8 DOSSIER S in alute diabete IMPOSSIBILE BARARE CON L’EMOGLOBINA GLICOSILATA La misurazione della glicemia riflette la quantità di glucosio presente nel sangue al momento del prelievo, e a volte capita che il paziente tenti di nascondere al medico curante i suoi “peccati di gola” rispettando la dieta solo il giorno che precede il controllo clinico. Questo può creare difficoltà nella valutazione dell’andamento della malattia e dell’efficacia della terapia prescritta. La stessa difficoltà si incontra nei casi di diabete non ancora ben compensato, in cui i valori glicemici possono subire notevoli oscillazioni. Esiste però un esame che risolve il problema: il test dell’emoglobina glicosilata. Vediamo in cosa consiste. Il glucosio circolante nel sangue entra facilmente nei globuli rossi e si lega stabilmente con una proteina in essi contenuta, l’emoglobina. Poiché le particelle di emoglobina vengono rinnovate nell’organismo solo ogni 4 mesi circa, è facile capire che misurando la percentuale di emoglobina a cui è rimasto “attaccato” il glucosio si potrà calcolare il valore medio della quantità di glucosio presente nel sangue durante i mesi precedenti l’esame. Grosso modo, ad un valore di emoglobina glicosilata del 6% corrisponde una glicemia media di 120 mg; ogni punto percentuale in più di emoglobina glicosilata corrisponde a 30 mg. in più di glicemia media. segue da pagina 6 info ➔ PER SAPERNE DI PIU’ Sul sito www.progettodiabete.org si può trovare, oltre a molte indicazioni e consigli, l’elenco delle Associazioni utili per i malati. sangue è, come abbiamo visto, il problema di fondo del diabete, ancor più pericoloso è l’improvviso abbassamento della quantità di zucchero circolante, che rappresenta una vera e propria emergenza. Quando la glicemia scende sotto i 60 mg/dL (evenienza decisamente più frequente nel diabete di tipo 1) si verifica la crisi ipoglicemica, che può portare fino al coma. Spesso i primi sintomi consistono in un cambiamento di umore, in comportamenti strani (quasi da ubriaco), sudorazione fredda, fame improvvisa, estrema debolezza, palpitazioni e pallore. Seguono mal di testa, nausea, sonnolenza accentuata, formicolio alle mani e alla lingua, confusione mentale. Infine può verificarsi perdita di coscienza con convulsioni e stato comatoso. È importantissimo, per il paziente e per i suoi familiari, imparare a riconoscere le prime avvisaglie della crisi per poterla bloccare subito con l’assunzione di 1-2 zollette di zucchero o di una bibita dolce, seguita da una seconda somministrazione a 15 minuti di distanza. Può tuttavia capitare, specie se la crisi si verifica durante il sonno notturno, di intervenire in ritardo e di trovarsi quindi di fronte ad un paziente che non può ingerire alimenti perché ha già perso conoscenza. In questo caso i familiari o chiunque assista alla crisi dovrebbe immediatamente iniettare intramuscolo o sottocute 2 ml. di Glucagone, utilizzando un kit di pronto impiego che il diabetico dovrebbe sempre avere con sé. Il Glucagone innalza prontamente la glicemia, evitando conseguenze più gravi o addirittura mortali. Lo spauracchio delle complicanze Come abbiamo detto, il denominatore comune dei diversi tipi di diabete è l’iperglicemia. Occhi, nervi, cuore, vasi sanguigni e reni sono gli organi che possono più facilmente essere danneggiati da un cronico eccesso di zucchero nel IN VIAGGIO CON IL DIABETE Il diabetico, in relazione al rischio di incorrere in una crisi ipoglicemica mentre è alla guida, è soggetto a restrizioni per quanto riguarda il conseguimento e la conferma della patente. Le norme relative sono contenute nella Legge 472 del Dicembre 1999; ulteriori precisazioni in merito figurano nella circolare del Ministero della Sanità del 24 Gennaio 2001. A parte queste indicazioni legislative, sulla cui opportunità molti non concordano, chi è affetto da diabete dovrebbe seguire alcuni accorgimenti sangue. A carico dei vasi sanguigni, un insufficiente compenso dell’iperglicemia può causare alterazioni dei capillari che distribuiscono il sangue ad organi delicati come l’occhio e i reni. Questa complicanza, definita microangiopatia diabetica, è quindi responsabile di conseguenti danni a carico di questi organi. Per quanto riguarda l’occhio, è soprattutto la retina a soffrire del disturbo microcircolatorio: può quindi manifestarsi una retinopatia diabetica che in certi casi evolve fino alla cecità. Un accurato esame oculistico con oftalmoscopia, retinografia e angiografia retinica evidenzia l’eventuale presenza di danni e permette di intervenire con un trattamento laser che blocca lo sviluppo delle alterazioni vascolari. A livello del rene, l’indurimento e la deformazione dei capillari compromettono le funzioni di filtraggio affidate a quest’organo, provocando la nefropatia diabetica, che può portare all’insufficienza renale. Il campanello d’allarme per la comparsa di questa complicanza è quando si mette al volante: viaggiare al mattino presto o nel pomeriggio, evitando le ore più calde della giornata; fare frequenti soste e spuntini leggeri; evitare cibi grassi e bevande alcoliche; tenere a portata di mano qualche zolletta di zucchero e, ovviamente, fermarsi ai primi segni di ipoglicemia. I lunghi viaggi in aereo dovrebbero essere preceduti di qualche settimana da un controllo diabetologico, in modo da poter monitorare eventuali cambiamenti di terapia prima della partenza; il bagaglio a mano deve contenere tutto il necessario per la misurazione della glicemia e della glicosuria e un kit di Glucagone, oltre alla quantità di insulina necessaria per il viaggio (possibilmente, per tutto il periodo di permanenza all’estero); spuntini, tavolette di glucosio, caramelle o bevande dolci devono essere tenuti sempre a portata di mano. È anche necessario avere su di sé qualche mezzo (tesserino, targhetta, o simili) che indichi la condizione di diabetico. Se il viaggio attraversa più di 5 fusi orari può essere necessario aumentare l’insulina quando si viaggia verso ovest e ridurla viaggiando verso est, in relazione alla diversa durata del giorno. l’albuminuria, cioè la presenza di albumina nelle urine, che può essere facilmente evidenziata con le apposite “strisce” reattive disponibili in farmacia. La neuropatia diabetica è un danno a carico delle fibre nervose, la cui struttura può essere alterata dall’iperglicemia. Il danno può interessare le fibre nervose sensitive (neuropatia sensitiva), provocando riduzione o assenza della sensibilità al tatto, al calore o al dolore, oppure sensazioni di formicolio, crampi, dolore in diverse parti del corpo, più spesso a livello degli arti inferiori. Se invece sono danneggiate le fibre motorie (neuropatia motoria), si avrà debolezza e difficoltà di movimento a carico di alcuni gruppi muscolari (occhi, gambe, mani, ecc.), generalmente da un solo lato. L’interessamento del sistema nervoso autonomo (neuropatia autonomica), potrà invece alterare il funzionamento di organi come il cuore o l’intestino. Un problema a parte è quello del cosiddetto piede diabetico: le alterazioni circolatorie e sensitive possono infatti da un lato favorire l’insorgenza di infezioni causate da piccole ferite o ulcere che stentano a guarire e dall’altro impedire che queste vengano riconosciute in tempo in modo da poter essere curate. La situazione può aggravarsi al punto da provocare la cancrena del piede, che in qualche caso può renderne addirittura necessaria l’amputazione. Infine, i diabetici devono tenere d’occhio i trigliceridi, il colesterolo e la pressione arteriosa. Una alterazione di questi valori si associa infatti molto spesso al diabete e più facilmente, nel corso di questa malattia, provocare disturbi cardiovascolari, fra cui l’aterosclerosi e l’infarto cardiaco. Tutte le complicanze che abbiamo elencato possono essere evitate o attenuate con opportune terapie: è quindi indispensabile fare molta attenzione ai segni premonitori e riferirli subito al proprio diabetologo. Diabete e qualità di vita Il diabete, come ogni malattia cronica, comporta un certo grado di sacrificio, che può risultare molto disturbante soprattutto in relazione al fatto di dover durare tutta la vita. Per la maggior parte dei pazienti, la diagnosi è vissuta come una condanna senza appello che costringe a rimettere in discussione non solo le proprie abitudini, ma anche l’immagine di se stessi e le relazioni con gli altri. Non pochi reagiscono “sfidando” la malattia e, nel tentativo inconscio di dominarla, non seguono le prescrizioni mediche, soprattutto per quanto riguarda l’autocontrollo della glicemia. Secondo una ricerca condotta dall’Eurisko su 400 diabetici, i più “indisciplinati” da questo punto di vista sono i pazienti tra i 40 e i 60 anni, per i quali la terapia rappresenta in un certo senso la malattia stessa e quindi è mal tollerata. segue a pagina 11 11 S in alute diabete DOSSIER DIABETICI E SESSUALITA’ Nel diabetico possono presentarsi con una certa frequenza difficoltà di erezione, soprattutto nei casi in cui è presente anche un’ipertensione arteriosa. Non sempre, però, questo problema è diretta conseguenza della malattia. Capita infatti spesso che il deficit erettile sia dovuto a cau- se psicologiche: depressione, preoccupazione, scoramento dovuti alla diagnosi e difficoltà di accettare lo stato di malattia. In questi casi, il buon controllo della glicemia e la progressiva accettazione della propria condizione consentono di ripristinare una normale attività sessuale. È però importante intervenire prima che il diabete danneggi il sistema segue da pagina 8 Chi opera nelle strutture sanitarie dovrebbe quindi essere ben consapevole del fatto che aiutare il paziente a superare l’impatto emotivo della sua situazione clinica rappresenta un aspetto fondamentale della cura. Non bisogna poi dimenticare che anche la famiglia del diabetico è messa a dura prova dai cambiamenti che la malattia impone, sia sul piano psicologico che su quello pratico: dal modo di fare la spesa, alla programmazione delle vacanze, all’orario dei pasti, alle occasioni sociali, molte cose devono essere impostate alla luce di nuove necessità. Nei confronti della persona diabetica bisogna quindi assumere un atteggiamento positivo di comprensione e condivisione (non di compassione!) e intorno al suo nucleo familiare dovrebbe attivarsi una valida “rete” di sostegni clinici, psicologici e sociali. Le Associazioni di malati possono contribuire non poco facilitare il percorso di responsabilizzazione, consapevolezza e accettazione che conduce infine a poter convivere serenamente con una malattia indubbiamente scomoda ma, per fortuna, controllabile se viene adeguatamente gestita. Il bambino diabetico In Italia sono circa 20.000 i bambini e i ragazzi affetti da diabete di tipo 1. Solitamente è opportuno, subito dopo la diagnosi, un breve periodo di ricovero ospedaliero per mettere a punto la situazione metabolica e per pianificare il trattamento, basato sulla dieta e sulla somministrazione di insulina. In seguito l’obiettivo più importante è mettere il bambino in condizione di vivere un’esistenza normale: a questo scopo è fondamentale che l’équipe diabetologica sappia gestire con sensibilità e competenza non solo i problemi clinici, ma anche (e forse soprattutto) quelli psicologici. I sanitari devono essere capaci di stabilire un rapporto di fiducia e di alleanza con i genitori, comprensibilmente shoccati dalla diagnosi e allarmati per il futuro. Rassicurazione, informazione e comprensione sono i cardini di questo rapporto, destinato ad “accompagnare” i genitori nel difficile percorso di accettazione della realtà di un figlio malato. Solo a genitori collaboranti e non sopraffatti dall’angoscia o da sensi di colpa si può chiedere di sostenere il peso psicologico di un bambino che tende a vivere le restrizioni dietetiche e la terapia insulinica come castighi immeritati o di un adolescente che spesso esprime il suo normale bisogno di autonomia opponendosi alle cure. Dopo una prima inevitabile fase di sgomento e incredulità, i genitori devono essere aiutati a riorganizzarsi mental- circolatorio e nervoso, i due pilastri che sostengono una valida erezione. Eliminare il sovrappeso, il fumo, l’alcool, lo stress, sono provvedimenti che, se associati ad un buon controllo metabolico, non di rado apportano consistenti benefici nell’ambito della sessualità. Un valido aiuto è rappresentato dai farmaci oggi disponibili (Sildenafil, Varde- mente e ad affrontare la situazione con sereno realismo, facendo in modo che la malattia sconvolga il meno possibile l’equilibrio familiare. Nei confronti del piccolo paziente, l’équipe deve assumere un atteggiamento aperto e disponibile, offrendo spiegazioni comprensibili sia riguardo alla malattia sia riguardo ai vantaggi presenti e futuri di un trattamento adeguato. La collaborazione della scuola, altro aspetto estremamente importante, richiede che il problema venga presentato agli insegnanti con la massima chiarezza, spiegando loro quali evenienze si potrebbero presentare durante la presenza del bambino in classe. Il bambino può avere molta sete o aver bisogno di andare spesso ai servizi e queste necessità devono essere assecondate. Inoltre il suo rendimento fisico e mentale può essere ridotto nelle ultime ore della mattinata, a causa di una lieve ipoglicemia: in queste ore bisognerebbe quindi evitare di interrogarlo e di fargli praticare ginnastica o altre attività fisiche. Gli insegnanti devono anche essere istruiti sul modo di riconoscere tempestivamente e di affrontare eventuali crisi ipoglicemiche. Dal punto di vista clinico, nel bambino diabetico è più frequente che nell’adulto un’evenienza opposta a quella dell’ipoglicemia: la chetoacidosi diabetica, che consegue ad una iperglicemia molto elevata. Una glicemia superiore a 200-300 mg/dL è indice del fatto che i tessuti, a causa della mancanza di insulina, non riescono ad utilizzare il glucosio per alimentare l’attività delle cellule. Queste ultime devono allora utilizzare il “carburante” fornito dai grassi, che però “bruciano” producendo scorie IL FUTURO DELLA TERAPIA La soluzione più logica per compensare un’insufficiente attività del pancreas sembrerebbe quella di sostituire l’organo compromesso con uno sano: cioè, il trapianto. I primi tentativi in questo senso risalgono ad oltre dieci anni fa e da allora ad oggi hanno avuto un relativo successo, rendendo insulino-indipendenti anche per 8 anni alcuni soggetti diabetici con gravi complicanze renali, nei quali era stato effettuato un trapianto combinato di pancreas e rene. Si tratta però di procedure chirurgiche estremamente impegnative e rischiose; inoltre, come per tutti i trapianti, occorre poi instaurare terapie antirigetto altrettanto impegnative. Si è quindi proceduto a trapiantare non tutto il pancreas, ma solo le cellule beta contenute nelle isole di Langherhans: i primi risultati sembravano nafil, Tadalafil), da assumere però solo su indicazione dello specialista, che prescriverà il prodotto e il dosaggio più adeguati al singolo paziente. Nei casi più difficili, lo specialista andrologo potrà eventualmente prescrivere l’uso di farmaci da iniettare localmente (papaverina, prostaglandina) o da applicare per via transuretrale. Nella donna, il diabete può incidere sulla sessualità riducendo la lubrificazione vaginale e la risposta alle sollecitazioni erotiche. Il ricorso ai lubrificanti disponibili in farmacia risolve senza difficoltà il primo problema, mentre per il secondo occorre soprattutto una buona intesa di coppia, capace di “risvegliare” il desiderio. molto pericolose, i corpi chetonici (acetone e sostanze simili), la cui presenza rende il sangue acido. Questa situazione metabolica comporta alterazioni in tutto l’organismo, ma la più grave è l’edema cerebrale, che rappresenta un pericolo per la vita. Tranne i pochi casi in cui è scatenata rapidamente da una febbre elevata o da una forte emozione, la chetoacidosi consegue ad un periodo di cattivo controllo IL VACCINO: QUANDO E PER CHI Contro il diabete di tipo 1 potremo forse disporre, in un futuro non lontanissimo, di una nuova risorsa, sotto forma di vaccino. È bene però premettere che il vaccino potrà essere utile solo ai soggetti che hanno una predisposizione alla malattia o che la presentano in fase iniziale. Si tratta infatti di una sostanza che sembra capace di bloccare la distruzione delle cellule beta da parte del sistema immunitario, e che quindi non potrebbe comunque giovare ai soggetti in cui tale distruzione è ormai avvenuta. Sperimentata sui topi, questa sostanza si è dimostrata efficace e non dannosa; la sperimentazione sull’uomo però sarà iniziata solo tra diversi mesi in Inghilterra e presumibilmente il vaccino, se si dimostrerà valido, potrà essere disponibile non prima di 56 anni o anche più. della glicemia, dovuto a trascuratezze nella dieta o nella somministrazione di insulina. I sintomi sono anoressia, nausea e vomito, odore di mele cotte nell’alito, respiro affannoso e, infine, coma. Ai primi segni bisogna quindi rivolgersi senza indugi al medico e, se questo non fosse disponibile, al pronto soccorso dell’ospedale più vicino. entusiasmanti, ma anche in questo caso la difficoltà di trovare uno schema efficace di terapia antirigetto ha rappresentato un ostacolo finora non superato. In pratica, accade che questa terapia impedisce anche la sopravvivenza delle cellule trapiantate: ecco perché i successi non superano il 10% dei casi trattati. Più promettenti, ma ancora in fase pre-sperimentale, sono altre due prospettive terapeutiche: la terapia genica e le cellule staminali. Nel primo caso si tratterebbe di inserire il gene dell’insulina in cellule diverse da quelle del pancreas: le cellule del fegato sembrerebbero le candidate ideali per accogliere il gene, diventando quindi esse stesse produttrici di insulina. Nel secondo caso la ricerca riguarda invece la possibilità di “forzare” le cellule staminali a trasformarsi in cellule beta capaci non solo di produrre insulina, ma anche di resistere all’attacco del sistema immunitario che distrugge le stesse cellule beta nel diabete di tipo 1. Si tratta di speranze concrete ma, purtroppo, ancora molto lontane da un’attuazione su vasta scala nell’uomo. Per quanto riguarda il diabete di tipo 2, è molto interessante la recente scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università di Osaka. Questi studiosi hanno isolato una sostanza, la Visfatina, che sembra capace di far utilizzare il glucosio da parte delle cellule, analogamente a quanto fa l’insulina. La Visfatina esercita però il suo effetto legandosi a un recettore cellulare diverso da quello dell’insulina: in pratica, come se utilizzasse una “porta d’ingresso” alternativa, superando quindi l’ostacolo rappresentato dalla chiusura della “porta principale”, quella che permette l’entrata dell’insulina.