/(M01 kelvin) kel- embro, come pure 1 set di grandezze Capitolo 6 Biosensori Arti Ahluwalia 6.1. INTRODUZIONE Al BIOSENSORI La domanda sempre crescente, sia essa a carattere scientifico o sociale, per una determinazione quantitativa di specie chimiche sia naturali che artificiali, della loro diffusione e dei loro effetti sull'ambiente e sugli organismi viventi, evidenzia il bisogno di nuove strategie e nuovi metodi di misura. Questo ha stimolato lo sviluppo di sensori chimici, e più recentemente di biosensori. D'altra parte la spinta in questa direzione è venuta anche da motivazioni pratiche ed urgenti: la disponibilità di un biosensore, ad esempio, può eliminare le lunghe e fastidiose procedure tipiche delle tecniche analitiche tradizionali. Inoltre potrebbe permettere l'esecuzione in tempo reale, in loco, di analisi mediche o ambientali. I biosensori sono dispositivi comprendenti un elemento sensibile di origine biologica, usualmente in forma di film sottile, che è intimamente collegato (se non direttamente integrato) ad un elemento trasduttore. In generale lo scopo primario è di riuscire a produrre un segnale elettronico o ottico proporzionale alla concentrazione di una specie chimica o di un insieme di prodotti. Un biosensore può essere quindi considerato come una combinazione di un biorecettore costituito dalla componente biologica e il trasduttore - il sistema di rivelazione. I recettori biologici possono essere uno o più enzimi, componenti di membrane, cellule, anticorpi o antigeni, DNA o FWA o anche frammenti di tessuto biologico. Essi sono i responsabili del riconoscimento delle specie di interesse e conferiscono selettività e sensibilità al dispositivo finale. Le molecole biologiche interagiscono con alcune molecole in maniera specifica e reversibile, cambiando alcuni parametri fisico-chimici associati con le interazioni. Tali interazioni possono produrre variazioni di calore, massa, luce, ioni o elettroni, che a loro volta possono essere convertite in un segnale elettrico dal trasduttore, e susseguentementeamplificate, elaborate e visualizzate. L'accoppiamento apparentemente esotico tra due componenti così diverse, riesce a unire la specificità dei recettori biologici con la sofisticatezza delle tecnologie opto-elettroniche e la potenza di calcolo dei microprocessori. Questa tecnologia emergente fa quindi interagire in modo nuovo competenze accademiche di solito molto distanti, tanto da modificare radicalmente l'approcio ai metodi analitici. Un tipico biosensore è schematizzato a blocchi in figura 6.1. 176 Capitolo 6 Tabella 6.1. Molecoi Specie Chimica I enzima, 1 anticorpo, l1 recettore I 1 cellula 1 i i ottico, trasduttore elettrico, termico 1 1 l c o m puter elaborazione dati Figura 6.1. Schema a blocchi di un biosensore. 6.1.1. Applicazioni Biomediche Fra le applicazioni più rilevanti e forse più importanti vi sono quelle legate alla diagnostica clinica. Infatti il primo impulso per lo sviluppo di biosensori è venuto dalla necessità di eliminare o almeno minimizzare i tempi e le laboriose procedure delle analisi cliniche. I metodi attualmente disponibili per misurare la concentrazione di specie chimiche nei fluidi biologici di solito constano di prelievi di grossi volumi di sangue, che vengono poi sottoposti a cenirifugazione. I campioni vengono alla fine analizzati con Ioni Gas Metaboliti Farmaci Steroidi Anticorpi Ormoni Antigeni tecniche elettroc trofotometri o dc di di incubazioni di strumentazior Lo sviluppo analitici attraver sere usati in aml: medico, o persin In tabella 6.l stica e su cui pui reale. Un biosensoi toraggio delle sc - il biosenso. sibilità e risoluz range dinamico i gici. Ad esempi( mentre le conce quindi essere sin - il sistema d senza necessitar1 il sensore sia ecc - deve essere I1 volume del urina) deve esse1 - per quanto vista della loro r' cità. Nel settore b trebbe essere ricl - monitoragé Sistemi di qu implicano neces: che di prelievo, e 177 Biosensori Tabella 6.1. Molecole con rilevanza diagnostica lati le legate alla dia: venuto dalla nelure delle analisi .ne di specie chili di sangue, che Le analizzati con Specie Chimica Esempi tipici Tipico valore fisiologico Ioni Gas Metaboliti Farmaci Steroidi Anticorpi Ormoni Antigeni Na', K+, C1-, H+ NH,,02, c o , C02 Glucosio, urea, creatinina Salicilato, acetaminofina, gentamicina Cortisone IgM, IgG Insulina, prolattina, HCG Epatite, HIV, alfa-feto proteina 0,l M 0,l M 10 mM 0,l mM 1 PM 100 nM 10 nM 0.1 nM tecniche elettrochimiche o imrnunoenzimatiche, tramite elettrodi sensibili a ioni, spettrofotometri o dosatori di radioattività, procedure che di solito nchiedono lunghi periodi di incubazione. Gli esami nchiedono inoltre l'intervento di personale esperto e l'uso di strumentazione complessa, costosa e generalmente ingombrante. Lo sviluppo di biosensori consentirebbe di evitare questi passaggi preparatori e analitici attraverso la realizzazione di sistemi di dimensioni contentute, in grado di essere usati in ambienti diversi come ad esempio in un pronto soccorso, nello studio di un medico, o persino dai pazienti stessi a casa. In tabella 6.1 sono elencate varie molecole e ioni che hanno una rilevanza diagnostica e su cui può essere utile avere informazioni sui livelli di concentrazione in tempo reale. Un biosensore, per offrire notevoli vantaggi rispetto ai classici sistemi per il monitoraggio delle sostanze chimiche, deve possedere alcuni requisiti: - il biosensore deve avere un segnale di uscita ripetibile e preciso, ed avere una sensibilità e risoluzione adeguata per la sostanza presa in esame. Inoltre, deve avere un range dinamico tale da coprire la variabilità di tutti i casi clinici, sia normali che patologici. Ad esempio, i livelli di glucosio nel sangue possono andare dal 2 mM al 20 mM, mentre le concentrazioni di ormoni sono del ordine di nanomolari. I1 sensore deve quindi essere sintonizzato sull'applicazione prevista. - il sistema di misura deve essere insensibile a variazioni termiche, essere robusto e senza necessitare di frequenti calibrazioni o interventi tecnici. Inoltre, è essenziale che il sensore sia economico, "user-friendly" e di dimensioni contenute. - deve essere abbastanza veloce, nell'ordine di qualche minuto. I1 volume del campione prelevato (tipicamente sangue -ma meglio saliva, sudore o urina) deve essere piccolo -non più di alcune decine di microlitri. - per quanto riguarda i sensori impiantabili, cosa ancora molto distante dal punto di vista della loro realizzabilità, ci sono ulteriori requisiti di biocompatibilità e non-tossicità. Nel settore biomedico possiamo considerare alcune situazioni cliniche in cui potrebbe essere richiesto l'uso di biosensori: - monitoraggio continuo ex-vivo Sistemi di questo tipo sono tipicamente previsti nelle terapie di cura intensiva. Essi implicano necessariamente un sistema di monitoraggio "bed-side", con l'uso di tecniche di prelievo, eparinizzazione, diluzione e dialisi, ed eventuale reinfusione. Un esem- 178 Capitolo 6 pio applicativo importante è quello del monitoraggio dello stato immunitario di un paziente recentemente sottoposto a un trapianto d'organo. Per evitare eventuali problemi di rigetto e per somministrare giuste dosi di farmaci imrnmunosoppressivi sarebbe indispensabile avere a disposizione un sistema automatizzato di prelievo e analisi ex-vivo a regolari intervalli di tempo. - monitoraggio continuo in-vivo L'esempio più importante, in cui è previsto un monitoraggio in-vivo di tipo continuo, è il caso del diabete. Un controllo continuo dei livelli di glicemia è indispensabile sia per un sistema di pancreas artificiale ad anello chiuso che per un più rigoroso ed efficace monitoraggio per pazienti diabetici. Un dispositivo per monitoraggio ripetuto invivo richiede un piccolo sensore impiantabile o operante per via transcutanea con una lettura digitale, che dia un indicazione della concentrazione di glucosio almeno ogni paio di minuti. - monitoraggio ex-vivo e discontinuo Al momento attuale sono gli unici tipi di sensori disponibili a livello commerciale; nel senso più corretto della parola devono essere chiamati "saggi" anziché sensori. Tra questi si possono citare anche i sensori di DNA per studi sull'espressione genica. Generalmente sono nella forma di uno "stick" e sono di tipo "usa e getta". I saggi più diffusi sono senz'altro quelli per il monitoraggio del glucosio e gli indicatori della gravidanza o fertilità. Tali saggi evitano le procedure di analisi di laboratorio, che possono essere laboriose e complicate, e forniscono un'unica lettura della concentrazione di analita (ad esempio glucosio o ormoni). Per ora rimangono comunque meno affidabili delle analisi di laboratorio perché l'accuratezza dipende sia dal paziente che da fattori fisiologici, ad esempio il livello di ematocrito e di idratazione. Dei tre tipi di applicazioni esaminati, l'unico fattibile e in largo uso al momento è l'ultimo, e il motivo principale è dovuto all'instabilità della componente biologica. Infatti, mentre i problemi tecnologici per quanto riguarda la trasduzione, l'amplificazione e l'analisi dei segnali e la miniaturizzazione delle componenti elettroniche, ottiche o meccaniche, sono stati superati, gli aspetti legati alla stabilità e alla biochimica delle molecole sensibili rimangono ancora ostacoli insormontabili. Ad esempio, non sono stati né standardizzati né ottimizzati i protocolli per l'immobilizzazione delle biomolecole su elettrodi, membrane o guide d'onda. Inoltre, le proteine, una volta rimosse dal loro ambiente naturale, se non sono mantenute in condizioni opportunamente controllate, possono subire un notevole degrado strutturale e funzionale. Aspetti dello sviluppo di biosensori associati con l'interfaccia biologica che devono essere considerati sono: L'orientazione - idealmente una superficie sensibile dovrebbe essere altamente impacchettata ed orientata, senza spazi vuoti o eccesso di materiale che possano dare origine a segnali spuri. Attualmente non esiste un metodo standard e ripetibile per l'immobilizzazione in un modo ordinato. Legami non-specijìci- il legame di molecole estranee alla superficie sensibile questo può dare false informazioni sullo stato della superticie o contaminarla. Stabilità - la ricopertura superficiale deve essere stabile nel tempo ed avere un ragionevole tempo di vita. Quindi la sua attività non deve diminuire durante il periodo di immagazziname sviluppo e la co perdono la loro i Perdita o din se costanti di res dovrebbe almen Reversibiltà gli anticorpi. Inj poter seguire i C; essere reversibil mite lavaggi cor primitivi e forni cola perde parte 6.1.2. Class I biosensori 1 ca utilizzata che le biologico. In cola che costitui sistemi trasduttc trasduzione corr 1 A) Bioriconc di trasduzione ir a) metod b) metod B) Bioriconc a) metod b) metod C ) metod C) Metodi ui a) metod b) metod C ) metod D) Metodi d care la crescita C smo. E) Metodi te Fra questi, i enzimatici, gli il Biosensori munitario di un paeventuali problemi ~ressivisarebbe invo e analisi ex-vivo .vivo di tipo contiia è indispensabile più rigoroso ed efraggio ripetuto innscutanea con una :osi0 almeno ogni e110 commerciale; iziché sensori. Tra one genica. GeneI saggi più diffusi i della gravidanza ie possono essere razione di analita io affidabili delle ie da fattori fisio[so al momento è nte biologica. Inl'amplificazione oniche, ottiche o biochimica delle :olli per l'immoi. Inoltre, le prolute in condizioitrutturale e fun~gicache devono re altamente imossano dare orietibile per l'ime sensibile que-la. ed avere un raIte il periodo di 179 immagazzinamento. Questo è probabilmente uno dei più importanti fattori limitanti lo sviluppo e la commercializzazione dei biosensori, dato che nel tempo molte proteine perdono la loro attività. Perdita o diminuzione difunzionalità - una proteina immobilizzata non avrà le stesse costanti di reazione di una proteina nel proprio ambiente naturale. Questo parametro dovrebbe almeno essere considerato e misurato se non controllato. Reversibiltà - questo è un problema che affligge i sensori ad affinità che utilizzano gli anticorpi. Infatti, a parte il caso di sensori di tipo uso e getta, un sensore dovrebbe poter seguire i cambiamenti di concentrazione dell'analita in esame, e quindi dovrebbe essere reversibile. Per ora i metodi per ngenerare superfici proteiche, ad esempio tramite lavaggi con acidi, basi o agenti caotropici (es. urea concentrata), sono abbastanza primitivi e forniscono risultati improducibili. Nella maggior parte dei casi la biomolecola perde parte della la sua affinità e subisce denaturazione. 6.1.2. Classificazione dei Biosensori I biosensori possono essere classificati sia secondo la natura della molecola biologica utilizzata che secondo il metodo di trasduzione adottato per la rivelazione del segnale biologico. In questo capitolo, i sensori verranno divisi secondo la classe della molecola che costituisce la parte sensibile del sistema, e verrà data enfasi a questa anziché ai sistemi trasduttori. Di seguito sono elencate le varie classe di biorecettori e i metodi di trasduzione comunemente impiegati. A) Bioriconoscimento enzimatico; a loro volta classificabile a seconda del metodo di trasduzione in a) metodo di lettura elettrochimico b) metodo di lettura optoelettronico B) Bioriconoscimento irnmunologico, o immunosensori con a) metodi di lettura optoelettronico b) metodi di lettura gravimetrico C)metodo di lettura elettrochimico C) Metodi utilizzanti DNA per il riconoscimento dei geni con a) metodi di lettura optoelettronico b) metodi di lettura gravimetrico C)metodo di lettura elettrochimico D) Metodi di riconoscimento cellulare, che utilizzano composti in grado di modificare la crescita delle popolazioni cellulari o producono in esse alterazioni del metabolismo. E) Metodi tessutali. Fra questi, i più importanti per applicazioni biomediche sono attualmente i sensori enzimatici, gli immunosensori e i sensori di DNA. 180 Capitolo 6 6.2.1. Principi di funzionamento dei biosensori enzimatici Gli enzimi sono molecole proteiche che agiscono da catalizzatori per le reazioni chimiche. La struttura tri-dimensionale della catena polipeptidica da cui è costituito l'enzima fa sì che essa sia capace di diminuire l'energia di attivazione della reazione tramite un interazione a sito specifico fra enzima e substrato. Gli enzimi più comunemente usati per la costruzione di biosensori sono riportati in tabella 6.2. Un tipico biosensore enzimatico è schematizzato in figura 6.2. La superficie del trasduttore è in contatto con uno strato enzimatico trattenuto da una membrana sottile, ed il tutto viene immerso nella soluzione da analizzare. 11 substrato diffonde attraverso la membrana e reagisce con l'enzima. I prodotti della catalisi devono a loro volta diffondere verso il trasduttore per poi essere convertiti in un segnale quantificabile. Le equazioni che descrivono una reazione fra enzima (E), ed il substrato (5') per produrre un prodotto (P), nel caso di una reazione monomolecolare irreversibile, sono: Le K sono le costanti cinetiche per le reazioni. La velocità della reazione è data dall'equazione di Michaelis e Menten. Tabella 6.2. Esempi di enzimi utilizzati nella costruzione di biosensori enzimutici, con tipici meccanismi di trasduzione impiegati Analita Enzima Meccanismo di Traduzione Glucosio Glucoso ossidasi Pressione parziale di O,,dissociazione H,O,, pH, ottico (es. quenching di fluorescenza), termico Urea Ureasi Pressione parziale di NH,, pH, ottico (es. quenching di fluorescenza)',-termico Amino acidi Amino acido ossidai Pressione parziale di NH,, termico Etanolo Alcol deidrogenasi Trasferimento di eletlroni, termico Lattato Lattato deidrogenasi Lattato ossidasi Trasferimento di elettroni, termico, ottico, pH Penicillina Colestorolo Penicillinasi Colesterolo ossidasi pH, termico Pressione parziale di O,, dissociazione H,O, Figura 6.2. Schemi Dove K m è 1; iniziale di enzii quindi V, = K, [. Un curva tip: ra 6.3. La maggior pato durante la esempio, nel ser A pH fisiolo Quindi l'ure NH,, o un senso rimatici itori per le reazioni da cui è costituito ione della reazione ori sono riportati in contenim ento iatico trattenuto da analizzare. I1 subsdotti della catalisi vertiti in un segna- soluzione contenente il substrato S Figura 6.2. Schematiuazione di un biosensore enzimatico. 1 substrato (S) per rreversibile, sono: V=--- d [ S I - K2 [ E S ]= K2 [ E , I [ S l dt Km +[SI Dove K, è la costante di Michaelis (K, = (K-, + K,)IK+,)) e E, è la concentrazione iniziale di enzima. Quando [A %= K,,,, V= V, la velocità massima della reazione; e quindi V, = K, [E,]. Un curva tipica che descrive la cinetica della reazione enzimatica è mostrata in figura 6.3. La maggior parte dei sensori misura l'aumento di pressione parziale di gas sviluppato durante la reazione catalitica o la variazione di pH tramite l'uso di elettrodi. Ad esempio, nel sensore per urea, utilizzando l'enzima ureasi, la sequenza delle reazioni è: :azione è data dal- tipici meccanismi di I smo di Trasduzione e parziale di O,, disle pH, ottico iching di fluorescenico : parziale di NH,, o (es. quenching di nza),.termico O = C(NH2),(urea) 1 parziale di NH,, 4 lento di elettroni. 1 : ento di elettroni, ittico, pH :o parziale di O,, dis:H202 J H20 ureasi CO, + 2NH3 A pH fisiologico (intorno a 7), la CO, e NH, danno le seguenti reazioni: NH3 ! + + H20 + NH: + OH- Quindi l'urea pub essere rivelata tramite un sensore di pressione parziale di C02o NH,, o un sensore di pH, già descritti nel capitolo 4. 182 Capitolo 6 Glucosio + ( Dove FAD è Il GOD (FA. La sequenza I biosensori sfruttano la rea2 Concentrazione di substrato, (S) Figura 6.3. Dipendenza della velocità di una reazione enzimatica monomolecolare irreversibile dalla concentrazione del substrato. 6.2.2. Sensori per il glucosio Uno degli analiti più importanti in clinica è il glucosio; in questo paragrafo verranno esaminate in dettaglio le varie tecniche biosensoristiche utilizzate per rivelare tale metabolita, con particolare riguardo ai problemi associati ail'impiego in-vivo. La possibilità di monitorare livelli di glucosio in tempo reale ed in continuo in pazienti affetti da diabete di tipo I o 11, sarebbe estremamente utile per controllare e prevenire i dannosi eventi di ipoglicemia o iperglicemia, responsabili di pericolose complicazioni. Non è sorprendente quindi che negli ultimi trenta anni considerevoli sforzi sia scientifici che economici siano stati dedicati allo sviluppo di sistemi per la rivelazione di glucosio in maniera semplice, specifica e continua. In particolare un notevole impegno economico, sia pubblico che privato, è stato indirizzato allo sviluppo di un sensore per il monitoraggio in continuo della concentrazione di glucosio nel sangue o nel tessuto sottocutaneo. La disponibilità di un sensore affidabile in situ è essenziale per la realizzazione di un "pancreas artificiale" ad anello chiuso per pazienti insulino-dipendenti.Infatti proprio la mancanza di un idoneo sensore di glucosio, che può essere considerato la cellula pancreatica p del sistema artificiale, ha finora impedito lo sviluppo di un sistema artificiale che possa regolare automaticamente il rilascio di insulina a seconda della concentrazione di glucosio nel sangue. La maggior parte dei biosensori per il glucosio sono basati sull'ossidazione del glucosio cataiizzato dall'enzima glucosio-ossidasi (GOD). L'enzima GOD, di solito estratto da funghi, ossida il glucosio secondo la reazione seguente: l I sistemi ser rispondere a pai devono es! tessuti interstizi definita e ripeti1 il sensore ( l'enzima glucos deve avere sposta tipico de deve avere (es. al flusso di deve esserc Inoltre, nel artificiale, esso "biocompatibilt che essere piccc attenzioni o fre~ biocompatibiliti continuo e in vi siderare i problt biosensore enzi I metodi prii no subito una g l'approccio bio1 elencati i vari ti] dispositivo. 183 Biosensori Glucosio + GOD(FAD+) + acido gluconico +GOD (FADH,) Dove FAD è una flavina che funziona da cofattore dell'enzima GOD a cui è legato. I1 GOD (FADH,) è solitamente riossidato tramite reazione con ossigeno - La sequenza di reazioni enzimatiche può essere riassunta come: glucosio + O2 GOD H202 + acido gluconico I biosensori più studiati, anche per un eventuale uso in vivo, sono quelli elettrici che sfruttano la reazione di ossidoriduzione descritta sopra. reversibile dalla con- magrafo verranper rivelare tale in-vivo. i continuo in paontrollare e prepericolose comsiderevoli sforzi mi per la rivelalare un notevole ) sviluppo di un sio nel sangue o realizzazione di :nti. Infatti proiderato la celluti un sistema aronda della conlazione del glu;OD, di solito 6.2.3. 1 requisiti dei sensori di glucosio I sistemi sensonstici per la misura del glucosio in applicazioni biomediche cievono rispondere a particolare requisiti: devono essere in grado di misurare concentrazioni di glucosio nel sangue o nei tessuti interstiziali in un range da 36 a 360 mgldl (da 2 mM a 20 rnM), con risposta ben definita e npetibile. il sensore deve essere estremamente specifico per il glucosio - questo è il caso per l'enzima glucoso-ossidasi (GOD) che è alla base di quasi tutti i sensori per il glucosio. deve avere un tempo di risposta veloce (dell'ordine di pochi minuti, tempo di nsposta tipico del pancreas). deve avere una risposta che è indipendente dalla idrodinamica dei fluidi corporei (es. al flusso di sangue) e dalla concentrazione di ossigeno. deve essere stabile sia meccanicamente che chimicamente. Inoltre, nel caso di un sensore impiantabile come si può prospettare in un pancreas artificiale, esso deve avere anche altre caratteristiche fondamentali: infatti, deve essere "biocompatibile" in senso lato cioè, oltre ad essere sterile, non tossico, stabile, deve anche essere piccolo, portabile senza fastidi per il paziente, senza necessità di particolari attenzioni o frequenti ricalibrazioni. Purtroppo l'insieme di questi aspetti relativi alla biocompatibilità in generale impediscono l'impiego di senson per il monitoraggio in continuo e in vivo. Inoltre, associati a quelli della biocompatibilità, bisogna anche considerare i problemi dovuti al ricondizionamento del sensore (ad esempio, nel caso di un biosensore enzimatico, esso deve essere ncaricato con l'enzima e risterilizzato). I metodi principali utilizzati per monitorare il glucosio nel sangue e nell'urina hanno subito una grande evoluzione: dai saggi chimici generali per zuccheri riducenti, all'approccio biochimico più specifico, fino all'uso dei biosenson. In tabella 6.3 sono elencati i vari tipi di sensori per glucosio in base al metodo di trasduzione utilizzato nel dispositivo. 184 Capitolo 6 Tabella 6.3. Classificazionedei sensori per il glucosio Tipo Saggi colorimetrici - "lo stick" Sensori ottici - Sensore ottico a fluorescenza - Sensore ad infrarosso Sensori elettrici - potenziometnci - amperometrici - a semiconduttore Componente biologico Commenti GOD e Perossidasi - metodo correntemente uti- Concanvalina A - il glucosio compete con de- lizzato dai pazienti diabetici strano marcato (in fase di sviluppo) -in produzione GOD GOD GOD - in uso nei laboratori di analisi - possono essere miniaturizzati per l'impianto (in fase di sperimentazione zn vivo) Sensore termico GOD - in fase di sperimentazione in vivo Sensore meccano-chimico GOD - parzialmente invasivo (in fase di sviluppo) 6.2.4. Sensori Potenziometrici La componente essenziale di un sensore potenziometrico consiste in un elettrodo per il pH. Come già descritto in dettaglio in capitolo 5, tale elettrodo presenta una membrana di vetro permeabile agli ioni H+che costituisce l'elettrodo di misura vero e proprio, ed un elettrodo di riferimento esterno (ad esempio di AglAgCl). La misura potenziometrica è basata sulla determinazionedel potenziale fra l'elettrodo di riferimento e l'elettrodo di 'misura. L'elettrodo ione~selettivofa parte quindi di una cella elettrochimica ed il potenziale fra i due elettrodi (quello di riferimento e quello selettivo) viene misurato con un voltmetro. L'elettrodo di riferimento deve quindi essere stabile e non cambiare potenziale (o almeno, le fluttuazioni devono essere più piccoli della risoluzione del sistema). Per questo tipo di sensore è molto importante che l'elettrodo di riferimento sia completamente affidabile e non subisca alterazioni.Infatti, i classici elettrodi di riferimento basati su AglAgCl o calomelano ed il ponte salino non sono adatti a misure in vivo perché contengono all'interno elettroliti liquidi, e sono solitamente sostituiti da giunzioni metallolossido di metallo (ad esempio platinolossido di platino). I1 potenziale sviluppato dalla membrana, nel caso degli H+è dato da un'equazione simile a quella di Nernst: dove E, è una costante (ma non il potenziale standard!), R è la costante dei gas, T la temperatura in Kelvin, Z la valenza dello ione (H+nel caso di un potenziometro per pH), a è l'attività degli H+ed F è la costante di Faraday. Quindi il potenziale sviluppato è proporzionale al pH. Figura 6.4. Sensore j Nel caso dei cato intrappolanl re. Tale sistema t ne di acido glucc Un elettrodo gura 6.4. Ci sono anch mobilizzato su u in AglAgC1. Lo svantaggi do di riferimentc biologici come n Un altro svar ma GOD, è quel certa concentraz dazione del gluc, 6.2.5. Sensc La struttura C Dal punto di visi gio di corrente C: lico e nferimentl rente generata al 185 Biosensori correntemente utiii pazienti diabetici 1 sonda sio compete con dercato (in fase di svi- elettrodo l. izione soluzione interna ei laboratori di anaessere miniaturizimpianto (in fase di azione in vivo) m em brana di sperimentazione di vetro ) permeabile agli ioni H+ nente invasivo (in ~UPPO) Figura 6.4. Sensore potenziometrico per glucosio. Nel caso dei sensori potenziometrici per il glucosio, l'elettrodo di pH viene modificato intrappolando molecole di GOD tra l'elettrodo di vetro e la soluzione da analizzare. Tale sistema è in grado di misurare la riduzione del pH locale dovuta alla produzione di acido gluconico generata dall'ossidazione del glucosio. Un elettrodo per pH ed un sensore potenziometrico per glucosio sono illustrati in figura 6.4. Ci sono anche configurazioni alternative ad esempio l'enzima GOD può essere immobilizzato su un elettrodo di platinolossido di platino, con un elettrodo di riferimento in AglAg CI. Lo svantaggio principale del sensore potenziometrico è che necessita di un elettrodo di riferimento molto stabile e questo è difficilmente realizzabile in presenza di fluidi biologici come nel caso di impiego del sensore in vivo. Un altro svantaggio, che comunque riguarda tutti sensori basati sull'uso dell'enzima GOD, è quello del consumo di ossigeno. Infatti nei fluidi corporei è presente una certa concentrazione di ossigeno che però pub diminuire localmente a causa della ossidazione del glucosio e questo può portare a risultati falsati. in un elettrodo o presenta una i misura vero e , La misura podi riferimento :ella elettrochi~elettivo)viene -estabile e non )li della risolunento sia comdi riferimento ire in vivo perti da giunzioni un'equazione : dei gas, T la ~ziometroper iìle sviluppato em bruna a d dialisi ! 6.2.5.Sensori Amperometrici La struttura dei sensori amperometrici è simile a quella dei sensori potenziometrici. Dal punto di vista funzionale invece, i primi si differenziano dai secondi per il passaggio di corrente che si genera fra i due elettrodi componenti il sensore (elemento metallico e riferimento), elettrodi tra i quali viene applicato un potenziale elettrico. La corrente generata allo stato stazionario (in condizioni di concentrazione limite) è dovuta al 186 Capitolo 6 trasferimento di elettroni tra la superficie enzimatica e gli elettrodi ed è proporzionale alla concentrazione di specie elettroattive. I1 potenziale deve essere sufficiente per causare solo la reazione desiderata e per mantenerla costante, ed anche per evitare un accumulo di cariche. Viene utilizzato spesso anche un terzo elettrodo. In questo caso la tensione è applicata tra elettrodo metallico ed il terzo elettrodo, il riferimento serve per monitorare il potenziale e modificarlo così da avere corrente costante. Sempre sfruttando la reazione: Glucosio + O2 H202 + acido gluconico i sensori amperometrici riescono a misurare la riduzione della pressione parziale di ossigeno che viene consumato con la riduzione al catodo (-600 mV) o l'ossidazione di H20, all'anodo (+600 mV). In sistemi che misurano la pressione parziale di O,, quest'ultimo deve essere in grande eccesso e la quantità di ossigeno consumato deve essere quindi essere trascurabile rispetto alla sua concentrazione totale. I sensori amperometrici più sviluppati per l'analisi del glucosio sono quelli in cui un anodo di platino polarizzato a circa 600 mV rispetto ad un elettrodo di riferimento (di solito a calomelano) ossida elettrochimicamente11H202 In questo caso viene consumata una quantità inferiore di ossigeno. Un apparecchio basato su questo tipo di misura è prodotto e comrnercializzato e costituisce uno dei più diffusi sistemi per la determinazione del glucosio nei laboratori di analisi. Con l'uso di membrane specifiche questi sensori hanno un campo di misura da 5 mM a 30 mM ed un tempo di risposta minimo di 20 secondi. Rimangono però molto sensibili ad agenti riducenti che possono ossidarsi all'anodo. Per evitare il problema del consumo di 0, sono stati proposti diversi "mediatori che possono "riossidare" il FADH, dopo la reazione. Il FADH, può essere riossidato dall'applicazione di una corrente in grado di trasferire gli elettroni dall'enzima all'elettrodo, ed il mediatore serve da "ponte" fra i due. Glucosio + GOD(FAD+) GOD(FADH2)+ mediatore ossidato + + acido gluconico + GOD(FADH,) GOD(FAD+) + mediatore. ridotto In figura 6.5 è schematizzata la sequenza dei passaggi che avvengono all'anodo in un sensore amperometrico con mediatore. Sono stati proposti diversi tipi di mediatore, tra i quali i chinoni (per esempio il tetracianoquinonedimetano o TCNQ) ed alcuni derivati del ferrocene, che sono i più usati. Il mediatore deve essere molto stabile e non subire cambiamenti anche dopo diversi cicli di ossidazione. In più deve avere una cinetica veloce, e deve poter essere immobilizzato sull'elettrodo, vicino al GOD, per poter funzionare da veicolo per gli elettroni. Inoltre, per event vo non deve ess l'entusiasmo ini sull'uso di un mc adatti per l'appli sa della presenz zialmente tossic: attiva del mediat gemente solubil di uscita dalla I mento. Infatti, ti la glicemia basa sensore amperor cio, il suo uso p. anaerobici (ad es Recentement sensori amperon trici per l'uso i, struiti a forma d (diametro da 0,2 di nferimento v: me al sensore e sulla pelle. Purt tempo di vita util mente all'adesio: zione locale che durata del sensor 6.2.6.Senso Questi sono l Essi sono basati : che isola il gate) essere modificate di nferimento. Essenzialmen n che formano di uno strato isolant tallico immerso r campo elettrico f soglia ed anche 1: Aggiungendo te, o ivi contenute go di un sensore Biosensori ed è proporzionale sufficiente per cauIer evitare un accuquesto caso la ten:rimento serve per te. Inoltre, per eventuali applicazioni in vivo non deve essere tossico. Malgrado Soluzione l'entusiasmo iniziale, i sensori basati Analita sull'uso di un mediatore non sembrano adatti per l'applicazione in vivo, a causa della presenza di molecole potenzialmente tossiche, dato che la forma attiva del mediatore risulta sempre leggermente solubile in acqua, con rischio Strato enzim atico di uscita dalla membrana di contenimento. Infatti, anche se un saggio per la glicemia basato sull'impiego di un sensore amperometrico è in commercio, il suo uso principale è nei sistemi anaerobici (ad es. nei fermentatori). Recentemente sono stati realizzati sensori amperometrici o potenziometrici per l'uso in-vivo. Essi sono coElettrodo struiti a forma di ago o di filo sottile (diametro da 0,2 a 0,5 mrn).L'elettrodo di riferimento viene impiantato insieFigura 6.5. Schernatizzazionedella sequenza di reazioni me e può essere nel sensore amperometrico con mediatore sulla pelle. Purtroppo, fino ad ora, il tempo di vita utile di questi sensori in vivo è molto limitato. Questo è dovuto essenzialmente all'adesione di molecole proteiche al sensore, con una conseguente infiammazione locale che cambia la risposta (la sensibilità diminuisce drammaticamente) e la durata del sensore. nico one parziale di oso l'ossidazione di no deve essere in di essere trascurasono quelli in cui )do di riferimento l. iercializzato e coo nei laboratori di mpo di misura da ngono però molto versi "mediatori" essere riossidato l'enzima all'elet- i L > ;ono all'anodo in ~ eesempio r il teie sono i più usache dopo diversi r essere immobiper gli elettroni. 187 I ll 6,2.6. Sensori potenziometrici allo stato solido Questi sono gli unici sensori veramente compatibili con la tecnologia del silicio. Essi sono basati su un MOSFET (transistor a effetto di campo con un ossido metallico che isola il gate) leggermente modificato come riportato in figura 6.6. I1 MOSFET può essere modificato a ISFET (FET sensibile ad ioni) sostituendo il gate con un elettrodo di riferimento. Essenzialmente, l'ISFET, consiste in un substrato di silicio tipo p con due zone tipo n che formano drain e source rispettivamente. Sopra questo substrato viene depositato uno strato isolante di SiO, e Si,N, che è sensibile agli ioni H+.I1 gate è un elettrodo metallico immerso nel campione. L'interazione fra ioni H+ e lo strato isolante modifica il campo elettrico fra il gate ed il substrato e conseguentemente cambia il potenziale di soglia ed anche la corrente di drain, che è il parametro generalmente misurato. Aggiungendo all'ISFET uno strato enzimatico immobilizzato sopra lo strato isolante, o ivi contenuto da una membrana, si ottiene I'ENFET, che essenzialmente è l'analogo di un sensore potenziometrico. Nel caso di un ENFET per glucosio, uno strato di 188 Capitolo 6 elettrodo di riferimento (gate) isolante , ' Figura 6.6. Schema di un ENFEZ GOD viene immobilizzato covalentemente o contenuto da una membrana sopra il gate. La presenza di glucosio aumenta la produzione di acido gluconico all'intemo della membrana e di conseguenza si ha una diminuzione di pH ed un cambiamento delle condizioni nelle zone di inversione e lo strato di svuotamento. I1 rapporto fra la risposta di un ENFET e la concentrazione di analita è abbastanza complicato e dipende sia dall'enzima usato e dalla diffusione di glucosio e acido gluconico che dai potenziali applicati a gate e drain. I tempi di risposta e il range dinamico sono dello stesso ordine di quelli dei sensori potenziometrici. La differenza è che mentre l'elettrodo potenziometrico misura direttamente il potenziale sviluppato su una membrana, e quindi necessita di un voltrnetro con impedenza d'ingresso molto alta, il contatto a stato solido fra il campione e il dispositivo genera un impedenza di uscita bassa e un alto rapporto segnale/nimore. Inoltre, i sensori a semiconduttore possono essere miniaturizzati e quindi richiedono una piccolissima quantità di enzima. Malgrado le loro potenzialità, soprattutto in sistemi multi-sensoriali miniaturizzabili, i biosensori a semiconduttore non hanno avuto un grande successo in applicazioni cliniche. Questo è dovuto in parte alla màncanza di biocompatibilità dei dispositivi e in parte a problemi di deriva del segnale dovuto a imperfezioni all'interfaccia dispositivofluido ed al distacco della membrana sensibile. L'uso principale di questi sensori è nel campo del monitoraggio di funzioni metaboliche o del pH in colture cellulari, dove le piccole dimensioni dei dispositivi si prestano bene a misure in zone localizzate. Le reazioni hanno un'entaly quantità di calo1 di substrato pre: tro a flusso in C questa colonna, tura viene misui na. Una second~ I sensori ter. generato da qua la produzione di tazione associai pompe, camere I Recentemen 0,4 X 6 X 14 m trazione di glucc mobilizzati su ui zione di calore e ma (la catalasi C range da 1 a 16 confronto ai sen. A differenza glucoso-ossidad di sensore, ancoi gli zuccheri. Coi ta all'intemo di i tica. I1 destrano i bo e compete cc con-A. Con l'aumen e passa via via in ta dalla membra] smessa indietro 1 aumento del segi cosio nel campi( sangue non sonc sensore è lineare Tuttavia, dati es. 0, che esting Biosensori 189 6.2.7. Sensori Termici isolante )rana sopra il gate. s all'interno della ambiamento delle orto fra la risposta e dipende sia dalii potenziali applio stesso ordine di rodo potenziomee quindi necessita stato solido fra il t0 rapporto segnarizzati e quindi ri- li miniaturizzabiìo in applicazioni lei dispositivi e in accia dispositivofunzioni metaboositivi si prestano Le reazioni biologiche sono generalmente esotermiche e le reazioni enzimatiche hanno un'entalpia piuttosto elevata (20-100 KJ/mole). È quindi possibile misurare la quantità di calore prodotto da una reazione enzimatica e correlarlo alla concentrazione di substrato presente. Un sensore termico di glucosio proposto consiste in un calorimetro a flusso in cui l'enzima GOD viene immobilizzato in una piccola colonna. Lungo questa colonna, in una camera termostatata, viene fatto fluire un liquido la cui temperatura viene misurata da un termistore o una termocoppia dopo aver traversato la colonna. Una seconda colonna, identica ma senza enzima, serve da riferimento. I sensori termici non hanno suscitato grande interesse perché il calore può essere generato da qualunque reazione ed è quindi un sistema abbastanza aspecifico. Inoltre, la produzione di una quantità di calore misurabile richiede molto enzima e la strumentazione associata alla misura calorimetrica è molto ingombrante (richiede reattori, pompe, camere termostatate). Recentemente è stato proposto un nuovo dispositivo miniaturizzato (di dimensioni 0,4 X 6 X 14 mm3)con micro pompe e micro reattori, in grado di misurare la concentrazione di glucosio nel sangue ex-vivo. In questo sistema GOD e catalasi vengono immobilizzati su una piccola colonna e la combinazionedei due enzimi aumenta la produzione di calore e diminuisce la dipendenza della reazione dalla concentrazione di enzima (la catalasi catalizza la produzione di ossigeno ed acqua da H202).I1 sensore ha un range da 1 a 16 mM, un tempo di risposta di 60 secondi ed una elevata sensibilità in confronto ai senson amperometrici. 6.2.8. Sensori Ottici A differenza dei sensori elettrici, il sensore ottico per glucosio non sfrutta l'enzima glucoso-ossidasi, ma utilizza invece la proteina concanavalina A (con-A). Questo tipo di sensore, ancora in fase di sviluppo, è basato sulla capacità della con-A di legarsi con gli zuccheri. Come schematizzato in figura 6.7, la concanavalinaA viene immobilizzata all'interno di una membrana tubolare da dialisi, montata all'estremità di una fibra ottica. Il destrano marcato con FITC (una sostanza fluorescente) rimane confinato nel tubo e compete con il glucosio libero presente nel campione per legarsi con i siti della con-A. Con l'aumento della concentrazione di glucosio, il destrano si dissocia dalla con-A, e passa via via in soluzione. I fenomeni avvengono quindi all'intemo della cella formata dalla membrana e la fluorescenza eccitata dalla luce che esce dalla fibra viene ritrasmessa indietro per retrodiffusione lungo la fibra, verso un rivelatore ottico. I1 relativo aumento del segnale di fluorescenza è quindi proporzionale alla concentrazione di glucosio nel campione. Un sensore di questo tipo è selettivo per il glucosio, dato che nel sangue non sono presenti significative quantità di altri zuccheri liberi. La risposta del sensore è lineare nel range da 3 a 22 mM, con un tempo di risposta di circa 5-7 minuti. Tuttavia, dati i problemi associati alla presenza nel sangue di altri interferenti (ad es. 0, che estingue la fluorescenza), effetti di fotodegradazione della FITC, e la diffi- 190 Capitolo 6 , luce di emissione luce di eccitazione In seguito, i dell'enzima per cambiando di cc --SOLUZIONE Concanavalina A Destrano c o n FITC W - O a glucosio 6 Membrana \ Figura 6.7. Sensore ottico per glucosio basato sull'uso della concanavalina A. coltà nel miniaturizzare alcuni componenti ottici associati alla misura in fluorescenza (nonché il loro costo), per ora tale sensore rimane essenzialmente di interesse accademico. Sono in via di sviluppo altri tipi di sensori ottici per uso non-invasivo, che potrebbero risalire alla concentrazione di glucosio nel sangue attraverso una lettura transcutanea di assorbimento. Per ora le difficoltà associate con l'elaborazione del segnale e la correlazione dei dati ottenuti con la concentrazione di sostanze sciolte nel sangue, li rendono altamente inaffidabili. 6.2.9. Saggi colorjmetrjcj Al momento attuale, la tecnica maggiormente utilizzata da pazienti diabetici per la determinazione del glucosio consiste nel procurarsi una goccia di sangue (ad es. bucandosi la punta di un dito) da mettere in contatto con striscioline di carta che, impregnate di enzimi ed un substrato cromogeno, agiscono da saggio colorimetrico. I saggi colorimetrici per la valutazione della glicemia vengono eseguiti applicando circa 3 p1 di sangue su un foglietto impregnato con gli enzimi glucoso-ossidasi e perossidasi. Le reazioni sono così schematizzate: I1 substrato ( porzionale alla campione di san L'intensità cun LED e conve può avere un err sanguigno, ecc.) Nel caso di d deve essere eseg cazioni su come sulina. Questo meto' velli dinamici d quando viene fai velli ipoglicemic ci tipi di saggi di betici a livello n paesi sviluppati) La modellizz di carattere bioin cessario ricavare dal punto di vist misurare. Facenc 1' amperometrico presentato in Fig Un elettrodo . 1) il substratc brana); 2) deve diffor 3) deve avver 191 Biosensori glucosio + 0, GOD H202 + acidogluconico In seguito, il perossido d'idrogeno (H202)viene ridotto ad acqua tramite l'azione dell'enzima perossidasi, con l'uso di un cromogeno in grado di accettare elettroni, cambiando di colore. H 2 0 2 + subsgato cromogeno ridotto canavalina A Iucosio .a in fluorescenza interesse accadevo, che potrebbe.tura transcutanea segnale e la core1 sangue, li ren- ti diabetici per la ue (ad es. bucanche, impregnate o. I saggi colori:irca 3 p1 di sanossidasi. Le rea- perossidasi > H20 + cromogeno ossidato I1 substrato ossidato produce quindi un colore caratteristico, la cui intensità è proporzionale alla concentrazione di H202e quindi alla concentrazione di glucosio nel campione di sangue esaminato. L'intensità cromatica può essere misurata raccogliendo con un fotodiodo la luce di un LED e convertendo il segnale generato in una lettura digitale. Questo tipo di saggio può avere un errore di circa il 15% (è legato ai livelli di ematocrito, idratazione, flusso sanguigno, ecc.) e l'errore aumenta in casi di iper o ipoglicemia. Nel caso di diabete, l'analisi per la determinazione della concentrazione di glucosio deve essere eseguita da 2 a 7 volte al giorno, in modo che il paziente possa avere indicazioni su come compensare il livello di glucosio facendosi più o meno iniezioni di insulina. Questo metodo non solo è molto fastidioso, ma anche poco indicativo riguardo ai livelli dinamici di glucosio durante la giornata, specialmente al momento dei pasti o quando viene fatto qualche sforzo fisico. Inoltre, durante la notte, si possono avere livelli ipoglicemici senza che il paziente se ne accorga. Al momento attuale sono gli unici tipi di saggi disponibili e hanno un grosso mercato dato che il numero di pazienti diabetici a livello mondiale è attualmente di circa 40 milioni (di cui una grande parte nei paesi sviluppati) ed è in aumento. 6.2.10. Cinetica dell'elettrodo ad enzima potenziometrico La modellizzazione del comportamento di un biosensore enzimatico è un problema di carattere bioingegneristico. Ad esempio, per realizzare un sensore enzimatico, è necessario ricavare delle espressioni che aiutino a dimensionare un sensore enzimatico dal punto di vista dei tempi di risposta in funzione della concentrazione di analita da misurare. Facendo riferimento ad un biosensore potenziometrico che, a differenza dell'amperometrico, non consuma il prodotto, uno schema del sistema (in sezione) è rappresentato in Fig. 6.8. Un elettrodo a enzima opera un processo a 5 passi: 1) il substrato deve essere trasportato alla superficie esterna dell'elettrodo (la membrana); 2) deve diffondere attraverso la membrana; 3) deve avvenire la reazione; 192 Capitolo 6 . soluzione di bulk - m em bruna . La formaliz: di Fick (traspori Michaelis e Me] te del substrato La soluzion< sono soita::to u$ mettano di sem] K,,,, che è il casi concentrazione (le velocità di di Figura 6.8. Schema di un elettrodo ad enzima potenziometrico in sezione. Si considera un sistema planare, con elettrodo posto a x = O e la membrana a x = L. La soluzione si estendejno a x = m. dove: 4) il prodotto formato nella reazione enzimatica deve essere trasportato fino alla superficie interna dell'elettrodo; 5) il prodotto deve essere misurato alla superficie dell'elettrodo. Ognuno di questi cinque passi necessita di un certo tempo e contribuisce alla cinetica in maniera più o meno rilevante. I1 punto 1 è dipendente fortemente dall'agitazione della soluzione, cosicché agitando opportunamente il substrato si ottiene un trasporto rapido, non limitato dalla cinetica diffusionale. Usando una membrane sottile si può anche trascurare il punto 2). Inoltre, se la reazione è veloce, il tempo di risposta complessivo è limitato dall'elettrodo di base. Per facilitare la risoluzione delle equazioni cinetiche facciamo alcune assunzioni semplificative: 1) il trasferimento di massa dalla soluzione fino alla superficie esterna dell'elettrodo sia molto rapido; 2) la reazione enzimatica obbedisca alle cinetiche di Michaelis e Menten; 3) il raggio di curvatura deil'elettrodo sia infinito rispetto allo spessore dello strato enzimatico (L), così da considerare piano il sistema. In tal modo il sistema di equazioni che descrive le velocità di conversione del substrato S e generazione del prodotto P è: Le condizioi Ciò significc cioè, il substratc Lo stesso tip Inoltre, supl dato che esso è 1 Risolvendo i 193 Biosensori - enzim a La formalizzazione matematica del sistema è stata ottenuta scrivendo l'equazione di Fick (trasporto diffusivo) con un termine aggiuntivo dovuto alla reazione, ricavato da Michaelis e Menten (equazione 1).D, e D, sono le costanti di diffusione rispettivamente del substrato e del prodotto. La soluzione completa di queste equazioni in forma chiusa non è possibile: si possono soltanto usare metodi numerici. Comunemente si fa ricorso a casi limite che permettano di semplificare il problema. In questo caso consideriamo il caso limite, [A, 4 KM,che è il caso normalmente riscontrato in laboratorio, dove con [SI, si è indicata la concentrazione di substrato [SI per x = L. Inoltre, considerando un caso all'equilibrio (le velocità di diffusione delle due sostanze sono uguali a zero) si ottiene: 'dera un sistema planare, = m, dove: ;portato fino alla suLe condizioni al contorno sono: tribuisce alla cinetiente dall'agitazione ottiene un trasporto brane sottile si può po di risposta com) [SI = [SI, per x = L Ciò significa che la concentrazione di substrato nel volume, [SI, è costante, e alcune assunzioni esterna dell'elettro:Menten; pessore dello strato mversione del sub- cioè, il substrato non diffonde nell'elettrodo. Lo stesso tipo di ragionamento si può applicare a [P]: -- - O per x = O ax Inoltre, supponendo che la concentrazione di P nel volume rimanga trascurabile, dato che esso è grande rispetto al volume racchiuspd la membrana, vale: L. /I" t i [P]=O p e r ~ = O j j. 'L/*'' / Risolvendo il sistema, notiamo che la prima equazione ha come soluzione: (6) 194 Capitolo 6 e sostituendovi la prima condizione al contorno (5) si ottiene A = B, e quindi: + e-xJ") [SI = A.(ex& = 2.A.cosh (x.&) Integrando (8) Dall'altra condizione al contorno (5) si ottiene: e quindi, sostitc da cui: 2.A = [SI, cosh (L,&) Sostituendo nella (4), otteniamo infine: [SI = Perx = O si rio alla quale ef cosh (x.4~1) .[SI, cosh (L.&) Per risolvere la seconda equazione che definisce il comportamento del sistema, usiamo un bilancio di massa attraverso lo strato enzimatico. Per fare ciò riscnviamo il sistema di partenza: Questa espr perficie è dirett quindi il segna1 I1 parametrc del sistema. In P e S in funzioi Sommando algebncamente le due equazioni sparisce il temine dovuto alla cinetica enzimatica e si ottiene: t, e integrando: D , . -a[sl - - + D p . - - a[pl - costante ax ax e questo è vero su tutto lo strato enzimatico. ats1 Itermini D,.--+Dp.- ax a[pl ax , per x = L, rappresentano i flussi diffusivi del sub- strato in ingresso e del prodotto in uscita dallo strato di enzima. Poiché nello strato enzimatico niente è creato o distrutto, ma ci sono solo trasformazioni da substrato a prodotto, la somma di bilancio deve essere zero. Figura 6.9.Andam lixata) nel caso ch l'andamento di [SI 195 Biosensori , e quindi: Integrando ed applicando le condizioni al contorno (6) si ottiene: e quindi, sostituendo per [qdall'equazone (9): Ds [ P ] = -.[SI,. DP 1- cosh (x . &) cosh (L&) 1 Per x = O si ottiene la concentrazione di prodotto alla superficie interna dell'elettrodo alla quale effettivamente l'elettrodo risponde: Ds [P],=, = -.[SI,. DP cosh (L&) Questa espressione mostra che per [q,< K, la concentrazione di prodotto alla superficie è direttamente proporzionale alla concentrazione di substrato nella soluzione, quindi il segnale di tensione rilevato è a sua volta proporzionale a tale concentrazione. I1 parametro adimensionale L . & incorpora tutte le variabili cinetiche importanti del sistema. In figura 6.9 è mostrato il grafico della concentrazione (normalizzata) di P e S in funzione della distanza (normalizzata) per vari valori di a. Per a che tende a nento del sistema, e ciò riscriviamo il ovuto alla cinetica diffusivi del subhé nello strato en- a substrato a pro- 1 d'enza n o r m a l i , xh Figura 6.9.Andamento della concentrazione (normalizzata) di [ P ] e [SI in funzione della distanza (normaliizata) nel caso che sia [SIL -=SKw La linea intera riferisce a [P], mentre la linea tratteggiata rappresenta l'andamento di [SI. 196 Capitolo 6 valori piccoli, la concentrazione di [P] all'interno della membrana tende a essere uniforme ed uguale alla concentrazione del substrato nel volume. Ciò significa che lo strato enzimatico riesce a catalizzare la reazione in maniera efficace e che il substrato ed il prodotto riescono a diffondere uniformamente nello strato sensibile. Invece per valori troppo elevati di a, la quantità di enzima è troppo elevata e la costante di diffusione troppo bassa per permettere sia una conversione substrato-prodottouniforme all'interno della membrana sia la diffusione del substrato fino alla superficie dell'elettrodo. 6.2.1 1. Esempio Per progettare un sensore enzimatico è importante poterlo dimensionare per ottenere la risposta desiderata. Ad esempio l'enzima GOD estratto da Aspergillus niger ha una K,,, di 0.1 M. Quindi, nel caso di glucosio nel sangue, che può avere una concentrazione di 1 o 2 m M in condizioni di ipoglicemia, fino a 20 mM in caso di elevata ipoglicernia, siamo nelle condizioni [q,4 KM.In un tipico sensore potenziometrico, dato che il rapporto DJD,è pari ad l, per L = 100 km, K, = 10" sl, D, = m2s-' ed [EJè del ordine del lmglml(0.02 mM), risulta che a = 2 m-2. Quindi dopo che il sistema ha raggiunto l'equilibrio, circa il 75% di glucosio è stato convertito in acido gluconico alla superficie dell'elettrodo. L'acido gluconico si dissocia in H+e C6H1107.La differenza di potenziale sviluppata all'interfaccia dell'elettrodo è data dall'equazione di Nemst (equazione 2), che per H+risulta 59 mvldecade. In pratica, la differenza di potenziale rispetto alla concentrazione di glucosio per un sensore potenziometrico è tipicamente circa 40 mvldecade, che indica che ci sono reazioni locali di tipo riduttivo che interferiscono con l'ossidazione, e inoltre l'acido gluconico non è completamente dissociato. Per diminuire il valore di a, è necessario diminuire la resistenza dello strato sensibilie alla diffusione del glucosio (quindi aumentare la costante di diffusione) o ridurre la concentrazionedi glucoso ossidasi. I problemi guardano aspel Immobili; Non è ancc anche se è orm lare enzima m( ratura arnbientf enzima nel tess genico. Problemi La risposta no da sensore : problemi di bic locali, infezion cellule. Calo della In tutti casi quella in vitro, di inibitori nel lità originale), che i sensori d l'impiego. 6.3. SENSORI IN VIVO E PROBLEMI DI BIOCOMPATIBILITÀ Dati i probl mente proponi1 niche di dialisi ne non ideali, r risultano sempi evitare quasi cc ri in vivo. La funzionalità dei sistemi proposti si è dimostrata sicuramente efficace nelle prove in vitro ed ex-vivo con più che buoni livelli di sensibilità e stabilità dei sensori di glucosio testati. Purtroppo, come già accennato, lo stesso non si può dire nel caso dell'uso di tali sensori nelle applicazioni in vivo (come sarebbe richiesto ad esempio nel caso di un pancreas artificiale ad anello chiuso). Quasi tutti i sensori in vivo riportati in letteratura sono basati sulla rivelazione amperometrica di H202conun elettrodo di platino o carbone rivestito con GOD con il sensore impiantato nel tessuto sottocutaneo, e la maggior parte sono stati testati su animali (soprattutto cani) e non sull'uomo. La vita media dei sensori è di circa 5 giorni dopo di che vanno rimossi a causa dell'insorgenza di processi infiammatori o diminuzione di sensibilità. Mentre in cc pelle, l'applicai pertura dei pori di una corrente dal corpo. L'ap. sia dalla pelle a questo caso il f l trioni: un fenor 1 1 Biosensori ende a essere uni3 significa che lo e che i1 substrato isibile. Invece per costante di diffulotto uniforme alperficie dell'elet- ionare per ottene~ergillusniger ha :re una concentraI di elevata ipoglinziometrico, dato lo-' m's-' ed è che il sistema ha :ido gluconico al,H110i. La diffedall' equazione di differenza di poziometrico è tipitipo riduttivo che mpletamente dis- [a :l10 strato sensibiiione) o ridurre la ficace nelle prove sensori di gluco:l caso dell'uso di pio nel caso di un a rivelazione amI GOD con il sentestati su animali i5 giorni dopo di o diminuzione di 197 I problemi ancora da risolvere sono molti, e tra questi, i principali, elencati sotto, riguardano aspetti legati alla la biocompatibilità: Immobilizzazione dell'enzima Non è ancora stato individuato un metodo ideale per l'immobilizzazione di GOD, anche se è ormai accertato che è proprio l'immobilizzazione che rende questo particolare enzima molto stabile nel sensore (può essere conservato per mesi anche a temperatura ambiente, cosa assai insolita per un enzima). Per i sistemi in vivo la perdita di enzima nel tessuto è assolutamente da evitare perché GOD è potenzialmente immunogenico. Problemi di deriva La risposta di un sensore impiantato è soggetta a derive imprevedibili che cambiano da sensore a sensore e da paziente a paziente. Le cause sono sicuramente dovute a problemi di biocompatibilità associati a reazioni tessutali, ad esempio infiammazioni locali, infezioni, tossicità, danni cellulari, e occlusione della membrana da proteine e cellule. Calo della sensibilità In tutti casi riportati, la sensibilità del sensore in vivo è circa 20-90% minore di quella in vitro, e tende a diminuire col tempo. Questo può essere dovuto alla presenza di inibitori nel tessuto (dopo espianto i sensori solitamente recuperano la loro sensibilità originale), o una diminuita pressione parziale di 0, all'interno del corpo. Implica che i sensori devono essere calibrati in vivo dopo l'impianto, e forse anche durante l'impiego. 6.3.1. Metodi di Prelievo Alternativi Dati i problemi associati all'utilizzo dei sensori in vivo, i sistemi alternativi attualmente proponibili consistono nell'utilizzare i sensori in sistemi ex-vivo, e usando tecniche di dialisi o ionoforesi a rovescio per isolare il glucosio dai fluidi corporei. Sebbene non ideali, nel senso che i sistemi (soprattutto quelli che sfruttano la microdialisi) risultano sempre piuttosto ingombranti, questi sono al momento gli unici metodi per evitare quasi completamente i problemi di biocompatibilità ed inaffidabilità dei sensori in vivo. 6.3.2. La tecnica di ionoforesi Mentre in condizioni normali il derma non permette la fuoriuscita di glucosio dalla pelle, l'applicazione di stimoli elettrici, sostanze chimiche o del vuoto può forzare l'apertura dei pori. I1 sensore a ionoforesi (o elettro-osmotico)è basato sull'applicazione di una corrente elettrica sulla pelle per estrarre sostanze ionizzate o comunque polari dal corpo. L'applicazione di una corrente attraverso la pelle forza il passaggio di ioni sia dalla pelle al tessuto che nella direzione opposta. Simultaneamente, il solvente (in questo caso il fluido fisiologico) tende a fluire nella direzione opposta al flusso dei contrioni: un fenomeno detto "elettro-osmosi". Essenzialmente questa tecnica agisce in 198 Capitolo 6 modo opposto rispetto alia tecnica di ionoforesi comunemente utilizzata per somrninistrare analgesici ed antinfiarnmatori (di solito in forma di ioni) in zone localizzate, anche se l'estrazione transcutanea dal corpo del glucosio (che è una molecola polare) presenta maggiori problemi. I1 dispositivo consiste in due camere di prelievo con due elettrodi. Per mantenere le condizioni elettrochimiche e per sfruttare il fenomeno di elettro-osmosi, le due camere contengono un liquido elettrolitico (0.1 M NaC1). La concentrazione di glucosio estratto nella camera catodica viene misurato usando un sensore amperometrico. Anche se questo dispositivo è uno dei più promettenti tra i tanti riportati nella letteratura, soprattutto per quanto riguarda la sua non-invasività, esso presente ancora vari ostacoli da superare prima che possa diventare il "giusto" sistema di monitoraggio della glicemia. Ad esempio, la quantità di glucosio estratto non è direttamente proporzionale al livello di glicemia perché può prevenire anche dal metabolismo dei lipidi presenti nella pelle e questo varia anche da soggetto a soggetto; inoltre la quantità di glucosio estratto varia con il tempo di applicazione della corrente. Esistono anche problemi di irritazione cutanea dovuti all'applicazione di una corrente sia in continua che alternata. Inoltre, il contatto continuo della pelle con un liquido salino in un ambiente chiuso comporta gravi problemi di infezioni batteriche e da funghi. Questo sensore, sotto il nome di "Gluco Watch" (sebbene piuttosto grande rispetto ad un orologio), ha recentemente avuto l'approvazione della Food and Drug Administration (l'organizzazione che regola, tra l'altro, i1 mercato dei prodotti farmaceutici negli Stati Uniti). 6.3.3.La microdialisi per prelievo di glucosio La microdialisi è una tecnica molto utilizzata nelle neuroscienze per il campionamento di metaboliti a basse concentrazioni. Essenzialmente, nel caso di monitoraggio della glicemia, il metodo consiste nell'impianto in un vaso (o sotto cute) di una piccola membrana tubolare da dialisi, con taglio di peso molecolare piuttosto basso (10000 Dalton). In questa, per via transcutanea, viene fatto circolare un fluido isotonico, senza glucosio. Data quindi la differenza di concentrazione del glucosio fra il fluido di dialisi ed il sangue, il glucosio presente nel sangue diffonde attraverso la membrana e la sua concentrazione può essere quindi rivelata da un sensore extra corporeo. I1 sistema consiste in una sonda per microdialsi del diametro di 500 pm impiantata nel tessuto sotto-cutaneo addominale. I1 fluido dializzato viene pompato (portata 2 pllmin) ad un sistema extra-corporeo dove viene mescolato con GOD e la quantità di H202prodotta viene misurata arnperometricamente. Misure eseguite su pazienti indicano che la durata della sonda è circa 72 ore, dopo di che la sensibilità ed il tempo di risposta del sistema diminuiscono notevolmente a causa della formazione di uno strato proteico sulla superficie della membrana di dialisi. In alternativa può essere usato un sistema di circolazione extra corporeo, in cui una piccola quantità di sangue può essere prelevata e dializzata, e poi immessa nuovamente nel circolo, dc eparina per ir st'ultimo metc sione della m può essere fac. bile usare men po delicate per di risposta. I1 I figura 6.10. In tali siste dializzato C pi: Dove Cm, nel sangue, V è da dialisi, t è il za alla diffusi membrana (es prodotto tra lo stante di diffus I tempi pe Csongue) determ sistema, ed è di nuto. Date le lorc stemi descritti quello a rnicrol realizzabili. Tr l'impianto del1 probabilmente blemi legati al1 cennato prima, imrnunogenico tranno essere II oramai più che Gli irnrnunc degli anticorpi lari che giocanc ti. Tramite tecnticorpi monocl< I l .ta per sommini: localizzate, an:ola polare) pre'er mantenere le i, le due camere glucosio estrat-ico. )rtati nella lette:nte ancora vari mitoraggio dellente proporzioo dei lipidi prequantità di gluone di una cor[lecon un liquibatteriche e da grande rispetto I Drug Adminitti farmaceutici :r il campionao consiste nelda dialisi, con er via transculuindi la diffeue, il glucosio azione può esuna sonda per :o addominale. :xtra-corporeo iisurata ampela sonda è cirdiminuiscono ~perficiedella 'reo, in cui una %nuovamente l 199 Biosensori nel circolo, dopo la misura, (con l'aggiunta di eparina per mantenere aperte le linee). Quest'ultimo metodo evita il problema del l'occlusione della membrana da dialisi, perché essa può essere facilmente cambiata. È anche possibile usare membrane sottili, che sarebbero troppo delicate per l'impianto, per diminuire i tempi di risposta. I1 primo metodo è schematizzato in figura 6.10. In tali sistemi, la concentrazione di glucosio dializzato C può essere data da: C = Csangue ( l - e-'lVR) (12) o u o 2> F' #\ l eo-- a VI .- .-(d - rd .- -0 (d TI .o - 2 Dove Csang,è la concentrazione di glucosio (d nel sangue, V è il volume di fluido dentro il tubo _O L da dialisi, t è il tempo di dialisi, e R è la resistenza alla diffusione del glucosio attraverso la membrana (essendo R uguale all'inverso del prodotto tra lo spessore della membrana e la costante di diffusione). I tempi per raggiungere l'equilibrio (C = CSang,,,)determinano la velocità di risposta del sistema, ed è di solito dell'ordine di qualche minuto. Date le loro caratteristiche, i due ultimi sistemi descritti (sia quello ad ionoforesi che queilo a microdialisi) sembrano più facilmente realizzabili. Tali sistemi, soprattutto, evitano l'impianto dell'enzima glucosio ossidasi che è Figura Illustrazione della tecnica di miprobabilmente la causa principale di tutti pro- c,dialisi per il prelievo di glucosio dal sanblemi legati all'uso in vivo dato che, come ac- gue. cennato prima, GOD può essere potenzialmente immunogenico. A breve termine con il progresso nel campo dell'ingegneria essi potranno essere miniaturizzati fino ad avere le dimensioni di un telefonino o meno, cosa oramai più che accettabile. t - 6.4. SENSORI AD AFFINITÀ: - INIMUNOSENSORI Gli imrnunosensori sono un tipo particolare di biosensori basati sulla capacità tipica degli anticorpi di riconoscere e legare a sé antigeni. Gli anticorpi sono proteine globulari che giocano un ruolo fondamentale nel sistema immunologico dei organismi viventi. Tramite tecniche di ibridizzazione e clonazione è attualmente possibile produrre anticorpi monoclonali che riconoscono e sono capaci di legarsi praticamente a qualsiasi 200 - . Capitolo 6 - . - . tipo di molecola o antigene. È quindi possibile realizzare immunosensori per la rivela- Diretto zione di una vasta gamma di sostanze, anche per molecole piccole (apteni) che normalmente non vengono riconosciute dagli anticorpi. Gli anticorpi (Ac) reagiscono in maniera reversibile con gli antigeni, (Ag) e tà fra i due è determinata dalla costante di dissociazione,K f . Ac + Ag + preparazione de AcAg im m obiiizzozion~ dell'onticorpo Kf ha un valore tipicamente compresa tra e 10-I2molillitro, e valori più piccoli indicano un affinità più elevata. Nella risposta immunitaria la molecola dell'antigene non è interessata in tutto, bensì solo in piccolissime aree della sua superficie, chiamate siti antigenici o epitopi. I1 legame che si instaura tra anticorpo ed antigene è di tipo non covalente. Le forze che agiscono sono forze elettrostatiche, ponti di idrogeno, legami idrofobici e forze di Van der Waals. Negli immunsensori,l'elemento biologico viene immobilizzato su una superficie, e a differenza dei sensori enzimatici, in cui viene rivelata la presenza di un prodotto di una reazione catalitica, il legame fra anticorpo e antigene viene rivelato direttamente o indirettamente, tramite misure di variazione di massa, dimensioni, campo elettrico, ecc. misuro diretto 6.4.1. Classificazione degli immunosensori Gli immunosensori possono essere classificati a seconda della loro diversa configurazione; i più comuni sono riassunti in figura 6.1 1. Immunosensore diretto ed indiretto Nell'immunosensore diretto, l'evento di riconoscimento e la formazione del legame viene rivelato direttamente. I sensori diretti consistono in un anticorpo, o un antigene, immobilizzato su una superficie solida. I1 legame fra antigene ed anticorpo provoca un cambiamento in proprietà quali potenziale, capacità o massa, che un trasduttore converte in un segnale misurabile. Sono enumerabili fra tali sensori i potenziometrici, i piezoelettrici e quelli a risonanza plasmonica (descritti più avanti). Immunosensore indiretto I sensori non diretti non sono sensori in senso stretto, poiché richiedono un certo numero di passaggi in più rispetto agli altri, quali lavaggio ed aggiunta di reagenti. Hanno però il vantaggio di sfruttare metodi di trasduzione più vantaggiosi dal punto di vista dell'acquisizione del segnale. Ci sono due tecniche di realizzazione del sensore indiretto: competitive e sandwich: Figura 6.11. Schemt Zmmunosens Nella config solida. La misur ne in concentra2 te marcato con i adiacente alla gt semi-permeabilc compete con il C così ottenuto è i: questa tecnica v: sere rivelato con tene, ad esempic 201 Biosensori n per la rivelali) che normal- (Ag) e l'affini- - Diretto preparazione dell'ontlcorpo im m obilizzazione dell'anticorpo più piccoli inl'antigene non , chiamate siti ii tipo non colgeno, legami a superfkie, e in prodotto di iirettamente o npo elettrico, Com petitivo preparazione dell'onticorpo im m obilizzazione dell' onticorpo m orcatura dell'antigene misura diretta Sandwich preparazione dell'onticorpo prim orlo e secondorio W. im m obillzzazlone dell'onticorpo prlmario Y marcatura dell'anticorpo secondorio y, iy y ,y \y preparazione dello cella con m em brona e reazione con concentrazione nota di antigene m orcorto misura com petitiva Tersa configu- preporozione della cella con mem brano e reazione onticorpo-ontlgene misuro con sistemo sandwlch Figura 6.I I . Schematinazione di varie configurazioni di immunosensori. one del legao un antigeorpoprovoca n trasduttore nziometrici, i 1, ono un certo di reagenti. i dal punto di :del sensore L Irnrnunosensore cornpetitivo Nella configurazionecornpetitiva l'anticorpo viene immobilizzato su una superficie solida. La misura viene effettuata facendo interagire il campione (che contiene l'antigene in concentrazione incognita) con una concentrazionenota di antigene preventivamente marcato con ad esempio, un fluoroforo. Tale antigene viene intrappolato in un vano adiacente alla guida d'onda (nel caso di immunosensore ottico) grazie ad unamembrana semi-permeabileche permette il passaggio all'antigene da misurare. L'antigene marcato compete con il campione da analizzare nell'occupazione dei siti anticorpali ed il segnale così ottenuto è inversamente proporzionale alla concentrazione incognita. Tipicamente, questa tecnica viene utilizzata in casi in cui l'antigene o aptene è troppo piccolo per essere rivelato con metodi diretti. La molecola marcata è una proteina coniugata con l'aptene, ad esempio albumina derivatizzata con il fluoroforo rodamina. 202 Capitolo 6 Immunosensore a sandwich Nel metodo sandwich, invece, una volta che l'antigene ha reagito con l'anticorpo inmobilizzato, viene introdotto l'anticorpo marcato che si lega con l'antigene già attaccato all'anticorpo sulla superficie, creando appunto una sorta di sandwich di cui l'antigene occupa lo strato centrale. Il sistema a sandwich richiede due anticorpi monoclonali in grado di riconoscere due epitopi su due zone diverse del antigene. Quest'ultima configurazione può essere utilizzata solo nei casi in cui l'antigene è grande abbastanza per presentare due epitopi diversi. Sono evidenti il maggior numero di operazioni richieste e la necessità della presenza di un operatore (o di una accresciuta complessità nel caso di ingegnerizzazione automatica delle procedure). In compenso, però, è così possibile analizzare qualsiasi tipo di antigene con sistemi ottici, marcando opportunamente l'anticorpo secondario mentre per sensori gravimetrici (vd. oltre), la tecnica a sandwich può aumentare la sensibilità della misura. . luzione da anal zione immunol La riflessi0 cia tra un mezz es.: vetro 1.5, (sen 0, = n&,) un'onda stazioi ci sia un flusso sa delle discon mente con la di La profond 6.4.2. Metodi di trasduzione La reazione immunologica può essere rivelata con tecniche ottiche, elettriche, o piezoelettriche. I sistemi di trasduzione elettrica (potenziometrico, amperometrico e con gli "immuno" FET) sono già stati descritti nella sezione precedente, e non verranno discussi in dettaglio. A differenza dei sensori enzimatici, gli immunosensori attualmente in fase di sviluppo sono quasi tutti di tipo ottico. I metodi di trasduzione ottica generalmente ultilizzati sono: a) fluorescenza indotta da un onda evanescente (TIRF) b) risonanza di plasmoni superficiali (SPR) C)accoppiatore a reticolo I1 complesso anticorpo-antigenepuò essere inoltre rivelato tramite misure di microgravimetria usando sistemi piezoelettrici. 6.4.3. Immunosensori ottici Gli immunosensori ottici utilizzano una guida d'onda, che viene a contatto con la soluzione contenente l'antigene da analizzare. La parte sensibile di tali dispositivi è costituita dalla superficie su cui è immobilizzato l'anticorpo. La formazione del composto antigene-anticorpoprovoca una variazione nei parametri ottici che caratterizzano il film proteico, tra cui l'indice di rifrazione complesso e lo spessore dello strato. Generalmente viene analizzata la luce riflessa dalla superficie sensibile e da tale misura si risale alla variazione delle costanti ottiche. Le tecniche ottiche sono legate al fenomeno della riflessione interna, che si genera all'interfaccia tra due mezzi trasparenti aventi indice di rifrazione diverso. Il fenomeno della riflessione interna totale viene sfruttato negli immunosensori, in quanto accoppia alla selettività della reazione anticorpo-antigene l'effetto dovuto all'onda evanescente, che è in grado di operare un'ulteriore selezione spaziale. 11 campo evanescente generato all'interfaccia ottica penetra infatti per pochi nanometri nella so- e quindi è 1 mezzi e dell' an Lo spessorc l'onda evanesc cia. Tale intera uscente dal me aumentare la SI ne interna, guic sioni multiple. Come è già su cui è immol faccia anticorp inferiore alla 1~ te penetra a117i consegue che l< parametri signi Fluorescenza ir I1 dispositi\ lizzato l'antico dentro cui vien competitore, dc ce che viene M vo è il seguente cole prossime z po elettrico eva Biosensori con l'anticorpo tigene già attac.ch di cui l'anti~rpimonoclonae. Quest'ultima .nde abbastanza .i operazioni riuta complessità so, però, è così ndo opportuna'e), la tecnica a 203 luzione da analizzare, fornendo così informazioni solo sulla zona interessata dalla reazione immunologica, escludendo invece il resto del volume. La riflessione totale intema si verifica quando l'onda luminosa incide all'interfaccia tra un mezzo più denso avente indice di rifrazione n, ed uno meno denso n,, (n, < n,, es.: vetro 1.5, aria 1) con un angolo di incidenza 8 più grande dell'angolo critico, 8, (sen 8, = n,ln,) Analizzando questo fenomeno con le equazioni di Maxwell, si ottiene un'onda stazionaria perpendicolare all'interfaccia nel mezzo meno denso. Sebbene non ci sia un flusso netto di energia nel mezzo h i v i si genera un campo evanescente. A causa delle discontinuità all'interfaccia, l'intensità di questo campo decade esponenzialmente con la distanza (z) dall'interfaccia. La profondità di penetrazione d, è data da d, = ie, elettriche, o nperometrico e :, e non verran3sensori attualsduzione ottica usure di micro- :ontatto con la .ispositiviè cone del compoxatterizzano il 3 strato. Genede misura si ri, che si genera o. iunosensori, in :tto dovuto alciale. I1 campo metri nella so- h 4.rr(n; sin2 8 - $)lt2 (15) e quindi è una funzione della lunghezza d'onda h, dell'indice di rifrazione dei due mezzi e dell'angolo di incidenza. Lo spessore di penetrazione corrisponde a frazioni della lunghezza d'onda, e quindi l'onda evanescente può interagire principalmente con le sostanze presenti all'interfaccia. Tale interazione viene rivelata come variazione dell'intensita luminosa del raggio uscente dal mezzo più denso, che viene chiamato elemento di riflessione interna. Per aumentare la sensibilità del dispositivo, vengono utilizzate, come elementi di riflessione intema, guide d'onda e fibre ottiche all'intemo delle quali si generano deile riflessioni multiple. Come è già stato detto la parte sensibile del dispositivo è costituita dalla superficie su cui è immobilizzato l'anticorpo. La reazione antigene-anticorpo avviene all'interfaccia anticorpo-soluzione ed il composto che si forma ha uno spessore notevolmente inferiore alla lunghezza d'onda della radiazione incidente. Dato che l'onda evanescente penetra all'intemo del mezzo meno denso per frazioni della lunghezza d'onda, ne consegue che le reazioni antigene-anticorpopossono essere rivelate come variazioni di parametri significativi del raggio riflesso. Fluorescenza indotta da un onda evanescente (TIRF) I1 dispositivo TIRF è costituito da una guida d'onda sulla cui superficie è immobilizzato l'anticorpo. La guida d'onda viene utilizzata come parete posteriore della cella dentro cui viene iniettata la soluzione da analizzare (Figura 6.12). L'analita, o il suo competitore, deve essere fluorescente, e la grandezza rivelata nel sistema TIRF è la luce che viene riemessa per fluorescenza. I1 principio di funzionamento di tale dispositivo è il seguente: l'onda piana incidente genera un'onda evanescente che eccita le molecole prossime alla superficie con una distribuzione proporzionale all'intensità del campo elettrico evanescente. Dopo un tempo di vita caratteristico dei livelli eccitati, le mo- 204 Capitolo 6 ,antigene fluorescente il / I onda .--....-...... dp..- . ., .. ._ ..--. -~..i - . ' i luce incidente . ---stratodi onticorpi luce rlvelata Figura 6.12. Schematizzazione di un immunosensore TIRE Ifiltri F1 e F2 sono rispettivamente filtro passabanda per luce di eccitazione e filtro passabanda per luce fluorescente. lecole riemettono una radiazione fluorescente con una distribuzione all'interfaccia molto simile a quella dell'onda evanescente, ma con una lunghezza d'onda propria della fluorescenza. Questa luce, in base al principio di reciprocità percorre la guida nello stesso modo in cui l'aveva percorsa l'onda incidente. L'onda evanescente che viene utilizzata per eccitare la fluorescenza ha una profondità di penetrazione dell'ordine di frazioni della lunghezza d'onda. Tale onda interagisce quasi esclusivamente con la sostanza fluorescente attaccata all'interfaccia e questo sistema è quindi poco sensibile a legami non specifici. I1 limite maggiore dei dispositivi a fluorescenza è la necessità di avere molecole che fluorescano e l'elevato segnale di sottofondo dovuto alle molecole fluorescenti presenti nel volume dove penetra l'onda evanescente. Utilizzando un sistema con guide d'onda a doppio canale (uno di riferimento) per sottrarre il sottofondo, e con l'aiuto dei indicatori fluorescenti molto efficaci, è possibile rivelare concentrazioni addirittura femtomolari. Risonanza di Plasmoni Superj5ciali (SPR) I plasmoni rappresentano i quanti delle oscillazioni delle cariche, che si accoppiano con i campi elettromagnetici ad alta frequenza presenti nello spazio. I plasmoni superficiali sono presenti sulla superficie di un solido i cui elettroni si comportano come un gas di elettroni quasi-liberi. L'eccitazione ottica dei plasmoni superficiali è causata da onde evanescenti ed avviene se una luce incidente viene riflessa da un substrato dielettrico ricoperto con uno strato sottile di metallo. Generalmente-si adopera la configurazione riportata in figura 6.13 che consta di un prisma di vetro su cui è depositato uno strato metallico. Su tale strato vengono immobilizzati gli anticorpi ed il dispositivo viene messo a contatto con la soluzione da analizzare. Se la luce incidente è polarizzata e l'angolo di incidenza permette un accoppiamento tra il momento dei fotoni in superficie e quello dei plasmoni, si ha la risonanza plasmonica superficiale. La grandezza fisica che può essere rivelata è la riflettanza in funzione dell'angolo di Figura 6.13. Sci incidenza. L; flessa. Dapp configurazio tiche del met ni di risonan sensibili alle positato sul I SPR in camy rare variazio concentrazio raggio di inte to sul princi~ anticorpi, an proteine è pc dell'ordine d taggio princi l'antigene, e te rivelabili. L'accoppiate Sempre u 205 Biosensori escente /antigene fato di anticorpi ,' , , , \ ., j \strato metallico ?lata mente filtro passa- i all' interfaccia .da propria del: la guida nello :che viene util'ordine di fra:con la sostan:nsibile a lega:molecole che luce incidente luce riflessa C I angolo Figura 6.13. Schematiuazione di un sensore SPR. si accoppiano asmoni super?ano come un li è causata da bstrato dieletL la configuralepositato uno ispositivo vie- incidenza. La risonanza si manifesta come una brusca caduta dell'intensità luminosa riflessa. Dapprima si studia il sistema in assenza del campione da analizzare. Con tale configurazione la posizione e la profondità del picco dipendono dalle caratteristiche ottiche del metallo. Introducendo il campione da analizzare vengono alterate le condizioni di risonanza. La posizione angolare del minimo e la sua larghezza sono altamente sensibili alle variazioni dell'indice di rifrazione e dello spessore di uno strato sottile depositato sul metallo. Tale proprietà ha consentito una vasta applicazione dei dispositivi SPR in campo biomedico ed ambientale. Nei sistemi commerciali, è possibile monitorare variazioni nell'angolo di risonanza di O.OlO,e questo permette di rivelare basse concentrazioni di antigene. Infatti, uno dei primi dispositivi commerciali per il monitoraggio di interazioni biologiche in tempo reale, il BIAcore (Pharmacia, Svezia), è basato sul principio di SPR, ed è attualmente utilizzato in diversi laboratori per l'analisi di anticorpi, antigeni, DNA e altri recettori. Con nuove tecniche di immobilizzazione di proteine è possibile ridurre il numero di legami non-specifici e ottenere una sensibilità dell'ordine di decine di picomolare, con tempi di risposta di circa 10 minuti. Lo svantaggio principale di questa tecnica è che la sensibilità dipende dal peso molecolare dell'antigene, e quindi basse concentrazioni di molecole molto piccole non sono facilmente rivelabili. accoppiamenisonanza pla- L'accoppiatore a reticolo :stenti presenferimento) per :aci, è possibi- dell'angolo di Sempre utilizzando il fenomeno dell'onda evanescente, l'accopiatore a reticolo o il 206 Capitolo 6 "grating coupler" sfrutta la sensibilità dei modi di propagazione guidata in film sottili a cambiamenti all'interfaccia tra una guida d'onda e una soluzione. Come schematizzato in figura 6.14, una luce incidente viene accoppiata in una guida sottile circa 150 nrn, di solito di ossido di titanio, tramite un reticolo ottico. L'angolo a cui viene accoppiata dipende dalle condizione superficiali, e lo shift dell'angolo viene rivelato tramite un fotodiodo montato sopra una tavola rotante. Come prestazioni, il sistema a "grating coupler" è molto simile a quello SPR, con il vantaggio che l'intera cella può essere costruita con la tecnologia del silicio, ed è quindi più economico. Un dispositivo per il monitoraggio di reazioni ad affinità è disponibile commercialmente (Artificial Sensing Instruments, Svizzera), e ha una sensibilità del ordine di qualche nanomolare. reticolo con rivestim ento di anticorpi, 2 risonatore di riferimento soluzione risonatore con onticorpi sensib: Figura 6.15. Im? laser He-Ne Se la sup possibile renc gli immunost to è abbastan mazione si p quindi data d rivelato re Figura 6.14. Schema del immunosensore a "gratingcoupler". 6.4.4. Immunosensore a quarzo risonante I sensori gravimebici a cristalli di quarzo sono uno dei sistemi più semplici per la realizzazione di sensori ad affinità. I1 principio di funzionamento è basato sul cambiamento di frequenza di risonanza di un cristallo di quarzo con variazione di peso, viscosità o densità del fluido a contatto con esse. Il cristallo di quarzo viene inserito in un circuito oscillante e la frequenza di risonanza del sistema rispetto ad un quarzo di riferimento viene rivelata con un frequenzimetro (Figura 6.15). La variazione di frequenza dipende da diversi parametri, ad esempio massa (m), viscosità (q),la temperatura (T), e l'umidità (H). Quindi: dove p è la de eAetsonori Fino ad d in aria (ad esr pionare). Rec la configuraz: no do effettu; La sensib di solito di q tutti i sensori specifici forn co che elettri centrazioni n stati riportati rnioglobina, i Biosensori 3 in film sottili a e schematizzato :irca 150 nm, di e accoppiata ditramite un fotoi a "grating coI può essere coispositivo per il rtificial Sensing lolare. 1 207 risonatore dl 1 uTl h ‘,, convertitore Hertz+Volts )o1 m I soluzione m + O- .- A risonaiore con anticorpi sensibili Figura 6.15. Immunosensore a quarzo risonante. iepte semplici per la ito sul cambiadi peso, viscoquenza di risoI un frequenzimassa (m), vi- Se la superficie del quarzo viene rivestita con una molecola biologica sensibile, è possibile rendere AT e AH = O con opportuni sistemi di riferimento. Generalmente negli immunosensori l'accoppiamento fra superficie di quarzo e 17anticorpoimmobilizzato è abbastanza rigido come è il legame fra anticorpo e antigene, e in prima approssimazione si possono considerare solo le variazioni di m. La variazione di frequenza è quindi data da l'equazione di Sauerbrey: dove p è la densità del quarzo,f, è la frequenza di risonanza senza presenza di antigene, e A e t sono rispettivamente l'area superficiale e lo spessore del quarzo. Fino ad dieci anni fa, i sensori a quarzo erano utilizzati esclusivamente per misure in aria (ad esempio asciugando il quarzo dopo averlo immerso nella soluzione da c m pionare). Recentemente sono state sviluppate tecniche nuove, sia dal punti di visto della configurazione meccanica che dal sistema'elettronico di elaborazione, che permettono do effettuare misure in liquidi in tempo reale. La sensibilità del sensore è determinata dall'errore sulla lettura di frequenza, che è di solito di qualche Hertz e corrisponde a qualche decina di nanogrammi. Come in tutti i sensori imrnunologici, la risoluzione dipende anche dal numero di legami nonspecifici formatisi alla superficie che causa un errore sulla lettura del segnale (sia ottico che elettrico). Negli immunosensori a quarzo risonante è possibile misurare concentrazioni nanomolari di antigene con tempi di risposta di 1 minuto o meno. Sono stati riportati immunosenson a quarzo per un gran numero di antigeni, ad esempio la mioglobina, i micro-organismi (ad esempio Candida albicans) e alcuni farmaci. 208 Capitolo 6 6.4.5. Immunosensori elettrochimici Gli irnmunosensori elettrochimici possono essere potenziometrici, amperometnco, a semiconduttore o conduttimetnci. Gli immunosensori amperometnci sono molto complessi e coinvolgono enzimi e reazioni redox a cascata a seguito della reazione immunologica. In alternativa sono stati sviluppati metodi competitivi tra antigeni marcati con mediatori e l'analita. Nei sistemi potenziometrici viene rivelato il potenziale di una membrana ionoselettiva. La reazione antigene anticorpo è in grado di modulare tale potenziale ma non in maniera specifica, e quindi la misura deve essere eseguita dopo aver eliminato ioni interferenti. Sistemi potenziometrici sono stati sviluppati per analisi dell'ormone hGC (corionico gonadotropina umana) e per l'anticorpo di Wasserman (un indicatore della sifilide), con sensibilità di circa 10 nanomolare. I sistemi FET per il monitoraggio della reazione fra antigene e anticorpo consistono in uno strato di anticorpi immobilizzati sopra lo strato di Si,N, di un ISFET (come in figura 6.6). In pratica la reazione immunologica deve dar luogo ad una modulazione della carica superficiale della membrana sensibile, con un conseguente cambiamento delle cariche nella zona d'inversione. Infine, la reazione immunologica può essere rivelata misurando la variazione di resistenza di un substrato conduttivo su cui sono stati immobilizzati anticorpi. Nei sensori conduttimetrici, solitamente basati su polimeri conduttori, la presenza di un antigene che abbia una carica può cambiare la conducibilità del sistema. Le misure devono essere eseguite applicando correnti alternate per evitare processi faradaici e l'elaborazione dei segnali d'uscita viene effettuata tramite l'analisi delle impendenze del sistema. Ulteriori sviluppi richiedono comunque qualche sistema per poter identificare, dal punto di vista elettrico, in maniera specifica, la reazione tra un anticorpo (Ab) e il suo antigene (Ag). 6.4.6. L'analisi del comportamento di un immunosensore Nell'ambito della ricerca e sviluppo di dispositivi analitici, quali gli immunosensori, è essenziale la conoscenza della cinetica delle reazioni coinvolte per la modellizzazione complessiva del sistema di misura. Tale modellistica fornisce un supporto indispensabile per migliorare le prestazioni del sistema, anche in sede di interpretazione ed elaborazione dei dati ottenuti. Viene qui riportato un modello partendo da un caso più semplice di studio della reazione su fase adsorbita, trascurando il trasporto d i massa e considerando casi limite ed ipotesi semplificative,ma pur sempre significative. In una prima ipotesi si può partire da considerazioni analoghe a quelle di Langmuir, che ha formulato un semplice modello per descrivere l'adsorbimento e desorbimento di molecole da una superficie. Nel caso della reazione Ab-Ag, l'adsorblmento e desorbimento vengono intesi come formazione e dissociazione del complesso Ab-Ag. Le assunzioni della trattazione di Langrnuir sono: a) tutta 1; b) non vi C) tutto 1 adsort 4 la cop colare In un sisj sorbono e qu sarà uguale i siti anticorp~ superficie (C corpi) totale 1) la fraz 2) la fraz Poiché p1 ricoperta, e la velocità coperta: dove: l V , = ve1 l Vd= ve1 l K,=co l Kd= co l [Ag] ( l riini di l 6 r fraz 01-e= l OeS C fri All'equili Si chiam: zata, la quant Biosensori smperometrico, lgono enzimi e nativa sono staialita. Nei siste:lettiva. La reain maniera speinterferenti. Si! (corionico gola sifilide), con )rpo consistono ET (come in fi~dulazionedelbiamento delle iriazione di re-orpi. Nei sennza di un anti:misure devoradaici e l'elanpendenze del jentificare, dal o (Ab) e il suo mmunosensola modellizzasupporto indirpretazione ed 209 a) tutta la superficie ha la stessa attività di adsorbimento; b) non vi è interazione fra le molecole adsorbite; c) tutto l'adsorbimento avviene secondo lo stesso meccanismo ed ogni complesso adsorbito ha la stessa struttura; d) la copertura superficiale tende al limite alla formazione di un monostrato molecolare compatto. In un sistema di questo tipo si raggiungerà un equilibrio fra gli antigeni che si adsorbono e quelle che si desorbono. La velocità di adsorbimento V, (in moli per m' per s) sarà uguale alla concentrazione di antigeni in soluzione moltiplicata per la frazione di siti anticorpali liberi di reagire con l'anticorpo e per la costante di adsorbimento, Ka. La superficie (che per ipotesi è al limite completamentecoperta da un monostrato di anticorpi) totale del solido può essere divisa in due parti: 1) la frazione 8 ncoperta: 2) la frazione (1 - 8) libera. Poiché possono essere adsorbite sole quelle molecole che incidono sulla parte non ricoperta, Va = Ka . [Ag] . rlim . ( l - 8) (18) e la velocità di desorbimento V, sarà invece proporzionale alla frazione di superficie coperta: dove: Va velocità di adsorbimento dell'antigene [mol s-'1 V, r velocità di desorbimento dell'antigene [mol cm-' s-l] Ka =costante di adsorbimento della reazione [M-' s-'1 Kd = costante di desorbimento della reazione [s-'1 [Ag] = concentrazione di antigene in soluzione [M] l?,, densità superficiale di siti anticorpali di legame [mol cm-'] 8 i frazione di legame ncoperta 1 - 8 = frazione di legami libera O,, = frazione di legame ricoperto all'equilibrio All'equilibrio, Va = Vd e, quindi: adio della reacasi limite ed : di Langmuir, sorbimento di nto e desorbiQb-Ag.Le as- Si chiama costante di dissociazione della reazione Ab-Ag (eterogenea) irnmobilizzata, la quantità K' (dimensioni: [M]): 210 Capitolo 6 La K' dipende dalla coppia Ab-Ag, e può differire dalla K' in soluzione. Sostituendoper K', nel equazione (20) si ottiene La frazione di superficie ricoperta da antigeni all'equilibrio, O,, tende ad 1 quando [Ag],, %- K', dove però [Ag],, è la concentrazione dell'antigene in soluzione in condizioni di equilibrio, che in generale sarà diversa da quella iniziale [Ag],, che è quella del campione di interesse. Dal grafico di Fig. 6.16, che rappresenta la frazione di siti ricoperti all'equilibrio in funzione della concentrazione normalizzata, [Ag]IKf,si vede che la regione lineare di copertura in funzione della concentrazione(che è la regione utile per effettuare le misure) si estende approssimativamente fino a quando [Ag],, diventa uguale a K'. Questa è dunque la massima concentrazione rilevabile. I1 limite inferiore invece dipende dal numero di anticorpi immobilizzati e dalla sensibilità del sistema di trasduzione e può essere, tipicamente, un paio di ordini di grandezza inferiore a K'. Inoltre, la risoluzione minima dipende da fattori interferenti ad esempio legami non specifici fra anticorpi e altre molecole presenti nella soluzione da analizzare. Come già accennato nell'introduzione a questo capitolo, i sensori basati sugli anticorpi hanno bisogno di un ciclo di rigenerazione per staccare I'antigene reagito in modo da eseguire misure in continuo. In principio, è necessario cambiare la costante di dissociazione modificando la conformazione dell'anticorpo, e questo può essere ottenuto cambiando ad esempio il pH o la polarità della soluzione. Al momento attuale, i metodi per rinnovare una superficie di anticorpi consistono in lavaggi con soluzioni acide contenenti glicina, anche se sono stati proposti metodi alternativi (ad esempio l'uso di molecole che cambiano conformazione con luce o campi magnetici). Tuttavia, questo aspetto rimane una degli ostacoli fondamentali al impiego degli immunosensoriper monitoraggio continuo. Per ricavare la relazione intercorrente fra [Ag], e [Ag],, basta pensare che se su un'area S[cm2] si adsorbe una quantità di antigene pari a O,, rIi,S[mol] da un volume V[cm3],per raggiungere un equilibrio [Ag],, in soluzione, la diminuzione della concenS trazione sarà pari a O,, . r t i m .- [molarità]. L'equazione (21) diventa: i l l e, dato inoltre che nel range lineare [Ag],, < K', la (12) diventa: S riim. - Q K' v Questa è quindi che il Se invece la pertura com] v La semplice trattazione di equilibrio di Langmuir vale solo quando si può considerare [Ag], = [Ag],,, e quindi: Figura 6.16. C( tratto pieno rap di antigene limi ficie sino a l I 1 1 che rapprese Consider La mioglobi ore prima de soggetti nori zienti con rii Biosensori 21 1 ne. ie ad 1 quando <ionein condi:he è quella del ll'equilibrio in ione lineare di :ttuare le misua K'. Questa è .ipende dal nu:ione e pub esla risoluzione fra anticorpi e o nell'introduun ciclo di riin continuo. In 3 la conforma) il pH o lapoperficie di anie se sono stati onformazione stacoli fonda- Concentrazione norrnalmata [[AglK] Figura 6.16. Copertura superficiale di equilibrio infunzione della concentrazione normaliuata. La curva a tratto pieno rappresenta il modello a siti superficiali limitati, quella tratteggiata il modello a concentrazione di antigene limitata. Questa è la condizione che permette di considerare le due concentrazioni uguali e quindi che il consumo di antigene sia trascurabile (modello a siti superficiali limitati). Se invece la quantità di antigene in soluzione è minore di quella richiesta per una co- :he se su un'ada un volume della concen- S pertura completa, cioè [Agli < rlim . - e [Ag],, % K' l'antigene si legherà alla super- 1 v ficie sino al suo esaurimento. Nella regione con 8,. < 1 si avrà un andamento: = [Agli .r i i m .S (22) l può conside- che rappresenta il caso di modello a concentrazione di antigene limitata. 6.4.7. Esempio clinico l l I 1 Consideriamo ad esempio la misura della concentrazionedi rnioglobina nel sangue. La rnioglobina è un marker proteico dell'infarto miocardico che viene rilasciato diverse ore prima del infarto, al momento in cui il muscolo cardiaco inizia a subire danni. Nei soggetti normali, la concentrazione di rnioglobina è nel range 0-5 nM, mentre nei pazienti con rischio di infarto, o altre patologie che causano danno al tessuto muscolare, 212 Capitolo 6 la concentrazione può salire fino ad 25 nM. È quindi necessario scegliere un anticorpo specifico per la mioglobina che abbia una K' di circa 100 nM. Tipicamente l'efficienza di immobilizzazione delle proteine è di circa 10%. Dato che le dimensioni di un anticorpo sono circa 10 nm X 20 nm X 80 nm, in un tipico immunosensore, la densità di anticorpi che possono essere immobilizzati su una superficie è circa 10-l2molilcm2. Prendiamo il caso di un sistema di misura ex-vivo,in cui viene prelevato una piccola quantità di sangue o plasma per essere analizzata da un sistema a guida d'onda. La superficie di un tipico sistema a guida d'onda è circa 300 mm2con volume della cella di S misura di circa 0.5 rnl. In questo caso rii, .- è molto maggiore di K', e non è valido il v modello a siti superficialilimitati, ma bisogna applicare quello di concentrazionedi antigene limitato. Dato invece un sistema ad anello chiuso in cui il sangue viene prelevato dal corpo di un adulto, eparinizzato, filtrato e poi re-infuso dopo un processo di ricostituzione, si può assumere che V è di circa 5 litri (il volume di fluido di un tipico adulto), e può essere utilizzato il modello a siti limitati. In entrambi casi il limite di sensibilità è determinato dal ruqore di fondo del sistema, che in sensori ottici è generalmente dovuto ai fenomeni di dispersione ottica. 6.5. BIOSENSORI A DNA E RNA La ricerca per la cura di malattie genetiche ha subito una grande rivoluzione con lo sviluppo di nuove tecniche di biologia molecolare come il PCR (la reazione a catena di polimerasi che permette la replicazione di una determinata sequenza di DNA) ed il sequenziamento di DNA. Ad esempio, se le mutazioni genetiche che causano una malattia sono conosciute, è possibile diagnosticare un portatore della malattia tramite sonde di oligonucleotide con una sequenza complementare alla sequenza difettosa. Inoltre, i sensori a DNA (o RNA, i due sono molto simili) possono essere utilizzati per la rivelazione di virus e cellule tumorali. I biosensori a sonda genica che usano l'ibridazione di acidi nucleici sono un alternativa agli immunosensori per l'identificazione e l'analisi quantitative di materiali biologici. I metodi di trasduzione sono analoghi a quelli utilizzati per la rivelazione della reazione immunologica. I sensori di DNA sono basati sulla capacità di catene singole di DNA o RNA di ibridizzarsi con catene che hanno una sequenza complementare. È ben noto che l'accoppiamento di catene singole di DNA, che avviene con la formazione di legami idrogeno tra basi complementari (A-T e G-C per DNA e A-U e G-C per RNA) è altamente specifico. I dispositivi richiedono che vengano immobilizzate delle catene singole di DNA (chiamate sonde) che possono ibridizzarsi con una catena complementare (il "target") nella soluzione di campionamento. La specificità di questi sensori dipende innanzitutto dalla selettività della sonda, che dovrebbe rispondere unicamente ad un target, anche nella presenza di catene molto simili. Utilizzando reazioni a catena di polimerasi (PCR) per replicare un singolo campione di DNA, si possono ottenere sensibilità elevate. A differenza degli immunosensori, i sensori a DNA non hanno problemi di rigene- razione perc denaturazioi sere control: sequenze sp appaiate, m( tre i probler che il riconc non dipende to ciò fa si cl ca medica sj lativa facilit soprattutto 1 pi di biosen: Fino ad quanto venil surata la sui identificare. quenza di D fica, o in qui lo devono e: vano poca p I sensori da con immc ne del DNA carica elettri vimetrici, e1 successo, sc elettroforesi Gli svilu rapidi, e qui genetico, la da, ma non. indirizzato I nucleotidi p La matri mobilizzate L i -e un anticorpo nte l'efficienza .oni di un antie, la densità di moli/cm2. lato una piccoida d'onda. La ie della cella di non è valido il trazione di anto dal corpo di .ostituzione, si ilto), e può esibilità è deterente dovuto ai luzione con lo )ne a catena di INA) ed il seno una malattramite sonde tosa. Inoltre, i i per la rivelaibridazione di )ne e l'analisi a quelli utiliz$A o RNA di loto che l'aci legami idroL) è altamente :ne singole di ilementare (il ~ s o r dipende i imente ad un catena di po:nere sensibi:mi di rigene- i l i l il ! i Biosensori 21 3 razione perché l'ibridizzazione di DNA è reversibile con temperatura. Tipicamente la denaturazione avviene intorno a 80 "C. Infatti, la specificità delle sonde geniche può essere controllata modulando la temperatura della reazione. A temperature elevate, solo sequenze specificamente ibridizzate con un accoppiamento perfetto di basi rimangono appaiate, mentre le catene con interazioni più deboli tendono a denaturarsi prima. Inoltre i problemi di irnmobilizzazione non sono critici come nel caso delle proteine dato che il riconoscimento di una catena complementare di DNA di medialbassa lunghezza non dipende in maniera critica dalla conformazionee orientazione della molecola. Tutto ciò fa si che i biosensori di DNA siano fra i più interessanti nell'ambiente della ricerca medica sia per quanto riguarda la multitudine di possibili applicazioni, sia per la relativa facilità di manipolazione del DNA. Inoltre i sensori di DNA, essendo utilizzati soprattutto per l'identificazione di malattie genetiche, non hanno le esigenze di altri tipi di biosensori, ad esempio veloci tempi di risposta, uso in-vivo ecc. 6.5.1. Sensori di DNA Classici Fino ad 10 anni fa, i sensori di DNA erano molto simili agli immunosensori, in quanto veniva immobilizzato un solo tipo di DNA su una superficie solida e veniva misurata la sua interazione con una soluzione contenete la sequenza complementare da identificare. È ovvio che in un sistema di questo genere bisogna conoscere sia la sequenza di DNA in questione che il suo significato (ad esempio per quale proteine codifica, o in quale malattie genetica viene mutata). In altre parole, la sequenza e il suo ruolo devono essere già identificati. Quindi sensori per una singola sequenza di DNA avevano poca potenzialità, tranne per indagini mirate, e con un alta precisione quantitativa. I sensori di DNA comprendevano un trasduttore ed una membrana o superficie solida con immobilizzato DNA avente una specifica sequenza nucleotidica. L'ibridizzazione del DNA-sonda con il DNA da analizzare portava ad un cambiamento di massa, di carica elettrica o di proprietà ottiche della membrana che era rilevata da trasduttori gravimetrici, elettrici o ottici. Tuttavia, questi primi tipi di sensore non hanno avuto gran successo, soprattutto perché rispetto a tecniche tradizionali come Western Blotting e elettroforesi non offrivano particolari vantaggi in termine di tempi o facilità di uso. 6.5.2. 1 Biochip: la nuova generazione di sensori Gli sviluppi più recenti nascono dalla scoperta di metodi di sequenziamento molto rapidi, e quindi il sequenziamento del genoma umano. Con la rivelazione del codice genetico, la necessità di poter analizzare un gran numero di sequenze in mani~rarapida, ma non necessariamente quantitativa è stata evidenziata. È questa necessità che ha indirizzato verso lo sviluppa accelerato di sistemi basati sulle matrici di poli- o oligonucleotidi per la rivelazione di DNA a catena singola. La matrice che forma il sensore di DNA è una superficie solida su cui vengono immobilizzate delle catene singole di sonde di DNA o oligonucleotidi (DNA con un nu- 214 Capitolo 6 mero di basi inferiore a 20) in punti discreti e in maniera ordinata. Quindi ogni punto possiede una sonda con una sequenza diversa. I1 sistema, che spesso viene nominato biochip o gene-chip, forma il cuore di un sistema in grado di legarsi con un gran numero di campioni di DNA. Possiede inoltre un sistema automatizzato di lettura e elaborazione per confrontare diversi campioni di DNA o RNA. I passi principali coinvolti nella realizzazione di una matrice di sensori, schematizzata in figura 6.17, sono: 1) preparazione della sonda. Esistono due approcci generali, uno che fa utilizzo di catene di DNA corte (da 20 a 25 basi), chiamate oligonucleotidi,che è possibile sintetizzare. L'altro metodo fa uso di pezzi di DNA (500-5000 basi) isolati da un organismo e tagliati con l'aiuto di enzimi. 2) Irnrnobilizzazzione della sonda. Le catene di DNA vengono immobilizzate in siti specifici su una superficie, di solito un vetrino, usando sistemi automatizzati.Tipicamente i punti di DNA hanno un diametro di 50-100 pm e la distanza tra due punti adiacenti è circa 100 pm. La Figura 6.18 illustra una tecnica innovativa di immobilizzazione,basata sulla sintesi combinatoriale di oligonucleotidi in situ. 3) Preparazione e marcatura del target. Ii DNA/RNA target viene isolato dalle cellule, tagliato in segmenti piccoli e marcato, di solito con un fluoroforo. I1 RNA messaggero è di particolare interesse, in quanto codifica per le proteine che vengono espresse dalla cellula in un dato momento. L'RNA è molto vulnerabile a degradazione enzimatica, e di solito viene trascritto inversamente in DNA complementare (cDNA) attraverso l'uso di enzimi specifici prima di essere sottoposto al saggio. La misura è sempre una di confronto, quindi è necessario preparare un target di riferimento con una molecola fluorescente che abbia uno spettro di emissione ben separato dal marcatore del DNA di interesse. In genere vengono utilizzati fluorescina, che emette nel verde, e rodamina, che emette nel rosso. 4) Ibridizzazione. I due campioni vengono mescolati ed esposti alla matrice di sonde. La temperatura, precedentemente mantenuta elevata per evitare l'ibridizzazione in soluzione, viene abbassata per permettere l'ibridizzazione tra i target e le sonde. Se il target ha una sequenza complementare al DNA a una sonda immobilizzato in un determinato punto, ibridizzerà in quel punto e quindi, dopo il lavaggio per rimuovere il DNA legato aspecificamente, potrà essere rilevato con metodi ottici. 5) Lettura della matrice I1 prodotto finale del esperimento è una matrice con punti colorati. Nell'esempio riportato in figura 6.17, con un flouroforo rosso, e uno verde, ci saranno dei punti rossi, verdi, gialli o neri con determinate coordinate a secondo delle sequenze presenti nella soluzione. I1 segnale ottico dal chip di DNA viene rivelato da un array di CCD o anche una semplice telecamera, a secondo della grandezza dei punti. 6) Elaborazione del segnale Come schematizzato in figura 6.18, le sonde della matrice possono ibridizzarsi con segmenti di DNA che provengono dal campioni, o dal riferimento, o da entrambi. Inoltre ci saranno sonde che non ibridizzano perché la sequenza complementare non è presente nella soluzione. Attraverso dei programmi di elaborazione dei immagini anche Fluoroforo rosso ' Figura 6.17. Scl abbastanza s l'espressione quella di cosi lattia o rispoi Biosensori indi ogni punto viene nominato I un gran nume.ttura e elabora- Cellula di riferimento Cellula del paziente :ori, schematiz- i corte (da 20 a ietodo fa uso di uto di enzimi. W ~erficie,di soliL hanno un diaLa Figura 6.18 combinatoriale Estrazione DNA e Denaturazione W rosso i ! 1O 1 .:i iccoli e marcaesse, in quanto mento. L'RNA 3 inversamente rima di essere ssario preparapettro di emisgono utilizzati Incubazione con array di oligonucletidi o catene singole di DNA a temperatura, one, viene abia una sequenpunto, ibridizito aspecifica- , ' / Lettura e elaborazione -Espressa dal paziente -Non espressa :ll'esempio rilei punti rossi, presenti nella CCD o anche -Espressa dal i'iferim ento -Espressa d a entrambi Figura 6.17. Schematizzazione di un sistema a sonda multiplaper la rivelazione di catene di DNA l lridizzarsi con ntrambi. Inolare non è premagini anche Fluoroforo verde I l i abbastanza semplici è possibile identificare l'impronta di una malattia genetica o dell'espressione di una determinata proteina. La più grande sfida nel futuro è comunque quella di costruire un database di librerie di DNA, ognuno caratteristico di una data malattia o risposta cellulare. 216 Capitolo 6 t J Gruppo protettivo fotolabile i )., \ I l 0 0 l o l O I o Q y,Sii, -HCHO I I I Formazine del legame O O O C-=> O O O U O L Substrato C-" Figura 6.18. La tecnica di sintesi combinatoriale di oligonucleotidi con gruppiprotettivi fotolabili utilizzato dalla ditta Afimetrix. 6.5.3. Problemi associati con la rivelazione di acidi nucleici L'intera operazione è molto delicata e laboriosa e richiede numerosi passi preparativi (isolamento e amplificazione di DNA, marcatura, ecc). Ovviamente, dato che il RNA è una sostanza inter cellulare, e il DNA si trova nel nucleo, non è possibile semplicemente prelevare una goccia di sangue ed esporlo al sensore. 11campione viene solitamente prelevato attraverso una biopsia, e le cellule devono essere soggette a vari trattamenti per isolare il DNA o RNA. RNA è particolarmente sensibile ai trattamenti perché ha una vita media abbastanza bassa ed esistono parecchi enzimi capace di degradarlo. Inoltre, dato che la quantità di DNA o RNA è molto piccola, le fonti di contaminazione sono numerosissime. L'interpretazione e gestione dei dati presenta ancora un enorme sfida sia dal punto di vista tecnologico che informatico. Bisogna ricordare che l'organismo umano possiede un patrimonio genetico vastissimo e per catalogare tutta l'informazione contenuta nel genoma di un individuo abbiamo bisogno di almeno 1000 biochip con circa 1000 sonde per ogni chip. In teoria, riducendo le dimensioni di ogni singolo punto a 1 micron, si può analizzare il genoma di un individuo utilizzando solo 30 matrici. Per ora la maggior parte dei sensori non è in grado di rivelare mutazioni in punti singoli perché il DNA è sempre in grado di accoppiarsi con una catena complementare leggermente 'sbagliata'. L'abilità di rivelare un mismatch di un solo nucleotide è richiesta ad esempio nella ricerca di predisposizioni genetiche per varie malattie, ad esempio il cancro del seno. Catene perfettamente complementari hanno una temperatura di denaturazione più elevata rispetto a catene con anche una piccola mismatch. Quindi, in principio, modulando la temperatura al momento della rivelazione, è possibile scegliere il g gran numero velare singoli Espressi I1 princip RNA, ad esei saggio fornis' le genetico tr ziente con ur verse. Diagnos Per malat permettano u re malattie in Screenir I batteri r DNA dei bati maci efficaci. vidualizzazio nei pazienti. AIDS. In qua duo. Avere ur o tossine può lattie di tipo, 6.6. Bios I sensori b gi rispetto ai : le nel tempo E componenti o enzimatici, e : 6.6.1. Sist Importanti smi immobili; ne" di process da delle condi Biosensori €4 scegliere il grado di complementarietà. Data l'importanza di questo tipo di analisi, un gran numero di gruppi di ricerca stanno cercando di spingere questa tecnologia per rivelare singole mutazioni. 8s 6.5.4. Applicazioni 1 3 8 8 .$ p I ] $ 3 I 7tolabili utilizzato assi preparatie, dato che il )ossibile semione viene sooggette a vari ai trattamenti capace di deTonti di contasia dal punto !manopossie)ne contenuta >n circa 1000 ?unto a 1 miici. cioni in punti mplementare cleotide è rimalattie, ad la temperatumatch. Quin:, è possibile 217 1 f 1 S Espressione Comparativa I1 principio di funzionamento dei biochip è il confronto tra due gruppi di DNA o RNA, ad esempio da due pazienti diversi o da due ceppi cellulari. I risultati di questo saggio forniscono un indicazione qualitativa delle differenze del contenuto di materiale genetico tra un campione e un riferimento, ad esempio da una persona sana e un paziente con una malattia genetica. È anche possibile confrontare due tipi di cellule diverse. Diagnostica. Per malattie genetiche in cui la mutazione è già stata identificata, i sensori di DNA permettano una diagnosi molto rapida. Possono anche essere utilizzati per diagnosticare malattie in cui vengono espressi certi geni caratteristici. Screening dei Farmaci e Farmacogenica. I batteri mutano rapidamente per sviluppare resistenza ai farmaci. Un'analisi del DNA dei batteri espostia vari antibiotici è un modo molto veloce per identificare farmaci efficaci. Probabilmente una delle applicazioni più interessanti è quella della individualizzazione delle terapie a seconda della risposta in termini di espressione genica nei pazienti. Un caso particolarmente importante è quelle delle persone afflitte da AIDS. In quasi tutti i casi il virus si sviluppa in maniera diversa da individuo a individuo. Avere un profilo genetico del singolo paziente e la sua risposta genetica a farmaci o tossine può essere di grande utilità per razionalizzare e personalizzarele terapie a malattie di tipo virale o dovute ad altri agenti patogeni. I' 6.6. BIOSENSORI A MICROORGANISMI E BIOSENSORI TESSUTALI I sensori basati su microorganismi e su tessuti biologici presentano notevoli vantaggi rispetto ai sensori enzimatici, costituendo un metodo economico e abbastanza stabile nel tempo e possono operare per due-tre settimane, a seconda del tipo per l'analisi di componenti organici. I metodi di trasduzione sono simili a quelli adoperati per sensori enzimatici, e sono basati principalmente su fenomeni elettrochimici. 6.6.1. Sistemi basati su microorganismi Importanti in tal senso sono i sensori microbici che sono composti di microorganismi immobilizzati e di un dispositivo elettrochimico e sono adatti per il controllo "on line" di processi biochimici. Si basano sia sull'utilizzo di vie metaboliche diverse a seconda delle condizioni ambientali esterne sia sulla formazione di prodotti metabolici elet- 218 Capitolo 6 troattivi, derivanti da assimilazione di substrati da parte dei microorganismi, monitorabili tramite dispositivi elettrochimici (ad esempio con un elettrodo ad ossigeno) con cui interagiscono. A seconda delle cellule utilizzate, è possibile determinare selettivamente concentrazioni di molte sostanze organiche diverse, su un vasto range di concentrazioni. Questo principio di funzionamento ha trovato interesse in applicazioni di monitoraggio ambientale. Inoltre, l'esistenza di reazioni sequenziali è utilizzata per la misura di sostanze inerti, come il metano e l'ammoniaca, ed offre una nuova tecnica di microbioanalisi, ad esempio per le vitamine o per lo screening di mutageni. Sono in studio anche metodi alternativi per la determinazione del consumo biologico di ossigeno (BOD), uno dei test più usati per la misura di inquinanti organici, utilizzati batteri luminescenti che accrescono l'intensità di emissione in dipendenza dall'assimilazione di composti organici. Le possibilità derivanti da sistemi di questo genere investono molti campi, grazie anche alle accresciute capacita di integrazione derivanti dalle tecniche di microfabbricazione, che consentono di realizzare su un unico chip, ad esempio, un'intera cella di flusso comprendente il rivelatore elettrochimico. 6.6.2. Biosensori basati su strutture sopracellulari Alcuni materiali tessutali provenienti da piante ed animali sono stati vantaggiosamente impiegati come componenti biocatalitici per la costruzione di biosensori. Questa classe di materiali biocatalitici mantiene l'enzima di interesse nel suo ambiente naturale, cosicché si ottiene una considerevole stabilizzazione dell'attivita enzimatica desiderata. In molti casi, i biosensori basati su tessuti hanno mostrato un tempo di vita maggiore in rapporto ai comspondenti biosensori basati su enzimi isolati ed una attività specifica sufficientementealta per la costruzione di particolari biosensori in cui gli enzimi isolati si erano rivelati insoddisfacenti, senza sacrificare la selettività globale. Fino ad oggi ne sono stati realizzati diversi, sensibili, ad esempio, all'urea, alla dopamina, alla guanina, ecc. Per questo tipo di sensori è importante lo studio del meccanismo di trasporto, dato che il substrato deve essere trasportato attraverso le cellule che alloggiano l'enzima in oggetto prima di venirne in contatto. Fondamentale quindi è lo sviluppo di modelli per descrivere l'interazione fra substrato ed enzima nello strato biocatalizzatore. Sensori di questo tipo presentano purtroppo una difficile applicazione in campo biomedico, soprattutto nei casi di sistemi di monitoraggio in-vivo, a causa dei rischi di infezione. D'altra parte, sono invece in largo uso nei sistemi per analisi ambientali. Esercizic Sensore di L Su un se ibridizzare litamente pi l0000 basi. Se il pe: RNA ci vog La frequenz Una ce11 Se una C biopsia da p quarzo di ari e densità cir Risoluzione L'equazi La frequ, Stando 2 10-l0kg. Questo C RNA espresi Se ogni ( al minimo 01 da prelevare difficoltà nel Esercizio Immunosens Consider gene intrinse Biosensori ismi, monitorasigeno) con cui selettivamente :oncentrazioni. .oni di monitoa per la misura mica di microlsumo biologirganici, utilizidenza dall'ascampi, grazie li microfabbri'intera cella di i vantaggiosaensori. Questa ibiente naturamatica desideo di vita mag:d una attività i in cui gli enà globale. 'urea, alla dorasporto, dato io l'enzima in di modelli per 3re. 3ne in campo ;a dei rischi di nbientali. 219 Esercizio I Sensore di DNA gravimetrico Su un sensore di quarzo viene immobilizzato un oligonucleotide che è in grado di ibridizzare con RNA messaggero, il quale possiede il gene per una proteina mutata, solitamente presente nei pazienti con distrofia muscolare. Questo gene è composto da 10000 basi. Se il peso molecolare medio di un monomero di DNA è 300, quante molecole di RNA ci vogliono nella soluzione per alterare la frequenza dell'oscillatore da 50 Hz?. La frequenza diminuisce o aumenta? Una cellula esprime 200 copie di questa RNA. Se una cellula ha le dimensione 10 X 10 X 2 micron3,quale è il volume minimo di biopsia da prelevare per effettuare questa analisi di RNA?. Si consideri di impiegare un quarzo di area sensibile 38.5 mm2,spesso 350 micron, con frequenza risonante 10 MHz e densità circa 2.65 g/cm3. Risoluzione L'equazione da usare è quella di Sauerbery: La frequenza aumenta durante l'ibridizzazione. Stando attenti alla conversione della unità di misura, risulta che Am = 1.785 X 10-'O kg. Questo comsponde a 1.79 X 101°molecole di RNA (dato che il peso molecolare del RNA espresso è 6000000 (300 X 2 X 10000),e il numero di Avogadro è 6.02 X loz3). Se ogni cellula esprime 200 molecole di DNA, ci vogliono 8.96 X lo7 cellule, che m3, o 17.9 cm3;che è il minimo volume di biopsia al minimo occuperanno 1.79 X da prelevare. Infatti, è proprio questo il limite dei sensori di DNA nella diagnostica: la difficoltà nella rivelazione di geni con rate di espressione basso. Esercizio 2 Immunosensore a fluorescenza Consideriamo una reazione tra anticorpo, immobilizzato su una superfice, ed antigene intrinsecamente fluorescente. Si suppone che la cella di misura contente la super- 220 Capitolo 6 fice sensibile sia in equilibrio con un serbatoio di volume grande e quindi la concentrazione di antigene rimanga costante. Questa supposizione è giustificata nel caso di misure in vivo, mentre in certi casi biomedici riguardanti campioni di piccolo volume va considerata una dipendenza temporale della concentrazione di antigene in soluzione. Partendo dalle equazioni di equilibrio per la reazione è possibile valutare il rapporto fra la concentrazione di antigene in soluzione ed il numero di antigeni legati agli anticorpi immobilizzati,f, che è direttamente proporzionale al segnale fluorescente. Consideriamo una superficie di area sensibile S con una densità superficiale di anticorpi immobilizzati, T(moli/m2). è quindi la somma della densità di siti liberi dell'anticorpo, [Ab]', e della densità di siti occupati dall'antigene fluorescente,fl. È possib Ad eserr un errore m; Esercizio Biosensore I Dato che la concentrazione di antigene, [Ag] è considerato constante, la reazione di equilibrio può essere descritta da f [Ag] [Ab]' = K S I biosens ed aerobica I ca della glicf e durata di a concentrazic comune è il : dove K è la costante di dissociazione per la reazione fra anticorpi immobilizzati e antigeni. Combinando le due equazioni, si ottiene un espressione per [Ag] in termini dei parametri misurabili (T, K e S). Dall'equazione risultante si può derivare un'equazione per l'errore sulla misura della concentrazione di antigene, A[Ag]/[Ag] sempre in tennini delle entità misurabili. Con questa equazione, si può determinare il range di concentrazioni misurabili sotto una certa soglia di errore. Date le SI care come UI namento di c Risoluzione Sport Partendo dalle due equazioni, T = [Ab]' f , +S f [Ag] [Ab]' = K S si ottiene Maratona 10000 m Persona attiva Persona sedenta K, di LOD K, di LOD D [lattato] a riposc che si può derivare per ottenere l'errore sulla misura della concentrazione di antigene. Risoluzione Dalla tab porzionale al 221 Biosensori idi la concentranel caso di mi:colo volume va :in soluzione. .lutare il rapporni legati agli anorescente. erficiale di anti.ti liberi dell'an- ,fls. È possibile esprimere questo in entità misurabili: Ad esempio, riportando in grafico A[Ag]l[Ag] in funzione di [Ag], si può scegliere un errore massimo al di sopra quale la precisione della misura non 'accettabile. Esercizio 3 Biosensore per acido lattico e, la reazione di )bilizzati e anti] in termini dei .e un'equazione empre in termimge di concen- I biosensori per acido lattico vengono utilizzati per monitorare la soglia anaerobica ed aerobica degli atleti. L'acido lattico è il prodotto della attivazione della via anaerobica della glicolisi e la sua concentrazione aumenta drammaticamentequando l'intensità e durata di attività fisica supera determinati valori, che dipendono dall'allenamento. La concentrazione di acido lattico può essere determinato usando vari enzimi, tra cui il più comune è il lattatoossidasi (LOD), che ossida l'acido lattico. CH3 I O2+ HC-OH- I COOH LOD CH3 I HC=O+H202 I COOH Date le seguenti tabelle di dati, progettare un biosensore per l'acido lattico ed indicare come un sensore per acido lattico può essere utilizzato per stimare il livello di allenamento di una persona. Sport Velocità a cui inizia la soglia aerobica (kd) Concentrazione massima di lattato (mgldl) Maratona 10000 m Persona attiva Persona sedentaria K, di LOD K, di LOD D [lanato] a riposo ne di antigene. Risoluzione Dalla tabella sembra che la concentrazione massima di lattato nel sangue sia proporzionale al livello di allenamento, anche se dipende da che tipo di attività sportiva 222 Capitolo 6 viene eseguita. I1 peso molecolare di lattato è 90 glmol, quindi il valore di Km è circa 10 volte quello del massimo valore misurato, ed è valida l'approssimazione Km > [ a . Per progettare il sensore, bisogna considerare la concentrazione di enzirna da immobilizzare all'intemo di una membrana (come schematizzato in figura 6.8). Valori sensati di L (L è lo spessore dello strato di contenimento) possono andare da qualche micron a qualche millimetro. In questo esercizio si tratta di disegnare una curva teorica che parte da valori tipici per [P]I[a,, ad esempio 0.5 (vedi figura 6.9), e poi trovare i valori di [ a ragionevoli e gli L corrispondenti. Si ha quindi che Per la SI Science and riguardante Soluzioi per calci sità di luce < viene emes5 sa che viene Esercizic Genorna um Stando attento alla conversione delle unità di misura, in questo caso, [ a risulta circa 0.35 mM per un L di 100 micron. Valori di [ a troppo piccoli aumentano i tempi della risposta mentre valori troppo alti portano a costi elevati e l'enzima può precipitare in alcuni condizioni di pH. Tipicamente i valori di E possono essere del ordine di qualche millimolare per L che va da 100 a 500 micron. Esercizio 4 Immunosensore ottico di tipo TIRF Consideriamo un immunosensore ottico di tipo TIRF dove la profondità di penetrazione è data da equazione 15. Calcolare la profondità di penetrazione di luce di lunghezza d'onda 412 nm, dove i mezzi rifrattivi sono acqua (n = 1.333) e quarzo (n = 1.54). Confrontare questo valore con le dimensioni di un anticorpo, e il sistema TIRF nelia la configurazioni diretta, a sandwich e competitivo. Dato che la fluorescenza emessa è isotropica, stimare la percentuale di fluorescenza emessa che può essere rivelata da un rivelatore planare di area fotosensibile 3 cm2posto a 2 cm dall'interfaccia immunosensibile. I1 genon teine. Utiliz biochip che Risoluzione La rispo, soluzione d chip. Invece basi, ce ne 1 una precisi0 Esercizic Cinetica En. Nell' ana il caso limitl centrazione Risoluzione La profondità di penetrazione è 182 nm. La dimensione maggiore di un anticorpo è 80 nm. Quindi per la configurazione competitiva e diretta l'intensità di luce è sufficiente per eccitare una quantità di fluorescenza facilmente rivelabile. Nel caso di un sistema a sandwich, in cui il secondo anticorpo viene marcato, può accadere che l'onda evanescente venga "esaurita" prima di arrivare al fluoroforo. In questo caso bisogna utilizzare una luce con lunghezza d'onda maggiore. e quindi indi Biosensori di K, è circa 10 e K", > [SI. enzima da imura 6.8). Valori iare da qualche na curva teorica , e poi trovare i 223 Per la seconda parte del problema, il riferimento è ad un articolo (Measurement Science and Technology (1992), pp. 1166-1173) dove viene data la soluzione completa riguardante l'efficienza di raccolta di un sistema TIRF. Soluzione semplice: per calcolare la fluorescenza raccolta dal rivelatore, bisogna prima valutare l'intensità di luce evanescente generata nel mezzo n,, e poi calcolare la frazione di questa che viene emessa nella direzione del rivelatore. In questo caso, il percentuale di luce emessa che viene raccolta è al massimo 6% (314 IT 2,). Esercizio 5 Genoma umano [E] risulta cirkno i tempi delò precipitare in , olare per L che 11genoma umano contiene 3 000 000 000 basi, di cui solo 2% codificano per le proteine. Utilizzare questi dati per confermare o no i dati presentati nel testo sul numero di biochip che ci vogliono per decodificare il genoma umano. Risoluzione La risposta dipende sia dalla risoluzione che dalla grandezza della sonda. Ad una risoluzione di 1 base, se si utilizzano sonde sintetiche di 25 basi, ci vogliono 120 000 chip. Invece se si usano sonde ottenute tramite enzimi di restrizione, di lunghezza 5000 basi, ce ne vogliono 600. Attualmente è stato sequenziato 95% del nostra genoma con una precisione di 99,99%. È lo 0,01% che fa sì che siamo tutti diversi tra di noi. iità di penetraice di lunghezrzo (n = 1.54). L TIRF nella la iemessa è isolata da un rivenunosensibile. un anticorpo è ce è sufficien1 di un sistema l'onda evane.ogna utilizza- Esercizio 6 Cinetica Enzimatica Nell'analisi della cinetica della reazione enzimatica, è stato preso in considerazione il caso limite, [q, K,. Considerando invece il caso [q,9 K,, mostrare che la concentrazione di prodotto alla superficie del sensore enzimatico è e quindi indipendente dalla concentrazione del substrato. 224 Capitolo 6 Risoluzione Nel caso [a,@ KM: I a2 ax2 [SI Ds.--K2.[E] D p .- ax2 =O + K2 [ E ] = O Le condizioni al contorno sono sempre: a[sl = O per x = O , [a= [SJ, per x = L, a~ Bibliog Capitolo 1 Concise enc Press, O Encycloped; and Son: S. Middelhc output tr Integrando si ottiene: Capitolo 2 Integrando ancora, si ottiene I1 valore di C1 si trova mettendo [SJ = [a,per x = L, da cui [SI = [SI, - --K2 - [ E ] 2 Ds R.S.C. Cobl tions, Jol C. Dorf, Mc Massach -X 2 ) Analogamente si ottiene: A117elettrodo,il valore di P è: La concentrazione di prodotto alla superficie dell'elettrodo risulta indipendente dalla concentrazione del substrato e dipende solo dalla massima velocità della cinetica enzimatica e dal trasporto diffusivo. In queste condizioni, il sistema non può essere utilizzato come sensore enzimatico. Capitolo 3 G. Avanzoli Pàtron E E.O. Doebel tional Ec G. Harshnyi ster (USI L.A. Geddei New Yor R. Pallas-Ar Inc. (199 Una rivista C S.A.