Intervento di Anna Cantatore, dirigente scolastico dell'I.C. Modugno di Bitritto - Bari “Una, cento, mille biblioteche nelle scuole” Porgo un cordiale benvenuto ai Relatori di questo convegno, ai Rappresentanti delle Istituzioni, ai dirigenti scolastici, ai numerosi docenti, molti dei quali utilizzati come bibliotecari scolastici, agli operatori culturali e ai bibliotecari dipendenti da Enti diversi, ai librai e illustratori, ai genitori solidali con noi nella consapevolezza che le biblioteche costituiscono un valore aggiunto delle nostre scuole e attivamente impegnati a incrementarne le dotazioni, anche con forme di autofinanziamento. Un ringraziamento particolare rivolgo a Waldemaro Morgese, Presidente Aib della nostra Regione, per aver fortemente voluto questo convegno. Mi è stato affidato il compito di illustrarne le ragioni e la necessità, in un momento particolarmente critico per la sorte delle biblioteche scolastiche, accomunate a quelle gestite da altri Enti in un destino ed un futuro assai incerti. E’ solo di qualche giorno fa l’accorato invito lanciato da Emanuela Angiuli, dalle pagine del Corriere del Mezzogiorno, a ridare un’anima alle realtà baresi più prestigiose: la Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” e la Biblioteca provinciale “De Gemmis” a Santa Teresa dei Maschi. La prima, collocata lungo un asse viario di esodo dalla città, senza un’adeguata segnaletica, né veloci mezzi di collegamento, sembra dar corpo alle parole di Borges “solitaria, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta”; l’altra priva ormai da anni di una dirigenza, sebbene collocata nel cuore del centro urbano, non riesce a trovare una sua identità né a proporre attività che attraggano i lettori. Esempi come questi se ne potrebbero fare a decine nel nostro Paese: biblioteche in affanno per mancanza di fondi necessari agli acquisti del materiale bibliografico, multimediale e delle riviste, personale sempre più ridotto con frequenti ricorsi al volontariato nel tentativo, ogni giorno più arduo, di tenerle in vita. Soffrono le biblioteche dei medesimi disinvestimenti operati nei confronti degli altri beni culturali e della conoscenza, dell’istruzione e formazione e della ricerca, da una politica più attenta alla spettacolarizzazione degli eventi e all’acquisizione di un immediato consenso piuttosto che a favorire il raggiungimento di sicure competenze nella lettura da parte dei giovani e degli adulti, in un apprendimento che duri per l’arco di tutta la vita. Eppure avrebbe disperato bisogno il nostro Paese di una seria strategia che coinvolga non solo Istituzioni ed Enti, ma anche il privato ed il mondo della filiera del libro, finalizzata a migliorare i risultati dei nostri allievi nelle prove internazionali di lettura e comprensione, particolarmente deludenti nel Mezzogiorno d’Italia, a combattere l’analfabetismo funzionale che, come frequentemente ci ricorda Tullio De Mauro, è incapacità a comprendere testi di uso comune quali il foglio illustrativo di un farmaco o le istruzioni per l’utilizzo di un semplice elettrodomestico, e che affligge ormai oltre il 50% della popolazione in età adulta. Sconfitto l’analfabetismo classico ne avanza uno più sottilmente pericoloso: quello di chi è in grado di decifrare ma non di comprendere quanto legge e che colpisce la fascia più vulnerabile dei disoccupati fra i 26 e i 35 anni. Finita la scuola, le competenze tendono a diminuire, specie quando non vengono avviati nuovi processi di apprendimento legati all’inserimento nel mondo del lavoro. Non esiste in Italia alcuna politica coordinata e di ampio respiro per incoraggiare a leggere. Ci sono sì progetti, affidati a iniziative di qualche virtuosa associazione, università o gruppi di docenti, ma manca un centro che pianifichi, che abbia chiari direzione e fini da perseguire. Fioriscono ed abbondano, in un Paese che vanta gli indici di lettura più bassi fra quelli europei, festival e manifestazioni culturali incapaci di contrastare la chiusura delle librerie indipendenti e di modificare le abitudini dei cittadini rispetto alla lettura. A Edimburgo, invece, la piccola Amy MacDonald riceve un pacco con due libriccini cartonati, un cd e una guida che spiega ai suoi genitori quanto sia importante leggere al proprio bambino esattamente quanto non fargli mancare il nutrimento per la sua crescita. Ne riceverà un altro al compimento dei 18 mesi, poi a tre anni e infine a 5, nelle fasi cruciali del suo sviluppo. Le famiglie scozzesi ricevono questi doni da una fondazione che gestisce tre milioni di sterline l’anno e ha in piedi oltre trenta progetti simili. Lo stesso avviene in Inghilterra, Germania e Svezia, dove 4 milioni e mezzo di euro vengono destinati alla promozione della lettura soprattutto con finanziamenti alle biblioteche per bambini e ragazzi. Sempre la fondazione scozzese organizza con la Bbc un programma televisivo sui libri che viene trasmesso in streaming nelle scuole ed è stato visto da 400.000 bambini. A nostra volta abbiamo cominciato a diffondere fra pediatri, genitori, educatrici dei nidi e insegnanti della scuola dell’infanzia il progetto “Nati per leggere” che invita le figure parentali e di riferimento a leggere ad alta voce ai bambini fin dalla più tenera infanzia. Ma siamo ancora ben lontani dal raggiungere l’intera fetta di quella popolazione. E in seguito quali opportunità di lettura vengono offerte ai bambini in età scolare e, più in là, nell’intera vita scolastica di entrare in contatto con testi diversi dai manuali e che possano alimentare il piacere della lettura? Quanto diffusi nelle nostre scuole i luoghi a ciò specificamente dedicati con una disponibilità ampia di testi di vario tipo, compresi quelli audiovisivi e digitali? Giovanni Peresson, dell’Ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori, ci illustrerà gli esiti, purtroppo non confortanti, del censimento avviato nel 2011 sulle biblioteche scolastiche. Da parte mia mi limito ad osservare che se si fossero dedicati alle biblioteche scolastiche gli stessi investimenti e la stessa meritoria intenzionalità di colmare il divario digitale esistente fra noi e gli altri paesi europei, attraverso l’acquisto di dotazioni tecnologiche, probabilmente oggi avremmo un panorama a tinte meno fosche negli indici e nelle competenze di lettura, considerate, quando positive, fattore di crescita e di sviluppo di una nazione. Si tratta, dunque, di guardare al futuro cercando di cambiare rotta, in una congiuntura non solo economica, ma soprattutto culturale di grande difficoltà. Ricominciando dal sollecitare i decisori politici a varare azioni integrate, in grado di invertire la tendenza negativa in atto rispetto alla lettura, ed in cui venga dato uno spazio preminente alla diffusione delle biblioteche nelle scuole; non sembra, infatti, che il Tavolo formato dai Ministri dell’Istruzione, Sviluppo, Economia e Finanze , Beni e Attività culturali e istituito dallo scorso governo, al di là delle dichiarate buone intenzioni, abbia consegnato un documento propositivo al nascente esecutivo; auspicando la realizzazione di un organico di reti di scuole o dell’autonomia che comprenda l’inclusione di bibliotecari scolastici qualificati, considerate figure indispensabili per l’efficiente gestione delle biblioteche; augurandoci che, anziché alimentare il paradosso tutto italiano delle piazze piene di partecipanti ai festival ed alle manifestazioni che inseguono grandi nomi, ma non aggiungono lettori, quanti a vario titolo sono impegnati nella promozione della lettura, si dedichino a lasciare almeno una biblioteca scolastica nei luoghi dei più importanti appuntamenti, come suggerito da Marino Sinibaldi nel Domenicale del Sole 24 ore dello scorso 14 aprile; ripartendo dalle migliori energie e capacità organizzative presenti nelle scuole per costruire alleanze fra biblioteche scolastiche, civiche e accademiche, Amministratori locali e cittadini per allargare e divulgare l’offerta e le proposte di lettura; chiedendo che siano garantite le condizioni effettive per realizzare quanto viene ribadito nei documenti ministeriali, fra i più recenti: le Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo, laddove si riconosce la particolare importanza della biblioteca scolastica come ambiente di apprendimento, anche in una prospettiva multimediale; un luogo pubblico fra scuola e territorio che favorisce la partecipazione delle famiglie, agevola i percorsi di integrazione, crea ponti fra lingue, linguaggi, religioni e culture. Al contempo molto può essere fatto partendo dall’esistente per implementare e sviluppare la pratica della lettura, da parte degli insegnanti, nella convinzione che “dobbiamo difendere la lettura come esperienza che non coltiva l ‘ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura concentrata, amante degli indugi, dei ritorni su di sé, aperta più che alle scorciatoie, ai cambiamenti di andatura che assecondano i ritmi alterni della mente” secondo quanto suggerito da Giuseppe Pontiggia.