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DOSSIER
S
in alute
diabete
IMPOSSIBILE BARARE
CON L’EMOGLOBINA GLICOSILATA
La misurazione della glicemia riflette la
quantità di glucosio presente nel sangue al momento del prelievo, e a volte
capita che il paziente tenti di nascondere al medico curante i suoi “peccati di
gola” rispettando la dieta solo il giorno
che precede il controllo clinico. Questo
può creare difficoltà nella valutazione
dell’andamento della malattia e dell’efficacia della terapia prescritta. La stessa
difficoltà si incontra nei casi di diabete
non ancora ben compensato, in cui i
valori glicemici possono subire notevoli
oscillazioni. Esiste però un esame che
risolve il problema: il test dell’emoglobina glicosilata. Vediamo in cosa consiste. Il glucosio circolante nel sangue
entra facilmente nei globuli rossi e si lega stabilmente con una proteina in essi
contenuta, l’emoglobina. Poiché le particelle di emoglobina vengono rinnovate
nell’organismo solo ogni 4 mesi circa, è
facile capire che misurando la percentuale di emoglobina a cui è rimasto “attaccato” il glucosio si potrà calcolare il
valore medio della quantità di glucosio
presente nel sangue durante i mesi precedenti l’esame. Grosso modo, ad un
valore di emoglobina glicosilata del 6%
corrisponde una glicemia media di 120
mg; ogni punto percentuale in più di
emoglobina glicosilata corrisponde a 30
mg. in più di glicemia media.
segue da pagina 6
info
➔ PER SAPERNE
DI PIU’
Sul sito
www.progettodiabete.org
si può trovare, oltre a
molte indicazioni e
consigli, l’elenco delle
Associazioni utili per i
malati.
sangue è, come abbiamo visto, il problema di fondo del diabete, ancor più pericoloso è l’improvviso abbassamento della quantità di zucchero circolante, che
rappresenta una vera e propria emergenza. Quando la glicemia scende sotto i 60
mg/dL (evenienza decisamente più frequente nel diabete di tipo 1) si verifica la
crisi ipoglicemica, che può portare fino
al coma. Spesso i primi sintomi consistono in un cambiamento di umore, in
comportamenti strani (quasi da ubriaco),
sudorazione fredda, fame improvvisa,
estrema debolezza, palpitazioni e pallore. Seguono mal di testa, nausea, sonnolenza accentuata, formicolio alle mani e
alla lingua, confusione mentale. Infine
può verificarsi perdita di coscienza con
convulsioni e stato comatoso. È importantissimo, per il paziente e per i suoi familiari, imparare a riconoscere le prime
avvisaglie della crisi per poterla bloccare
subito con l’assunzione di 1-2 zollette di
zucchero o di una bibita dolce, seguita
da una seconda somministrazione a 15
minuti di distanza.
Può tuttavia capitare, specie se la crisi si
verifica durante il sonno notturno, di intervenire in ritardo e di trovarsi quindi
di fronte ad un paziente che non può ingerire alimenti perché ha già perso conoscenza. In questo caso i familiari o
chiunque assista alla crisi dovrebbe immediatamente iniettare intramuscolo o
sottocute 2 ml. di Glucagone, utilizzando un kit di pronto impiego che il diabetico dovrebbe sempre avere con sé. Il
Glucagone innalza prontamente la glicemia, evitando conseguenze più gravi o
addirittura mortali.
Lo spauracchio
delle complicanze
Come abbiamo detto, il denominatore
comune dei diversi tipi di diabete è
l’iperglicemia. Occhi, nervi, cuore, vasi
sanguigni e reni sono gli organi che possono più facilmente essere danneggiati
da un cronico eccesso di zucchero nel
IN VIAGGIO CON IL DIABETE
Il diabetico, in relazione al rischio di
incorrere in una crisi ipoglicemica
mentre è alla guida, è soggetto a restrizioni per quanto riguarda il conseguimento e la conferma della patente.
Le norme relative sono contenute
nella Legge 472 del Dicembre 1999;
ulteriori precisazioni in merito figurano nella circolare del Ministero della
Sanità del 24 Gennaio 2001.
A parte queste indicazioni legislative,
sulla cui opportunità molti non concordano, chi è affetto da diabete dovrebbe seguire alcuni accorgimenti
sangue. A carico dei vasi sanguigni, un
insufficiente compenso dell’iperglicemia
può causare alterazioni dei capillari che
distribuiscono il sangue ad organi delicati come l’occhio e i reni. Questa complicanza, definita microangiopatia diabetica, è quindi responsabile di conseguenti danni a carico di questi organi.
Per quanto riguarda l’occhio, è soprattutto la retina a soffrire del disturbo microcircolatorio: può quindi manifestarsi
una retinopatia diabetica che in certi casi evolve fino alla cecità. Un accurato
esame oculistico con oftalmoscopia, retinografia e angiografia retinica evidenzia
l’eventuale presenza di danni e permette
di intervenire con un trattamento laser
che blocca lo sviluppo delle alterazioni
vascolari.
A livello del rene, l’indurimento e la
deformazione dei capillari compromettono le funzioni di filtraggio affidate a
quest’organo, provocando la nefropatia
diabetica, che può portare all’insufficienza renale. Il campanello d’allarme
per la comparsa di questa complicanza è
quando si mette al volante: viaggiare
al mattino presto o nel pomeriggio,
evitando le ore più calde della giornata; fare frequenti soste e spuntini
leggeri; evitare cibi grassi e bevande
alcoliche; tenere a portata di mano
qualche zolletta di zucchero e, ovviamente, fermarsi ai primi segni di ipoglicemia.
I lunghi viaggi in aereo dovrebbero
essere preceduti di qualche settimana da un controllo diabetologico, in
modo da poter monitorare eventuali
cambiamenti di terapia prima della
partenza; il bagaglio a mano deve
contenere tutto il necessario per la
misurazione della glicemia e della
glicosuria e un kit di Glucagone, oltre
alla quantità di insulina necessaria
per il viaggio (possibilmente, per tutto
il periodo di permanenza all’estero);
spuntini, tavolette di glucosio, caramelle o bevande dolci devono essere
tenuti sempre a portata di mano.
È anche necessario avere su di sé
qualche mezzo (tesserino, targhetta,
o simili) che indichi la condizione di
diabetico. Se il viaggio attraversa più
di 5 fusi orari può essere necessario
aumentare l’insulina quando si viaggia verso ovest e ridurla viaggiando
verso est, in relazione alla diversa
durata del giorno.
l’albuminuria, cioè la presenza di albumina nelle urine, che può essere facilmente evidenziata con le apposite “strisce” reattive disponibili in farmacia. La
neuropatia diabetica è un danno a carico delle fibre nervose, la cui struttura
può essere alterata dall’iperglicemia. Il
danno può interessare le fibre nervose
sensitive (neuropatia sensitiva), provocando riduzione o assenza della sensibilità al tatto, al calore o al dolore, oppure
sensazioni di formicolio, crampi, dolore
in diverse parti del corpo, più spesso a
livello degli arti inferiori. Se invece sono
danneggiate le fibre motorie (neuropatia
motoria), si avrà debolezza e difficoltà di
movimento a carico di alcuni gruppi
muscolari (occhi, gambe, mani, ecc.), generalmente da un solo lato.
L’interessamento del sistema nervoso
autonomo (neuropatia autonomica), potrà invece alterare il funzionamento di
organi come il cuore o l’intestino.
Un problema a parte è quello del cosiddetto piede diabetico: le alterazioni circolatorie e sensitive possono infatti da
un lato favorire l’insorgenza di infezioni
causate da piccole ferite o ulcere che
stentano a guarire e dall’altro impedire
che queste vengano riconosciute in tempo in modo da poter essere curate. La situazione può aggravarsi al punto da provocare la cancrena del piede, che in
qualche caso può renderne addirittura
necessaria l’amputazione.
Infine, i diabetici devono tenere d’occhio i trigliceridi, il colesterolo e la pressione arteriosa. Una alterazione di questi
valori si associa infatti molto spesso al
diabete e più facilmente, nel corso di
questa malattia, provocare disturbi cardiovascolari, fra cui l’aterosclerosi e l’infarto cardiaco.
Tutte le complicanze che abbiamo elencato possono essere evitate o attenuate
con opportune terapie: è quindi indispensabile fare molta attenzione ai segni
premonitori e riferirli subito al proprio
diabetologo.
Diabete e qualità di vita
Il diabete, come ogni malattia cronica,
comporta un certo grado di sacrificio,
che può risultare molto disturbante soprattutto in relazione al fatto di dover
durare tutta la vita. Per la maggior parte
dei pazienti, la diagnosi è vissuta come
una condanna senza appello che costringe a rimettere in discussione non solo le
proprie abitudini, ma anche l’immagine
di se stessi e le relazioni con gli altri.
Non pochi reagiscono “sfidando” la malattia e, nel tentativo inconscio di dominarla, non seguono le prescrizioni mediche, soprattutto per quanto riguarda
l’autocontrollo della glicemia. Secondo
una ricerca condotta dall’Eurisko su 400
diabetici, i più “indisciplinati” da questo punto di vista sono i pazienti tra i 40
e i 60 anni, per i quali la terapia rappresenta in un certo senso la malattia stessa
e quindi è mal tollerata.
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in alute
diabete
DOSSIER
DIABETICI E SESSUALITA’
Nel diabetico possono presentarsi con una certa frequenza difficoltà di erezione,
soprattutto nei casi in cui è
presente anche un’ipertensione arteriosa. Non sempre,
però, questo problema è diretta conseguenza della malattia.
Capita infatti spesso che il deficit erettile sia dovuto a cau-
se psicologiche: depressione,
preoccupazione, scoramento
dovuti alla diagnosi e difficoltà
di accettare lo stato di malattia. In questi casi, il buon controllo della glicemia e la progressiva accettazione della
propria condizione consentono di ripristinare una normale
attività sessuale. È però importante intervenire prima che
il diabete danneggi il sistema
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Chi opera nelle strutture sanitarie dovrebbe quindi essere ben consapevole
del fatto che aiutare il paziente a superare l’impatto emotivo della sua situazione
clinica rappresenta un aspetto fondamentale della cura. Non bisogna poi dimenticare che anche la famiglia del diabetico è messa a dura prova dai cambiamenti che la malattia impone, sia sul
piano psicologico che su quello pratico:
dal modo di fare la spesa, alla programmazione delle vacanze, all’orario dei pasti, alle occasioni sociali, molte cose devono essere impostate alla luce di nuove
necessità. Nei confronti della persona
diabetica bisogna quindi assumere un atteggiamento positivo di comprensione e
condivisione (non di compassione!) e intorno al suo nucleo familiare dovrebbe
attivarsi una valida “rete” di sostegni clinici, psicologici e sociali. Le Associazioni di malati possono contribuire non poco facilitare il percorso di responsabilizzazione, consapevolezza e accettazione
che conduce infine a poter convivere serenamente con una malattia indubbiamente scomoda ma, per fortuna, controllabile se viene adeguatamente gestita.
Il bambino diabetico
In Italia sono circa 20.000 i bambini e i
ragazzi affetti da diabete di tipo 1. Solitamente è opportuno, subito dopo la diagnosi, un breve periodo di ricovero
ospedaliero per mettere a punto la situazione metabolica e per pianificare il trattamento, basato sulla dieta e sulla somministrazione di insulina. In seguito
l’obiettivo più importante è mettere il
bambino in condizione di vivere un’esistenza normale: a questo scopo è fondamentale che l’équipe diabetologica sappia gestire con sensibilità e competenza
non solo i problemi clinici, ma anche (e
forse soprattutto) quelli psicologici. I sanitari devono essere capaci di stabilire
un rapporto di fiducia e di alleanza con i
genitori, comprensibilmente shoccati
dalla diagnosi e allarmati per il futuro.
Rassicurazione, informazione e comprensione sono i cardini di questo rapporto, destinato ad “accompagnare” i genitori nel difficile percorso di accettazione della realtà di un figlio malato. Solo a
genitori collaboranti e non sopraffatti
dall’angoscia o da sensi di colpa si può
chiedere di sostenere il peso psicologico
di un bambino che tende a vivere le restrizioni dietetiche e la terapia insulinica come castighi immeritati o di un adolescente che spesso esprime il suo normale bisogno di autonomia opponendosi alle cure.
Dopo una prima inevitabile fase di sgomento e incredulità, i genitori devono
essere aiutati a riorganizzarsi mental-
circolatorio e nervoso, i due
pilastri che sostengono una
valida erezione. Eliminare il
sovrappeso, il fumo, l’alcool,
lo stress, sono provvedimenti
che, se associati ad un buon
controllo metabolico, non di
rado apportano consistenti
benefici nell’ambito della sessualità. Un valido aiuto è rappresentato dai farmaci oggi
disponibili (Sildenafil, Varde-
mente e ad affrontare la situazione con
sereno realismo, facendo in modo che la
malattia sconvolga il meno possibile
l’equilibrio familiare. Nei confronti del
piccolo paziente, l’équipe deve assumere un atteggiamento aperto e disponibile,
offrendo spiegazioni comprensibili sia
riguardo alla malattia sia riguardo ai
vantaggi presenti e futuri di un trattamento adeguato. La collaborazione della
scuola, altro aspetto estremamente importante, richiede che il problema venga
presentato agli insegnanti con la massima chiarezza, spiegando loro quali evenienze si potrebbero presentare durante
la presenza del bambino in classe. Il
bambino può avere molta sete o aver bisogno di andare spesso ai servizi e queste necessità devono essere assecondate.
Inoltre il suo rendimento fisico e mentale può essere ridotto nelle ultime ore
della mattinata, a causa di una lieve ipoglicemia: in queste ore bisognerebbe
quindi evitare di interrogarlo e di fargli
praticare ginnastica o altre attività fisiche. Gli insegnanti devono anche essere
istruiti sul modo di riconoscere tempestivamente e di affrontare eventuali crisi
ipoglicemiche. Dal punto di vista clinico, nel bambino diabetico è più frequente che nell’adulto un’evenienza opposta
a quella dell’ipoglicemia: la chetoacidosi diabetica, che consegue ad una iperglicemia molto elevata. Una glicemia superiore a 200-300 mg/dL è indice del fatto che i tessuti, a causa della mancanza
di insulina, non riescono ad utilizzare il
glucosio per alimentare l’attività delle
cellule. Queste ultime devono allora utilizzare il “carburante” fornito dai grassi,
che però “bruciano” producendo scorie
IL FUTURO DELLA TERAPIA
La soluzione più logica per compensare un’insufficiente attività del pancreas sembrerebbe quella di sostituire l’organo compromesso con uno
sano: cioè, il trapianto. I primi tentativi
in questo senso risalgono ad oltre
dieci anni fa e da allora ad oggi hanno avuto un relativo successo, rendendo insulino-indipendenti anche
per 8 anni alcuni soggetti diabetici
con gravi complicanze renali, nei
quali era stato effettuato un trapianto
combinato di pancreas e rene. Si tratta però di procedure chirurgiche
estremamente impegnative e rischiose; inoltre, come per tutti i trapianti,
occorre poi instaurare terapie antirigetto altrettanto impegnative. Si è
quindi proceduto a trapiantare non
tutto il pancreas, ma solo le cellule
beta contenute nelle isole di Langherhans: i primi risultati sembravano
nafil, Tadalafil), da assumere
però solo su indicazione dello
specialista, che prescriverà il
prodotto e il dosaggio più adeguati al singolo paziente.
Nei casi più difficili, lo specialista andrologo potrà eventualmente prescrivere l’uso di
farmaci da iniettare localmente (papaverina, prostaglandina) o da applicare per via
transuretrale.
Nella donna, il diabete può incidere sulla sessualità riducendo la lubrificazione vaginale e la risposta alle sollecitazioni erotiche.
Il ricorso ai lubrificanti disponibili in farmacia risolve senza
difficoltà il primo problema,
mentre per il secondo occorre
soprattutto una buona intesa
di coppia, capace di “risvegliare” il desiderio.
molto pericolose, i corpi chetonici (acetone e sostanze simili), la cui presenza
rende il sangue acido. Questa situazione
metabolica comporta alterazioni in tutto
l’organismo, ma la più grave è l’edema
cerebrale, che rappresenta un pericolo
per la vita.
Tranne i pochi casi in cui è scatenata rapidamente da una febbre elevata o da
una forte emozione, la chetoacidosi consegue ad un periodo di cattivo controllo
IL VACCINO: QUANDO E PER CHI
Contro il diabete di tipo 1 potremo
forse disporre, in un futuro non
lontanissimo, di una nuova risorsa, sotto forma di vaccino. È bene
però premettere che il vaccino
potrà essere utile solo ai soggetti
che hanno una predisposizione
alla malattia o che la presentano
in fase iniziale. Si tratta infatti di
una sostanza che sembra capace
di bloccare la distruzione delle
cellule beta da parte del sistema
immunitario, e che quindi non potrebbe comunque giovare ai soggetti in cui tale distruzione è ormai
avvenuta. Sperimentata sui topi,
questa sostanza si è dimostrata
efficace e non dannosa; la sperimentazione sull’uomo però sarà
iniziata solo tra diversi mesi in Inghilterra e presumibilmente il vaccino, se si dimostrerà valido, potrà
essere disponibile non prima di 56 anni o anche più.
della glicemia, dovuto a trascuratezze
nella dieta o nella somministrazione di
insulina. I sintomi sono anoressia, nausea e vomito, odore di mele cotte
nell’alito, respiro affannoso e, infine, coma.
Ai primi segni bisogna quindi rivolgersi
senza indugi al medico e, se questo non
fosse disponibile, al pronto soccorso
dell’ospedale più vicino.
entusiasmanti, ma anche in questo
caso la difficoltà di trovare uno schema efficace di terapia antirigetto ha
rappresentato un ostacolo finora non
superato. In pratica, accade che questa terapia impedisce anche la sopravvivenza delle cellule trapiantate:
ecco perché i successi non superano
il 10% dei casi trattati.
Più promettenti, ma ancora in fase
pre-sperimentale, sono altre due prospettive terapeutiche: la terapia genica e le cellule staminali. Nel primo
caso si tratterebbe di inserire il gene
dell’insulina in cellule diverse da
quelle del pancreas: le cellule del fegato sembrerebbero le candidate
ideali per accogliere il gene, diventando quindi esse stesse produttrici
di insulina. Nel secondo caso la ricerca riguarda invece la possibilità di
“forzare” le cellule staminali a trasformarsi in cellule beta capaci non
solo di produrre insulina, ma anche di
resistere all’attacco del sistema immunitario che distrugge le stesse cellule beta nel diabete di tipo 1.
Si tratta di speranze concrete ma,
purtroppo, ancora molto lontane da
un’attuazione su vasta scala nell’uomo.
Per quanto riguarda il diabete di tipo
2, è molto interessante la recente
scoperta di un gruppo di ricercatori
dell’Università di Osaka. Questi studiosi hanno isolato una sostanza, la
Visfatina, che sembra capace di far
utilizzare il glucosio da parte delle
cellule, analogamente a quanto fa
l’insulina. La Visfatina esercita però il
suo effetto legandosi a un recettore
cellulare diverso da quello dell’insulina: in pratica, come se utilizzasse una
“porta d’ingresso” alternativa, superando quindi l’ostacolo rappresentato
dalla chiusura della “porta principale”, quella che permette l’entrata
dell’insulina.