e a triangolo In figura 2.32 sono rappresentati condensatori collegati a stella e a triangolo. Analogamente a quanto visto per i resistori anche in questo caso si può passare da un 28 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive collegamento all'altro. A A CA C C CA AB CC CB B B C a) C BC C b) Fig. 2.32 Condensatori collegati a stella a) e a triangolo b). Le formule sono: CA = C AB C BC + C AB C CA + C BC C CA C BC CB = CC = C AB = C AB C BC + C AB C CA + C BC C CA C CA CA C B CA + C B + CC C BC = C AB C BC + C AB C CA + C BC C CA C BA C CA = C BCC CA + C B + CC (2.52) CCCA CA + C B + CC 2.9 Collegamento di induttori 2.9.1 Collegamento in serie di induttori Più induttori risultano collegati in serie quando sono percorsi dalla stessa corrente. In fig. 2.33 a) sono mostrati tre induttori collegati in serie. i A L2 v2 L1 v1 B L3 v3 B A Leq v a) a) Fig. 2.33 Collegamento in serie di induttori a) e induttore equivalente b). Si ha: v = v 1 + v 2 + v 3 = ( L 1 + L 2 + L 3 )Di = L eq Di Per n induttori collegati in serie si ha: n Leq = Li (2.53) 1 2.9.2 Collegamento di induttori in parallelo Più induttori risultano in parallelo se soggetti alla stessa differenza di potenziale come 29 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive illustrato in fig. 2.34 a). A i L1 i1 L2 i2 L3 A B B i i3 a) v L eq v b) Fig. 2.34 Collegamento in parallelo di induttori a) e induttore equivalente b). 1 1 1 1 1 + + v= v L1 L 2 L 3 D L eq D i = i1 + i 2 + i 3 = In generale si ha: L eq = 1 n 1 (2.54) 1 Li 2.9.3 Induttori in serie mutuamente accoppiati In fig. 2.35 sono rappresentati due induttori di induttanza L1 e L2 collegati in serie e mutuamente accoppiati con coefficiente di mutua induzione M. L1 L2 M i + v _ Fig. 2.35 Induttori mutuamente accoppiati Dalla fig. 2.35 si ha: v = ( L 1 + L 2 + 2 M ) Di = L eq Di con: L eq = L1 + L 2 + 2 M Invertendo uno dei due pallini si ha: L eq = L1 + L 2 − 2 M In generale si ha: L eq = L1 + L 2 ± 2 M (2.55) in cui il segno positivo vale se le correnti sono entrambe entranti o uscenti dal morsetto contrassegnato con il pallino, il segno negativo in caso contrario. 2.9.4 Induttori in parallelo mutuamente accoppiati In fig. 2.35 a) e b) sono mostrati due induttori in parallelo mutuamente accoppiati, e un 30 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive circuito equivalente al precedente in cui gli induttori sono disaccoppiati. L1-M L1 L1 i1 A i i2 A B M i1 i B i2 ML eq L2 v v a) L2 L2-M b) Fig. 2.35 Induttori in parallelo mutuamente accoppiati. Dalla fig.2.35a) si ha: v = L1Di1 + M Di 2 = L1Di1 + M D( i − i1 ) = ( L1 − M ) Di1 + M Di v = L2 Di 2 + M Di1 = L2 Di 2 + M D( i − i 2 ) = ( L2 − M ) Di 2 + M Di Le relazioni precedenti dimostrano che i circuiti di fig. 2.35 a) e b) sono equivalenti, quindi: L eq = ± M + (L1 M )(L 2 L1 + L 2 M) (2.56) 2M Nella (2.56) vale il primo segno per correnti entrambe entranti o uscenti dal morsetto contrassegnato dal pallino, come in fig.2.35 a), in caso contrario vale il secondo. 2.10 Generatori equivalenti 2.10.1 Generatori equivalenti di tensione 2.10.1a) collegamento serie Applicando il II principio di Kirchhoff tra i punti A e B di fig. 2.36a) si ha: e eq = e 1 − e 2 + e 3 − e 4 A B e1 e2 e3 e4 B A eeq Fig. 2.36 Generatori di tensione ideali collegati in serie a) e generatore equivalente b). In generale si ha: n e eq = e1 (2.57) 1 La (2.57) è una somma algebrica. 2.10.1 b) collegamento parallelo Il parallelo tra generatori ideali di tensione è possibile solo nel caso in cui tutti i generatori abbiano la stessa f.e.m; se così non fosse si avrebbe una corrente di circolazione 31 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive infinita nel circuito costituito dai generatori. B A R1 R1 R1 e e R2 R e R B A A≡B e e R2 R2 C C C a) R b) c) Fig. 2.37 Generatori ideali di tensione in parallelo c) generatore equivalente b)circuito equivalentec). Più generatori ideali di stessa f.e.m. in parallelo, equivalgono, agli effetti esterni, ad un unico generatore di stessa f.e.m.. È evidente che è vero anche il contrario, ossia un generatore di tensione ideale può essere sostituito, agli effetti esterni, con più generatori di stessa f.e.m. in parallelo. In virtù della precedente considerazione il circuito di fig. 2.37a) è equivalente a quello di fig. 2.37 b). Poiché nel primo circuito il tratto A B non è percorso da corrente può essere aperto come in fig.2.37c). Risulta quindi: i1 = e R i2 = e R1 + R 2 Si osservi che la corrente i1 non è influenzata da R1 e R2 mentre i2 non dipende da R. Ciò accade perché tra i punti B e C è imposta la tensione e che non dipende dalla corrente. 2.10.1 c) Generatori reali di tensione in serie Se si considera il caso in cui i generatori abbiano una resistenza interna, come mostrato in fig. 2.38a) si ottiene: e eq = − e1 + e 2 − e 3 (2.58) req = r1 + r2 + r3 r1 A e1 r2 e2 r3 B r eq A e3 B eeq a) b) Fig. 2.38 Generatori reali in serie a) e generatore equivalente b). Nel caso generale eeq è data dalla (2.57) mentre la resistenza equivalente si ottiene sommando tutte le resistenze. 2.10.1 d) Generatori reali di tensione in parallelo Dalla fig. 2.39a) si ha: i1 = e1 − v AB r1 i2 = e 2 − v AB r2 i1 + i 2 + i 3 = i i3 = e 3 − v AB r3 32 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive sostituendo le correnti si ha: e1 − v AB e 2 − v AB e 3 − v AB + + =i r1 r2 r3 da cui: e1 e 2 e 3 1 1 1 + + − v AB + + =i r1 r2 r3 r1 r2 r3 e quindi: v AB e1 e 2 e 3 + + r1 r2 r3 i = − 1 1 1 1 1 1 + + + + r1 r2 r3 r1 r2 r3 e ponendo: e1 e 2 e 3 + + r1 r2 r3 e eq = 1 1 1 + + r1 r2 r3 req = 1 1 1 1 + + r1 r2 r3 si ottiene il circuito equivalente di fig. 2.39b). r r 1 r 2 e i1 e2 1 B i B i2 i r eq 3 R e3 eeq R i3 A A a) b) Fig. 2.39 Generatori reali di tensione in parallelo a) e generatore equivalente b). Si osservi che i termini a numeratore di eeq rappresentano le correnti di corto circuito dei generatori, ossia quelle correnti che si otterrebbero collegando le estremità del generatore come indicato in fig. 2.40. r e i cc e ge i cc = r = Fig. 2.40 Generatore di tensione chiuso in corto circuito. Invertendo il pallino del generatore cambia il segno del termine corrispondente a numeratore poiché cambia il verso della corrente di corto circuito. In generale, indicando con n il numero di rami contenenti generatori, si ha: 33 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive n e eq = 1 n req = 1 n e i ri = 1 ri 1 = 1 ri 1 eigi gi n gi (2.59) 1 in cui si è indicato con g la conduttanza. 2.10.2 Generatori ideali di corrente 2.10.2 a) collegamento serie A B j j A B j j a) Fig. 2.41 Generatori ideali di corrente in serie. b) Per dualità con i generatori ideali di tensione risulta evidente che possono essere collegati in serie solo generatori di corrente ideali di stessa corrente; se così non fosse alle estremità di ogni generatore si stabilirebbe una d.d.p. infinita (ci si potrà rendere conto di questa affermazione quando saranno trattati i generatori reali in serie). Più generatori in serie aventi le caratteristiche specificate possono essere sostituiti con un solo generatore di corrente di stessa corrente(solo agli effetti esterni). Risulta naturalmente vero anche il contrario, ossia un generatore ideale può essere sostituito con più generatori ideali di stessa corrente in serie. In virtù di quest'ultima considerazione i circuiti di figg. 2.41 a) e b) sono equivalenti, il ramo tratteggiato non è infatti percorso da corrente. In queste condizioni( ramo in serie al generatore ideale) il circuito lavora a corrente imposta e la d.d.p. su ogni resistenza è indipendente dalle altre. R1 R2 j a) R1 R2 j j b) Fig. 2.41 Funzionamento a corrente imposta. NOTA: due circuiti sono detti duali quando nelle equazioni costitutive possono essere scambiate tra loro tensioni e corrente. 2.10.2 b) Collegamento in parallelo A A j j2 1 j3 j eq B a) B b) Fig. 2.42 Generatori ideali di corrente in parallelo a) e generatore equivalente b). 34 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Applicando il I principio di Kirchhoff al nodo A o al nodo B di fig. 2.42a si ha: jeq = j1 + j2 + j3 in generale: jeq = (2.60) ji La corrente del generatore equivalente risulta la somma algebrica delle correnti dei singoli generatori in parallelo. 2.10.2 c) collegamento serie Trasformando i generatori di corrente di fig. 2.43 a) in generatori di tensione e successivamente, dopo aver trovato il generatore equivalente, riportando a generatore di corrente si ottiene la fig.2.43 b) in cui: jeq = R 1 j1 + R 2 j2 R1 + R 2 R eq = R 1 + R 2 In generale si ha: R i ji jeq = R eq = Ri (2.61) Ri in cui la somma a numeratore di jeq è algebrica. R1 R2 j1 R eq j2 j eq B A a) B A b) Fig. 2.43 Generatori reali di corrente in serie a) e generatore equivalente b). 2.10.2 d) Collegamento in parallelo A j1 A j2 R1 j R2 B B a) eq Req b) Fig. 2.44 Generatori reali di corrente in parallelo a) e generatore equivalente b). Applicando il I principio di Kirchhoff e notando che le resistenze sono in parallelo si ha: jeq = ji Ri = 1 1 Ri (2.62) 35 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive in cui la somma della corrente è algebrica. 2.11 Determinazione del generatore equivalente mediante i teoremi di Thevenin e di Norton 2.11 a) Teorema di Thevenin La dimostrazione del teorema sarà fornita nel capitolo relativo alla risoluzione dei circuiti mediante la trasformata di Laplace. Tale teorema afferma: Un bipolo lineare resistivo è equivalente(agli effetti esterni) ad un altro costituito da un generatore di tensione eeq in serie ad una resistenza Req . La f.e.m. eeq è pari alla d.d.p. vista ai terminali del bipolo, la resistenza Req è quella vista tra gli stessi terminali con i generatori indipendenti disattivati. Mediante il teorema di Thevenin possono essere ricavate le (2.58),(2.59),(2.60). Esempio 2.7 Si voglia determinare l'equivalente di Thevenin del bipolo di fig. 2.45a) La f.e.m. del generatore equivalente è la d.d.p. tra i punti A e B, essa vale: e eq = v AB = − e + R 2 j + µv in cui: v = −R3 j e eq = −e + ( R 2 − µR 3 ) j sostituendo: + v A R1 R2 - + v=0 - A R1 R3 R2 R3 A eeq j µv e B µ v =0 B a) b) Fig. 2.45 Esempio 2.7 R eq B c) Per determinare Req si debbono disattivare i generatori indipendenti come indicato in fig. 2.45b); poiché risulta v = 0 anche il generatore controllato è disattivato( è un caso particolare!) pertanto si ha: R eq = R 1 + R 2 Il bipolo equivalente di Thevenin è riportato in fig. 2.45 c). 2.11 b)Teorema di Norton Un bipolo lineare resistivo è equivalente, agli effetti esterni, ad un bipolo costituito da un generatore di corrente I0 avente in parallelo una resistenza Req. La corrente I0 è quella che scorre tra i terminali del bipolo cortocircuitati, la resistenza equivalente Req è calcolata come in Thevenin. 36 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Esempio 2.8 Si voglia determinare il bipolo equivalente di Norton del circuito di fig. 2.43 a). Nelle figg. 2.46 a) e b) sono riportati i circuiti per il calcolo di I0 e di Req. I1 R1 I2 j1 A R2 R1 j2 B A I0 a) Dalle relazioni: I 0 = − I 1 + j1 R2 B b) Fig. 2.46 Esempio 2.8 I 0 = − I 2 + j2 R 1I 1 + R 2 I 2 = 0 R 1 ( j1 − I 0 ) + R 2 ( j 2 − I 0 ) = 0 da cui: R 1 j1 + R 2 j2 I0 = R1 + R 2 La corrente I0 risulta uguale alla jeq di fig. 2.43 b). Dal circuito di fig. 2.46 b), si ha: R eq = R 1 + R 2 Il bipolo equivalente di Norton è riportato in fig. 2.43 b). si ha: Esempio 2.9 Si determini il bipolo equivalente di Norton del bipolo rappresentato in fig. 2.47 a) A i R j1 B A D R R D j2 i R R αi j1 I0 B a) R R R j2 αi i b) Fig. 2.47 Esempio 2.9 La resistenza R posta tra i punti A e B risulta cortocircuitata e pertanto può essere soppressa; la corrente del generatore j1 passa attraverso il cortocircuito; le due resistenze R in parallelo sono percorse dalla stessa corrente i che rappresenta anche la parte di corrente, dovuta a j2 , attraverso il corto circuito. Si ha quindi: I 0 = j1 + i Applicando il I principio di Kirchhoff al nodo D si ha: j 2 i = j2 + αi da cui: e quindi: i= 2 2−α I 0 = j1 + j2 1 2−α 37 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Per la resistenza equivalente, disattivando i generatori di corrente e applicando il generatore di tensione v* come in fig. 2.47 c), si ha: A R v* R 1 i* i1 R R ( 1_ α ) i αi i B i ∗ = i 1 + (1 − α ) i ; i 1 = v∗ ( 2 − α) R Sostituendo si ha: Fig. 2.47 c) Esempio 2.9 ∗ v ; v ∗ = (1 − α ) Ri + Ri = ( 2 − α ) Ri R in cui: i = 1 1− α 3 − 2α ∗ + = v ( 2 − α) R R ( 2 − α) R La resistenza equivalente è: 2−α v∗ R eq = ∗ = R 3 − 2α i i∗ = v∗ 2.12 Reti equivalenti di componenti attivi Si riportano le reti equivalenti di alcuni componenti attivi al solo scopo di illustrare come per la presenza di tali componenti si abbiano circuiti comprendenti generatori pilotati. 2.12 a) Transistore bipolare a giunzione Nelle figg. 2.47 a) e b) sono riportati i simboli circuitali per i transistor di tipo pnp e npn, nella fig. 2.47 c) è invece riportato il circuito equivalente, a parametri ibridi, per il transistor connesso a emettitore comune, per piccoli segnali a bassa frequenza. c c b b b h ie + ib hre vc e e a) b) hfe i b h oe vc _ e c e c) Fig. 2.47 Simbolo circuitale per transistori di tipo pnp a) e npn b), circuito equivalente a parametri ibridi per piccoli segnali in bassa frequenza. 2.12 b) Amplificatori operazionali L'amplificatore operazionale è un dispositivo che possiede almeno cinque terminali come illustrato in fig. 2.48 a); tali terminali sono detti: ingresso invertente, ingresso non 38 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive invertente, uscita, terminali di polarizzazione (terminali E+ ed E−). La polarizzazione si ottiene come mostrato in fig. 2.48 b) in cui i valori tipici sono: E+= 15V E−= -15V. Ingresso invertente E+ E+ _ _ uscita + Ingresso non invertente + E _ _ E a) b) Fig. 2.48 Simbolo dell'A.O. a) e circuito di polarizzazione dell'A.O. b) Il simbolo circuitale dell'A.O. e il suo circuito equivalente sono riportati, rispettivamente in fig. 2.48 c) e d). Comunemente l'A.O. è indicato negli schemi con tre terminali anziché con quattro come indicato in fig. 2.48 c) essendo omesso il terminale di collegamento a massa; è preferibile indicare anche questo terminale per evitare l'errore i+ + i- + i0 = 0. 1 v 1 _ i _ > _ vd 2 > + v+ i+ io < _ vd Ri Ro Av d 2 + vo + vo _ c) d) Fig. 2.48 Simbolo circuitale dell'A.O. c) e circuito equivalente dell'A.O. d) La tensione vd = v+ - v- è detta tensione di ingresso differenziale. In fig. 2.48 e) riportata la caratteristica di uscita v0 = f (vd). vo ( V ) 10 0,1 > vd( mV ) Fig. 2.48 e) Caratteristica vo = f (vo ) Dalla caratteristica di fig. 2.48 e) si rileva che: - vd e vo hanno ordine di grandezza molto diverso, la prima è in V, la seconda in mV; - in un piccolo intorno dell'origine la caratteristica è pressoché lineare, v o = A vd , con A guadagno di tensione ad anello aperto.Valori tipici per l'A.O. sono: - resistenza di ingresso Ri > 100 KΩ; 39 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive - resistenza di uscita Ro < 100 Ω; - guadagno di tensione A > 105. Dalla fig. 2.48 e) si osserva inoltre che un piccolo segnale di ingresso sarebbe sufficiente a portare l'A.O. in saturazione, per ottenere il funzionamento nel tratto lineare si deve ricorrere alla reazione negativa, si deve cioè riportare in ingresso invertente l'uscita. Per l'A.O. ideale si assumono i seguenti valori: Ri = ∞ R0 = 0 A=∞ Con queste condizioni risulta: i+ = i− = 0 v+ = v− = vd = 0 L'ultima relazione è conseguenza del fatto che assumendo infinito il guadagno A la caratteristica di fig. 2.48 e) risulta perfettamente verticale nel tratto lineare. La condizione vd = 0 equivale a cortocircuitare l'ingresso, poiché però anche le correnti sono nulle, siamo in presenza di un corto circuito speciale detto corto circuito virtuale. Il modello circuitale ed il circuito equivalente per l'A.O. ideale sono riportati in fig. 2.49. _ i =0 _ > _ i =0 > _ vd = 0 > + + i+= 0 + vd = 0 _ vo + Av d > i+= 0 vo _ a) b) Fig. 2.49 Simbolo circuitale dell'A.O. ideale a) circuito equivalente dell'A.O. ideale b) Di particolare interesse è il circuito di fig. 2.49 detto buffer o inseguitore di tensione in cui risulta: vo = v2 . _ _ + + vo v2 + vd = 0 + Av d v2 _ _ a) vo b) Fig. 2.50 Inseguitore di tensione a) e circuito equivalente b) 2.13 Determinazione della corrente in reti resistive mediante i teoremi di Thevenin e Norton Si consideri il circuito di fig. 2.45 a), se tra i punti A e B è posta una resistenza R, essa è percorsa da una corrente uguale a quella che percorrerebbe la stessa R posta tra i punti A e B del circuito equivalente di fig. 2.45 c). Questa considerazione ci consente di calcolare la corrente mediante il teorema di Thevenin: La corrente in un ramo di resistenza R può essere calcolata mediante il teorema di Thevenin applicando la seguente procedura: - si stacchi il ramo di resistenza R dal circuito; - si determini, tra i punti di distacco, il bipolo equivalente di Thevenin; - si colleghi la resistenza R alle estremità di tale bipolo. 40 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive La corrente risulta: I= E eq (2.63) R eq + R Mediante il teorema di Norton si ha: La d.d.p. alle estremità di un ramo di resistenza R può essere calcolate procedendo nel seguente modo: - si stacchi il ramo di resistenza R dal circuito; - si determini, tra i punti di distacco, il bipolo equivalente di Norton; - si colleghi la resistenza R alle estremità di tale bipolo. La d.d.p. risulta: V= R eq R R eq + R I0 (2.64) 2.14 Teorema di Millmann per reti resistive Si consideri il circuito di fig. 2.39 a), ossia un circuito in cui tutti i rami sono i parallelo, per il I principio di Kirchhoff si può scrivere: E 1 − VAB E 2 − VAB E 3 − VAB VAB + + = R1 R2 R3 R da cui: VAB E1 E 2 E 3 + + R1 R 2 R 3 E G + E 2 G 2 + E 3G 3 = = 1 1 1 1 1 1 G1 + G 2 + G 3 + G + + + R1 R 2 R 3 R Questa relazione esprime il teorema di Millmann, il quale, considerando che i termini a numeratore sono le correnti ottenute cortocircuitando i rami in parallelo e che quelli a denominatore sono le conduttanze degli rami stessi afferma che: In un circuito con solo due nodi, ossia con tutti i rami in parallelo, la d.d.p. tra tali nodi si ottiene come rapporto tra la somma delle correnti di corto circuito dei singoli rami e la somma delle conduttanze dei rami stessi. Quanto asserito in precedenza vale ovviamente anche per circuiti contenenti generatori di corrente; in tal caso la corrente di corto circuito coincide con la corrente stessa del generatore. Le correnti nei rami del circuito di fig. 2.39 possono essere determinate per mezzo di relazioni del tipo: Ii = E i − VAB Ri Nel caso generale di un circuito costituito da r rami in parallelo, di cui m contenenti generatori di tensione e n generatori di corrente, si ha: 41 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive m 1 VAB = n Ei + Ji Ri 1 = m 1 1 Ri r 1 EiGi + m 1 n 1 Ji (2.65) Gi 2.15. Bipolo lineari tempo-varianti Sono tempo varianti quei bipoli per cui i parametri variano con il tempo. Le equazioni costitutive sono ancora lineari, Ma i parametri R, L, M, C sono funzione del tempo. 2.15.1 Resistori Per questi bipoli la caratteristica v, i è rappresentata da una retta in cui la pendenza varia nel tempo. Un esempio è mostrato in fig. 2.51. Fig. 2.51 Caratteristica v, i per un resistore lineare tempo-invariante La legge di Ohm diviene: v( t ) = R ( t )i( t ) i( t ) = G ( t )i( t ) (2.66) in cui R(t) e G(t) sono i valori assunti dalla resistenza e dalla conduttanza al tempo t. Per effetto della variazione di R o di G la tensione e la corrente possono avere andamento nel tempo diversi. Esempio 2.10 Se la resistenza varia nel tempo con legge: R ( t ) = R 0 + R 1 sen ω1 t e la corrente è: i( t ) = I M sen ω 2 t , la tensione risulta: R I v( t ) = R 0 I M sen ω 2 t + 1 M [cos(ω1 − ω 2 )t − cos(ω1 + ω 2 )t ] 2 2.15.2 Induttore Indicando con L(t) il valore dell'induttanza, variabile con una qualunque legge nel tempo, si ha: v L (t ) = si ha inoltre: d[L(t )i(t )] di(t ) dL(t ) = L (t ) + i(t ) dt dt dt i (t ) = (2.67) t 1 v(t )dt L −∞ (2.68) 42 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive 2.15.3Condensatore In modo del tutto simile al caso dell'induttore, indicando con C(t) la capacità variabile nel tempo, risulta: d[C(t )v(t )] dv(t ) dC(t ) i C (t ) = = C (t ) + v (t ) (2.69) dt dt dt v (t ) = t 1 i(t )dt C (t ) − ∞ (2.70) 2.16 Bipoli non lineari In questo caso i parametri sono funzione della corrente o della tensione, pertanto le equazioni di equilibrio risultano differenziali non lineari. 2.16.1 Resistori In Fig.2.52 è riportata una generica caratteristica v, i per un resistore non lineare, che mostra la dipendenza della resistenza dalla corrente Fig. 2.52 Caratteristica di un resistore non lineare Per un determinato punto di lavoro individuato da i1 e v1 si definisce una resistenza statica, dipendente dalla corrente, il cui valore è: v (2.70) R S = 1 ≡ tgα i1 Si definisce resistenza differenziale la quantità: dv (2.71) rd = dt i=i1 che rappresenta la derivata della tensione rispetto alla corrente calcolata in corrispondenza del punto di lavoro. Un elemento circuitale a resistenza non lineare è il diodo, il simbolo utilizzato nei circuiti e la caratteristica tensione-corrente sono riportati in fig.2.53 a) b) Fig. 2.53 Simbolo circuitale del diodo a) e sua caratteristica tensione-corrente b) 43 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive In molte applicazioni viene considerato il diodo ideale, esso presenta resistenza nulla quando la tensione applicata è positiva, infinita in caso contrario. Il diodo ideale equivale quindi ad un corto circuito (tensione nulla) nella direzione consentita alla corrente, ad un circuito aperto (corrente nulla) nella direzione vietata. Esempio 2.11 Nel circuito di fig.2.54 a) è rappresentato un circuito, comprendente un diodo ideale, alimentato con un generatore la cui d,d,p, vale . a) b) Fig. 2.54 Esempio 2.11 La corrente circolante attraverso il diodo, e quindi nel circuito, risulta nulla quando v(t) è negativa (il diodo non conduce ed equivale ad un circuito aperto); in queste condizione tutta la tensione si localizza alle estremità del diodo stesso. Durante la semionda positiva della tensione (il diodo equivale ad un corto circuito) la corrente circolante è pari a v(t)/R e la tensione alle estremità del diodo è nulla. 2.16.1 a) Determinazione del punto di lavoro Il punto di lavoro viene determinando applicando al circuito un generatore di tensione continua come illustrato in fig.2.55. Tale punto, una volta assegnata la caratteristica tensione-corrente, può essere determinato per via grafica. Dal circuito si ha: E = V + RI (2.72) Riportando sul piano v, i tale relazione si ottiene una retta (tratteggiata), detta retta di carico, che incontra gli assi nei punti (E, 0) e (0, E/R). a) b) Fig. 2.55 Circuito non lineare a) e caratteristica tensione-corrente della resistenza non lineare b) Il punto di incontro tra la retta di carico e la caratteristica tensione corrente (fornita dal costruttore del componente) determina il punto di lavoro le cui coordinate rappresentano la tensione alle estremità del componente e la corrente che lo percorre. E' possibile ottenere la soluzione per via analitica ricorrendo all'approssimazione lineare a tratti o 44 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive all'approssimazione polinomiale. Nel primo caso la caratteristica è sostituita con una spezzata (linearità a tratti), nel secondo è approssimata con relazioni del tipo: v= n 0 a kik i= n 0 a k vk (2.73) 2.16.1 b) Analisi per piccoli segnali Si consideri il circuito di fig.2.56 che differisce da quello di fig.2.55 per l'introduzione di un generatore di tensione di valore v g (t ) = VM sen ωt con VM << E. a) b) Fig. 2.56 Circuito non lineare in cui un segnale di piccola ampiezza è sovrapposto ad uno costante Dal circuito si ha: E + v g (t ) = Ri (t ) + v(t ) (2.74) in cui v(t ) = f [i(t )] . Per le ipotesi sulle tensioni il funzionamento avviene nell'intorno del punto di lavoro individuato da [V0 , I 0 ] e quindi si può scrivere: v = V0 + ~v (2.75) ~ i = I0 + i Sostituendo nell'equazione di equilibrio si ha: ~ E + v g (t ) = R I 0 + i + V0 + ~v ( e poiché: risulta: ) E = RI 0 + V0 (2.76) ~ v g = R i + ~v (2.77) Lo sviluppo in serie di Taylor della tensione nell'intorno del punto di lavoro è: ( ) ~ ~ ~ dv v(i ) = v I 0 + i = V0 + i = V0 + rd i di i =I0 (2.78) e quindi: ~v = r ~i d La corrente può dunque essere determinata dalla relazione: ~ v g = (R + rd ) i (2.79) (2.80) Si può quindi concludere che una volta determinato il punto di lavoro, le oscillazioni di piccola ampiezza si determinano applicando il solo generatore che fornisce vg e sostituendo la resistenza non lineare con quella differenziale. Questo modo di procedere 45 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive consiste nel linearizzare la curva tensione-corrente nell'intorno del punto di lavoro(ossia nel sostituire la curva con la sua tangente). Ciò può essere fatto solo per oscillazioni di piccola ampiezza, per oscillazioni di grande ampiezza si deve necessariamente ricorrere alla soluzione grafica, dalla quale si ottengono le uscite che hanno andamenti nel tempo diversi da quelli di ingresso. Un esempio di soluzione grafica è riportato in Fig. 2.57 v Fig. 2.57 Esempio di soluzione grafica 2.16.2 Induttori Un induttore non lineare è un elemento circuitale in cui il parametro induttanza è funzione della corrente, ossia: (2.81) L = f (i ) di conseguenza si ha: d[L(i )i ] di dL di dL di (2.82) vL = = L(i ) + i = L(i ) + i dt dt di dt di dt 1 (2.83) i= vdt L(i ) Possono essere estese a questo caso le considerazioni relative al punto di lavoro e alla linearizzazione intorno ad esso sviluppate per i resistori non lineari. Dato il circuito di fig.2.58a) in cui è presente un induttore non lineare, la cui caratteristica è riportata in fig.2.58b), il punto di lavoro si trova intersecando la verticale per I0=J con la caratteristica flusso-corrente. a) b) Fig. 2.58 Circuito con induttore non lineare a) caratteristica flusso-corrente dell'induttore. 46 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Il punto di equilibrio è quindi caratterizzato da I0 e Φ 0 , la tensione alle estremità dell'induttore è nulla. Inserendo nel circuito di fig. 2.58a) un generatore di corrente che fornisca: j(t)= JM sen ωt con JM<<J e definendo l'induttanza differenziale con la relazione: Ld = La tensione vale: dϕ dt i=I0 (2.84) ~ di ~ v(t ) = V0 + v = L d dt (2.85) 2.16.3 Condensatori Per un condensatore non lineare, tempo-invariante, la capacità è funzione della tensione, pertanto si può scrivere: C = f (v ) i= (2.86) d[C(v )v ] dv dC dv dC dv = C (v ) + v = C (v ) + v dt dt dv dt dv dt v= 1 idt C(v ) (2.87) (2.88) Per il circuito di fig.2.59a), alimentato in corrente continua, in cui è presente un condensatore non lineare il punto di lavoro, determinato come indicato in fig. 2.59 b), è caratterizzato dalle coordinate (V0,Q0). La corrente risulta nulla. a) b) Fig. 2.59 Circuito con condensatore non lineare a) caratteristica carica-tensione del condensatore. Applicando al circuito di fig. 2.59a) anche un generatore di tensione che fornisca: vg(t)= VM sen ωt con VM<<E e definendo capacità differenziale la quantità: Cd = risulta: dq dv (2.89) v = V0 ~ d~ v i (t ) = I 0 + i = C d dt (2.90) 47 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive 2.17 Densità di Energia Per calcolare la densità di energia, per unità di volume, immagazzinata in un campo magnetico si fa riferimento ad un solenoide di N spire, sezione S e lunghezza l concatenato con un flusso ϕ variabile nel tempo. Detta e la f.e.m. indotta, l'energia immagazzinata nell'intervallo di tempo dt è: dW = eidt = Ni dϕ dB dB dt dt = NiS dt = HlS dt dt dt L'energia immagazzinate nell'intervallo (0, t), indicando con V il volume risulta: t t 0 0 W = dW = V HdB L'energia per unità di volume è quindi: t W1 = HdB (2.91) 0 Per sistemi lineari vale la relazione dB = µdH e quindi: W1 = µHdH = 1 1 B2 1 µH 2 = = BH 2 2 µ 2 (2.92) In modo del tutto simile per il campo elettrico, posto D = εK , si ha: W1 = 1 2 1 D2 1 εK = = DK 2 2 ε 2 (2.93) 2.18 Determinazione del coefficiente di autoinduzione Il coefficiente di autoinduzione può in generale essere calcolato mediante la definizione in precedenza fornita (rapporto tra flusso concatenato con il circuito e corrente che percorre il circuito stesso e che genera il flusso). In alcuni casi tuttavia tale calcolo risulta più agevole utilizzando le espressioni dell'energia. 2.18.1 Induttanza del cavo coassiale Si consideri il cavo coassiale rappresentato in Fig. 2.60 in cui il conduttore esterno è supposto privo di spessore. Fig. 2.60 Cavo coassiale 48 Cap.2 Equazioni costitutive e reti resistive Dalla relazione: B2 dv v 2µ 0 1 2 LI = 2 si ottiene: 1 I2 L= B2 dv vµ 0 (2.94) Per 0 ≤ r ≤ R 1 , detta I' la corrente racchiusa da una generica linea di forza di raggio r e I quella relativa a tutto il conduttore, assumendo una densità di corrente costante, si ha: H1 = I' Ir = 2πr 2πR 12 Per R 1 ≤ r ≤ R 2 il campo magnetico è: H2 = Dalla (2.94) si trova: L= R1 0 Si può scrivere: µ0r 2 4π 2 R 14 2πrldr + R2 R1 µ0 2 4π r2 I 2πr 2πrldr = L = Li + L e µ0l µ 0l R 2 ln + 8π 2 π R 1 (2.95) (2.96) in cui Li è detta induttanza interna e rappresenta il contributo all'induttanza del conduttore di raggio R1, Le è l'induttanza esterna ed è il contributo della parte esterna a R1. 2.18.2 Induttanza della linea bifilare Il calcolo dell'induttanza della linea bifilare può essere condotto in modo analogo a quanto fatto per il cavo coassiale. Fig. 2.61 Linea bifilare L'induttanza è data dalla somma di Li e di Le. Considerando che i conduttori sono due e che Le si trova integrando tra r=d/2 e D, risulta: L= µ0l 1 D + ln 2π 2 r (2.97) CAPITOLO 3 3.1 Generalità Assegnato un circuito in cui sono noti gli ingressi, ossia le tensioni e/o le correnti relative ai generatori indipendenti di tensione e/o di corrente, e i parametri circuitali, R, L, M, C, α, µ, rm, gm, risolvere il circuito significa in generale determinare le correnti e le tensioni in tutti i rami del circuito. Detto r il numero dei rami del circuito il numero delle incognite risulta pari a 2r ed è quindi necessario scrivere un sistema di 2r equazioni indipendenti nelle 2r incognite suddette. Tali equazioni, in generale integro-differenziali, si ottengono scrivendo i principi di Kirchhoff e le equazioni costitutive (relazioni tensionecorrente) relative ad ogni ramo. Poiché queste ultime sono in numero pari al numero dei rami, ossia r, ne consegue che le r rimanenti equazioni vanno scritte applicando i principi di Kirchhoff. Resta inteso che qualora non interessi conoscere le tensioni di ramo il numero delle incognite, e di conseguenza quello delle equazioni, si dimezza e la scrittura delle equazioni costitutive non è più necessaria. Resta ora da vedere quante delle r equazioni debbano essere scritte con il primo principio di Kirchhoff e quante con il secondo. 3.2 Definizioni relative alla teoria dei grafi Si definisce grafo di un circuito la figura che si ottiene rimpiazzando tutti i rami con un segmento. La figura che si ottiene presenta lo stesso numero di rami e di nodi del circuito. Due grafi si dicono equivalenti se hanno lo stesso numero di rami e di nodi e se questi ultimi sono ugualmente collegati tra loro. Un grafo si dice orientato se i suoi rami sono orientati (ad. esempio nel verso della corrente). Un grafo è connesso quando esiste un percorso continuo che unisce tutti i nodi. Si definisce albero del grafo connesso un qualunque percorso che unisca tutti i nodi senza formare poligoni chiusi. In fig.3.1 sono riportati due grafi equivalenti, e che possono quindi essere relativi allo stesso circuito o a due circuiti distinti avente lo stesso numero di rami e di nodi questi ultimi ugualmente collegati tra di loro (gli elementi circuitali sui rami del circuito sono in questo caso diversi nei due casi). I rami appartenenti ad un albero sono detti ramo d'albero e sono numericamente pari n-1. I rami del grafo che sono stati soppressi per ottenere l'albero sono detti corde e sono in numero pari a r − (n-1). In fig.3.2 sono riportati tutti i possibili alberi relativi ai grafi di fig.3.1. Nella stessa figura sono indicate, con linea tratteggiata, le corde. Definiamo maglia indipendente o fondamentale una maglia che non può essere ottenuta come combinazione lineare di altre maglie. Poiché una maglia risulta sicuramente 50 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico indipendente se possiede almeno un ramo che non appartiene a nessun'altra maglia ne consegue che risultano indipendenti le maglie monocorda. In base all'affermazione precedente si conclude che in un circuito il numero delle maglie indipendenti è pari al numero delle corde. 1 4 A A B 5 6 3 1 4 C 3 2 B 6 C 5 2 D D Fig.3.1 Grafi orientati equivalenti Fig.3.2 Alberi relativi al grafo di fig.3.1 Si definisce insieme di taglio l'insieme dei rami (rami d'albero o corde) che debbono essere tagliati per rendere il grafo sconnesso. L'insieme di taglio può evidentemente essere ottenuto intersecando il grafo con una superficie chiusa. Un insieme di taglio fondamentale o indipendente è un insieme di taglio che non può essere ottenuto come combinazione lineare di altri insiemi di taglio già considerati. Un insieme di taglio risulta indipendente se contiene un ramo d'albero che non appartiene ad alcun altro insieme di taglio. Risultano pertanto indipendenti gli insiemi di taglio monoramo d'albero. Si conclude quindi che in un circuito gli insiemi di taglio indipendenti sono pari al numero dei rami d'albero. 3.3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico mediante i principi di Kirchhoff Si supponga di avere un circuito composto da r rami e da n nodi e si vogliano calcolare le correnti in tutti i rami. Come in precedenza affermato si deve allora scrivere un sistema di r equazioni nelle r incognite rappresentate dalle correnti di ramo. In base a quanto visto al precedente paragrafo si può affermare che: In un circuito composto da r rami ed n nodi si possono ottenere (n-1) equazioni linearmente indipendenti applicando il I° principio di Kirchhoff agli insiemi di taglio monoramo d'albero e r-(n-1) equazioni linearmente indipendenti applicando il II° principio di Kirchhoff alle maglie monocorda. Cap.3 51 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Osservazione I: poiché è sempre possibile partendo da un nodo arrivare all'ultimo aggiungendo sempre un ramo d'albero nuovo (si veda a tal proposito la fig.3.2) risultano indipendenti gli insiemi di taglio costituiti dai rami convergenti in n-1 nodi scelti arbitrariamente e pertanto il I° principio di Kirchhoff può essere applicato ad n-1 nodi scelti arbitrariamente. Osservazione II: nello scrivere le equazioni alle maglie si procede spesso applicando il cosiddetto metodo dei tagli, si procede cioè scegliendo una qualunque maglia iniziale, scrivendo la corrispondente equazione e poi immaginando di tagliare un qualunque ramo. Si prende poi un'altra qualunque maglia e si procede come sopra e così via finché e possibile trovare maglie. E' immediato verificare che i rami che di volta in volta vengono tagliati sono quelli che corrispondono alle corde. 3.3.1 Applicazione del I° principio di Kirchhoff L'applicazione del I° principio di Kirchhoff agli n-1 insiemi di taglio indipendenti, o comunque a n-1 nodi qualunque, di un circuito, con le convenzioni a suo tempo stabilite di assumere le correnti positive se uscenti dall'insieme di taglio (o dal nodo) porta alla scrittura di n-1 equazioni in r incognite che poste in forma matriciale risultano: [ A ] [ i] = 0 [( n −1) x r ] [ r x 1] (3.1) in cui [A] detta matrice di incidenza ridotta (la matrice di incidenza è relativa a tutti gli n insiemi di taglio) è una matrice i cui termini valgono: 1 - se la corrente esce dall'insieme di taglio (nodo); 0 - se la corrente non appartiene all'insieme di taglio; -1 - se la corrente entra nell'insieme di taglio (nodo). Esempio 3.1 Relativamente al grafo di fig.3.1, applicando il I° principio ai nodi A, B, C, con i versi indicati dalle frecce, si ha: i1 1 0 −1 0 0 −1 1 1 0 0 0 −1 1 1 0 0 −1 0 i2 i3 =0 i4 i5 i6 Per il nodo D si otterrebbe la riga: [0 ] −1 1 0 0 −1 che è una combinazione lineare di quelle scritte in precedenza (basta sommare gli elementi delle tre righe dopo averli preventivamente moltiplicate per −1). 3.3.3 Applicazione del II° principio di Kirchhoff L'applicazione del II° principio di Kirchhoff alle r −(n-1) maglie indipendenti conduce ad una equazione matriciale del tipo: [ B] [ v] = 0 [ r −( n −1) x r ] [ r x 1] (3.2) 52 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico in cui v è il vettore delle tensioni dei rami e [B] è una matrice i cui elementi , in accordo con le convenzioni stabilite nel Cap.2, valgono: 1 - se la polarità della d.d.p. è tale da spingere la corrente nel verso di percorrenza; -1 - nel caso contrario al precedente; 0 - se il ramo non appartiene alla maglia. Esempio 3.2 Sempre in riferimento al grafo di fig. 3.1, operando con il primo albero della fig.3.2, assumendo come verso di percorrenza delle maglie quello orario e come polarità delle d.d.p. quello stabilito dalle frecce, si ha: v1 v2 1 0 0 −1 −1 0 v3 =0 0 1 0 0 1 −1 v4 0 0 1 1 0 1 v5 v6 Considerando una qualsiasi altra maglia si otterrebbe una riga combinazione lineari delle precedenti, ad es. per la maglia costituita di sole corde si avrebbe: [1 ] 1 1 0 0 0 Definendo impedenza operazionale di ramo un termine del tipo: Z R (D ) = R + LD + 1 CD (3.3) e utilizzando le convenzioni adottate nel Cap.2 per il calcolo delle d.d.p. di ramo,si ha: [v] = [e] + [Z R (D )] [i] (rx1) (rx1) (rxr ) (rx1) (3.4) Nella matrice [e] le f.e.m hanno segno positivo se di polarità concorde con la d.d.p., discorde nel caso contrario. Il termine risulta nullo se sul ramo relativo non è presente alcun generatore. La matrice delle impedenze di ramo [Z(D)] è una matrice diagonale che presenta le impedenze di ramo sulla diagonale principale. Le (3.1), (3.2), (3.4), conducono al seguente sistema di 2r equazioni in 2r incognite (tensioni e correnti di ramo): A 0 0 i 0 B = 0 v − Z R (D ) I e (3.5) Assumendo come incognite le sole correnti, sostituendo la (3.4) nella (3.2), si ha: da cui: [B][v] = [B][e] + [B][Z R (D)][i] = 0 (3.6) [B][Z R (D )][i] = −[B][e] (3.7) Si verifica facilmente che il prodotto [B][Z(D)] produce una matrice in cui i termini di ciascuna riga sono le impedenze dei rami (con le convenzioni sui segni stabilite nel Cap.2) Cap.3 53 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico costituenti una maglia (poiché la prima riga di [B] ha termini diversi da zero solo in corrispondenza dei rami appartenenti alla prima maglia, ecc.). Per lo stesso motivo −[B][e] produce per ogni riga la somma algebrica (con le convenzioni del Cap.2) delle f.e.m. agenti nella maglia relativa. Posto: [B] [Z R (D)] = [Z(D)] [r −(n −1)xr ] − [r −(n −1)xr ] ( rxr ) si ha: [Z(D )] [i] [r −(n −1)xr ] (rx1) = [B] [e] = [e M ] [r −(n −1)xr ] (rx1) [r −(n −1)x1] [e M ] (3.8) [r −(n −1)x1] Utilizzando le relazioni (3.1) e (3.8) si ottengono le equazioni di equilibrio elettrico del circuito che risultano: A ( n −1)xr Z r −(n −1)xr (rxr ) [i] (rx1) = 0 (n −1)x1 (3.9) eM r −(n −1)x1 ( rx1) La (3.9) costituisce un sistema di r equazioni indipendenti nelle r incognite rappresentate dalle correnti degli r rami. Tali equazioni sono di tipo algebrico qualora si lavori a regime in corrente continua, di tipo differenziale o integro-differenziale negli altri casi.(Si vedrà più avanti che esse possono essere equazioni complesse nel caso di regime sinusoidale). Esempio 3.3 Si vogliono scrivere le equazioni che consentono di determinare le correnti in tutti i rami del circuito di fig.3.3 facendo uso dei principi di Kirchhoff. Poiché le incognite sono r =7 si debbono scrivere 7 equazioni di cui n −1 = 3 ai nodi, le restanti alle maglie. L1 R3 i7 e2 i2 i1 i3 C1 R5 R1 i5 i6 L2 R4 i4 R2 Fig.3.3 Esempio 3.2 Con riferimento alla 3.9 si ha: −1 1 0 0 0 0 −1 [A ] = 0 − 1 1 0 1 1 0 0 0 0 1 −1 −1 0 − e2 0 [e M ] = 0 e1 1 4 2 3 54 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico 1 C1 D R3 R5 0 0 − R5 0 0 − R5 −1 C1 D 0 0 [Z(D )] = 0 1 C2D 1 R2 + C2D R2 + 0 0 0 0 L2D 0 0 0 R4 0 0 0 R 1 + L1 D −1 1 0 0 0 0 −1 0 0 1 C1 D −1 0 1 0 0 1 1 −1 1 −1 0 0 R3 R5 0 0 0 0 0 − R5 0 0 − R5 −1 C1D C2 D 1 R2 + C2 D L2 D 0 0 0 1 R2 + i1 0 0 i2 i3 0 0 0 0 i4 = − e2 i5 0 0 R4 0 0 0 R 1 + L1 D i6 i7 0 e1 Questo sistema può essere scritto direttamente con le convenzione del Cap.2. Per il circuito in esame risulta inoltre: 1 0 [B] = 0 1 1 0 0 0 0 0 −1 1 1 0 0 0 −1 1 0 1 0 −1 0 0 [Z(D)] = 0 0 0 1 1 C1D 0 0 0 0 0 0 0 0 R3 0 0 0 0 0 0 R5 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 R2 + C2D 0 L2D 0 0 0 0 0 0 0 0 R4 0 0 R 1 + L1 D Si può verificare che [B][ZR(D)]=[Z(D)]. Casi particolari 3.3.3 a) Accoppiamenti induttivi La presenza di accoppiamenti induttivi nel circuito comporta la presenza di termini aggiuntivi nella matrice delle impedenze di ramo [ZR(D)] e quindi nella matrice [Z(D)]. Se ad es. risultano mutuamente accoppiati i rami j e k con coefficiente di mutua induzione Mjk comparirà il termine Mjk D (con segno stabilito secondo le convenzione del Cap.1) ai posti jk e kj della matrice [Z(D)]. La matrice [B] rimane inalterata. Esempio 3.4 Si consideri il circuito di fig.3.3. in cui i due induttori L1 e L2 siano mutuamente accoppiati, con coefficiente di mutua induzione M, come rappresentato in fig.3.4 e si scrivano le Cap.3 55 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico equazioni di equilibrio elettrico con i principi di Kirchhoff. L1 R3 i7 e2 i2 i1 M i3 C1 R5 R1 i5 i6 L2 R4 1 4 2 i4 R2 3 Fig.3.4 Esempio 3.4 Le equazioni risultano così modificate: −1 1 0 0 0 0 −1 0 0 1 C1 D −1 0 1 0 0 1 1 −1 1 −1 0 0 R3 R5 0 0 0 0 L2 D 0 MD 0 R4 0 MD 0 R 1 + L1 D R2 + 1 0 0 − R5 0 0 − R5 −1 C1 D C2 D 1 R2 + C2 D 0 0 0 i1 0 i2 0 i3 0 i4 = − e2 i5 0 i6 0 i7 e1 3.3.3 b) Sono presenti generatori di corrente Se nel circuito sono presenti ng generatori di corrente, il numero di correnti incognite, e quindi il numero di equazioni che debbono essere scritte, si riduce da r a r −ng . In questo caso, posti i generatori di corrente su ng corde è sufficiente applicare il 2° principio di Kirchhoff alle rimanenti r−(n−1)−ng maglie che possono essere formate con le rimanenti corde. Per quanto riguarda le equazioni ai nodi esse in generale non variano di numero sebbene alcune correnti, quelle relative ai generatori passino a termine noto. La (3.9) diviene quindi: A (n −1)x (r − n g ) Z ( ) (r −n g xr −n g ) r −(n −1)x r − n g [i] (rx1) J = (n −1)x1 eM (3.10) r −(n −1)− n g x1 (r − n g x1) in cui la matrice [J] è composta da alcune righe comprendenti le correnti dei generatori di corrente ed altre composte da 0. Esempio 3.5 Nell'esempio di fig.3.5 i rami sono 7 di cui 2 contenenti generatori di corrente e quindi le correnti incognite si riducono a 5. Si scrivono 5 equazioni di cui 3 ai nodi e 2 alle maglie. Rispetto al caso precedente non si scrivono le equazioni per le maglie (monocorda) che presentano i generatori di corrente sulle corde. 56 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico L1 j2 e1 R3 i2 i1 i5 i3 C1 L2 R5 R1 1 j1 4 2 i4 3 C2 R2 Fig.3.5 Esempio 3.4 Le equazioni risultano: −1 0 1 −1 0 1 0 0 0 1 0 1 C1D 0 0 1 −1 R3 R5 0 0 0 − R5 R2 + i1 i2 j2 − j1 i 3 = j1 − e1 i4 0 L2 D i5 0 1 C2 D 3.3.3 c) Sono presenti generatori controllati Una volta espressa la grandezza di pilotaggio (corrente o tensione) in funzione delle correnti di ramo si può procedere come nel caso generale. Si possono avere i seguenti casi: • è presente un generatore di corrente αi; in questo caso si ha variazione nella matrice di incidenza in cui compare α in corrispondenza della corrente di ramo di pilotaggio. Nel caso in cui tale corrente sia quella di un generatore di corrente la variazione compare nel vettore degli ingressi; • è presente un generatore di tensione controllato in correte rmi; compare il termine rm nella matrice delle impedenze in corrispondenza della corrente di pilotaggio o nella matrice degli ingressi se la corrente di pilotaggio e di un generatore di corrente; • è presente un generatore di corrente controllato in tensione gmv; una volta espressa v in funzione delle correnti di ramo e degli ingressi si hanno variazioni nella matrice di incidenza ed eventualmente in quella degli ingressi; • è presente un generatore di tensione controllato in tensione µv; una volta espresso v si possono avere variazioni sia nella matrice delle impedenze che in quella degli ingressi. Esempio 3.6 Nel circuito do fig.3.6, si ha: v AB = R 3i 2 + e1 + L 2 Di 5 Fig.3.6 Esempio 3.6 Cap.3 57 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Le equazioni di equilibrio sono: −1 0 0 1 C1 D 1 − (1 + α ) α 0 1 0 0 0 1 0 1 −1 −1 R3 R5 0 0 0 0 − R5 L2D 0 µR 3 0 0 − 1 C1D R2 + 1 C2D 0 0 µL 2 D R 1 + L1D 0 i1 0 i2 0 i3 0 = i4 − e1 i5 0 i6 − µe1 3.4 Il teorema di Tellegen Prima di fornire l'enunciato e la dimostrazione del teorema conviene fare alcuni richiami e alcune puntualizzazioni relative alla potenza. Nel Cap.1 si è trovato che il lavoro fatto per spostare la carica tra i punti A e B vale: L AB = F ⋅ d = ( K ⋅ d )q = VAB q da cui si deduce che il lavoro risulta positivo se la carica si sposta concordemente al verso della forza che la sollecita; in questo caso risulta positiva anche la potenza data da: p= L AB = v AB i AB t (3.11) in cui iAB indica uno spostamento di carica da A a B. E poiché vAB = −vBA e iAB = −iBA ne consegue, in riferimento al generico bipolo di fig.3.7, che : p = v AB i AB = v BA i BA p' = v AB i BA = − v AB i AB = − p p" = v BA i AB = − v AB i AB = p' = − p A vAB iAB A a) vAB B iBA A b) vBA iAB c) B B Fig.3.7 Generico bipolo La potenza viene quindi definita positiva quando è fornita al bipolo dalla restante parte del circuito. Nel caso in cui la potenza sia negativa essa viene fornita, dal bipolo, alla restante parte del circuito. In tal caso il bipolo comprende elementi attivi. In base alle affermazioni precedenti la potenza pi relativa all'i-mo ramo compreso tra i nodi j e k può essere scritta come: pi = ( 1 v i + v kji kj 2 jk jk ) Dopo queste premesse si può enunciare il teorema. (3.12) 58 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Il Teorema di Tellegen afferma che in qualunque circuito la sommatoria delle potenze relative a tutti i rami è nulla, ossia: r p= i =1 v i i i = [ v] T [ i] = 0 (3.13) Dimostrazione: la potenza relativa ai rami che convergono nel nodo j è data da: n k =1 v jk i jk in cui v jk = o per j = k e la corrente è nulla se i nodi non sono collegati. Ripetendo il ragionamento per tutti i nodi tenendo conto della (3.12) la potenza complessiva risulta: 1 2 n n j=1 k =1 v jk i jk considerando un riferimento "o" e tendendo conto delle premesse, si ha: 1 2 n n j=1 k =1 v jk i jk = 1 2 n n j=1 k =1 (v jo ) − v ko i jk = 1 2 n j=1 n n v jo k =1 i jk + 1 v 2 k =1 ko n j=1 i kj e poiché le due sommatorie relative alle correnti sono nulle perché rappresentano l'applicazione del I° principio di Kirchhoff ai nodi j e k il teorema risulta dimostrato. 3.5 Il metodo delle correnti di maglia Si consideri la relazione (3.1) esprimente il I° principio di Kirchhoff scritto per gli insiemi di taglio fondamentali, e si evidenzino le correnti di ramo d'albero [iR] e quelle di corda [iC]. Si ha: i AR AC R = 0 (3.14) iC [ da cui: [A R ] [i R ] + ] [A C ] [i C ] ( n −1) x ( n −1) ( n −1) x1 ( n −1) xr −( n −1) r − ( n −1) x1 =0 (3.15) Avendo scelto insiemi di taglio fondamentali la matrice [AR] contiene elementi non nulli, di valore 1 o -1, solo sulla diagonale principale; se inoltre le correnti di ramo vengono orientate in modo da uscire dagli insiemi di taglio essa coincide con la matrice identica. Per le caratteristiche di [AR] risulta [AR] -1 = [AR] . Si ha quindi : [i R ] = −[A R ]−1[A C ][i C ] = −[A R ][A C ][i C ] (3.16) e quindi note le correnti di corda possono essere determinate anche le correnti di ramo. Esempio 3.7 Si consideri il grafo orientato di fig.3.8 in cui sono indicati anche gli insiemi di taglio e si assumano i versi delle correnti come indicato dalle frecce (si osservi che le correnti dei rami d'albero sono tutte uscenti dagli insiemi di taglio cui appartengono e quindi [AR] coincide con la matrice identica) applicando la (3.14) si ha: Cap.3 59 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico 5 6 1 4 2 7 3 Fig. 3.8 Esempio3.7 i1 i2 i3 1 0 0 1 1 0 0 0 1 0 1 1 1 0 0 0 1 0 −1 −1 1 i4 i5 i6 i7 i4 i1 1 1 0 0 i5 i2 = 1 1 1 0 i6 i3 0 −1 −1 1 i7 =0 Il metodo delle correnti di maglia fornisce appunto un modo per determinare le sole correnti di maglia. Si definiscono correnti di maglia [iM] quelle correnti (fittizie) che percorrono tutti gli elementi di una maglia (e che quindi stabiliscono anche il verso di percorrenza della maglia) e che, considerando maglie monocorda, coincidono a meno del segno con le correnti di corda (si osservi che non esiste nessuna particolare prescrizione riguardo al segno da assegnare alle correnti di maglia tuttavia è spesso conveniente assegnare a tutte le correnti di maglia lo stesso verso ad es. quello orario). Tutti gli elementi circuitali sono quindi percorsi dalla corrente di maglia relativa alla maglia cui appartengono; ciò significa che gli elementi posti sulle corde, appartenendo ad una sola maglia, sono percorsi da una sola corrente (appunto quella di maglia) mentre quelli posti sui rami d'albero, appartenendo a più maglie sono percorsi da più di una corrente. Le correnti di corda sono quindi legate a quelle di maglia da una matrice [DM] con elementi non nulli 1 o -1, solo sulla diagonale principale. Tale matrice risulta uguale alla matrice identica se le correnti di corda sono orientate concordemente a quelle di maglia. Si ha: [i C ] = [D M ][i M ] (3.17) Le correnti di ramo sono date da: [i] ( rx1) = iR = iC − AR AC (n −1)x (r − n +1) I (r − n +1)x (r − n +1) rx (r − n +1) [i C ] ( r − n +1)x1 = − AR ACDM (n −1)x (r − n +1) DM (r − n +1)x (r − n +1) rx (r − n +1) [i M ] (r − n +1)x1 = [ ] [ ] M iM rx (r − n +1) (r − n +1)x1 (3.18) Si deve ora trovare un sistema di r − (n −1) equazioni nelle r − (n −1) incognite costituite dalle correnti di maglia. A questo scopo si rammenti che le tensioni [v] agenti sui rami del circuito possono essere espresse, (secondo le convenzioni sui segni già specificate per il calcolo delle d.d.p. le f.e.m [e] vengono prese con segno positivo se si incontra primo 60 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico il morsetto positivo e le cadute di tensione sono prese positive se determinate da correnti concordi al verso in cui ci spostiamo per calcolare la d.d.p.) , per mezzo della relazione: [ v ] = [ e] + [ Z R ( D ) ] [ i ] ( r x 1) ( r x 1) ( r x r ) ( r x 1) (3.19) in cui [ZR(D)] e una matrice avente sulla diagonale principale le impedenze operazionali di ramo, gli altri elementi sono tutti nulli. Premoltiplicando per [B] si ha: [B][v] = [B][e] + [B][Z R (D )][i] = 0 (3.20) da cui, adottando per i segni delle f.e.m. le stesse convenzioni adottate nel II° principio di Kirchhoff (segni positivi se si incontra prima il morsetto negativo), esprimendo le correnti di ramo in funzione di quelle di maglia, si ottiene: [B] [Z R (D )] [M ] [i M ] ( r − n +1xr ) (rxr − n +1) (r − n +1xr ) (r − n +1)x (r − n +1) ( rxr ) = [B] [e] (3.21) (r − n +1xr ) (rx1) (r − n +1)x1 con ovvie posizioni: [Z M (D )][i M ] = [e M ] (3.22) in cui [Z M (D )] è detta matrice delle impedenze di maglia. Esempio 3.8 Si consideri il circuito di fig. 3.9 il cui grafo è quello rappresentato in fig. 3.8 5 C1 R4 e1 R1 e2 L1 L2 2 1 1 R3 C2 2 3 7 4 4 R2 6 3 Fig. 3.9 Esempio 3.8 La matrice delle impedenze di ramo, secondo la numerazione degli alberi di fig. 3.8, è: [ R1 0 0 Z R ( D) = 0 0 0 0 ] La (3.21) diviene: 0 0 L1 D 0 0 R2 + R3 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 L2 D 0 0 0 1 / C1 D 0 0 0 R4 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 / C2 D Cap.3 61 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico R 1 + ( L1 + L 2 )D − ( R 1 + L1 D ) − L1 D 0 R 2 + R 3 + L1 D R2 + R3 R 2 + R 3 + R 4 + L1 D R2 + R3 − L1 D 1 R 1 + R 2 + R 3 + L1 D + C1D R 2 + R 3 + L1 D 0 R2 + R3 R2 + R3 − ( R 1 + L1 D ) R2 + R3 + e2 = 1 C2 D 0 − e1 0 L'esempio precedente suggerisce alcune considerazioni: La matrice delle impedenze di maglia è simmetrica. Sulla diagonale principale è • presente la somma delle impedenze di tutti i rami costituenti la maglia; l'elemento Zkj rappresenta l'impedenza del ramo a comune tra la maglia k e la maglia j, tale elemento è preso con segno positivo se la corrente della maglia j è concorde (nel ramo a comune) con quella della maglia k, con segno negativo in caso contrario. • La matrice delle impedenze di maglia può essere ottenuta direttamente dal circuito fissando le correnti di maglia (che rappresentano anche il verso di percorrenza della maglia stessa) e scrivendo il II° principio di Kirchhoff considerando che alcuni elementi sono percorsi da più correnti. • La matrice [eM] è la stessa ottenuta risolvendo il circuito con i principi di Kirchhoff. Nell'esempio 3.9 le equazioni alle correnti di maglia sono ricavate direttamente scegliendo le maglie monocorda e applicando il II° principio di Kirchhoff . Esempio 3.9 L1 e1 R3 e2 L2 C1 R4 i1 i2 i3 R1 C2 R2 Fig.3.10 Esempio 3.9 Le equazioni alle correnti di maglia scritte direttamente come indicato in precedenza risultano: e1 − e2 = 0 R 1 + L1 D + 1 − C1 D 0 1 C1 D − 1 C1 D 1 1 R 2 + R 3 + L2 D + + C1 D C 2 D − L2 D 0 i1 − L2 D i2 L2 D + R 4 i3 3.5.1 Sono presenti accoppiamenti induttivi Per semplificare la scrittura delle equazioni è opportuno che i rami contenenti induttori mutuamente accoppiati siano attraversati da una sola corrente, ossia siano posti su corde. 62 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Nel caso in cui ciò non sia fatto va considerato l'accoppiamento relativo a tutte le correnti. Nell'esempio 3.10 sono scritte le equazioni di equilibrio elettrico sia per il caso in cui i termini mutuamente accoppiati siano sulle corde, sia per il caso che si trovino sui rami d'albero. Esempio 3.10 Si consideri il circuito di fig.3.11 in cui gli induttori L1 e L2 sono mutuamente accoppiati con coefficiente di mutua induzione M. L1 R3 e2 M e1 L2 C1 R4 i1 i2 i3 R1 C2 R2 Fig.3.11 Esempio 3.10 Considerando l'albero di fig.3.11 si ha: e1 − e2 = 0 R 1 + L1 D + 1 − C1 D − MD 1 C1 D − 1 C1 D 1 1 R 2 + R 3 + L2 D + + C1 D C 2 D R4 − MD i1 R4 i2 L2 D + R 4 i3 Con l'albero di fig.3.10 si avrebbe invece: e1 − e2 = 0 R 1 + L1 D + 1 C1 D 1 − + MD C1 D − MD 1 + MD C1 D 1 1 R 2 + R 3 + L2 D + + C1 D C 2 D − L2 D − − MD i1 − L2 D i2 L2 D + R 4 i3 In entrambi i casi le matrici delle impedenze risultano simmetriche. 3.5.2 Sono presenti generatori di corrente Inserendo i generatori di corrente sulle corde risultano note le correnti di maglia relative e pertanto si abbassa il numero delle (correnti) incognite. In questo caso le equazioni relative alle maglie contenenti i generatori di correnti non debbono essere scritte. Si osservi che le equazioni alle maglie comprendenti i generatori di corrente possono anche essere scritte purché si introduca come incognita la tensione alle estremità dei generatori stessi. Cap.3 63 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Esempio 3.11 L1 R3 vj j e L2 C1 R4 i1 i2 ≡-j i3 R1 C2 R2 Fig.3.12 Esempio 3.11 Per il circuito di fig.3.12 considerando che la corrente i2 ≡−j si ha: R 1 + L1 D + 0 0 1 C1D 1 0 i1 e C1 D − L2D R 4 + L2D i2 = 0 1 0 i3 −j − Scrivendo anche l'equazione alla maglia contenente il generatore, si ha: 1 1 − R 1 + L1 D + 0 0 C1D C1 D 0 − L2D R 4 + L2D 0 1 1 1 − + − L2D R 2 + R 3 + L2D + 1 C1D C1 D C 2 D 0 1 0 0 i1 i2 i3 vj e = 0 0 −j 3.5.3 Sono presenti generatori controllati Nella scrittura delle equazioni i generatori controllati vengono trattati come quelli indipendenti, per ogni generatore deve essere tuttavia aggiunta una equazione che fornisce la grandezza di pilotaggio. Le equazioni di equilibrio e quelle di pilotaggio possono essere accorpate per dar luogo ad un'unica equazione matriciale come è mostrato nell'esempio successivo. Esempio 3.12 Si vogliono scrivere le equazioni di equilibrio per il circuito di fig.3.13, contenente generatori controllati, facendo uso del metodo delle correnti di maglia. Fig.3.13 Esempio 3.12 64 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Poiché: i = i1 − i 2 e v = L1Di1 si ha: Si osservi che la matrice ottenuta non è più simmetrica. Cioè è tipico delle reti contenenti generatori controllati. Eliminando II, III e IV riga si ha: 3.6 Il metodo delle tensioni di taglio Il metodo delle tensioni di taglio discende dall'applicazione del solo I° principio di Kirchhoff al circuito. Di seguito, analogamente a quanto fatto per le correnti di maglia, viene fornita una dimostrazione del metodo. Si consideri la relazione (3.2) che esprime il II° principio di Kirchhoff e si evidenzino le tensioni [vC] e [vR] relative alle corde e ai rami d'albero. La (3.2) può essere riscritta: v [B R B C ] R = 0 (3.23) vC da cui si ha: [B R ] [v R ] + [B C ] [v C ] ( r − n +1)x (n −1) (n −1)x1 (r − n +1)x (r − n +1) (r − n +1)x1 =0 (3.24) La matrice [BC] è quadrata, diagonale e contiene elementi di valore 1 o - 1 sulla diagonale principale, pertanto può essere invertita e la sua inversa coincide con la matrice stessa. Si può quindi scrivere: [v C ] = −[B C ]−1 [B R ][v R ] = −[B C ][B R ][v R ] (3.25) La (3.25) mostra che le tensioni di corda possono essere determinate se sono note quelle di ramo d'albero. Dalla matrice [B] ottenuta per l'esempio 3.7 si ha: Il risultato trovato può essere verificato sul grafo orientato dell'esempio citato. Il metodo delle tensioni di taglio consente appunto di determinare, a meno del segno, Cap.3 65 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico le tensioni dei rami d'albero, e quindi, attraverso la (3.25), quelle di corda. Si definiscono tensioni di taglio quelle tensioni (fittizie) che sollecitano tutti i rami dell'insieme e che, considerando insiemi fondamentali, coincidono a meno del segno con le tensioni di ramo d'albero. Convenzionalmente le tensioni di taglio sono orientate in modo da far uscire la corrente dall'insieme stesso. Tutti i rami appartenenti ad un insieme di taglio sono quindi sottoposti alla tensione di taglio dell'insieme cui appartengono; ciò significa che i rami d'albero, appartenendo ad un solo insieme di taglio, sono sottoposti ad un'unica tensione mentre quelli posti sulle corde, appartenendo in generale a più insiemi sono sottoposti a più tensioni di taglio. Le tensioni di ramo d'albero sono legate a quelle di taglio da una matrice [DT] avente elementi non nulli, di valore 1 o - 1, solo sulla diagonale principale. Tale matrice coincide con quella identica se le tensioni di ramo d'albero sono orientate come quelle di taglio. Risulta: [v R ] = [D T ][v T ] (3.26) in cui [vT] è il vettore delle tensioni di taglio. Le tensioni dei rami sono fornite dalla relazione: v [v] = R = vC ( rx1) I (n −1)x (n −1) − BR BC (r − n +1)x (n −1) rx (n −1) [v R ] = (n −1)x1 DT [v ] = [T] [v ] − B C B R D T (n −1T)x1 rx (n −1) (n −1T)x1 (n −1)x (n −1) (3.27) (r − n +1)x (n −1) rx (n −1) Per l'esempio 3.7, supponendo le tensioni di ramo d'albero orientate come quelle di taglio, si ha: [D T ] = 1 0 0 0 1 0 1 1 − [B C ][B R ][D T ] = 0 0 1 0 1 1 −1 0 1 −1 0 0 [T] = 1 DT − BC BR D T 1 0 0 0 1 0 0 0 1 = 1 1 0 1 1 −1 0 1 −1 0 0 1 Si deve ora scrivere un sistema di (n - 1) equazioni nelle (n - 1) incognite costituite dalle tensioni di taglio. Consideriamo circuiti in cui i generatori indipendenti siano esclusivamente di corrente. Le correnti [i] agenti sui rami del circuito possono essere espresse, (secondo le convenzioni sui segni già specificate), per mezzo della relazione: [i] (rx1) = [ j] + [YR (D )] [v] (rx1) (rxr ) (rx1) (3.28) in cui [j] è il vettore degli ingressi, [YR(D)] e una matrice i cui elementi sono tutti nulli eccetto quelli sulla diagonale principale i cui termini sono le ammettenze di ramo. Premoltiplicando per [A] si ha: [A ][i] = [A][ j] + [A][YR (D )][v] = 0 (3.29) 66 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico da cui, adottando per i segni delle correnti le stesse convenzioni adottate nel I° principio di Kirchhoff (segni positivi per correnti uscenti dall'insieme di taglio), esprimendo le correnti di ramo in funzione di quelle di maglia si ottiene: [A] [YR (D )] [T] [v T ] = − [A ] [ j] ( n −1xr ) (rxr ) (rxn −1) (n −1xr ) (n −1)x (n −1) (3.30) (n −1xr ) (rx1) (n −1)x1 con ovvie posizioni: [YT (D )][v T ] = [ jT ] (3.31) in cui [YT(D)] è detta matrice delle ammettenze di taglio. Esempio 3.13 Fig. 3.14 Esempio 3.13 E' immediato verificare che, tenendo conto che le eventuali ammettenze in serie a generatori di corrente non danno contributo nel calcolo delle correnti e che quindi non vanno considerate, si ha: 1 0 0 0 1 1 0 0 1 0 0 1 1 1 [A ] = 0 0 1 0 0 −1 −1 0 0 0 0 0 0 1 0 −1 −1 −1 1/ R1 0 0 0 1 / L1 D 0 0 0 1/ R 2 0 0 0 [YR ] = 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1/ L2D 0 0 0 C1D 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1/ R 3 inoltre: [ jT ] = −[A][ j] = 0 j1 − j2 − j1 + j2 Dall'esempio precedente si deduce che: • La matrice delle ammettenze di taglio è simmetrica. Sulla diagonale principale è presente la somma delle ammettenze di tutti i rami appartenenti all'insieme di taglio; Cap.3 67 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico l'elemento Ykj rappresenta l'ammettenza del ramo a comune tra gli insiemi k e j, e ha segno positivo se gli insiemi sono uno interno all'altro, negativo se sono esterni. • La matrice delle impedenze di taglio può essere ottenuta direttamente dal circuito scrivendo il I° principio di Kirchhoff in funzione delle ammettenze e delle tensioni. • La matrice [jT] si ottiene assumendo con segno positivo le correnti, dei generatori di corrente, entranti nell'insieme di taglio, con segno negativo quelle uscenti. Esempio 3.14 Si vogliono scrivere le equazioni di equilibrio elettrico con il metodo delle tensioni di taglio dall'esame diretto del circuito di fig.3.15 Fig. 3.15 Esempio 3.14 Con le modalità descritte in precedenza per la costruzione della matrice delle ammettenze e delle correnti agli insiemi di taglio si ha: 1 1 1 1 + + CD + CD − L1 D L 2 D L2D L2D v T1 j1 + j2 1 1 1 R1 + vT2 = j1 + CD + CD − L2D L2D L2D v T3 − j1 + j3 1 1 1 − − R2 + L2D L2D L2D 3.6.1 Sono presenti accoppiamenti induttivi La scrittura delle correnti attraverso le ammettenze e le tensioni di taglio non è possibile se sono presenti rami mutuamente accoppiati, in tal caso le correnti debbono essere ricavate attraverso le correnti di maglia. Di seguito è illustrato un metodo che consente di sostituire ai rami mutuamente accoppiati un circuito equivalente in cui i rami risultano disaccoppiati. Dopo questa operazione è possibile l'applicazione diretta del metodo delle tensioni di taglio. Si considerino i due rami mutuamente accoppiati di fig.3.16 appartenenti rispettivamente agli insiemi di taglio 1, 2 e 3, 4. −∆/M −∆/M a) b) Fig. 3.16 Circuito con accoppiamento induttivo a) e suo equivalente b) Scrivendo le equazioni con il metodo delle correnti di maglia per il circuito di fig. 3.16 68 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico a), si ha: v1 − v 2 L D MD i1 = 1 v3 − v 4 MD L 2 D i 2 (3.32) in cui M>0 per corrente entrambe entranti o uscenti dai pallini e M<0 in caso contrario. Posto: (3.30) ∆ = L1L 2 − M 2 le correnti risultano: i1 1 L 2 − M v1 − v 2 (3.31) = i2 ∆D − M L1 v 3 − v 4 Risolvendo: L2 (v 1 − v 2 ) − M (v 3 − v 4 ) ∆D ∆D −M i2 = (v 1 − v 2 ) + L 1 (v 3 − v 4 ) ∆D ∆D i1 = Sommando e sottraendo v1 al termine in M nella prima equazione e v3 a quello in M della seconda equazione si ha: L2 (v1 − v 2 ) + M (v1 − v 3 ) + − M (v1 − v 4 ) ∆D ∆D ∆D M (v 3 − v 1 ) + − M (v 3 − v 2 ) + L 1 (v 3 − v 4 ) i2 = ∆D ∆D ∆D i1 = Procedendo come in precedenza sommando e sottraendo v2 e v4 anziché v1 e v2, e cambiando di segno risulta: L2 (v 2 − v 1 ) + M (v 2 − v 4 ) + − M (v 2 − v 3 ) ∆D ∆D ∆D M −M (v 4 − v 2 ) + (v 4 − v1 ) + L1 (v 4 − v 3 ) − i2 = ∆D ∆D ∆D − i1 = Le due serie di equazioni costituiscono l'equilibrio elettrico, scritto rispettivamente agli insiemi di taglio 1, 3 e 2, 4, del circuito di fig.3.16 b) che rappresenta quindi l'equivalente di quello di fig. 3.16 a). Possono verificarsi alcuni casi particolari: a) i rami accoppiati hanno un punto in comune a) b) Fig. 3.17 Accoppiamento induttivo con un punto a comune e suo equivalente Nel caso in cui i rami mutuamente accoppiati abbiano un punto a comune, i circuiti di Cap.3 69 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico fig. 3.16 a) e b) si trasformano come indicato nelle figg. 3.17 a) e b). Il circuito di fig. 3.17 b) è equivalente a quello di fig. 3.18 a) (circuito a p o a triangolo) e quest'ultimo (trasformazione triangolo-stella) , equivale a quello di fig. 3.18 b) (circuito a T o a stella). a) b) Fig. 3.18 Equivalenti a p a) e a T b) del circuito di fig. 3.17 a) La fig. 3.18 mostra che il circuito a p presenta una maglia in più rispetto a quello a T. Quest'ultimo presenta tuttavia un nodo in più. b) i rami accoppiati hanno due punti a comune Con passaggi ovvi si ottengono i circuiti di fig. 3.19 tra loro equivalenti. a) b) c) Fig. 3.19 Accoppiamento induttivo con due punti a comune a) e circuiti equivalenti b) e c) Esempio 3.15 a) b) Fig. 3.20 Esempio 3.15. Circuito di partenza a) e circuito disaccoppiato b) Dopo aver disaccoppiato il circuito di partenza, come illustrato in precedenza, si 70 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico possono scrivere le equazione con il metodo delle tensioni di taglio. Esse sono: 3.6.2 Sono presenti generatori di tensione I generatori reali di tensione presenti nel circuito possono trasformati, con le regole note, in generatori di corrente; dopo questa operazione si può procedere come per il caso precedente. Se tra i generatori indipendenti sono presenti generatori ideali di tensione conviene inserire questi ultimi sui rami d'albero, in tal caso la relativa tensione di taglio è nota (ed infatti coincide a meno del segno con la f.e.m. del generatore) e l'equazione a quell'insieme di taglio non deve essere scritta. Volendo invece procedere alla scrittura di tale equazione è necessario introdurre un'altra incognita che è la corrente nel generatore ideale di tensione. Esempio 3.16 Nel circuito di fig.3.21 è presente, oltre a due generatori di corrente, anche un generatore ideale di tensione. Nella scelta dell'albero il ramo contenente tale generatore è stato inserito su un ramo d'albero. Fig. 3.21 Esempio 3.14 Le equazioni di equilibrio sono: Volendo scrivere di equilibrio delle correnti anche per l'insieme 3 si ha: Cap.3 71 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico 3.6.3 Sono presenti generatori dipendenti Nella scrittura delle equazioni i generatori controllati vengono trattati come quelli indipendenti, per ogni generatore deve essere tuttavia aggiunta una equazione che fornisca la grandezza di pilotaggio. Le relazioni che forniscono la grandezza di pilotaggio possono essere compattate, insieme alle equazioni di equilibrio, per dar luogo ad un'unica equazione matriciale come mostrato negli esempi seguenti. Esempio 3.17 Fig. 3.22 Esempio 3.17 La tensione e la corrente di pilotaggio valgono: v = v 2 − v3 i= v1 + v 2 − v 3 R2 Compattando queste equazioni con quelle di equilibrio si ha: La presenza dei generatori dipendenti rende non simmetrica la matrice quadrata. Eliminando IV e V riga si ha anche: 72 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico Esempio 3.18 Si consideri il circuito di fig. 3.23 in cui è presente un generatore controllato di tensione. Fig. 3.23 Esempio 3.18 Essendo: v = v 2 − v 3 e v1 = µv si ha: Eliminando I e IV riga si ha anche: 3.7 Il metodo del potenziale di nodo Il metodo del potenziale di nodo è del tutto simile a quello delle tensioni di taglio, i due si differenziano per il fatto che mentre il primo discende dall'applicazione del I° principio di Kirchhoff agli n-1 insiemi di taglio indipendenti, il secondo discende dall'applicazione del I° principio di Kirchhoff agli n-1 nodi. (Gli n-1 nodi ai quali applicare il del I° principio di Kirchhoff possono essere scelti del tutto arbitrariamente poiché le equazioni risultano sono sempre linearmente indipendenti. Questo accade perché può essere sempre scelto un albero in modo tale che passando da un nodo al successivo, dal 1° Cap.3 73 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico all'(n-1)-mo, aggiungendo sempre un ramo d'albero nuovo, e quindi una corrente nuova). L'applicazione di questo metodo consente di calcolare i potenziali dei nodi del circuito. Come noto dai corsi di fisica il potenziale è definito a meno di una costante k il cui valore non influenza la d.d.p. tra i vari nodi. Si può quindi scegliere k in modo tale che il potenziale di un qualunque nodo del circuito risulti nullo. Tale nodo costituisce quindi il riferimento rispetto al quale calcolare il potenziale incognito dei restanti n-1 nodi. Applicando il I° principio di Kirchhoff a n-1 nodi (facendo coincidere l'n-mo con quello di riferimento) e indicando con [A] la matrice di incidenza ridotta, si ha: [A] [i] (n −1)xr (rx1) =0 (3.35) Premoltiplicando la (3.29) per [A] si ottiene: [A ][i] = [A][ j] + [A][YR (D )][v] = 0 (3.36) Indicando inoltre con [N] una matrice che lega il vettore [v] delle tensioni dei rami a quello [vN] dei potenziali degli n-1 nodi risulta: [v] = [N] [v N ] ( rx1) Dalla (3.36) si ha: (3.37) rx (n −1) (n −1)x1 [A] [YR (D )] [N] [v N ] = − [A] [ j] (n −1)xr con ovvie posizioni: (rxr ) rx (n −1) (n −1)x1 (n −1)x (n −1) (3.38) (n −1)xr rx1 (n −1)x1 [YN ( D)][ v N ] = [ jN ] (3.39) La matrice [YN(D)] è detta matrice delle ammettenze di nodo. Anche in questo caso la matrice è simmetrica, contiene sulla diagonale elementi Yii dati somma delle ammettenze dei rami collegati al nodo i, i termini Yij contengono la somma, cambiata di segno, delle ammettenze dei rami a comune tra i nodi i e j. La matrice può essere ricavata direttamente dal circuito sulla base delle considerazioni precedenti. Si può anche osservare che dopo aver effettuato il prodotto tra la matrice delle ammettenze il vettore delle tensioni di nodo, considerando anche il vettore degli ingressi, si ottengono delle equazioni rappresentanti ciascuna il I° principio di Kirchhoff applicato agli n-1 nodi. Esempio 3.19 C1 A R1 R4 B D 1 j1 j2 L1 L2 6 VA R3 Dal circuito di fig. 3.24 si ha: 7 VB 5 R2 E VD 2 4 8 3 VE = 0 C Fig. 3.24 Esempio 3.19 VC 74 Cap. 3 Scrittura delle equazioni di equilibrio elettrico La matrice delle ammettenze di ramo è la stessa dell'esempio 3.13, quindi: 3.7.1 Casi particolari Per i casi particolari si rimanda a quanto detto per il metodo delle tensioni di taglio. Di seguito è riportato un esempio di un circuito contenente generatori ideali di tensione. Esempio 3.20 A C1 i e1 B D R1 L1 L2 j1 j2 R2 e2 E C Fig. 3.13 Esempio 3.11 Poichè: v A − v B = e1 v C = −e 2 , indicando con i la corrente nel ramo di e1, si trova: 1 / L 2 D + C1 D 0 0 1 / L1 D 0 0 − C1 D 0 − 1 vA 1 vB − C1 D 1 0 −1 − 1 / R2 0 1 / R 2 + C1 D 0 0 0 0 0 −1 0 0 0 j1 v C = − j1 + j2 vD e1 i e2 CAPITOLO 4 4.1 Risoluzione delle equazioni del circuito Sono stati in precedenza illustrati alcuni metodi utilizzabili per la scrittura delle equazioni di equilibrio dei circuiti elettrici. Per circuiti lineari stazionari le equazioni risultanti sono differenziali, lineari, a coefficienti costanti. Nel caso in cui le equazioni siano di tipo integro-differenziali, attraverso una preventiva operazione di derivazione possono essere riportate a equazioni differenziali La soluzione delle equazioni differenziali può essere ottenuta mediante la trasformata di Laplace, come sarà mostrato in seguito, o direttamente nel dominio del tempo utilizzando la teoria classica. Un’altra tecnica di risoluzione direttamente nel dominio del tempo, che sarà illustrata, almeno in parte, nel presente capitolo è quella delle variabili di stato. 4.2 Richiami sulla soluzione classica delle equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti Sia assegnata l’equazione differenziale lineare a coefficienti costanti: m m −1 a m D ( ) x + a m −1D( ) x +......+ a 1Dx + a 0 x = f ( t ) (4.1) la soluzione completa x(t) è data dalla somma della soluzione xc(t) della (4.1) resa omogenea, e detta soluzione complementare, con una soluzione particolare xp(t). Si ha cioè: (4.2) x (t ) = x c ( t) + x p (t ) La soluzione dell’equazione omogenea è del tipo: a m D ( m) x + a m−1 D ( m−1) x +......+ a 1 Dx + a 0 x = 0 x c ( t ) = Ke pt (4.4) Sostituendo la (4.4) la (4.3) si ha: (a mp m ) + a m −1p m −1 +......+ a1p + a 0 Ke pt = 0 da cui si ottiene l’equazione algebrica: (4.3) 76 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo a m p m + a m −1p m −1 +......+ a 1p + a 0 = 0 (4.5) detta equazione caratteristica od anche equazione algebrica associata dalla quale si ottengono i valori di p da sostituire nella (4.4). E poiché una combinazione lineare delle soluzioni è ancora soluzione della (4.3), per la soluzione complementare si possono distinguere i seguenti casi: 1) Radici reali e distinte x c ( t ) = K 1e p1t + K 2 e p2 t +.................+ K m e p m t (4.6) 2) Radici reali multiple x c ( t ) = ( K1 + K 2 t + K 3 t 2 .................+ K m t m−1 )e pt (4.7) 3) Radici complesse coniugate distinte Per ogni coppia di radici complesse coniugate p i = σ i ± jω i (le radici complesse sono coniugate poiché l' equazione caratteristica è a coefficienti reali), posto: K i = u i + jv i = u 2i + v 2i e j arctg vi ui = K i e jϕ i si ha: x ci (t ) = K i e (σi + jωi )t + K *ie (σi − jωi )t = K i e σi t 2 K *i = u i − jv i = K i e − jϕ i e j(ωi t + ϕi ) + e − j(ωi t +ϕi ) 2 da cui: x ci ( t ) = 2 K i e σ i t cos(ω i t + ϕ i ) = 2 K i e σ i t sen ω i t + ϕ i + π 2 (4.8) 4) Radici complesse coniugate multiple Per ogni coppia di radici complesse coniugate pi di molteplicità q si ha: [ ( x ci ( t ) = 2e σi t K i1 cos(ω i t + ϕ i1 ) + K i2 t cos(ω i t + ϕ i2 )+.....+ K iq t q −1 cos ω i t + ϕ iq )] (4.9) 5) Radici immaginarie distinte Per ogni coppia di radici p i = ± jω i , ponendo σi=0 nella (4.8) si ha: x ci ( t ) = 2 K i cos(ω i t + ϕ i ) = 2 K i sen ω i t + ϕ i + π 2 (4.10) 6) Radici immaginarie di molteplicità q Posto σi=0 nella (4.9) risulta: [ ( x ci ( t ) = 2 K i1 cos(ω i t + ϕ i1 ) + K i2 t cos(ω i t + ϕ i 2 ) +.....+ K iq t q −1 cos ω i t + ϕ iq )] (4.11) Per la determinazione della soluzione particolare si rammenti che se la funzione a termine noto è del tipo: (4.12) f ( t ) = a 0 + a 1 t +................+ a n −1 t n si avrà: Cap.4 77 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo x p ( t ) = A 0 + A 1 t +................+A n −1 t n (4.13) in cui i coefficienti Ai si ottengono sostituendo la (4.13) nella (4.1). Se gli ingressi f(t) sono di tipo esponenziale, anche la xp(t) sarà esponenziale, ossia: f ( t ) = ae αt x p ( t ) = Ae αt (4.14) Rientrano in questa categoria anche gli ingressi costanti, per i quali si ha: f ( t) = a x p ( t) = A (4.15) e quelli di tipo sinusoidali, per i quali risulta: x p ( t ) = A sen( ωt + ϕ ) f ( t ) = K sen ωt (4.16) La soluzione di una equazione differenziale di ordine m è unica se sono assegnate m condizioni iniziali; esse sono il valore dell' incognita e delle sue prime m-1 derivate valutate in zero. Il problema: a m D ( m) x + a m−1 D ( m−1) x +......+a 1 Dx + a 0 x = f ( t ) x(0) = x 0 , Dx ] t =0 = x (01) , D2 x (4.17) ] t =0 = x (02) ,........., D m−1x] t =0 = x 0( m−1) ammette quindi un' unica soluzione. 4.3 Determinazione delle condizioni iniziali Come già si è detto nel Cap.2 per i condensatori e per gli induttori, ossia per gli elementi con memoria, la conoscenza della tensione o della corrente al tempo t è subordinata alla conoscenza di tale grandezza all' istante iniziale (in generale tale istante sarà t0, per comodità si assume t0 = 0). Ed è proprio la presenza di tali elementi circuitali che rendono differenziali le equazioni di equilibrio elettrico del circuito che altrimenti risulterebbero algebriche. Le condizioni iniziali vanno fornite per quelle grandezze, come le tensioni ai terminali dei condensatori e le correnti che attraversano gli induttori, che compaiono sotto forma di derivata nelle equazioni di equilibrio. Allo scopo di determinare le condizioni iniziali si indichi con 0- e 0+ un istante immediatamente precedente all' istante 0 ed uno immediatamente successivo. Per definizione si assume nullo il tempo intercorrente tra 0- e 0+. Si considerino i circuiti di fig. 4.1, rappresentati al tempo 0-, e si integrino le equazioni di equilibrio tra l' istante 0- e l' istante 0+ al termine del quale l' interruttore risulta chiuso. Per quanto detto in precedenza il tempo di chiusura dell' interruttore è assunto nullo. Le equazioni di equilibrio, per i circuiti di fig. 4.1, sono scritte alle maglie per i casi a) e c), ai nodi per i casi b) e d). R R i e i i L a) v j L R b) v e i v C (s c) Fig. 4.1 Circuiti RL e RC al tempo t=0 j C R (s d) - v 78 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo 1) Circuito RL Circuito di fig.4.1a) Circuito di fig.4.1b) 0+ 0+ 0+ 0+ 0+ 0+ 0 0 0 0 0 0 0+ i 0+ di edt = Ridt + L dt dt − − − ossia: 0+ edt = 0− ossia: ( ) Ridt + 0− L di jdt = dt + idt R dt − − − jdt = Ldi ( ) 0− i 0− ( ) i 0+ 0+ ( ) i 0− e poiché e è una funzione limitata si ha: 0+ L di + idt R − 0 e poiché j è una funzione limitata si ha: (4.18) 0 = 0 + L i 0 + − i 0 + 0 = 0 + L i(0 ) − i(0 ) (4.19) R Dalle precedenti relazioni, sia da quelle relative al circuito RL serie che da quelle relative al circuito parallelo, si deduce che per un induttore risulta verificata la relazione: [ + − ] [ ( ) ( )] i( 0 + ) = i( 0 − ) (4.20) la quale afferma che la corrente in un induttore non può avere discontinuità. Si può dare una spiegazione fisica del risultato trovato. La (4.20), attraverso le (4.18) e (4.19), esprime anche la continuità del flusso concatenato con l' induttore. Se così non fosse si avrebbe una tensione infinita ai terminali dell' induttore stesso (variazione finita di flusso concatenato in tempo nullo) e ciò implicherebbe per il caso a) un generatore di tensione infinita, per il caso b) un generatore di corrente infinita. Nel caso b) infatti la tensione infinita alle estremità dell' induttanza determinerebbe una corrente infinita nella resistenza, corrente che dovrebbe essere controbilanciata dal generatore. Se i generatori di tensione e di corrente fossero del tipo e = Vδ(t), j = Iδ(t) in cui δ(t) è la funzione impulsiva (vedi Appendice A) nei due casi si avrebbe: caso a) 0 + 0 − caso b) 0 + 0 − 0+ Vδ( t ) dt = V edt = jdt = da cui: 0 V i( 0 + ) = i( 0 − ) + L 0+ (4.21) − 0 jδ( t ) dt = I da cui: − ( ) ( ) i 0+ = i 0− + I R L (4.22) 2) Circuito RC Circuito di fig.4.1c) 0 0 + 0 + 0 Circuito di fig.4.1d) + dv edt = vdt + RC dt dt − − − ossia: 0+ 0 0 0+ v 0+ edt = 0− 0− 0 0 0 ( ) 0− + ) − v(0 )] − (4.23) ( ) v 0+ jdt = RCdv e poiché e è una funzione limitata si ha: [ 0+ dv jdt = C dt + dt − − 0+ v 0− 0 = 0 + RC v(0 0+ ossia: ( ) vdt + 0+ 0+ Cdv + ( ) v 0− v dt R − 0 v dt R − e poiché j è una funzione limitata si ha: (4.24) 0 = 0 + C v 0+ − v 0− [ ( ) ( )] Cap.4 79 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Dalle (4.23) e (4.24) si ha: v(0 + ) = v(0 − ) (4.25) La relazione (4.25) impone la continuità della tensione ai terminali del condensatore, il che significa anche continuità della carica. Se ciò non avvenisse, ossia se la carico subisse variazioni finite in tempi nulli nel condensatore circolerebbe una corrente infinita. Tale corrente richiederebbe un generatore di corrente infinito nel caso d) e di tensione infinita, che dovrebbe controbilanciare la caduta di tensione sulla resistenza, nel caso c). Se fossero disponibili tensioni impulsive si avrebbe: caso a) 0 + 0 − caso b) 0 + 0 − 0+ Vδ( t ) dt = V edt = jdt = da cui: 0 V v(0 + ) = v(0 − ) + RC 0+ − 0 jδ( t ) dt = I v(0 + ) = v(0 − ) + (4.26) da cui: − I C (4.27) 4.4 Calcolo delle condizioni iniziali in casi particolari 4.4.1 Caso di un nodo improprio Si consideri un caso, come quello rappresentato in fig.4.2, in cui in seguito ad una perturbazione si venga a formare un nodo improprio. a) b) Fig.4.2 Circuito al tempo t=0- a) circuito in cui al tempo t=0+ si è formato un nodo improprio Dalle fig.4.2 a) e b) si nota che le correnti negli induttori, diverse all' istante t=0- , debbono divenire uguali successivamente all' apertura dell' interruttore(che avviene in un tempo ritenuto nullo). Ciò comporta una discontinuità delle correnti per le quali all' istante 0+ deve essere i L1 0 + = i L 2 0 + = i 0 + . Per determinare il valore di i(0+), note i L1 0 + e ( ) ( ) ( ) ( ) equazione di equilibrio elettrico integrata tra 0- e 0+, si ha: i L 2 0 + , si consideri l' 0+ 0+ 0+ ( ) 0+ di di edt = Ridt + L1 dt + L 2 dt dt dt 0− 0− 0− 0− da cui si trova: (L1 + L 2 )i(0 + ) = L1i L1 (0 − ) + L 2 i L 2 (0 − ) e quindi: ( ) i 0+ = ( ) ( ) L1i L1 0 − + L 2 i L 2 0 − (L1 + L 2 ) (4.28) (4.29) 80 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo La relazione (4.28) indica che nel passaggio dalla 0- allo 0+ i flussi complessivamente concatenati con gli induttori L1 e L2 rimangono costanti. Se così non fosse si avrebbe nel circuito un impulso di tensione(ciò sarebbe possibile solo se fosse presente un generatore di tensione impulsivo ossia e = Kδ(t)). Si può osservare che ai terminali di ciascun induttore, per effetto della discontinuità della corrente, nasce un impulso di tensione. Gli impulsi di tensione relativi a L1 e L2 sono tali da compensarsi. Tutte le considerazioni svolte sono puramente teoriche in quanto, in pratica, nessun circuito può essere interrotto in un tempo nullo. Al momento dell' apertura dell' interruttore si forma infatti un arco elettrico che consente alla corrente di riassestarsi alla nuova situazione senza discontinuità. 4.4.2 Caso di una maglia impropria Questo caso può essere trattato in maniera del tutto simile al precedente. Si consideri infatti il circuito di fig.4.3 nel quale alla chiusura dell' interruttore si forma una maglia impropria. a) b) Fig.4.3 Circuito al tempo t=0- a) maglia impropria formatasi in seguito alla chiusura dell'interruttore b) L' equazione di equilibrio elettrico, scritta con il metodo del potenziale di nodo, integrata tra 0- e 0+ è: Ponendo ( ) ( ) ( ) v C1 0 + = v C 2 0 + = v 0 + si ha: (C1 + C 2 )v(0 + ) = C1v C1 (0 + ) + C 2 v C2 (0 + ) e quindi: ( ) v 0+ = ( ) ( ) C1 v C1 0 + + C 2 v C 2 0 + (C1 + C 2 ) (4.30) (4.31) La (4.31) esprime la costanza della carica complessivamente immagazzinata nei condensatori. Si può quindi concludere che: in generale, in seguito ad una perturbazione, non si presentano discontinuità nei flussi complessivamente concatenati con gli induttori appartenenti ad una maglia e nella carica complessiva dei condensatori che convergono in un nodo(o in un insieme di taglio). Se in seguito alla perturbazione non si formano nodi o maglie impropri quanto sopra equivale a dire che la corrente negli induttori e la tensione nei condensatori non presentano discontinuità. Cap.4 81 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo 4.5 Determinazione dell'ordine di una rete L' ordine di una rete è espresso dall' ordine dell' equazione, o del sistema di equazioni differenziali, che esprimono il suo equilibrio elettrico(modello matematico). L' ordine della rete può quindi essere individuato sulla base delle seguenti considerazioni: • data una equazione differenziale(o un sistema) debbono essere assegnate un numero di condizioni iniziali pari all' ordine dell' equazione; ordine di una equazione differenziale(o di un sistema) è pari al numero di • l' condizioni iniziali che debbono essere assegnate. Si deduce quindi che l' ordine del circuito coincide con il numero di condizioni iniziali che possono essere assegnate. Come ripetutamente affermato in un circuito elettrico le condizioni iniziali possono essere assegnate per le correnti negli induttori e per le tensione ai terminali dei condensatori. Detti nL e nC il numero degli induttori e quello dei condensatori l' ordine n del circuito sarà dato dalla relazione: n = n L + nC (4.28) La (4.28) cade in difetto in alcuni casi particolari. Per determinare una relazione più generale debbono prima essere fornite alcune definizioni. − + 2 1 3 4 e + i2 − + j2 + − − a) i1 j1 i3 b) Fig.4.4 Maglia impropria a) nodo improprio b) Si definisce rete degenere, una rete che contiene maglie improprie o nodi impropri. Si definisce maglia impropria(vedi fig.4.4a))una maglia i cui rami contengano solo condensatori e/o generatori ideali di tensione. In parallelo a detti rami possono comparire anche altri elementi circuitali. Si definisce nodo improprio (insieme di taglio improprio) (vedi fig.4.4b)) un nodo (insieme di taglio) nel quale convergono rami contenenti generatori ideali di corrente o induttori. In serie ai rami considerati possono comparire anche altri elementi circuitali. Indicando con mi il numero delle maglie improprie e con ni il numero dei nodi impropri risulta: n = n L + n C − mi − n i (4.29) a) Maglie improprie L' equilibrio elettrico della maglia impropria rappresentata in grassetto in fig.4.4a), scritto all' istante 0+ risulta: (4.30) − e( 0 + ) + v 1 ( 0 + ) + v 2 ( 0 + ) + v 3 ( 0 + ) − v 4 ( 0 + ) = 0 + Dalla (4.30) si ricava che una delle condizioni iniziali è funzione di e(0 ) e delle altre condizioni iniziali e pertanto non può essere assegnata arbitrariamente. L' ordine, essendo pari al numero di condizioni iniziali indipendenti, si abbassa pertanto di una unità. 82 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo b) Nodi impropri Applicando il I° principio di Kirchhoff al nodo improprio di fig.4.4b) e valutando per t=0+ si ha: j1 (0 + ) − i1 (0 + ) + i 2 (0 + ) − j2 (0 + ) + i 3 (0 + ) = 0 (4.31) Dalla (4.31) si deduce che non tutte le condizioni iniziali possono essere assegnate arbitrariamente in quanto una risulta combinazione lineare delle altre. L' ordine si abbassa quindi di una unità. 4.5 Le variabili di stato Come ripetutamente affermato la conoscenza, al generico istante t, della tensione ai terminali di un condensatore o della corrente che circola in un induttore è subordinato alla conoscenza del valore di tali grandezze all' istante assunto come iniziale. E'stato anche osservato come sia necessario conoscere tali valori iniziali, unitamente agli ingressi (generatori indipendenti) per risolvere un circuito, ossia per risolvere le equazioni differenziali che costituiscono l' equilibrio elettrico. Le correnti nei condensatori e le correnti negli induttori, la cui conoscenza consente anche di determinare l' energia immagazzinata nel circuito, vengono dette variabili di stato e possono essere organizzate in un vettore detto vettore di stato. In un circuito elettrico il numero delle variabili di stato coincide con il numero di elementi reattivi indipendenti ed è quindi anche uguale all' ordine del circuito. Se tutte le condizioni iniziali sono nulle, ossia sono nulle tutte le variabili di stato all' istante iniziale, si dice che il circuito si trova a stato nullo e la sua risposta è detta risposta a stato nullo o risposta forzata. Se invece è nullo il vettore degli ingressi la risposta del circuito dipende dalle sole condizioni iniziali ed è detta risposta a ingresso nullo o risposta libera. Detto X il vettore delle variabili di stato, X il vettore delle derivate delle variabili di stato, U il vettore degli ingressi, l' equazione: X = AX + BU (4.32) è detta equazione di stato. Le matrici A e B dipendono dagli elementi circuitali. Detto inoltre Y il vettore delle uscite, non necessariamente coincidenti con le variabili di stato, si ha la relazione: Y = CX + DU (4.33) detta equazione di uscita. C e D dipendono dai parametri del circuito. Si osservi che l' effettivo ordine del circuito emerge proprio operando con le variabili di stato (per un circuito di ordine n si possono infatti scrivere n equazioni differenziali del I° ordine) e non quando si scrivono le equazioni di equilibrio del circuito con le correnti di maglia o con le tensioni di nodo. Si consideri ad es. un circuito di II° ordine costituito da due condensatori in serie con un generatore di corrente (o due induttori in parallelo ad un generatore di tensione), in cui la corrente (la tensione nel secondo caso) è nota e pertanto non deve essere scritta alcuna equazione e di conseguenza non è necessaria alcuna condizione iniziale. Operando con le variabili di stato si ha: C1 VC1 = j VC1 = VC1 (o ) + jt L1 I L1 = E I L1 = I L1 (o ) + Et C 2 VC 2 = j VC 2 = VC 2 (o ) + jt L 2 I L2 = E I L 2 = I L 2 (o ) + Et Cap.4 83 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo 4.6 Circuiti del I° ordine Sono circuiti che contengono un solo elemento reattivo e quindi il loro equilibrio elettrico è espresso da una equazione differenziale del I° ordine. Per un circuito del I° ordine l' equazione di stato, matriciale, (4.32) si trasforma nell' equazione scalare: x = ax + bu (4.34) Qualunque circuito di I° ordine può essere trasformato, utilizzando i teoremi di Thevenin o di Norton in uno dei due circuiti rappresentati in fig.4.5. eeq i C Req Req Jeq v a) i L v b) Fig.4.5 Circuiti equivalenti del I° ordine. Equivalente di Thevenin a) di Norton b) Le equazioni di stato per i circuiti di fig.4.5 possono essere ricavati mediante la seguente procedura: caso a) Poiché la corrente può essere espressa come: i = CDv l' equazione di equilibrio, alla maglia, vale: e eq = R eq CDv + v da cui posto τ = R eq C si ha: Dv = − v e eq + τ τ (4.35) caso b) Poiché la tensione può essere espressa come: v = LDi l' equazione di equilibrio, al nodo, vale: L L jeq = Di + i da cui posto τ = si ha: R eq R eq i jeq (4.36) Di = − + τ τ Posto Di = x , i = x , jeq = u Posto Dv = x , v = x , e eq = u In entrambi i casi si ottiene: x=− x u + τ τ (4.37) che corrisponde alla (4.34) se si pone a = −1/τ e b =1/τ. La costante τ ha le dimensioni di un tempo ed è detta costante di tempo. Il significato della costante di tempo verrà illustrato in seguito. La (4.37) costituisce una equazione differenziale lineare a coefficienti costanti e che può quindi essere risolta come indicata al paragrafo 4.2 L' equazione caratteristica relativa alla (4.37) è: p+ 1 da cui si deduce: p = − . τ La soluzione complementare risulta: 1 =0 τ (4.38) 84 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo x c ( t ) = Ke − pt = Ke − t τ (4.39) La soluzione particolare dipende dal tipo di ingresso applicato. Saranno ora riportate le risposte del circuito per alcuni tipici ingressi e precisamente: risposta al gradino, risposta all' impulso, risposta all' ingresso sinusoidale. L' ingresso a gradino e quello impulsivo sono definiti in Appendice A. 4.6.1 Risposta al gradino Assumendo u(t) = u0 (per i due circuiti di fig.4.5 si avrebbe eeq = u0 e jeq = u0 ) che corrisponde ad un ingresso costante nel tempo e x(t0) = x0 si ha xp(t) = A. Sostituendo nella (4.37) si ottiene A=u0. La soluzione completa vale: x( t ) = x c ( t ) + x p ( t ) = Ke − t τ + u0 valutando per t = t0 si trova: [ K = x( t 0 ) − u ( t 0 ) e quindi: t0 eτ t0 eτ ] x( t ) = ( x 0 − u 0 )e = (x 0 − u 0 ) − t−t0 τ + uo (4.40) Nella (4.40) il primo addendo, ossia la soluzione complementare si annulla se, come negli esempi considerati, τ>0, in tal caso si afferma che il circuito è asintoticamente stabile e la soluzione complementare viene anche detta risposta transitoria. La soluzione particolare è detta risposta a regime. La (4.40) può anche essere scritta: x(t ) = x 0 e − t−t0 τ + u0 1− e − t−t0 τ (4.41) in cui il primo addendo rappresenta la risposta del circuito alle sole condizioni iniziali e viene detta risposta libera o a ingresso nullo. Il secondo addendo rappresenta la risposta del circuito ai soli ingressi ed è detto risposta forzata o a stato nullo. Si può osservare che, per circuiti asintoticamente stabili, la risposta libera tende a zero mentre quella forzata tende alla risposta a regime. Riassumendo, indicando con xt(t), xr(t), xl(t), xf(t),le risposte: transitoria, a regime, libera, forzata, si ha: x( t ) = x t ( t ) + x r ( t ) = x l ( t ) + x f ( t ) [ ] x t ( t ) = x( t 0 ) − x r ( t 0 ) e x r ( t) = u 0 x l ( t ) = x( t 0 )e − t−t0 τ x f ( t) = u 0 1 − e − t−t0 τ − t−t0 τ (4.42) Cap.4 85 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Per semplicità di rappresentazione grafica si consideri ora la (4.40) valutata per t 0 =0 e x 0 =0, in tal caso essa diviene: x( t ) = u 0 1 − e − t τ (4.43) L' andamento nel tempo della relazione (4.43), riportato in fig.4.6, mostra come l' uscita x(t) tenda esponenzialmente all' ingresso u0. uo x(t) uoe −t/τ t Fig.4.6 Risposta di un circuito del I° ordine Eseguendo la derivata, rispetto al tempo della (4.43) e valutando per t=0, ossia nell' origine, si ha: dx( t ) dt t =0 u 0 − τt = e τ = t =0 u0 τ La derivata così calcolata rappresenta il coefficiente angolare della tangente alla curva di x(t) nell' origine. E'facile verificare che tale tangente incontra l' asintoto alla curva x(t) in t = τ. Valutando inoltre la (4.43) per t = τ si ha: x( τ ) = u 0 (1 − e −1 ) ≅ 0,632 u 0 I risultati trovati consentono di formulare le due seguenti definizioni per la costante di tempo: • la costante di tempo τ è il tempo necessario affinché x(t) raggiunga il 63,2% del suo valore finale • la costante di tempo τ rappresenta l'ascissa del punto di incontro tra l'asintoto di x(t) e la tangente a tale curva nell'origine La prima definizione è più adatta a determinare τ qualora sia noto (ad esempio perché ricavato sperimentalmente) l' andamento di x(t). Sarebbe infatti difficile riuscire a tracciare la tangente alla curva nell' origine senza commettere errori Ripetendo il procedimento, tracciando la tangente alla curva in τ, si trova che essa incontra l' asintoto in 2τ e così via. Nella TAB 4.1 sono riassunti i risultati ottenuti dal calcolo di x(t) in corrispondenza a tempi multipli della costante di tempo. Dalla suddetta tabella si deduce che per quanto il transitorio abbia una durata teorica infinita, in pratica esso può considerarsi esaurito quando è trascorso un tempo pari a circa 4÷5 volte la costante di tempo. 86 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo TAB 4.1 x( t ) u0 0 0,632 0,865 0,950 0,982 0,993 t 0 τ 2τ 3τ 4τ 5τ Ascissa dell' intersezione tra tangente e asintoto τ 2τ 3τ 4τ 5τ 6τ I risultati della TAB. 4.1 sono anche rappresentati nel grafico di fig.4.7 x(t ) u0 1 0,632 τ 0 2τ 3τ t Fig.4.7Derivazione della costante di tempo dal grafico della risposta al gradino Si considerino ora i circuiti di fig.4.5 con generatori disattivati, come mostrato in fig.4.8, e con elementi reattivi in possesso di una carica iniziale x(t0). Req i C + − i Req v − L v + a) b) Fig.4.8 Scarica di un circuito RC a) scarica di un circuito RL b) Per i due circuiti di fig.4.8 si ha: CR eq Dv + v = 0 L Di + i = 0 R eq x(t0) = v(t0) x(t0) = i(t0) Con le stesse posizioni usate in precedenza si può genericamente scrivere: x+ x =0 τ (4.44) da cui si ottiene la risposta libera: x( t ) = x( t 0 ) e − t −t0 τ (4.45) Cap.4 87 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo e considerando t0=0 e ripetendo il procedimento illustrato in precedenza si ottengono la TAB.4.2 e la fig.4.9. TAB 4.2 x( t ) t x( t 0 ) 1 0,368 0,135 0,050 0,018 0,007 0 τ 2τ 3τ 4τ 5τ Ascissa dell' intersezione tra tangente e asse t τ 2τ 3τ 4τ 5τ 6τ la costante di tempo τ è il tempo necessario affinché x(t) raggiunga il 36,8% del suo valore iniziale • la costante di tempo τ rappresenta l'ascissa del punto di incontro tra la tangente alla curva di x(t) nel punto t=0 e la l'asse dei tempi • x( t ) x( t 0 ) 1 τ 0 2τ t 3τ Fig.4.9 Scarica di un circuito del I° ordine E'interessante ricavare la derivata di x(t) che rappresenta, a meno di L, la tensione nel caso LR e, a meno di C, la corrente nel caso RC. Risulta: x( t ) = − x( t ) = − [ x(t ) − u ] e 0 x( t 0 ) τ 0 τ e − − t−t0 τ In fase di scarica t−t0 τ In fase di scarica Riassumendo, per i circuiti RC ed RL nella configurazione di fig.4.5, si ha: Circuito RC Carica [ t−t − 0 e τ ] v( t ) = v ( t 0 ) − v r ( t 0 ) + v r (t) v( t ) = v( t 0 t−t v ( t ) − v( t 0 ) − τ 0 i( t ) = r 0 e R eq τ = R eq C v r ( t ) = E eq (4.46) Scarica t −t0 − )e τ − v( t 0 ) − i( t ) = e R eq t−t0 τ (4.47) 88 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Circuito RL Carica [ ] i( t ) = i( t 0 ) − i r ( t 0 ) e − t−t0 τ [ v( t ) = R eq i r ( t 0 ) − i( t 0 ) τ= L R eq Scarica + i r (t) i( t ) = i( t 0 ) e t−t0 − e τ ] − t −t0 τ v( t ) = − R eq i( t 0 )e (4.48) − t−t0 τ (4.49) i r ( t ) = J eq Esempio 4.1 Nel circuito di fig.4.10 l' interruttore viene portato in posizione 1 all' istante t=0 , all' istante t1 viene portato in posizione 2 e all' istante t3 in posizione 3. Calcolare gli andamenti di tensione e corrente del condensatore. Si assuma E1 = 10V, E2 = 5V, R1=10KΩ, R2=5KΩ, R3=5KΩ, C=10µF, vC(0)=0, t1=0,6s, t2=1s. 1 2 3 R1 R2 E1 E2 R3 C Fig.4.10 Esempio 4.1 Interruttore in posizione 1 In base alle (4.46) si ha: τ 1 = R 1C = 0,1s ; v c ( t ) = E 1 1 − e − t τ1 = 10(1 − e −10 t ) ; i( t ) = [E1 − v c (0)]e R1 − t τ1 = 10 −3 e −10 t Il circuito è da considerarsi a regime per un tempo pari a 5τ1 = 0,5s. Ciò significa il circuito è a regime al momento della commutazione dell' interruttore in posizione 2. i(mA) v(V) 10 1 i(t) 0 0,6 1 -1 Fig.4.11Andamento di tensione e corrente t(s) Cap.4 89 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Interruttore in posizione 2 La condizione iniziale e la costante di tempo sono: v c ( t 1 ) = E 1 = 10V τ 2 = R 2 C = 0,05s Si ha inoltre: v c ( t ) = [v c (t 1 ) − E 2 ]e − t − t1 τ2 E 2 − vc (t1 ) − i( t ) = e R2 [ ] + E 2 = 5 e −50( t − t1 ) + 1 t − t1 τ2 = −10 −3 e −50( t − t1 ) Poiché t 2 > 5τ 2 = 0,05s il circuito risulta a regime quando l' interruttore viene commutato in posizione 3. Interruttore in posizione 3 Si ha: vc(t2) = E2 = 5V, τ3= R3C = 0,05s. Per tensione e corrente risulta: v c ( t ) = v c ( t 2 )e − t−t2 τ3 = 5e v (t ) − i( t ) = − c 2 e R3 −50( t − t 2 ) t−t2 τ3 = −10 −3 e −50( t − t 2 ) Gli andamenti di tensione e corrente sono rappresentati in fig.4.11 Esempio 4.2 Si consideri il circuito di fig.4.5b) alimentato con la corrente riportata nel grafico di fig.4.12. Tale corrente, per quanto affermato in Appendice A può essere rappresenta mediante la relazione: [ j( t ) = J u( t ) − u( t − t 1 ] e corrisponde all' applicazione, nell' intervallo 0 ÷ t1 di un generatore di corrente J. Tale generatore è disattivato per t > t1. j(t) J 0 t1 t Fig. 4.12 Andamento della corrente applicata al circuito di fig.4.5b) Assumendo: iL(0) = 0, J=10mA, Req=1kΩ, C=10µF, t1=50ms, la costante di tempo risulta τ = 10ms. Per tensione e corrente si ha quindi: Intervallo 0 ÷ t1 La corrente e la tensione risultano: i L (t) = J 1 − e − t τ = 10 − 2 (1 − e −100 t ) v( t ) = [J − i L (0)]R eq e − t τ = 10e −100 t Il circuito può essere considerato a regime all' istante t1, risulta infatti t1 = 50ms = 5τ, e pertanto risulta: iL(t1) = J = 10mA 90 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo t > t1 i L ( t ) = i L ( t 1 )e i(mA) − t τ −2 = 10 e −100 t v( t ) = −i L ( t 1 ) R eq e i(mA) v(V) − t τ = −10e −100 t v(V) 10 10 iL(t) iL(t) v(t) 0 50 0 t(ms) 50 20 t(ms) v(t) Fig.4.13 Andamenti di tensione e corrente con t1 = 50ms a) e t1=20ms b) Nel caso in cui fosse t1 =20ms, il circuito non avrebbe raggiunto il regime per t = t1 e pertanto si avrebbe: i L (t) = J 1 − e v( t ) = − J 1 − e − − t1 τ t1 τ e − t τ R eq e = 8,64 ⋅ 10 − 3 e −100 t − t τ = −8.64 ⋅ 10 − 3 e −100t In fig. 4.13 sono riportati, per i due valori di t1, gli andamenti di corrente e tensione per i due valori di t1. 4.6.2 Risposta all'impulso Si vuol determinare la risposta all' impulso unitario δ(t) dei due circuiti del primo ordine rappresentati in fig.4.5. La risposta libera, dipendendo dalle sole condizioni iniziali, è fornita per qualunque ingresso, e quindi anche per quello impulsivo, dalla relazione indicata nella (4.42). Per la risposta forzata si può osservare che essendo l' impulso unitario la derivata del gradino unitario, come illustrato in Appendice A, la risposta forzata all' impulso unitario, poiché il circuito è lineare e stazionario, può essere ottenuta derivando la risposta al gradino unitario. La risposta forzata al gradino unitario si trova ponendo u0=1e x0=0 nella (4.41), ossia: x f (t) = 1 − e − t−t0 τ u( t − t 0 ) (4.50) in cui la funzione a gradino unitario traslata u(t-t0), sottintesa nella (4.40), significa che la risposta del circuito è nulla per t<t0. I circuiti godono infatti della proprietà di causalità secondo la quale il circuito può fornire una risposta solo dopo l' istante t0 in cui viene applicato l' ingresso (come dire che l' effetto è successivo alla causa). La presenza di u(t-t0) è richiesta se si vuol derivare nel senso indicato in Appendice A. Derivando in tal senso si ha la risposta all' impulso unitario che vale: Cap.4 91 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo t−t0 τ 1 − xδ (t) = − − e τ u( t − t 0 ) + 1 − e − t−t0 τ 1 − δ( t − t 0 ) = e τ t−t0 τ u( t − t 0 ) Il risultato ottenuto coincide con quello che si trova derivando in senso ordinario poiché la (4.50) non presenta discontinuità. Derivando ulteriormente si ha: x δ (t) = − 1 τ 2 e − t −t 0 τ 1 − u(t − t 0 ) + e τ t−t0 τ 1 δ( t − t 0 ) = − τ 2 e t −t 0 τ − 1 u ( t − t 0 ) + δ( t − t 0 ) τ Riassumendo e considerando anche il caso t0=0 si ha: Risposta al gradino unitario x( t ) = x 0 e x(t ) = x 0 e t −t0 − τ − t τ +1− e +1− e − t τ t−t0 − τ Risposta all'impulso unitario u( t − t 0 ) x δ (t) = x 0 e x δ (t) = x 0 e u(t) t−t0 τ − − t τ 1 − + e τ t−t0 τ u ( t − t 0 ) (4.51) t 1 − + e τ u( t ) τ (4.52) Per i circuiti di fig.4.5, con t0=0, si ha: Circuito RC di fig.4.5a) vδ ( t) = i δ ( t) = t − v(0)e τ + 1 R eq C t − e τ Circuito RL di fig.4.5b) t R eq − t − u( t ) (4.53) i δ ( t ) = i(0)e τ + e τ u( t ) L (4.54) [i( 0) − 1]R eq − τ v( 0) − 1 − τ 1 − v( 0) e u( t ) + [1 − i(0)]R eq δ( t ) (4.56) e u( t ) + δ ( t ) (4.55) v δ ( t ) = 2 L R eq R eq C 2 t t Con condizioni iniziali nulle si ha: Circuito RC di fig.4.5a) vδ ( t) = 1 R eq C i δ ( t ) = Cv δ = − t − τ e u( t ) 1 R 2eq C e − = t 1 −τ e u( t ) τ t τ u( t ) + Circuito RL di fig.4.5b) (4.57) i δ ( t ) = 1 δ ( t ) (4.59) R eq R eq L e − v δ ( t ) = Li δ = − t τ u( t ) R 2eq L e t 1 − = e τ u( t ) τ − t τ u( t ) + R eq δ ( t ) (4.58) (4.60) Gli andamenti rappresentati dalle (4.57), (4.58), (4.59),(4.60) sono riportati in fig.4.14 vδ(t) iδ(t) vδ(t) iδ(t) 1 τ t δ( t ) R eq δ ( t ) R eq −1 − R 2eq L R 2eq C Fig.4.14 Risposta all'impulso per circuiti del I° ordine 92 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Si può dare una ulteriore interpretazione della risposta all' impulso. Si consideri infatti l' Esempio 4.2. in cui J1=1/∆ e t1=∆, si ottiene: i (t ) = t − 1 1− e τ ∆ i(t ) = i(∆ )e − t τ v (t ) = R eq e ∆ v(t ) = −i(∆ )R eq e − − t τ per t < ∆ ∆ t τ con − 1 i(∆ ) = 1− e τ ∆ per t > ∆ Al tendere a zero di ∆ il segnale di ingresso tende all' impulso unitario. Per le risposte, considerando che: lim e − ∆ τ ∆ →0 R eq i (t ) = 1 τ v (t ) = i (t ) = 1 τ v (t ) = − ≅ 1− 1− ∆ R eq τ ∆ si ha: τ R eq τ = = R eq δ(t ) A ∆ 1− per t < ∆ R eq R eq τ =− =− A τ L per t > ∆ 4.6.3 Risposta all'ingresso sinusoidale Si consideri un ingresso del tipo: u( t ) = U M sen ωt (4.61) La soluzione complementare è espressa dalla (4.39), la soluzione particolare è invece del tipo: x p ( t ) = X M sen( ωt + ϕ ) (4.62) Sostituendo nella (4.37), opportunamente riscritta, si trova: τωX M cos( ωt + ϕ ) + X M sen( ωt + ϕ ) = U M sen ωt 1 + ω 2 τ 2 , con ovvi passaggi si ha: Moltiplicando e dividendo il primo membro per XM 1 + ω2τ2 τω 1 + ω 2 τ2 cos( ωt + ϕ ) + 1 1 + ω2τ2 [ sen( ωt + ϕ) = U M sen ωt ] X M 1 + ω 2 τ 2 sen β cos( ωt + ϕ) + cos β sen( ωt + ϕ ) = U M sen ωt X M 1 + ω 2 τ 2 sen( ωt + ϕ + β) = U M sen ωt Confrontando il risultato ottenuto con la (4.62) risulta: XM = UM 1 + ω2τ2 La soluzione completa è quindi: ϕ = −β = − arctg ωτ (4.63) Cap.4 93 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo x( t ) = Ke − t τ + X M sen( ωt + ϕ ) (4.64) nota la condizione iniziale x(0) può essere determinata la costante K che vale: ωτ K = x( 0) − X M sen ϕ = x( 0) + X M sen β = x( 0) + X M 1 + ω2τ2 Supponendo nulla la condizione iniziale risulta: x( t ) = UM ωτ 1 + ω2τ2 1 + ω2τ2 e − t τ + sen( ωt + ϕ ) (4.65) L' andamento qualitativo della (4.65) è mostrato nella fig.4.15 x(t) x(t) xc(t) xc(0) x(0) 0 xp(0) t xp(t) Fig.4.15 Risposta di un circuito del I° ordine all'ingresso sinusoidale 4.7 Soluzione dell'equazione di stato per circuiti del I° ordine Per i circuiti del I° ordine le equazioni matriciali (4.32) e (4.33) divengono equazioni scalari che possono essere scritte nella forma: x = ax + bu (4.66) (4.67) y = ax + du con a = −1/τ e b =1/τ. Come detto la risposta del circuito è data dalla somma della risposta libera e quella forzata. Cioè: x( t ) = x l ( t ) + x f ( t ) in cui la risposta libera è già stata calcolata (equazioni (4.42)) e vale: x l ( t ) = x( t 0 )e ( 0 ) . Nelle (4.42) è riportata anche la risposta forzata per l' ingresso a gradino. Si può dimostrare che la risposta ad un ingresso qualunque può essere calcolata mediante l' integrale di convoluzione (vedi Appendice B) ossia mediante la relazione: −a t − t t x f ( t ) = w ( t − t ')u( t ')dt ' (4.68) t0 in cui w(t-t' ) rappresenta la risposta del circuito, inizialmente scarico, all' impulso unitario. Tale risposta si ottiene dalle (4.52) e, con le posizioni fatte, vale: w ( t ) = be at Sostituendo la (4.69) nella (4.68) si ha: (4.69) 94 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo t x f ( t ) = be a ( t − t ') u( t ')dt ' (4.70) t0 La soluzione completa vale quindi: t x( t ) = x( t 0 )e a ( t − t 0 ) + be a ( t − t ') u( t ')dt '= x( t 0 )e − ( t−t0 ) τ t + t0 t0 1 − e τ ( t − t ') τ u( t ')dt ' (4.71) Si può verificare con una semplice sostituzione che la (4.71) è soluzione dell' equazione di stato(*) Esempio 4.3 Si calcoli la risposta forzata per il circuito di fig.4.5a) con ingresso la tensione continua di valore Eeq. Applicando la (4.70) si ha: t v f (t) = t0 1 − e τ ( t − t ') τ E eq dt '= e − t ( t − t ') τ = E eq 1 − e E eq − ( t−t0 ) τ t0 Assumendo come uscita la corrente, la relazione y = cx + du, diviene: i=− E eq E eq − ( t − t 0 ) v + = e τ R eq R eq R eq 4.8 Circuiti con τ< 0 (circuiti instabili) In questo caso la relazione la risposta del circuito è fornita dalla relazione (4.40) in cui l' esponenziale è positivo: [ ] x( t ) = x 0 − u r ( t 0 ) e t−t0 τ + u r ( t) (4.72) La soluzione complementare non tende a zero come nel caso τ > 0 e pertanto non ha più senso parlare né di transitorio (che per definizione si deve estinguere) né di regime (poiché quest' ultima è una situazione che si verifica a transitorio esaurito). Un circuito che presenti costante di tempo negativa è detto instabile. Si può osservare che un circuito costituito di soli elementi passivi (R,L,M,C) non può presentare costante di tempo negativa. Dal punto di vista fisico ciò non può accadere perché mancano nel circuito quegli elementi che dovrebbero fornire l' energia per sostenere una uscita tendente, nella sua parte rappresentata dalla soluzione complementare, all' infinito. Ciò può invece accadere, entro certi limiti, se nel circuito sono presenti elementi attivi, rappresentati mediante generatori controllati. Si può concludere che in un circuito del I° ordine in cui non compaiano generatori controllati la costante di tempo è sicuramente negativa. (*) D In questa operazione si tenga conto che β( x) β( x) α( x) α ( x) f ( x, y) dy = f [ x, β( x)]β'(x) + f [ x, α ( x)]α '(x) + ∂f ( x , y ) dy ∂x Cap.4 95 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Esempio 4.4 In fig. 4.16 a) e b) sono rappresentati due inseguitori di tensioni, il primo reazionato positivamente, il secondo negativamente. Nelle figg.4.17 a) e b) sono riportati i corrispondenti circuiti equivalenti ottenuti considerando una resistenza di ingresso infinita v0 C e a) v0 C e b) Fig.4.16 Inseguitore di tensione reazionato negativamente a) e positivamente b) vd e Avd R C vd v0 a) e Avd R C v0 b) Fig.4.17 Circuiti equivalenti degli inseguitori di tensione di fig.4.16 Il circuito equivalente di Thevenin ,tra i terminali di uscita, essendo vd ≅0 ha come f.e.m equivalente: e eq = v 0 = − v d + e = e nel caso a) e eq = v 0 = v d + e = e nel caso b) Per determinare la resistenza equivalente deve essere disattivato il generatore di tensione indipendente e applicato un generatore di prova di valore v0* tra i morsetti di uscita. detta i* la corrente in R si ha: v *0 = Ri * + Av d = Ri * − Av 0 nel caso a) v *0 = Ri * + Av d = Ri * + Av 0 nel caso b) Le resistenze equivalente risulta nei due casi: v *0 v *0 R R R R Ra = * = ≅ Rb = * = ≅− 1+ A A 1− A A i i le costanti di tempo valgono quindi: RC RC τa = τb = − A A Esempio 4.5 Come altro esempio di circuito del I° ordine, con costante di tempo positiva o negativa al variare dei parametri, si consideri il circuito rappresentato in fig.4.18a). In fig.4.18b) è rappresentato il circuito da utilizzare per il calcolo della resistenza equivalente di Thevenin. Volendo determinare la f.e.m. di Thevenin, dal circuito di fig.4.18a) risulta: e eq = 2 Ri 1 e = Ri 1 da cui si ottiene: e eq = 2e Per il calcolo della resistenza equivalente, dal circuito di fig.4.18b), si ha: 96 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo v ∗0 i1 = R v ∗0 i2 = 2R 3 A − 2R 2R 0 i * = i 1 + i 2 + i 3 = v ∗0 v ∗0 − Av d v ∗0 − Av ∗0 / 2 Av ∗0 = ≅− i3 = R0 R0 2R 0 v ∗0 v d = Ri 2 = 2 da cui si ottiene: R eq = La costante di tempo risulta dunque negativa per R > 105 la costante di tempo è negativa per R>3mΩ. 3R 0 . Assumendo R0 = 100Ω e A = A i2 R R vd e i1 R C R a) i1 R0 i2 i* v0 * i3 R R R 2 RR 0 3R 0 − AR Avd R b) Fig.4.18 Esempio 4.5 4.9 Circuiti del II° ordine Sono del II° ordine quei circuiti, costituiti da un numero qualunque di maglie e nodi, che contengono due elementi reattivi indipendenti (dello stesso tipo o di tipo diverso, vale a dire due induttori, due condensatori, un induttore e un condensatore) e per la cui soluzione debbono essere fornite due condizioni iniziali. La risoluzione delle equazioni integro-differenziali che rappresentano l' equilibrio elettrico conduce alla risoluzione di una equazione caratteristica di II° grado. Sono circuiti tipici del secondo ordine i due circuiti, RLC serie e RLC parallelo, rappresentati in fig.4.19. Rs J + iR iL v Rp L iC C + vR L − + vL − + vC e _ i a) − C b) Fig.4.19 Circuiti del II° ordine, RLC parallelo a) e RLC serie b) Le equazioni di equilibrio per i due circuiti di fig. 4.19 sono: Circuito RLC parallelo Circuito RLC serie j = i R + i L + i C Poiché v = LDi L risulta: LDi L j= + i L + LCD 2 i L da cui: Rp 1 1 1 j = D2i L + Di L + i LC R pC LC L Poiché e = vR + vL + vC i = CDv C risulta: e = R s CDv C + LCD 2 v C + v C da cui: Rs 1 1 (4.74) e = D2 vC + Dv C + v (4.73) LC L LC C Cap.4 97 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Si osservi che la (4.73) può essere ottenuta dalla (4.74), e viceversa, scambiando iL con vC, C con L, Rs con 1/Rp. Tale proprietà e tipica dei circuiti duali. Le (4.73) e (4.74) possono essere poste nella forma standard: D 2 x + 2 Dx ξω n + xω 2n = ω 2n y od anche: (4.75) x + 2 x ξω n + xω 2n = ω 2n y in cui ξ e detto fattore di smorzamento e ωn è la pulsazione naturale. Per i circuiti di fig.4.19 si ha rispettivamente: ωn = ξ= 1 ωn = LC 1 2R p L C ξ= 1 (4.77) LC Rs 2 (4.76) C L (4.78) Le (4.75) e (4.76) hanno soluzione unica se sono assegnate le condizioni iniziali: x( 0) = x 0 x( 0) = x 0 (4.79) 4.9.1 Determinazione della soluzione complementare L' equazione caratteristica relativa alle (4.75) e (4.76) e le relative soluzioni sono: p 2 + 2 pξω n + ω 2n = 0 (4.80) 2 (4.81) p 1,2 = − ξω n ± ω n ξ − 1 Al variare del coefficiente di smorzamento ξ , comunemente detto anche smorzamento, si distinguono i seguenti casi, ottenibili direttamente dal paragrafo 4.2: a) Radici reali e distinte( ξ >1 circuito sovrasmorzato) ( −ω n t ξ − ξ 2 −1 ) ( − ω n t ξ + ξ 2 −1 ) x c ( t ) = K 1e p1t + K 2 e p2 t = K 1e + K2e b) Radici reali coincidenti( ξ =1 circuito con smorzamento critico) x c ( t ) = ( K1 + K 2 t )e − ξω n t (4.82) (4.83) c) Radici complesse coniugatate( ξ <1 circuito sottosmorzato) [( ) ] x c ( t ) = 2 Ke −ξω n t cos ω n 1 − ξ 2 t + ϕ (4.84) d) Radici immaginarie pure( ξ =0 circuito non smorzato) x c ( t ) = 2 K cos(ω n t + ϕ) (4.85) Gli andamenti di xc(t) per i vari casi sono riportati in fig.4.20. 4.9.2 Risposta al gradino unitario Assumendo come ingresso il gradino unitario u(t), si ottiene una soluzione particolare costante xp(t) = A. Sostituendo nella (4.75) o (4.76) si ottiene A = u(t). La soluzione completa risulta quindi: x(t) = xc(t) + xp(t) 98 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo K1 K1+K2 K1 e p1t ξ >1 xc(t) K2 K2 e Im(p) t p2 t p1 p2 Re(p) xc(t) K1 K1 e ξ =1 pt Im(p) K2t e pt p Re(p) t 2Kcosϕ xc(t) 2K e Im(p) ξ <1 −ξω n t jω n 1 − ξ 2 −ξω n t Re(p) − jω n 1 − ξ 2 -2K e −ξω n t xc(t) ξ=0 2Kcosϕ Im(p) jω n t − jω n Re(p) Fig.4.20 Risposte libera per un circuito del II° ordine, composto di elementi passivi, per vari valori di smorzamento Cap.4 99 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Con le (4.79) come condizioni iniziali si ha: a) ξ >1 x( t ) = K 1e P1t + K 2 e P2 t + 1 x( t ) = K 1 p 1e P1t + K 2 p 2 e P2 t (4.86) Imponendo la verifica delle condizioni iniziali si ha: x 0 = K1 + K 2 + 1 x 0 = K1p1 + K 2 p 2 da cui risolvendo: K1 1 = K2 p1 1 p2 −1 x0 − 1 p2 1 = x0 p 2 − p 1 − p1 ( ) − ξω n − ω n ξ 2 − 1 ( x 0 − 1) − x 0 − 1 x0 − 1 −1 = 1 x0 2ω n ξ 2 − 1 ξω n − ω n ξ 2 − 1 ( x 0 − 1) + x 0 ( ) Sostituendo nelle (4.86) si trova la risposta del circuito al gradino unitario. Per condizioni iniziali nulle la risposta risulta essere: x( t ) = ( ) − ξ + ξ 2 − 1 e p1t 2 ξ2 − 1 (ξ − + ) ξ 2 − 1 e p2 t (4.87) 2 ξ2 − 1 L' andamento di x(t) è riportato in fig.4.21 x(t) 1 K2 t K1 Fig.4.21 Risposta al gradino unitario di un circuito di II° ordine con ξ <1 e condizioni iniziali nulle b) ξ =1 Per smorzamento unitario si ha: x ( t ) = (K 1 + K1 t )e −ωn t + 1 (4.88) x ( t ) = (K 1 + K 1 t )(− ω n )e − ωn t + K 2 e − ωn t Per t = 0 si trova: K1 = x 0 − 1 K 2 = x 0 + ω n ( x 0 − 1) Nel caso in cui le condizioni iniziali siano nulle si ha: x ( t ) = −(1 + ω n t )e − ωn t + 1 L' andamento rappresentato dalla (4.89) è riportato in fig.4.22 (4.89) 100 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo x(t) 1 t Fig.4.22 Risposta al gradino unitario di un circuito del II° ordine con ξ =1 c) ξ < 1 La risposta al gradino unitario e la sua derivata valgono: [( ) ] x( t ) = 2 Ke −ξω n t cos ω n 1 − ξ 2 t + ϕ + 1 [( ) ] (4.90) [( ) ] x( t ) = −2 Ke − ξω n t ω n 1 − ξ 2 sen ω n 1 − ξ 2 t + ϕ − 2 Kξω n e − ξω n t cos ω n 1 − ξ 2 t + ϕ Imponendo le condizioni iniziali si ha: x 0 = 2K cos ϕ + 1 x 0 = −2Kω n 1 − ξ 2 sen ϕ − 2Kξω n cos ϕ da cui si ottiene: 2K = x0 − 1 cos ϕ tan gϕ = − x 0 + ξω n ( x 0 − 1) (x 0 − 1)ω n ξ2 − 1 Per condizioni iniziali nulle si ottiene(*) : x(t ) = 1 − = 1− 1 1 − ξ2 1 1− ξ 2 ) ( e −ξωn t cos ω n 1 − ξ 2 t − arctg ( e −ξωn t sen ω n ξ 1 − ξ2 = ) 1 − ξ2 1 − ξ 2 t + arctg ξ (4.91) L' andamento di x(t) è riportato in fig.4.23. x(t) 1+ 1 1− ξ 2 e − ξω n t 1 1− 1 1 − ξ2 e − ξω n t t Fig.4.23 Risposta al gradino unitario di un circuito del II° ordine con ξ <1 (*) Nel ricavare la seconda delle (4.91) si ricordi che: cos(x-β)=sen(x−β+π/2) e che tang(β−π/2)=−1/tang(β) Cap.4 101 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo d) ξ = 0 Lo smorzamento nullo corrisponde a radici immaginarie. La risposta del circuito può essere determinata ponendo ξ =0 nelle relazione trovate per il caso precedente. Si ha x0 − 1 x0 2K = tan gϕ = − cos ϕ ( x 0 − 1)ω n Per condizioni iniziali: (4.92) x( t ) = 1 − cos ω n t L' andamento di x(t) è rappresentato in fig.4.24. Esso ha andamento oscillatorio intorno al valore unitario, ciò accade poiché la parte complementare della risposta non si annulla. x(t) 1 t Fig.4.24 Risposta di un circuito del II° ordine al gradino unitario per ξ =0 4.9.3 Risposta all'impulso unitario La risposta forzata all' impulso unitario si trova derivando la risposta forzata al gradino unitario. La risposta libera dipendendo dalle sole condizioni iniziali è la stessa per tutti gli ingressi. Per condizioni iniziali nulle, derivando le (4.87), (4.89), (4.91), (4.92) si ha: ξ x( t ) = >1 ωn 2 2 ξ −1 x(t) x(t) ξ (e p t − e p t ) 1 2 =1 ξ x( t ) = ω 2n te − ω n t x( t ) = ω n e − ξω n t 1− ξ x(t) ξ >1 t ξ <1 <1 x(t) 2 ξ sen ω n 1 − ξ 2 t =0 x ( t ) = ω n sen ω n t ξ =1 t ξ =0 t Fig.4.25 Risposta di un circuito del II° ordine all'impulso unitario t 102 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo In fig. 4.25 sono riportati gli andamenti per i vari valori dello smorzamento. 4.9.4 Risposta all'ingresso sinusoidale Assumendo un ingresso del tipo: u( t ) = U M sen ωt si ha una uscita sinusoidale di stessa frequenza ma di ampiezza e fase diverse. L' uscita può essere scritta come: x( t ) = X M sen(ωt + ϕ) in cui l' ampiezza XM e la fase ϕ rappresentano le incognite da determinare. Operando come per i circuiti del I° ordine, ossia sostituendo nell' equazione di equilibrio elettrico, nel caso in esame nella (4.75) o (4.76) si ha: − ω 2 X M sen( ωt + ϕ ) + 2ξωω n X M cos( ωt + ϕ ) + ω 2n X M sen( ωt + ϕ ) = ω 2n YM sen ωt Dividendo per ωn2 e raccogliendo opportunamente si ha: ω2 ω 1 − 2 X M sen( ωt + ϕ) + 2ξ X M cos( ωt + ϕ ) = YM sen ωt ω ωn n Si può anche scrivere: 1− 2 ω ω 2n 2 + 2ξ ω ωn 2ξ 2 X M sen ωt + ϕ + arctg ω ωn ω2 1− 2 ωn = YM sen ωt Da cui si ottengono modulo e fase che valgono: XM = YM ω2 1− 2 ωn 2ξ ϕ = − arctg 2 ω + 2ξ ωn 2 ω ωn (4.93) (4.94) ω2 1− 2 ωn La soluzione complessiva per i vari valori dello smorzamento risulta: a) ξ >1 x ( t ) = K 1e p1t + K 2 e p 2 t + X M sen (ωt + ϕ) Mediante le condizioni iniziali (4.79) si calcolano le costanti che risultano: K1 p2 1 = K2 p 2 − p1 − p1 − 1 x 0 − X M sen ϕ 1 x 0 − ωX M cos ϕ (4.95) Cap.4 103 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Sostituendo nella (4.95) si trova la soluzione. In fig.4.27 è riportato l' andamento qualitativo per condizioni iniziali nulle. b) ξ =1 x( t ) = ( K1 + K 2 t )e − ω n t + X M sen( ωt + ϕ ) (4.96) in cui: K 2 = x 0 + ω n x 0 − X M (ω n sen ϕ + ω cos ϕ) K1 = x 0 − X M sen ϕ In fig.4.28 è riportato l' andamento per condizioni iniziali nulle. c) ξ < 1 La risposta del circuito, il cui andamento, per condizioni iniziali nulle, è riportato in fig. 4.29, vale: ( ) x( t ) = 2 Ke −ξω n t cos ω n 1 − ξ 2 t + α + X M sen( ωt + ϕ ) in cui: α = arctg X M (ξω n sen ϕ + ω cos ϕ) − x 0 − ξω n x 0 ω n 1 − ξ 2 (x 0 − X M sen ϕ) x(t) x(t) K= x 0 − X M sen ϕ cos α xc(t) -XMsenϕ 0 t XMsenϕ xp(t) Fig.4.27 Risposta di un circuito di II° ordine con ξ >1 all'ingresso sinusoidale. x(t) x(t) xc(t) 0 t xp(t) Fig.4.28 Risposta di un circuito di II° ordine con ξ =1 all'ingresso sinusoidale. (4.97) 104 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo x(t) x(t) xc(t) t 0 Fig.4.29 Risposta di un circuito di II° ordine con ξ <1 all'ingresso sinusoidale. d) ξ = 0 Annullando lo smorzamento nella (4.97) si ottiene: x( t ) = 2 K cos(ω n t + α ) + X M sen( ωt + ϕ ) (4.98) L' andamento per condizioni iniziali nulle è riportato in fig.4.30 x(t) x(t) xc(t) t 0 Fig.4.30 Risposta di un circuito di II° ordine con ξ =0 all'ingresso sinusoidale. Dalla (4.93) si osserva che nel caso di smorzamento nullo, se la pulsazione naturale e quella del segnale di ingresso sono uguali, YM tende a infinito. Questa condizione è detta di risonanza. 4.10 Soluzione dell'equazione di stato per circuiti del II° ordine Per i circuiti del II° ordine l' equazione di stato assume la seguente forma: u1 x1 a 11 = x2 a 21 a 12 a 22 x1 b 11 + x2 b 21 b 12 b 22 . b1n . b 2n u2 . (4.99) un Alla (4.99) va associata l' eventuale equazione di uscita. Limitiamoci al calcolo delle variabili di stato. Come noto la risposta si compone di due termini, risposta libera e risposta forzata, che debbono essere entrambi calcolati. Cap.4 105 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo 4.10.1 Calcolo della risposta libera (o a ingresso nullo) Per calcolare la risposta libera è necessario (vedi Appendice C) un calcolo preventivo degli autovalori e degli autovettori della matrice A. Nel caso in esame l' equazione caratteristica dalla quale si deducono gli autovalori è: det ( λI − A ) = det λ − a 11 − a 12 − a 21 =0 λ − a 22 (4.100) da cui: ha: λ2 − (a 11 + a 22 ) λ + a 11a 22 − a 12 a 21 = 0 Utilizzando la forma standard, rappresentata dalla (4.80), per i circuiti del II° ordine si λ 2 + 2 ξω n λ + ω 2n = 0 in cui: − (a 11 + a 22 ) ξ= ω n = a 11a 22 − a 12 a 22 a 11a 22 − a 12 a 21 Gli autovalori coincidono quindi con le soluzioni dell' equazione caratteristica utilizzata nel metodo classico di risoluzione delle equazioni differenziali. Per una migliore comprensione della precedente asserzione si osservi infatti che dalla (4.99) resa omogenea, si ottiene una equazione differenziale del II° ordine che consente di calcolare x1 o x2. Si ha: x 1 = a 11 x 1 + a 12 x 2 x 2 = a 21 x 1 + a 22 x 2 derivando la prima e sostituendo la seconda (considerando che dalla 1a si ha a 12 x 2 = x 1 − a 11 x 1 ), si ottiene: x 1 − x(a 11 + a 22 ) − x 1 (a 12 a 21 − a 11a 22 ) = 0 L' equazione algebrica associata a questa equazione è la stessa di quella trovata per il calcolo degli autovalori. Consideriamo i vari casi che possono presentarsi. 4.10.1 a) autovalori reali e distinti Siano λ1 e λ2 i due autovalori reali e distinti, gli autovettori associati, indicati con: η1 = η11 η12 η2 = η21 η22 (4.101) si ricavano dalle relazioni: λ 1 − a 11 − a 21 − a 12 λ 2 − a 22 η11 =0 η12 λ 1 − a 11 − a 21 − a 12 λ 2 − a 22 η21 =0 η22 Ponendo: [ η = η1 ] η1 = η11 η12 η21 η22 α = η −1 = η11 η21 η12 η22 −1 = T α 11 T α 12 α T21 α T22 = α 1T α T2 106 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo la risposta libera risulta: η11 T x ( t ) = e λ1t α 11 η12 od anche: [ T α 12 x ( t ) = c1e λ1t x (0) ] x 21 (0) η 21 x 1 (0) α T21 α T22 η22 x 2 (0) [ + e λ2t ] η11 η21 + c 2 e λ2t η12 η22 (4.102) (4.103) in cui : [ T c1 = α 11 T α 12 x (0) ] x 21 (0) [ c 2 = α T21 α T22 x c 2e (4.104) η2 x2 c1eλ 1t + c 2 e λ 2 t 2 λ2t x (0) ] x 21 (0) η1 c1e λ 1t x1 x1 Fig. 4.31 Rappresentazione del vettore della risposta libera Dalla relazione (4.103) si deduce che il vettore della risposta libera, relativo ad un certo stato iniziale, si ottiene sommando, ad ogni istante, due vettori giacenti sulla direzione degli autovettori come indicato in fig.4.31 Premoltiplicando c1 e c2 per η1 e η2 e sommando si ha: c1 η1 + c 2 η2 = η11 T α 11 η12 [ ] T α 12 + η21 T α 21 η22 [ T α 22 ] x 1 (0) 1 0 x1 (0) = x 2 (0) 0 1 x 2 (0) Si ha quindi: x 1 (0) η11 η21 = c1 + c2 x 2 (0) η12 η22 (4.105) Dalle (4.103) e (4.105) si deduce che se c1 = 0 o c2 = 0, ossia se le condizioni iniziali giacciono lungo la direzione individuata, sul piano di stato, dall' autovettore η2 o da quello η1, risultano diseccitati i modi di evolvere relativi a λ1 o a λ2. Queste situazioni sono rappresentate in fig.4.32. x2 x2 η2 x2(0) η1 x2(0) a) x2 x1 η2 x2(0) η1 x1(0) b) η2 η1 x2(0) x1 x1(0) x1 c) Fig. 4.32 Possibili giaciture del vettore delle condizioni iniziali sul piano di stato. Sono eccitati entrambi i modi di evolvere a) è eccitato il solo modo relativo a η2 b) è eccitato il solo modo relativo a η1 c). Cap.4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo 107 Il luogo dei punti individuato sul piano di stato da x ( t ) , al variare del tempo, è detto traiettoria. Per ogni vettore di condizioni iniziali esiste una traiettoria che converge o no verso il punto di equilibrio a seconda che esso sia o no un nodo stabile. Un punto di coordinate (x1p, x2p) è detto di equilibrio se partendo da un qualunque vettore di condizioni iniziali l' evoluzione libera converge in quel punto. Gli stati di equilibrio per l' equazione X = AX si trovano dunque ponendo X = 0 e quindi AX = 0. per un circuito di II° ordine si ha quindi: a 11 a 12 a 21 a 22 x1 =0 x2 ne consegue che l' origine del piano di stato è l' unico punto di equilibrio se detA≠0. Se invece il determinante di A è nullo esistono infiniti punti di equilibrio giacenti sulla retta: a 11 x 1 + a 12 x 2 = 0 (a 21 x 1 + a 22 x 2 = 0) Nell' ipotesi in cui detA≠0 consideriamo i seguenti casi: 4.10.1. b) λ1 < 0 λ2 < 0 λ 2 > λ 1 La relazione (4.103) scritta nella forma: x ( t ) = c 1e − λ1 t η11 η21 −λ t + c2e 2 η12 η22 (4.106) mostra che qualunque sia il punto di partenza sul piano di stato, ovvero qualunque siano le condizioni iniziali tutte le traiettorie convergono nell' origine che è detta nodo stabile. Nel caso rappresentato in fig.4.33 si osserva che le traiettorie tendono all' origine divenendo tangenti all' autovettore η1. Ciò accade perché si è supposto λ2 maggiore di λ1 e pertanto il modo di evolvere legato a questo autovalore tende a zero più rapidamente. 4.10.1 c) λ1 > 0 λ2 > 0 λ2 > λ1 La risposta libera è fornita dalla relazione: x ( t ) = c 1e λ1 t η11 η21 + c 2 e λ2 t η12 η22 (4.107) L' origine rappresenta un nodo instabile poiché tutte le traiettorie divergono da essa. Le traiettorie al tendere di t all' infinito tendono a divenire parallele a η2 perché il modo di evolvere legato a λ2 cresce più rapidamente di quello legato a λ1. Questa situazione è rappresentata in fig. 4.34. 4.10.1 d) λ1 < 0 λ2 > 0 In questo caso si ha: x ( t ) = c 1e − λ1 t η11 η21 + c 2 e λ2 t η12 η22 (4.108) Al tendere del tempo all' infinito il modo relativo a λ1 tende ad annullarsi mentre quello relativo a λ2 a infinito. Le traiettorie divergono dall' origine, vedi fig. 4.35, che è detto punto di sella, in modo tangente a η2. 108 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Fig.4.33 Nodo stabile nell'origine Fig.4.34 Nodo instabile nell'origine Fig.4.35 Punto di sella nell'origine 4.10.1 e) Autovalori complessi coniugati a parte reale negativa Dall' Appendice C, posto: λ = σ ± jω η R = Re{η} m = Re 2 { c} + Im 2 { c} si ha: ηI = Im{η} (4.109) Im{ c} Re{ c} (4.110) ϕ = arctg Cap.4 109 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo [ x ( t ) = 2 m e σt cos( ωt + ϕ) η R − sen( ωt + ϕ) ηI da cui: [ ] (4.111) ] x 1 ( t ) = 2 m e σt cos( ωt + ϕ ) η11 − sen( ωt + ϕ) η21 = 2 = 2 me σt η11 + η221 cos( ωt + ϕ) Si ha quindi: η11 2 η11 + η221 − sen( ωt + ϕ) η21 (4.112) 2 η11 + η221 x 1 ( t ) = M 1e σt cos(ωt + θ1 ) x 2 ( t ) = M 2 e σt cos(ωt + θ 2 ) (4.113) in cui si è posto: η 21 η11 η 22 2 (4.114) M 2 = 2 m η12 + η 222 θ 2 = ϕ + arctg η12 Poiché σ è negativo entrambe le (4.113) tendono a zero come mostrato in fig.4.36. L' origine e detta fuoco stabile. 2 M 1 = 2 m η11 + η221 θ1 = ϕ + arctg Re Fig.4.36 Fuoco stabile nell'origine f) Autovalori complessi coniugati a parte reale positiva Valgono le stesse relazioni trovate al punto precedente. Essendo ora σ positivo la traiettoria diverge dall' origine, come rappresentato in fig.4.37, che è detta fuoco instabile. Fig.4.37 Fuoco instabile nell'origine 110 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo 4.10.1 g) Autovalori complessi coniugati a parte reale positiva Ponendo σ = 0 nelle (4.113) si ha: x 1 ( t ) = M 1 cos(ωt + θ 1 ) (4.115) x 2 ( t ) = M 2 cos(ωt + θ 2 ) Partendo da un qualunque vettore delle condizioni iniziali le traiettorie sono degli ellissi come mostrato in fig.4.38. L' origine e detta centro. Fig.4.38Centro nell'origine 4.10.2 Calcolo della risposta forzata Dall' Appendice C si ha: t x f (t) = eA ( t − t ') Bu( t ')dt ' 0 per autovalori reali e distinti e per autovalori complessi coniugati si ha: 4.10.2 a) autovalori reali e distinti x f ( t) = t 0 η11 η12 [α 11T ] T α 12 e λ1 ( t − t ') + η21 η22 [α T21 ] α T22 e λ 2 ( t − t ') Bu( t − t ')dt ' (4.116) 4.10.2b) autovalori complessi coniugati x f ( t) = t 0 ) − β] ) sen ω( t − t ' e σ ( t − t ') − K sen[ω( t − t ' Bu( t − t ')dt ' 2 ) K sen[ω( t − t ' ) + β] Re{η} − K sen ω( t − t ' in cui: K = Re 2 {η} + Im 2 {η} β = arctg (4.117) Im{η} Re{η} Esempio 4.6 Le equazioni di stato per i due circuiti del II° ordine rappresentati in fig.4.19, indicando con iL e con vC la corrente nell' induttanza e la tensione ai terminali del condensatore, sono rispettivamente: Cap.4 111 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Caso a) Caso b) 1 0 iL L + 1 j 1 vC − C R pC 0 iL = vC − 1 C iL − = vC Rs L 1 C − 1 L 0 1 iL + L e vC 0 Calcolo degli autovalori 1 L 1 =0 − R pC 0 det 1 C − da cui: λ2 + λ 1 R pC + 1 =0 LC Assumendo: Rp = 250Ω, L = 0,5H, C = 10µF si ha: λ2 + 400λ + 2 ⋅ 105 = 0 da cui: λ 1 = −200 + j400 λ 1 = −200 − j400 RS 1 − L =0 det 1L 0 C da cui: R 1 λ2 + λ S + =0 L LC Assumendo: RS = 350Ω, L = 0,25H, C = 10µF si ha: λ2 + 1400λ + 4 ⋅ 105 = 0 da cui: λ 1 = −400 λ 1 = −1000 − Calcolo degli autovettori λ1 1 C − λ1 + 1 L 1 R SC η11 =0 η12 Assumendo η11 = 1 risulta η12 = −100 + j200 e quindi: 1 η1 = − 100 + j200 1 = − 100 − j200 da cui: 1 1 ηR = ηI = − 100 200 η1* λ1 + Rp 1 L L η11 =0 η12 1 λ1 C Assumendo η12 = 1 risulta η11 = −4 ⋅ 10 −3 Analogamente per λ2 si ha: η22 = 1 η21 = −1o −2 − da cui: η1 = − 4 ⋅ 10 −3 1 η2 = − 10 −2 1 Risposta libera Assumendo iL = 1A e vC = 0 il vettore delle condizioni iniziali risulta: x 0 = Nei due casi si ha: 1 . 0 112 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo α=η c1 = − 100 − j200 − 1 1 = 1 − j400 100 − j200 −1 α=η 1 1 = 0,5 − j0,25 c = − 100 − j200 − 1 0 − j400 1 [ ] c 2 = c1* = 0,5 + j0,25 2 c2 = 2 m = 0,5 + 0,25 = 0,56 − 0,25 ϕ = arctg = −0,464 0,5 Si ha quindi: iL vC iL vC 1 10 −2 1 = 0,6 ⋅ 10 −2 − 1 4 ⋅ 10 −3 1 1 −2 = 166,7 − 2 1 10 0 0,6 ⋅ 10 [ ] 1 1 −3 = −166,7 − 2 − 1 4 ⋅ 10 0 0,6 ⋅ 10 [ ] = 166,7 e −400 t − 4 ⋅ 10 −3 1 − e −1000 t − 10 −2 1 1 = 2 ⋅ 0,56 ⋅ e −100 t cos( 200t − 0,464) − sen(200t − 0,464) −1 − 100 0 200 Per il caso di autovettori complessi coniugati si ha: i L = 112 , e −100 t cos( 200t − 0,464) = [ ] vC = 112 , e−100t − 100 cos(200t − 0,464) − 200sen(200t − 0,464) = −112e−100t 5 = −250,4 sen( 200t − 0,464 + 0,464) = −250,4 sen 200t Utilizzando la (4.3.21) si avrebbe: 1 5 cos( 200t − 0,464) − 2 5 sen(200t − 0,464) = iL i L ( 0) = e At vC v C ( 0) e poiché: K = Re 2 {η} + Im 2 {η} = 100 5 = 223,6 β= Im{η} Re{η} = 1107 , iL , ) sen 200t 1 e−100t − 223,6 sen(200t − 1107 = 2 vC 223,6 sen(200t + 1107 , ) 0 − 223,6 sen 200t 200 = − 112 , e −100 t sen(200t − 1107 , ) − 250 sen 200t = 112 , e −100 t cos( 200t − 0,464) − 250 sen 200t Risposta forzata Caso a) Assumendo j = 1A si ha: t x f (t) = 0 0 sen 200( t − t ') e −200( t − t ') − 223,6 sen[ 200( t − t ') − 1,107] 5 dt ' 2 200 − 223,6 sen 200( t − t ') 223,6 sen[200( t − t ') + 1,107] 10 risolvendo si trova: Cap.4 113 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo [ 278,75[1,34 + 1,25 − 1 + 2e −200t sen( 200t + π / 4) x f (t) = 2e − 200 t ] sen( 200t + 1,892) ] Caso b) t x f (t) = 0 = 0 0 100 − 400( t − t ') − 4 ⋅ 10 −3 100 −103 ( t − t ') 10 − 2 −2 1 10 e e − 1 4 ⋅ 10 − 3 5 + 10 105 6 6 1 1 [ [ ] ] dt '= 0,23 − 0,16e −400 t − 0,066e −1000 t 48,3 − 41,6e −400 t − 6,6e −1000 t Come caso particolare si osservi che assumendo: x0 = −1 100 risulta: c1 = −1 100 1 10 −2 =0 10 2 6 [ ] Poiché il vettore delle condizioni iniziale giace lungo la direzione di η2 nella risposta libera non è attivato il modo di evolvere relativo a λ1. 4.11Circuiti di ordine n Nel Cap.3 si è mostrato come le equazioni di equilibrio di un circuito, detti u gli ingressi e x le uscite, che possono o no coincidere con le variabili di stato, possono essere poste nella seguente forma matriciale: a 11 ( D) a 12 ( D) . a 1n ( D) x 1 a 21 ( D) a 22 ( D) . a 2 n ( D) x 2 . . . . . a n1 ( D) a n 2 ( D) . a nn ( D) x n = u1 u2 (4.118) . un in cui il generico termine aij(D) è del tipo: a ij ( D) = α ij + β ij D + γ ij 1 D (4.119) La (4.118) rappresenta un sistema di equazioni integro-differenziali, affinché esso diventi un sistema di equazioni differenziali debbono essere derivate tutte le righe per le quali γij≠0. Qualora tutte le righe contenessero termini del tipo citato si avrebbe: Da 11 ( D) Da 21 ( D) . Du1 Da 12 ( D) . Da 1n ( D) x 1 Du 2 Da 22 ( D) . Da 2 n ( D) x 2 = . . . . . Da n1 ( D) Da n 2 ( D) . Da nn ( D) x n Risolvendo si ottiene: Du n (4.120) 114 x1 x2 . xn Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo = Da 11 ( D) Da 21 ( D) Da 12 ( D) . Da 1n ( D) Da 22 ( D) . Da 2 n ( D) . . . . Da n1 ( D) Da n 2 ( D) . Da nn ( D) −1 ⋅ Du 1 Du 2 = . Du n 1 ∆ ( D) m11 ( D) m 21 ( D) m12 ( D) . m1n ( D) m 22 ( D) . m 2 n ( D) . . . . m n1 ( D) m n 2 ( D) . m nn ( D) ⋅ Du 1 Du 2 . Du n Per il generico xk risulta: xk = m k1 ( D) m ( D) m ( D) Du 1 + k 2 Du 2 + .................... + kn Du n ∆ ( D) ∆ ( D) ∆ ( D) (4.121) ossia: ∆(D) x k = m k1 (D)Du 1 + m k 2 ( D) Du 2 + .................... + m kn (D)Du n in cui il determinante ∆( D) è del tipo: ∆( D) x k = a m D m + a m−1 D m−1 +..........................+ a 1 D + a 0 e il secondo membro è una funzione nota del tempo. La (4.121) è quindi riconducibile ad una equazione differenziale, lineare a coefficienti costanti, di ordine n, ossia: a n D m x k + a m−1 D m−1 x k +..........................+ a 1 Dx k + a 0 = i m ik ( D) Du i la cui equazione caratteristica è: ∆( p) = a m p m + a m −1 p m −1 +..........................+ a 1 p + a 0 = 0 Allo stesso risultato si giunge annullando il vettore degli ingressi nella (4.118) e notando che il sistema divenuto omogeneo ammette soluzione diversa da zero solo nel caso in cui il determinante sia nullo. Nell' ipotesi che l' equazione caratteristica abbia solo radici reali e distinte, per la risposta complementare si ha: x 1c K 11 K 12 . x 2c K 21 = . . x nc K n1 K 22 . K 2n . . . . K nm K n2 K 1n ⋅ e p1t e p2t . (4.122) e pm t Le (n x m) costanti incognite debbono essere determinate facendo uso delle m condizioni iniziali assegnate relative alle variabili di stato. Per le uscite che sono anche variabili di stato risultano quindi assegnate le condizioni iniziali, per le uscite che invece non lo sono, si deve procedere valutando le equazioni di equilibrio al tempo 0+. Procedendo allo stesso modo, dopo aver eventualmente derivato le equazioni di equilibrio, si possono determinare anche i valori iniziali delle derivate. Esempio 4.7 Per il circuito del II° ordine rappresentato in fig.4.39 possono essere assegnate le due condizioni iniziali: ( ) ( ) i 1 0 + = i1 0 − = I 0 v c (0 + ) = v c (0 − ) = V0 Cap.4 115 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo R i3 R R i2 i1 e − + vC C L Fig.4.39 Esempio 4.7 Nello scrivere le equazioni di equilibrio elettrico con il metodo delle correnti di maglia si osserva che l' equazione relativa alla maglia in cui scorre la corrente i2 contiene un integrale. Derivando tale equazione si ottiene: 2 R + LD −R − RD −R i1 e 2 RD + 1 / C − RD i 2 = 0 −R −R 3R i3 0 L' equazione caratteristica, invariante rispetto alla derivazione, risulta: p2 + 3p L 1 R2 + + =0 5RL C LC Assumendo: L = 0,1H si ottiene: C = 10µF R = 1kΩ e = E = 10V p 1 = −170 La soluzione complementare è: I0 = 0 V0 = 2 V p 2 = −5890 i 1c K 11 i 2 c = K 21 i 3c K 31 K 12 e p1t K 22 e p2 t K 32 Per la soluzione particolare, poiché le correnti risultano costanti rispetto al tempo, si ha: da cui si trova: 2R −R 0 1/ C 0 −R −R 3R i 1p = 6mA − R i 1p E i2p = 0 i 3p 0 i2p = 0 i 3p = 2 mA e quindi: i1 K11 K12 i 2 = K 21 K 22 i3 K 31 K 32 e −170 t e −5890t 6 ⋅10 −3 + 0 2 ⋅10 −3 116 Cap. 4 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Per determinare le costanti di integrazione sono necessari i valori iniziali delle correnti e delle loro derivate prime. Le equazioni di equilibrio elettrico, valutate al tempo 0+, sono: ( ) ( ) ( ) ( ) − Ri (0 ) + 2Ri (0 ) − Ri (0 ) = 0 − Ri (0 ) − Ri (0 ) + 3Ri (0 ) = 0 2Ri1 0 + + LDi1 ]0+ − Ri 2 0 + − Ri 3 0 + = e 0 + + 1 + 1 Risolvendo si trova: i 2 (0 + ) = −1,2 mA a 2 2 + + 3 + + 3 i 3 (0 + ) = −0,4 mA Di 1 a ]0 + = −16A / s + Derivando la 2 e 3 equazione di equilibrio e valutando per t = 0 risulta: − RDi 1 ]0 + + 2 RDi 2 − RDi 1 da cui : Di 2 Si ha quindi: ]0 + ]0 + ]0 + + 1 / Ci 2 (0 + ) − RDi 3 − RDi 2 = −12,73A / s i 1 (0 + ) = K11 + K12 + i 1p i 2 (0 + ) = K 21 + K 22 + i 2 p i 3 (0 + ) = K 31 + K 32 + i 3p ]0 + + 3RDi 3 Di 3 ]0 + ]0 + ]0 + =0 =0 = −9,58A / s ]0 = p1K11 + p 2 K12 Di 2 ] 0 = p 2 K 21 + p 2 K 22 Di 3 ] 0 = p 1 K 31 + p 2 K 32 Di 1 + + + Dalle relazioni precedenti si possono determinare le costanti. Si ha : K 11 p 2 − 1 i1 0 + − i1p −9 1 = = 10 −3 K 12 3 p 2 − p 1 − p1 1 Di 1 ]0 + ( ) K 21 p2 1 = K 22 p 2 − p1 − p1 K 31 p2 1 = K 32 p 2 − p1 − p1 ( ) − 1 i 2 0+ − i 2 p −3 = 10 −3 1 2 Di 2 ]0+ − 1 i 3 (0 + ) − i 3 p −4 = 10 − 3 1 2 Di 3 0+ ] 4.12 Scrittura delle equazioni di stato per circuiti di ordine n Per la scrittura delle equazioni di stato è conveniente seguire la seguente procedura: • sostituire gli induttori con generatori di corrente iL pari alla corrente che circola nell' induttore; • sostituire i condensatori con generatori di tensione vC pari alla tensione alle estremità del condensatore; Successivamente nella rete resistiva così ottenuta si calcoli: induttore, in • la tensione vL alle estremità del generatore di corrente rappresentativo dell' funzione di iL e di vC; • la corrente iC che percorre il generatore di tensione rappresentativo del condensatore, in funzione di iL e di vC; • si operi quindi la sostituzioni v L = L i L i C = C v C Cap.4 117 Soluzione delle equazioni di equilibrio nel dominio del tempo Procedendo come indicato in precedenza si giunge ad una equazione di stato come (4.32), per la cui soluzione si rimanda a quanto detto in Appendice C. Esempio 4.8 Il circuito di fig.4.40a) può essere, secondo la procedura indicata, sostituito con quello di fig.4.40b). R1 R3 R2 e R1 j C − a) R2 iL e L R3 vL + iC i1 j j vC b) Fig. 4.40 Esempio 4.8 Da quest' ultimo circuito si trova: v L = − R 1i L − R 2 ( i L − i 1 ) + e i C = i1 + j La corrente i1 deve essere espressa in funzione di iL e di vC. Sempre dal circuito di fig.4.40b) si ha: (R 2 + R 3 )i1 − R 2 i L + v C = 0 da cui: i2 = R2 1 iL − v R2 + R3 R2 + R3 C Sostituendo nelle espressioni di vL e di iC si ottiene: v L = −( R 1 + R 2 )i L + R 2 iC = R2 1 iL − v + e = Li L R2 + R3 R2 + R3 C R2 1 i1 − v + j = Cv C R2 + R3 R2 + R3 C In forma matriciale: iL vC R 22 −1 R1 + R 2 − L R2 + R3 = R2 C( R 2 + R 3 ) − R2 1 L( R 2 + R 3 ) i L L + −1 vC 0 C( R 2 + R 3 ) 0 e 1 C j CAPITOLO 5 5.1 Generalità sul funzionamento a regime dei circuiti Si è già evidenziato come si possa parlare di regime solo nel caso in cui la soluzione complementare (detta in questo caso risposta transitoria) si estingue al tendere del tempo all'infinito. Ciò è tipico dei circuiti stabili ossia di quei circuiti per i quali le radici dell'equazione caratteristica sono a parte reale negativa. Per i circuiti lineari in cui gli ingressi sono di tipo esponenziale anche le uscite sono di tipo esponenziale. Ciò accade in virtù del fatto che nelle equazioni di equilibrio elettrico compaiono le operazioni di moltiplicazione della variabile (tensione o corrente) per una costante, di derivazione, di integrazione, ossia operazioni che applicate a grandezze esponenziali riproducono grandezze esponenziali dello stesso tipo. Esempio 5.1 Assegnato i( t ) = e αt per le operazioni di moltiplicazione per una costante, derivazione, integrazione e somma, si ha: Ai( t ) = Ae αt Di( t ) = αe αt 1 1 i ( t ) = e αt D α Ai( t ) + Di( t ) + 1 1 αt i( t ) = A + α + e D α Ben diversi sarebbero i risultati se comparissero anche prodotti o quozienti. In tal caso infatti si otterrebbero ancora grandezze esponenziali ma con esponenti diversi. Esempio 5.2 Si considerino i 1 ( t ) = Ae αt e i 2 ( t ) = Be αt . Per le operazioni di moltiplicazione e divisione si ha: i1 ( t) A i 1 ( t )i 2 ( t ) = ABe 2αt = i 2 (t) B Nel primo caso l'esponente raddoppia, nel secondo diviene nullo. 120 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale Gli ingressi di tipo continuo e di tipo sinusoidale rientrano nella famiglia degli ingressi di tipo esponenziali, si parla in questo caso di regime continuo e regime sinusoidale. Nel il caso in cui l'ingresso sia una corrente continua, si ha: i( t ) = Ie αt α =0 = I ] Applicando tale corrente ad un circuito R,L, serie si ha: v( t ) = Ri( t ) + LDi( t ) = RI Per un circuito RC parallelo con un ingresso pari a: e( t ) = Ee αt si avrebbe: ]α = 0 = E v( t ) E + CDv( t ) = R R Dalle precedenti relazioni si deduce che in corrente continua, a regime, la differenza di potenziale alle estremità di un induttore è nulla e pertanto questo elemento circuitale può essere sostituito con un corto circuito, mentre la corrente in un condensatore è nulla e pertanto esso può essere rimpiazzato con un circuito aperto. Occupiamoci ora di determinare la risposta del circuito a ingressi sinusoidali. Saranno proposti due metodi: quello trigonometrico e quello, universalmente adottato, fasoriale. i( t ) = 5.2 Il regime sinusoidale Una grandezza sinusoidale è rappresentata dalla relazione: α i( t ) = I M sen(ωt + α ) = I M sen ω t + = I M sen ω ( t + t 0 ) (5.1) ω dove: IM -è il valore massimo detto anche ampiezza; ω -è la pulsazione o frequenza angolare la cui unità di misura è s-1 (od anche rad/s); α -è la fase La pulsazione è definita mediante la relazione: 2π (5.2) ω = 2 πf = T in cui: f - è la frequenza. La frequenza è misurata in è Hz (hertz, 1Hz = 1s-1) T- è il periodo la cui unità di misura è il s (secondo) Il periodo è il tempo impiegato a compiere un intero ciclo (ossia una sinusoide), la frequenza è il numero di cicli compiuti in un secondo. La funzione sinusoidale rappresentata dalla (5.1) è mostrata nei due grafici di fig.5.1 in cui sulle ascisse sono stati riportati, rispettivamente, gli angoli e i tempi. i(t) -t0 i(t) T t 2π −α Fig. 5.1 Rappresentazione di una grandezza sinusoidale ωt 121 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale Assegnata inoltre la grandezza: (5.3) v( t ) = VM sen(ωt + β) avente stessa pulsazione (e quindi stessa frequenza) di i(t), assumendo β > α, si ottiene la rappresentazione di fig. 5.2 in cui v(t) risulta in anticipo rispetto a i(t) dell'angolo ϕ =β−α detto sfasamento. v(t) i(t) −β −α ωt Fig. 5.3 Grandezze sinusoidali sfasate dell'angolo ϕ = β −α Per una corrente periodica di periodo T si definisce valore efficace quel valore di corrente costante nel tempo che percorrendo una resistenza R per un certo tempo, ad es. T, produce lo stesso effetto joule della corrente i(t) che percorre la stessa resistenza per lo stesso tempo. In base alla precedente definizione, detto I il valore efficace della corrente i(t), si ha: T 0 R i( t ) 2 dt = RI 2 T da cui risulta: I= 1 T T 0 i( t ) 2 dt (5.4) Se la corrente è di tipo sinusoidale si ha: I= IM 2 (5.5) E' immediato verificare che esprimendo la potenza mediante la relazione v( t ) 2 p= R si ottiene anche il valore efficace della tensione alle estremità di un resistore che risulta espresso da relazioni simili alle (5.4) e (5.5) in cui si sostituisca la tensione con la corrente. Per estensione si considerano valide tali relazione anche per correnti e tensioni relative a elementi circuitali diversi dai resistori. La risoluzione di circuiti alimentati con grandezze sinusoidali può essere effettuata mediante il metodo trigonometrico o mediante il metodo fasoriale. 5.3 Metodo trigonometrico Le operazioni che compaiono nelle equazioni di equilibrio dei circuiti applicate a grandezze sinusoidali producono altre grandezze sinusoidali che differiscono da quelle di ingresso per il valore massimo e per la fase. Se, per esempio, ad un circuito viene applicata la tensione sinusoidale (5.3) si avrà come uscita una corrente sinusoidale come quella 122 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale rappresentata dalla (5.1) in cui IM e α sono le incognite da determinare. Per illustrare il metodo trigonometrico si consideri un circuito R, L, per il quale si ha: e( t ) = Ri( t ) + LDi( t ) sostituendo la (5.1) e (5.3) si ha: E M sen( ωt + β) = RI M sen( ωt + α ) + ωLI M cos( ωt + α ) = R = I M R 2 + ω 2 L2 2 sen( ωt + α ) + 2 2 R +ω L da cui posto: R cos ϕ = R + ω 2 L2 sen ϕ = R 2 + ω 2 L2 risulta: ωL 2 cos( ωt + α ) ωL R 2 + ω 2 L2 E M sen (ωt + β) = I M R 2 + ω 2 L2 [cos ϕsen (ωt + α ) + sen ϕcos(ωt + α )] = = I M R 2 + ω 2 L2 sen(ωt + α + ϕ) Si ottiene quindi: IM = EM α =β−ϕ R 2 + ω 2 L2 (5.6) 5.4 Il metodo fasoriale Il metodo fasoriale e di gran lunga il più utilizzato nella determinazione della risposta a regime dei circuiti alimentati con generatori di tensione e/o di corrente sinusoidale. Definiamo inizialmente ciò che si intende per fasore rotante e per fasore. Dalla relazione: (5.7) e jωt = cos ωt + j sen ωt si può scrivere: cos ωt = Re e jωt sen ωt = Im e jωt (5.8) { } { } Per una generica grandezza sinusoidale, ad esempio la tensione v(t) rappresentata dalla (5.3) si può scrivere: v( t ) = V sen( ωt + β) = Im V e j( ωt +β ) (5.9) { M M } La quantità in parentesi è detta fasore rotante, essa rappresenta un segmento di lunghezza VM che ruota con velocità costante ω (in verso antiorario) intorno all'origine del piano di Gauss e che risulta sfasato, al tempo t = 0, di un angolo α rispetto all'asse reale. La proiezione di tale segmento sull'asse immaginario, come in fig.5.4, rappresenta v(t). v(t) Im ω t=0 Re 0 Fig. 5.4 Fasore rotante e corrispondente grandezza sinusoidale t 123 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale Il fasore rotante viene indicato anche con la relazione: V ( t ) = VM e j( jω+β) (5.10) Si chiama fasore la quantità: V V = M e jβ = Ve jβ (5.11) 2 Si noti che nell'espressione (5.11) compare il valore efficace, è naturalmente possibile esprimere il fasore anche mediante il valore massimo. L'utilizzo del valore efficace risulta più conveniente poiché nella pratica è questo il valore al quale si fa riferimento (ad es. quando si parla di una tensione di 220V o di una corrente di 10 A si fa riferimento al valore efficace). In seguito si vedrà che anche la potenza dipende dai valori efficaci di tensione e corrente. 5.4.1 Derivazione e integrazione dei fasori rotanti Per l'operazione di derivazione si ha: [ ] DV( t ) = D VM e j( ωt +β ) = jωVM e j( ωt +β ) = jωV( t ) = ωVM e ( j ωt +β + π2 ) (5.12) Per l'integrazione risulta: [ ] 1 1 1 1 1 j( ωt +β − π2 ) V( t ) = VM e j( ωt +β) = VM e j( ωt +β ) = V( t ) = VM e D D jω jω ω (5.13) Dalle relazioni precedenti si deduce che la derivata di un fasore risulta essere un fasore il cui valore massimo è moltiplicato per ω e la cui fase è ruotata di π/2 in anticipo. Nell'operazione di integrazione si ottiene un fasore il cui valore massimo e diviso per ω e la cui fase è ruotata di π/2 in ritardo. All'atto pratico per eseguire ciascuna delle due operazioni basta sostituire l'operatore D con jω. Valgono inoltre le seguenti relazioni: [ ] [ ] 1 1 I m [e j( ωt +β ) ] = I m [e j( ωt +β ) ] D D DI m e j( ωt +β) = I m D e j( ωt +β ) (5.14) Relazioni del tutto simili valgono ovviamente anche per la parte reale. 5.4.2 Rappresentazione dei fasori I fasori sono numeri complessi e pertanto possono essere rappresentati sul piano di Gauss come mostrato in fig.5.5. j Vj α VR Fig. 5.5 Rappresentazione di un fasore sul piano di Gauss In base alla fig. 5.5 il fasore può essere espresso mediante una delle seguenti relazioni: 124 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale V = VR + jVj = V( cos α + j sen α ) = Ve jα = V α in cui: V = VR2 + V j2 α = arctg e (5.15) Vj (5.16) VR sono il modulo e l'argomento del numero complesso. 5.4.3 Richiami sulle operazioni con i numeri complessi Assegnati i numeri complessi: u = a + jb = a 2 + b 2 e j arctg ba = ue jα e v = c + jd = c 2 + d 2 e j arctg dc = ve jβ a) somma e sottrazione w = u + v = ( a ± c) + j( b ± d ) b) prodotto w = u v = ( a + jb)(c + jd ) = (ac − bd ) + j(ad + bc) = ue jα ve jβ = uve j( α +β ) c) rapporto Se i numeri complessi sono dati in forma esponenziale si ha: u u w = = e j( α −β ) v v In caso contrario è necessario eseguire l'operazione di razionalizzazione che consiste nel moltiplicare numeratore e denominatore per il complesso coniugato di quest'ultimo. Si ricordi che dato un numero complesso il suo coniugato è un numero complesso avente stessa parte reale e parte immaginaria cambiata di segno. Il prodotto tra un numero complesso e il suo coniugato fornisce il modulo al quadrato. u a + jb ( a + jb)(c − jd ) ( ac + bd ) + j( bc − ad ) w= = = = v c + jd ( c + jd )( c + jd ) c2 + d 2 5.5 Applicazione del metodo fasoriale alla risoluzione dei circuiti Si consideri un circuito RLC serie e si alimenti con la tensione: V ( t ) = VM e j(ωt +β ) = VM cos(ωt + β) + jVM sen (ωt + β) Per quanto detto a proposito del calcolo della soluzione particolare la corrente risulta: I( t ) = I M e j(ωt +α ) = I M cos(ωt + α ) + jI M sen (ωt + α ) Sostituendo nell'equazione di equilibrio si ha: VM e j(ωt +β ) = RI M e j(ωt +α ) + LDI M e j(ωt +α ) + 1 I M e j(ωt + α ) CD Tenendo conto delle (5.12) e (5.13) si può scrivere: VM e j(ωt +β ) − RI M e j(ωt +α ) − jωLI M e j(ωt + α ) − Indicando con: 1 I M e j(ωt +α ) = 0 jωC 125 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale V= VM 2 e jβ I= IM 2 e jα si ha: e jωt VM e jβ − RI M e jα − jωLI M e jα − 1 1 I M e jα = e jωt V − RI − jωLI − I =0 j ωC jωC La relazione precedente risulta verificata per: V = RI + jωLI + 1 I jωC (5.17) Risolvendo la (5.17) si ottiene il fasore della corrente, moltiplicando per 2 e jωt si ottiene il fasore rotante. La cui parte immaginaria e la parte reale di tale fasore rotante rappresentano, rispettivamente, la risposta del circuito agli ingressi: VM sen (ωt + β) e VM cos(ωt + β) Si chiamano reattanza induttiva, reattanza capacitiva e impedenza le quantità: X L = ωL 1 XC = ωC (5.18) (5.19) 1 = R + j( X L − X C ) = R ± jX (5.20) ωC In dicando con Z il modulo dell'impedenza e con ϕ l'argomento, valgono inoltre le seguenti relazioni: Z = R + j ωL − Z = R 2 + X2 ±X ϕ = arctg R R = Z cosϕ X = Z sen ϕ (5.21) (5.22) (5.23) (5.23) Con le posizioni fatte la (5.17) diviene: V = ZI = ZIe ± jϕ (5.24) da cui si deduce che l'argomento dell'impedenza rappresenta lo sfasamento tra tensione e corrente. 5.6 Bipoli elementari Vengono ora riportate le relazioni costitutive e i diagrammi fasoriali relativi per bipoli elementari costituiti da un solo resistore, un solo induttore, un solo condensatore, resistore e induttore collegati in serie, resistore e condensatore collegati in serie. 5.6.1 Bipolo resitivo La caduta di tensione ai terminali di un bipolo costituito da una sola resistenza R percorsa dalla corrente i(t) = IMsenωt risulta: v(t) = Ri(t) = RIMC = VMsenωt. In termini fasoriali risulta: 126 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale V = RI (5.25) Il bipolo resistivo, detto anche ohmico, e il corrispondente diagramma fasoriale sono riportati in fig.5.6. Tale figura mostra che per il bipolo resistivo corrente e tensione risultano in fase. I V R V I Fig. 5.6 Bipolo resistivo e diagramma fasoriale 5.6.2 Bipolo induttivo Per il bipolo induttivo si ha: v( t ) = LDi( t ) = ωLI M sen ωt + π 2 a cui, in termini fasoriali, corrisponde la relazione: V = jωLI = jX L I (5.26) Il bipolo induttivo e il corrispondente diagramma fasoriale sono rappresentati in fig.5.7. Dalla (5.26) e dal diagramma fasoriale si deduce che la tensione risulta sfasata in anticipo di π/2 rispetto alla corrente. I V V jωL Fig. 5.7 Bipolo induttivo e diagramma fasoriale I 5.6.3 Bipolo capacitivo In questo caso risulta: v( t ) = 1 1 π i( t ) = I M sen ωt − CD ωC 2 In termini fasoriali: V = −j 1 I = − jX C I ωC (5.27) Dalla (5.27) e dal diagramma fasoriale di fig. 5.8 si nota che la tensione risulta π/2 in ritardo rispetto alla corrente. V I −j I 1 ωC V Fig. 5.8 Bipolo capacitivo e relativo diagramma fasoriale 127 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale 5.6.4 Bipolo ohmico-induttivo Operando con i fasori l'equazione di equilibrio risulta: V = ( R + jωL)I = ( R + jX L )I = ZI = Ze jϕ I in cui: Z = R 2 + X 2L ϕ = arctg (5.28) XL R (5.29) Il circuito e il relativo diagramma fasoriale sono riportati in fig. 5.9 R V V jωL I jX L I ϕ I RI Fig.5.9 Bipolo ohmico-induttivo e diagramma fasoriale Si osserva che per il bipolo considerato la tensione risulta sfasata in anticipo sulla corrente di un angolo ϕ pari all'argomento dell'impedenza. Alle quantità: Va = V cosϕ = RI Vr = V sen ϕ = X L I (5.30) si da nome di componente attiva e componente reattiva della tensione. 5.6.5 Bipolo ohmico-capacitivo Operando come in precedenza si ha: 1 V= R− j I = ( R − jX C )I = ZI = Ze − jϕ I ωC (5.31) con: XC R In fig.5.10 sono riportati il circuito ohmico-capacitivo e il rispettivo diagramma fasoriale. Z = R 2 + X 2C ϕ = arctg R V 1 −j ωC I RI ϕ I − jX C I V Fig.5.10 Circuito ohmico-capacitivo e diagramma fasoriale Per il circuito considerato la tensione risulta sfasata in ritardo rispetto alla corrente. 5.7 Definizione di ammettenza, conduttanza, suscettanza Si definisce ammettenza Y quell'operatore complesso dato da: Y= 1 1 R = = 2 Z R ± jX Z j X =G Z2 jB = G 2 + B2 e jϕ = Ye jϕ (5.32) 128 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale le quantità G e B sono rispettivamente la conduttanza e la suscettanza. Si ha inoltre: R G= 2 Z ωL (5.33) BL = 2 Z 1 BC = ωCZ 2 Si può osservare che l'argomento dell'ammettenza è dato da quello dell'impedenza cambiato di segno. I V Ia jBL Ir Ia=G V G V Ir= − jB L V I = YV Fig.5.9 Circuito ohmico-induttivo parallelo con relativo diagramma fasoriale Per il circuito RL di fig.5.9 per il quale sia assegnata la tensione si ha: V = V( G − jB) = I a − jI r (5.34) I= R + jX La (5.34) è l'equazione che si ottiene applicando il I principio di Kirchhoff ad un circuito costituito da due rami in parallelo come mostrato in fig. 5.9. Il passaggio dall'impedenza all'ammettenza consente quindi di passare dalla rappresentazione serie alla rappresentazione parallelo del circuito. Ia e Ir sono le componenti attiva e reattiva della corrente 5.8 Circuiti mutuamente accoppiati Anche per i circuiti mutuamente accoppiati si può applicare il metodo fasoriale semplicemente sostituendo l'operatore D con jω. A titolo di esempio si consideri il circuito di fig.5.10. per il quale risulta: V1 = ( R 1 + jωL1 )I 1 + jωMI 2 (5.35) V2 = jωMI 1 + ( R 2 + jωL 2 )I 2 j R1 V1 jωL I1 jωMI2 V1 R2 jωM jωL2 I2 V2 jωL1I1 jωMI1 V2 reale R1I1 jωL2I2 R2I2 I2 Fig. 5.10 Circuiti mutuamente accoppiati e relativo diagramma fasoriale I1 129 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale Si può tracciare il diagramma fasoriale relativo alle (5.35) supponendo che le tensioni applicate e le conseguenti correnti risultino: v 1 ( t ) = VM1 sen(ωt + α 1 ) i 1 ( t ) = I M1 sen(ωt + α 1 − ϕ 1 ) v 2 ( t ) = VM 2 sen(ωt + α 2 ) i 2 ( t ) = I M 2 sen(ωt + α 2 − ϕ 2 ) 5.9 Potenza ed energia Sia assegnato un bipolo passivo per il quale risulti: v( t ) = VM sen( ωt + ϕ ) i( t ) = I M sen ωt si definisce potenza istantanea la quantità: p( t ) = v ( t ) i( t ) (5.36) Sostituendo le espressioni di v(t) e i(t) si ha: [ p( t ) = VM I M sen ωt sen( ωt + ϕ ) = VI cos ϕ − cos( 2ωt + ϕ) ] (5.37) La relazione (5.37) mostra che la potenza istantanea, il cui andamento è rappresentato in fig. 5.11, oscilla intorno ad un valore medio VIcosϕ , in cui V ed I sono i valori efficaci di tensione e corrente, con pulsazione doppia rispetto a quella della tensione di alimentazione. La fig.5.11 evidenzia inoltre alcuni intervalli di tempo in cui la potenza è positiva, ossia fluisce dal generatore verso l'utilizzatore, altri in cui essa è negativa e pertanto fluisce in senso contrario. Per chiarire questo fenomeno si sviluppa ulteriormente la (5.37). Si ha: p( t ) = VI[cos ϕ − cos ϕ cos 2ωt + sen ϕ sen 2ωt ] = VI cos ϕ(1 − cos 2ωt ) + VI sen ϕ sen 2ωt La quantità: p a ( t ) = VI cos ϕ(1 − cos 2ωt ) (5.38) è sempre positiva ed è detta potenza attiva istantanea. La relazione: p r ( t ) = VI sen ϕ sen 2ωt (5.39) rappresenta la potenza reattiva istantanea. p(t) v(t) i(t) p(t) VI cosϕ t Fig. 5.11 Andamento della potenza istantanea p(t) 130 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale p(t) p(t) pa(t) VI cosϕ t pr(t) Fig.5.12 Andamento di potenza attiva e reattiva istantanea . La potenza istantanea è quindi data dalla somma di potenza attiva e potenza reattiva istantanea. Gli andamenti di potenza attiva e reattiva istantanea sono riportati in fig. 5.12 Tenendo conto della prima delle (5.30) la (5.38) diviene anche: p a ( t ) = RI 2 (1 − cos 2ωt ) = RI 2M sen 2 ωt = Ri 2 ( t ) (5.40) da cui si deduce che la potenza attiva istantanea è una potenza che viene dissipata nella parte resistiva del circuito, ed quindi ovvio che essa sia sempre positiva, ossia che fluisca sempre nella direzione generatore-utilizzatore. La potenza reattiva istantanea è invece una potenza a valore medio nullo e risulta quindi una potenza di scambio tra generatore e utilizzatore. Per comprendere meglio la natura di questo scambio si ricorre ad un esempio. Si consideri un bipolo RLC serie per il quale si ha: v( t ) = Ri( t ) + LDi( t ) + v C ( t ) moltiplicando per i(t) si ottiene la potenza istantanea data da: p( t ) = v( t )i( t ) = Ri 2 ( t ) + Li( t ) Di( t ) + v C ( t )i( t ) Per quanto detto in precedenza risulta: p r ( t ) = p( t ) − p a ( t ) = p( t ) − Ri 2 ( t ) = Li( t ) Di( t ) + v C ( t ) i( t ) e poiché i(t)=CDvC(t) si ha: p r ( t ) = Li( t ) Di( t ) + v C ( t )CDv C ( t ) = D 1 2 1 Li ( t ) + Cv C2 ( t ) = D w L ( t ) + w C ( t ) = Dw LC ( t ) 2 2 [ ] La potenza reattiva istantanea risulta quindi la derivata delle energie immagazzinate nei campi elettrici e magnetici. Per il bipolo considerato assumendo: I π con VCM = M i( t ) = I M sen ωt risulta: v C ( t ) = VCM sen ωt − 2 ωC l'energia immagazzinata nei campi elettrici e magnetici vale: 1 2 1 π 2 LI M sen 2 ωt + CVCM sen 2 ωt − = 2 2 2 1 2 1 1 1 LI (1 − cos 2ωt ) + CVC2 (1 + cos 2ωt ) = ( LI 2 + CVC2 ) − ( LI 2 − CVC2 ) cos 2ωt 2 2 2 2 w LC ( t ) = w L ( t ) + w C ( t ) = 131 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale wLC(t) wLC (t) LI2 1 ( LI 2 + CV 2 ) 2 CV2 wL(t ) wC(t) t Fig.5.13Andamento delle energie per un circuito RLC serie L'andamento dell'energia è riportato in fig.5.13. Dalla figura si rileva che l'energia è costituita da un termine costante, pari al minore tra CV2 e LI2, che rimane permanentemente immagazzinato nei campi elettrici e magnetici, e può essere scambiata tra i campi stessi, e un termine variabile che partecipa agli scambi energetici con il generatore. La parte di energia che non partecipa allo scambio con il generatore è immagazzinata nei campi all'atto della loro formazione e viene restituita quando essi si estinguono. Per la potenza reattiva si ha: p r ( t ) = Dw LC ( t ) = ( LI 2 − CV 2 )ω sen 2ωt = ωL − 1 2 I sen 2ωt = ( X L − X C )I 2 sen 2ωt = XI 2 sen 2ωt ωC Tenendo conto della seconda delle (5.30) si ottiene la (5.39). Si definisce potenza attiva P il valore medio della potenza attiva istantanea, coincidente con il valore medio della potenza istantanea. Si definisce potenza reattiva Q il valore massimo della potenza reattiva istantanea. Si ha: T T 1 1 P= p( t ) dt = p ( t )dt = VI cosϕ = RI 2 = GV 2 T0 T0 a Q = Max{p r ( t )} = VI sen ϕ = XI 2 = BV 2 (5.41) (5.42) Pur essendo dimensionalmente uguali la P e la Q hanno significato fisico diverso. Si tiene conto di questo fatto utilizzando unità di misura diverse e precisamente il W (watt) per la potenza attiva il VAR (volt-ampere reattivi) per quella reattiva. Si osservi inoltre che, in base alle assunzioni iniziali relative a tensione e corrente, risulta: ϕ > 0 e quindi Q >0 per carichi ohmici-induttivi ϕ < 0 e quindi Q <0 per carichi ohmici-capacitivi Si definisce inoltre, ed è questa una pura definizione matematica priva di significato fisico, la potenza apparente S, unità di misura VA (volt-ampere), mediante la relazione: S = P 2 + Q 2 = VI = ZI 2 = YV 2 con: (5.43) E' una definizione matematica anche la potenza apparente complessa S . Indicando V = Ve jβ I = Ie jα I * = Ie − jα ϕ =β−α 132 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale S = VI * = VIe j(β −α ) = VI cos ϕ + jVI sen ϕ = P + jQ (5.44) valgono quindi le relazioni: P = Re{S} Q = Im{S} S= S (5.45) In fig.5.14 sono rappresentati i triangoli delle potenze relativi a carichi ohmiciinduttivi e ohmici-capacitivi. V S P ϕ Q ϕ S I Q I P a) V b) Fig.5.14 Triangolo delle potenze per carichi ohmici-induttivi a) e ohmici-capacitivi b) 5.10 Potenza ed energia nei circuiti magneticamente accoppiati Si considerino i due circuiti mutuamente accoppiati di fig.5.10. Le potenze relative a ciacun circuito possono essere determinate mediante le relazioni: S1 = V1I 1* = P1 + jQ1 = ( R 1 + jωL1 )I 1I 1* + jωMI 2 I 1* S 2 = V2 I *2 = P2 + jQ 2 = jωMI 1I *2 + ( R 2 + jωL 2 )I 1I *2 (5.46) I 1 = I 1e jα1 (5.47) ponendo: si ha: I 1* = I 1e − jα1 I 2 = I 2 e jα 2 I *2 = I 2 e − jα 2 − j α −α S1 = R 1I 12 + jωL1I 12 + jωMI 1I 2 e ( 1 2 ) j α −α S = R I 2 + jωL I 2 + jωMI I e ( 1 2 ) 2 2 2 2 2 1 2 da cui sviluppando si ottiene: P1 = R 1I 12 + ωMI 1I 2 sen(α 1 − α 2 ) P2 = R 2 I 22 − ωMI 1I 2 sen(α 1 − α 2 ) Q1 = ωL1I 12 + ωMI 1I 2 cos(α 1 − α 2 ) (5.48) Q 2 = ωL 2 I 22 + ωMI 1I 2 cos(α 1 − α 2 ) Sommando le potenze attive e reattive si ha: P = P1 + P2 = R 1I 12 + R 2 I 22 Q = Q1 + Q 2 = ωL1I 12 + ωL 2 I 22 + 2ωMI 1I 2 cos(α 1 − α 2 ) (5.49) Le (5.49) dimostrano che la potenza attiva complessivamente dissipata nel circuito è pari alla somma delle potenze dissipate nelle singole resistenze. Le (5.48) dimostrano tuttavia che attraverso l'accoppiamento induttivo c'è trasferimento di potenza da un circuito 133 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale all'altro. La presenza dell'accoppiamento induttivo varia inoltre la potenza reattiva di una quantità pari a 2ωMI1I 2 cos(α1 − α 2 ) . Per l'energia istantanea si ha: 1 1 1 1 L1i12 + L 2 i 22 + Mi 1i 2 = L1I 2M1 sen 2 (ωt + α 1 ) + L 2 I 2M 2 sen 2 (ωt + α 2 ) + 2 2 2 2 1 1 2 MI M1I M 2 sen(ωt + α 1 ) sen(ωt + α 2 ) = L1I 1 1 − cos(2ωt + α 1 ) + L 2 I 22 1 − cos(2ωt + α 2 ) + 2 2 w(t) = [ [ ] [ ] ] + MI 1I 2 cos(α 1 − α 2 ) − cos(2ωt + α 1 + α 2 ) (5.50) L'energia media vale: T 1 1 1 w ( t )dt = L1I12 + L 2 I 22 + MI1I 2 cos(α 1 − α 2 ) Wm = 2 2 T0 (5.51) 5.11 Il teorema di Boucherot Il teorema di Boucherot afferma che in un circuito operante in regime sinusoidale la somma delle potenze apparenti complesse relative a tutti i rami è nulla. Ciò equivale a dire che la somma delle potenze reattive e quella delle potenze reattive è nulla. La dimostrazione del teorema è del tutto simile a quella di Tellegen. Risulta: 1 ST = 2 1 = 2 n j=1 k =1 n n j=1 n Vj0 k =1 Vjk I *jk I *jk 1 = 2 n n j=1 k =1 n 1 + V 2 k =1 k 0 (V n j=1 j0 − ) Vk 0 I *jk 1 = 2 n n j=1 Vj0 k =1 I *jk n 1 − V 2 k =1 k 0 n j=1 I *jk = (5.52) I *kj essendo: n k =1 I *jk = 0 e n j=1 I *kj = 0 per il I principio di Kirchhoff applicato ai generici nodi j e k. In dicando con Vk e I k i fasori della tensione e della corrente per il k-mo ramo, e supponendo la corrente diretta nel verso dei potenziali decrescenti, la (5.52) può anche essere scritta come: n ST = k =1 Vk I *k = 0 (5.53) e poiché per il generico ramo si può scrivere: Vk = E k − Z k I k (5.54) sostituendo nella (5.53) si ha: n ST = ponendo : k =1 ( E k − Z k I k )I *k = n k =1 E k I *k − n k =1 Z k I k I *k (5.55) 134 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale { PGk = Re E k I *k } { Q Gk = Im E k I *k } (5.56) le potenze attive e reattive relative ai generatori si ha: n k =1 n k =1 n PGk = Q Gk = k =1 n R K I 2k (5.57) X K I 2k (5.58) k =1 Le (5.56) e (5.57) indicano che nel circuito la somma delle potenze attive dei generatori è pari alla somma delle potenze dissipate nelle resistenze, la somma delle potenze reattive relative ai generatori è pari alla somma (algebrica per le ipotesi fatte relativamente alle potenze reattive di induttori e condensatori) delle potenze reattive dei carichi. Questo teorema esprime quindi gli stessi risultati del teorema di Tellegen per circuiti operanti a regime sinusoidale. 5.12 Il rifasamento Si chiama rifasamento l'operazione mediante la quale viene ridotto, addirittura annullato nel caso di rifasamento totale, l'angolo tra la tensione e le corrente. Poiché nella totalità dei casi i carichi risultano ohmici-induttivi, il rifasamento viene attuato mediante condensatori. R1 X1 V1 IC I1 I IC X R P V ϕR V I1 ϕ Fig.5.15 Circuito rifasato e diagramma fasoriale relativo I Si consideri il circuito di fig.5.15 in cui una linea di resistenza R1 e reattanza X1 alimenta un carico rappresentato da una impedenza equivalente costituita da una resistenza R ed una reattanza induttiva X. Prima di effettuare il rifasamento, ossia con interruttore aperto, la corrente I che percorre la linea è la stessa che attraversa il carico e risulta sfasata in ritardo dell'angolo ϕ = arctgX/R rispetto alla tensione V. Chiudendo l'interruttore, e quindi inserendo il condensatore in parallelo al carico, la corrente nel carico, ipotizzando la costanza di V, non cambia mentre la corrente in linea diminuisce passando da I a I1. Tale corrente presenta la stessa componente attiva di I ma componente reattiva ridotta. Lo scopo del rifasamento è quindi quello di ridurre il valore della corrente che circola in linea, fermo restando il valore della corrente nel carico (a parità di V). Il funzionamento del carico non risulta quindi mutato per effetto dell'inserimento del condensatore (in realtà, poiché ciò che è costante è la tensione V1 all'inizio della linea, inserendo il condensatore varierà, sia pure di poco, V e quindi anche I). I vantaggi che discendono dalla diminuzione della corrente in linea sono i seguenti: 1. diminuisce la perdita per effetto joule nella resistenza di linea R1I12. Osserviamo che è a spese dell'utente l'energia segnata dai contatori, che sono posti a monte del carico, non fa parte di tale energia quella dissipata in linea. L'ente distributore dell'energia 135 Cap.5 Circuiti in regime sinusoidale trovandosi a dover produrre oltre all'energia richiesta dagli utenti anche quella dispersa in linea, e che non viene né pagata né utilizzata da nessuno, impone all'utente stesso, al fine di minimizzare corrente e perdite, di lavorare con un cosϕ minimo pari a 0,9. 2. diminuisce la caduta di tensione in linea e dunque a parità di V può essere minore V1. 3. diminuisce la corrente richiesta al generatore che può quindi essere utilizzato anche per alimentare altri utilizzatori. Vogliamo ora determinare il valore della capacità idoneo a determinare il rifasamento voluto. Ci sono vari modi di procedere: 5.12.1 Con le ammettenze −B X = − arctg = − ϕ G R L'ammettenza equivalente del complesso carico-condensatore, con interruttore chiuso, e lo sfasamento tra corrente di linea I1 e tensione V risultano: Per il carico si ha Z = R + jX Y = G − jB ϕ * = arctg ϕ *R = − arctg Y ' = G − jB + jωC B − ωC = −ϕ R G Per la capacità si ha: C= B + Gtgϕ *R B − Gtgϕ R = ω ω (5.59) Per rifasamento completo, ϕR = 0, si ha: C= B L = 2 ω Z (5.60) 5.12.2 Con le correnti Dal grafico di fig.5.15 , posto: I a = I cos ϕ = I 1 cos ϕ R risulta: I C = I a ( tgϕ − tgϕ R ) e poiché e anche: I C = ωCV uguagliando le due espressioni si trova: C= I a ( tgϕ − tgϕ R ) ωV (5.61) 5.12.3 Con le potenze Per il teorema di Boucherot risulta: Q C = Q − Q R = P(tgϕ − tgϕ R ) = ωCV 2 da cui: C= P( tgϕ − tgϕ R ) ωV 2 (5.62) è immediato verificare che la capacità calcolata con le (5.61) e (5.62) è uguale a quella calcolata con la (5.59). Per la (5.62) si ha: 136 Cap. 5 Circuiti in regime sinusoidale GV 2 C= B − tgϕ R B − Gtgϕ R G = 2 ω ωV (5.63) 5.12.4 Il significato energetico del rifasamento Si è in precedenza osservato come la potenza reattiva costituisca una potenza di scambio tra generatore e utilizzatore e si è anche mostrato che la potenza reattiva è la derivata dell'energia immagazzinata nei campi elettrici e magnetici. Un esempio relativo ad un circuito RLC serie ha anche mostrato come esista un livello di energia costante, immagazzinato nei campi al momento della loro formazione, e che viene scambiato tra campo elettrico e campo magnetico, al quale si sovrappone, nel caso che i valori massimi delle due energie siano diversi, una energia che viene invece scambiata con il generatore. E' semplice verificare che un fenomeno analogo avviene anche per i circuiti parallelo. Il carico di fig.5.15 può essere sostituito infatti con un altro avente tre rami in parallelo, uno di resistenza R'=1/G, uno di induttanza L' = Z2/ωX =1/ωB ed uno di capacità C. Indicando con v(t)=VMsenωt la tensione applicata risulta: π 1 1 w LC ( t ) = w L ( t ) + w C ( t ) = CVM2 sen 2 ωt + L' I 2M sen 2 ωt − = 2 2 2 B 2 1 2 B 1 1 1B 2 CV 2 (1 − cos 2ωt ) + V (1 + cos 2ωt ) = C+ V − V C− cos 2ωt ω ω 2 2ω 2 2 La potenza reattiva risulta: p r ( t ) = Dw LC ( t ) = V 2 ( ωC − B) cos 2ωt da cui si deduce che per ωC = B ossia nel caso di rifasamento totale la potenza scambiata tra generatore e carico risulta nulla. Permangono invece come dimostra l'espressione di wLC gli scambi tra campo elettrico e magnetico. Anche per rifasamento parziale l'introduzione del condensatore riduci gli scambi energetici tra generatore e utilizzatore. CAPITOLO 6 6.1 La trasformata unilatera di Laplace (t.d.L.) La trasformata di Laplace è una tecnica mediante la quale si trasforma un problema dal dominio della variabile tempo t a quello della variabile complessa s. Risolto il problema nel dominio di s di torna a quello di t mediante l' operazione di antitrasformazione. Il vantaggio che si ottiene è quello di risolvere, nel dominio di s, equazioni algebriche anziché integro-differenziali come nel dominio di t. L[ f(t)] F(s) f(t) L -1 [ f ( t ) ] Fig. 6.1 Trasformazione e antitrasformazione secondo Laplace Detta f ( t ) la funzione da trasformare secondo Laplace (L-trasformazione) si ha: L[f(t)]=F(s) (6.1) in cui F( s ) è una funzione complessa della variabile complessa s = σ + j ω. L' operazione di L-Trasformazione è definita dalla relazione: F(s) = L[ f(t)] = ∞ 0 f ( t )e − st dt (6.2) La t.d.L. può essere calcolata per quelle funzioni per le quali l'integrale (6.2) converge; perché ciò accada la f( t ) deve essere di tipo esponenziale, ossia deve esistere un σ > 0 tale che: lim f ( t ) e − σt = 0 t →∞ 138 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 2 La funzione e t non è trasformabile perché non è esponenziale. La funzione e at è invece trasformabile, infatti l'integrale converge per tutti i valori di s per cui Re( s ) > a in questo caso a è detta ascissa di convergenza. Se σ∗ è l'ascissa di convergenza, si dimostra che l'integrale (6.2) converge per tutti gli s per cui: Re( s ) > σ∗ (1) (6.3) Esempio 6.1 Si voglia determinare la t.d.L. della funzione f( t ) = e at . Si ha: F(s) = ∞ 0 f ( t )e − st dt = ∞ 0 e at e − st dt = ∞ 0 e − ( s− a ) t dt = 1 ( s − a) Il denominatore di F( s ) si annulla per s = a; a è dunque una singolarità del denominatore ed è facile verificare che è anche l'ascissa di convergenza. L’ ascissa di convergenza coincide con la parte reale della singolarità di F( s ) più a destra sul piano di Gauss. Si osservi che essendo 0 l'estremo di integrazione inferiore nella (6.2), funzioni aventi andamenti diversi prima di t = 0 ma uguali dopo tale istante, come illustrato in fig. 6.2, hanno la stessa t.d.L. f( t ) 0 f( t ) t 0 f( t ) t 0 t Fig. 6.2 Esempio di funzioni aventi la stessa t.d.L. Nell'operazione di L-trasformazione possono essere considerate funzioni definite a partire da t = 0, questo risultato può essere ottenuto moltiplicando la funzione da Ltrasformare per u(t). Nel caso in cui si debba eseguire la trasformata di Laplace della funzione impulsiva δ(t), come estremo inferiore deve essere assunto 0- poiché la funzione è definita nell'intervallo 0-,0+. Esempio 6.2 Si voglia eseguire la trasformata di Laplace della funzione impulsiva δ(t) definita nell' Appendice A. Dalla definizione di t.d.L. si ha: (1) Si potrebbe pensare che F(s) sia definita solo nella regione di convergenza, in realtà essa e' definita in tutto il piano di s eccetto le singolarità del denominatore (prolungamento analitico). 139 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 0+ L[δ( t ) ] = 0 − δ( t ) e − st dt = 0+ 0− δ( t ) dt = 1 Per la proprietà di campionamento della δ(t), con questa operazione si estrae il valore di e −st per t = 0, ossia 1. Esempio 6.3 Calcolare la t.d.L. della funzione a gradino unitario u(t). si ha: L[ u( t ) ] = 0+ ∞ 0 u( t ) e − st dt = − 0 − u( t ) e − st dt + ∞ 0 + u( t ) e − st dt = risulta infatti: 1 s 0+ u( t ) e − st dt = 0 In questo caso è indifferente considerare 0- o 0+ come estremo di integrazione inferiore nella (6.2). 0− 6.2 Proprietà della trasformata di Laplace 6.2.1 Linearità [ ] [ ] [ ] L c 1 f 1 ( t ) + c 2 f 2 ( t ) = c 1 L f 1 ( t ) + c 2 L f 2 ( t ) = c 1 F1 ( s) + c 2 F2 ( s) (6.4) Questa proprietà discende dalla proprietà di linearità dell'operazione di integrazione. Dalla definizione di t.d.L. si ha infatti: [ ] L c1 f1 ( t ) + c 2 f 2 ( t ) = ∞ 0 [c f ( t ) + c 1 1 ] f ( t ) e − st dt = c 1 2 2 ∞ 0 e − st f1 ( t ) dt + c 2 ∞ 0 e − st f 2 ( t ) dt = = c 1 F1 ( s) + c 2 F2 ( s) 6.2.2 Differenziazione L df(t) = sF( s) − f ( 0) dt (6.5) Infatti: L df(t) = dt ∞ 0 df(t) −st e dt = f (t )e −st dt ∞ 0 +s ∞ 0 f (t )e −st dt = −f (0 ) + sF(s) Per la derivata seconda si ha: L Ponendo: g( t ) = df ( t ) dt si ha: L G( s) = L[g( t ) ] = L Sostituendo si ha: d 2 f ( t) = s 2 F( s) − sf ( 0) − f ' ( 0) dt 2 (6.6) d g(t) = sG( s) − g( 0) in cui: dt df ( t ) = sF( s) − f ( 0) dt g( 0) = df ( t ) dt = f ' ( 0) t =0 140 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace dg( t ) d 2 f ( t) L =L = s 2 F( s) − sf ( 0) − f ' ( 0) 2 dt dt Per la derivata di ordine n si ha: L d n f ( t) = s n F( s) − s n −1 f ( 0) − s n − 2 f ' ( 0).........− f ( n −1) ( 0) dt n (6.7) 6.2.3 Integrazione [ L Si ha infatti: [ t L 0 ] [ 0 ] f ( t ) dt = ] F( s) s (6.8) e − st f ( t ) dt e dt = − 0 s ∞ f ( t ) dt = t t 0 − st t 0 ∞ f ( t ) dt + 0 1 s ∞ 0 f ( t ) e − st dt = F( s) s Nel caso in cui l'estremo inferiore di integrazione sia -∞ si ha: [ L t −∞ ] [ f ( t ) dt = L 0 −∞ f ( t ) dt + t 0 ] f ( t ) dt = 1 s 0 f ( t ) dt + −∞ F( s) s (6.9) 6.2.4 Traslazione nel tempo [ ] L f ( t − t 0 ) u( t − t 0 ) = F(s)e − st 0 (6.10) Si ha infatti: [ ] L f ( t − t 0 ) u( t − t 0 ) = ∞ 0 [f (t − t )u(t − t )]e 0 0 − st dt posto t - t0= x e quindi t = x + t0 e dx = dt risulta: ∞ 0 [ f ( t − t )u( t − t )]e 0 0 − st dt = ∞ −t0 f ( x) u( x)e − st o e − sx dx = e − st o ∞ 0 f ( x)e − sx dx = e − st o F( s) In fig. 6.3 a) e b), rispettivamente, sono riportate una generica funzione f(t) e la stessa funzione traslata del tempo to . f(t - t 0 ) u(t - t 0 ) f( t )u(t) 0 t 0 t0 a) t b) Fig. 6.3 Funzione f(t)u(t) a) e funzione f( t-to )u( t-to ) NOTA: Si osservi che alla funzione f(t-to )u(t) non può essere applicata la regola di traslazione nel tempo; tale regola può invece essere applicata alla funzione f(t-to ) u( t-to ) 141 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Esempio 6.4 Si voglia determinare la L-trasformata delle funzioni: f1 (t ) = e −5 t u (t ) f 2 (t ) = e −5(t − t 0 ) u (t − t 0 ) f 3 (t ) = e −5( t − t 0 ) u ( t ) rappresentate in fig. 6.4 f 3 (t) f 2 (t) f 1 (t) 0 t0 t 0 t0 t 0 Fig. 6.4 Esempio 6.4 t Dall'esempio 6.1 e dalla regola di traslazione nel tempo si ottiene: F1 ( s) = 1 s+5 e − st 0 s+5 F2 ( s) = e − st 0 F1 ( s) = F3 ( s) = L[ e 5t 0 e −5t u( t ) ] = e 5t 0 s+5 6.2.5 Traslazione in s L[ e − at f ( t ) u( t ) ] = F( s + a ) (6.11) Si ha infatti: L[e − at f ( t ) u( t )] = ∞ 0 f ( t )e − at e − st dt = ∞ 0 f ( t )e − ( a + s) t dt = ∞ 0 f ( t )e − s′t dt = F( s ′) = F(s + a ) 6.2.6 L-trasformata di funzioni periodiche Se f(t) è una funzione periodica di periodo T, si ha: L[ f ( t ) u( t ) ] = F1 ( s) 1 − e − sT (6.12) con: F1 ( s) = L-1[ f1 ( t ) ] e f1( t ) valore di f ( t ) nel primo periodo. Si consideri ad esempio la funzione periodica rappresentata in fig. 6.5 per la quale si può scrivere: f 1 (t ) = f (t ) per 0≤t ≤T 0 altrove f (t) 0 t Fig. 6.5 Funzione periodica di periodo T Risulta essere: 142 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace F( s) = F1 ( s) + F1 ( s) e − sT + F1 ( s) e −2 sT +....... = F1 ( s)(1 + e −sT + e −2 sT +......) = F1 ( s) 1 − e −sT in cui F1(s) è la t.d.L. di f1(t). Il risultato ottenuto è dovuto al fatto che la quantità in parentesi rappresenta una serie geometrica di ragione e-sT. Esempio 6.5 Si vuol eseguire la trasformata di Laplace della funzione periodica di fig. 6.5 f (t) A 0 T t Fig. 6.5 Esempio 6.5 La funzione f1( t ) è espressa dalla relazione: A A f 1 ( t ) = tu( t ) − ( t − T) u( t − T) − Au( t − T) da cui: T T A 1 (1 − e −sT ) − 1 A 1 A A 1 s sT F1 ( s) = 2 (1 − e − sT ) − e F( s) = = − − sT s s sT 1 − e − sT s T 1− e 6.2.7 Cambio di scala L[ f ( at ) u( t ) ] = 1 s F a a (6.13) Infatti, posto at = t' e s' = s/a si ha: L[ f ( at ) u( t ) ] = ∞ 0 f ( at ) e − st dt = ∞ 0 f ( t ') e − st ' a 1 dt ' = a ∞ 0 1 F( s') 1 s f ( t ') e − s' t ' dt ' = = F a a a a 6.2.8 Moltiplicazione per t [ ] L t f ( t ) u( t ) = − Si ha infatti: [ ] L t f ( t ) u( t ) = ∞ 0 t f ( t ) e − st dt = − ∞ 0 dF( s) ds (6.14) d d f ( t ) e − st ]dt = − [ ds ds ∞ 0 f ( t ) e − st dt = − dF( s) ds In generale si ha: L[ t n f ( t ) u( t ) ] = e quindi: ∞ 0 ( − 1) n n dn n d − st ( ) ( ) f t e dt = − 1 [ ] ds n ds n ∞ 0 f ( t ) e − st dt = ( − 1) n d n F( s) ds n 143 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace L[ t n f ( t ) u( t ) ] = ( − 1) 6.2.9 Convoluzione [ L[ f ( t )∗ g( t ) ] = L [ Si ha infatti: ∞ L = 0 ∞ 0 ] [ f ( τ ) g( t − τ ) dτ = ∞ ∞ 0 0 f ( τ) e − sτ G (s)dτ =G (s) ∞ 0 ∞ 0 n d n F( s) ds n (6.15) ] f ( τ ) g( t − τ ) dτ = F( s) G( s) ] ∞ f ( τ ) g( t − τ ) dτ e − st dt = 0 [ f ( τ) ∞ 0 (6.16) ] g( t − τ ) e − st dt dτ = f ( τ) e − sτ dτ =G( s) F( s) = F( s) G( s) 6.2.10 Teorema del valore iniziale f ( 0) = lim sF( s) (6.17) s→∞ Dalla regola di derivazione si ha infatti: lim ∞ s→∞ 0 df ( t ) − st e dt =0 = lim [sF( s) − f ( 0) ] = lim sF( s) − f ( 0) s→∞ s→∞ dt 6.2.11 Teorema del valore finale lim f ( t ) = lim sF( s) t →∞ s→ 0 (6.18) Risulta infatti: lim sF( s) = lim s→ 0 ∞ s→ 0 0 df ( t ) − st e dt + f ( 0) = dt ∞ 0 df ( t ) dt + f ( 0) = lim f ( t ) t →∞ dt 6.3 Antitrasformata di Laplace L'operazione di antitrasformazione è definita dalla relazione:1 f (t ) = L−1 [F(s )] = 1 2πj σ + jω σ − jω F(s )e st ds (6.19) In pratica per eseguire l'operazione di antitrasformazione non si fa uso della (6.19), ma si scompone F(s) in fratti semplici, ossia in somma di frazioni di cui sono note, perché tabellate, le antitrasformate. Si ha cioè: F(s) = F1 ( s) + F2 ( s) +............+ Fn ( s) Dalla proprietà di linearità si ha poi: f ( t ) = f1 ( t ) + f 2 ( t ) +............+ f n ( t ) 1 L'operazione di antitrasformazione da sempre luogo a funzioni unilatere e quindi del tipo f(t) u(t) o più in generale f(t - to)u(t - to) 144 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace La funzione da antitrasformare è generalmente disponibile sotto forma di rapporto di polinomi, ossia: F( s) = s m + a 1s m−1 + a 2 s m− 2 +........+ a 0 N( s) =K n D( s) s + b 1s n−1 + b 2 s n− 2 +.........+ b 0 (6.20) Tale frazione è detta: - propria se il grado del denominatore è maggiore di quello del numeratore, cioè: n > m; - non strettamente propria se n = m; - impropria se n < m. Negli ultimi due casi si deve procedere preventivamente alla operazione di divisione, dalla quale si ottiene: R( s) (6.21) F( s) = Q( s) + D( s) Esempio 6.6 F( s) = 2s3 + s2 + s + 1 s + 10 = 2s − 3 + 2 2 s + 2s + 3 s + 2s + 3 Antitrasformando si ha: f ( t) = 2 dδ ( t ) s + 10 − 3δ( t ) + L−1 2 dt s + 2s + 3 Nell'antitrasformata di funzioni non strettamente proprie compare δ(t), in quella di funzioni improprie compare δ(t) con le sue derivate. Si procede ora considerando il caso di funzioni proprie. Chiamando poli le radici di D(s), possono distinguersi i seguenti casi: 6.3.1 Poli reali e distinti Indicando p1,p2,........pn i poli si può scrivere: F( s) = N( s) (s − p )(s − p )..........(s − p ) 1 2 n = n 1 Ki s − pi (6.22) in cui le quantità Ki sono detti residui. Vale la seguente regola: se N(s) e D(s) sono in forma monica (coefficiente del termine di grado più elevato uguale a uno) si ha: K i = 1 se n = m + 1 K i = 0 se n > m + 1 Per determinare l'i-mo residuo si può procedere moltiplicando la F(s) sviluppata in fratti semplici per (s − p i ) e calcolando il limite per s → pi. Si ha infatti: (s − p )F( s) = (s − p ) s −Kp + (s − p ) s −Kp 1 i da cui: i 2 1 i 2 +.....+ K i +.....+(s − p i ) Kn s − pn 145 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace K i = lim ( s − p i ) F(s) (6.23) s→ p i Antitrasformando la (6.23) si ha: n f ( t) = 1 K i e p i t u( t ) (6.24) 6.3.2 Poli complessi coniugati Consideriamo il caso che tra le radici di F(s) ci siano i due poli complessi coniugati: p 1 = σ + jω p1∗ = σ − jω e Procedendo come per i poli reali e distinti, per la parte relativa ai poli complessi coniugati, si ha: F( s) = K1 K 1∗ + s − p 1 s − p 1∗ (6.25) con K1 e K 1∗ complessi coniugati poiché F(s) è un polinomio a coefficienti reali. Posto: K 1 = u + jv = u 2 + v 2 e jϕ = M e jϕ in cui: M = u2 + v2 e ϕ = tg −1 K 1∗ = u − jv = u 2 + v 2 e − jϕ = Me − jϕ v u la (6.25) diviene: F( s) = Me jϕ Me − jϕ + s − σ − jω s − σ + jω Antitrasformando si ha: f (t ) = Me jϕ e (σ+ jω)t + Me − jϕ e (σ− jω )t = 2Me σt = 2Me cos(ωt + ϕ)u (t ) e j(ωt +ϕ ) + e − j(ωt +ϕ ) = 2 (6.26) σt Si può anche procedere nel seguente modo: F( s) = u + jv u − jv 2 u( s − σ ) − 2 vω + = s − σ − jω s − σ + jω ( s − σ) 2 + ω 2 (6.27) Ricordando le antitrasformate di senωt, cosωt e la regola di traslazione in s si ha: f ( t ) = (2 u cos ωt − 2 v sen ωt )e σt u( t ) = 2e σt u 2 + v 2 cos ωt + tg −1 v u u( t ) Spesso, per i circuiti del secondo ordine, la F(s) ha la tipica forma: F( s) = ω 2n s2 + 2sξω n + ω 2n Per ξ < 1 il denominatore ha due radici complesse coniugate e quindi si ha: (6.28) 146 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace F( s) = (s + ξω ) ω 2n (6.29) + ω 2n (1 − ξ 2 ) 2 n Antitrasformando si ha: ωn f ( t) = 1− ξ 2 ( ) e − ξω n t sen ω n 1 − ξ 2 t u( t ) (6.30) 6.3.3 Poli immaginari Si possono utilizzare i risultati ottenuti per poli complessi coniugati con σ= 0 e ξ= 0. Con queste posizioni le (6.26), (6.27), (6.29), (6.30) divengono: f ( t ) = 2 M cos( ωt + ϕ ) u( t ) F( s) = 2 us + 2 vω s2 + ω 2 f ( t ) = ω n sen ω n t u( t ) F( s) = (6.31) ω n2 s2 + ω n 2 6.3.4 Poli reali multipli Si consideri il caso in cui la funzione da antitrasformare abbia il polo p α multiplo di molteplicità q, cioè che sia del tipo: F( s) = N( s) (6.32) (s − p )(s − p )....(s − p ) ....(s − p ) q 1 α 2 n La scomposizione in fratti semplici è ora del tipo: F( s) = K1 K2 + ( s − p ) (s − p ) 1 2 +....+ K αq + K α ( q −1) (s − p ) (s − p ) q α q −1 +....+ K α1 (s − p ) +....+ α α Kn (s − p ) n Per calcolare K αq si moltiplica per (s − p) e si fa tendere s → p α . Si ha: α F( s)(s − p α ) = q K 1 (s − p α ) (s − p ) q +....+ K αq + K α ( q −1) (s − p α )+....+ K α1 (s − p α ) q −1 +....+ K n (s − p α ) q (s − p ) n 1 Facendo tendere s → p α si ottiene: [ K αq = lim F( s)( s − p α ) s→ p α q ] Derivando successivamente, rispetto ad s, l'espressione F( s)(s − p α ) e valutando per s q = p α , si ha: [ d q K α ,( q −1) = F( s)( s − p α ) ds ] s= p α [ 1 d (i) q K α ,( q − i ) = F(s)( s − p α ) ( ) i i ! ds ] s= p α 147 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace K α ,1 1 d ( q −1) q = K α[q −( q −1) ] = F(s)( s − p α ) q −1) ( (q − 1)! ds [ ] s= p α Considerando che 0! = 1 e che eseguire la derivata di ordine zero significa non derivare, si può scrivere: K α ,( q − i ) = [ 1 d ( i) q ( i ) F(s)( s − p α ) i! ds ] (6.33) s= p α i = 0, 1, ......., q -1 Antitrasformando si ottiene: f ( t ) = K 1e p1t + + K αq t ( q −1) (q − 1)! + K αq −1 t ( q − 2 ) ( q − 2 )! +....+ K α 2 t + K α1 e pα t +....+ K n e pnt u( t ) (6.34) Esempio 6.7 Come applicazione di quanto affermato per il caso di poli reali multipli si consideri la seguente operazione di antitrasformazione: K 2 ,3 K 2 ,2 K 2 ,1 K1 1 F( s) = + 3 = 3 + 2 + ( s + 1)( s + 2) ( s + 1) ( s + 2) ( s + 2) ( s + 2) Per le costanti si ha: 1 1 K1 = =1 K 2 ,3 = = −1 3 ( s + 1) s=−2 ( s + 2) s=−1 d 1 ds s + 1 Si può quindi scrivere: K 2,2 = = −1 s=−2 K 2 ,1 = 1 d2 1 2 2 ! ds s + 1 = −1 s=−2 1 1 1 1 − 3 − 2 − ( s + 1) ( s + 2) ( s + 2) ( s + 2) Antitrasformando si ottiene: F( s) = f ( t) = e −t t2 − + t + 1 e − 2 t u( t ) 2! 6.3.5 Poli complessi coniugati multipli Procedendo come illustrato al punto precedente si ha: f (t) = 2 t ( q −1) M q cos ωt + ϕ q +.....+2 t M 2 cos(ωt + ϕ 2 ) + 2 M 1 cos(ωt + ϕ 1 ) e σt u( t ) q − 1 ! ( ) ( ) (6.35) 6.3.6 Poli immaginari multipli Ponendo σ = 0 nella (6.35) si ha: f ( t) = 2t ( q −1) (q − 1)! ( ) M q cos ωt + ϕ q +.....+2 t M 2 cos(ωt + ϕ 2 ) + 2M1 cos(ωt + ϕ1 ) u( t ) (6.36) 148 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace TAB.6.1 PROPRIETÀ DELLA TRASFORMATA DI LAPLACE PROPRIETÀ DOMINIO di t DOMINIO di s Linearità Cambio di scala a 1 f1 ( t ) + a 2 f 2 ( t ) a 1 F1 ( s) + a 2 F2 ( s) t a aF( as) a > 0 Traslazione in t f (t − t 0 ) f e − at f ( t ) Traslazione in s Derivazione d n f ( t) ds n Integrazione t −∞ F(s+a) s n F( s) − s n −1 f ( 0) − s n − 2 f (1) ( 0) −....− f ( n −1) ( 0) F( s) 1 + s s f ( t ) dt t n f ( t) Moltiplicazione per t ( − 1) n f ( t) t Divisione per t Convoluzione in t e − st 0 F( s) ∞ 0 Teorema del valore iniziale Trasformata di Laplace Antitrasformata di Laplace s f ( τ) g( t − τ) dτ Convoluzione in s Teorema del valore finale ∞ f(t)g(t) 0 −∞ f ( t ) dt d n F( s) ds n F( s) ds F(s)G(s) 1 2πj σ + jω σ − jω F( σ ) G( s − σ ) dσ f ( 0) = lim f ( t ) = lim sF( s) t→0 s→∞ lim f ( t ) = lim sF( s) t →∞ s→ 0 F( s) = f ( t) = 1 2πj ∞ 0 f ( t ) e − st dt σ + jω σ − jω F( s) e st ds 149 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace TAB. 6.2 TRASFORMATE DI LAPLACE f (t) F(s) u(t) 1 s 1 n! δ(t) tnu(t) s n +1 1 s+a 1 e-atu(t) t n −1 − at e u(t) ( n − 1) ( s + a) n (1− e − at )u( t ) a s( s + a ) 1 e − at − e − bt u( t ) b−a ( s + a )( s + b) be − at − ae − bt u( t ) b−a ( s + a )( s + b) s ω s + ω2 s 2 s + ω2 ω senωt u(t) 2 cosωt u(t) e-at senωt u(t) ( s + a) 2 + ω 2 e-at cosωt u(t) ω n e − ξω n t 1 − ξ2 − e −ξω n t 1 − ξ2 ( ( c − a ) 2 + b2 e − at ) 1 − ξ2 ξ u( t ) ξ < 1 b sen bt + tg u( t ) c−a −1 at − 1 + e − at a [ ( s + a) 2 + ω 2 sen ω n 1 − ξ t u( t ) ξ< 1 2 sen ω n 1 − ξ 2 t − tg −1 b s+a 2 ω 2n s2 + 2ξω n + ω 2n s s + 2 ξω n + ω 2n 2 s+ c ( s + a ) 2 + b2 1 u( t ) s ( s + a) 2 ] 1 abt + ( a − b) (1 − e − at ) u( t ) a2 s+ b s ( s + a) 2 150 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 6.4 Risoluzione delle equazioni integro-differenziali mediante la t.d.L. Sia assegnata l'equazione integro-differenziale: e( t ) = Ri( t ) + LDi( t ) + 1 i( t ) CD esprimente l'equilibrio elettrico di un circuito R, L, C serie, e siano assegnate le condizioni iniziali: i( 0) = I 0 v( 0) = V0 Trasformando secondo Laplace si ha: E( s) = RI( s) + LsI( s) − LI 0 + 1 V I( s) + 0 sC s 1 V I( s) + 0 è la tensione sul condensatore e LsI( s) − LI 0 quella sull'induttanza. sC s In seguito all'operazione di L-trasformazione l'equazione integro-differenziale è divenuta una equazione algebrica dalla quale si ha: in cui I( s) = V V0 sC E( s) + LI 0 − 0 s s = 2 1 s LC + sRC + 1 R + Ls + sC E( s) + LI 0 − La corrente i(t) si ottiene antitrasformando I(s), ossia: i( t ) = L-1[I( s) ] Esempio 6.8 Nell'equazione precedente si assumano i seguenti valori: I 0 = 0; V0 = 10 V; e = 20 V ; R = 1Ω; L = 1H ; C = 1F Poiché E(s)=20/s si ha: I( s) = 10 = s + s+1 2 10 10 = 2 1 3 1 s2 + s + + s+ + 4 4 2 3 2 2 Antitrasformando si ottiene: i( t ) = 20 − 21 t 3 e sen t u( t ) 2 3 6.5 Confronto tra soluzione classica e soluzione mediante t.d.L per le equazioni differenziali Nella fig. 6.6 è effettuato il confronto tra soluzione per mezzo del metodo classico e per mezzo di t.d.L. Con il metodo classico risulta spesso oneroso il calcolo delle condizioni iniziali per le prime n-1 derivate (partendo dalle condizioni iniziali note) e delle costanti di integrazione, per cui, in generale, l'utilizzo della t.d.L. risulta vantaggioso. 151 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace SISTEMA DI EQUAZIONI INTEGRO-DIFFERENZIALI di ordine n METODO CLASSICO LAPLACE Condizioni iniziali Riduzione ad una equazione differenziale di ordine n e calcolo dei valori iniziali delle n-1 derivate mediante le condizioni iniziali note. Determinazione della soluzione complementare contenente n costanti arbitrarie Determinazione della soluzione particolare. Trasformazione di tutte le equazioni Risoluzione di equazioni algebriche per ottenere le incognite + Soluzione complessiva con n costanti arbitrarie Scomposizione in fratti semplici e determinazione di n costanti Valutazione delle costanti mediante le condizioni iniziali Antitrasformazione Fig. 6.6 Soluzione mediante il metodo classico e mediante t.d.L 6.6 Applicazione della t.d.L. alla risoluzione dei circuiti Scritte le equazioni integro-differenziali che rappresentano l'equilibrio elettrico del circuito e assegnate le condizioni iniziali è possibile procedere alla risoluzione mediante la t.d.L. come mostrato al paragrafo 4); è tuttavia possibile disegnare subito un circuito Ltrasformato dal quale dedurre direttamente le equazioni nel dominio di s. Ciò può essere fatto sulla base delle seguenti considerazioni per induttori e condensatori. 6.6.1 Induttori v L ( t ) = LDi L VL ( s) = LsI L ( s) − Li L ( 0) (6.36) Le due precedenti relazioni sono relative alle figg.6.7a) e b) rispettivamente. L i L(t) + vL(t) a) I L(s) + Li(0) Ls 1/Ls I L(s) + VL(s) VL(s) b) i(0)/s c) Fig. 6.7 Induttanza a) circuito L-trasformato serie b) circuito L-trasformato parallelo b) 152 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace La (6.36) è utile per la scrittura delle equazione con il metodo delle correnti di maglia; volendo procedere con il metodo delle tensioni di taglio (o di nodo) si ha: iL ( t) = 1 L t 0 v L ( t ) dt + i L ( 0) I L ( s) = 1 i ( 0) VL ( s) + L Ls s (6.37) Il corrispondente circuito parallelo è riportato in fig. 6.7c). 6.6.2 Condensatori La tensione alle estremità del condensatore, nel dominio di t e in quello di s, vale: vC ( t ) = 1 t i ( t ) dt + v C ( 0) C 0 C VC ( s) = 1 v ( 0) I C ( s) + C Cs s (6.38) da cui si deduce il circuito L-trasformato serie. Il circuito parallelo si ottiene invece dalle relazioni: (6.39) i C ( t ) = CDv C I C ( s) = CsVC ( s) − Cv C ( 0) In fig.8 sono riportati i circuiti L-trasformati serie e parallelo. iC(t) C + I C(s) vC (t) + Cs 1/Cs v(0)/s I C(s) VC(s) a) VC (s) + CvCv(0)/s (0) b) c) Fig. 6.8 Condensatore a); circuito L-trasformato serie b);circuito L-trasformato parallelo c) 6.6.3 Induttori mutuamente accoppiati Le equazioni di equilibrio elettrico nel dominio di t e di s valgono: v1 ( t ) = L1Di1 + MDi 2 V1 ( s) = L1sI1( s) − L1i1 ( 0) + MsI 2 ( s) − Mi 2 ( 0) v 2 ( t ) = MDi1 + L2 Di 2 (6.40) V2 ( s) = MsI1 ( s) − Mi1 ( 0) + L2sI 2 ( s) − L2i 2 ( 0) Le seconde delle (6.40) rappresentano le equazioni di equilibrio del circuito Ltrasformato di fig. 6.10a). Dalle (6.40) si ha anche: V1( s) = L1s I1 ( s) − i1( 0) i ( 0) + Ms I 2 ( s) − 2 s s (6.41) i ( 0) i ( 0) V2 ( s) = Ms I1( s) − 1 + L2s I 2 ( s) − 2 s s Alle (6.41) corrisponde il circuito di fig.6.9b). L1 i1(0) M i2 (0) L1 s V1(s) I 1 (s) M i1(0) L2i2 (0) L2 s Ms a) V2(s) I 2(s) I 1 (s) i1(0) s I1 i1(0) s I2 i 2(0) s L2 s L 1s Ms Fig. 6.9 Circuiti L-trasformati mutuamente accoppiati b) I 2 (s) i 2(0) s 153 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Ai circuiti mutuamente accoppiati possono essere applicate le regole di disaccoppiamento in precedenza illustrate, ad esempio se i due circuiti hanno un punto a comune si ottengono i circuiti L-trasformati di fig.6.10. L1 i1(0) L2 i2 (0) ( L1 M )s ( L 2 M ) s M i2 (0) M i1(0) Ms I 1(s) ∆ s /Μ I 1 (s) ∆s L2 M i1(0) s I 2(s) I 2 (s) ∆s L1 M i 2(0) s Fig. 6.10 Circuiti L-trasformati disaccoppiati 6.7 Perché usare la t.d.L. unilatera anziché quella bilatera Oltre alla trasformata unilatera di Laplace definita dalla relazione: F( s) = ∞ 0 f ( t ) e − st dt è possibile definire la trasformata bilatera di Laplace mediante la relazione: Fb ( s) = ∞ −∞ f ( t ) e − st dt Per eseguire la trasformata bilatera dovrebbe essere noto anche l'andamento di f(t) prima dell'istante t = 0 preso come inizio del fenomeno. Se ad esempio volessimo conoscere l'evoluzione di un circuito composto da R, L, C dovrebbero essere noti gli andamenti di tensione sul condensatore e corrente nell'induttanza a partire da - ∞. Con la trasformata unilatera è invece sufficiente conoscere i valori iniziali, senza sapere come essi sono stati raggiunti. Con la trasformata bilatera si verrebbe a perdere il concetto di stato, intendendo come variabili di stato quell'insieme di variabili la cui conoscenza ad un determinato tempo t1consente di determinare la risposta del circuito per ogni t >t1 . 6.8 Perché usare 0- nella trasformata di Laplace Esempio 6.9 Si consideri il circuito R, L di fig.6.11 alimentato con un generatore di tensione di valore Vδ(t). R Vδ (t) Vδ (t) L i(t) t Fig. 6.11 Circuito R, L alimentato con la tensione Vδ(t) All'istante 0+ il circuito diviene quello di fig. 6.12. Applicando la t.d.L. con 0+ come estremo di integrazione inferiore, e quindi L-trasformando l'equazione di equilibrio del circuito di fig. 6.12 si ha: 0 = RI( s) + LsI( s) − Li( 0+ ) 154 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Per determinare il valore di i(0+) si integra l'equazione di equilibrio del circuito di fig.6.11 tra 0- e 0+. Si ha: R L i(t) Fig. 6.12 Circuito di fig.6.11 allo 0+ V 0+ 0 δ( t ) dt = − 0+ 0 − Ri( t ) dt + e poiché : V 0+ 0+ 0+ 0 0 0 δ( t )dt = V − Ri( t )dt = 0 − si ha: L − 0+ 0 − L di( t ) dt dt i( 0+ ) di( t ) dt = − Ldi = L i( 0− ) − i( 0+ ) i( 0 ) dt [ ] V + i(0− ) L Sostituendo nell'equazione di equilibrio L-trasformata si ha: V = RI( s) + LsI( s) − Li( 0− ) Allo stesso risultato si perviene L-trasformando, partendo da i(0-), l'equazione di equilibrio del circuito di fig. 6.11. i(0+ ) = Dall'esempio precedente si deduce che nel caso in cui non ci siano impulsi applicati al tempo t = 0, le trasformate di Laplace calcolate a partire da 0+ o da 0- coincidono, in caso contrario differiscono per una costante, infatti: ∞ 0 − f ( t ) e − st dt = da cui: L− [ f ( t ) ] = 0+ 0 − ∞ 0− f ( t ) e − st dt + ∞ 0+ f ( t ) e − st dt f ( t ) e − st dt + L+ [ f ( t ) ] Nell'ipotesi in cui : f(t) = Aδ(t) + g(t) si ottiene: L− f ( t ) = A + L+ f ( t ) Se invece manca l'impulso risulta: L− f ( t ) = L+ f ( t ) Dall'esempio 6.9 si osserva inoltre che partendo da t = 0+ risulta laborioso il calcolo della condizione iniziale. Esempio 6.10 Si consideri il circuito di fig. 6.13, per esso l'equilibrio elettrico, con interruttore aperto e quindi per t = 0+, è espresso dalla relazione: e( t ) = L1 Di1 + L 2 Di 2 + R 2 i 2 con i1 = i 2 = i 155 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Trasformando a partire da 0+ si ha: E( s) = L1sI( s) − L1i(0+ ) + L2sI( s) − L2 i( 0+ ) + R 2 I( s) L1 e i(t) t=0L R1 2 R2 Fig. 6.13 Esempio 6.10 Per determinare la condizione iniziale si fa uso della conservazione del flusso. Dette i1( 0 ) e i2 ( 0− ) le correnti nelle induttanze L1 e L 2 prima dell'apertura dell'interruttore, si ha: L1i1 (0− ) + L2i 2 ( 0− ) = ( L1 + L2 )i(0+ ) Sostituendo nell'espressione L-trasformata si ha: − E( s) = L1sI( s) + L2sI( s) − L1i1 (0− ) − L2i2 (0− ) + R 2I( s) È facile vedere che operando la trasformazione utilizzando 0- come estremo inferiore di integrazione si ottiene lo stesso risultato. Si può concludere che quando ci sono salti di corrente in induttori, o di tensione in condensatori, utilizzare 0- significa imporre la costanza del flusso (o della carica). Come sottolineato in precedenza i salti di corrente o di tensione ora ipotizzati sono puramente teorici e sono in pratica impediti dal fenomeno dell'arco elettrico. Entrambi gli esempi illustrati mostrano che assumere 0- come estremo di integrazione nella t.d.L. sia vantaggioso perché rende possibile utilizzare le condizioni iniziali allo 0-, note, anziché calcolare quelle allo 0+. Tale semplificazione sussiste in casi particolari (e teorici) in generale è indifferente usare l'uno o l'altro estremo di integrazione. 6.9 Determinazione della risposta di un circuito lineare mediante la t.d.L Le equazioni L-trasformate di equilibrio elettrico di un qualunque circuito lineare possono essere scritte direttamente dal circuito L-trasformato, ossia da un circuito in cui compaiano generatori ottenuti L-trasformando la f.e.m o la corrente stabilita dai generatori indipendenti, sostituendo induttanze e capacità con impedenze operazionali Ls e 1/Cs, introducendo generatori fittizi di condizioni iniziali. L’esempio 6.11 evidenzia come l’equilibrio elettrico di un circuito, in termini di Ltrasformata, possa sempre essere scritto nella forma: [ U(s)] + [U 0 (s)] = [A(s)][Y(s)] (6.42) in cui: U(s) è il vettore degli ingressi ottenuto dai generatori indipendenti; U0(s) è il vettore degli ingressi ottenuto dai generatori fittizi di condizioni iniziali; A(s) è la matrice delle impedenze o delle ammettenze; Y(s) è il vettore delle uscite. Risolvendo rispetto a Y(s) si ha: 156 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Y( s) = [A( s) ] −1 {[U( s)] + [U ( s) ]} 0 (6.43) Esempio 6.11 Scrivere le equazioni di equilibrio elettrico per i circuiti L-trasformati rappresentati nella fig. 6.14 a) e b). I2(s) Li1(0) vc(0)/s V1(s V2(s) Ls ) 1 1 E1(s) R 1 I1(s) I2(s) R i(0) Cs Cs Ls Cv(0) I1(s s ) E2(s) a) b) Fig.6.14 Esempio 6.11 Applicando il metodo delle correnti di maglia per il circuito di fig.6.14a) e quello delle tensioni di nodo per il circuito di fig.6.14b), si ottiene: E1 (s) + Li(0 ) R + Ls −R I1 (s ) 1 v ( 0) = R+ −R E 2 (s) − I (s ) Cs 2 s 1 1 1 i( 0) + − V1 ( s) I 1 (s) + I 2 (s) − R Ls R s = 1 1 V ( s) − I 2 (s) + Cv( 0) − + Cs 2 R R L’inversione della matrice A(s) è sempre possibile poiché, per come sono state scritte le equazioni di equilibrio(ossia in modo tale che nessuna equazione risulti combinazione lineare delle altre), essa risulta non singolare. La (6.43) può anche essere scritta: Y(s) = [ A(s)] −1 [ U(s)] + [A(s)] −1[U 0 (s)] (6.44) Nella (6.44) il primo addendo a secondo membro è dovuto ai soli ingressi e rappresenta quindi la risposta a stato nullo( o risposta forzata), il secondo addendo è dovuto alle soli condizioni iniziali e rappresenta quindi la risposta a ingresso nullo(o risposta libera). Si ha quindi: Risposta del circuito = Risposta a stato nullo(forzata) + Risposta a ingresso nullo( libera) Poiché risulta: [A( s) ] −1 = agg[A( s) ] det[A( s) ] 157 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace in cui il numeratore è costituito dalla matrici degli aggiunti. Gli elementi di tale matrice sono dati dalla relazione cij=(-1)i+jdetAji (con Aij minore di A)2. Si può scrivere: agg[A ( s) ] agg[A( s) ] U( s) ] + U ( s) [ det[A( s) ] det[A ( s) ] 0 [ Y( s) = ] (6.45) Per eseguire l’operazione di antitrasformazione si deve scomporre in fratti semplici la (6.45), ciò comporta la risoluzione dell’equazione: det[A(s)]=0 (6.46) L’equazione (6.46) coincide con l’equazione caratteristica ottenuta applicando il metodo classico. Con tale metodo, infatti, si deve risolvere un sistema di equazioni lineari a coefficienti costanti del tipo: u( t ) = [A( D) ][ y( t ) ] (6.47) la cui soluzione complementare si ottiene risolvendo l’equazione: [ 0 = [A ( D) ] y c ( t ) da cui l’equazione caratteristica: ] (6.48) det[A(p)] = 0 (6.49) L’equazione caratteristica è una equazione a coefficienti reali (poiché si ottiene da circuiti aventi elementi come R, L, M, C e generatori dipendenti) e pertanto le sue soluzioni possono essere reali o complesse coniugate. 6.9.1 Risposta a ingresso nullo (libera) La risposta a ingresso nullo (o libera) è la risposta del circuito alle sole condizioni iniziali e può essere determinata disattivando i generatori indipendenti presenti nel circuito stesso(debbono invece essere lasciati attivi i generatori fittizi di condizioni iniziali oltre a quelli dipendenti). Dalla (6.45), annullando gli ingressi, si trova la risposta libera che vale: agg[A( s) ] (6.50) Y ( s) = U ( s) det[A( s) ] 0 Indicando con pi le radici dell’equazione caratteristica (6.46) si ha: [ Y (s ) = a 11 2 Data la matrice [ A ] = a 21 a 31 a 12 a 22 a 32 agg[A (s )][U 0 (s )] (s − s1 )(s − s2 ).......(s − s1n ) a 13 a 22 a 23 si ha: A 11 = a 32 a 33 a 13 , a 33 a 23 a 11 , A 12 = a 33 a 31 a 12 , a 32 a 13 , a 33 A 33 = a 11 a 21 a 12 c = det[A 11 ] , c 12 = − det[A 21 ] , c 13 = det[A 31 ] , c 21 = − det A 12 , c 22 = det[A 22 ] , a 22 11 A 31 = a 12 a 22 a 13 a 21 , A 13 = a 33 a 31 a 12 a 32 A 23 = a 11 a 31 (6.51) A 21 = A 22 = a 11 a 31 ] a 13 , a 23 [ ] c 11 c 23 = − det[A 32 ] , etc. La matrice degli aggiunti è: agg[ A ] = c 21 c 31 c 12 c 13 c 22 c 32 c 23 c 33 A 32 = a 11 a 21 a 22 , a 32 a 13 , a 23 158 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Antitrasformando si ottengono termini del tipo: y i = K i e pi t yi = m j per ogni radice reale e distinta K ij t j−1e pi t per ogni radice reale pi di molteplicità m y i = 2 K i e σ i t cos(ω i t + ϕ i ) per ogni coppia di radici complesse coniugate σ i ± jω i per le quali K i = K i e jϕ i I termini K i e p i t sono detti modi di evolvere del circuito; nel capitolo relativo alle variabili di stato si è trovato che tali modi possono essere o no tutti attivati a seconda del valore delle condizioni iniziali. 6.9.2 Risposta a stato nullo (forzata) La risposta a stato nullo, o risposta forzata, è la risposta del circuito inizialmente scarico ai generatori. Tale risposta si ottiene dal circuito L-trasformato disattivando tutti i generatori di condizioni iniziali. Dalla (6.45) si ottiene: Yf ( s) = agg[A( s) ] [ U( s) ] det[A( s) ] (6.52) Nel caso di circuiti con un solo ingresso e una sola uscita (SISO, single input-single output) si può scrivere: Y(s) = W(s) U(s) (6.53) in cui W(s) è detta funzione di rete. Per la determinazione della W(s) si possono considerare le equazioni di equilibrio con un solo ingresso attivato, ossia: Y1f ( s) α 11 (s) .. . α 1h ( s) .. α 1n (s) 0 . Ykf ( s) .. .. .. α k1 ( s) .. α kh ( s) . . . Ynf ( s) = .. .. .. .. .. .. α n1 ( s) .. α nh ( s) .. .. .. α kn ( s) .. .. .. .. .. α nn ( s) . U h (s) (6.54) . 0 Per la k-ma uscita si ha: Ykf = α kh (s) U (s) det A (s) h Posto U(s)=Uh(s), Y(s)=Ykf(s), α(s)=αkh(s) risulta: α (s) Y(s) W( s) = = (6.55) det A (s) U(s) Nel caso in cui si abbiano più ingressi e più uscite si può definire una matrice di funzioni di rete i cui elementi si possono ottenere considerando un solo ingresso attivo (e tutti gli altri disattivati, ossia applicando il principio di sovrapposizione degli effetti) e la corrispondente uscita. Antitrasformando la (6.53) si ottiene la risposta forzata. Nell’operazione di antitrasformazione si può ricorrere alla scomposizione in fratti semplici o all’integrale di 159 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace convoluzione. In quest’ultimo caso si ha: t t 0 0 y f ( t ) = L−1 [W( s) U( s) ] = w( τ)u( t − τ ) dτ = w( t − τ )u( τ ) dτ (6.56) 6.10 Funzione di rete La funzione di rete è stata già definita, mediante la (6.55), come rapporto tra la trasformata di Laplace dell’uscita e quella dell’ingresso con condizioni iniziali nulle. La W(s) può essere classificata in base alla grandezza di ingresso e a quella di uscita nel seguente modo: 6.10.1 Ingresso e uscita riferiti alla stessa coppia di poli Per i casi rappresentati nella fig.6.15 si ha: W( s) = V( s) = Z( s) impedenza di ingresso I( s) per la fig.6.15a) in cui si è assunta la corrente come ingresso e la tensione come uscita e: W( s) = I( s) = Y( s) ammettenza di ingresso V( s) per la fig.6.15b) in cui si è assunta la tensione come ingresso e la corrente come uscita. I(s) I(s) V(s) V(s) a) b) Fig. 6.15 Impedenza di ingresso a) ammettenza di ingresso b) 6.10.2 Ingresso e uscita relativi a due diverse coppie di poli V2(s) V1(s) I2(s) V1(s) a) b) I1(s) I2(s) c) I1(s) V2(s) d) Fig.6.16 Trasferimento in tensione a) ammettenza di trasferimento b) trasferimento in corrente c) impedenza di trasferimento b) Nei quattro casi rappresentati in fig.6.16 si ottiene rispettivamente: 160 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace V2 ( s) rapporto di trasferimento in tensione V1 ( s) I ( s) b) W( s) = Y21 ( s) = 2 ammettenza di trasferimento(transammettenza) V1 ( s) I 2 ( s) c) W( s) = K I ( s) = rapporto di trasferimenti in corrente I 1 ( s) V ( s) d) W( s) = Z 21 ( s) = 2 impedenza di trasferimento(transimpedezenza) I 1 ( s) Le funzioni di rete relative ai punti a) e c), che rappresentano il rapporto tra due grandezze omogenee, sono dette funzioni di trasferimento(f.d.t). Nel linguaggio comune si tende a confondere la f.d.t con la funzione di rete. In altre parole si parla di f.d.t. anche quando le grandezze a numeratore e a denominatore non sono omogenee. a) W( s) = K V ( s) = Esempio 6.12 I 1 ( s) I 2 ( s) V2 ( s) , W2 ( s) = , W3 ( s) = V1 ( s) V1 ( s) V1 ( s) nel circuito rappresentato in fig.6.17. R1 Calcolare le f.d.t W1 ( s) = V1(s) I1(s) L1s L2(s) V2(s) I2(s) Fig.6.17 Esempio 6.12 Le equazioni di equilibrio elettrico sono: R 1 + L 1s − L 1s V1 ( s) I 1 ( s) = R 2 + ( L1 + L 2 )s I 2 ( s) − L1 s 0 da cui posto: [ ] det[ A ] = ( R 1 + L1s) R 2 + ( L1 + L 2 )s − L21s2 = L1 L 2 s2 + ( L1 R 2 + L1 R 1 + L 2 R 1 )s + R 1 R 2 si ottiene: W1 ( s) = I ( s) L 1s V ( s) L1 L 2 s I 1 ( s) R 2 + ( L1 + L 2 )s ; W2 ( s) = 2 ; W3 ( s) = 2 = = = V1 ( s) det[ A ] V1 ( s) det[ A ] V1 ( s) det[ A ] Dalla relazione (6.55), e dall’esempio precedente, si deduce che la f.d.t. è un rapporto tra due polinomi di cui quello ha numeratore è di grado inferiore o uguale a quello a denominatore. Ciò accade poiché il denominatore è il determinante di una matrice e il numeratore un suo cofattore. La f.d.t può quindi essere posta nella forma: W( s) = K s n + a n−1s n −1 +......+ a 1s + a 0 s m + b m−1s m−1 +......+ b 1s + b 0 ∏ (s − z i ) = K m1 ∏1 (s − p j ) n (6.57) 161 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace in cui zi sono gli zeri della f.d.t. e pj sono gli zeri del denominatore e sono detti poli della f.dt. Per quanto affermato in precedenza il numero degli zeri è sempre minore o uguale a quello dei poli. Oltre alla spiegazione matematica si può anche fornire una spiegazione fisica della relazione m≥n. Si supponga che sia n>m, si può allora scrivere: W( s) = K s n − m + c n − m−1s n − m−1 +.....+ c1s + c 0 + d m−1s m−1 +.....+ d 1s + d 0 (6.58) s m + b m−1s m−1 +.....+ b 1s + b 0 per un ingresso U(s) la risposta forzata è data da: Y(s)=U(s)W(s) e contiene termini del tipo siU(s). Antitrasformando si otterrebbe che l’uscita dipende dalla derivata i-ma dell’ingresso. Poiché la derivata di una funzione vale: f ( t + h) − f ( t ) h→0 h f ' ( t ) = lim si avrebbe che l’uscita, al tempo t dipenderebbe anche dai valori futuri dell’ingresso, il che contrasta con il principio di causalità secondo il quale: i circuiti elettrici(ma più in generale tutti i sistemi fisici) sono causali, cioè non anticipatori, nel senso che la loro risposta all’istante τ dipende dai valori che l’ingresso ha assunto per t≤τ e non da quelli che esso assumerà per t>τ. In altre parole si afferma che la causa è successiva all’ingresso. Un circuito per il quale n=m è detto non strettamente causale, in questo caso l’ingresso, eventualmente moltiplicato per una costante, è riportata direttamente in uscita. Esempio 6.13 Si vogliono determinare le risposte a stato nullo(forzata) e a ingresso nullo(libera) per il circuito di fig.6.18, in cui sia: J1=10A, vc(0)=V0=5V, iL(0)=I0=2A, R=1Ω, L=1H, C=1F, α=0,5, γ=1. + J1 v1 + + R _ C _ γV2 R αV1 L v2 _ Fig.6.18 Esempio 6.13 In fig.6.19 è riportato il circuito L-trasformato, dal quale scrivendo le equazioni di equilibrio con il metodo dei potenziali di nodo si ottiene: J1(s) V1(s) R + _ 1 Cs CV0 γV2 αV1(s) Fig.6.19 Circuito L-trasformato R Ls I 0 V (s) 2 s 162 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 1 J 1 ( s) + CV0 + Cs I0 = R − α s −γ V1 ( s) 1 1 V2 ( s) + R Ls Sostituendo i valori si ha: 10 1 + s − 1 V ( s) +5 1 s 1 = 2 0,5 1 + V 2 ( s) s − s La risposta libera e quella forzata risultano dalle relazioni: 5 1 + s − 1 V ( s) 1 2 = 1 − 0,5 1 + () s s V2 s 10 1 + s − 1 V ( s) 1f s = 0,5 1 + 1 () 0 s V2 f s Il determinante della matrice vale: detA(s)= (1 + s) 1 + Si ha quindi: 1 s2 + 2,5s + 1 (s + 0,5)( s + 2) + 0,5 = = s s s 1+ s 5 2 0,5 − − ( 4,5s + 2) A B s = = + det A( s) (s + 0,5)( s + 2) s + 0,5 ( s + 2) V2 = e poiché: − 4,5( − 0,5) + 2 − [4,5( − 2) + 2] A= = 0,17 e B = = −4,67 si ha: ( − 0,5 + 2) ( − 2 + 0,5) [ ] v 2 = (0,17e 0,5t − 4,67e −2 t )u( t ) Analogamente per la risposta forzata: 1+ s V2 f = 0,5 10 s 0 det A( s) = −5 − 3,33 3,33 = + (s + 0,5)( s + 2) s + 0,5 ( s + 2) da cui: v 2 f = −3,33(e −0,5t − e −2 t )u( t ) La tensione complessiva vale: v 2 ( t ) = v 2 ( t ) + v 2 f ( t ) = −(3,16e −0,5t − 1,34e −2 t )u( t ) 6.11 Funzione di rete come L-trasformata della risposta impulsiva Dalla definizione di funzione di rete risulta Y(s)=W(s)U(s); assumendo come ingresso l’impulso unitario applicato all’istante t=0 si ha U(s)=1 e quindi Y(s)=W(s). La funzione di rete, e quindi la funzione di trasferimento, rappresenta anche la t.d.L. 163 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace della risposta del circuito, con condizioni iniziali nulle, all’ingresso impulsivo δ(t). Riassumendo le caratteristiche della f.d.t., si ha: 1) W( s) = L{Risposta a stato nullo} L{ Ingresso} 2) W( s) = L{ Risposta a δ(t) a stato nullo} 3) W(s) è un rapporto di polinomi del tipo: W(s) = K s n + a n −1s n −1 +.....+ a 1s + a 0 con m≥n s m + b m−1s m−1 +.....+ b 1s + b 0 (6.59) 4) Le radici del denominatore di W(s) coincidono con quelle dell’equazione caratteristica della trattazione classica. Il denominatore è quindi il polinomio caratteristico. Esempio 6.14 Per il circuito di fig.6.21 determinare la f.d.t. W(s)=V2(s)/V1(s). Calcolare inoltre le risposte agli ingressi δ(t), u(t), e-2tu(t). Si assuma R=1Ω, L=1H. R L(s) V1(s) V2(s) Fig.6.20 Esempio 6.14 Dalla regola del partitore di tensione si ha: V (s) Ls R/L 1 W (s) = 2 = = 1− = 1− V1 (s) R + Ls s+R/L s +1 1 1 e poiché: L {δ( t )} =1, L {u( t )} = , L e −2 t u( t ) = per i tre ingressi si ha: s s+2 1 per v1(t)=δ(t) V2 (s) = W(s) = 1 − v 2 ( t ) = δ ( t ) − e − t u( t ) s+1 1 per v1(t)=u(t) V2 (s) = G (s) = v 2 ( t ) = e − t u( t ) s+1 1 1 v 2 ( t ) = (2e −2 t − e − t )u( t ) per v1(t)=e-2t u(t) V2 (s) = F(s) = − s + 2 ( s + 1)( s + 2) Gli andamenti nel tempo delle tre risposte sono riportate in fig.6.21 { w(t) } f(t) g(t) δ(t) -t e u(t) -2t -t 2e u(t) e u(t) t a) t b) t -t e u(t) c) Fig.6.21Risposte del circuito di fig.6.20 all’impulso a), al gradino unitario b), a e-2tu(t) c) 164 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace L’esempio 6.14 evidenzia come in un circuito non strettamente causale, salvo casi di semplificazioni poli-zeri, come avviene per l’ingresso a gradino, la grandezza in ingresso venga riportata direttamente in uscita. 6.12 Semplificazioni poli-zeri Se accade che numeratore e denominatore di W(s) abbiano uno stesso polinomio divisore α(s), o in altre parole se ci sono alcuni poli coincidenti con alcuni zeri, le soluzioni dell’equazione α(s)=0 forniscono modi di evolvere che non si ritrovano nell’uscita. In sostanza l’ordine del circuito si abbassa di un numero pari al numero di cancellazioni polizeri. Esempio 6.15 Per il circuito di fig.6.22 in cui G1=1Ω-1, G2=2Ω-1, C1=0,5F, C2=1,5F, α=2A/V si determini la f.d.t. W(s)=V2(s)/J1(s) V1(s) J1(s) C2 s G1 C1 s G2 V2(s) αV1 Fig.6.22Esempio 6.15 Le equazioni di equilibrio scritte con il metodo delle tensioni di nodo risultano: J 1 (s) G 1 + (C1 + C 2 )s − (G 1 + C 2 s) V1 ( s) = 0 − (G 1 + C 2 s + α ) G 1 + G 2 + C 2 s V2 ( s) Risolvendo si ha: W(s) = V2 (s) G1 + C2s + α = 2 J 1 (s) C1s + (G 1C1 + G 2 C1 + G 2 C 2 − αC 2 )s + G 1G 2 − αG 1 Sostituendo i valori si ha: 3 + 1,5s 2 = 0,5s(3 + 1,5s) s Il modo di evolvere legato a s=-2, soluzione dell’equazione caratteristica, non compare nell’uscita. W(s) = 6.13 Stabilità La stabilità è una caratteristica del circuito legata alla posizione dei poli nel piano di Gauss. Saranno ora illustrati alcuni modi di definire la stabilità. 6.13.1 Stabilità come risposta all’impulso Un circuito dal quale sia stata ottenuta la f.d.t. W(s) risulta stabile se la risposta all’impulso è limitata, ossia: 165 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace lim W( t ) ≠ ∞ (6.60) t →∞ Se tale limite tende a zero il circuito è detto stabile se invece tende ad un valore costante non nullo è detto metastabile (o marginalmente stabile). Poiché la f.d.t può essere scritta come: N (s) (6.61) W(s) = n (s − p i ) 1 la risposta all’impulso, coincidente con l’antitrasformata di Laplace di W(s) vale: w(t) = n 1 K i e pi t (6.62) Il limite (6.60) dipende quindi dai poli della f.d.t. Esaminiamo i vari casi: a) poli reali e distinti Dalla (6.62) si deduce che il limite (6.60) tende a zero se tutti i poli sono negativi, se un polo è nullo il limite tende ad un valore finito non nullo. Si può dunque affermare, escludendo eventuali semplificazioni polo-zero, che il circuito risulta stabile se tutti i poli si trovano nel semipiano negativo del piano di Gauss e metastabile se c’è un polo nell’origine. Se anche un solo polo si trova nel semipiano positivo il circuito risulta instabile. Le varie situazioni sono rappresentate in fig.6.24 w(t) Im K3 e p 3 t K2 p1 p2 p3 Re t K1e p1t a) b) Fig.6.24Posizione dei poli nel piano di gauss a) e relativa risposta ne tempo b) b) poli reali multipli Il circuito risulta stabile se i poli si trovano nel semipiano negativo, instabile se i poli si trovano nell’origine. In questo caso si hanno infatti termini del tipo: W(s) = ( N (s) (s − p i ) ) w ( t ) = K1 + K 2 t + K 3 t 2 +.......+ K q t q −1 e pi t q In fig.6.25 sono riportati i casi relativi a poli, di molteplicità due, a parte reale negativa e nell’origine. w(t) Im K1+K2t (K1 + K 2 t )e p t 1 p1 p2 Re Fig.6.25 Stabilità per poli reali multipli t 166 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace c) Poli complessi coniugati Sia assegnato un circuito per il quale la funzione di trasferimento e la sua trasformata valgano: W(s) = As + B ( s + σ) + ω 2 w ( t ) = Ke −σt sen(ωt + ϕ ) 2 Tale circuito risulta stabile se σ>0. Poiché i poli di W(s) valgono: p = − σ ± jω si può affermare che il circuito risulta stabile se i poli, di qualunque molteplicità, della f.d.t. hanno parte reale negativa, ossia se si trovano nel semipiano negativo di Gauss. Un esempio è riportato in fig.6.27. Im 2 w(t) jω σ Re t -2 Fig.6.26 Stabilità per poli complessi coniugati d) Poli immaginari Nel caso di poli immaginari semplici la f.d.t. e la sua antitrasformata sono del tipo: W(s) = As + B s2 + ω 2 w ( t ) = K sen(ωt + ϕ) Se i poli hanno molteplicità doppia si ha: W(s) = As + B w ( t ) = Kt sen(ωt + ϕ) (s 2 + ω 2 ) 2 Nel primo caso il circuito risulta marginalmente instabile, nel secondo instabile. Si conclude, come è anche mostrato in fig.6.27, che poli semplici sull’asse immaginario danno stabilità marginale, poli multipli danno instabilità w(t) Im w(t) 1.49978 150 jω Re t -jω -1.49995 a) t -150 b) c) Fig.6.27 Poli immaginari a)risposta per poli immaginari semplici b) risposta per poli immaginari doppi c) Riassumendo: Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 167 Per quanto riguarda la stabilità come risposta all’impulso il circuito risulta: - stabile se tutti i poli della f.d.t. sono a parte reale negativa - metastabile se alcuni poli semplici della f.d.t. si trovano sull’asse immaginario(origine compresa) - instabile se la f.d.t. contiene almeno un polo con parte reale positiva o un polo sull’asse immaginario(origine compresa) di molteplicità superiore ad uno. Si osservi che con questo tipo di definizione, essendo la t.d.L. dell’impulso pari a 1, le singolarità dell’ingresso non influenzano la stabilità poiché non si verificano semplificazioni poli-zeri né aumento dell’ordine di molteplicità dei poli della f.d.t per effetto dell’ingresso. Notiamo infine che per circuiti composti da soli elementi passivi(R,L,M,C) non sussistono problemi di stabilità poiché la risposta all’impulso tende sicuramente a zero in quanto l’energia presente nel circuito viene dissipata nelle resistenze. Se manca la resistenza il circuito diviene metastabile poiché la risposata rimane limitata dovendo rimanere costante l’energia presente negli elementi reattivi. Se invece sono presenti nel circuito elementi attivi, rappresentati con generatori dipendenti, il circuito può anche essere instabile. 6.13.2 Stabilità come risposta a ingresso nullo Si supponga il circuito alimentato con le sole condizioni iniziali (gli eventuali generatori indipendenti presenti nel circuito debbono essere disattivati). Possono verificarsi i seguenti casi: − tutti i poli sono a parte reale negativa: la risposta tende a zero al tendere all'infinito del tempo. Il circuito è asintoticamente stabile; − poli, semplici, a parte reale nulla: uno stato iniziale provoca, per circuiti passivi (R. L. M, C) una risposta oscillatoria smorzata, il circuito è stabile; − poli a parte reale positiva: la risposta libera non è limitata al tendere all'infinito del tempo, il circuito è instabile. 6.13.3 Stabilità BIBO Secondo questa definizione il circuito è stabile se per un ingresso limitato(bounded imput) anche l'uscita risulta limitata (bounded output). La risposta forzata è data da: Y( s) = W( s) U( s) = N( s) N U ( s) D( s) D U ( s) (6.63) dalla (6.63) risulta che i poli di Y(s), escludendo il caso di semplificazioni poli zeri, sono tutti quelli di W(s) e di U(s). Poiché l'ingresso è limitato i poli di U(s) sono a parte reale negativa oppure a parte reale nulla con molteplicità uno. La condizione di stabilità BIBO, impone che tutti i poli di W(s) siano a parte reale negativa. Se infatti fossero presenti poli, anche semplici, sull'asse immaginario, sarebbe sempre possibile trovare un ingresso avente anch'esso poli sull'asse immaginario, coincidenti con quelli di W(s), per il quale l'uscita non sarebbe limitata. Si può quindi concludere che un circuito risulta stabile BIBO se tutti i poli di W(s) sono a parte reale negativa. 168 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Esempio 6.18 Nel circuito di fig.6.28 si ha: L=1H, C=1F, v2(0)=0, v1(t)=sent. La f.d.t. W(s) =V2(s)/V1(s) risulta: Ls V1(s) 1 Cs C V2(s) Fig.6.28 Esempio 6.18 1 1 + LCs2 W(s) = e poiché V1 ( s) = 1 si ha: 1 + s2 V2 ( s) = V1 (s)W(s) = 1 (s2 + 1) 2 Per la proprietà di moltiplicazione in t risulta: L{t sen t} = − d 1 2s dv 2 ( t ) = + 2 v1 ( 0 ) 2 2 =2sV2(s) = 2 L 2 ds s + 1 dt (s + 1) da cui: t v 2 (t) = 1 1 t sen t dt = ( − t cos t + sen t ) 20 2 La v2(t) non è quindi limitata sebbene sia limitata v1(t). Ciò dipende dal fatto che V1(s) e W(s) hanno due poli coincidenti sull'asse immaginario Nella TAB 6.3 sono riassunti i risultati ottenuti per le varie definizioni di stabilità TAB 6.3 POSIZIONE DEI POLI x x x xx Re Im Stabilità BIBO Stabile Asintoticamente stabile Stabile Marginalmente stabile (Metastabile) Stabile Instabile Instabile Instabile Instabile Im xx Re Stabilità a ingresso nullo Re x Im x x Im Stabilità come risposta a δ(t) xx Re x x x Re 169 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 6.14 Il principio di sovrapposizione degli effetti nei circuiti L-trasformati Il principio di sovrapposizione degli effetti afferma che: in un circuito lineare Ltrasformato in cui agiscono più ingressi(generatori indipendenti di tensione e di corrente) le t.d.L delle uscite possono essere trovate facendo agire un solo generatore(o gruppi di generatori)per volta, determinando la relativa risposta e successivamente sommando i risultati trovati. I generatori di condizioni iniziali vengono trattati come i generatori indipendenti. Operando nel dominio del tempo si è osservato che la risposta completa dovuta a ciascun generatore può essere determinata solo nel caso in cui le condizioni iniziali siano nulle (ciò significa che può essere determinata la sola risposta forzata). Ciò vale anche operando con Laplace. In questo caso è tuttavia possibile applicare il principio di sovrapposizione degli effetti a qualsiasi generatore indipendente o di condizione iniziali. Si consideri un circuito L-trasformatole cui equazioni di equilibrio siano: U1 ( s) a 11 ( s) a 21 ( s) U 2 ( s) = . . U n ( s) a n1 ( s) ....... a 1n ( s) Y1 ( s) ....... a 1n ( s) Y2 ( s) ....... . . ....... a nn ( s) Yn ( s) (6.64) in cui Ui(s) sono gli ingressi, Yi(s) le uscite e aij(s) le impedenze/ammettenze operazionali. Indicando con [A] la matrice quadrata (n x n) delle impedenze/ammettenze, si ha: 0 0 Y1 ( s) U1 ( s) U1 ( s) () 0 U 2 ( s) 0 Y2 ( s) −1 U 2 s −1 −1 −1 +....+[ A ] = = [ A] = [ A] + [ A] . . . . . 0 U n ( s) 0 Yn ( s) U n ( s) (6.65) Y1(1) ( s) Y2(1) ( s) . Yn(1) Y1( 2 ) ( s) + ( s) Y2( 2 ) ( s) . Yn( 2 ) Y1( 3) ( s) +....+ ( s) Y2( 3) ( s) . Yn( 3) ( s) in cui il termine Yi(j) è la i-ma uscita prodotta da j-mo ingresso agente da solo nel circuito. Esempio 6.19 Nel circuito di fig.6.29 si ha: R=1Ω, L=1H, e1(t)=2u(t) V, e2(t)=4u(t) V, i(0)=2A R e2(t) L e1(t) R E2(s) Ls E1(s) Li(0) a) Fig.6.29 Esempio 6.19 b) 170 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Risolvendo il circuito direttamente nel tempo , mediante la sovrapposizione degli effetti, si ha: R R − t − t E1 E2 i ' (t) = + C 1 e L = 2 + C 1e − t i '' ( t ) = + C 2 e L = 4 + C 2 e −t R R sommando, tenendo conto della condizione iniziale, si ha: i( t ) = i ' ( t ) + i '' ( t ) = 6 − (C1 + C 2 )e − t = 6 − 4e − t Si noti che mentre la i(t) può essere determinata, altrettanto non si può dire per i'(t) e i''(t), infatti non essendo ovviamente noti i valori di i'(0) e i''(0), non è possibile determinare C1 e C2, ameno che il circuito non sia inizialmente scarico. In tal caso si ha: i(0)= i'(0)= i''(0) per cui risulta: i ' ( t ) = 2 − 2e − t i '' ( t ) = 4 − 4e − t i( t ) = 6 − 6e − t Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti nel dominio di s, ossia al circuito Ltrasformato di fig.6.19b), si ha: I ' (s) = E 1 (s) 2 = ( R + Ls s s + 1) E 2 (s) 4 2 Li(0) = = I ''' (s) = ( ) R + Ls s s + 1 R + Ls s + 1 6 2 I( s) = I ' ( s) + I '' ( s) + I ''' ( s) = + s(s + 1) s + 1 I '' (s) = antitrasformando: i ' ( t ) = 2 − 2e − t i '' ( t ) = 4 − 4e − t i ''' ( t ) = 2e − t i( t ) = 6 − 4e − t Applicando la sovrapposizione degli effetti nei circuiti L-trasformati si trovano dunque separatamente le risposte forzate dovute ai singoli generatori e la risposta libera. 6.15 Teoremi relativi alle reti lineari Vengono illustrati alcuni teoremi la cui dimostrazione richiede l'applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti e che pertanto possono essere applicati solo ai circuiti lineari. 6.15.1 Il teorema di Thevenin L'enunciato del teorema, ottenuto modificando opportunamente quello già fornito per le reti resistive, è il seguente: un bipolo lineare può essere sostituito con un bipolo equivalente, agli effetti esterni, costituito da un generatore reale di tensione di f.e.m pari alla tensione alle estremità del bipolo aperto e di impedenza uguale a quella vista alle estremità del bipolo con generatori indipendenti e condizioni iniziali disattivati. Il teorema può essere anche enunciato come segue: la corrente in un bipolo(lineare(*) o non lineare, passivo o attivo) facente parte di un circuito può essere determinata utilizzando un circuito costituito dal bipolo in oggetto in serie ad un generatore reale di tensione di f.e.m. Veq(s) e impedenza Zeq(s) . I valori di Veq(s) e Zeq(s) si determinano dal circuito ottenuto staccando il bipolo (il circuito residuo deve essere un bipolo lineare) e procedendo come illustrato in precedenza. (*) questa affermazione è valida in generale, tuttavia quando si lavora con Laplace si fa riferimento solo a bipoli lineari (o linearizzati), ossia a bipoli per i quali le relazioni costitutive sono di tipo lineare. La t.d.L. è infatti utilizzata per risolvere equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti 171 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Sia dato il circuito di fig.6.30a) in cui la parte racchiusa da un rettangolo contiene elementi attivi e passivi lineari, la parte di circuito a destra dei punti A e B è il bipolo per il quale deve essere determinata la corrente. A A V(s) V(s) B I(s) I(s) B a) b) Fig.6.30 Rete lineare che alimenta un bipolo a)circuito equivalente agli effetti esterni al bipolo. La sostituzione del bipolo con un generatore di corrente I(s) non altera, per il 1° principio di Kirchhoff, le correnti nei rami della rete lineare. In conseguenza della costanza delle correnti anche la tensione V(s) alle estremità del bipolo non varia. La tensione V(s) può quindi essere calcolata sia nel circuito di fig.6.30a) che in quello di fig.6.30b). Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti al circuito di fig.6.30b) si ottengono i due circuiti di fig.6.31a) e b), dal secondo dei quali, detta Zeq(s) l'impedenza equivalente della rete lineare tra i punti A e B, risulta: V ' ( s) = − Z eq (s)I( s) A A Veq(s) I(s) V(s) B B a) b) Fig.6.31 Applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti al circuito di fig.6.30b) Sovrapponendo gli effetti si ha: V( s) = Veq (s) − Z eq (s)I( s) (6.66) che rappresenta l'equilibrio elettrico del circuito di fig.6.32. Tale circuito, detto equivalente di Thevenin, mostra come la rete lineare sia stata trasformata in un bipolo equivalente costituito da un generatore reale di tensione di f.e.m. Veq(s) e impedenza Zeq(s) . Zeq Veq(s) A V(s) B I(s) Fig.6.32 Circuito equivalente di Thevenin Nel caso in cui il bipolo sia lineare passivo di impedenza Z(s) si ha: V(s)=Z(s)I(s) che sostituita nella (6.66) consente di ricavare l'espressione della corrente che vale: 172 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace I(s) = Veq (s ) (6.67) Z eq (s) + Z(s) Nota: se il bipolo contiene accoppiamenti induttivi o generatori dipendenti esso deve essere aperto in modo tale che i suddetti elementi continuino a far parte del circuito. 6.15.2 Il teorema di Norton Il teorema di Norton è il duale di quello di Thevenin e pertanto può essere ottenuto da quest'ultimo scambiando tra loro tensione e corrente impedenza e ammettenza(e quindi anche circuito aperto con cortocircuito, collegamento serie con collegamento parallelo). L'enunciato è quindi il seguente: In un circuito un bipolo lineare può essere sostituito con uno equivalente, agli effetti esterni, costituito da un generatore reale di corrente Ieq pari alla corrente che circolo tra le estremità del bipolo cortocircuitato e di ammettenza uguale a quella vista alle estremità del bipolo con generatori disattivati. Il teorema può essere anche enunciato come segue: la tensione alle estremità di un bipolo(lineare o non lineare, passivo o attivo) facente parte di un circuito può essere determinata in un circuito costituito dal bipolo in oggetto in parallelo ad un generatore reale di corrente di valore Ieq(s) e ammettenza Yeq(s). I valori di Ieq(s) e Yeq(s) si determinano dal circuito ottenuto staccando il bipolo (il circuito residuo deve essere un bipolo lineare) e procedendo come illustrato in precedenza. Per la dimostrazione del teorema di Norton si procede in maniera duale a quanto fatto per il teorema di Thevenin. Dato il circuito di fig.6.33a), le tensioni e le correnti non cambiano se si sostituisce il bipolo con un generatore ideale di tensione che stabilisca tra i punti A e B la stessa tensione V(s) come mostrato nel circuito di fig.6.33b). A A V(s) V(s) V(s) B I(s) B I(s) b) a) Fig.6.33 Rete lineare che alimenta un bipolo a)circuito equivalente agli effetti esterni al bipolo Applicando il principio di sovrapposizione degli effetti al circuito di fig.6.33b) si ottengono i due circuiti di fig.6.34a) e b), dal secondo dei quali, detta Yeq(s) l'ammettenza equivalente della rete lineare tra i punti A e B, risulta: I ' ( s) = −Yeq (s) V( s) A A Ieq(s) B I'(s) b) Fig.6.34 Applicazione del principio di sovrapposizione degli effetti al circuito di fig.6.33b) a) B V(s) V(s) 173 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Sovrapponendo gli effetti si ha: I( s) = I eq (s) − Yeq (s) V( s) (6.68) che rappresenta l'equilibrio elettrico del circuito di fig.6.34. Tale circuito, detto equivalente di Norton, mostra come la rete lineare sia stata trasformata in un bipolo equivalente costituito da un generatore reale di corrente di valore Ieq(s) e ammettenza Yeq(s) . A Yeq Ieq(s) V(s) B I(s) Fig.6.34 Circuito equivalente di Norton Nel caso in cui il bipolo sia lineare passivo di ammettenza Y(s) si ha: I(s)=Y(s)V(s) che sostituita nella (6.66) consente di ricavare l'espressione della tensione che vale: I eq ( s) (6.69) V(s) = Yeq (s) + Y(s) 6.15.3 Il teorema di compensazione Si consideri il circuito di fig.6.35a) in cui una variazione di impedenza δZ(s) provoca una variazione di corrente δI(s) come rappresentato in fig.6.35b). A A Z(s) Z(s) δZ(s) B I(s)+δI(s) B I(s) a) b) A Z(s) A δZ(s)I(s δZ(s)I(s) Z(s) δZ(s)δΙ(s) B I(s)+δI(s) c) B I(s) d) A Z(s) A Z(s) δZ(s) δZ(s)I(s) δZ(s)Ι(s) δZ(s)δΙ(s) B e) B δI(s) f) Fig.6.35 Dimostrazione del teorema di compensazione δI(s) 174 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Il teorema di compensazione afferma che: in una rete lineare la variazione di corrente δI(s) dovuta ad una variazione di impedenza δZ(s) può essere determinata mediante la relazione: δI( s) = − δZ( s) I( s) δZ( s) + Z( s) + Z eq ( s) (6.70) in cui Z(s) è l' impedenza che è variata della quantità δZ(s), Zeq(s) e I(s) sono l' impedenza equivalente vista alle estremità di Z(s)(calcolata come in Thevenin) e la corrente che percorre Z(s) nel circuito precedente alla variazione. L'impedenza δZ(s) percorsa dalla corrente I(s)+δI(s) può essere sostituita con due generatori di tensione δZ(s)I(s) e δZ(s) δI(s), vedi fig.6.35c), senza che corrente e tensione negli altri rami del circuito varino. Applicando al circuito di fig.6.35c) il principio di sovrapposizione degli effetti, si ottengono i due circuiti di fig.6.35d) ed e), il primo dei quali è identico a quello di partenza e fornisce la I(s), il secondo circuito, in cui tutti i generatori indipendenti della rete a sinistra di A e B sono stati disattivati, fornisce la variazione di corrente. Sostituendo il generatore di tensione δZ(s) δI(s) con l'impedenza δZ(s) percorsa dalla corrente δI(s) si ottiene il circuito di fig.6.35f), dal quale indicando con Zeq(s) l'impedenza equivalente del bipolo a sinistra dei punti A e B si ottiene la (6.70)(*). 6.15.4 Corrente in un ramo in cui viene chiuso un interruttore da: La corrente che percorre un ramo in seguito alla chiusura di un interruttore è data I(s) = V0 (s) Z eq (s) (6.71) in cui V0 è una tensione pari a quella esistente alle estremità dell' interruttore ma di polarità contraria. Zeq(s) è l' impedenza equivalente vista dalle estremità dell' interruttore con circuito disattivato Nel circuito di fig.6.36a) l'interruttore aperto equivale ad una resistenza infinita, percorsa da una corrente nulla, alle cui estremità è presente una tensione V0. Sostituendo tale resistenza con un generatore ideale di tensione V0, come rappresentato in fig.6.36b), la tensione e la corrente anche nella restante parte del circuito non variano. Alla chiusura dell'interruttore, vedi fig.6.36c), la tensione V0 si annulla; ciò può essere simulato inserendo un altro generatore di tensione V0 di polarità contraria a quello già presente, come illustrato in fig.6.36d). La corrente che circola nel ramo in cui è stato chiuso l'interruttore può dunque essere calcolata in uno qualunque dei circuiti di fig.6.36c) e d). Considerando il circuito di fig.6.36d) ed applicando il principio di sovrapposizione degli effetti si ottengono i due circuiti di fig.6.36e) ed f). Il primo è identico a quello di fig.6.36b) e quindi la corrente nel ramo dell'interruttore è nulla. Tale corrente può allora essere calcolata dal circuito di fig. 6.36 f) dal quale si ottiene la (6.71). Si può osservare che il metodo di calcolo illustrato corrisponde all'applicazione del teorema di Thevenin ad un ramo in cui l'impedenza è nulla. (*) Si osservi che nel circuito utilizzato per determinare le variazioni di corrente non compaiono le condizioni iniziali. Si ha infatti i(0)+δi(0)=i(0) e v(0)+δv(0)=v 0) da cui: δi(0)=0 e δv(0)=0. 175 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace I=0 I=0 Fig. 6.36 Corrente in un ramo in cui viene chiuso un interruttore Fig. 6.37 Tensione in un ramo in cui viene aperto un interruttore I(s) 176 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 6.15.5 Tensione alle estremità di un interruttore che si apre La tensione che alle estremità di un interruttore, in seguito alla sua apertura, è data da: V(s) = I 0 (s) Yeq (s) (6.72) in cui I0 è una corrente pari a quella che circola nell' interruttore chiuso ma di verso impedenza equivalente vista dalle estremità dell' interruttore con contraria. Yeq(s) è l' circuito disattivato. Poiché questo problema è il duale del precedente la dimostrazione, omessa, si conduce come nel caso dell'apertura dell'interruttore sostituendo tensione con corrente e quindi generatori di tensione con generatori di corrente, impedenze con ammettenze. Il modo di procedere è indicato in fig. 6.37. 6.15.6 Il teorema di reciprocità Il teorema di reciprocità vale per le reti reciproche, ossia quelle reti per le quali la matrice delle impedenze/ammettenze ottenuta scrivendo l'equilibrio elettrico mediante le correnti di maglia/tensioni di taglio è simmetrica, è cioè verificata la relazione: aij(s)=aji(s). Tale condizione non e soddisfatta se la rete contiene generatori controllati che simulano componenti attivi. Il teorema afferma che: in una rete lineare reciproca, inizialmente scarica, in cui agisce un solo generatore dette k e j due porte vale la relazione: Vk (s) Vj (s) = I j ( s) I k ( s) (6.73) in cui Vk(s) è la f.e.m del generatore, unico in tutto il circuito, che agisce sulla porta k-ma e Ij(s) è corrente che tale generatore provoca sulla j-ma porta . Analogamente per Vj(s) e Ik(s). Il teorema vale anche considerando generatori di corrente. In tal caso se Ij(s) è la corrente del generatore sulla j-ma porta Vk(s) è la tensione ai terminali della k-ma porta e viceversa. Vj(s) Vk(s) a) Ij(s) Ik(s) Vj(s) Ik(s) b) Ij(s) Vk(s) Ik(s) c) d) Fig.6.38 Teorema di reciprocità, con generatori di tensione a),b) e con generatori di corrente c) e d) 177 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Per i circuiti di fig.6.38a) e b) si ha: 0 . a 11 ( s) . a k1 ( s). Vk ( s) = . . . . a 0 n1 ( s) . . a 1 j ( s) . a 1n ( s) . . . . . . . . . . a kj ( s) . . . . . a nj ( s) . . . . I 1 ( s) . a kn ( s) . . I j ( s). . . a nk ( s) I n ( s) 0 . . Vj ( s) . 0 = a 11 ( s) . . a 1 j ( s) . . . . . a 1n ( s) . . .. a j1 ( s) . a n1 ( s) . . . . . . . . . . . a jk ( s) . . . a nj ( s) I 1 ( s) . . I k ( s). a jn ( s) .. . . a nk ( s) I n ( s) da cui indicando con [A(s)] la matrice delle ammettenze e con αij(s) il generico elemento di [A(s)]-1si trova: V j (s) Vk (s) = α kj (s) I j (s) I k (s) = α jk (s) Vk (s) Vj (s) = . I j ( s) I k ( s) In modo analogo considerando le reti di fig.6.38c) e d). e poiché la rete è reciproca risulta αkj(s)=αjk(s)(*) e quindi: 6.16 Il teorema di Millmann Il teorema di Millmann afferma che: in un circuito in cui tutti i rami sono in parallelo, e quindi sono presenti due soli nodi, la differenza di potenziale alle estremità di tali rami può essere determinata mediante la relazione: I CCi (s) r V( s) = (6.74) Yi (s) r in cui Icc(s) e Y(s) sono la corrente di corto circuito, prese con segno positivo se entranti nel nodo, e l' ammettenza, calcolata con generatori disattivati, di ciascun ramo. La dimostrazione discende immediatamente dal metodo delle tensioni di taglio (o del potenziale di nodo). Per circuiti contenenti solo generatori di corrente, le correnti di corto circuito coincidono con quelle dei generatori, per gli eventuali generatori di tensione presenti si ha: I CCi (s) = E i ( s) Yi (s) . Nel caso in cui siano presenti accoppiamenti induttivi, si deve prima procedere all'operazione di disaccoppiamento. Anche la presenza di generatori controllati non consente una immediata applicazione della (6.74). Esempio 6.20 Applicando il teorema di Millmann ai due circuiti di fig.6.39 a)e b) si ottiene rispettivamente: (*) Dalle relazioni: a (s)=a (s), a (s) α (s)=0, a (s) α (s)=0, valide per ogni i≠j, si ha a (s) α (s)=a (s) α (s) e ij ji ij ij ji ji ij ij ji ji quindi αij(s)=αji(s) 178 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace V( s) = E( s) I 0 − + CV0 R s V( s) = 1 1 1 + + Cs + R 1 Ls R2 I0 + CV0 s 1 1 + + Cs Ls R J ( s) − I0 s J(s) 1 + _ R 1 Ls CV0 V(s) a) 1 Cs Ls E(s) LI0 R1 R2 V(s) V0 s b) Fig.6.39 Esempio 6.30 6.17 Considerazioni sulla determinazione della f.d.t. La relazione (6.55) fornisce un metodo generale per la determinazione della f.d.t.; direttamente dal circuito possono tuttavia essere effettuate previsioni sulle caratteristiche di tale f.d.t. e in alcuni casi semplici possono anche essere determinati, attraverso i teoremi di Thevenin e Norton, i poli e gli zeri. 6.17.1 Grado del numeratore e del denominatore Il grado m del denominatore viene stabilito, con le modalità già illustrate in precedenza, dal numero degli elementi reattivi presenti nel circuito. Poiché, detto n il grado del numeratore, deve essere m ≥ n, al tendere di s→∞ possono presentarsi i seguenti due casi: • lim W(s) = 0 se m>n s→∞ • lim W(s) = K s→∞ (*) se m=n Dal circuito si può stabilire direttamente se è verificata la prima o la seconda delle due relazioni ossia se è m>n oppure m=n. Si osservi infatti che per s→∞ le impedenze operazionali Ls→∞ mentre quelle 1/Cs→0, ciò, sul circuito significa, aprire gli induttori e cortocircuitare i condensatori. Una volta eseguita questa operazione deve essere verificato il valore, 0 o KVi, al quale tende la tensione Vu di uscita. (*) K è lo stesso della relazione (6.59) 179 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Esempio 6.21 Si vuol determinare la relazione tra il grado del numeratore e quello del denominatore V (s) per i due circuiti di fig.6.40 per le f.d.t. W(s) = u Vi (s) 1/Cs Vi(s) Ls R Vu(s) a) R1 R2 Ls R1 R2 Vu(s) Vi(s) R Vu=Vi Vi Vi 1/Cs Vu=0 b) Fig.6.40 Esempio 6.21 I due circuiti sono entrambi del secondo ordine poiché sono presenti due elementi reattivi indipendenti e quindi m=2. Nel caso di fig.6.40a) risulta anche n=2 poiché per s→∞ la tensione di uscita non è nulla. Nel caso di fig.6.40b) n<2 poiché la tensione di uscita è nulla. 6.17.2 Caratteristiche dei poli • In una rete passiva, ossia costituita di soli resistori, induttori, condensatori ed accoppiamenti induttivi, i poli della f.d.t. non possono essere a parte reale positiva. Infatti, se fossero presente radici a parte reale positiva la risposta alle sole condizioni iniziali si amplificherebbe; ciò non è possibile perché per la presenza degli elementi passivi l'energia del circuito può solo diminuire o al più rimanere costante se non sono presenti resistori. • In un circuito con soli elementi passivi, in cui gli elementi reattivi sono di un solo tipo (L o C), i poli della f.d.t. possono essere solo reali e negativi. Poli complessi coniugati darebbero luogo ad una risposta alle condizioni iniziali di tipo oscillatorio smorzato che implica uno scambio energetico tra gli elementi reattivi del circuito. Scambio che può avvenire solo se sono presenti sia induttori che condensatori, in tal caso la scarica dell'induttore provoca la carica del condensatore e viceversa. asse immaginario. Si innesca in questo caso uno scambio • Una rete LC ha i poli sull' energetico tra condensatore e induttore che da luogo a oscillazioni non smorzate. In questo cado infatti l'energia complessivamente presente nel circuito, mancando la causa dissipante costituita dalle resistenze, rimane costante, ossia: 1 2 1 2 Cv C + Li L = K 2 2 180 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 6.17.3 Determinazione dei poli I poli della f.d.t. sono dati dagli zeri dell' impedenza(dell' ammettenza), ottenuta sommando all' impedenza (all' ammettenza) di un qualsiasi elemento del circuito l' impedenza (l' ammettenza) vista ai terminali dell' elemento stesso e calcolata disattivando i generatori indipendenti. Si consideri la rete attiva di fig.6.41a) in cui agisce un solo generatore indipendente di tensione, inserito nell'i-mo ramo, e si calcoli la corrente che circola nel k-mo ramo. Tale corrente può essere determinata mediante il metodo delle correnti di maglia, applicato al circuito di fig.6.41a) o al circuito equivalente di fig.6.41b) ottenuto mediante il teorema di Thevenin. A A Zk(s) Zk(s) Ei(s) Eeqk(s) B B Ik(s) a) Ik(s) b) Fig. 6.41 Rete attiva a) rete equivalente di Thevenin per il calcolo della corrente ne k-mo ramo Dal circuito di fig.6.41a) si ha: 0 . a11( s) . . . . a1n ( s) I1( s) . . . . . a ik ( s) . a ni ( s) I1( s) α11( s) . . . α1n ( s) 0 . . . . . 1 α i1( s) . α ik ( s) . α ni ( s) E i ( s) = det[A ] . α k1( s) . α ki ( s) . α kn ( s) I k ( s) 0 α n1( s) . . . α nn ( s) I n ( s) . . . . E i ( s) = a i1( s) . a k1( s) . a ki ( s) . a kn ( s) I k ( s) 0 a n1( s) . . . a nn ( s) I n ( s) . da cui si ottiene: α ki (s) I k (s ) = E i (s) det[A (s)] Dal circuito di fig.6.41b), posto Eeqk(s)=β(s)Ei(s) si ha: . a11( s) . . . . . 0 = a i1( s) . a ik ( s) E eqk ( s) a k1( s) . a ki ( s) 0 . a n1( s) . 0 e quindi: . a1n ( s) I '1( s) . . . . a ni ( s) . . a kn ( s) I k ( s) . a nn ( s) I ' n ( s) I '1( s) . . I k ( s) I ' n ( s) 1 = det[A ] α11( s) . . . α1n ( s) . . . . . α i1 ( s) . α ik ( s) . α ni ( s) 0 . 0 α k1( s) . α ki ( s) . α kn ( s) E eqk ( s) 0 . . α nn ( s) α n1( s) . I k (s ) α kk (s)β(s ) = E i (s) det[A(s)] I poli della f.d.t. sono gli zeri dell'equazione caratteristica det[A(s)] = 0 e quindi i termini come αki e αkk non hanno influenza, salvo particolari casi di semplificazione. Dalla Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 181 relazione precedente si deduce che anche β(s) non interviene sui poli della f.d.t. Dovendo inoltre essere: I k (s) = α kk (s)β(s) E i (s) β(s) E i (s) = det[A (s)] Z eq ( s) + Z(s) si deduce che: poli{Ik(s)}=zeri{det[A(s)]}=zeri{Zeq(s)+Z(s)} (6.75) Con una procedura del tutto simile è facile vedere che è anche: zeri{det[A(s)]}=zeri{Yeq(s)+Y(s)} (6.76) Esempio 6.22 Si può applicare quanto detto in precedenza per calcolare i poli della f.d.t. relativa all'esempio 6.12. Guardando da R1 si ha: R1 + L1s(R 2 + L 2 s ) R 2 + (L1 + L 2 )s L1L 2 s 2 + (L1R 1 + L 2 R 1 + L1R 2 )s + R 1R 2 1 1 1 + + L1L 2 s 2 + (L1R 1 + L 2 R 1 + L1R 2 )s + R 1R 2 R 1 L1s R 2 + L 2 s Guardando da L1s si ottiene R 1 (R 2 + L 2 s ) R1 + R 2 + L 2s l'impedenza L1s + 1 1 1 + + L1s R 1 R 2 + L 2 s L1L 2 s 2 + (L1R 1 + L 2 R 1 + L1R 2 )s + R 1R 2 L1L 2 s 2 + (L1R 1 + L 2 R 1 + L1R 2 )s + R 1R 2 per l'impedenza per l'ammettenza per per l'ammettenza Dall'equazione L1L 2 s 2 + (L1R 1 + L 2 R 1 + L1R 2 )s + R 1R 2 = 0 si trovano i poli che sono ovviamente gli stessi ottenuti per altra via nell'esempio 6.12 6.17.4 Determinazione degli zeri Sono definiti zeri quei valori di s per cui si annulla il numeratore della f.d.t. e quindi anche l'uscita. La ricerca diretta degli zeri consiste quindi nel determinare, agendo sul circuito, i valori di s che annullano l'uscita. Se per s = 0 l'uscita si annulla è presente almeno uno zero nell'origine. 6.17.5 Determinazione del guadagno Il guadagno K che compare nella (6.59) può essere determinato, solo se il numero dei poli e degli zeri è uguale, mediante la relazione lim W(s) . Nel circuito ciò significa s→∞ valutare il rapporto uscita ingresso con rami contenenti le induttanze aperti e rami contenenti i condensatori cortocircuitati 182 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Esempio 6.23 Nel circuito di fig.6.42 la tensione di uscita si annulla se l'ammettenza del gruppo RC si annulla. 1/Cs V1(s) R R V2(s) Fig.6.42 Esempio 6.23 Lo zero si ricava dalla relazione: 1 1 + Cs = 0 da cui: s = − R RC Il polo si ricavando si ricava sommando l'ammettenza relativa a R con quella equivalente vista ai suoi terminali e poi uguagliando a zero, ossia: 2 2 + Cs = 0 da cui: s = − R RC Cortocircuitando i rami contenenti condensatori e aprendo quelli contenenti induttanze si trova K=1. La f.d.t. vale quindi: 1 RC W(s) = 2 s+ RC s+ Esempio 6.24 Il circuito rappresentato in fig.6.43, comprendente due elementi reattivi indipendenti è del secondo ordine e quindi nella f.d.t. W(s)=V2(s)/V1(s) sono presenti due poli. Aprendo i rami contenenti le induttanze si trova che la tensione di uscita e quella di ingresso sono uguali e pertanto sono presenti anche due zeri e K=1. Cortocircuitando gli induttori si l'uscita risulta non nulla e pertanto non sono presenti zeri nell'origine. Per determinare poli e zeri si fa ricorso a quanto detto ai punti 3) e 4).I poli si ottengono dalla relazione: (R 1 + L1s)( R 2 + L 2 s) + R(R 2 + L 2 s) + R( R 1 + L1s) 1 1 1 + + = =0 R R 1 + L 1s R 1 + L 1s R( R 1 + L1s)( R 2 + L 2 s) Gli zeri si ottengono annullando l'uscita, ciò avviene per i valori di s per cui: R 1 + L 1s = 0 da cui s= − R1 L1 R 2 + L 2s = 0 da cui s=− R2 L2 183 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace R R1 R2 V2(s) V1(s) L1 L2 Fig.6.43 Esempio 6.24 Se si considera il caso in cui: R1 R 2 = = a si hanno due zeri coincidenti di valore -a, per L1 L 2 i poli si ha: L1 L 2 ( s + a ) 2 + RL 2 ( s + a ) + RL1 ( s + a ) = ( s + a ) s + a + R L1 + L 2 =0 L1 L 2 La f.d.t. risulta: ( s + a) 2 W( s) = ( s + a) = L1 + L 2 L + L2 s+a + R 1 L1 L 2 L1 L 2 Si deduce che i due rami in parallelo aventi la stessa costante di tempo portano ad una semplificazione polo-zero e pertanto fanno abbassare l'ordine del circuito. Il polo poteva essere trovato in maniera più immediato sostituendo i due rami in parallelo con uno di ammettenza equivalente. ( s + a) s + a + R 6.18 Risposta a regime stazionario e risposta transitoria Prima di definire il significato di regime e di transitorio si consideri il seguente esempio. Esempio 6.25 Si abbia un circuito del primo ordine, RL serie, alimentato da un generatore di tensione avente f.e.m. e(t)=EM senωt u(t) e condizione iniziale i(0)=I0. Come noto la corrente vale: i( t ) = Ke − t τ + I M sen( ωt − ϕ ) con τ = L R IM = EM 2 2 2 R +ω L ϕ = arctg ωL R la costante di integrazione vale: K = I 0 + I M sen ϕ . Sostituendo si trova: i( t ) = (I 0 + I M sen ϕ)e − t τ + I M sen( ωt − ϕ ) Nel caso in cui la tensione applicata sia e( t ) = E M sen ωt u( t − t 0 ) , operando un cambio di variabile t' = t-t0 si ha: e( t ) = E M sen ω( t ' + t 0 ) u( t ' ) . Risolvendo, con i(t0)=I0 si ha: i( t ) = Ke − t' τ [ ] + I M sen ω( t ' + t 0 ) − ϕ = Ke − t−t0 τ + I M sen( ωt − ϕ) 184 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace e poiché K = I 0 − I M sen(ωt 0 − ϕ) risulta: [ ] i( t ) = I 0 − I M sen(ωt 0 − ϕ ) e − t −t0 τ + I M sen(ωt − ϕ) In generale per un circuito di ordine n in cui le radici dell'equazione caratteristica sono reali e distinte si trova: i( t ) = n 1 Kie pi ( t−t0 ) τ + i p ( t) (6.77) Nella (6.77) la corrente è composta da due parti: una che rappresenta, secondo la terminologia utilizzata nella teoria classica della risoluzione delle equazioni differenziali, la soluzione complementare, l'altra la soluzione particolare. Il tipo di andamento nel tempo della soluzione complementare (esponenziale, oscillatoria) dipende dai soli parametri del circuito, attraverso le radici pi; detta risposta dipende tuttavia anche dalle condizioni iniziali, attraverso i coefficienti Ki e dal tempo t0. La risposta particolare è invece indipendente sia dalle condizioni iniziali che dall'istante t0 di inizio del fenomeno(perché il circuito è stazionario). Se il circuito è asintoticamente stabile, ossia se Re{pi}<0, al tendere di t→∞ la soluzione complementare tende a zero, ed è detta risposta transitoria, e la soluzione completa si identifica con quella particolare. Se infine gli ingressi sono tali per cui la risposta del circuito ha andamento nel tempo dello stesso tipo dell'andamento degli ingressi (ciò accade solo per ingressi di tipo esponenziali) allora si dice che il circuito ammette regime e la soluzione particolare è detta risposta a regime. Anche gli ingressi sinusoidali e quelli costanti possono essere visti come segnali esponenziali, in questo caso si parla di regime sinusoidale e regime continuo. Un circuito lineare stazionario ammette regime se è asintoticamente stabile e se gli ingressi sono di tipo esponenziale. Esempio 6.26 Per un circuito RLC serie con ingresso esponenziale di tipo i( t ) = Ie αt si ha: v( t ) = RIe αt + LDIe αt + 1 αt I Ie = RI + αLI + e αt = Ve αt CD αC L'ingresso e l'uscita sono entrambi esponenziali. Nel caso in cui l'ingresso sia i(t)=At si ha: v( t ) = RAt + LA + A t2 2 In questo caso l'uscita non è del tipo a rampa come l'ingresso. La risposta a regime può essere calcolata facendo uso della f.d.t. W(s). Sia infatti x( t ) = Ae αt il generico ingresso la T.d.L. della risposta forzata, nel caso di poli reali e distinti, è data da: 185 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Y(s) = W(s) X(s) = n Ki K + s − si s − α (6.78) A ( s − α) = AW(α ) s−α s=α (6.79) N (s) n ∏ (s − s ) A = s−α i 1 i in cui: K = W( s) Sostituendo nell'espressione di Y(s) e antitrasformando si ottiene: y( t ) = n 1 K i s si t + AW(α )e αt (6.80) Se il circuito è stabile il primo termine, rappresenta la risposta transitoria dovuta ai soli generatori. La risposta a regime risulta: y r ( t ) = AW(α )e αt = W(α) x( t ) (6.81) Se l'ingresso è costante, ossia α=0, si ha: y r ( t ) = W(0)A (6.82) Per ingressi sinusoidali, lavorando con il metodo fasoriale, si ha: x( t ) = X M sen ωt → X M e jωt = X( t ) Poiché la L-trasformata dell'ingresso è: [ ] L X M e jωt = XM s − jω il fasore rotante dell'uscita, per la (6.81), risulta: Yr ( t ) = W( jω ) X( t ) (6.83) Si ha poi: ( ) yr(t)=Im{ Yr ( t ) }=Im{ W( jω ) U M e j[ ωt +ϕ ω ] }= W( jω ) U M sen[ωt + ϕ( ω ) ] in cui W( jω ) e ϕ(ω) sono il modulo e l'argomento di W(jω). La risposta transitoria dovuta ai soli generatori vale: n Ki y tg ( t ) = y( t ) − y r ( t ) = s − si 1 in cui: Ki = N (s)(s − si ) ∏ (s − s j ) n j=1 = U(s) s= si N (si ) n ∏ j=1( j≠ i ) (s − s ) i j A si − α (6.84) (6.85) La risposta forzata è quindi uguale alla somma tra la risposta transitoria dovuta ai soli generatori e la risposta a regime. Per le uscite che sono anche variabili di stato (correnti 186 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace negli induttori e tensioni ai terminali dei condensatori) dovendo essere y(0+)=y(0-) risulta anche ytg(0+)= −yr(0+). Se le condizioni iniziali non sono nulle la risposta complessiva può essere trovata, in virtù della linearità del circuito, sommando alla (6.80) la risposta dovuta alle sole condizioni iniziali. Dalla (6.44), per ingressi di tipo u( t ) = Ae αt si ha: Y (s) = n 1 n Ki H + + s − si s − α Mi s − si 1 (6.86) in cui: Mi = N(s)(s − s i ) n ∏ (s − s j ) j=1 N(s i ) = U 0 (s) n ∏ (s i − s j ) (6.87) U 0 (s i ) j=1( j≠i ) s =s i Si ha quindi: Y(s) = n 1 Ki + Mi H + = s − si s−α n 1 N (si ) n ∏ j=1( j≠ i ) i (s − s ) i [U(s ) − U (s )] + j 0 s − si i H s−α (6.88) Antitrasformando si ha: y( t ) = y t ( t ) + y r ( t ) (6.89) in cui il primo termine rappresenta la risposta transitoria determinata sia dai generatori che dalle condizioni iniziali, il secondo la risposta a regime. Tale risultato è ovviamente uguale a quella che si ottiene lavorando con il circuito L-trasformato contenente i generatori di condizioni iniziali. La risposta complessiva del circuito può essere anche trovata determinando separatamente il transitorio, dovuto ai generatori e alle condizioni iniziali, e il regime e successivamente sommando. Tale modo di procedere risulta particolarmente comodo in corrente continua e in corrente alternata. Infatti in corrente continua il regime può essere determinato cortocircuitando i rami contenenti gli induttori e aprendo quelli contenenti i condensatori; in corrente alternata il regime può essere calcolato mediante il metodo fasoriale. Il transitorio può invece essere determinato considerando un circuito Ltrasformato transitorio in cui i generatori indipendenti sono stati disattivati e quelli di condizioni iniziali si ottengono considerando le condizioni iniziali transitorie. Per comprendere la validità di questa procedura si consideri che la risposta transitoria corrisponde, per circuiti stabili, alla risposta complementare del metodo classico; tale risposta è ottenuta rendendo omogenee le equazioni differenziali che rappresentano l'equilibrio elettrico del circuito, ossia supponendo di disattivare i generatori indipendenti. L-trasformando tale circuito vengono a comparire generatori di condizioni iniziali relativi al solo valore iniziale della componente transitoria. 187 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Le condizioni iniziali transitorie si ottengono, per le grandezze che sono anche variabili di stato, dalla (6.89) e valgono: y t ( 0) = y ( 0) − y r ( 0) 6.90) Dal circuito in cui sono presenti i generatori indipendenti, ed eventualmente quelli controllati, si ricava la risposta a regime, dal circuito transitorio L-trasformato in cui sono presenti i generatori di condizioni iniziali transitorie, ed eventualmente quelli controllati, con generatori indipendenti disattivati, si calcola la risposta transitoria. Esempio 6.27 Nel circuito di fig.6.44a), in cui i generatori forniscono tensioni costanti nel tempo, i valori delle correnti negli induttori all'istante zero valgono i1(0)=I10 e i2(0)=I20 . L1 E1 L1s L2 E2 i2 i1 R1 L2i2t(0) I2t(s) I1t(s) L1i1t(0) R1 R2 a) L2s R2 b) Fig.6.44 Esempio 6.27 Le correnti a regime si trovano, sostituendo gli induttori con cortocircuiti, dalle relazioni: E1 R + R1 = −R E2 −R I 1r R + R 2 I 2r da cui risulta: I 1r = E1 (R + R 2 ) + E 2 R R 1 R 2 + R( R 1 + R 2 ) I 2r = E 2 ( R + R 1 ) + E1R R 1 R 2 + R( R 1 + R 2 ) Le condizioni iniziali transitorie valgono: i 1t ( 0) = I 10 − I 1r i 2 t ( 0) = I 20 − I 2 r In fig.6.44b) è riportato il circuito L-trasformato transitorio, dal quale si ha: L1i1t (0 ) I1t (s ) R + R 1 + L1s −R = L 2 i 2 t (0 ) R + R 2 + L 2 s I 2 t (s ) −R Risolvendo con Laplace, e quindi utilizzando il circuito L-trasformato, si trova la soluzione complessiva. Nel dominio della variabile s la soluzione a regime è individuata dai termini aventi denominatore uguale a quello della L-trasformata di Laplace dell'ingresso. In t la soluzione a regime è ottenuta facendo tendere il tempo all'infinito nell'espressione antitrasformata. 188 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Nell'ipotesi che la risposta a regime esista, indicando con yc(t), yp(t), yt(t), yr(t), yl(t), yf(t), la soluzione complementare, la particolare, la risposta transitoria, quella di regime, la risposta libera e la risposta forzata, la risposta del circuito può essere scritta nei seguenti modi: y( t ) = y c ( t ) + y p ( t ) = y t ( t ) + y r ( t ) = y l ( t ) + y f ( t ) (6.91) in cui la risposta complementare e quella particolare coincidono rispettivamente con la transitoria e con quella di regime. La risposta forzata coincide con quella di regime a transitorio esaurito. Riassumendo le definizioni per i vari tipi di risposta si ha: Risposta libera è la risposta del circuito alle sole condizioni iniziali (e quindi con ingressi nulli). Risposta transitoria è la somma della risposta libera e della risposta transitoria, ossia di quella parte che si esaurisce al tendere all' infinito del tempo. Risposta a regime è la risposta del circuito a transitorio esaurito. Risposta forzata è la risposta del circuito ai soli ingressi (e quindi con condizioni iniziali nulle) ed è data dalla somma tra la risposta a regime e il transitorio dovuto ai soli ingressi. Si osservi che un circuito contenenti elementi reattivi può anche non avere transitorio. Affinché ciò si verifichi deve accadere che nella (6.90) risulti y(0) = yr(0), o più in generale y(t0) = yr(t0). Ciò significa che la presenza o meno del periodo transitorio in un circuito, in seguito ad una perturbazione di un precedente regime, dipende anche dall'istante di chiusura. 6.19 Circuiti del I° ordine Sia assegnata una f.d.t. relativa ad un circuito del I° ordine, con condizioni iniziali nulle, ossia del tipo: W(s) = K s+1/ τ (6.92) in cui τ è la costante di tempo già definita al Cap 4.6. Si vuol determinare, facendo uso della t.d.L. la risposta del circuito all'ingresso a gradino unitario e all'impulso unitario. 6.19.1 Risposta al gradino unitario Poiché come noto la t.d.L. dell'ingresso a gradino unitario risulta U(s)=1/s, per la risposta si ha: G (s) = W(s) U(s) = K τ τ =K − s(s + 1 / τ) s s+1/ τ (6.93) da cui antitrasformando si ha: g ( t ) = Kτ 1 − e − τt u (t ) (6.94) Come precisato al Cap.4.6 l'esponenziale può essere considerato nullo dopo 4-5 costanti di tempo. 189 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 6.19.2 Risposta all'impulso unitario Poiché la t.d.L dell'impulso unitario è U(s)=1 si ha: w ( t ) = L−1 K −t = Ke τ u( t ) s+1/ τ (6.95) allo stesso risultato si giunge ricordando che poiché l'impulso unitario è la derivata del gradino unitario, la w(t) può essere determinata derivando la (6.94). Si ha infatti: ( ) 1 −t −t −t w ( t ) = g' ( t ) = Kτ e τ u( t ) + Kτ 1 − e τ δ( t ) = Ke τ u( t ) τ Esempio 6.28 Si vogliono calcolare le risposte al gradino e all'impulso unitario per i due circuiti rappresentati in fig. 6.45. Le f.d.t. risultano rispettivamente: WC (s) = 1 1 1 1 1 = = 1 + sRC RC s + 1 / RC τ s + 1 / τ WL ( s) = s s = s+ R / L s+1/ τ La risposta al gradino risulta: g C ( t ) = L−1 ( ) 1 1 −t − = 1 − e τ u( t ) s s+1/ τ g L ( t ) = L−1 R V1(s) 1 −t = e τ u( t ) s+1/ τ R V2(s) 1/sC V1(s) Ls V2(s) Fig.6.45 Esempio 6.28 Le risposte all'impulso risultano: w C ( t ) = L−1 1 1 1 −t = e τ u( t ) τ s+1/ τ τ 1 −tu w L ( t ) = g 'L ( t ) = − e τ u( t ) + δ ( t ) τ Gli andamenti delle risposte trovate sono rappresentati in fig. 6.46. 1/τ gL(t) 1 gC(t) wC(t) 1 wL(t) δ(t) t -1/τ e-t/τ -1/τ t t Fig.6.46 Andamenti delle risposte al gradino e all' impulso unitari per i circuito di fig.6.45 190 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Si può osservare che per il circuito RL, non strettamente causale poiché numeratore e denominatore della f.d.t. sono uguali, un impulso in ingresso viene trasferito sull'uscita. Dal punto di vista fisico si può fornire la seguente spiegazione: al tempo 0- in cui viene applicato δ(t) l'induttanza non dovendo essere percorsa da corrente, poiché i(0-)=0, si comporta come un circuito aperto e quindi tutta la tensione si localizza ai suoi terminali. Si osservi che la presenza dell'impulso consente una discontinuità nella corrente ed infatti risulta i(0+)=1/L. Diversamente accade per il circuito RC per il quale il condensatore è inizialmente un coro e pertanto l'impulso si localizza ai terminali di R. Infatti: VR (s) = s da cui: s +1/ τ 1 −tu v R ( t ) = − e τ u( t ) + δ( t ) τ 6.20 Circuiti del II° ordine Si consideri una f.d.t. tipica di un sistema del II° ordine data da: W(s) = ω 2n (6.96) s2 + 2sξω n + ω 2n in cui ξ e ωn sono lo smorzamento e la pulsazione naturale. (La (6.96) è la f.d.t. che si ottiene considerando un circuito RLC serie e assumendo come ingresso la tensione e come uscita la tensione sul condensatore). Risulta tuttavia evidente che per qualunque circuito del II° ordine il denominatore della f.d.t. può essere posto nella stessa forma della (6.96). Al variare dello smorzamento le radici del denominatore (poli) descrivono, sul piano di Gauss, un luogo detto luogo delle radici. Tale luogo è rappresentato nella fig.6.47. Le radici valgono: s1,2 = − ξω n ± ω n ξ 2 − 1 ξ >1 s1,2 = −ω n ξ =1 s1,2 = − ξω n ± jω n 1 − ξ 2 (6.97) ξ <1 s1,2 = ± jω n ξ=0 j ξ=0 ξ<1 ω n 1− ξ2 ωn ξ>1 ξ>1 σ −ξωn ξ=1 ξ<1 ϕ = arctg ξ=0 Fig.6.47Luogo delle radici per un circuito del II° ordine di tipo RLC 1− ξ2 ξ 191 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace Calcoliamo la risposta al gradino e all'impulso per il caso in cui ξ<1 (per il caso ξ>1 si hanno due esponenziali simili a quelli dei circuiti di I° ordine). 6.20.1 Risposta al gradino unitario Si ha: G (s) = W(s) U(s) = ω 2n 1 1 As + B 2 2 = − 2 s s + 2ξω n + ω n s s + 2ξω n + ω 2n e poiché deve essere: ω2n = s 2 + 2ξω n + ω 2n − As 2 − Bs si trova: A=1 B = 2ξω n Risulta quindi: ω n 1 − ξ2 s + 2ξω n s + ξω n 1 1 ξ = − − G (s) = − 2 2 s s + 2ξω n + ω 2n s (s + ξω ) 2 + ω 2 (1 − ξ 2 ) 1 − ξ 2 (s + ξω n ) + ω 2n (1 − ξ 2 ) n n da cui antitrasformando si ha: ( ) g ( t ) = 1 − e −ξωn t cos ω n 1 − ξ 2 t − e −ξωn t ξ 1− ξ 2 ( ) sen ω n 1 − ξ 2 t u ( t ) si può anche scrivere: e − ξω n t g( t ) = 1 − 1 − ξ2 ( sen ω n 1 − ξ 2 )t + arctg 1 − ξ2 u( t ) ξ (6.98) In fig.6.48 è riportato l'andamento di g(t). 1+ g(t) 1 1 − ξ2 e − ξω n t Tp 1− OS 1 1 − ξ2 e − ξω n t 1,2 1 0,9 0,98 t2 tp tS t Fig.6.48 Risposta al gradino unitario di un circuito del II° ordine con ξ <1 La risposta del circuito del II° ordine al gradino unitario è caratterizzata da un certo numero di grandezze, ossia: 192 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace − OS massima sovraelongazione (overshoot) − tp tempo di picco (istante al quale si verifica la massima sovraelongazione). Derivando g(t) e uguagliando a zero si ha: tp = π OS = e ω n 1 − ξ2 − πξ 1− ξ 2 (6.99) − tR tempo di salita. Tempo necessario affinché l'uscita passi dal 10% al 90% del valore finale − tE tempo all'emivalore. Tempo impiegato affinché l'uscita raggiunga il 50% del valore finale − tS tempo di assestamento. Tempo impiegato affinché l'uscita rimanga entro il ±2% del valore finale. Poiché trascorso un tempo pari a 4ξωn l'uscita raggiunge il 98,2% del valore finale si ha t S ≅ 4 / ξω n − Tp periodo. E' il tempo che intercorre tra due picchi e che vale: Tp = 2π (6.100) ωn 1 − ξ 2 − N numero di oscillazioni compiute nel tempo tS. Questo numero è dato dal rapporto tra il tempo di assestamento e il periodo. Risulta quindi: 2 tS 2 1− ξ N= = Tp πξ (6.101) La conoscenze di queste grandezze consente di individuare l'andamento della risposta al gradino e permette anche di confrontare le risposte di circuiti diversi (ovviamente sempre del II° ordine). Per smorzamento nullo (ricordiamo che questo può avvenire se la resistenza è nulla) la risposta al gradino unitario vale: g( t ) = 1 − sen ω n t + π 2 u( t ) = (1 − cos ω n t )u( t ) (6.102) 6.20.2 Risposta all'impulso unitario La risposta all'impulso unitario è data dall'antitrasformata della funzione di trasferimento W(s) e vale: w ( t ) = L−1 [W(s)] = L−1 ω n 1 − ξ2 ωn 1− ξ 2 (s + ξω n ) 2 + ω 2n (1 − ξ ) 2 = ωn 1− ξ 2 ( ) sen ω n 1 − ξ 2 t u( t ) (6.103) L'andamento nel tempo della risposta w(t) all'impulso unitario δ(t) è riportato in fig.6.49. 193 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace w(t) ωn 1− ξ 2 e − ξω nt − ωn 1− ξ 2 e − ξω nt Fig.6.49Risposta all' impulso unitario di un circuito del II° ordine avente ξ < 1 Esempio 6.29 Si consideri un circuito da tre elementi R, L,C, collegati in serie e si calcolino le funzioni di trasferimento che si ottengono assumendo come ingresso la tensione ai terminali del bipolo e come uscita la tensione ai terminali della resistenza R, dell'induttanza L, e della capacità C. Si ottiene: WR ( s) = VR (s) R sCR sR / L sR / L = = = = V(s) R + Ls + 1 / sC s2 LC + sCR + 1 s 2 + sR / L + 1 / LC s2 + 2sξω n + ω 2n in cui la pulsazione naturale e lo smorzamento valgono: ωn = WL (s) = 1 LC ξ= R C 2 L VL (s) Ls s2 LC s2 = = 2 = 2 V(s) R + Ls + 1 / sC s LC + sCR + 1 s + 2sξω n + ω 2n VC (s) ω 2n 1 / sC 1 WC (s) = = = = V(s) R + Ls + 1 / sC s2 LC + sCR + 1 s2 + 2sξω n + ω 2n La WL(s) è non strettamente causale poiché anche il numeratore è di secondo grado. Dividendo si ha: WL (s) = 1 − 2sξω n + ω 2n s2 + 2sξω n + ω 2n = 1 − WL* (s) Nella fig. 6.50 sono rappresentate, mediante diagrammi a blocchi, le funzioni di trasferimento ottenute nei tre casi. Si può osservare che per la WL(s), come già detto non strettamente causale, un segnale applicato in ingresso, salvo particolari semplificazioni come accade ad esempio per il gradino, si ritrova anche in uscita. 194 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace V(s) V(s) WR(s) VR(s) + WR*(s) V(s) WC(s) VL(s) − VC(s) Fig.6.50 Rappresentazione di WR(s), WL(s), WC(s) mediante diagrammi a blocchi Esempio 6.30 Si consideri il circuito RLC parallelo di fig.6.51 e si calcolino le f.d.t. ottenute assumendo come ingresso I(s) e come uscite IR(s), IL(s), IC(s). I(s) IR(s) IL(s) IC(s) 1/R 1/Ls Cs Fig.6.51 Esempio 6.30 Si ha: WR (s) = I R (s) 1/ R Ls s / RC = = = 2 2 I(s) 1 / R + Cs + 1 / Ls RLCs + Ls + R s + 2sξω n + ω 2n in cui: ωn = 1 LC ξ= 1 L 2R C I L (s) ω 2n 1 / Ls 1 / LC WL (s) = = = = I(s) 1 / R + Cs + 1 / Ls LCs 2 + Ls / R + 1 s2 + 2sξω n + ω 2n WC (s) = I C (s) Cs LCs2 s2 = = = I(s) 1 / R + Cs + 1 / Ls LCs2 + Ls / R + 1 s2 + 2sξω n + ω 2n La f.d.t. risulta non strettamente causale e pertanto, salvo semplificazioni come ad esempio per il gradino o la rampa, l'ingresso si ritrova direttamente sull'uscita. Una spiegazione fisica del fenomeno può essere la seguente: inizialmente il condensatore scarico equivale ad un corto circuito che è quindi attraversato da tutta la corrente. Nel caso serie l'induttanza scarica equivale ad un circuito aperto e pertanto, inizialmente, tutta la tensione si localizza alle sue estremità. 195 Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 6.21Poli dominanti Si consideri la f.d.t.: W(s) = la cui antitrasformata è: ω n 1 − ξ2 K1 K2 + + s + s1 s + s2 (s + ξω ) 2 + ω 2 (1 − ξ 2 ) n n [ (6.104) )] ( w ( t ) = K1e −s1t + K 2 e −s2 t + e − ξω n t sen ω n 1 − ξ 2 t u( t ) (6.105) e supponiamo che i poli siano posizionati sul piano di Gauss come in fig. 6.52. jω n 1 − ξ 2 ξωn s2 s1 − jω n 1 − ξ 2 Fig.6.52 Posizione dei poli della (6.104) sul piano di Gauss Si abbia cioè: s2>>s1 e ξωn >>s1 in tal caso si dice che il polo relativo a s1 è dominante rispetto agli altri. Poiché s1 s2 e ξωn rappresentano gli inversi di costanti di tempo, nella (6.105) i termini relativi a s2 e ξωn si esauriscono molto più rapidamente rispetto al termine relativo a s1 che risulta quindi dominante nel caratterizzare la risposta, tanta che in prima approssimazione si può scrivere: w ( t ) ≅ K1e − s1t u( t ) (6.106) commettendo un errore consistente solo nell'intorno di t = 0. Gli andamenti dei tre addendi che compongono la (6.105) sono riportati in fig.6.53a) nella fig.6.53b) è invece riportato l'andamento di w(t). Tale figura mostra che a parte un piccolo intervallo intorno a t =0 l'andamento della w(t) è simile a quello di un circuito di I° ordine. K1e − s1t K2e − s2 t w(t) e − ξω n t sen ω n 1 − ξ 2 t a) t b) Fig.6.53 Andamento dei tre termini della (6.105) a) andamento di w(t) b) Si conclude quindi che in una f.d.t. c' è un polo, o una coppia di poli complessi coniugati, dominanti quando esso si trova molto più vicino degli altri all' asse immaginario. In tal caso la costante di tempo ad esso associata è molto più grande 196 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace (dominante) delle altre e il relativo modo di evolvere si estingue molto più lentamente degli altri. 6.22 Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione Dalla definizione di f.d.t. indicando con f(t) l'ingresso e con y(t) l'uscita si ha: Y(s) = W(s) F(s) Antitrasformando mediante l'integrale di convoluzione si ha: −1 y( t ) = L ∞ [W(s) F(s)] = w ( t )∗ f ( t ) = ∞ w ( τ ) f ( t − τ ) dτ = w ( t − τ ) f ( τ ) dτ 0 e poiché: w ( t − τ) = 0 f ( t − τ) = 0 si ha: 0 per τ > t per τ > t t t y ( t ) = w ( τ ) f ( t − τ ) dτ = w ( t − τ ) f ( τ ) dτ 0 (6.107) 0 L'estremo superiore di integrazione diviene t anziché ∞ perché, dovendo il circuito rispettare la proprietà di causalità, la risposta al tempo t non può dipendere dai valori che l'ingresso assumerà in tempi successivi. Nell'Appendice B è stato mostrato che calcolare la risposta forzata mediante l'integrale (6.107) corrisponda a scomporre il segnale di ingresso in impulsi elementari e successivamente applicare il principio di sovrapposizione degli effetti. Si può anche scrivere: Y(s) = W(s) W(s) W(s) W(s) sF(s) = sF(s) − f (0) + f (0)] = sF(s) − f (0)] + f (0) [ [ s s s s e poiché: t L−1 W(s) = w ( t )dt = g( t ) s 0 in cui g(t) è la risposta al gradino unitario. L−1 [sF(s) − f (0)] = f ' ( t ) L−1 W(s) f (0) = f (0)g( t ) s si ha: t −1 y( t ) = L W(s) W(s) sF(s) − f (0)] + f (0) = g( t − τ ) f '( τ )dτ + f (0)g( t ) = [ s s 0 t (6.108) = g( τ ) f '( t − τ )dτ + f (0)g( t ) 0 Quest'ultimo modo di procedere corrisponde a scomporre il segnale di ingresso in gradini, per ognuno dei quali viene calcolata la risposta. La risposta complessiva è data Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 197 dalla somma delle risposte ai singoli gradini. Anche in questo viene quindi utilizzato principio di sovrapposizione degli effetti (vedi Appendice B). 6.23 Metodo algebrico per la determinazione della stabilità E' un metodo che consente di stabilire se il sistema è o non è stabile senza determinare i poli della f.d.t. Vale la seguente affermazione per la cui dimostrazione si rimanda a corsi di algebra: Condizione necessaria per la stabilità asintotica, ossia affinché tutti i poli siano a parte reale negativa, è che il denominatore della f.d.t. abbia tutti i coefficienti non nulli e di stesso segno. Questa condizione risulta anche sufficiente per circuiti di I° e II° ordine. Per i circuiti di ordine superiore al II°, per i quali il denominatore della f.d.t. è di grado superiore al II°, deve essere verificata la condizione di sufficienza, ciò si ottiene mediante la regola di Routh, anch'essa fornita senza dimostrazione. Si consideri il seguente polinomio: N (s) = a 4 s4 + a 3s3 + a 2 s2 + a 1s + a 0 e si consideri una tabella in cui nella prima riga si mettono i coefficiente pari (si sarebbero messi quelli dispari se il coefficiente di grado più alto fosse stato dispari) e nella seconda riga quelli dispari (o pari se il primo coefficiente è dispari). s4 a4 a2 s3 a3 a1 s2 b2 b0 s1 c1 0 s0 d0 a0 Per le righe successive si procede nel seguente modo: b 2 = ( a 3 a 2 − a 1a 4 ) / a 3 c1 = ( b 2 a 1 − b 0 a 3 ) / b 2 b 0 = (a 3 a 0 − 0 a 4 ) / a 3 = a 0 d 1 = ( c 1 b 0 − 0 b 2 ) / c1 = b 0 La condizione di sufficienza è verificata se nella prima colonna della tabella di Routh tutti i termini sono non nulli e di stesso segno. Esempio 6.31 Determinare la stabilità di un circuito avente la seguente f.d.t.: W(s) = 2s + 5 s + s + 5s3 + s 2 + 6s + 3 5 4 La condizione di necessarietà e verificata (altrimenti sarebbe stato inutile continuare) si tratta di costruire la tabella di Routh per verificare la sufficienza. 198 Cap. 6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace s5 s4 s3 s2 s1 s0 1 1 4 1 5 1 3 3 6 3 -9 3 Poiché la prima colonna della tabella di Routh presenta 3 permanenze di segno e 2 variazioni significa che ci sono tre poli a parte reale negativa e due a parte reale positiva, dunque il circuito risulta instabile. Regole per la costruzione della tabella 1) le righe pari terminano tutte con il termine noto; 2) nel costruire la tabella tutti gli elementi di una riga possono essere divisi per la stessa quantità positiva (in tal caso non vale più quanto asserito al punto 1); 3) se durante la costruzione della tabella il primo elemento di una qualsiasi riga è nullo il circuito è instabile; 4) se tutti gli elementi di una riga sono nulli il circuito è al più marginalmente stabile; 5) se in una riga compaiono termini nulli o negativi il circuito è instabile. Qualora si verifichi il caso 3), la tabella può essere continuata, se interessa conoscere il numero di radici a parte reale negativa e positiva. La tabella può essere continuata rimpiazzando il termine nullo con un ε positivo o negativo. Esempio 6.32 Sia N(s)= s5 + s4+ 2s3 + 2s2 +3s +1 del quale si vuole individuare il segno della parte reale delle radici. In particolare vogliamo accertare se tutte le radici sono a parte reale negativa. Poiché è soddisfatta la condizione necessaria si può procedere con la tabella di Routh. s5 s4 s3 s2 s1 s0 1 1 0(ε) -2/ε 2 2 2 2 1 3 1 P P(ε >0) V V P P V(ε < 0) V P P 1 Poiché sono presenti tre permanenze di segno e due variazioni si hanno tre radici a parte reale negativa e due a parte reale positiva. Per il caso 4) possiamo intanto osservare che le eventuali righe comprendenti tutti elementi nulli sono le dispari (infatti le pari terminano con il termine noto). In questa situazione le radici presentano una simmetria quadrantale, ossia simmetria rispetto a entrambi gli assi e rispetto all'origine, ciò significa che il circuito può al più essere marginalmente stabile, cosa che accade se le radici sono sull'asse immaginario. In corrispondenza ad una riga di termini nulli la tabella può essere continuata ricorrendo ad un polinomio ausiliario ottenuto derivando il polinomio i cui termini sono gli elementi della riga precedente. Cap.6 Risoluzione dei circuiti mediante la Trasformata di Laplace 199 Esempio 6.33 Assegnato il polinomio: N(s) = s6 + 2s5 + 8s4+ 12s3 + 20s2 +16s +16 la tabella di Routh è: s6 1 8 20 16 s5 2 12 16 s4 2 12 16 3 s 0 0 Non potendo continuare la tabella, si considera il polinomio i cui coefficienti sono gli elementi della riga di s4 ossia: A(s) = 2s4 + 12s2 + 16 Derivando rispetto a s si ha: A'(s) = 8s3 + 24s i coefficienti di A'(s) possono essere utilizzati per costruire la riga di s3 che era costituita di termini tutti nulli. L tabella completa risulta: s6 s5 s4 s3 s2 s1 s0 1 2 (1) 2 (1) 8 (1) 6 (3) 8/3 (1) 16 (1) 8 12 (6) 12 (6) 24 (3) 16(8) 20 16 (8) 16 (8) 16 Poiché la prima colonna non presenta variazioni di segno il polinomio presenta radici a parte reale negativa e radici a parte reale nulla. Queste ultime possono essere determinate risolvendo A(s) = 2s4 + 12s2 + 16 = 0 da cui si trova: s1 = j 2 s2 = − j 2 s 3 = j2 s3 = − j2 Si noti che questo modo di procedere fornisce informazioni sulla stabilità del circuito, senza tuttavia fornire indicazioni su "quanto" il circuito sia stabile, ossia quanto i poli sono vicini all'asse immaginario. Per un circuito contenente generatori dipendenti, e che quindi può essere instabile, questa informazione è invece importante, infatti i poli della relativa f.d.t. vicini all'asse immaginario, sia pure a parte reale negativa, possono, per effetto di variazioni di alcuni parametri (causate per esempio da variazioni di temperatura), passare nel semipiano positivo. CAPITOLO 7 7.1 Sviluppo in serie di Fourier E' stato in precedenza mostrato come la risposta a regime di un circuito alimentato con generatori di tensione, o corrente, sinusoidale possa essere determinata mediante il metodo fasoriale. In particolare, detta W( jω ) la f.d.t. calcolata per s=jω, U( jω ) il fasore rappresentativo dell'ingresso sinusoidale di frequenza ω, il fasore Y( jω ) della risposta può essere determinato mediante la relazione: Y( jω ) = W( jω ) U( jω ) Il metodo fasoriale, con opportuni accorgimenti, può essere utilizzato anche per risolvere circuiti alimentati con grandezze periodiche. Ricordiamo che una funzione f(t) si dice periodica, di periodo T, se soddisfa la relazione: f ( t ) = f ( t ± nT) con n=1,2,3..... Una funzione periodica che soddisfi le condizioni di Dirichlet (che sono condizioni di sufficienza), ossia che: • presenti un numero finito di massimi e di minimi in un periodo; • presenti un numero finito di discontinuità (salti) in un periodo; • sia finito l'integrale: T f ( t ) dt = T/2 f ( t ) dt −T / 2 0 può essere scomposta in serie di Fourier secondo la relazione: f (t) = a 0 + in cui: ω0 = 2π T a0 = 1 f ( t )dt T0 ∞ a n cos nω0 t +b n sen nω0 t (7.1) n =1 è la pulsazione fondamentale ed inoltre: T T è il valore medio 2 an = f ( t ) cos nω 0 tdt T0 T 2 bn = f ( t ) sen nω 0 tdt T0 (7.2) 202 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche I termini di pulsazione nω0 sono detti armoniche di ordine n. La sviluppo in serie di Fourier può essere espresso anche con le relazioni: f (t) = a 0 + ∞ n =1 A n cos( nω 0 t − α n ) A n = a 2n + b 2n α n = arctg f (t) = a 0 + bn an ∞ n =1 A n sen( nω 0 t + β n ) a π β n = arctg n = − α n bn 2 (7.3) 7.2 Serie di Fourier finita La serie di Fourier, come mostrano le (7.1) e (7.3), è costituita da un numero infinito di termini, in pratica si considerano un numero finito di termini operando un troncamento della serie. Indicando con fn(t) la serie troncata si ha: n f n (t) = a 0 + k =1 (a k cos kωt + b k sen kωt ) (7.4) L'errore dovuto all'approssimazione è: ε n ( t) = f (t) − f n (t) (7.5) Nel caso in cui la funzione periodica presenti una discontinuità (salto) in t0, la serie converge al valore medio: f ( t 0+ ) + f ( t 0− ) (7.6) f (t 0 ) = 2 come è illustrato nella fig.7.1 f(t) f(t0-) f(t0) f(t0+) Fig. 7.1 Funzione periodica con discontinuità in to In tali casi si verifica inoltre, per la funzione troncata, l'effetto Gibb che consiste in una sopraelevazione, nell'intorno di t0, della funzione troncata rispetto a quella effettiva. Tale effetto, per una funzione periodica rettangolare, è mostrato in fig. 7.2. All'aumentare di n, ossia delle componenti considerate in fn(t), il picco della sovraelongazione rimane costante in ampiezza ma si avvicina a t0. t0 Fig.7.2 Esempio di effetto Gibb t 203 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche La dipendenza dei coefficienti an e bn rispetto a n dipende dal tipo di discontinuità, si ha: 1. Se la funzione f(t) presenta discontinuità an e bn diminuiscono con 1/n; 2. Se f(t) è continua, ma f '(t) presenta discontinuità, i coefficienti decrementano con 1/n2; 3. Se f(t) e f '(t) sono continue ma f ''(t) è discontinua, il decremento avviene con 1/n3; In generale se la funzione e le sue derivate fino alla i-ma sono continue mentre la i+1ma è discontinua i coefficienti decrescono con 1/n(i+2). 7.3 Simmetrie Se la f(t) soddisfa particolari condizioni di simmetria alcuni coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier possono essere nulli. Consideriamo alcuni casi: 7.3.1 Funzioni pari Sono quelle funzioni per le quali f(t) = f(-t). Nello sviluppo in serie di Fourier delle funzioni pari sono compresi solo i termini in coseno e l'eventuale termine a0, ciò poiché risultano nulli i coefficienti bn. Risulta cioè bn = 0 per ogni valore di n. Un esempio di funzione pari è riportato in fig. 7.3a) 7.3.2 Funzioni dispari Sono dispari le funzioni, vedi fig.7.3b), per le quali f(t) = - f(-t). Nello sviluppo in serie di Fourier sono presenti i soli termini in seno poiché risulta: bn ≠ 0 an = 0 per n = 0,1,2,3,.... f(t) f(t) -t -t t t+T/2 t t+T/2 T a) b) Fig.7.3 Funzione pari (e mezza onda pari) a) funzione dispari (e mezza onda dispari) b) Se ad una funzione pari f(t) si aggiunge una costante K si ottiene una funzione ancora pari che differisce da quella di partenza per il valore medio che è stato variato della costante K. Sommando K ad una funzione dispari si ottiene una funzione che non è più né pari né dispari. In entrambi i casi lo sviluppo in serie di Fourier si ottiene sommando K allo sviluppo in serie della funzione di partenza. Anche per una funzione ottenuta come somma di una funzione pari ed una dispari lo sviluppo in serie si ottiene sommando i singoli sviluppi. 7.3.3 Funzione simmetrica rispetto all'asse dei tempi( simmetria mezza onda dispari) E' una simmetria relativa alle funzioni, dette anche emisimmetriche, che verificano la relazione: f ( t ) = − f ( t + T / 2) 204 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Nello sviluppo in serie di Fourier di queste funzioni sono nulli i coefficienti delle armoniche pari. Un esempio di tali funzioni e rappresentato in fig.7.b) 7.3.4 Simmetria mezza onda pari Riguarda le funzioni per le quali vale la relazione: f ( t ) = f ( t + T / 2) Nello sviluppo in serie di Fourier di queste funzioni mancano le armoniche dispari, è invece presente a0. Una funzione con simmetria mezza onda pari è rappresentata in fig.7.3a). Riassumendo: Simmetria f (t) = − f (−t) f ( t) = f (− t) f ( t ) = − f ( t + T / 2) a0 0 ≠0 0 f ( t ) = f ( t + T / 2) ≠0 f ( t ) = − f ( t + T / 2) f (t) = − f (−t) f ( t ) = f ( t + T / 2) f ( t) = f (− t) 0 an 0 ≠0 ≠0 n=1,3,5,7,... ≠0 n=2,4,6,8,.... 0 ≠0 bn ≠0 0 ≠0 n=1,3,5,7,... ≠0 n=2,4,6,8,.... ≠0 n=1,3,5,7,... 0 ≠0 n=2,4,6,8,.... Osserviamo che con una opportuna scelta dell'origine una funzione pari può divenire dispari e viceversa. Una traslazione secondo l'asse dei tempi modifica lo sviluppo in serie di Fourier solo per quanto riguarda la fase. Si ha infatti: f ( t − t*) = a 0 + ∞ 1 [ ] A n cos nω 0 ( t − t *) − α n = a 0 + ∞ 1 [ ] A n cos nω 0 t − (α n + nω 0 t *) (7.7) Una traslazione secondo l'asse delle ordinate modifica solo il valore medio dello sviluppo in serie di Fourier. Infatti: ∞ f (t) + K = a 0 + K + 1 [ A n cos nω 0 t − α n ] (7.8) 7.4 Spettri di ampiezza e fase Gli andamenti di An e di αn (βn) in funzione di nω0 sono detti rispettivamente spetto di ampiezza e spettro di fase. In definitiva tali spettri mostrano l'ampiezza e la fase di tutte le armoniche presenti nello sviluppo in serie di Fourier. Esempio 7.1 Si vuol determinare lo sviluppo in serie di Fourier e disegnare gli spettri di ampiezza e fase per la tensione periodica di fig. 7.4. 205 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche v(t) V 0 T/2 T t Fig.7.4 Esempio 7.1 La tensione rappresentata in fig.7.1 è una funzione dispari e simmetrica rispetto all'asse dei tempi, risulta quindi: an = 0 per tutti gli n mentre bn ≠0 per n dispari. Si ha: 2V bn = T T/ 2 0 T −1 cos nω 0 t nω 0 2V sen nω 0 tdt − sen nω 0 tdt = T T/ 2 T/ 2 0 −1 − cos nω 0 t nω 0 T = T/ 2 4V nπ in cui ω 0 T = 2 π . Lo sviluppo in serie e quindi dato da: ∞ v( t ) = 1 4V sen( nω 0 t ) = nπ ∞ 1 4V cos( nω 0 t − π / 2) per n dispari nπ In fig.7.5 sono riportati I, III, V armonica e la loro somma I III t V Fig.7.5Andamento di I, III, V armonica e della loro somma Gli spettri di ampiezza e fase sono riportati in fig. 7.6 4V B βn 4V 3π 0 4V 5π 1 5 a) 3 0 1 3 2 n 4 5 n π − 2 b) Fig.7.6 Spettro di ampiezza a) spettro di fase b) 206 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Esempio 7.2 Si vuol determinare lo sviluppo in serie di Fourier della tensione di fig.7.7 ottenuta da quella di fig.7.4 aggiungendo un valore medio V0 e traslando di -T/4. Per quanto detto in precedenza si ha: ∞ v( t ) = V0 + ∞ V0 + 1 1 4V T sen nω 0 t + nπ 4 4V π sen nω 0 t + n 2 nπ ∞ = V0 + 4V T sen nω 0 t + nω 0 = nπ 4 1 per n dispari v(t) V V0 0 T t Fig.7.7 Esempio 7.2 Gli spettri di ampiezza e fase sono riportati in fig.7.8 4V An αn 4V 3π V0 1 3 4V 5π 5 π 2 0 n 1 5π 2 3π 2 3 5 n Fig.7.8 Spettri di ampiezza e fase In fig.7.9 sono rappresentati la I, III, V armonica e la funzione ricostruita ottenuta sommando dette armoniche al valore medio V0. III V0 V Fig.7.9Rappresentazione di I, III, V armonica e loro somma traslata di V0 207 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche 7.5 Serie di Fourier esponenziale Dalla relazione (7.1) ricordando le relazioni: e jnω 0 t + e − jnω 0t cos nω 0 t = 2 si ha: f (t) = a 0 + ∞ n=1 an e jnω 0t − e − jnω 0 t sen nω 0 t = 2j ∞ a n − jb n jnω0t ∞ a n + jb n − jnω0t e jnω0t + e − jnω0t e jnω0t − e − jnω0t +b n = a0 + e + e 2 2j 2 2 n=1 n=1 ponendo: c0 = a 0 cn = e quindi: a n − jb n 2 c −n = c n* = a n + jb n 2 T T 1 1 cn = f ( t )(cos nω 0 t − j sen nω 0 t )dt = f ( t )e − jnω 0t dt T0 T0 T c−n 1 = f ( t )e jnω 0 t dt T0 la f(t) risulta espressa dalla relazione: f (t) = c 0 + ∞ n =1 c n e jnω0 t + Poiché si ha: ∞ n =1 ∞ n =1 c −n e − jnω0 t = c − n e − jnω 0 t = −1 ∞ n =0 c n e jnω0 t + ∞ n =1 c −n e − jnω0 t c n e jnω 0 t n =−∞ la serie esponenziale risulta: ∞ f (t) = c n e jnω 0t con n =−∞ T (7.9) 1 cn = f ( t )e − jnω 0 t T0 Esempio 7.3 Si consideri la tensione di fig.7.10, in cui τ è variabile e T costante, e se ne calcoli la serie esponenziale di Fourier. v(t) V τ Fig.7.10 Esempio 7.3 2T t 208 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche I coefficienti della serie trigonometrica, calcolati come indicato dalla seconda delle (7.9), valgono: cn = [ T 1 −V Ve − jnω0 t dt = e − jnω0 t T0 jnω 0 T −j nω0 τ 2 2Ve jnω 0 T e j nω0 τ 2 −e 2j −j nω0 τ 2 = ] = −j nω0 τ 2 T 0 [ ] −V 1 − e − jnω0 τ = jnω 0 T nω 0 τ Vτ Vτe sen = e nω 0 T τ 2 T 2 −j nω0 τ 2 nω 0 τ 2 = c e − jϕ n n nω 0 τ 2 sen in cui: nω 0 τ sen Vτ 2 cn = nω 0 τ T 2 ϕn = e poiché ω 0 = nω 0 τ 2 2π = 2 πf 0 sostituendo si ha: T0 cn = Vτ sen nf 0 τπ T nf 0 τπ ϕ n = nf 0 τπ sen x , riportato in fig.7.11, si possono disegnare anche gli x andamenti di cn e ϕn. Tali andamenti sono riportati in fig.7.12. Ricordando l'andamento di sen x x 1/x sen x 2π Fig. 7.11 Andamento di senx/x x 209 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche cn Vτ T 1/τ f0 2/τ π nf0 −π Fig.7.12 Spettro di ampiezza e di fase 7.6 Grandezze tipiche di tensioni e correnti sinusoidali Una funzione periodica è caratterizzata mediante le seguenti grandezze: a) Valore di picco E' il valore massimo assunto dalla funzione nel periodo b) Valore efficace Secondo la definizione già fornita al Cap.5 si ha: T V= 1 v 2 ( t )dt = T0 1 T T ∞ V0 + 0 1 VMn sen( nω 0 t + α n ) 2 ∞ dt = 0 Vn2 (7.10) in cui Vn è il valore efficace dell'armonica n-ma (si rammenta che il valore efficace dell'eventuale valore medio è il valore medio stesso). c) Valore medio Il valore medio per una funzione periodica e data dalla relazione: T Vm = 1 v( t ) dt T0 (7.11) Se la funzione è simmetrica rispetto all'asse dei tempi il valore medio definito dalla (7.11) risulta nullo. In tali casi si definisce il valore medio nel semiperiodo che vale: Vm = 2 T T/ 2 v( t ) dt 0 (7.12) 210 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Nel caso di grandezze sinusoidali la (7.12) fornisce: Vm = 2 V π M (7.13) d) Fattore di forma Si definisce fattore di forma il rapporto tra il valore efficace e il valore medio. Kf = V Vm (7.14) Nel caso di grandezze sinusoidali si ha: Kf = π 2 2 , = 111 (7.15) e) Fattore di picco E' dato dal rapporto tra il valore di picco e il valore efficace ed è quindi rappresentato dalla relazione: V (7.16) Kp = M V Tale valore è pari a 2 per le grandezze sinusoidali. f) Fattore di deformazione E' dato dal rapporto tra il valore efficace dell'armonica fondamentale e il valore efficace complessivo. In formula: Kd = V1 V (7.17) g) Distorsione E' il rapporto tra il valore efficace delle armoniche (eccetto la fondamentale) e il valore efficace della fondamentale: ∞ D= 2 Vn2 V1 (7.18) Si definisce distorsione dell'armonica n-ma il rapporto tra il valore efficace di quella armonica e il valore efficace della fondamentale. Dn = Vn V1 (7.19) Sostituendo nella (7.18) si ha: ∞ D= 2 D 2n (7.20) La distorsione e il fattore di deformazione sono un indice di quanto l'andamento di una grandezza periodica si discosta dall'andamento sinusoidale. 211 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche 7.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Si consideri un circuito elettrico lineare al quale sia applicato il seguente ingresso (tensione o corrente): ∞ f (t) = fo + n =1 FMn sen( nω 0 t + α n ) (7.21) La risoluzione di tale circuito può essere attuata applicando al circuito stesso un generatore per ogni armonica, ed uno per il valore medio. Nel caso in cui l'ingresso sia un generatore di tensione i generatori relativi alle singole armoniche debbono essere collegati in serie, se invece l'ingresso f(t) è un generatore di corrente i generatori di armonica debbono essere collegati in parallelo. Tali collegamenti sono illustrati in fig. 7.13 a) e b). v1 ( t ) = VM1 sen (ω0 t + β1 ) v 2 ( t ) = VM 2 sen (2ω 0 t + β 2 ) V0 v1(t) vn(t) v2(t) v(t) i1(t) i2(t) in(t) a) ........................................ v n ( t ) = VMn sen(nω0 t + β n ) i1 ( t ) = I M1 sen (ω0 t + β1 ) i(t) b) i1 ( t ) = I M 2 sen (2ω0 t + β 2 ) ...................................... i n ( t ) = I M1 sen (nω 0 t + β n ) Fig.7.13 Circuiti equivalenti di generatori periodici di tensione a) e di corrente b) L'uscita dovuta alla k-ma armonica, applicando metodo fasoriale, è data da: Yk = W( jkω 0 )Fk = W( jkω 0 ) e jϕ k Fk (7.22) Nel dominio del tempo risulta: y k ( t ) = YMk sen( kω 0 + α k + ϕ k ) in cui: YMk = W( jkω 0 ) FMk (7.23) (7.24) Indicando con y0 la risposta del circuito alla componente continua (questa risposta è ottenuta dal circuito con condensatori aperti e induttori cortocircuitati), la risposta complessiva risulta: ∞ y( t ) = y o + n =1 YMn sen( nω 0 t + α n + ϕ n ) (7.25) Osserviamo che operando in questo modo si ottiene la sola risposta a regime del circuito. La risposta transitoria può essere determinata considerando il circuito LLtrasformato transitorio in cui le condizioni iniziali transitorie sono del tipo: 212 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche ∞ i t (0) = i(0) − i 0 + n =1 I Mn sen(α n + ϕ n ) ∞ v t (0) = v(0) − v 0 + n =1 (7.26) VMn sen(β n + ϕ n ) 7.8 Potenza nei circuiti alimentati con ingressi periodici Si consideri un bipolo lineare alimentato con la tensione periodica: ∞ v( t ) = v o + e sia: ∞ i( t ) = i o + VMn sen( nω 0 t + α n ) (7.27) I Mn sen( nω 0 t + α n + ϕ n ) (7.28) n =1 n =1 la corrente da esso assorbita. La potenza attiva assorbita dal bipolo è data dalla relazione; T 1 1 P= v( t ) i( t )dt = T0 T T ∞ v0 + 0 1 VMn sen( nω 0 t + α n ) i 0 + e ricordando che: T 0 si ha: ∞ 1 I Mn sen( nω 0 t + α n + ϕ n ) dt 0p ≠ q sen (pt + α ) sen (qt + β)dt = T p=q cos(α − β) 2 ∞ P = v 0i 0 + 1 Vn I n cosϕ n (7.29) in cui Vn e In sono i valori efficaci di tensione e corrente. La (7.29) consente di concludere che: In un circuito lineare alimentato con grandezze periodiche la potenza attiva si ottiene sommando le potenze attive relative alle singole armoniche, il che equivale ad applicare il principio di sovrapposizione degli effetti. Ciò è vero solo per generatori di frequenza diversa, il principio di sovrapposizione per le potenze non è infatti valido per generatori di stessa frequenza. (La sovrapposizione degli effetti è in generale valida per relazioni lineari e non quadratiche come è appunto la potenza). Indicando con R la resistenza del bipolo si può quindi anche scrivere: P=R i 20 ∞ + 1 I 2n = RI 2 (7.30) in cui I è il valore efficace della grandezza periodica e vale: ∞ I= 0 I 2n (7.30) 213 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Allo stesso modo è stato definito il valore efficace di una tensione periodica. Si conclude che il valore efficace di una corrente o di una tensione periodica è dato dalla radice quadrata della somma dei valori efficaci al quadrato. Per analogia con i sistemi alimentati con grandezze sinusoidali, ma senza lo stesso significato fisico, si può definire la potenza reattiva come: ∞ Q= 1 Vn I n sen ϕ n (7.31) Si definisce anche la potenza apparente con la relazione: ∞ S = VI = 0 e il fattore di potenza f.d.p come: ∞ Vn 0 In P = cos β S f . d. p. = (7.31) (7.32) Si definisce sinusoide equivalente di una grandezza periodica una sinusoide avente stesso periodo e stesso valore efficace di quella periodica. definendo la sinusoide equivalente della tensione e della corrente risulta anche: P = VI cosβ . 7.9 Distorsione introdotta dal circuito Si consideri di applicare in ingresso al un circuito di fig.7.14 la tensione di fig.7.3, per la quale il generico termine della serie esponenziale di Fourier vale: nω 0 τ nω 0 τ sen Vτ − j 2 2 cn = e n ω T 0τ 2 La f.d.t, assumendo come uscita la tensione v2(t) vale: W (s) = v1(t) V2 (s ) R = V1 (s ) 1 + sRC R C v2(t) Fig. 7.14 Circuito RC Per quanto affermato in precedenza la risposta a regime, per ogni armonica, può essere calcolata, utilizzando il metodo fasoriale, mediante la relazione: V2 n ( jnω 0 ) = W ( jnω 0 ) V1n ( jnω 0 ) = W( jnω 0 ) e jϕ ( nω 0 ) V1n ( jnω 0 ) (7.33) Ci chiediamo ora quali condizioni debbano essere soddisfatte affinché v2(t) abbia lo stesso andamento nel tempo di v1(t). Ciò accade se la tensione di uscita può essere ottenuta da quella di ingresso mediante una traslazione lungo l'asse dei tempi e mediante la moltiplicazione per una costante. Deve cioè essere: 214 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche v 2 ( t ) = Kv1 ( t + τ) = Kv10 + KVM11 sen ω 0 ( t + τ) + KVM12 sen 2ω 0 ( t + τ) +...+ KVM1n sen nω 0 ( t + τ) +.. = [ ] [ ] [ ] = Kv10 + KVM11 sen ω 0 t + ϕ(ω 0 ) + KVM12 sen 2ω 0 t + 2ϕ(ω 0 ) +.....+ KVM1n sen nω 0 t + nϕ(ω 0 ) +..... per ogni armonica, in termini di fasori, risulta: V21 ( jω 0 ) = KV11e jϕ ( ω 0 ) V22 ( j2ω 0 ) = KV12 e j2 ϕ ( ω 0 ) V2 n ( jnω 0 ) = KV1n e jnϕ ( ω 0 ) Uguagliando l'n-ma armonica con l'espressione ottenuta nella (7.33) si ha: Ke jnϕ ( ω 0 ) = W( jnω 0 ) e jϕ ( nω 0 ) (7.34) Si deduce che affinché non siano introdotte distorsioni deve accadere che al variare della frequenza il modulo di W rimanga costante mentre la fase varia linearmente. Per l'esempio considerato si ha: W( jnω 0 ) = R = 1 + jnω 0 RC R 1 + ( nω 0 RC) 2 e − j arctg ( nω 0 RC ) che non soddisfa le condizioni precedenti. Quindi il segnale di uscita risulterà distorto rispetto a quello di ingresso. Per valori piccoli di nω0 RC si può scrivere: W( jnω 0 ) = Re − jnω 0 RC e pertanto, assegnato il prodotto RC, le armoniche per le quali è valida la relazione precedente risultano moltiplicate per una costante e ugulmente traslate rispetto alle rispettive armoniche di v1(t). 7.10 La trasformata continua di Fourier Nel caso in in cui il segnale d'ingresso sia aperiodico, la risposta del circuito può ancora essere determinata mediante il metodo fasoriale, facendo uso della trasformata continua di Fourier (t.d.F.) anziché dello sviluppo in serie. Si tratta in questo caso di sviluppare il segnale aperiodico in infinite componenti sinusoidali di frequenza variabile con continuità. Anche in questo caso debbono essere soddisfatte le condizioni di Dirichlet, in particolare poiché per le funzioni aperiodiche si può assumere il periodo tendente all'infinito, deve essere finito l'integrale: ∞ −∞ f ( t ) dt Per ottenere la t.d.F. è conveniente considerare una funzione periodica che abbia, su un periodo, l'andamento di quella aperiodica e successivamente far tendere all'infinito il periodo. Si consideri ad esempio la funzione rappresentata in fig.7.9, mantenendo costante l'ampiezza V e la durata τ e facendo tendere all'infinito T si ottiene la funzione aperiodica di fig.7.15. v(t) V τ t Fig.7.15 Funzione, aperiodica, rettangolare 215 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Dalla fig.7.12 si rileva che al tendere di T→∞ lo spettro di ampiezza decresce, poiché esso dipende da Vτ / T, mentre la sua larghezza, pari a 1/τ, rimane costante. La frequenza f0 = 1/T decresce e tende a zero anche la differenza, pari a f0, tra le frequenze di due armoniche contigue, lo spettro tende cioè a divenire continuo. Ricordando che lo sviluppo in serie di Fourier in forma esponenziale è: ∞ f (t) = −∞ T c n e jnω 0t T/ 2 1 1 f ( t ) e − jnω o t dt = f ( t ) e − jnω o t dt T0 T −T/2 cn = sostituendo c n in f (t) e ricordando che T = 2π/ω0 si ha: ∞ f (t) = e ω0 2π jnω 0 t −∞ T/ 2 f ( t )e − jnω 0t dt (7.36) −T / 2 Facendo tendere T→∞ si ha ω 0 → dω , nω 0 → ω , ossia la distanza tra due componenti tende a divenire nulla e la pulsazione passa da valori discreti a valori continui. Inoltre la sommatoria tende all'integrale. La (7.36) diviene allora: ∞ 1 f (t) = 2π −∞ ∞ f ( t )e − jωt dt e jωt dω (7.37) −∞ La quantità: ℑ{f ( t )} = F( jω ) = ∞ f ( t )e − jωt dt (7.38) −∞ è detta trasformata di Fourier. L'antitrasformata di Fourier la relazione: f (t) = ℑ −1 {F( jω )} ∞ 1 = F( jω ) e jωt dω 2 π −∞ (7.39) In analogia con la serie di Fourier, la t.d.F. può essere vista come un mezzo per scomporre una funzione in una somma, in questo caso continua, di grandezze sinusoidali. Nel caso della t.d.F. tuttavia le ampiezze delle singole armoniche sono infinitesimali, 1 infatti valgono F( jω ) dω , e non si può dire che ogni armonica sia associata ad una 2π singola frequenza. Lo spettro di F(jω) non fornisce quindi l'ampiezza delle componenti in funzione della frequenza in contrasto con quanto avveniva per la serie. Se ad es. la f(t) è una tensione e si misura quindi in volt, non altrettanto si può dire di F(jω) che infatti si misura in volt ⋅ sec. Esempio 7.4 Si voglia calcolare la t.d.F. del segnale rappresentato in fig.7.15. Applicando la definizione si ha: F( jω ) = ∞ τ f ( t )e − jωt dt = Ve − jωt dt = −∞ 0 V − jωt e jω τ = 0 V 2 V − jωτ / 2 e jωτ / 2 + e − jωτ / 2 1 − e − jωτ ) = e = ( jω ω j2 2 V − jωτ / 2 ωτ sen ωτ / 2 sen πτf = e sen = Vτe − jωτ / 2 = Vτe − jπτf ω 2 ωτ / 2 πτf 216 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Gli andamenti del modulo e della fase di F(jω) sono riportati in fig.7.16 F(jω) τ 1/τ π 1/2τ f F(jω) f −π Fig.7.16 Andamento di modulo e fase di F(jω) in funzione della frequenza 7.11 Proprietà della trasformata di Fourier 1) Dal confronto tra l'espressione di c n , relazione (7.9), e quella di F(jω), relazione (7.38) si ha: 1 (7.40) c n = F( jnω 0 ) T da cui si deduce che nota la t.d.F. di una funzione aperiodica f(t), possono essere rapidamente determinati i coefficienti dello sviluppo in serie complesso di Fourier di una funzione periodica di cui f(t) rappresenta un periodo. Gli esempi 7.3 e 7.4 forniscono una conferma della (7.40). 2) Dalla definizione di t.d.F. si ha: ∞ F( jω ) = ∞ f ( t )e − jωt dt = −∞ [f ( t ) cos ωt − jf ( t ) sen ωt]dt =R( ω ) − jI( ω ) −∞ in cui: R( ω ) = ∞ f ( t ) cos ωtdt −∞ I( ω ) = ∞ (7.41) f ( t ) sen ωtdt −∞ e poiché R(ω) è pari e I(ω) è dispari risulta: R( ω ) = R( − ω ) I( ω ) = − I( − ω ) (7.42) 217 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Si ha quindi: F( − jω ) = R( − ω ) − jI( − ω ) = R( ω ) + jI( ω ) = F* ( jω ) (7.43) dunque se F(jω) è conosciuta per ω > 0 lo è anche per ω < 0. Se la funzione f(t) è pari si ha: I( ω ) = ∞ ∞ 0 f ( t ) sen ωtdt = −∞ −∞ ∞ f ( t ) sen ωtdt + f ( t ) sen ωtdt = − f ( t ) sen ωtdt + f ( t ) sen ωtdt −∞ 0 0 0 Effettuando, nel primo integrale, la sostituzione t' = −t si ha: ∞ ∞ ∞ ∞ 0 0 0 0 I( ω ) = − f ( − t ) sen ω ( − t ) d( − t ) + f ( t ) sen ωtdt = − f ( t ) sen ωtdt + f ( t ) sen ωtdt = 0 In modo analogo per R(ω) si ha: R( ω ) = ∞ ∞ 0 f ( t ) cos ωtdt = −∞ −∞ ∞ f ( t ) cos ωtdt + f ( t ) cos ωtdt = − f ( t ) cos ωtdt + f ( t ) cos ωtdt = −∞ 0 0 ∞ ∞ ∞ 0 0 0 0 − f ( − t ) cos ω( − t ) d( − t ) + f ( t ) cos ωtdt = 2 f ( t ) cos ωtdt Applicando un procedimento analogo per f(t) dispari si trova: ∞ I( ω ) = 2 f ( t ) sen ωtdt R(ω) = 0 0 Riassumendo: f(t) I(ω) R(ω) ∞ pari 0 2 f ( t ) cosωtdt 0 ∞ dispari 2 f ( t ) sen ωtdt 0 0 I risultati trovati sono una conseguenza dei seguenti fatti: l'integrale, tra −t1 e t1, di una funzione dispari è nullo l'integrale, tra −t1 e t1, di una funzione pari è il doppio dell'integrale tra 0 e t1 il prodotto tra due funzioni pari è una funzione pari il prodotto tra due funzioni dispari è una funzione pari il prodotto tra una funzione pari e una dispari è una funzione dispari. Per l'antitrasformata, dalla (7.39), si ha: ∞ 1 f (t) = [ R(ω) − jI(ω )](cos ωt − j sen ωt )dω = 2 π −∞ ∞ 1 [ R(ω) cos ωt + I(ω ) sen ωt ] + j[ R(ω ) sen ωt − I(ω ) cos ωt ]dω 2 π −∞ 218 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche In base alle considerazioni sull'integrale di funzioni pari e dispari, ed anche in base al fatto che f(t) è reale, si trova: ∞ 1 1 f (t) = R (ω ) cos ωt + I(ω ) sen ωt ]dω = [ 2 π −∞ π ∞ [ R(ω) cos ωt + I(ω ) sen ωt ]dω (7.44) 0 3) Linearità Per la proprietà di linearità si ha: ℑ{f1 ( t ) + f 2 ( t )} = ℑ{f1 ( t )} + ℑ{f 2 ( t )} (7.45) In virtù di questa proprietà una funzione di cui si voglia determinare la t.d.F. può essere scomposta in funzioni di cui si conosce la t.d.F. Poiché è possibile scomporre una funzione nella somma di due componenti una pari ed una dispari si ha: f (t) = f p (t) + fd (t) con: fp = e quindi: f ( t) + f (− t) 2 { fd = f (t) − f (−t) 2 } ℑ{f ( t )} = ℑ f p ( t ) + ℑ{f d ( t )} = R p ( jω ) + I d ( jω ) 4) Moltiplicazione per una costante ℑ{Kf ( t )} = Kℑ{f ( t )} (7.46) 5) Traslazione nel tempo ℑ{f ( t − t 0 )} = e − jωt 0 ℑ{f ( t )} (7.47) Si ha infatti: ℑ{f ( t − t 0 )} = ∞ ∞ f ( t − t 0 )e − jωt dt = −∞ f (λ )e − jω ( λ + t 0 ) ∞ dt = e − jωt 0 −∞ f ( t ) e − jωt dt −∞ 6) Derivazione nel tempo Valgono le seguenti relazioni: ℑ df ( t ) = jωℑ{f ( t )} dt d n f ( t) n = ( jω ) ℑ{f ( t )} ℑ n dt Per la dimostrazione della prima relazione basta considerare che: ∞ 1 f (t) = F( jω ) e jωt dω 2π −∞ (7.48) 219 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche ∞ ∞ df ( t ) 1 1 = F( jω )e jωt jωdω = jω F( jω )e jωt dω = jωf ( t ) dt 2 π −∞ 2 π −∞ 7) Integrazione nel tempo t ℑ f ( t )dt = −∞ 8 ) Traslazione in frequenza { F( jω ) + πF( 0) δ( ω ) jω (7.49) } [ (7.50) ] ℑ f ( t )e jωt 0 = F j(ω − ω 0 ) Si ha infatti: ∞ [ ] f ( t ) e jω 0t e − jωt dt = F j(ω − ω 0 ) −∞ 9) Cambiamento di scala ℑ{f ( at )} = 1 ω F a a a>0 (7.51) Si ha infatti: ℑ{f ( at )} = ∞ ∞ f ( at ) e − jωt dt = −∞ ∞ f (λ )e − jωλ / a −∞ 1 1 1 ω dλ = f ( λ ) e − jωλ / a dλ = F a a a a −∞ 10) Convoluzione nel tempo ∞ ℑ f ( τ) w ( t − τ)dτ = ℑ{f ( t )∗ w ( t )} = F( jω )W( jω ) (7.52) −∞ La dimostrazione è simile a quella svolta per la dimostrazione nel dominio della variabile s di Laplace. 11) Convoluzione in frequenza ∞ 1 ℑ{f ( t ) w ( t )} = F( ω − τ ) W( τ )dτ 2π −∞ 12) Simmetria ℑ{F( t )} = j2 πf ( − jω ) Dalla relazione: f (t) = ℑ scambiando t con jω si ha: −1 {F( jω)} ∞ 1 = F( jω ) e jωt dω 2 π −∞ (7.53) (7.54) 220 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche ∞ 1 f ( jω ) = F( t ) e jωt dt 2 πj −∞ operando la sostituzione di ω con −ω si trova: ∞ F( t ) e − jωt dt = ℑ{F( t )} 2πjf ( − jω ) = −∞ 13) Derivazione rispetto ω { } ℑ ( − jt ) f ( t ) = n d n F( jω ) Si ha infatti: d n F( jω ) dω n dn = dω n 14) Teorema di Parseval ∞ ∞ f ( t )e − jωt dt = −∞ (7.55) dω n ( − jt ) n f ( t)e − jωt dt = ℑ{( − jt ) n f ( t )} −∞ ∞ ∞ 2 1 f ( t ) dt = F( jω ) dω 2 π −∞ −∞ 2 ∞ (7.56) ∞ 1 f ( t ) w ( t ) dt = F( jω )W( − jω ) dω 2π −∞ −∞ (7.57) Dimostriamo la (7.57). Si ha: ∞ ∞ f (t)w(t)dt = w(t) −∞ −∞ ∞ ∞ ∞ ∞ 1 1 1 F( jω)e jωt dω dt = F( jω) w(t)e jωt dt dω = F( jω)W(− jω)dω 2π −∞ 2 π 2 π −∞ −∞ −∞ 7.12 T.d.F di funzioni che non soddisfano le condizioni di Dirichlet 1) f1(t) = δ(t) f2(t) = δ(t −t0) Applicando la definizione si ha: ℑ{δ ( t )} = ℑ{δ ( t − t 0 )} = ∞ δ ( t ) e − jωt dt = 1 (7.58) −∞ ∞ δ ( t − t 0 ) e − jωt dt = e − jωt 0 (7.59) −∞ La (7.59) mostra che la traslazione di t0 dell'impulso corrisponde, per la F(jω) ad una variazione di fase, ossia ad una rotazione, di −ωt0. Si ha inoltre: ∞ e − jω 0 t 1 ℑ {δ (ω − ω 0 )} = δ (ω − ω 0 )e − jωt dt = 2 π −∞ 2π −1 (7.60) da cui: { } ℑ e jω 0 t = 2 πδ (ω − ω 0 ) ed anche: (7.61) 221 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche ℑ{1} = 2πδ (ω ) (7.62) 2) f ( t ) = A cos ω 0 t Per questa funzione, periodica, non risulta verificata la condizione ∞ −∞ f ( t ) dt , tuttavia si ha: e jω 0t + e − jω 0t ℑ{A cosω 0 t} = ℑ A 2 A jω 0 t A e + ℑ e − jω 0 t 2 2 =ℑ Facendo uso della (7.61) si ha: [ ] A jω 0 t A e + ℑ e − jω 0t = Aπ δ(ω − ω 0 ) + δ(ω + ω 0 ) 2 2 ℑ{A cosω 0 t} = ℑ (7.63) 3) f ( t ) = A sen ω 0 t Procedendo come in precedenza si ha: ℑ{A sen ω 0 t} = ℑ A e jω 0t − e − jω 0 t 2j A jω 0 t A − jω 0t e −ℑ e 2j 2j =ℑ e quindi: ℑ{A sen ω 0 t} = ℑ [ ] A jω 0 t A − jω 0 t e −ℑ e = − jAπ δ(ω − ω 0 ) − δ(ω + ω 0 ) 2j 2j (7.64) 4) f(t) = A Ponendo ω0 = 0 nella (7.63) si ha: ℑ{ A} = 2πAδ (ω ) (7.65) 5)f(t) = Au(t) Applicando la definizione di t.d.F. si ha: ℑ{Au( t )} = ∞ ∞ Au( t )e − jωt −∞ 0 analogamente posto ω* = −ω: ℑ{Au( − t )} = ∞ −∞ 0 Au( − t )e − jωt dt = −∞ Per ω ≠ 0 si ha: dt = Ae − jωt dt = Ae −∞ jω *t dt = − Ae 0 A jω per ω ≠ 0 ∞ jω*t dt = Ae − jω*t dt = 0 A A =− jω * jω ℑ{ A} = ℑ{Au( t ) + Au( − t )} = 0 Per ω = 0 risulta: ℑ{Au( − t )} = 0 Au( t )dt = − lim At = lim At = ℑ{Au( t )} −∞ t →−∞ t →∞ Tenendo conto della (7.65) si ha: ℑ{ A} = ℑ{Au( t ) + Au( − t )} = 2 ℑ{Au( t )} = 2 πδ(ω ) da cui risulta: per ω ≠ 0 222 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche ℑ{Au( t )} = πδ (ω ) Sommando i risultati per ω = 0 e per ω ≠ 0 si ottiene: A ℑ{Au( t )} = + πδ (ω ) jω (7.65) 7.13 Analisi dei circuiti mediante la t.d.F. La trasformata di Fourier può essere utilizzata per determinare la risposta a stato nullo dei circuiti. Tale risposta, come noto, può essere calcolata, una volta nota la risposta w(t) all'impulso unitario (ossia la t.d.L. inversa della f.d.t.), mediante l'integrale di convoluzione, ossia: ∞ y( t ) = f ( t − τ ) w ( τ ) dτ −∞ Trasformando y(t) secondo Fourier si ha: ℑ{ y( t )} = Y( jω ) = ∞ ∞ f ( t − τ) w ( τ)dτ e − jωt dt −∞ −∞ scambiando l'ordine di integrazione si ha: ∞ ∞ ∞ f ( t − τ) w( τ)dτ e − jωt dt = Y( jω) = ∞ ∞ ∞ f (λ)e − jω (λ + τ) dλ w( τ)dτ = f ( t − τ)e − jωt dt w(τ)dτ = −∞ −∞ −∞ −∞ −∞ −∞ = ∞ ∞ ∞ f (λ)e − jωλ dλ e − jωτ w( τ)dτ = F( jω) e − jωτ w( τ)dτ =F( jω) W( jω) −∞ −∞ −∞ E' quindi possibile affermare che la t.d.F. della risposta a stato nullo è pari al prodotto tra la t.d.F. F(jω) dell'ingresso e quella W(jω) della risposta all'impulso unitario. Ricordando anche la definizione di antitrasformata di Fourier si ha: Y( jω ) = F( jω )W( jω ) (7.66) ∞ 1 y( t ) = Y( jω )e jωt dω 2π −∞ (7.67) Anche qui, come del resto con Laplace, l'operazione di antitrasformazione eseguita per mezzo della (7.67) non è sempre agevole, risulta pertanto conveniente, decomporre Y(jω) in fratti semplici e antitrasformare utilizzando opportune tabelle. Esempio 7.5 Nel circuito di fig.7.17a), in cui è applicata la tensione v1(t) rappresentata in fig.7.17b) si vuol determinare la tensione v2(t). v1(t) v1(t) R C R v2(t) V τ a) Fig.7.17 Esempio 7.5 b) t 223 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche Per la tensione v1(t) si ha: v 1 ( t ) = V[ u( t ) − u( t − τ)] la cui antitrasformata, considerando πδ(ω )e − jωτ = πδ (ω ) che vale: V1 ( jω ) = V πδ (ω ) + 1 1 − jωτ V − πδ(ω )e − jωτ − e = (1 − e − jωτ ) jω jω jω Il risultato trovato coincide ovviamente con quello dell'esempio 7.4. Si ha inoltre: R 1 + jωRC 1 W( jω ) = W( s) ]s= jω = = R 2 + jωRC R+ 1 + jωRC La t.d.F. della tensione v2(t) vale quindi: V2 ( jω ) = V1 ( jω )W( jω ) = in cui: V V2* ( jω ) = jω( jωRC + 2) dove le costanti valgono: V K1 = 2 e quindi: = V2* ( jω ) = V 1 1 − e − jωτ ) = V2* (1 − e − jωτ ) ( jω 2 + jωRC V jωRC( jω + 2 / RC) = K2 − = K1 K2 + jω jω + 2 / RC V 2 V 1 1 − 2 jω jω + 2 / RC La V2(jω) risulta: V2 ( jω ) = = V 1 V 1 1 1 − − − e − jωτ = 2 jω jω + 2 / RC 2 jω jω + 2 / RC V 1 1 V 1 1 + πδ (ω ) − − + πδ(ω ) − e − jωτ 2 jω jω + 2 / RC 2 jω jω + 2 / RC Antitrasformando risulta: v 2 (t) = [ ( ) V (1 − e 2 t / RC )u( t ) − 1 − e 2( t −τ )/ RC u( t − τ) 2 ] Si consideri ora un circuito asintoticamente stabile, ossia un circuito per il quale il transitorio si esaurisca, al quale siano applicati in successione i due ingressi f1(t) = f(t) e f2(t) = f(t)u(t). Si noti che f1(t) è applicato a t = −∞, f2(t) per t = 0. Le t.d.F. degli ingressi valgono: F1 ( jω ) = ∞ f ( t )e −∞ − jωt dt F2 ( jω ) = ∞ ∞ f ( t ) u( t )e −∞ − jωt dt = f ( t )e − jωt dt 0 224 Cap.7 Circuiti alimentati con grandezze periodiche La risposta del circuito ai due ingressi, supponendo nota W(jω) e tenendo conto della proprietà di causalità, risultano: ∞ ∞ 1 y1 ( t ) = F ( j ω ) W ( jω ) d ω 2 π −∞ 1 1 y 2 (t) = F ( jω ) W ( jω ) d ω 2π 0 2 La prima relazione rappresenta la risposta ad un ingresso applicato a t = −∞ e quindi a qualsiasi tempo è la risposta a transitorio esaurito. La seconda relazione rappresenta invece la risposta ad un ingresso applicato al tempo t = 0 e quindi comprende anche la parte transitoria. Le due risposte coincidono per t →∞. Esempio 7.6 Si consideri un circuito R, L serie (R = 1Ω, L =1H), con condizioni iniziali nulle, alimentato con un generatore di tensione avente e(t) = u(t) nel quale si voglia determinare l'andamento della tensione sulla resistenza a partire da t = 0. La f.d.t. W(s) vale: R 1 W( s) = = Ls + R s + 1 Procedendo con Laplace si ha: 1 1 1 = − s( s + 1) s s + 1 VR (s) = E ( s) W( s) = Antitrasformando risulta: [ ] v R ( t ) = 1 − e − t u( t ) Risolvendo con Fourier si ha: VR ( jω ) = E ( jω )W( jω ) = πδ (ω ) + 1 jω 1 ( jω + 1) = πδ (ω ) 1 + jω + 1 jω( jω + 1) Per il primo termine dalla definizione di antitrasformata si ha: ∞ ℑ πδ (ω ) 1 πδ (ω ) − jωt 1 = e dω = jω + 1 2 π −∞ jω + 1 2 −1 Per il secondo termine: ℑ−1 1 jω ( jω + 1) = ℑ−1 1 1 1 − = segno( t ) − e − t u( t ) (*) jω jω + 1 2 sommando i due termini e tenendo conto della proprietà di causalità, si ottiene per vR(t) il risultato già trovato con Laplace. Se in ingresso fosse stato applicato e(t) = 1V, avremmo avuto: ∞ ℑ −1 2 πδ (ω ) 1 2 πδ (ω ) − jωt = e dω = 1 jω + 1 2 π −∞ jω + 1 La t.d.F. avrebbe in questo caso fornito il valore della risposta a transitorio esaurito. Ciò poiché avendo applicato l'ingresso a t = −∞ , il circuito, stabile, risulta a regime per qualunque t. (*) Segno(t) è una funzione che vale 1 per t > 0 e -1 per t < 0. CAPITOLO 8 8.1 Introduzione Nel Cap.6 è stato mostrato come la conoscenza della funzione di trasferimento W(s) consenta di determinare la t.d.L. della risposta Y(s) di un circuito al quale sia applicato un segnale di ingresso la cui t.d.L. sia F(s) mediante la relazione: Y(s ) = W (s )F(s ) Il passaggio dal dominio di s a quello di t avviene poi attraverso l'operazione di antitrasformazione mediante l'operazione: y(t ) = L−1 [Y (s )] Nel Cap.7 si è mostrato che, posto: W ( jω) = W (s )]s= jω (8.1) la risposta del circuito, a stato nullo, può essere determinata mediante la relazione: Y( jω) = W ( jω)F( jω) (8.2) Anche in questo caso si può tornare al dominio di t antitrasformando secondo Fourier. La funzione di trasferimento, valutata per s=jω, rappresenta anche la risposta in frequenza ed è stata definita mediante la (6.83) come coefficiente della risposta, a regime, all’ingresso ejωt e quindi anche della risposta y(t) all’ingresso f(t) = senωt (che rappresenta la parte immaginaria del fasore rotante ejωt). Si ha infatti: Y ( jω) = W ( jω) F( t ) = W ( jω) e jϕ e jωt { } { } y( t ) = Im Y( t ) = Im W ( jω) e j e jωt = W ( jω) sen(ωt + φ) La risposta in frequenza può essere in ottenuta, anche sperimentalmente, alimentando il circuito con un ingresso sinusoidale di ampiezza costante e frequenza variabile, e operando il rapporto tra i fasori rappresentativi di uscita e ingresso, ossia: W ( jω) = Y( jω) F( jω) (8.3) 226 Cap.8 Risposta in frequenza Si osservi la differenza sostanziale tra le (8.2) e (8.3), la prima operando con la t.d.F. fornisce la risposta forzata, la seconda operando con i fasori fornisce la risposta a regime. Nota W(jω) è inoltre possibile, utilizzando lo sviluppo in serie di Fourier e il principio di sovrapposizione degli effetti, calcolare la risposta a regime del circuito soggetto a segnali periodici. 8.2 Risposta in frequenza e mappa dei poli-zeri Sia assegnata la funzione di trasferimento W(s) in forma fattorizzata: ∏ (s − z i ) W (s) = K 1n ∏1 (s − p j ) m (8.4) la risposta in frequenza, sostituendo s con jω, risulta: ( jω − z i ) M zi e j ∏ ∏ 1 1 W ( jω) = K =K n n jβ ∏1 (jω − p j ) ∏1 M pje m in cui: M zi = jω − z i m α i = arg( jω − z i ) i (8.5) j ( M pj = jω − p j β j = arg jω − p j ) Si può anche scrivere: W ( jω) = W ( jω) e jφ( ω) (8.6) in cui: ∏ M zi W ( jω) = K 1n ∏1 M pj m ϕ(ω) = m 1 αi − m 1 βj (8.7) In fig.8.1 è illustrata una procedura per ottenere graficamente, per un fissato valore ω, il modulo e l’argomento di ogni termine della funzione di trasferimento. jω Mp2 jω jω Mz1 σ σ σ Mp3 a) b) c) Fig.8.1 Mappa poli-zeri a) moduli e fasi dei vari termini della f.d.t. per ω=0 b) per un generico ω Nella fig.8.1 i moduli sono rappresentati dalla congiungente poli e zeri con il punto sull’asse immaginario corrispondente all’assegnato valore di ω. Ricordiamo inoltre che gli angoli sono positivi se percorsi in senso antiorario. Possono essere evidenziati i seguenti risultati: a) per ω→∞ si ha: 227 Cap.8 Risposta in frequenza lim W(jω) = K lim ( jω) ( m−n ) ω→∞ e quindi: - W ( j∞) → ∞ se m > n - W ( j∞) → K se m = n - W ( j∞) → 0 se m > n ω→∞ La prima relazione rappresenta una ulteriore prova che la condizione m > n non è fisicamente ammissibile. Per la fase si ha: π 2 →∞ π lim ϕ(ω) = (m − n ) + π 2 ω→∞ lim φ(ω) = (m − n ) se K > 0 se K < 0 ∏ (−z i ) W ( j0 ) = K 1n ∏1 (−p i ) m b) Per ω→0 risulta: ∏ (−z i ) W ( j0 ) = K 1n ∏1 (−p i ) e quindi: m =H W ( j0) = 0 se ci sono zeri nell’origine W ( j0) → ∞ se ci sono poli nell’origine ϕ(0) = 0 ϕ(0) = Nπ ϕ(0) = (i – j)π/2 se non ci sono singolarità nell’origine e gli zeri sono tutti nel semipiano negativo (circuito a fase minima) con N numero di zeri a parte reale positiva (circuito a fase non minima) con i e j numero di zeri e di poli nell’origine c) poli e zeri vicini sul piano di Gauss danno effetti che tendono ad annullarsi nella risposta in frequenza; d) i poli che influenzano di più la risposta in frequenza sono quelli dominanti; e) poli vicini all’asse immaginario producono un picco in W ( j ) per frequenze uguali alla sua parte immaginaria, ed inoltre la fase passa da π/2 a -π/2. Il contrario accade per zeri vicini all’asse immaginario. Esempio 8.1 Come esempio di quanto asserito al punto e) si consideri la seguente funzione di trasferimento: W (s) = 2s(s + 0,1 − j8)(s + 0,1 + j8) (s + 0,25 − j4)(s + 0,25 + j4)(s + 0,2 − j10)(s + 0,2 + j10) 228 Cap.8 Risposta in frequenza W( j ) 2 π/2 1 0 4 2 6 8 10 12 14 ϕ(ω) -1 -π/2 Fig.8.2 Esempio 8.1 Posto s=jω si ottiene la risposta in frequenza. In fig.8.2 sono riportati gli andamenti di modulo e fase di W(jω) in funzione di ω. Il grafico del modulo mostra un minimo per ω = 8s-1, cioè in corrispondenza della parte immaginaria dello zero, e due massimi per ω = 4s-1 e ω = 10s-1, in corrispondenza della parte immaginaria dei poli. In corrispondenza dei suddetti valori di ω la fase subisce una variazione di π per lo zero e di −π in corrispondenza dei poli. Si nota anche che a causa dello zero nell’origine per ω→0 la fase tende a π/2. Per ω→∞ il modulo tende a zero e la fase a −π/2 perché ci sono 4 poli e 3 zeri. 8.3 Frequenza di taglio e banda passante Sia assegnata una funzione di trasferimento W(jω) il cui modulo abbia l’andamento, con la frequenza, e quindi a meno della costante 2π, anche con al pulsazione, riportato in fig.8.3. W ( jω) WM WM 2 f1 f2 f Fig.8.3 Definizione di frequenze di taglio e banda passante Si definiscono frequenza di taglio inferiore f1 e frequenza di taglio superiore f2 le frequenze che si ottengono intersecando la curva che rappresenta l’andamento di W ( j ) 229 Cap.8 Risposta in frequenza con una retta parallela all’asse delle ascisse e di ordinata ottenuta dividendo per 2 il valore massimo della curva. Per alcune applicazioni particolari anziché per 2 si può dividere per altre costanti. Si definisce Banda passante la quantità: B = f 2 − f1 (8.8) 8.4 Circuiti equivalenti di induttori e condensatori reali Ogni elemento circuitale passivo può essere rappresentato con un circuito equivalente in cui compaiono resistori induttori e condensatori, ciò per effetto delle inevitabili perdite che in esso si manifestano, degli effetti induttivi legati ai campi magnetici e di quelli capacitivi legati ai campi elettrici. Al variare della frequenza questi circuiti equivalenti possono tuttavia essere semplificati poiché alcuni elementi producono effetti trascurabili rispetto a quelli prodotto da altri. Si riportano di seguito i circuiti equivalenti di induttori e condensatori reali. 8.4.1 Induttori In fig.8.4a) è illustrato il circuito equivalente di un induttore reale per basse e per alte frequenze. In tale circuito R tiene conto delle cause di perdita (ohmiche nel conduttore per isteresi e correnti parassite qualora il supporto sia realizzato in materiale ferroso). C tiene conto della capacità tra spira e spira. Dalla fig.8.4a) si capisce immediatamente che il circuito ha comportamento induttivo alle basse frequenze, quando il condensatore equivale ad un circuito aperto e l’induttore ad un corto circuito, e capacitivo quando il condensatore equivale ad un corto e l’induttore ad un circuito aperto. Volendo trovare una frequenza limite si può calcolare l’ammettenza equivalente che vale: Yeq = R 2 2 2 R +ω L − jωL 2 R + ω 2 L2 + jωC (8.9) Il comportamento induttivo si ha per: L R 2 + ω 2 L2 >C ω< ossia per 1 R2 − LC L2 Rp C L L R a) R b) Lp c) Fig.8.4 Circuito equivalente di un induttore reale a) circuito equivalente serie alle basse frequenze b) circuito equivalente parallelo alle basse frequenze c) Si consideri il circuito equivalente alle basse frequenze, detto V il valore efficace della tensione applicata ed I il valore efficace della corrente che circola si ha: VR = RI VL = ωLI V = VR2 + VL2 = I R 2 + ω 2 L2 Si definisce fattore di merito dell’induttanza la quantità: Q= VL ωL = VR R (8.10) 230 Cap.8 Risposta in frequenza Anziché alla rappresentazione serie del circuito equivalente si può ricorrere a quella parallelo come mostrato in fig.8.4c). Per passare dalla rappresentazione dalla prima alla seconda è sufficiente passare da impedenza ad ammettenza. Si ha infatti: Yp = 1 R 1 1 ωL −j = 2 −j 2 = Z Z Rp ωL p Z da cui si ottiene: Rp = Z 2 R 2 + ω 2 L2 ω 2 L2 = ≅ R R R Lp = Il fattore di merito risulta: Q= Z2 R 2 + ω 2 L2 = ≅L ω2 L ω2 L Rp (8.11) ωL 8.4.2 Condensatori Il condensatore reale, diversamente da quello ideale, è sede di perdite nel dielettrico, che non è perfettamente isolante, e può quindi essere rappresentato come in fig. 8.5a) o b). Rp C R C Fig. 8.5 Circuito equivalente serie di condensatori reali a) circuito equivalente parallelo b) Le relazioni tra i parametri dei due circuiti possono essere trovate procedendo come per gli induttori. Si ha: Z=R−j 1 = R − jX ωC Y= 1 R 1 1 = 2 +j = G + jB = + jωC p 2 Rp Z Z ωCZ e quindi: Rp = 1 Z 2 R 2 + 1 / ω2 C 2 1 = = ≅ 2 2 G R R ω C R Cp = 1 1 = 2 ≅C 2 2 ω CZ ω C R + 1 / ω2 C 2 ( 2 ) In fig.8.6 sono riportati i diagrammi fasoriali relativi ai due tipi di rappresentazione. I RI ϕ jBV δ -jXI I δ ϕ V GV V Fig. 8.6 Diagrammi fasoriali relativi al circuito equivalente serie del condensatore reale b) e al circuito equivalente parallelo b) Si definisce angolo di perdita del condensatore l’angolo δ dato da: δ ≅ tgδ = ωCR = 1 ωCR p (8.12) 231 Cap.8 Risposta in frequenza 8.5 Circuiti risonanti 8.5.1 Circuiti risonanti serie Si consideri il circuito RLC serie rappresentato in fig. 8.7 e si supponga di alimentare tale circuito con una tensione sinusoidale di ampiezza costante e frequenza variabile. V(t) L ∼ R C Fig. 8.7 Circcuito RLC serie alimentato con tensione sinusoidale di frequenza variabile Per li circuito di fig.8.7, in cui v( t ) = 2V sen ωt ,risulta: I= in cui: V = I(ω)e − jφ( ω) R + j(ωL − 1 / ωC ) ωL − 1 / ωC R Dalla fig. 8.8 in cui sono riportanti gli andamenti di reattanza induttiva e capacitiva, del modulo e della fase della corrente si rileva che esiste una pulsazione ω0 in corrispondenza della quale il circuito si comporta come resistivo. Per ω < ω0 il circuito risulta ohmico-capacitivo e per ω < ω0 ohmico-induttivo. La pulsazione ω0 è detta pulsazione di risonanza (alla quale corrisponde anche una frequenza di risonanza) e rappresenta quel valore di ω per cui reattanza induttiva e capacitiva sono uguali. I valori di pulsazione e frequenza di risonanza sono dati dalle relazioni: 1 1 ω0 = (8.13) f0 = LC 2π LC In corrispondenza della frequenza di risonanza la corrente risulta massima e vale: V I0 = (8.14) R I(ω) = V / R 2 + (ωL − 1 / ωC ) 2 φ(ω) = arctg π/2 1/ωC ϕ I0 I 0 ωL R ω0 ω a) ω ω0 −π/2 b) Fig. 8.8 Andamenti diR, ωL, 1/ωC, I in funzione di ω a) andamento della fase dell’impedenza conω b) 232 Cap.8 Risposta in frequenza Indicando con VR, VL, VC le tensioni alle estremità R, L, C, si ha: VR = RI 0 VC = − j VL = jω0 LI 0 I0 = VL ω0 C In fig. 8.9 è riportato il diagramma fasoriale corrispondente. I0 V=VR VC VL Fig. 8.9 Diagramma fasoriale per un circuito RLC serie in risonanza La fig.8.9 evidenzia la compensazione tra la tensione sul condensatore e quella sull’induttore, tali tensioni, per opportuni valori di corrente, ossia di resistenza, possono raggiungere valori superiori alla tensione V di alimentazione dando luogo al fenomeno di sovratensione. Si definisce coefficiente di risonanza o fattore sovratensione Q la quantità: VL ω0 L VC 1 = = = V R V ω0 CR Q= (8.15) Il fattore di sovratensione è legato allo smorzamento ξ mediante la relazione: Q= 1 2 (8.16) Si definisce inoltre la dissonanza d con la relazione: d= ω − ω0 ω = −1 ω0 ω0 (8.17) Come esempio sarà ora calcolata, in funzione di Q, la f.d.t tra la tensione di ingresso e la tensione che si localizza ai terminali del resistore e sarà riportato l’andamento di modulo e fase in funzione di ω. La f.d.t. risulta: WR ( jω) = VR ( jω) = V( jω) R R + j ωL − 1 ωC = 1 1 = ωL 1 ωω 0 L ω0 1+ j − − 1+ j R ωCR ω0 R ωω 0 CR Tenendo conto delle (8.15 e (8.17) si ha: WR ( jω) = 1 ω ω0 1 + jQ − ω0 ω = 1 d+2 1 + jQd d +1 = WR ( jω) e − jϕ(ω ) (8.18) In fig. 8.10 sono riportati gli andamenti di modulo e fase di WR(jω). Tale figura mostra un comportamento selettivo del circuito tanto più accentuato quanto più Q aumenta, ossia ξ ed R diminuiscono. 233 Cap.8 Risposta in frequenza 1 ϕ(ω) Q=0.5 WR(jω) π/2 Q=2 0.5 0 ω/ω0 1 0.7 Q=0.5 Q=2 Q=10 Q=10 -−π/2 Q=40 0 1,4 1 0.7 Q=40 ω/ω0 a) b) Fig. 8.10 Andamento di modulo a) e fase b) di WR(jω) Si possono determinare le frequenze di taglio che con opportuni calcoli risultano: f1 = [ f0 − 1 + 1 + 4Q 2 2Q ] f2 = [ f0 1 + 1 + 4Q 2 2Q ] (8.19) La banda passante risulta: B = f 2 − f1 = f0 Q (8.20) 8.5.2 Circuiti risonanti parallelo Si consideri il circuito di fig. 8.11 costituito da tre rami in parallelo la cui ammettenza equivalente risulta: Y = G + j(B C − B L ) in cui: G = 1 Rp BL = 1 ωL B C = ωC Il fasore della tensione è dato da: V= I I I I −iϕ = = e p Y G + j(B C − B L ) Y ~ V Rp L IR IL IC Fig. 8.11 Circuito R, L, C parallelo Analogamente a quanto fatto per i circuiti risonanti serie possono essere tracciati gli andamenti di G, BL, BC, V, ϕ in funzione di ω. 234 Cap.8 Risposta in frequenza 1/ωL π/2 V0 ϕp V ωC 0 ω0 ω G ω0 −π/2 ω a) b) Fig. 8.12 Andamenti diG, ωC, 1/ωL, I in funzione di ω a) andamento della fase dell’ammettenza conω b) Annullando la parte immaginaria dell’ammettenza si ottengono la pulsazione e la frequenza che risultano ancora date dalla (8.13). Dai grafici di fig. 8.12 si rileva che in corrispondenza della frequenza di risonanza tensione e corrente sono in fase, per ω < ω0 la tensione risulta in anticipo sulla corrente (ammettenza di tipo induttivo), il contrario accade per ω > ω0. In condizioni di risonanza risulta quindi: I V0 = I L = − jB L V0 I C = jB C V0 IC + IL = 0 G In fig.8.13 sono riportati i fasori della tensione e delle correnti in condizioni di risonanza. V0 I=IR IL IC Fig. 8.13 Diagramma fasoriale per un circuito RLC parallelo in risonanza Per valori sufficientemente piccoli di G può accadere che le correnti circolanti nei rami di L e di C siano superiori alla corrente di alimentazione. Questo fenomeno è detto fenomeno di sovraccorrente. Il fattore di sovracorrente è definito dalla relazione: Qp = Rp I IL = = C = ω0 CR p I ω0 L I (8.21) Si può anche in questo caso determinare la funzione di trasferimento: WR ( jω) = I R ( jω) = I( jω) G 1 G + j ωC − ωL = 1 1 + j ωCR p − Rp ωL che può essere ancora rappresentata con i grafici di fig.8.10. = 1 d+2 1 + jQd d +1 (8.22) 235 Cap.8 Risposta in frequenza 8.5.3 Circuito risonante parallelo con gruppo RC serie Il circuito risonante che viene considerato è quello rappresentato in fig.8.14 in cui il ramo contenente il condensatore è collegato in parallelo ad un ramo contenente un resistore e un induttore. Fig.8.14 Circuito RLC con ramo RL serie Il circuito di fig.8.14 equivale a quello di fig.8.11 con le seguenti posizioni: La frequenza di risonanza ottenuta uguagliando le suscettanze induttiva e capacitiva vale: (8.23) Per Q>>1 (ad es. Q≥10) si può assumere ωR = ω0. Dal circuito di fig.8.14 si ha: In risonanza risulta B C V = B L V e quindi I C + I r = 0 e V0 = I/G. Il relativo diagramma fasoriale è riportato in fig.8.15 Fig.8.15 Diagramma fasoriale, in risonanza, per il circuito di fig.8.14 La f.d.t WG(jw ) ottenuta considerando come ingresso I e come uscita Ia, (questa corrente non è individuabile nel circuito di fig. 8.14), si ha: I ( jω ) G 1 1 1 WG ( jω) = a = = = = = 2 2 2 BC BL ωL ω L I( jω) G + j(BC − BL ) ( ) ω C R + ω L ω L 1+ j − 1 + j ωCR + ω2 LC − G 1 = 1+ j 2 ω ω ω ω0 L ω ω 0 L ω 0 CR + 2 − ω0 ω0 R ω0 ω0 R e poiché: G 1+ j − R 1 = 1+ j 2 ω 1 ω ω + Q 2 −1 ω0 Q ω0 ω0 R R R 1 = 1+ j ω 1 ω2 ω ω0 + Q − ω 0 Q ω 02 ω0 ω 236 Cap.8 Risposta in frequenza si ha: (8.24) Si noti che per Q sufficientemente grande (es. Q≥10) e nell’intorno della frequenza di risonanza (d ≅ 0) la (8.24) coincide con la (8.22). 8.5.4 Circuiti risonanti isocroni mutuamente accoppiati Si considerino i due circuiti mutuamente accoppiati rappresentati in fig.8.16a) risonanti V ( jω) 1 e si determini la f.d.t W ( jω) = 2 alla stessa frequenza (ossia isocroni) f 0 = I( jω) 2π LC a) b) Fig.8.16 Circuiti mutuamente accoppiati risonanti alla stessa frequenza Trasformando il generatore di tensione in generatore di corrente si passa dallo schema I . Posto inoltre: di fig.8.16a) a quello di fig.8.16b) in cui E = j ωC in cui K è il coefficiente di accoppiamento si possono scrivere le equazioni di equilibrio elettrico per il circuito di fig.8.16b) che risultano: da cui: Esprimendo le impedenze in funzione di Q e d si ha: nell’intorno della frequenza di risonanza in cui d è piccolo in confronto ad uno si può assumere: 237 Cap.8 Risposta in frequenza Si ha quindi: Posto: K C = 1 Q1 Q 2 (KC è detto coefficiente di accoppiamento critico) a=K/KC e assumendo Q1≅Q2 in modo tale che risulti Posto infine: Wm = d=0 e a =1) si ha: Q1 + Q 2 = Q1Q 2 si ottiene: 2 1 R 1R 2 Q1Q 2 (Wm rappresenta il modulo della f.d.t. quando 2 Eseguendo la derivata del denominatore si possono determinare massimi e minimi di W ( jω) . Si può verificare che per d=0 c’è un massimo per a≤1 e un minimo per a>1 di ∗ 2a . a +1 Per a>1 ci sono inoltre due massimi di valore W*=1 in corrispondenza a 1 d = ± KC a 2 −1 . 2 valore W0∗ = 2 Fig. 8.17Andamentodel modulo W*(jω ) nell’intorno di d=0 Il risultato trovato è valido nell’intorno della frequenza di risonanza e per Q1 poco diverso da Q2. L’andamento del modulo di W*(jw ) è riportato in fig.8.17. 238 Cap.8 Risposta in frequenza La banda passante si trova ponendo W ∗ ( jω) = 1 W ∗ ( jω) = f2 = 1 2Q 1 1 + 4a 4 d 4 = 1 da 2 cui 2 . Per a=1, Q1= Q2= Q, si ha: d=± 1 2Q f1 = − 1 2Q + 1 f0 +1 f0 e quindi: B= 2f 0 Q (8.25) Confrontando la (8.25) con la (8.20) si nota che nei circuiti accoppiati la banda risulta 2 volte più larga rispetto a quella relativa al circuito isolato. La fig.8.17 mostra inoltre un andamento del modulo della f.d.t. che più si avvicina a quello ideale rettangolare. 8.6 Energia nei circuiti risonanti Il fenomeno della risonanza è basato sullo scambio energetico condensatore. Si consideri ad esempio il circuito di fig.8.7 relativo alla indicando con: I π e la corrente nel circuito i( t ) = I M sen ωt v c ( t ) = M sen ωt − ωC 2 1 terminali del condensatore, le energie immagazzinate, per ω = ω0 = LC w L (t ) = w C (t ) = tra induttore e risonanza serie, e la tensione ai risultano: 1 2 1 Li ( t ) = LI 2M sen 2 ω0 t 2 2 1 2 1 I 2M 1 1 π π Cv c ( t ) = = LI 2M sen 2 ω0 t − sen 2 ω0 t − = LI 2M cos 2 ω0 t 2 2 2 ω0 C 2 2 2 2 Indicando con I il valore efficace della corrente si ha: w L (t ) = 1 2 1 LI M sen 2 ω0 t = LI 2 (1 − cos 2ω0 t ) 2 2 w C (t ) = 1 2 1 LI M cos 2 ω0 t = LI 2 (1 + cos 2ω0 t ) 2 2 L’energia complessivamente immagazzinata vale: w LC ( t ) = w L ( t ) + w C ( t ) = 1 2 1 LI M = CVM2 = LI 2 + CV 2 2 2 (8.26) Gli andamenti di w L ( t ), w C ( t ), w L ( t ) sono riportati in fig.8.18. La relazione (8.26) e la fig. 8.18 dimostrano che in risonanza lo scambio energetico avviene tra induttore e condensatore senza interessare la restante parte del circuito. Allo stesso risultato si giunge ovviamente per il circuito parallelo di fig. 8.11. 239 Cap.8 Risposta in frequenza wLC wC wL i t Fig. 8.18 Andamento di wL e wC in risonanza 8.7 Diagrammi di Bode La rappresentazione della risposta in frequenza, ossia del modulo e della fase di W ( j ) in funzione di ω, è stata realizzata negli esempi precedenti utilizzando diagrammi con scale lineari su entrambi gli assi. Un modo più semplice ed efficace di rappresentazione della risposta in frequenza si ottiene utilizzando i diagrammi di Bode. Tali diagrammi utilizzano scale logaritmiche, per l’asse delle ascisse e scale lineari per l’asse delle ordinate. In tal caso il modulo viene espresso in decibel. Per quanto sia possibile, per la rappresentazione dell’ampiezza, utilizzare scale logaritmiche per entrambi gli assi, nel seguito sarà fatto riferimento al tipo di rappresentazione illustrato in precedenza. Utilizzando i diagrammi di Bode si hanno i seguenti vantaggi: - si possono rappresentare con il dovuto dettaglio grandezze che variano su campi di frequenze molto estesi; - si possono costruire i diagrammi per una risposta armonica posta in forma fattorizzata come somma di diagrammi elementari. 8.7.1 Guadagno espresso in decibel Sia assegnato un doppio bipolo resistivo per il quale le potenze di ingresso e di uscita siano rispettivamente Pi e Pu, si definiscono: guadagno di potenza Gp, guadagno di potenza in Bel GpB, guadagno di potenza in decibel GpdB i rapporti: P Gp = u G pB = LogG p G pdB = 10LogG p Pi (8.27) G G / 10 inversamente: G p = 10 pB G p = 10 pdB . Nel caso in cui le resistenze di ingresso e di uscita siano uguali si ha: Vu2 R i R u I 2u Vu2 I 2u Gp = 2 = = = Vi R u R i I i2 Vi2 I i2 e quindi: V I G pdB = 20Log u = 20LogWV = WV dB G pdB = 20Log u = 20LogWI = WI dB Vi Ii Per resistenze di ingresso e di uscita uguali la definizione adottata per le potenze risulta estesa anche ai rapporti di tensione e di corrente. Nella pratica anche se la f.d.t. non è 240 Cap.8 Risposta in frequenza ottenuta come rapporto di due grandezze omogenee si usa esprimere il modulo di tale f.d.t. in decibel mediante la relazione: WdB = 20LogW (8.28) 8.7.2 Scala logaritmica In fig.8.19 è mostrata una scala logaritmica per la pulsazione ω e lineare per Logω. Tale scala si ottiene ricordando che Log10n = nLog10 -2 -1 0 1 2 3 10-2 10-1 1 10 102 103 Logω ω Fig.8.19Scala logaritmica Ciascuno dei tratti indicati in figura è detto decade, passando da una decade all’altra il valore della pulsazione viene moltiplicato per dieci. I valori intermedi all’interno di una decade possono essere determinati ricordando che: Log 1 = 0 Log 2 = 0,3 Log 3 =0,477 ≅ 0,5 Log 4 = 2Log 2 = 0,6 Log 5 = Log 10 – Log 2 = 0,7 Log 6 = Log 3 + Log 2 = 0,777 ≅ 0,8 Log 7 = 0,85 Log 8 = 3Log 2 = 0,9 Log 9 = 2Log 3 = 0,95 In base ai risultati precedenti è possibile suddividere la decade come rappresentato in fig. 8.19. 0 1 0,5 2 1 3 4 5 6 7 8 9 10 Log ω ω Fig. 8.19 Rappresentazione di una decade I tratti come 1-2, 2-4, 4-8, tutti della stessa lunghezza, sono detti ottava. Passando da un’ottava alla successiva la pulsazione raddoppia. Si osservi che sulle scale logaritmiche non può essere rappresentato lo zero e pertanto l’origine dell’asse potrà essere presa in corrispondenza di valori piccoli quanto si vuole ma non nulli. 8.7.3 La forma di Bode Per il tracciamento dei diagrammi di Bode e conveniente esprimere la f.d.t. in una forma opportuna detta forma di Bode. Tale forma si ottiene raccogliendo, nella f.d.t. in forma fattorizzata, il valore di poli e zeri. Si consideri ad esempio il caso in cui siano presenti solo poli e zeri reali negativi, ossia : m ( jω + z i ) ∏ 1 W ( jω) = K n ∏1 (jω + p i ) la forma di Bode è data da: (8.29) 241 Cap.8 Risposta in frequenza W ( jω) = K jω +1 zi ∏1 m ∏1 z i n ∏1 p i ∏n 1 m ∏1 jω +1 zi ∏1 jω +1 pi m =H jω +1 pi n (8.30) in cui la costante : ∏ zi H = K 1n ∏1 p i m (8.31) è detta guadano di Bode. Il modulo e la fase della risposta in frequenza valgono quindi: ∏1 m W( j ) = H ∏1 n φ(ω) = ∠H + m 1 ω zi 2 ω pi 2 +1 (8.32) +1 φ zi (ω) − in cui la fase di H vale π (0 −π) se K<0, zero se K>0. n 1 φ pi (ω) (8.33) 8.7.4 Diagrammi di bode di ampiezza e fase Per tracciare i diagrammi di Bode su carta semilogaritmica in cui l’asse delle ascisse è logaritmico e quello delle ordinate lineare e tarato in decibel, è necessario esprimere il modulo della risposta in frequenza in decibel. Si ha: W ( j ) dB = 20 LogH + m 1 2 20 Log zi +1 − n 1 2 20 Log pi +1 (8.34) Dalla (8.34) si deduce che i diagrammi di Bobe di ampiezza si ottengono sommando gli andamenti dei termini dovuti alla costante H, ai poli agli zeri. La presenza della costante H determina solo una traslazione in alto o in basso a seconda che essa sia o no maggiore di uno. Gli andamenti delle fasi si ottengono sommando gli andamenti delle fasi dei singoli termini come indicato dalla (8.33). Risulta quindi importante saper tracciare gli andamenti dei diagrammi di ampiezza e fase relativamente a poli, zeri, guadagno H. Sarà considerato soltanto il caso relativo a circuiti a fase minima, saranno cioè considerati soltanto zeri a parte reale negativa. 8.8 Tracciamento dei diagrammi di Bode 8.8.1 Costante H Poiché: H dB = 20 Log H (8.35) il diagramma della modulo risulta al di sopra o al di sotto dell’asse a 0dB a seconda che |H| risulti maggiore o minore di uno. La fase è nulla se H>0 è π (o -π) se H<0 . I diagrammi di modulo e fase sono riportati in fig.8.20. 242 Cap.8 Risposta in frequenza HdB ∠H H>1 π π/2 ω H<0 H>0 ω -π H<1 Fig. 8.20 Diagrammi di Bode modulo e fase per la costante H 8.8.2 Zero reale Nella risposta in frequenza posta in forma di Bode i poli reali negativi comportano termini del tipo: ω N( jω) = 1 + j (8.36) Ω Il modulo espresso in dB risulta: N ( jω) db = 20 Log 1 + ω Ω 2 Consideriamo i seguenti casi: ω a) << 1 a cui corrisponde N ( jω) db = 0 dB ϕ(ω) = 0 Ω ω ω π b) >> 1 a cui corrisponde N( jω) db = 20Log ϕ(ω) = Ω 2 Ω Ritenendo valido, per il modulo, da 0 ad 1 il risultato trovato in a) e da 1 a ∞ si ottiene l’andamento asintotico del diagramma di Bode di ampiezza. Tale andamennto è costituito da una spezzata che ha un cambio di pendenza in corrispondenza di ω/Ω=1. Fig.8.21Diagrammi di ampiezza e di fase per uno zero reale negativo Il punto in cui avviene il cambio di pendenza è detto punto di rottura e la frequenza corrispondente (ω = Ω) frequenza d’angolo o frequenza di corner. La pendenza della semiretta che si ottiene per ω>Ω è espressa in decibel per decade o in decibell per ottava. Poichè da una decade all’altra (ad es. da 1 a 10) si ottiene un incremento del numero di decibel pari a 20 e da un’ottava all’altra (ad es. da 1 a 2) si ha un incremento di 6 decibell, 243 Cap.8 Risposta in frequenza si dice che la semiretta ha una pendeza di 20 dB/decade o 6 dB/ottava. Si può valutare, per punti, l’errore che si commette sostituendo l’andamento effettivo con quello asintotico. In corrispondenza del punto di rottura (in cui l’errore e massimo), un’ottova prima di tale punto e un’ottava dopo l’errore espresso in decibel risulta: ω=Ω dB = 20 Log 2 = 3dB ω=0,5 Ω dB = 20 Log 5 / 4 = 1dB ω=2 Ω dB = 20 Log 5 − 6 = 1dB Per quanto riguarda l’andamento asintotico del diagramma delle fasi poiché in corrispondenza del punto di rottura la fase vale π/4 e assumendo verificate le condizioni a) e b) rispettivamente per ω/Ω<0,1 e per ω/Ω>10 , ossia una decade prima e una decade dopo il punto di rottura, si ottiene una spezzata che coincide con l’asse delle ascisse (fase zero) per valori di frequenza ω≤Ω, varia con pendenza π/4 rad/decade e vale π/2 pe ω≥Ω. L’errore che si commette considerando l’andamento asintotico anziché quello reale è nullo per ω=Ω. Una decade prima ed una decade dopo vale: ω=0,1 Ω ε ϕ = arctg 0,1 = 0,1rad 5,71° π = 0,1rad −5,71° 2 Gli andamenti asintotici e reali di ampiezza e fase sono riportati in fig. 8.21. ω=10 Ω ε = arctg 10 − 8.8.3 Zeri reali multipli Si considerino termini del tipo: N ( jω) = 1 + j ω Ω n (8.37) Per il modulo espresso in decibell e fase si ha: ω << 1 a cui corrisponde N ( jω) db = 0 dB ϕ(ω) = 0 a) Ω ω ω π b) >> 1 a cui corrisponde N ( jω) db = n 20Log ϕ(ω) = n Ω Ω 2 In questo caso gli andamenti asintotici si ottengono moltiplicando per n gli andamenti asintotici dello zero semplice. Un analogo discorso può essere fatto per gli errori. Esempio 8.2 ω Tracciare i diagrammi di Bode del termine 1 + j 10 2 |ΝdB| 2π ϕ(ω) π π/2 0,1 1 10 100 ω Fig. 8.23 Esempio 8.2 0,1 Zero negativo 1 10 100 ω 244 Cap.8 Risposta in frequenza Per quanto detto in precedenza il diagramma di Bode del modulo risulta coincidente con l’asse a 0dB a sinistra del punto di rottura, a destra di tale punto si ha una semiretta avente pendenza 40 dB/decade ( o 12 dB/ottava). La fase parte da 0 e arriva a π rad. I due diagrammi sono riportati in fig.8.23 8.8.4 Zero nell’origine La risposta in frequenza presenta in questo caso termini del tipo: N ( jω) = jω Il modulo espresso in decibel e la fase risultano: N ( jω) dB = 20 Logω (8.38) π 2 da cui si deduce che l’andamento del modulo è costituito da una retta con pendenza 20 dB/decade che incontra l’asse a 0 dB nel punto ω = 1rad/s. Gli andamenti di modulo e fase sono riportati in fig.8.24. φ(ω) = |ΝdB| ϕ(ω) π/2 20 0,1 -20 π/4 1 10 100 ω 0,1 1 10 100 ω Fig.8.24 Andamento di modulo e fase per uno zero nell’origine Nel caso in cui lo zero sia di molteplicità q la pendenza e la fase risultano 20q π dB/decade e q rad. 2 8.8.5 Zeri complessi coniugati Si considerino termini del tipo: N ' ( jω) = −ω 2 + 2 jξωω n + ω 2n in forma di Bode si ha: N ' ( jω) = ω 2n 1 − con <1 ω2 ω + 2 jξ = ω 2n N( jω) 2 ωn ωn Poiché il termine 2n è compreso nella costante H quando si considera W(jω) è interessante tracciare i diagrammi di Bode per il termine: N ( jω) = 1 − ω2 ω + 2 jξ 2 ωn ωn N ( jω) = ω2 1− 2 ωn (8.39) Poiché il modulo vale: 2 ω + 2 ωn 2 (8.40) 245 Cap.8 Risposta in frequenza si può trovare l’andamento asintotico mediante le solite considerazioni, ossia: ω a) << 1 N ( jω) db = 0 dB ϕ(ω) = 0 ωn ω ω b) >> 1 N ( jω) db = 40Log ω(ω) = π ωn ωn ω Per = 1 risulta inoltre ϕ(ω) = π/2 ωn L’errore che si commette considerando l’andamento asintotico anziché quello reale, in corrisposndenza di ω/ωn=1, vale: ε (1) dB = N( jω) (1) dB = 20 Log 2ξ (8.41) da cui si deduce che: - per = 0,5 la curva effettiva interseca l’asse a 0 dB in corrispondenza di ω = ωn; - per < 0,5 in corrispondenza di ω = ωn la curva effettiva si trova al di sotto dell’asse a 0 dB, in particolare per = 0 essa tende a − ∞ (c’è quindi un asintoto verticale in corrispondenza di tale punto) - per > 0,5 in corrispondenza di ω = ωn la curva effettiva è al di sopra dell’asse a 0 dB Si può determinare il minimo della curva mediante la relazione: d ω 1− dω ωn 2 2 ω + 2 ωn 2 =0 da cui si ottiene: ω* = ω n 1 − 2 ξ 2 (8.42) M* = 2 (8.43) 1− 2 Dalla (8.43) si deduce che il minimo esiste per < 1 / 2 = 0,707 . Dalla (8.40) si ricava inoltre che per smorzamento nullo il diagramma di ampiezza incontra l’asse a 0 dB in ω = 2 ωn . In fig.8.25 è riportato il diagramma di ampiezza per alcuni valori di smorzamento. Nella fig.8.25a) è evidenziato l’andamento per due decadi, in fig.8.25b), per meglio evidenziare l’andamento reale sono state considerate due ottave. In fig.8.26 è riportato il diagramma della fase. Cap.8 Risposta in frequenza Fig.8.25 Diagramma di Bode di ampiezza per zeri complessi coniugati Fig.8.26 Diagramma della fase per zeri complessi coniugati a parte reale negativa 246 247 Cap.8 Risposta in frequenza 8.8.6 Zeri immaginari coniugati Gli zeri immaginari coniugati si ottengono annullando lo smorzamento nella (8.39). Nella risposta in frequenza si hanno quindi termini del tipo: ω2 N ( jω) = 1 − 2 ωn Fig.8.27 Diagrammi di Bode, ampiezza e fase, per zeri immaginari coniugati Per il tracciamento dei diagrammi di Bode si ottengono risultati corrispondenti a quelli ralativi agli zeri considerando che le pendenze dei diagrammi delle ampiezze sono negative e che le fasi sono cambiate di segno. Nel seguito non saranno considerate singolarità polari a parte reale positiva indicative di circuiti instabili. 8.8.7 Poli reali negativi Per il tracciamento dei diagrammi di bode relativi singolarità polari si procede in modo del tutto simile a quanto fatto per gli zeri. Per il modulo si ha: D( jω) db = 20 Log 1 = −20 Log 1 + ω Ω 2 (8.44) 2 ω 1+ Ω da cui si deduce che l'andamento del diagramma di Bode ha una pendenza contraria a quella degli zeri e dunque, a partire dal punto di rottura, esso è costituito da una semiretta con pendenza -20 dB/decade. Per quanto riguarda la fase, poiché le singolarità polari si trovano a denominatore, il diagramma di Bode parte da o e arriva a -π/2 passando attraverso -π/4. I diagrammi di Bode relativi a poli reali e distinti sono riportati in fig.8.28. Si omette di trattare i casi relativi a poli complessi coniugati, poli nell'origine, ecc. poiché essi possono essere facilmente essere ricavati da quella dei casi corrispondenti relativi agli zeri tenendo presenti le considerazioni svolte ad inizio paragrafo. 8.8.8 Poli complessi coniugati Vale quanto detto per gli zeri, purchè si consideri che la pendenza vale 0 o 40dB/decade mentre la fase varia tra 0 e - π. I grafici relativi sono riportati nelle figg. 8.30 e 8.31. Cap.8 Risposta in frequenza 8.28 Diagrammi di Bode di ampiezza per poli reali e distinti 8.29 Diagrammi di Bode di fase per poli reali e distinti 248 Fig. Cap.8 Risposta in frequenza Fig.8.30 Diagramma di Bode di ampiezza per polii complessi coniugati Fig.8.31 Diagramma di Bode di fase per poli complessi coniugati 249 CAPITOLO 9 9.1 Generalità La generazione, la distribuzione e l'utilizzazione dell'energia elettrica, per lo meno per quanto riguarda i sistemi di potenza, avvengono quasi totalmente sotto forma di corrente alternata trifase. Ciò principalmente per i seguenti motivi: − a parità di potenza, le macchine elettriche trifasi sono meno pesanti e ingombranti rispetto alle monofasi. Inoltre i motori asincroni (che rappresentano una elevata percentuale degli utilizzatori elettrici) monofase presentano problemi in fase di avviamento; − le linee elettriche di trasmissione risultano più leggere a parità delle altre condizioni (potenza, tensione, fattore di potenza, distanza). Lo studio dei circuiti elettrici trifase può essere condotto utilizzando i metodi generali per lo studio delle reti elettriche illustrati in precedenza, ossia: i principi di Kirchhoff, il metodo delle correnti di maglia, il metodo delle tensioni di taglio, il metodo del potenziale di nodo. Possono essere ovviamente applicati, nei limiti di validità, anche tutti i teoremi relativi alle reti. Se, come spesso accade, sono verificate particolari condizioni di simmetria nel sistema delle tensioni di alimentazione e nelle impedenze dei carichi, tale studio può essere eseguito in maniera più semplice, utilizzando i metodi che saranno presentati nel presente capitolo. Quando tali condizioni non sono verificate debbono essere utilizzati i metodi generali. In questi casi, come sarà mostrato nella parte terminale del capitolo, risulta vantaggioso l'utilizzo del calcolo matriciale,. Un sistema trifase di tensioni può essere immaginato come costituito da tre generatori monofase aventi le forze elettro motrici e1(t), e2(t), e3(t) riportate nella (9.1). Tali f.e.m. sono isofrequenziali e costituiscono un sistema simmetrico di tensioni poiché risultano uguali i valori massimi e sono sfasate di 120° (2π/3) nel tempo. Il sistema è detto diretto se le tensioni si susseguono in senso orario inverso se si susseguono in senso antiorario. Le relazioni (9.1) e (9.2) rappresentano un sistema simmetrico diretto e uno inverso di tensioni. e1 = E M sen (ωt + α ) { } = E M Im e j(ωt +α ) j(ωt + α − 23 π ) e 2 = E M sen (ωt + α − 2π / 3) = E M Im e j(ωt + α − 43 π ) e 3 = E M sen (ωt + α − 4π / 3) = E M Im e { { } } (9.1) 250 Cap.9 Sistemi trifase e1 = E M sen( ωt + α ) { = E M Im e ( jωt +α ) {( ( Im{e } e 2 = E M sen( ωt + α + 2 π / 3) = E M Im e j ωt + α + 23 π e 3 = E M sen( ωt + α + 4 π / 3) = E M j ωt + α + 43 π } ) } ) (9.2) I fasori corrispondenti, indicando con E il valore efficace, sono: E1 = Ee jα E 2 = E 1e − j 23 π E 3 = E 1e = E1 − 1 3 −j = E 1a 2 2 2 = E1 − 1 3 +j = E 1a 2 2 = E1 − 1 3 −j = E 1a 2 2 2 = E1 − 1 3 +j = E 1a 2 2 − j 43 π (9.3) E1 = Ee jα E 2 = E 1e − j 23 π E 3 = E 1e − j 43 π (9.4) 1 3 1 3 in cui 1, a = − + j , a2 = − − j costituiscono le radici cubiche dell'unità1. Le 2 2 2 2 terne simmetriche dirette e inverse possono anche essere scritte in forma di vettori come: E1 1 E 2 = E1 a 2 E3 a E1 1 E 2 = E1 a E3 a2 (9.5) In seguito salvo diversa indicazione saranno considerate terne simmetriche dirette. E' immediato osservare che essendo 1 + a 2 + a = 0 i tre fasori costituenti una terna simmetrica hanno come somma zero. Infatti: E 1 + E 2 + E 3 = E 1 (1 + a 2 + a ) = 0 (9.6) 9.2 Collegamento delle fasi del generatore 9.2.1 Collegamento a stella Si considerino i tre generatori monofasi precedenti e si suppongano collegati a tre carichi uguali di impedenza Z come illustrato in fig. 9.1. I tre circuiti chiusi che si formano sono percorsi da tre correnti uguali in modulo e sfasate di 2/3π. 1 x3=1 è come dire (ρejθ)3=1ej(0+2kπ) da cui ρ=1 θ=0+2kπ/3 e quindi le radici sono: 1, 1ej2π/3, 1ej4π/3 251 Cap. 9 Sistemi trifase ~ E3 I1 E1 ~ Z ~ Z Z E2 I2 I3 Fig. 9.1Generatori monofase che alimentano tre carichi di stessa impedenza Si ha infatti: E1 Z E2 I2 = = a 2 I1 Z E I 3 = 3 = aI 1 Z I1 = (9.7) Un sistema di tre correnti uguali e sfasate di 2/3π è detto equilibrato. I tre conduttori di ritorno possono essere sostituiti, senza che le equazioni di equilibrio elettrico si modifichino, con un unico conduttore percorso dalla somma delle tre correnti. E poiché risulta: I 1 + I 2 + I 3 = I 1 (1 + a 2 + a ) = 0 (9.8) il conduttore di ritorno può essere soppresso. Si ottiene quindi il circuito di fig.9.2 equivalente a quello di fig.9.1. ~ E3 I1 E1 Z neutro O ~ ~ I3 E2 O' Z Z I2 Fig. 9.2 Generatore trifase con le fasi collegate a stella che alimenta un carico anch'esso collegato a stella Il collegamento così realizzato con i tre generatori, o meglio con le tre fasi del generatore trifase, viene detto collegamento a stella ed il punto comune O è detto centro stella. Il conduttore di collegamento tra il centro stella del generatore e quello del carico, la cui presenza è ininfluente per le correnti, è detto neutro. Il collegamento a stella può essere rappresentato in uno dei due modi riportati in fig. 9.3. Nel collegamento a stella sono disponibili due terne di tensioni, una costituita dalle tensioni E 1 , E 2 , E 3 esistenti tra l'estremità di una fase e il centro stella e dette tensioni di fase o stellate, l'altra costituita dalle tensioni V12 , V23 , V31 esistenti tra due fasi e dette 252 Cap.9 Sistemi trifase tensioni di linea o concatenate. 1 ~ E3 ~ E1 O O ~ ~ E2 ~ 2 E2 ~ 2 3 1 E1 3 E3 Fig. 9.3 Due modi di rappresentazione di generatori trifase con fasi collegate a stella Tenendo conto che a 3 = 1, a 4 = a 2 , a 5 = a le tensioni di linea risultano: π j 3 3 V12 = E 1 − E 2 = (1 − a )E 1 = +j E 1 = 3E 1e 6 2 2 2 V23 = E 2 − E 3 = (a 2 − a )E 1 = a 2 (1 − a 2 )E 1 = a 2 V12 = 3E 2 e V31 = E 3 − E 1 = ( a − 1) E 1 = a(1 − a 2 )E 1 = aV12 = 3E 3e j j π 6 (9.9) π 6 Dalle (9.9) si deduce che la terna delle tensioni di linea risulta in anticipo rispetto a quella di fase di π/6 e che il valore efficace (e quindi valore massimo) delle tensioni di linea è 3 volte più grande di quello delle tensioni di fase. Dalla (9.9), ma più in generale dal II° principio di Kirchhoff, risulta: V12 + V23 + V31 = 0 (9.10) In fig.9.4 sono rappresentati i fasori delle tensioni di fase e di linea. V31 E3 V12 2/3π 2/3π π/6 2/3π E1 2/3π 2/3π 2/3π E2 V23 Fig. 9.4 Rappresentazione fasoriale delle tensioni di fase e di linea 253 Cap. 9 Sistemi trifase 9.2.2 Collegamento a triangolo Poiché come è stato visto tra i punti 1-2, 2-3, 3-1, esistono delle tensioni V12, V23, V31, nulla cambia agli effetti del circuito esterno se inseriamo, come indicato in fig. 9.5a), tre generatori tra i fili di linea. Niente cambia per le tensioni di linea neanche se si tolgono i generatori collegati a stella come indicato in fig. 9.5b). 1 1 V31 ~ ~ ~ O E3 ~ E1 ~ ~ E2 V23 V31 V12 2 ~ ~ V12 b) ~ 3 a) 2 V23 3 Fig.9.5 Collegamento a triangolo delle fasi del generatore Si osservi che nel collegamento a triangolo non c'è distinzione tra tensione di fase e tensione di linea. All'interno della maglia chiusa costituita dalle fasi del generatore, fig. 9.5b), non circola alcuna corrente, infatti indicando con Z l'impedenza di ciascuna fase risulta: I= V12 + V23 + V31 =0 3Z (9.11) Tale corrente non sarebbe nulla se le tre tensioni non costituissero una terna simmetrica. 9.3 Collegamento delle fasi dei carichi 9.3.1 Collegamento a stella Questo caso è già stato trattato al punto 9.2.1 in cui si è trovato che le correnti che percorrono le fasi della stella costituiscono un sistema equilibrato fornito dalle (9.7). Poiché le correnti che percorrono le tre impedenze Z inserite nelle fasi del carico sono le stesse che percorrono i conduttori della linea che alimentano il carico stesso si dice che le correnti di fase sono uguali a quelle di linea. Si è anche trovato che le correnti non cambiano se il centro stella del generatore e quello del carico vengono uniti per mezzo del fili neutro. Questa operazione può quindi essere effettuata per il calcolo della corrente nella fase 1 che può essere determinata utilizzando il circuito monofase di fig.9.6 costituito appunto dalla fase1 e dal neutro. ~ O Fig.9.6 Circuito E1 I1 Z neutro O' equivalente per il calcolo della corrente nella fase 1 Nota la corrente nella prima fase le correnti nelle altre fasi possono essere determinate 254 Cap.9 Sistemi trifase mediante le relazioni: I1 1 I 2 = I1 a 2 I3 (9.12) a Osserviamo che in un carico collegato a stella la somma delle correnti risulta, per il I° principio di Kirchhoff, nulla indipendentemente dal fatto che esse costituiscano un sistema equilibrato. 9.3.2 Collegamento a triangolo In fig.9.7 è rappresentato un utilizzatore le cui fasi sono collegate a triangolo. Si può notare che la tensione applicata a ciascuna fase del carico coincide con quella tra due fili di linea pertanto si dice che nel collegamento a triangolo tensione di fase e tensione di linea coincidono. C'è invece differenza tra le correnti che percorrono le impedenze Z, dette correnti di fase, e quelle che percorrono i conduttori della linea, dette correnti di linea. V12 I1 V31 V23 2 I2 I12 1 Z I31 Z I23 Z 3 I3 Fig. 9.7 Carico con le fasi collegate a triangolo Le tre correnti di fase sono date dalle relazioni: V12 Z V23 = = a 2 I 12 Z V = 31 = aI 12 Z I 12 = I 23 I 31 (9.13) esse costituiscono un sistema equilibrato di corrente per le quali risulta: I 12 + I 23 + I 31 = 0 (9.14) Per le correnti di linea si ha: π I 1 = I 12 − I 31 −j 3 3 = (1 − a ) E 1 = −j I 12 = 3 I 12 e 6 2 2 I 2 = I 23 − I 12 = a 2 I 1 = 3 I 23e I 3 = I 31 − I 23 = a 2 I 1 = 3 I 31e −j −j π 6 π 6 (9.15) 255 Cap. 9 Sistemi trifase In fig. 9.8 è riportato il diagramma fasoriale delle correnti di linea e di fase. I3 I31 2/3π 2/3π 2/3π 2/3π I12 π/6 2/3π I23 I2 2/3π I1 Fig. 9.8 Correnti di linea e di fase per un carico a triangolo Dalle relazioni precedenti si ha che in un sistema simmetrico ed equilibrato, per un carico con le fasi collegate a triangolo, le correnti di linea sono in modulo 3 le correnti di fase e risultano sfasate π/6 in ritardo Dalle (9.15), ma più in generale in virtù del I° principio di Kirchhoff, risulta: I1 + I 2 + I 3 = 0 (9.16) La somma delle correnti di linea risulta sempre nulla, anche se esse non costituiscono un sistema simmetrico. Un risultato analogo è stato trovato con la (9.10) per le tensioni di linea. Una terna la cui somma risulta identicamente nulla è detta terna pura. Le terne relative alle grandezze di linea sono quindi pure. 9.4 Potenza nei sistemi simmetrici ed equilibrati Si consideri un carico costituito da tre impedenze uguali, collegate a stella o a triangolo, le cui fasi siano percorse da una terna di correnti equilibrata per effetto dell'applicazione di una terna simmetrica di tensioni. Per le due terne si assume: e1 (t ) = E M sen ωt e 2 (t ) = E M sen (ωt − 2π / 3) e 3 (t ) = E M sen (ωt − 4π / 3) i1 (t ) = I M sen (ωt − ϕ) i 2 (t ) = I M sen (ωt − 2π / 3 − ϕ) i 3 = I M sen (ωt − 4π / 3 − ϕ) (9.17) La potenza istantanea complessiva è data dalla somma delle singole potenze istantanee. Poiché le potenze istantanee relative alle tre fasi valgono: p1 (t ) = e1 (t )i1 (t ) = EI cos ϕ + EI cos(2ωt − ϕ) p 2 (t ) = e 2 (t )i 2 (t ) = EI cos ϕ + EI cos(2ωt − 2π / 3 − ϕ) p 3 (t ) = e 3 (t )i 3 (t ) = EI cos ϕ + EI cos(2ωt − 4π / 3 − ϕ) risulta: (9.18) 256 Cap.9 Sistemi trifase p( t ) = p1 ( t ) + p 2 ( t ) + p 3 ( t ) = 3EI cos ϕ (9.19) La potenza istantanea risulta quindi costante. Ciò costituisce un vantaggio anche per il motore primo che porta in rotazione il generatore, esso risulta infatti sollecitato con una coppia resistente costante anziché pulsante. Indicando con E, V, If, I la tensione di fase, la tensione di linea, la corrente di fase , la corrente di linea, si possono definire potenza attiva, reattiva e apparente come segue: P = 3EI f cos ϕ = 3RI f2 = 3GE 2 = 3VI cos ϕ Q = 3EI f sen ϕ = 2 3XI f2 2 (9.20) 2 = 3BE = 3VI sen ϕ S = P + Q = 3EI f = 3ZI 2f (9.21) 2 = 3YE = 3VI (9.22) Si osservi che dove compare il 3 compaiono le grandezze di fase, la presenza di 3 è invece associata alle grandezze di linea. Si definisce fattore di potenza la quantità: f .d.p. = cos tg −1 Q P (9.23) E’ immediato verificare che per sistemi simmetrici ed equilibrati il fattore di potenza coincide con il cosϕ. La potenza complessa è la somma delle potenze complesse delle singole fasi e vale: S = E1 I1* + E 2 I *2 + E 3 I *3 e poiché per i sistemi a tre fili vale la relazione: I1* + I *2 + I *3 = 0 si ha: ( ) S = E1 I1* + E 2 I *2 + E 3 − I1* − I *2 = (E1 − E 3 )I1* + (E 2 − E 3 )I *2 = V13 I1* + V23 I *2 (9.24) E’ immediato verificare che valgono anche le relazioni: S = V21I*2 + V31I*3 = V32 I *3 + V12 I1* (9.25) 9.5 Rifasamento nei sistemi simmetrici ed equilibrati Anche per i sistemi trifasi valgono le stesse considerazioni relative ai vantaggi introdotti dal rifasamento svolte per i sistemi monofase. Sia assegnato un carico trifase equilibrato, alimentato con una terna simmetrica di tensioni di linea di valore efficace V, che assorba una potenza attiva P con fattore di potenza cosϕ e si voglia rifasare tale carico a cosϕR. Tale risultato può essere ottenuto mediante tre condensatori di stessa capacità collegati a stella o a triangolo come illustrato in fig.9.9 CS a) CT b) Fig.9.9 Rifasamento con condensatori collegati a stella a) e a triangolo b) 257 Cap. 9 Sistemi trifase In analogia con i sistemi monofase, indicando con QC la potenza reattiva dei generatori, risulta: Q − QC Q tgϕ = tgϕ R = P P da cui: Q C = P(tgϕ − tgϕ R ) (9.26) Si tratta ora di determinare il valore della capacità che consente il rifasamento voluto. Per i due tipi di collegamento si ha: 9.5.1 Collegamento a stella Indicando con Vf la tensione di fase e con XCS la reattanza di ogni condensatore la potenza reattiva complessiva nel collegamento a stella risulta: Q C = 3X CS I C2 = 3X CS Vf2 2 X CS = 3ωC S Vf2 = ωC S V 2 Uguagliando l’espressione della QC con la (9.26) risulta: CS = P(tgϕ − tgϕ R ) ωV 2 (9.27) 9.5.2 Collegamento a triangolo La potenza reattiva nel collegamento a triangolo, indicando con ICf la corrente di fase e con XCT la reattanza di ogni condensatore, risulta: V2 2 Q C = 3X CT I Cf = 3X CT 2 = 3ωC T V 2 X CT Uguagliando con la (9.26) si ha: CT = P(tgϕ − tgϕ R ) 3ωV 2 (9.28) Dal confronto tra le relazioni (9.27) e (9.28) risulta: 1 CT = CS 3 (9.29) Il collegamento a triangolo presenta quindi il vantaggio di avere, a parità di potenza reattiva, condensatori di capacità 1/3 rispetto al collegamento a stella. Il collegamento a triangolo presenta tuttavia lo svantaggio di sottoporre i condensatori, e quindi l’isolante interposto tra le armature, alla tensione di linea anziché a quella di fase come accade nel collegamento a stella. In base a queste considerazioni si fanno le seguenti scelte: - in bassa tensione, dove il dimensionamento dell’isolante non è diverso per la tensione di fase e di linea, si utilizza il collegamento a triangolo; - per tensioni più elevati i vantaggi derivanti dal risparmio sul dimensionamento dell’isolante sono superiori a quelli dovuti alla minore capacità e pertanto si preferisce il collegamento a stella. 258 Cap.9 Sistemi trifase 9.6 Sistemi trifase simmetrici e squilibrati Consideriamo una terna di tensioni simmetrica diretta che alimenta un carico costituito da tre impedenze diverse collegate a stella, senza neutro e con neutro, o a triangolo. 9.6.1 Collegamento a stella ~ O ~ ~ E1 I1 3 E3 O Z1 2 E2 1 ~ 1 I2 Z2 I3 O’ E1 I1 Z1 I2 Z2 I3 Z3 2 ~ E2 3 ~ E3 Z3 a) In O’≡ O b) Fig. 9.10Sistema simmetrico e squilibrato; carico collegato a stella a) a stella con neutro b) Il circuito do Fig.9.10a) può essere risolto applicando il metodo delle correnti di maglia. Scegliendo come albero il ramo attraversato da I2 si ha: Z + Z2 E1 − E 2 V = 12 = 1 Z2 E3 − E 2 V32 Z2 I1 Z 2 + Z3 I 3 (9.30) Poiché il circuito presenta tutti i rami in parallelo si può risolvere anche mediante il teorema di Millmann. La differenza di potenziale tra O e O’ risulta: V0'0 = E1 Y1 + E 2 Y2 + E 3 Y3 Y1 + Y2 + Y3 (9.31) Le tensioni applicate alle fasi delle tre impedenze valgono: V10' = V10 + V00' = E 1 − V0'0 V20' = V20 + V00' = E 2 − V0'0 (9.32) V30' = V30 + V00' = E 3 − V0'0 Le correnti risultano: I1 = V10' Z1 I2 = V20' Z2 I3 = V30' Z3 (9.33) la somma di tali correnti, per il I° principio di Kirchhoff, risulta nulla, ossia: I1 + I 2 + I 3 = 0 (9.34) Dalle (9.32) si ha inoltre: V10' + V20' + V30' = −3V0'0 (9.35) 9.6.2 Collegamento a stella con neutro Con questo tipo di collegamento, come evidenziato anche in fig. 9.10b), risulta V0'0 = 0 (il neutro è supposto di impedenza nulla). Pertanto le relazioni (9.32), (9.33), (9.34) e (9.35) divengono: 259 Cap. 9 Sistemi trifase V10' = E 1 I1 = V20 ' = E 2 E1 Z1 V30 ' = E 3 E2 Z2 I2 = I3 = E3 Z3 I1 + I 2 + I 3 = I n (9.36) (9.37) (9.38) V10' + V20' + V30' = 0 (9.39) Risolvendo con le correnti di maglia, assumendo come albero il ramo del neutro, si ha: E1 Z1 0 0 I1 E2 = 0 E3 0 Z2 0 0 Z3 I2 I3 (9.40) L’eventuale presenza di una impedenza di neutro Z n porterebbe a equazioni del tipo: E1 Z1 + Z n Zn Zn I1 Zn Zn Z2 + Zn Zn Zn Z3 + Zn I2 I3 E2 = E3 (9.41) 9.6.3 Carichi a stella collegati in parallelo Per i carichi a stella squilibrati non è in generale possibile effettuare il parallelo fase per fase poiché i potenziali dei centro stella sono diversi. Volendo trovare un carico equivalente si possono trasformare i due carichi a stella in carichi a triangolo ed effettuare il parallelo. Successivamente è possibile riportare il carico ad una stella equivalente. ~ O ~ ~ E1 E2 E3 ZC IT1 IT3 C A ZB ZA 1 Z1 3 Z2 A Z3 B Fig. 9.11 Carichi a stella collegati in parallelo Per generatori ideali, come quelli rappresentati in fig.9.11, che alimentano carichi squilibrati in parallelo si può scrivere: VA 0 E1 E 2 E 3 + + Z1 Z 2 Z 3 = 1 1 1 + + Z1 Z 2 Z 3 VB0 E1 E 2 E 3 + + ZA ZB ZC = 1 1 1 + + ZA ZB ZC (9.42) ciò in virtù del fatto che ciascun carico può essere analizzato indipendentemente dall’altro 260 Cap.9 Sistemi trifase (poiché i generatori sono ideali). Analizziamo ora due casi particolari in cui i potenziali dei centro stella A e B coincidono e pertanto può essere effettuato il parallelo fase per fase. a) Si suppongano verificate le seguenti relazioni: Z 2 = K 1 Z1 Z 3 = K 2 Z1 (9.43) Z B = K1 Z A ZC = K 2 ZA (9.44) sostituendo nelle (9.42) si ha: VA 0 = VB0 b) Si abbia: Z1 = KZ A E 2 E3 + K1 K 2 = 1 1 1+ + K1 K 2 E1 + (9.45) Z 3 = KZ C Z 2 = KZ B (9.46) le (9.42) divengono: VA 0 = VB0 E1 E 2 E 3 + + ZA ZB ZC = 1 1 1 + + ZA ZB ZC (9.47) In fig. 9.12 sono riportati i diagrammi fasoriali delle tensioni di fase e di linea relativi ai carichi di fig. 9.11. Da tali diagrammi si osserva che per una assegnata terna di tensioni di linea ne esistono infinite di fase in dipendenza del carico. In particolare la terna di fase il cui centro stella coincide con il baricentro delle tensioni di linea è detta terna baricentrica. 3 B A V23 V31 0 1 V12 2 Fig.9.12 Diagramma fasoriale di linea e di fase per stelle squilibrate in parallelo alimentate da un generatore ideale di tensioni simmetriche Procedendo con le correnti di maglia, per il circuito di fig. 9.11, si avrebbe: Z + Z2 I1 = 1 Z2 I3 I T1 I T3 = I1 I3 + −1 Z2 Z2 + Z3 IA IC = V12 V32 Z1 + Z 2 Z2 Z + ZB IA = A ZB IC Z2 Z 2 + Z3 −1 Z + ZB + A ZB ZB −1 ZB + ZC ZB Z B + ZC −1 V12 V32 V12 V32 (9.48) (9.49) 261 Cap. 9 Sistemi trifase 9.6.4 Collegamento a triangolo In fig. 9.13 è riportato un carico le cui fasi sono collegate a triangolo. Per tale carico le correnti di fase sono fornite dalle relazioni: I12 = V12 Z12 I 23 = V12 V31 V23 2 I3 I 31 = V31 Z 31 (9.50) 1 Z12 I1 I2 V23 Z 23 I31 I12 Z13 I23 Z23 3 Fig. 9.13 Carico costituito da tre impedenze diverse collegate a triangolo ha: Le correnti di linea si trovano applicando il I° principio di Kirchhoff ai nodi 1, 2 e 3. Si I1 = I12 − I 31 I 2 = I 23 − I12 I 3 = I 31 − I 23 (9.51) La terna delle correnti di linea è pura e quindi: I1 + I 2 + I 3 = 0 (9.52) Procedendo con metodo delle tensioni di taglio, o delle tensioni di nodo, si ha: Y + Y31 I1 = 12 − Y31 I3 − Y31 V12 Y23 + Y31 V32 (9.53) 9.6.5 Formule di trasformazione stella triangolo Le relazioni (9.30) e (9.53) forniscono un mezzo per la dimostrazione delle formule di trasformazione stella–triangolo, e viceversa, in precedenza fornite. Si consideri infatti di aver trasformato il carico di fig.9.13 in quello di fig. 9.10a). Per l’equivalenza le correnti calcolate con la (9.53) o con la (9.30) debbono essere uguali e quindi: Y12 + Y31 − Y31 − Y31 Y23 + Y31 = Z1 + Z 2 Z2 Z2 Z 2 + Z3 −1 = Z 2 + Z3 − Z2 − Z2 Z1 + Z 2 Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 (9.54) uguagliando i termini risulta: Y31 = Z2 Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 Y12 = Z 2 + Z3 Z3 − Y31 = Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 Y23 = Z1 + Z 2 Z1 − Y31 = Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 (9.55) 262 Cap.9 Sistemi trifase In termini di impedenza: Z12 = Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z3 Z1 Z3 Z 23 = Z1 Z 2 + Z 2 Z3 + Z 3 Z1 Z1 Z 31 = Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 Z2 (9.56) Inversamente supponendo di trasformare il triangolo in stella risulta: Y23 + Y31 Y31 −1 Y31 Y12 + Y31 Z1 + Z 2 Z2 Y + Y31 − Y31 = 12 = Y12 Y23 + Y23 Y31 + Y31 Y12 Z2 Z 2 + Z3 − Y31 Y23 + Y31 Uguagliando termine a termine si trova: Z1 = Z12 Z31 Z12 + Z 23 + Z31 Z2 = Z12 Z 23 Z 31 Z 23 Z3 = Z12 + Z 23 + Z 31 Z12 + Z 23 + Z 31 (9.57) 9.6.6 Carichi a triangolo collegati in parallelo Si può effettuare il parallelo fase per fase e trovare il carico equivalente a triangolo. Se interessa conoscere solo la corrente di linea, si può scrivere per ogni carico la matrice delle ammettenze che compare nella (9.53) e successivamente effettuare la somma. Risulta: I1 I3 = Y12 + Y31 − Y31 − Y31 Y23 + Y31 + ' Y12' + Y31 − ' − Y31 ' Y31 ' Y23 + V12 ' Y31 V32 (9.58) 9.6.7 Collegamento tra un carico a stella e uno a triangolo Per trovare la corrente complessiva di linea si può prima trasformare a triangolo il carico a stella ed effettuare il parallelo fase per fase. Ciò equivale anche ad applicare la relazione: I1 I3 = Y12 + Y31 − Y31 − Y31 Z + Z2 + 1 Y23 + Y31 Z2 Z2 Z2 + Z2 −1 V12 V32 (9.59) 9.6.8 Collegamento tra un carico a stella con neutro ed uno a triangolo Questo tipo di collegamento è rappresentato in fig.9.14 1 I1 2 Y12 Y23 I2 3 Y31 I3 Y1n n Y2n Y3n In Fig.9.14 Collegamento tra carico a stella con neutro e carico a triangolo 263 Cap. 9 Sistemi trifase Per il calcolo delle correnti di linea, complessivamente assorbite dai due carichi, si applica il metodo delle tensioni di nodo come indicato in fig.9.14. Le equazioni risultanti sono: I1 Y12 + Y31 + Y1n − Y12 − Y31 V1n − Y12 − Y31 Y12 + Y23 + Y2 n − Y23 − Y23 Y23 + Y31 + Y3n V2n V3n I2 = I3 (9.60) 9.6.9 Collegamento tra un carico a stella ed uno a stella con neutro In un carico collegato a stella le correnti di ramo sono legate a quelle di maglia dalla relazione: I1A I 2A I 3A 1 0 Z 2 + Z3 I1A 1 = −1 −1 = −1 −1 ∆ − Z2 I 3A 0 1 0 1 1 0 − Z2 Z1 + Z 2 V12 1 = ∆ V32 Z 2 + Z3 − Z2 − Z3 − Z2 − Z1 Z1 + Z 2 V12 V32 in cui: ∆ = Z1 Z 2 + Z 2 Z 3 + Z 3 Z1 Poiché vale la relazione: V12 V32 V1n 1 −1 0 V2 n = 0 −1 1 V3n V1n − V2 n = V2n − V3n per la stella senza neutro si ha: I1A Z 2 + Z3 1 − Z3 I 2A = ∆ − Z2 I 3A − Z2 − Z1 Z1 + Z 2 V1n Z 2 + Z3 1 −1 0 1 − Z3 V2 n = 0 −1 1 ∆ − Z2 V3n − Z3 Z1 + Z 3 − Z1 − Z2 − Z1 Z1 + Z 2 V1n V2 n V3n La corrente complessiva è: Z 2 + Z3 I1 1 − Z3 I2 = ∆ − Z2 I3 − Z3 Z1 + Z 3 − Z1 − Z2 Y1n − Z1 + 0 0 Z1 + Z 2 0 Y2 n 0 0 0 Y3n V1n V2 n V3n Quest o modo di procedere equivale ha trasformare la stella in triangolo, secondo le relazioni fornite dalle (9.55), e successivamente applicare la relazione (9.60). 9.6.10 Collegamento di due stelle con neutro Indicando con Y1n Y2n Y3n e Y1'n Y2' n Y3' n le ammettenze delle due stelle la corrente complessivamente assorbita risulta: I1 Y1n + Y1'n I2 = 0 I3 0 0 Y2 n + 0 V1n 0 Y2' n 0 Y3n + Y3' n V2 n (9.61) V3n La (9.61) indica che per le due stelle può essere effettuato il parallelo fase per fase. 264 Cap.9 Sistemi trifase 9.7 Sistemi asimmetrici e squilibrati Nel caso in cui le tensioni non soddisfino le condizioni di simmetria si parla di sistema asimmetrico. Una terna asimmetrica di tensioni applicata ad carico costituito da tre impedenze, uguali o diverse, produce in generale una terna squilibrata di correnti. Per quanto riguarda i carichi collegati a triangolo valgono le stesse considerazioni del paragrafo precedente. Le stesse procedure illustrate in precedenza relativamente alla risoluzione con i metodi delle correnti di maglia e delle tensioni di taglio (o di nodo) valgono anche in questo caso. Alcune considerazioni debbono tuttavia essere aggiunte per quanto riguarda i carichi collegati a stella. 1 Z1 I1 2 Z2 I2 3 I3 Z A Z3 Z Z B Fig. 9.15 Sistema asimmetrico e squilibrato Si considerino i due carichi di fig. 9.15 costituiti da una stella equilibrata e una squilibrata, per il I° principio di Kirchhoff dal circuito di figura risulta: I1 + I 2 + I 3 = 1 (V1B + V2B + V3B ) = 0 Z (9.62) La terna delle tensioni V1B V2 B V3B , la cui somma è nulla , è detta terna baricentrica poiché il punto B coincide con il baricentro del triangolo delle tensioni di linea. Si ricorda che per un triangolo il baricentro è determinato dall’incontro delle mediane; tale punto divide inoltre le mediane in due parti di cui una è 1/3 e l’altra è 2/3 della lunghezza totale. La fig. 9.16 evidenzia la relazione (9.62). 1 V31 2/3 V3B 3 V1B V12 B 1/3 V2b -V1B 1/3 V23 2 Fig. 9.16 Terna asimmetrica di tensioni di linea e terna baricentrica di tensioni di fase Dalla fig. (9.16) si ha: VAB = VA1 + V1B VAB = VA 2 + V2B VAB = VA 3 + V3B sommando i tre termini si ha: (9.63) 265 Cap. 9 Sistemi trifase VAB = VA1 + VA 2 + VA3 3 (9.64) Per determinare le relazioni tra terna baricentrica e tensioni di linea si può supporre di far coincidere, nella (9.64), n con 1 (Z1 = 0 ) , con 2 (Z 2 = 0 ) , con 3 (Z3 = 0 ) . Si ottiene: V1B = V12 − V31 V2 B = V23 − V12 (9.65) V3B = V31 − V23 Per ottenere una terna baricentrica è quindi sufficiente derivare tra i tre fili di linea una stella costituita da tre impedenze uguali. Esempio 9.1 Come applicazione di quanto asserito ai punti precedenti, nel circuito di fig.9.17 si calcolano le correnti complessive erogate dai generatori mediante il metodo matriciale. 1 2 1’ I1 ’ Y 12 I2 3 2’ Zl2 I3 Z3 Y3n n Zl1 Z2 Z1 3’ I1A Y12 Y31 Y23 I2A I3A Zl3 Y1n n’ Y2n In1 Y3n Zn In Fig. 9.17 Esempio 9.1 Per il carico a stella con neutro in parallelo a quello a triangolo si può applicare la relazione (9.60) da cui tenendo conto che: I1A + I 2A + I 3A = I n1 risulta: V1'n Y12 + Y31 + Y1n ' V2 n = − Y12 ' V3n − Y31 che può essere scritta nelle forma: − Y12 Y12 + Y23 + Y2 n − Y23 − Y31 − Y23 Y23 + Y31 + Y3n [V ] = [Y ] [I ] −1 ' n A La tensione all’inizio delle linea è: Zl1 + Z n Zn Zn V2 n = Zn Zl 2 + Z n Zn V3n Zn Zn Zl 3 + Z n V1n in forma compatta: I1A V1'n I 3A V3' n I 2 A + V2' n −1 I1A I 2A I 3A 266 Cap.9 Sistemi trifase [Vn ] = [Z][I A ] + [Vn' ] = {[Z] + [Y ]−1 }[I A ] −1 [I A ] = {[Z] + [Y ]−1 } [Vn ] La corrente complessiva si ottiene sommando il contributo degli altri carichi. I1 I1A Z 2 + Z3 − Z3 − Z2 0 0 0 Y12 − Y12 0 V1n 1 I 2 = I 2A + − Z3 Z1 + Z 2 − Z1 + 0 0 0 + − Y12 Y12 0 V2 n ∆ I3 I 3A − Z2 − Z1 Z1 + Z 2 0 0 Y3n 0 0 0 V3n e quindi: [I A ] = ([Z] + [Y ]−1 ) + [YS ] + [Y3 ] + [Y12 ] [Vn ] −1 Si ha inoltre: I1 + I 2 + I 3 = I n 9.8 Potenza nei sistemi asimmetrici e squilibrati L’espressione generale della potenza istantanea e quella rappresentata dalla (9.20). Tale espressione è quindi valida anche in questo caso; si deve tuttavia osservare che la potenza istantanea non risulta costante perché questa è una caratteristica tipica dei soli sistemi simmetrici ed equilibrati. La potenza attiva, somma delle potenze attive delle singole fasi, risulta: P = P1 + P2 + P3 = V1 I1 cos ϕ1 + V2 I 2 cos ϕ 2 + V3 I 3 cos ϕ 3 (9.66) in cui V ed I sono i valori efficaci di tensione e corrente di fase e ϕ è lo sfasamento relativo. La potenza reattiva viene definita come somma delle potenze reattive delle singole fase e quindi: (9.67) Q = Q1 + Q 2 + Q 3 = V1 I1 sen ϕ1 + V2 I 2 sen ϕ 2 + V3 I 3 sen ϕ 3 Infine per la potenza apparente e per il fattore di potenza si ha: (9.68) S = P2 + Q2 P f .d.p. = (9.69) S Il fattore di potenza non coincide, come accadeva nei sistemi simmetrici ed equilibrati, con il cosϕ che risulta diverso per ciascuna fase. Per comprendere il significato del fattore di potenza definito dalla (9.69), si supponga di ruotare la terna delle correnti di fase di un angolo δ, in senso antiorario, rispetto a quella delle tensioni di fase. In tal caso la potenza attiva risulta: P(δ ) = V1 I1 cos(ϕ1 − δ ) + V2 I 2 cos(ϕ 2 − δ ) + V3 I 3 cos(ϕ 3 − δ ) (9.70) Derivando rispetto a δ e uguagliando a zero si trova: dP(δ ) = V1I1 (− cos ϕ1 sen δ + sen ϕ1 cos δ ) + V2 I 2 (− cos ϕ 2 sen δ + sen ϕ 2 cos δ ) + dδ + V3 I 3 (− cos ϕ 3 sen δ + sen ϕ 3 cos δ ) = 0 Dalla relazione precedente si ha: 267 Cap. 9 Sistemi trifase (V1I1 cos ϕ1 + V2 I 2 cos ϕ 2 + V3 I 3 cos ϕ 3 )sen δ = (V1I1 sen ϕ1 + V2 I 2 sen ϕ 2 + V3 I 3 sen ϕ3 )sen δ ossia: P sen δ = Q cos δ Risulta quindi: tgδ = Q P cos δ = P (9.71) P2 + Q2 Si conclude che: Nei sistemi asimmetrici e squilibrati (ed anche in quelli simmetrici e squilibrati) il fattore di potenza coincide con l’angolo di cui deve essere ruotata la terna delle correnti di fase, rispetto alla terna delle tensioni di fase, affinché la potenza attiva risulti massima. 9.9 Misura della potenza attiva nei sistemi a tre fili La misura della potenza attiva viene effettuata mediante uno strumento detto wattmetro. Il wattmetro elettrodinamico è dotato di due bobine, una detta amperometrica inserita in serie al carico di cui si vuol misurare la potenza, ed una detta voltmetrica, inserita in parallelo. Lo strumento restituisce il prodotto scalare tra tensione e corrente che, nei sistemi monofase, rappresenta la potenza attiva. Per i sistemi simmetrici ed equilibrati una volta effettuata, se possibile, la misura della potenza di una fase basta moltiplicare per tre il risultato trovato per ottenere la potenza complessiva. Nella fig. 9.18 è mostrato lo schema per la misura della potenza di una fase per un carico a stella e per uno a triangolo. W W a) b) Fig. 9.18 Misura della potenza attiva di una fase per carico collegato a stella a) e a triangolo b) La potenza attiva di una fase non è sempre misurabile, spesso infatti il carico si presenta come una scatola chiusa dalla quale escono solo i conduttori di collegamento. Si dimostra il teorema di Aron secondo il quale la misura della potenza attiva in un sistema a tre fili può essere effettuata mediante due soli wattmetri inseriti nel circuito secondo uno schema detto inserzione Aron. La potenza apparente complessa per un tale sistema e fornita dalla relazione: S = E1I1* + E 2 I *2 + E 3 I *3 (9.72) e poiché la somma delle tre correnti è nulla, esprimendo una corrente in funzione delle altre due si ha: S = E1 I1* + E 2 I *2 − E 3 I1* + I *2 = (E1 − E 3 )I1* + (E 2 − E 3 )I *2 = V13 I1* + V23 I *2 (9.73) ( ) analogamente, sostituendo le altre correnti, si ottiene: S = V21I*2 + V31I*3 (9.74) S = V32 I *3 + V12 I1* (9.75) 268 Cap.9 Sistemi trifase La misura della potenza si ottiene quindi utilizzando due wattmetri come indicato in fig.9.19 e sommando le indicazioni dei due strumenti. 1 2 1 W1 2 W2 3 1 2 W2 3 W1 3 W1 W2 Fig. 9.19 Wattmetri in inserzione Aron La potenza attiva è quindi fornita dalla relazione: P = PW1 + PW 2 (9.76) Nei sistemi simmetrici ed equilibrati, attraverso le indicazioni dei due wattmetri in inserzione Aron, è possibile determinare anche la potenza reattiva. I3 V31 V12 E3 ϕ E1 I1 I2 E2 V1 V23 Fig. 9.20 Diagramma fasoriale per carico simmetrico ed equilibrato Si consideri il diagramma fasoriale, relativo ad un sistema simmetrico ed equilibrato in cui il carico è di tipo ohmico induttivo, rappresentato in fig. 9.20. Per la prima inserzione di fig. 9.19 si ha: π π (9.77) PW1 = V13 I1 cos − ϕ PW 2 = V23 I 2 cos + ϕ 6 6 la differenza tra le due indicazioni è: PW1 − PW 2 = VI sen ϕ (9.78) La potenza reattiva è: Q = 3 (PW1 − PW 2 ) (9.79) Dalle relazioni (9.77) si deduce che per carico ohmico induttivo il wattmetro1 fornisce una indicazione sempre positiva e maggiore di quella del wattmetro 2. L’indicazione di quest’ultimo da un’indicazione negativa per ϕ >π/6. Il contrario accade per carichi ohmici capacitivi. Per carichi solo resistivi le indicazioni dei due wattmetri sono uguali. 269 Cap. 9 Sistemi trifase 9.10 Rifasamento dei carichi trifase Il caso di sistemi simmetrici ed equilibrati è già stato trattato, di seguito sarà invece affrontato il problema del rifasamento di carichi squilibrati alimentati con terne simmetriche o asimmetriche. Per questi tipi di carichi il rifasamento viene fatto relativamente al fattore di potenza. 9.10.1 Sistema simmetrico e squilibrato Supponendo il carico collegato a triangolo, indicando con G e B conduttanza e suscettanza di ogni fase, le potenze attiva e reattiva e il fattore di potenza risultano: 2 2 P = G 12 V122 + G 23 V23 + G 31V31 = (G 12 + G 23 + G 31 )V 2 (9.80) 2 2 Q = B12 V122 + B 23 V23 + B 31V31 = (B12 + B 23 + B 31 )V 2 (9.81) f .d.p. = Q B12 + B 23 + B 31 = P G 12 + G 23 + G 31 (9.82) Utilizzando, per il rifasamento, tre condensatori uguali di capacità C collegati a triangolo, indicando con f.d.p.R il fattore di potenza dopo il rifasamento, si ha: C= B +B +B P (f .d.p. − f .d.p.R ) = 1 (G12 + G 23 + G 31 ) 12 23 31 − f .d.p.R 2 3ω G 12 + G 23 + G 31 3ωV (9.83) 9.10.2 Sistema asimmetrico e squilibrato In questo caso, poiché le tensioni sono diverse, risulta: C= 2 2 2 2 G 12 V122 + G 23 V23 + G 31V31 B12 V122 + B 23 V23 + B 31V31 ( 2 2 ωC V122 + V23 + V31 ) 2 2 G 12 V122 + G 23 V23 + G 31V31 − f .d.p.R (9.84) La (9.84) mostra che la capacità dipende dalla tensione, essa deve quindi essere determinata in base alla tensione presente sul carico. Tale tensione varia in conseguenza del collegamento dei condensatori la cui capacità deve quindi essere nuovamente calcolata così via. 9.11 Linee trifasi Si considerano linee trifasi a tre o quattro fili che alimentano carichi che per generalità saranno considerati squilibrati. Si assume inoltre una terna di tensioni asimmetriche. 1 1 I1 2 3 I3 Z1 Z2 A 2 3 Z3 n Fig. 9.21 Linea trifase a tre e a quattro fili I1 Z1 I2 Z2 I3 Z3 In A 270 Cap.9 Sistemi trifase 9.11.1 Linea a tre fili I flussi concatenati con le maglie 1,2 e 3,1 valgono: L − L 23 L + L 23 − L 31 L12 I3 2I1 + I 3 ) − 31 I 3 = L12 I1 + 12 ( 2 2 2 L L − L12 L + L 23 − L 31 = 23 (I1 + 2I 3 ) − 31 I1 I1 = L 32 I 3 + 12 2 2 2 Φ12 = (9.85) Φ 32 (9.86) Le induttanze di linea sono state definite nel Cap.2 Le equazioni di equilibrio scritte con il metodo delle correnti di maglia risultano: jωΦ12 Z1 V12 = + Z1 + Z 2 V32 jωΦ 32 Z1 + Z 2 Z3 I1 I3 (9.87) sostituendo i flussi si ha: V12 V32 = jω L12 L12 + L 23 − L 31 2 L12 + L 23 − L 31 Z1 2 + Z1 + Z 2 L 23 Z1 + Z 2 I1 Z3 I3 (9.88) 9.11.2 Linea a quattro fili I flussi concatenati con le maglie 1-n, 2-n, 3-n, considerando che I n = I1 + I 2 + I 3 valgono: L − L 31 L L − L12 (9.89) Φ1n = 1n (I1 + I n ) + 2 n I 2 + 3n I3 2 2 2 sostituendo si ottiene: L + L1n − L 31 L + L 2 n − L12 (9.90) I 2 + 3n Φ1n = L1n I1 + 1n I3 2 2 Analogamente: L + L 3n − L 23 L + L 2 n − L12 Φ 2 n = L 2 n I 2 + 2n I1 (9.91) I 3 + 1n 2 2 L 3n + L1n − L 31 L + L 3n − L 23 I1 + 2 n I2 2 2 Le equazioni di equilibrio risultano: Φ 3n = L 3n I 3 + V1n V2 n V3n L1n L + L 2n − L12 = jω 1n 2 L 3n + L1n − L 31 2 L1n + L 2n − L12 2 L 2n L 2 n + L 3n − L 23 2 L 3n + L1n − L 31 2 Z1 L 2 n + L 3n − L 23 + 0 2 0 L 3n (9.92) 0 0 I1 Z2 0 0 Z3 I2 I3 CAPITOLO 10 10.1 Generalità e definizioni Nei precedenti capitoli si è parlato di bipolo facendo riferimento a quegli elementi circuitali che avevano due terminali (resistori, induttori, condensatori, generatori). Nel calcolare le f.d.t. si sono considerati circuiti per i quali potevano essere assegnati una coppia di terminali di ingresso ed una coppia di uscita. In generale si definisce multipolo un circuito, come quello rappresentato in fig. 10.1 a) in cui possono essere individuati n terminali. a) b) Fig. 10.1 Generica rappresentazione di un multipolo a) e di un doppio bipolo b) Per un multipolo, in virtù del I° principio di Kirchhoff le correnti incognite sono n-1. Se nel multipolo così definito possono individuarsi coppie di terminali percorsi dalla stessa corrente (come nei bipoli), tali terminali sono detti porta. Se nel multipolo tutti i terminali sono organizzati in modo da costituire a due a due delle porte le correnti incognite risultano pari a n/2. I doppi bipoli sono multipoli costituiti da quattro terminali a due a due costituenti due porte, come indicato in fig. 10.1 b). Nel calcolo delle f.d.t. si considerano quindi doppi bipoli e si definisce porta di ingresso la coppia di terminali ai quali viene applicato il segnale di ingresso e porta di uscita la coppia di terminali tra i quali si preleva l'uscita. Nel Cap. 6 si sono definite le impedenze e ammettenza di ingresso e di uscita le transimpedenze e transammettenze, i rapporti di trasferimento (o amplificazione o guadagno). A tali definizioni sarà fatto riferimento in seguito. Un doppio bipolo si definisce equilibrato se il comportamento non si modifica scambiando tra loro i terminali di ciascuna porta (in riferimento alla fig. 10.1b) esiste simmetria rispetto ad un asse orizzontale). Il doppio bipolo è detto simmetrico se il comportamento non si modifica scambiando la porta di ingresso con quella di uscita (simmetria rispetto ad un asse verticale in fig. 10.1b)). Agli effetti esterni il doppio bipolo può essere sostituito con uno equivalente i cui 272 Cap. 10 Doppi bipoli parametri sono ottenuti considerando le equazioni di equilibrio scritte con il metodo delle correnti di maglia (parametri Z), o con il metodo delle tensioni di taglio (parametri Y), o con il metodo delle correnti di maglia per una porta e con le tensioni di taglio per l'altra (parametri h), o relazionando tensione e corrente della porta di ingresso con tensione e corrente della porta di uscita (parametri di trasmissione). 10.1.1 Parametri Z Scrivendo le equazioni di equilibrio con le correnti di maglia si ottengono equazioni del tipo: V1 Z11 = V2 Z 21 Z12 I 1 Z 22 I 2 (10.1) Le impedenze Z11 e Z 21 , dette rispettivamente impedenza di ingresso e transimpedenza diretta a circuito aperto, possono essere determinate supponendo di applicare un generatore di corrente sulla porta di ingresso e lasciando aperta quella di uscita. Risulta: V (10.2) Z11 = 1 I 1 I =0 2 Z 21 ha: V2 = I1 (10.3) I2 =0 Analogamente alimentando la porta di uscita e lasciando aperta quella di ingresso si Z 22 = Z12 = V2 I2 V1 I2 (10.4) I1 = 0 (10.5) I1 = 0 in cui le impedenze sono dette rispettivamente impedenza di uscita e transimpedenza inversa a circuito aperto. Per le reti reciproche1, ossia per quelle reti che soddisfano il teorema di reciprocità, la matrice risulta simmetrica e quindi Z12 = Z 21 . 10.1.2 Parametri Y ha: Scrivendo, per le due porte, le equazioni mediante il metodo delle tensioni di taglio, si I1 Y11 = I2 Y21 Procedendo come in precedenza si ha: I1 Y11 = V1 1 Y12 Y22 V1 V2 (10.6) (10.7) V2 = 0 Sono sicuramente reciproche le reti passive realizzate con soli resistori, induttori e condensatori 273 Cap.10 Doppi bipoli Y21 = Y22 = Y12 = I2 V1 I2 V2 I1 V2 (10.8) V2 = 0 (10.9) V1 = 0 (10.10) V1 = 0 Le quattro ammettenze sono dette rispettivamente: Ammettenza di ingresso e transammettenza diretta in cortocircuito e ammettenza di uscita e transammettenza inversa in cortocircuito. Per le reti reciproche risulta Y12 = Y21 . 10.1.3 Parametri h (ibridi) I parametri ibridi h si ottengono esprimendo la tensione della porta di ingresso e la corrente di quella di uscita in funzione della corrente di ingresso e della tensione di uscita. I parametri che si ottengono sono detti ibridi poiché alcuni sono impedenze, altri ammettenze ed altri ancora quantità adimensionali. Risulta: V1 h 11 = I2 h 21 h 12 h 22 I1 V2 I Parametri che compaiono nella matrice hanno il seguente significato: V1 h 11 = I1 V =0 (10.11) (10.12) 2 h 21 = h 22 = h 12 = I2 I1 I2 V2 V1 V2 (10.13) V2 = 0 (10.14) I1 = 0 (10.15) I1 = 0 in cui h 11 e h 21 sono rispettivamente l'impedenza di ingresso e l'amplificazione diretta di corrente con uscita in cortocircuito; h 22 e h12 sono l'ammettenza di uscita e l'amplificazione inversa di tensione con ingresso aperto. 10.1.4 Parametri g (o ibridi inversi) La matrice dei parametri g è l'inversa di quella dei parametri h, risulta quindi: I1 g 11 g 12 V1 (10.16) = V2 g 21 g 22 I 2 in cui: I (10.17) g 11 = 1 V1 I = 0 2 274 Cap. 10 Doppi bipoli g 21 = g 22 = g 12 = V2 V1 (10.18) I2 =0 V2 I2 I1 I2 (10.19) V1 = 0 (10.20) V1 = 0 I parametri sono rispettivamente, la conduttanza di ingresso e il guadagno diretto di tensione a vuoto; l'impedenza di uscita e il guadagno inverso di corrente in cortocircuito. 10.1.5 Parametri ABCD di trasmissione I parametri di trasmissione si ricavano dalla relazione: V1 A B V2 = I1 C D − I2 da cui risulta: V A= 1 V2 I = 0 (10.21) (10.22) 2 C= D= B= I1 V2 (10.23) I2 =0 I1 − I2 V1 − I2 (10.24) V2 = 0 (10.25) V2 = 0 A è il guadagno inverso di tensione a circuito aperto, C la transammettenza inversa a circuito aperto, D il guadagno inverso di corrente e B la transimpedenza inversa in cortocircuito. 10.1.6 Parametri A*B*C*D* di trasmissione inversi Dalla relazione: V2 A∗ = ∗ I2 C B∗ D ∗ V1 − I1 (10.26) si ha: A∗ = C∗ = D∗ = V2 V1 I2 V1 (10.27) I1 = 0 (10.28) I1 = 0 I2 − I1 (10.29) V2 = 0 275 Cap.10 Doppi bipoli B∗ = V2 − I1 (10.30) V1 = 0 A* è il guadagno diretto di tensione a circuito aperto, C* è la transammetenza diretta a circuito aperto, D* è il guadagno diretto di corrente in cortocircuito, B* è la transimpedenza diretta in cortocircuito. 10.2 Collegamento di doppi bipoli 10.2.1 Collegamento serie Due doppi bipoli collegati in serie hanno le porte di ingresso sono percorse dalla stessa corrente I1 e le porte di uscita sono percorse dalla stessa corrente I2. V1’’ Fig. 10.2 Collegamento serie di doppi bipoli Dalla fig. 10.2, in cui sono rappresentati due doppi bipoli collegati in serie, si ha: ' " V1 V1' V1" Z11 + Z11 = + = ' V2 V2' V2" Z 21 + Z"21 ' " Z12 + Z12 ' Z 22 + Z"22 I1 I2 (10.31) Si deduce quindi che due o più doppi bipoli collegati in serie sono equivalenti ad un altro avente come matrice dell'impedenza la somma delle matrici delle impedenze dei due doppi bipoli. 10.2.2 Collegamento in parallelo Due o più doppi bipoli sono collegati in parallelo se tutte le porte di ingresso sono sottoposte alla stessa tensione V1 e tutte le porte di uscita alla stessa tensione V2. Il collegamento in parallelo è rappresentato in fig. 10.3. I1’ Fig. 10.3 Collegamento parallelo di doppi bipoli 276 Cap. 10 Doppi bipoli Dalla fig. 10.3 si ha: " I1 I 1' I 1" Y11' + Y11 = ' + " = ' " I2 I2 I2 Y21 + Y21 ' " Y12 + Y12 ' Y22 + V1 V2 " Y22 (10.32) Quindi Due o più doppi bipoli in parallelo possono essere sostituiti con un bipolo equivalente avente matrice delle ammettenze pari alla somma delle matrici dell'ammettenza di ciascun doppio bipolo. 10.2.3 Collegamento ibrido e ibrido inverso Il collegamento ibrido si ottiene collegando in serie le porta di ingresso e in parallelo quelle di uscita. Collegando in parallelo le porta di ingresso e in serie quelle di uscita si ha un collegamento ibrido inverso. Entrambi i collegamenti cono rappresentati in Fig. 10.4. Fig. 10.4 Collegamento ibrido a) e ibrido inverso b) Per il collegamento ibrido risulta: ' " V1 V1' V1" h 11 + h 11 = ' + " = ' I2 I2 I2 h 21 + h "21 ' " h 12 + h 12 h '22 + h "22 I1 V2 (10.33) V1 I2 (10.34) Per il collegamento ibrido inverso si ha: " I1 I' I" g ' + g 11 = 1' + 1" = '11 V2 V2 V2 g 21 + g "21 ' " g 12 + g 12 g '22 + g "22 Nel collegamento ibrido la matrice dei parametri ibridi del doppio bipolo equivalente è data dalla somma delle matrici ibride; nel collegamento ibrido inverso dalla somma delle matrici dei parametri ibridi inversi. 10.2.4 Collegamento in cascata Il collegamento in cascata si ha quando la porta di uscita è collegata con quella di ingresso, come mostrato nel caso di due doppi bipoli in fig. 10.5. Dalla fig. 10.5 si ha: V1 A B V2' A B A' = = I1 C D − I 2' C D C' B' D ' V2 − I2 (10.30) Quindi il doppio bipolo equivalente a più doppi bipoli in cascata ha una matrice di 277 Cap.10 Doppi bipoli trasmissione data dal prodotto delle singole matrici di trasmissione. Ad un risultato del tutto analogo si giunge per i parametri di trasmissione inversa. Fig. 10.5 Collegamento in cascata 10.3 Doppi bipoli con porta di uscita chiusa su un carico Si consideri un doppio bipolo avente la porta di uscita chiusa su un carico di impedenza Z. Considerando la rappresentazione con i parametri di trasmissione si ha: V − I2 = 2 Z A B V1 A B V2 Z V2 (10.36) = = D I1 C D − I2 V2 C Z L' impedenze di ingresso vale: V AZ + B (10.37) Z1i = 1 = I1 CZ + D Considerando la rappresentazione a parametri inversi si ha: ∗ A∗ B V2 A ∗ B∗ V1 Z V1 (10.38) = ∗ = ∗ ∗ I2 V1 C D − I1 C∗ D Z L'impedenza di ingresso vista dalla porta 2 risulta: V2 A ∗ Z + B∗ = ∗ I2 C Z + D∗ Z 2i = (10.39) Considerando reti passive, per le quali vale il teorema di reciprocità, dalle relazioni (10.23), (10.25), (10.28), (10.30) segue: C = C∗ B = B∗ (10.40) Confrontando inoltre le (10.21) e (10.26) si ha: A∗ = D AD − BC B∗ = B AD − BC C∗ = C AD − BC D∗ = A AD − BC Tenendo conto delle (10.40) risulta: A∗ = D AD − BC = 1 D∗ = A (10.41) Per le reti passive la (10.39) diviene quindi: Z 2i = DZ + B CZ + A (10.42) 278 Cap. 10 Doppi bipoli 10.3.1 Impedenza immagine Si definiscono impedenze immagine ZI1 e ZI2 quei valori di impedenza tali che quando la porta di uscita è chiusa sulla propria impedenza immagine ZI2 l'impedenza vista dalla porta di ingresso coincide con l'impedenza ZI1. Lo stesso risultato è valido scambiando la porta di ingresso con quella di uscita. Per le (10.37) e (10.42) si ha: Z I1 = AZ I 2 + B CZ I 2 + D Z I2 = DZ I1 + B CZ I1 + A (10.43) dalle quali si trova: Z I1 = AB CD Z I2 = BD AC (10.44) 10.3.2 Impedenza iterativa Si definisce impedenza iterativa Zit quell'impedenza che collegata sulla porta di uscita produce un'impedenza vista dalla porta di ingresso uguale ad essa stessa. Dalla prima delle (10.43) si ottiene: DZ it + B Z it = CZ it + D da cui: Z it = (A − D ) ± (A − D)2 + 4BC 2C (10.45) 10.3.3 Impedenza caratteristica Se il bipolo oltre ad essere reciproco è anche simmetrico, e quindi A=D, l'impedenza immagine e quella iterativa risultano uguali e prendono il nome di impedenza caratteristica. Essa vale: B (10.46) Z0 = C 10.4 Teorema del massimo trasferimento di potenza Si faccia l'ipotesi di lavorare in regime sinusoidale e si assegni un carico di impedenza variabile Z = R + jX alimentato da un generatore di f.e.m E ed impedenza interna Z i = R i + jX i 2 variabile. In queste condizioni vogliamo determinare il valore di Z che rende massima attiva la potenza trasferita al carico. Tale potenza vale: P= RE 2 (R + R i )2 + (X + X i )2 essa risulta massima quando il denominatore è minimo. Una prima condizione è sicuramente data dall'annullamento della parte reattiva, ossia jX= −jXi , in tal caso risulta: P= 2 RE 2 (R + R i )2 (10.47) La f.e.m. e l'impedenza interna possono essere determinate sostituendo al bipolo visto ai terminali dell'impedenza Z l'equivqlente di Thevenin. 279 Cap.10 Doppi bipoli E' immediato verificare che la (10.47) risulta massima quando R= Ri . L'impedenza che rende massimo il trasferimento di potenza al carico risulta quindi: Z = R i − jX i (10.48) La potenza massima trasferita è quindi: P= E2 4R i (10.49) Si osservi che in queste condizioni di funzionamento metà della potenza erogata viene assorbita dal carico e metà viene dissipata nella resistenza interna. 10.5 Doppi bipoli come adattatori di impedenza Come visto al paragrafo precedente il massimo trasferimento di potenza al carico avviene quando è verificata la (10.48). L'impedenza del carico non è in genere modificabile ed è quindi necessario interporre tra generatore e carico un adattatore di impedenza. Utilizzando come adattatore un quadripolo, la condizione (10.48) si ottiene se risulta: Z I1 = Zi in cui Z ∗ è il complesso coniugato di Z . ZI2 = Z ∗ APPENDICE A A.1 Funzione a gradino unitaria La funzione a gradino unitaria, indicata generalmente con u(t) e rappresentata in fig.A.1a), è definita come: 1 t>0 (A.1) u( t ) = 0 t<0 essa presenta una discontinuità (salto) in corrispondenza di t = 0. u(t-t0) u(t) 1 1 t0 t a) t b) Fig.A.1 Funzione a gradino unitario a) funzione a gradino unitario traslata b) La funzione a gradino unitario traslata è definita mediante la relazione: u( t − t 0 ) = 1 0 t > t0 t < t0 (A.2) In generale si può affermare che la funzione a gradino vale uno quando l'argomento è positivo e zero quando esso è negativo. Esempio A.1 Si considerino le seguenti funzioni: a) 2 u(t + 2) b) u(−t + 1) c) 4 u(−2 − t) esse hanno il seguente significato: 2 t > −2 a) 2 u( t + 2) = 0 t < −2 c) 4 u( − t − 2) = 4 0 t < −2 t > −2 d) −u( t− 2) b) u( − t + 1) = d) − u( t − 2) = 1 0 −1 0 t <1 t >1 t>2 t<2 282 Appendice A Funzioni di particolare interesse In fig.A.2 sono riportati i grafici che rappresentano i rispettivi andamenti nel tempo. 2u(t+2) u(-t+1) 2 1 -2 a) 4u(-t-2) 1 t t b) -u(t-2) 4 2 t -2 -1 t b) a) Fig.A.2 Esempio A.1 La funzione a gradino unitario può essere utilizzata nei seguenti casi: A1.1 Per simulare la chiusura di un interruttore Come è mostrato in fig.A.3 la chiusura di un interruttore al tempo t = 0 può essere simulata moltiplicando per u(t) le f.e.m. (o le correnti) dei generatori indipendenti. Questa operazione indica l'esistenza del circuito in oggetto a partire dal tempo 0. t=0 e(t) e(t)u(t) a) b) Fig.A.3 Chiusura di un interruttore per t=0 a) sua simulazione b) A1.2 Per rendere unilatere le funzioni Qualunque funzione moltiplicata per u(t) diviene unilatera ossia diversa da zero solo per t > 0. Questa caratteristica della funzione a gradino unitario è illustrata in fig.A.4 f(t) f(t)u(t) t a) t b) Fig.A.4 Generica funzione f(t) a) funzione f(t) resa unilatera b) A1.3 Per dare rappresentazione analitica a particolari funzioni La funzione a gradino unitario può essere utilizzata per esprimere, con un'unica relazione una funzione somma di più funzioni definite in diversi intervalli di tempo. 283 Appendice A Funzioni di particolare interesse Esempio A.2 f(t) 1 0 2 6 8 t Fig.A.5 Esempio A.2 Facendo uso della funzione a gradino unitario si può scrivere: 1 f ( t ) = [ tu( t ) − ( t − 2) u( t − 2) − ( t − 6) u( t − 6) + ( t − 8) u( t − 8)] 2 A.2 Funzione a rampa La funzione a rampa r(t), rappresentata in fig.A.6, è data dalla relazione: r(t) = t u(t) (A.3) r(t) 0 t Fig. A.6 Funzione a rampa A.3 Funzione impulsiva Si supponga di applicare ad un condensatore una tensione ud(t), come quella rappresentata in fig.A.7a), e si voglia determinare la corrente che lo attraversa (si può anche considerare il problema duale del calcolo della tensione alle estremità di un induttore al quale sia applicata una corrente come quella di figura). Il calcolo si riconduce alla moltiplicazione di una costante, la capacità (o l'induttanza), per la derivata della tensione (o della corrente) stessa. Tale derivata, indicata con δd(t) è qualitativamente rappresentata in fig. A.7b). Nella fig.A.7c) è rappresentata la funzione ottenuta moltiplicando t per δd(t). ud(t) a) δd(t) 1 0 t δd(t) b) t c) 0 t t Fig. A.7 Tensione (corrente) a) e sua derivata b) funzione t δd(t) E' immediato osservare che accentuando sempre meno gli smussi sugli angoli di ud(t) tale funzione tende al gradino unitario, mentre la funzione δd(t) diminuisce sempre più di durata e aumenta di ampiezza fino a tendere ad una funzione nulla dappertutto ad eccezione dell'origine in cui tende a infinito. La funzione δ(t) che si ottiene è quindi la 284 Appendice A Funzioni di particolare interesse derivata di u(t) ed è detta funzione impulsiva o delta di Dirac. La funzione di figura A.7c) tende a divenire nulla. Annullando gli smussi si ha dunque: u d ( t ) → u( t ) du d ( t ) du( t ) → δ( t ) = dt dt tδ d ( t ) → tδ( t ) → 0 δ d (t) = (A.4) Per una dimostrazione rigorosa delle affermazioni precedenti è necessario riferirsi alla teoria delle distribuzioni. Un altro modo, non rigoroso ma spesso utilizzato, per illustrare come la funzione impulsiva possa essere considerata derivata di quella a gradino è illustrato in fig. A.8 δd(t) ud(t) 1 1/ε 0 ε 0 t a) ε t b) Fig. A.8 funzione ud(t) a) e sua derivata b) In fig. A.8 b) è riportata la derivata della funzione di fig A.4.8 a). Facendo tendere ε a zero la funzione ud(t) tende a u(t) mentre δd(t) tende a δ(t). La funzione impulsiva gode delle seguenti proprietà: +∞ 0+ 0+ du δ( t )dt = δ( t )dt = dt = dt − − −∞ 0 +∞ 0 0+ f ( t )δ ( t )dt = −∞ du = u(0 + ) − u(0 − ) = 1 ( ) u 0 (A.5) − 0+ f ( t )δ( t )dt = 0 ( ) u 0+ − f (0)δ( t )dt = f (0) 0 (A.6) − Più in generale per la funzione impulsiva traslata, ossia applicata all'istante t0 anziché in t=0, si ha: δ( t − t 0 ) = ∞ 0 t = t0 t ≠ t0 (A.7) +∞ δ( t − t 0 )dt = 1 (A.8) −∞ +∞ f ( t )δ( t − t 0 )dt = f ( t 0 ) (A.9) −∞ La relazione (A.9) indica che moltiplicando una funzione per quella impulsiva applicata all'istante t0 e integrando si estrae il valore della funzione in t0 (operazione di campionamento) . 285 Appendice A Funzioni di particolare interesse Esempio A.3 La corrente in un condensatore al quale venga applicata la tensione Vu(t) vale: i( t ) = C d[ Vu( t )] = CVδ ( t ) dt Analogamente imponendo la corrente Ju(t) ad un induttore si ha: d[Ju( t )] v( t ) = L = LJδ( t ) dt Da cui si deduce che l'applicazione di un gradino di tensione fa nascere un impulso di corrente, mentre l'imposizione di un gradino di corrente in un induttore fa sorgere un impulso di tensione. Esempio A.4 La tensione ai terminali di un condensatore, inizialmente scarico, provocata dalla corrente Iδ(t) vale: o+ I 1 v( t ) = Iδ( t )dt = C − C 0 Allo stesso modo la corrente in una induttanza, scarica, alla quale si applichi la tensione Vδ(t) è: o+ V 1 i( t ) = Vδ( t )dt = L − C 0 I risultati trovati mostrano che impulsi di corrente nei condensatori provocano una carica istantanea (e quindi una variazione istantanea della tensione), impulsi di tensione applicati agli induttori provocano salti nella corrente. A4 Derivazione delle funzioni continue a tratti Mediante le regole di derivazione introdotte possono essere eseguite le derivate di funzioni continue a tratti, ossia di funzioni che presentino un numero finito di discontinuità di seconda specie. Un esempio di una funzione continua a tratti e della sua derivata e illustrato in fig. A.9 f '(t) f(t) f3(t) f2(t) [f2(t1)-f1(t1)]δ(t-t1) f1(t) 0 f1(0)δ(t) t1 t2 a) t3 t f2'(t ) t1 0 f3(t3)δ(t-t3) f3'(t ) t2 f1'(t) t3 t [f3(t2)-f2(t2)]δ(t-t2)] b) Fig. A.9 Funzione continua a tratti a) e sua derivata b) 286 Appendice A Funzioni di particolare interesse La funzione f(t) può essere descritta mediante la relazione: [ ] [ ] [ f ( t ) = f 1 ( t ) u( t ) − u ( t − t 1 ) + f 2 ( t ) u( t − t 1 ) − u ( t − t 2 ) + f 3 ( t ) u( t − t 2 ) − u( t − t 3 ) Derivando si ottiene: [ ' ] [ ] ] f ( t ) = f1' ( t ) u( t ) − u( t − t 1 ) + f1 (0)δ( t ) − f1 ( t 1 )δ( t − t 1 ) + f 2' ( t ) u( t − t 1 ) − u( t − t 2 ) + [ u( t − t 2 ) − u( t − t 3 ) ] + f 3 ( t 2 ) δ ( t − t 2 ) − f 3 ( t 3 ) δ ( t − t 3 ) = = [ u( t) − u( t − t 1 )] + [ u( t − t 1 ) − u( t − t 2 )] + f 3' ( t )[ u( t − t 2 ) − u( t − t 3 )] + f1 (0)δ( t) + + [ f 2 ( t 1 ) − f1 ( t 1 ) ]δ ( t − t 1 ) + [ f 3 ( t 2 ) − f 2 ( t 2 )]δ ( t − t 2 ) − f 3 ( t 3 )δ( t − t 3 ) + f 2 ( t 1 )δ ( t − t 1 ) − f 2 ( t 2 )δ ( t − t 2 ) + f1' ( t ) f 3' ( t ) f 2' ( t ) Dai risultati trovati si può concludere che se la funzione presenta un salto in t0, la derivata in quel punto risulta: f ' (t) ]t=t 0 [ ] = f ( t 0 + ) − f ( t 0− ) δ ( t − t 0 ) (A.10) Esempio A.5 Sia assegnata la funzione di fig. A.10 di cui si voglia determinare la derivata. f(t) f '(t) 2 2 1 0 -1 3 8 10 0 t a) 2 3 8 -3 10 t -1 b) Fig. A.10 Esempio A.5 ' La funzione f(t) e la sua derivata f (t) valgono: f ( t ) = 2 u( t ) − 3u( t − 3) + 2 u( t − 8) − u( t − 10) f ' ( t ) = 2δ ( t ) − 3δ( t − 3) + 2δ( t − 8) − δ ( t − 10) A5 Derivazione della funzione impulsiva Si consideri la funzione detta a "gate" di fig.A.11a), essa ha come derivata la funzione rappresentata in fig. A.11b). Facendo tendere ε a zero la funzione a "gate" tende a quella impulsiva e la sua derivata alla derivata della funzione impulsiva. Tale derivata è rappresentata in fig.A.11c). δ'(t) g'(t) g(t) 1/ε 1/ε 1/ε ε a) t ε b) t t c) Fig. A.11 Funzione "gate" a) derivata della funzione a "gate" b) derivata della funzione impulsiva c) 287 Appendice A Funzioni di particolare interesse A.6 Derivazione della funzione a rampa Tenendo presente la (A.4) si ha: r ' (t) = [ d t u( t ) dt ] = u( t ) + tδ( t ) = u( t ) La derivata della rampa è dunque il gradino. (A.11) APPENDICE B B.1 Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione Si supponga di alimentare un circuito lineare tempo-invariante, inizialmente scarico, con l'impulso rettangolare p∆(t) di area unitaria , rappresentato in fig. B.1a), e sia w∆(t) la risposta da esso provocata e rappresentata in fig. B.1b). p∆(t) w∆(t) 1/∆ 1/∆ ∆ ∆ t a) t b) Fig. B.1 Impulso rettangolare a) e risposta da esso provocata b) L'impulso p∆(t) è descritto dalla relazione: p ∆ (t) = 1 [ u( t ) − u ( t − ∆ ) ] ∆ (B.1) Poiché il circuito è tempo-invariante una traslazione nell'ingresso provoca la stessa variazione nell'uscita, come è mostrato in fig.B.2 w∆(t-τk) p∆(t-τk) 1/∆ 1/∆ τκ τκ+ ∆ t a) τκ τκ+ ∆ t b) Fig. B.2 Impulso rettangolare traslato a) e risposta traslata b) In virtù della linearità del circuito moltiplicando l'ingresso per una quantità costante ak anche l'uscita risulta moltiplicata per la stessa quantità. Si possono riassumere i risultati trovati nel seguente modo: 290 Appendice B Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione p ∆ (t) → w ∆ (t) p ∆ (t − τ k ) → w ∆ (t − τ k ) a k p ∆ (t − τ k ) → a k w ∆ (t − τ k ) Si consideri ora un generico ingresso f(t) e si approssimi con una funzione fg(t), continua a tratti, come mostrato in fig.B.3, in cui l'intervallo di tempo [0, t] è stato scomposto in N+1 intervalli di ampiezza ∆. f(t) fg(t) 1 0 2 N+1 k τ1 τ2 τk τk+1 τn t Fig. B.3 Funzione di ingresso approssimata con una funzione continua a tratti Indicando con τ il generico tempo compreso tra l'istante 0, in cui è applicata la sollecitazione è applicata al circuito inizialmente scarico, e il tempo t al quale si valuta la risposta, posto τ0 = 0, si può scrivere: N fg (t) = 0 [ f ( τ k ) u( t − τ k ) − u( t − τ k − ∆ ) ] (B.2) Tenendo conto della (B.1) risulta: [ u( t − τ k ) − u ( t − τ k − ∆ ) ] = p ∆ ( t − τ k ) ∆ sostituendo nella (B.2) si trova: N fg (t) = 0 f (τ k ) p ∆ (t − τ k ) ∆ (B.3) Alla quale, per il principio di sovrapposizione degli effetti, corrisponde la risposta: N y g (t) = 0 f (τ k ) w ∆ (t − τ k ) ∆ Aumentando il numero degli intervalli, ossia per ∆→0, si ha: ∆ → dt f ( τ k ) → f ( τ) p ∆ ( t − τ k ) → δ( t − τ k ) w ∆ (t − τ k ) → w( t − τ k ) fg (t) → f (t) y g ( t ) → y( t ) inoltre la sommatoria (B.4) tende all'integrale di convoluzione: (B.4) Appendice B 291 Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione t y ( t ) = f ( τ ) w ( t − τ ) dτ (B.5) 0 La procedura seguita mostra che calcolare la risposta mediante l'integrale di convoluzone significa scomporre l'ingresso in impulsi rettangolari e sommare le risposte ai singoli impulsi. Ciò può essere fatto solo per circuiti lineari. B.2 Interpretazione grafica dell'integrale di convoluzione La relazione (B.5), che fornisce la risposta forzata del circuito, può avere anche una interpretazione grafica. Si supponga ad esempio di voler calcolare la risposta al tempo t1, si ha: y( t 1 ) = t1 0 f ( τ ) w ( t 1 − τ ) dτ = t1 0 f ( t 1 − τ ) w ( τ ) dτ La relazione precedente rappresenta l'area racchiusa dal prodotto delle curve f(τ)w(t-τ) o f(t-τ)w(τ) per ogni 0 ≤ t ≤ t 1 . Esempio B.1 Siano assegnate w(t) e f(t) illustrate in fig.B.4 a) e b) e si voglia calcolare la risposta per alcuni valori di t1. f(τ) w(τ) 1 1 1 2 1 3 τ a) 2 3 τ b) f(-τ) f(t1-τ) 1 -1 1 1 τ 0 c) d) 0 2 1 τ Fig. B.4 Esempio B.1 In fig.B.4 c) e d) sono riportate f(-τ) e f(t1-τ) per t1=1s. La risposta del circuito al tempo t1 prefissato si trova eseguendo i prodotti tra le funzioni di fig.B a) e d) e calcolando l'area sottesa come illustrato in fig.B.5. w(τ) f(t1-τ) 1 1 w(τ)f(t1-τ) 2 3 τ Fig. B.5 Risposta per t1=1 Nelle fig.B.6 e B.7 sono riportate le risposte per t1 = 2s, t1 = 3s. 1 2 3 τ 292 Appendice B Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione w(τ) f(2-τ) 1 1 w(τ)f(2-τ) 1 3 τ 2 2 3 τ 1 2 Fig.B.6 Risposta per t1=2s w(τ) f(3-τ) 1 1 w(τ)f(3-τ) 3 τ 2 3 τ Fig.B.7 Risposta per t1=3s B.3 Calcolo della risposta forzata scomponendo in gradini dell'ingresso E' stato in precedenza mostrato come l'applicazione dell'integrale di convoluzione al calcolo della risposta forzata del circuito corrisponda a scomporre il segnale di ingresso in impulsi rettangolari e ad applicare poi il principio di sovrapposizione degli effetti. La stessa risposta può anche essere determinata scomponendo l'ingresso in gradini di ampiezza opportuna e sovrapponendo gli effetti. f(t) 5 6 7 4 8 a) 3 f(0) 0 f(t1) 2 9 1 τ0 τ1 τk t1 t fg(t) 5 δτκ 4 b) 3 δτ0 2 1 6 t 7 8 9 Fig. B.8 Funzione di ingresso a) e sua scomposizione mediante gradini Appendice B 293 Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione Si consideri infatti il segnale di ingresso rappresentato in fig. B.8 a) esso può essere scomposto mediante gradini come indicato in fig. B.8 b). In tali figure è stato indicato con δτk l'ampiezza del generico gradino applicato all'istante τk. Indicando con g(t) la risposta al gradino unitario applicato in t = 0, la risposta al gradino di ampiezza δτk applicato al tempo τk vale δτk g(t-τk). La risposta y(t) del circuito al tempo t, indicando con h il numero dei gradini attivati fino al tempo t, risulta: h y( t ) = f (0)g( t ) + δτ k g( t − τ k ) − g( t 1 )g( t − t 1 ) 0 (B.6) f(t) δτk α δτ t Fig. B.9 Particolare della funzione di ingresso Dalla fig.B.9 si ha: δτ k = tgα → f '( τ k ) per δτ → 0 δτ Moltiplicando e dividendo per δτ l'argomento della sommatoria nella (B.6) si ha: h δτ k g( t − τ k ) δτ − g( t 1 )g( t − t 1 ) δτ y( t ) = f (0)g( t ) + 0 facendo tendere δτ a zero si ottiene: t t y( t ) = f (0)g( t ) + f ' ( τ)g( t − τ )dτ = f (0)g( t ) + f ' ( t − τ )g( τ)dτ per 0 ≤ t ≤ t 1 0 (B.7) 0 t1 t1 y( t ) = f ( 0) g( t ) + f '( τ )g( t − τ ) dτ − f ( t 1 ) g( t − t 1 ) = f ( 0) g( t ) + f '( t − τ) g( τ) dτ − f ( t 1 ) g( t − t 1 ) 0 0 per t ≥ t1 (B.8) f(t) f(0) 0 f(t1) t1 t Fig. B.10 Funzione con discontinuità iniziale e finale 294 Appendice B Calcolo della risposta forzata mediante l'integrale di convoluzione ~ Si osservi che indicando con f '( t ) la derivata generalizzata introdotta in Appendice B si può scrivere: t ~ f ' ( τ ) g ( t − τ ) dτ y( t ) = per 0 ≤ t ≤ t 1 0 (B.9) t1 ~ f ' ( τ ) g ( t − τ ) dτ y( t ) = per t ≥ t 1 0 Si consideri infatti la funzione di fig.B.10 indicando con f '(t) la derivata nell'intervallo aperto (0, t1) si ha: d ~ f '( t ) = f ( t ) u( t ) − u( t − t 1 = f '( t ) u( t ) − u( t − t 1 + f (0)δ( t ) − f ( t 1 )δ( t − t 1 ) dt Sostituendo nella (B.9) si ottengono le (B.7) e (B.8). { [ ]} [ ] Esempio B.1 La funzione f(t) rappresentata in fig.B.11 può essere scritta come: f (0) f (t) = − ( t − t 1 ) u( t ) − u( t − t 1 ) t1 [ ] f(t) f(t1) f(0) 0 t1 t Fig. B.11 Esempio B.11 La derivata generalizzata vale: f (0) ~' f ( t ) = f (0)δ ( t ) − u( t ) − u( t − t 1 ) = f (0)δ( t ) + f ' ( t ) t1 [ ] Assumendo una g( t ) = Ae −αt Sostituendo nella (B.9) si ha: t [f (0)δ( τ) + f (τ)]g( t − τ)dτ = f (0)g( t) + t ' y( t ) = 0 f ' ( τ )g( t − τ )dτ = f (0) A 1 − 0 α (1 − e −αt ) t1 per 0 ≤ t ≤t1 t1 [ f (0)δ( τ) + f ( τ)]g( t − τ)dτ = f (0)g( t) + t1 ' y( t ) = 0 per t ≥ t1. f ' ( τ) g( t − τ) dτ = f (0)A 1 − 0 α − α ( t − t1 ) − e −αt ) (e t1 APPENDICE C C.1 Risposta libera Si vuol determinare la soluzione dell'equazione di stato X = AX + BU (C.1) in cui X e U sono i vettori delle variabili di stato e degli ingressi. Assumendo inizialmente nullo il vettore degli ingressi (questo significa disattivare tutti i generatori indipendenti presenti nel circuito), si ha: X = AX (C.2) La soluzione della (C.2) fornisce la risposta libera, ossia la risposta del circuito alle sole condizioni iniziali. Per analogia con il caso scalare si ha: X = e At X 0 (C.3) in cui X0 è il vettore delle condizioni iniziali e e At è la matrice di transizione. Verifichiamo che la (C.3) è soluzione della (C.2). Procedendo sempre per analogia al caso scalare si ha: e at = 1 + at + a 2 t 2 a 3t 3 + +.......... 2! 3! e At = I + At + d(e At ) dt A 2 t 2 A 3t 3 + +.......... 2! 3! = A + A2t + A 3t 2 A2t2 +.......... = A I + At + +.......... = Ae At 2! 2! Si ha quindi: X = d (e At X 0 ) dt = Ae At X 0 = AX La (C.2) risulta quindi verificata. E' necessario a questo punto calcolare la matrice di transizione. 296 Appendice C Soluzione dell'equazione di stato C.1.1 Calcolo della matrice di transizione Il calcolo della matrice di transizione richiede la conoscenza degli autovalori e degli autovettori della matrice A. Data la matrice quadrata A, si consideri la relazione: det ( A − λI ) = 0 [det ( λI − A ) = 0] (C.4) essa è detta equazione caratteristica e le sue soluzioni autovalori. a) Autovalori reali distinti Si considerino le relazioni: (A − λ i I ) η i = 0 (C.5) (C.6) Aηi = λ i η i esse hanno soluzione diversa da quella nulla poiché λ i sono autovalori. I vettori ηi sono detti autovettori destri di A associati agli autovalori λ i . Esempio C.1 Si vogliono determinare gli autovalori e gli autovettori della matrice: 0 1 0 A= 3 0 2 − 12 − 7 − 6 L'equazione caratteristica è: λ −1 0 det ( λI − A ) = det − 3 λ − 2 = λ3 + 6λ2 + 11λ + 6 = ( λ + 1)( λ + 2)( λ + 3) = 0 12 7 λ + 6 Gli autovalori risultano: λ 1 = −1 λ 2 = −2 λ 3 = −3 Il primo autovettore si trova dalla relazione: (λ 1I − A)η1 = −1 −1 0 η11 − 3 − 1 − 2 η12 = 0 12 7 5 η13 Poiché la matrice ha rango 2 si trovano infinite soluzioni. − η11 − η12 = 0 − 3η11 − η12 − 2 η13 = 0 Assumendo η11 = 1 si trova η12 = −1 , η13 = −1 . Quindi: η11 1 η1 = η12 = − 1 η13 −1 Analogamente considerando gli altri autovalori si trova: Appendice C 297 Soluzione dell'equazione di stato −2 (λ 2 I − A ) η 2 = −1 0 η 21 η 21 − 3 − 2 − 2 η 22 = 0 12 7 4 2 η2 = η 22 = − 4 η 23 η 23 − 3 − 1 0 η31 (λ 3I − A)η3 = − 3 − 3 − 2 η32 = 0 12 7 3 η33 Si ha quindi: 1 η 21 1 η2 = η 22 = − 3 η 23 3 [ η = η1 η2 ] 1 2 1 η3 = − 1 − 4 − 3 −1 1 3 La matrice η dell'esempio precedente è detta matrice degli autovettori destri. η1 η2 η3 sono gli autovettori destri. La relazione (C.6) può essere scritta: [ ] [ A η1 η2 η3 = η1 η 2 η3 ] λ1 0 0 0 λ2 0 0 0 λ2 In generale, indicando con Λ una matrice diagonale, avente sulla diagonale principale gli autovalori, si ottiene: (C.7) Aη = ηΛ e quindi: (C.8) η −1Aη = Λ Nell'esempio precedente è: [α 11 α 12 ] −1 −1 α 13 − 3 − 1 − 2 = 0 12 [α 21 [α 31 α 22 α 22 0 α 23 ] ] 7 α 33 − 3 3 12 7 α= α T2 α T3 è immediato verificare che α = η −1 [ ] [ ] α T2 = − 1 − 2 − 3 0 −2 = 0 α T3 = 1 3 / 2 5 / 2 3 da cui: α 1T ] 5 − 2 −1 0 −3 −2 −2 =0 12 7 4 − 3 −1 [ α 1T = 1 5 / 2 9 / 2 9 5 2 1 = −6 −4 −2 2 5 3 2 298 Appendice C Soluzione dell'equazione di stato Si definiscono autovettori sinistri gli autovettori risultanti dalla relazione: α Ti (λ i I − A ) = 0 Anche per gli autovettori sinistri si può scrivere: (C.9) αA = Λα ed anche: αAα −1 = Λ (C.10) α = η −1 (C.11) Confrontando le (C.8) e (C.9) si ha: Dalle precedenti relazioni si ha: A = ηΛη −1 = ηΛα = η i α Ti λ i (C.12) La (C.12) è detta rappresentazione spettrale della matrice A. Poiché è possibile dimostrare che vale: f ( At ) = η i α Ti f ( λ i t ) (C.13) si ha: e n At = 1 ηi α Ti e λ i t (C.14) La risposta libera data dalla (C.3) può quindi essere scritta: n X = 1 ηi α Ti e λ i t X 0 (C.15) Poiché gli autovettori (destri) sono tra loro linearmente indipendenti possono essere assunti come base dello spazio di stato. Lo stato iniziale può essere decomposto rispetto a questa base secondo la relazione: n X0 = 1 c i ηi (C.16) in cui ci sono costanti. Sostituendo la (C.16) nella (C.15) ricordando che: α Ti η j = δ ij in cui il simbolo di Kronecher δ ij vale 1 per i = j e 0 per i ≠ j si ha: n X = 1 ηi α Ti e λ i t n 1 n c i ηi = 1 e λ i t η i α Ti ( η1c1 + η2 c 2 + ....) = n 1 e λ i t η i c i (C.17) dal confronto tra (C.15) e (C.17) si ha: c i = α Ti X 0 (C.18) I termini e λ i t ηi c i sono detti modi naturali. Un modo risulta eccitato (ossia compare nella risposta) se il corrispondente ci è diverso da zero. Notiamo che ci risulta se le condizioni iniziali non hanno componente su ηi . Appendice C 299 Soluzione dell'equazione di stato Dunque: un modo di evolvere risulta eccitato se le condizioni iniziali hanno componenti sul corrispondente autovettore. b) Autovalori complessi coniugati Consideriamo il caso in cui la matrice A abbia una coppia di autovalori complessi coniugati λ 1 e λ*1 . Poiché anche gli autovalori destri e sinistri risultano complessi coniugati, l'evoluzione libera risulta: * X = e λ1t η1α 1T X 0 + e λ1t η1* α 1*T X 0 (C.19) Le condizioni iniziali possono essere espresse con la relazione: X 0 = c1η1 + c1*η1* (C.20) Procedendo come nel caso precedente si trova: * X = e λ1t η1c1 + e λ1t η1*c1* (C.21) Poniamo λ 1 = σ + jω η1 = λ 1 = σ − jω η11R + jη11I η12 R + jη12 I η1* = (C.22) η11R − jη11I η12 R − jη12 I (C.23) Una componente dell'autovettore è arbitraria e pertanto può essere assunta unitaria la prima componente. Si ha quindi: η1 = η12 R 1 1 = + jη12 I Ke jβ η1* = η12 R 1 1 = − jη12 I Ke − jβ in cui: 2 2 K = η12 R + η12 I β = arctg η12 I η12 R (C.24) (C.25) La matrice degli autovalori e la sua inversa sono: η= 1 Ke jβ 1 Ke − jβ α = η −1 = Ke − jβ j 2 K sen β − Ke jβ −1 1 (C.26) Per le costanti c1 c1* si ha: c1 = α 1T X 0 = x 10 x 20 1 +j x 10 cos β − = Me jϕ 2 2 sen β K c1* = α T2 X 0 = Me − jϕ (C.27) (C.28) Nelle relazioni precedenti si è posto: M= x 1 2 1 x 10 + x 10 cos β − 20 2 2 K sen β 2 ϕ = arctg x 20 K x 10 sen β x 10 cos β − (C.29) 300 Appendice C Soluzione dell'equazione di stato La (C.21) diviene: X = Me σt η12 R 1 1 e j( ωt +ϕ ) + e − j( ωt +ϕ ) = η12 R − jη12 I + jη12 I (C.30) cos( ωt + ϕ ) η12 R cos( ωt + ϕ) − η12 I sen( ωt + ϕ ) = 2 Me σt La matrice di transizione si determina dalla (C.21) e risulta: e At 1 1 e λ1t = Ke jβ 2K sen β Ke − j β− π 2 −e j π 2 * 1 1 e λ1t + Ke − jβ 2K sen β Ke j β− π 2 −e −j π 2 Sviluppando si trova: e At = − K sen (ωt − β) sen ωt e σt 2 K sen (ωt + β) K sen β − K sen ωt (C.31) Nota: la matrice di transizione la risposta libera può essere calcolata dalla (C.3). C.2 Risposta completa L'equazione di stato (C.1) può essere scritta: X − AX = BU premoltiplicando per e − At si ha: Dalla relazione: integrando tra 0 e t si ha: e quindi: Premoltiplicando per e At si trova: t X = e At X 0 + e A (t − τ ) BU(τ)dτ 0 (C.32) La differenza tra la (C.32), che rappresenta la risposta completa, e la (C.3) che rappresenta la risposta libera, fornisce la risposta forzata. Essa vale: TESTI DI COMPITI Vengono forniti i testi di alcuni compiti e test sottoposti, nel corso degli anni, ai frequentatori dei corsi di elettrotecnica per le Armi Navali e per lo Stato Maggiore. Alcuni di questi compiti hanno anche la soluzione. Per i test a risposta multipla è fornita la sequenza delle risposte esatte. In tutti i testi sono presenti dei rimandi ipertestuali, correlati alle lezioni che trattano gli argomenti dell’esercizio, da utilizzare qualora sorgano difficoltà durante la risoluzione, o in fase preliminare quale ripasso degli argomenti. Tali rimandi sono racchiusi in un rettangolo con i bordi rossi e sono quindi indicativi delle conoscenze specifiche necessarie alla risoluzione dell’esercizio assegnato. I testi sono raggruppati, in base agli argomenti, nelle seguenti categorie: 1) 2) 3) 4) 5) 6) Regime in corrente continua Regime in corrente alternata (mono e trifase) Transitori F.d.t e risposta in frequenza Vari Test COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 25-11-02 1) Determinare l’equivalente di Thevenin del bipolo rappresentato in Fig.1. R R A I R J J=5A R=10Ω α= −3 E=20V R αI B E R 2) Calcolare la corrente I nel ramo AB. R A I R R B J E1 E2 R R R E1=50V E2=25V J=17A R=10Ω R R 3) Calcolare la corrente nel resistore di resistenza R, collegato tra i punti A e B, mediante il teorema di Norton. J1 R A R I J1 J2 R R B R E1 J1=1A J2=2A E1=30V R=5Ω SOLUZIONE Esercizio 1 a)Calcolo della Eeq Dal I° principio di Kirchhoff si ha: I = E eq = RJ J e quindi: 1− α 1 2−α +1 − E = RJ − E = 42,5 V 1− α 1− α b) calcolo della Req R R A R J* I V* R αI B Poiché: I = J∗ 1− α E e V ∗ R = 2 RJ ∗ + RI = 3 − 2α RJ 1− α ∗ V ∗ 3 − 2α = R = 22,5 Ω 1− α I∗ Si osservi che per α=1 il circuito non può funzionare perché risulta violato il primo principio di Kirchhoff. Risulta: R eq = Esercizio 2 Si risolve con Thevenin e con Norton a) Calcolo della resistenza equivalente A R R B R eq = R R b) Con Thevenin R 2R ⋅ 3R = 12 Ω 5R R A R E1 − E 2 = 5RI1 + 2J B I1 = J E I1 R R J R E1 − E 2 − 2RJ 5R E E eq = VAB = 2RI1 + RJ = 2 (E1 − E 2 ) + 1 RJ = 44 V 5 5 R R La corrente I è data dalla relazione: E eq I= = 2A R eq + R c) Con Norton Ieq A E1 R R J/2 R B J/2 J E2 R R R Jeq-J/2 Poiché VAB=0 ne consegue che la correnti nei due resistori collegati tra A e B sono uguali di valore J/2. Quindi: 2R (I eq − J / 2 + R (I eq + J / 2 = E1 − E 2 da cui: E − E 2 + RJ / 2 = 11 / 3A I eq = 1 3R ( ) ( ) Jeq+J/2 La corrente I è: R eq I = I eq = 2A R eq + R Esercizio 3 La resistenza equivalente vale Req= 2R=10Ω A R Ieq J1 E J B R La corrente di Norton vale: I eq = J1 + J + E / 2R = 6A e quindi: R eq J eq I= = 4A R eq + R COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 27-11-02 1) Determinare l’equivalente di Thevenin del bipolo rappresentato in Fig.1. R R A R J J=5A R=10Ω µ= 3 J R µV - V B + R 2) Calcolare la corrente I nel ramo AB. R R A E1=100V E2=20V J=5A R=2Ω I J E1 E2 R R E1 R B R R 3) Calcolare la corrente nel resistore di resistenza R, collegato tra i punti A e B, mediante il teorema di Norton. A R R I J1 J2 R E1 R R R B J1=3A J2=2A E1=20V R=4Ω SOLUZIONE Esercizio 1 Il circuito può essere semplificato come segue: R R A R 2J 2RI − µV − R 2J = 0 I µV 2J V - B + V = R 2J Dalle relazioni precedenti si ha: I = J(1 + µ ) = 20A E eq = VAB = RI + V = RJ (3 + µ ) = 300V R Per il calcolo della resistenza equivalente si considera il seguente circuito: A J R R J* * 2RI − µV − RJ ∗ = 0 R I µV B V R + V = RJ ∗ Dalle relazioni precedenti si ha: 1+ µ I = J∗ 2 5+µ ∗ VAB = RI + 2RJ ∗ = RJ ∗ 2 ∗ V 5+µ R eq = AB =R = 40Ω ∗ 2 J Il circuito bipolo equivalente di Thevenin è quindi costituito da un generatore di tensione di f.e.m. Eeq= 300V e resistenza Req= 40Ω. CORRENTE ALTERNATA COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. S.M. del 14-1-99 Punteggio Domanda Voto 1) Un utilizzatore alimentato con la tensione v(t) = 100 sen(100t - π/6) assorbe la corrente i(t) = 10 sen(100t - π/3). Per tale utilizzatore determinare: 3/30 a) l'impedenza ........ ... 3/30 b) la potenza attiva, reattiva, apparente. ........ ... 6/30 2) Un circuito costituito da tre elementi in serie i cui parametri sono: R = 10Ω, L = 0,05H, C = 1mF è alimentato con una corrente sinusoidale di valore efficace I = 10A e pulsazione ω = 100rad/s. Calcolare il valore efficace della tensione applicata al circuito. 6/30 3) Nel circuito di figura, operante in regime sinusoidale, le correnti I1 e I2 hanno valore efficace 10A, determinare il valore efficace della tensione V. R=1Ω I1 I2 V 6/30 4) R1=10Ω ........ ... Nel circuito di figura, operante in regime sinusoidale, determinare la potenza attiva , reattiva e apparente complessiva e il valore efficace della corrente I. P3=300W I ∼ 6/30 Q2=500VAR P2=500W V=200V P1=1kW cosϕ=0,8R ........ ... 5) Nel circuito di figura, operante in regime sinusoidale, in cui sono noti i valori efficaci delle tensioni alle estremità di R, di L, di C, determinare il valore efficace della corrente VR=100V VL=150V VC=50V I in R1. ∼ I R R1=10Ω L C ........ ... COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 9-2-2000 1) Nel circuito di Fig.1, in cui sono noti i valori efficaci di VR , VC e la potenza reattiva del condensatore, determinare il valore efficace della tensione V1. (Punteggio max 10) VR A R XL V1 R=1Ω XL = 2 Ω VR = 50 V VC = 100 V QC = 1000 VAR R1 VC XC R B 2) Utilizzando il teorema di Thevenin calcolare il valore efficace della corrente I nella resistenza R1. Per i generatori si ha: e1 ( t ) = 100 2 sen ωt e 2 ( t ) = 100 2 sen( ωt − π / 4) . (Punteggio max 10) A R XL I E1 XC R E2 R1 R = 10 Ω R1 = 5 Ω XC = 10 Ω XL = 20 Ω XC B 3) Nel circuito di fig.3, in cui e( t ) = 100 2 sen 100t e il modulo dell'impedenza Z = 1Ω , sono noti: • a interruttore aperto: le potenze del generatore PG = 4000 W e QG = 1800 VAR • a interruttore chiuso: v AB1 ( t ) = VM sen 100t . E' inoltre noto che il condensatore è di capacità tale da fornire un rifasamento totale. determinare il valore della capacità. (Punteggio max 10) A Z1 Z E C B Z2 COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 27-02-2001 1) Nel circuito di figura, in cui sono noti i valori efficaci di IR e VR2, si determinino la potenza attiva e la potenza reattiva erogate dal generatore. R=10Ω, XL=5Ω, XL1=4Ω, XC=5Ω, R1=2Ω, ΙR=10A, VR2=50V XL1 R1 XL IR ~ R XC VR2 2)Nel circuito di figura, in cui sono presenti un generatore di tensione e uno di corrente alternata aventi la stessa frequenza, è noto il valore efficace della tensione VAB con interruttore aperto. Determinare la corrente, di regime, che percorre l'interruttore quando esso viene chiuso. VAB=100V, X1=10Ω, X2=10Ω, XM=5Ω, R1=5Ω, R2=3Ω, R1 A X1 E R2 B XM X2 I 3) Nel circuito di figura la capacità C del condensatore è tale da rifasare completamente il complesso dei carichi in parallelo. Determinare la potenza, attiva e reattiva, assorbita da tali carichi rifasati. ω=100rad/s, V=200V, R1=1Ω, X1=1Ω, R=50Ω, C=0,8mF, Z1=10Ω, cosϕ1=0,8R, cosϕ2=0,6R X1 ~ V R1 R C Z1 cosϕ1 cosϕ2 FDT E RISPOSTA IN FREQUENZA COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 26-4-99 1)Per il circuito di figura in cui sono assegnati R=20Ω, L=1H, C=100µF a) determinare la funzione di trasferimento W(s) = V2(s)/V1(s); (7 punti) b) studiare la stabilità al variare di α; (3 punti) c) tracciare i diagrammi asintotici di Bode assumendo α = 1 (5 punti) i L V1 R αi C L V2 2) Determinare la f.d.t. (5 punti) e tracciare i diagrammi asintotici di Bode di ampiezza (5 punti) e fase (5 punti) per una rete lineare passiva avente le singolarità riportate in figura. E' inoltre noto K=100 e che la risposta in frequenza soddisfa le seguenti condizioni: π ω →∞ 2 b) lim W = +∞ dB a) lim ∠W = ω→∞ c) lim W = −∞ dB ω →ω 0 j ω2 ω0 = 0 ω1 ω 1 = 10 3 e jπ / 2 ω0 ω3 ω2* ω1 ω4 * ω 2 = 10 4 e j2 π / 3 ω3 = -105 ω4 = 102 VARI COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 10-5-1999 1) Nel circuito di fig.1 è rappresentato un circuito funzionante a regime sinusoidale. Al tempo t = 0 viene aperto l’interruttore T; a partire da tale istante, dopo aver calcolato le condizioni iniziali (3 punti) determinare la corrente nel condensatore C1 (7 punti). Assumere: R =10Ω, C1=C2 =1mF, e(t) = 200 2 sen100t V, j(t) = 10 2 sen(100t−π/2) A t =0 e(t) ∼ T R ∼ C2 C1 j(t) R Fig.1 2) Nel circuito di fig.2, in cui L =1H, C =10µF, R =100Ω, α =2, µ =0,3, determinare la funzione di trasferimento W(s)= V2(s)/V1(s) (5 punti) e tracciare i diagrammi di Bode asintotici di ampiezza (2,5 punti) e fase (2,5 punti). A C i C V1 L R αi R µVA R L V2 Fig.2 3) Il circuito di fig.3 è alimentato da una terna simmetrica diretta di tensioni in cui il valore efficace della tensione di fase vale E = 220V. Per tale circuito determinare: a) le correnti e le potenze erogate, a regime, dai generatori con T1 chiuso e T2 aperto (5 punti); b) le correnti erogate, a regime, dai generatori con T1 aperto e T2 aperto (2,5 punti); c) le correnti erogate, a regime, dai generatori con T1 aperto e T2 chiuso(2,5 punti); Assumere Z1 = j38 , Z 2 = − j22 Ω , P = 6,6 kW, cosϕ =1. ∼ ∼ ∼ E1 P E2 cosϕ E3 Z2 Z2 Z1 Z2 Z1 Z1 T1 T2 Fig.3 COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. Del 4-5-2001 Nome e cognome …………………………………….. 1) Per il circuito di fig.1, in cui: R1= 10kΩ, R2= 2Ω, C1= 10µF, C2 = 500µF V (s ) a) determinare la funzione di trasferimento W (s ) = 2 ; V1 (s ) b) tracciare i diagrammi asintotici di Bode per modulo e fase di W(jω). C1 L V1 C2 R1 V2 R2 R Fig.1 2) In fig.2 è rappresentata una terna simmetrica di tensioni, di valore efficace di linea V=380V e frequenza f=50Hz, che alimenta due carichi equilibrati, uno che assorbe la potenza P1= 10kW con cosϕ = 0,6R (in ritardo) l'altro di impedenza Z 2 = R 2 + jX 2 = 10 + j10 ; tali carichi sono rifasati completamente da tre condensatori di capacità C collegati a triangolo. Nel circuito sono presenti anche un condensatore di reattanza XC = 30Ω posto tra le fasi 1 e 2, un resistore di resistenza R=20Ω, collegato tra la fase 3 e il neutro, e un induttore di reattanza XL= 10Ω collegato tra la fase 2 e il neutro. Determinare: a) La capacità di ciascuno dei condensatori collegati a triangolo; b) La potenza attiva e reattiva erogata dai generatori; c) La potenza attiva e reattiva erogata dai generatori nel caso in cui gli stessi condensatori siano collegati a stella; d) La potenza attiva e reattiva erogata dai generatori, a regime, nel caso in cui l'interruttore sia aperto ~ 1 ~ 2 ~ 3 XC V C XL N R C C Fig. 2 1/2 P1 cosϕ1 Z2 Z2 Z2 3) Il circuito di fig.3 in cui E = 25V, L=0,1H, C=10µF, µ=2, ξ=1 (smorzamento della parte destra del circuito) si trova a regime prima dell'apertura dell'interruttore che avviene all'istante t= 0. Determinare, a partire da t=0, l'andamento della corrente iL(t) nell'induttanza posta nella parte destra del circuito. L R E 2R 2R µV V L Fig. 3 2/2 iL C R R t =0 COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 4-09-2001 π , è funzionante a 2 regime prima dell'istante t = 0 in cui viene aperto l'interruttore. A partire da tale istante determinare la corrente nel ramo contenete L1. 1) Il circuito di fig.1, in cui R = 10Ω, L =L1=0,1H, e( t ) = 100 sen 100t + t=0 e(t) R L R L1 Fig. 1 2) In fig.2 è rappresentato un circuito lineare alimentato da una tensione periodica v( t ) = E + e( t ) = 40 + 100 2 sen 100t (schematizzata in figura con un generatore di corrente continua ed uno di corrente alternata). Assumendo R=10Ω, L =0,1H, C=10mF determinare: a) il valore efficace della corrente in ogni ramo; b) la potenza attiva complessivamente erogata dai generatori. R v(t) L e(t) C E Fig. 2 R COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 29-5-2002 1. Nel circuito di Fig.1 sono assegnati i valori efficaci delle correnti I1 e I2 che valgono I1=20A e I 2 = 10 2 A , la resistenza R3=2Ω, la reattanza X3=2Ω, la reattanza X1=10Ω, la frequenza f=50Hz. E’ anche noto che R2=X2 e che la capacità del condensatore è tale da rifasare completamente i due carichi in parallelo. Determinare: a) la capacità del condensatore espressa in µF; b) la corrente complessiva asorbita dai due carichi in parallelo; c) la corrente erogata dal generatore; d) la tensione alle estremità del generatore; e) le potenze, attiva e reattiva, erogate dal generatore. R3 X3 Ig I2 I1 Vg ∼ C X2 X1 R2 2. Fig.1 ( ) In Fig.2a) è rappresentato un circuito del primo ordine in cui R=2Ω, L=0,5H, i L 0 − = 1A (valore della corrente nell’induttore al tempo t=0-). In Fig.2b) è riportato l’andamento della tensione del generatore. In tale figura risulta t 0 = 6 τ (in cui τ è la costante di tempo del circuito). Determinare, relativamente alla corrente nell’induttore: a) la risposta libera; b) la risposta forzata. v(t) iL R v(t) L 1 R t0 2t0 −1 a) 3. b) Fig.2 Nel circuito di Fig.3 in cui R=10Ω L=0,2H, C=100µF, α=20 determinare: a) la funzione di trasferimento W(s)=V2(s)/V1(s); b) tracciare i diagrammi asintotici di Bode per modulo e fase. R i V1 R R L αi Fig.3 C R V2 t SOLUZIONE Esercizio 1 a) Il rifasamento totale si ha quando la parte immaginaria dell’ammettenza complessiva carichi-condensatore è nulla,ossia: ωC − C= ωL 2 1 − 2 ωL1 R 2 + ω 2 L22 da cui: L 1 1 1 1 1 1 + 2 22 2 = 2 + = + 2 ω L 1 R 2 + ω L 2 ω L 1 2ω L 2 ω X 1 2 X 2 2 Poiché deve essere: X1I1 = R 22 + X 22 I 2 = X 2 2I 2 risulta: X 2 = R 2 = X 1 I1 2I 2 = 10Ω Sostituendo nell’espressione della capacità risulta: C = 477,7µF b) Ponendo sull’asse reale la tensione ai carichi, data da V=X1I1 = 200V risulta: I = I1 + I 2 = − j20 + 10 − j10 = 10 − j30 = 31,6e − j1, 25 e quindi I = 31,6 A IL V I2 I1 I c) La corrente erogata dal generatore, uguale a quella che passa in linea, è IL =10 A d) La tensione del generatore è: Vg = V + (R 3 + jX 3 )I L = 200 + 2(1 + j)10 = 220 + j20 da cui Vg = 220,9V e) Le potenze risultano: { } = Im{V I } = X I Pg = Re Vg I ∗L = R 3 I 2L + R 2 I 22 = 2200 W Qg ∗ g L 2 3 L = 200VAR COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 01-10-2002 1) Nel circuito di Fig.1, in cui sono noti i valori efficaci di VR , VC e la reattanza del condensatore, determinare (con interruttore aperto) il valore efficace della differenza di potenziale E1. Successivamente, con interruttore chiuso e circuito a regime, determinare la potenza attiva e reattiva erogata dal generatore di f.e.m E2. A R R1 XL E1 VR VC XC E2 R R1 = 5 Ω R=2Ω XL = 2 Ω XC= 5Ω VR = 50 V VC = 50 V E2=E1 B Fig. 1 2) Il circuito di fig.2, in cui R = 10Ω, L=L1=0,1H, E = 50V, è funzionante a regime prima dell'istante t = 0 in cui viene aperto l'interruttore. A partire da tale istante determinare la corrente nel ramo contenete L1. t=0 E R L L1 R Fig. 2 R Esercizio 1 Ponendo la tensione VR ,e quindi la corrente IR, sull'asse reale risulta: V I R = R = 10A R1 VAB = VR + VC = 50(1 − j) IL = VAB = − j25 R + jX L VR IR VC VAB I1 IL I1 = I R + I L = 10 − j25 E1 = VAB + R ⋅ I1 = 70 − j100 E1 E1=122V 2)Si risolve mediante il teorema di Thevenin E Th = VAB = 50(1 − j) (R 1 − jX C )(R + jX L ) Z Th = = 2,41 + j1,03 (R 1 − jX C ) + (R + jX L ) I2 = E 2 − VAB = −0,5 − j20,5 Z Th S = E 2 I * = 2015 + j1485 P=2015W Q=1485VAR Esercizio 2 Condizioni iniziali: iL(0)=0, iL1(0)=E/R=5A. Dal circuito L-trasformato si ha: I1 (s ) = L1i L1 (0) R (R + Ls ) L1s + 2R + Ls I1 Sviluppando e ricordando che L1=L, si ha: i (0)(s + 2R / L ) 5(s + 200 ) 1,38 3,62 = 2 I1 (s ) = 2 L1 = + 2 4 s + 300s + 10 s + 261,8 s + 38,2 s + 3R / L + (R / L ) i 1 (t ) = 1,38e −261,8 t + 3,62e −38, 2 Ls L1s I1(s) R L1iL1(0) R COMPITO DI ELETTROTECNICA del 9-9-03 II Cl. A.N. (esame II sessione) 1) Il circuito di figura funziona a regime prima dell'istante t = 0 in cui viene aperto l'interruttore. A partire da tale istante determinare l’andamento della corrente nei due induttori. R = 10Ω, L=L1=0,1H, E = 50V, C=15pF L E C R t=0 R R R L1 2) Nel circuito di figura la capacità C del condensatore è tale da rifasare completamente il complesso dei carichi. Determinare: a) la potenza, attiva e reattiva, erogata dal generatore; b) le stesse grandezze nel caso in cui il condensatore venga disinserito. ω=100rad/s, V=200V, R1=1Ω, X1=1Ω, R=50Ω, C=0,8mF, Z1=10Ω, cosϕ1=0,8R, cosϕ2=0,6R X1 ~ V R1 R C Z1 cosϕ1 cosϕ2 TEST COMPITO DI ELETTROTECNICA II Cl. A.N. del 17-04-02 Collegamento a circuiti di II° ordine 1) Il grafico di figura può rappresentare: la risposta di un circuito di II° ordine, con smorzamento uguale ad 1, all'ingresso ? a) sinusoidale; risposta di un circuito di II° ordine contenente due induttori e un resistore all'ingresso ? b) lasinusoidale; ? c) la risposta di un circuito di II° ordine contenente due condensatori e un resistore all'ingresso sinusoidale; ? d) la risposta di un circuito di II° ordine con un condensatore un induttore e un resistore all'ingresso sinusoidale; e) ? la risposta di un circuito di II° ordine costituito solo da un induttore e un da un condensatoreall'ingresso sinusoidale; x(t) x(t) xc(t) t 0 2) In figura sono rappresentate le curve di carica e di scarica di un circuito del I° ordine. La costante di tempo vale approssimativamente: Costante di tempo ? a) 1 ms ? b) 0,5 ms ? c) 1,5 ms 10 2 ms ? d) 9 e) 9 ms ? 8 7 6 5 4 3 2 1 0 0 1 2 3 4 6 5 tempo(ms) 7 8 9 10 3) Con risposta libera di un circuito s'intende: Risposta libera 2 ? a) la risposta del circuito alle sole condizioni iniziali; risposta di un circuito inizialmente scarico sollecitato con generatori di tensione e/o ? b) lacorrente; ? c) la risposta del circuito a transitorio esaurito; risposta del circuito al gradino unitario; ? e)d) lala risposta del circuito inizialmente scarico e con generatori disattivati. ? 4) Relativamente ad un circuito comprendente un generatore dipendente, quale tra le seguenti affermazioni è errata: ? a) può non ammettere regime perché la risposta transitoria può essere non smorzata; circuito sollecitato dalle sole condizioni iniziali può fornire una risposta libera che tende ? b) ilall'infinito; Circuiti con generatori ? c) l'ordine del circuito, per effetto del generatore dipendente, varia; controllati risposta transitoria può essere smorzata; ? e)d) lal'andamento nel tempo della risposta a regime, se esiste, non è influenzato dal generatore ? dipendente ma dipende solo dai generatori indipendenti 5) L'ordine del circuito di figura è: ?a)b) 54 Ordine del circuito ? c) 3 ?d) 2 ? e) Nessuna delle precedenti 6) Un tipo: ? a)b) ? c) ? d) ?e) ? E1 J1 circuito R,L,C, parallelo avente R=100Ω, L=1H, C=100µF, fornisce una risposta libera di oscillatoria smorzata con pulsazione 100rad/s; oscillatorio non smorzato con pulsazione 100 rad/s; oscillatorio smorzato con pulsazione 87 rad/s; esponenziale smorzato; nessuna delle precedenti. Circuito RLC parallelo 7) Quale tra le seguenti affermazioni relative ad un ramo contenente un induttore è falsa: può avere discontinuità; ? a)b) lala tensione corrente può avere discontinuità purchè nel circuito sia presente un generatore impulsivo ? di tensione; corrente può avere discontinuità nel caso in cui a seguito di una manovra sul circuito si ? c) lavenga a formare un nodo improprio; ? d) la corrente non può avere discontinuità in nessun caso teorico o pratico; Vai alla teoria un circuito non degenere, non contenente generatori impulsivi, la corrente non può avere ? e) indiscontinuità. 8) Date le correnti i1 = 10 sen(100t + π / 2) e i 2 = 10 sen 100t , il valore efficace della somma vale: ? a) 10A Vai alla teoria 10 2 ? c)b) 20 A ? ? d) 20 / 2 ? e) Nessuna delle precedenti 9) Un circuito RL serie viene alimentato a partire da t=0 con una tensione sinusoidale ed è percorso a regime dalla corrente i( t ) = 10 sen(100 t − π / 6) . La componente transitoria della corrente è nulla se: ? ? ? ? ? a) b) c) d) e) l'induttore è inizialmente scarico; Risposta transitoria il valore iniziale della corrente è 10 A; il valore iniziale della corrente è -5 A; il valore iniziale della corrente è 5 A; non è possibile che la componente transitoria sia nulla; 10) Un bipolo passivo alimentato con la tensione v = 100 sen (100 t − π / 3) assorbe la corrente i = 10 sen(100t − π / 6) . Tale circuito è di tipo: ? ? ? ? ? a) ohmico Bipoli in corrente alternata b) ohmico-induttivo c) ohmico-capacitivo d) non ci sono elementi sufficiente per rispondere alla domanda e) Nessuna delle precedenti 11) Il circuito descritto al punto 10 assorbe la potenza attiva: ? ? ? ? ? a) b) c) d) e) 500W 250 3 W 1000W 500 3 W Nessuna delle precedenti Potenza attiva 12) In figura sono noti il valore efficae della corrente, il valore della resistenza e quello della reattanza induttiva. Il valore efficace della tensione è: ? ? ? ? ? a) b) c) d) e) 200V 100 2 V j100V 100V Nessuna delle precedenti 10Ω 10A Bipolo RL V 10Ω 13) Il metodo fasoriale può essere applicato ai circuiti lineari tempo-invarianti solo se: ? ? ? ? ? a) è presente un solo generatore di tensione o di corrente sinusoidale; b) se sono presenti più generatori di tensione e/o corrente sinusoidale purchè di frequenza diversa; c) non sono presenti contemporaneamente generatori di tensione e di corrente d) se sono presenti più generatori di tensione e/o corrente sinusoidale purchè di stessa frequenza e) Nessuna delle precedenti Metodo fasoriale 14) Quale delle seguenti affermazioni relative alla potenza reattiva istantanea è falsa: ? ? ? ? a) La potenza reattiva istantanea è la derivata dell'enrgia immagazzinata negli elementi reattivi del circuito; b) La potenza reattiva istantanea ha un andamento periodico di frequenza doppia della corrente e valore medio VIsenϕ; c) La potenza reattiva istantanea è una potenza di scambio tra elementi reattivi del circuito e generatore; d) La potenza reattiva istantanea degli induttori è sfasata di 180° rispetto a quella dei condensatori; e) Nessuna delle precedenti 15) Quale delle seguenti affermazioni relative al circuito RLC parallelo di figura è vera: ? ? ? ? ? a) La corrente del generatore e quella del resistore sono in fase per quel valore di pulsazione che rende uguali le susciettanze di induttore e condensatore; b) La corrente del generatore e quella del resistore sono in fase se induttanza e capacità sono uguali; c) La tensione alle estremità del condensatore e quella alle estremità dell'induttore sono sfasate di 180°; d) La corrente nell'induttore e quella nel condensatore sono sfasate di 90°; e) La corrente nell'induttore e quella nel condensatore sono sfasate di 180° per quel valore di pulsazione che rende uguali le susciettanze di induttore e condensatore; J + iR iL v Rp L _ iC C