Prospettive sui dati chiave del Meeting Europeo del 2015 sulla

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Prospettive sui dati chiave del Meeting
Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla
Questa attività formativa è supportata da un finanziamento indipendente a fini educativi concesso
da Biogen.
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Prospettive sui dati chiave del Meeting Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla
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Questa attività è rivolta a neurologi, medici di base, ostetrici e ginecologi.
Lo scopo di questa attività è esaminare i dati più significativi presentati al Meeting Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla.
Una volta portata a termine questa attività, i partecipanti saranno in grado di:
•
•
•
descrivere i dati più recenti sui fattori predittivi e di rischio nella sclerosi multipla
riassumere gli aggiornamenti della ricerca sulle attuali terapie modificanti la malattia nella sclerosi multipla
spiegare i progressi compiuti nelle terapie emergenti per il trattamento della sclerosi multipla recidivante e progressiva
Facoltà e dichiarazioni di conflitto d’interesse
In quanto organizzazione accreditata da ACCME, Medscape, LLC, richiede che tutti coloro che sono in posizione di controllare
il contenuto di un’attività formativa rivelino tutte le loro relazioni finanziarie rilevanti con qualsiasi entità commerciale. ACCME
definisce “relazioni finanziarie rilevanti” le relazioni finanziarie di qualsiasi entità intercorse negli ultimi 12 mesi, comprese le
relazioni finanziarie di un coniuge o di un partner, che potrebbero creare un conflitto d’interessi.
Medscape, LLC, incoraggia gli Autori a identificare i prodotti sperimentali o gli usi fuori scheda tecnica regolati dalla Food and
Drug Administration statunitense, alla prima citazione e dove appropriato nel contenuto.
Informazioni sugli individui e dichiarazioni di conflitto di interesse
La politica della Icahn School of Medicine at Mount Sinai è quella di assicurare l’obiettività, l’equilibrio, l’indipendenza, la
trasparenza e il rigore scientifico di tutte le attività sponsorizzate da CME. Tutti gli individui che partecipano alla pianificazione o
all’implementazione di un’attività sponsorizzata devono rivelare pubblicamente tutti i rapporti finanziari rilevanti e fare il possibile
per risolvere l’eventuale conflitto di interesse derivante da tale rapporto. Inoltre, i presentatori devono rilasciare una dichiarazione
esauriente al pubblico della discussione relativamente ai farmaci o ai dispositivi non approvati o fuori scheda. Queste informazioni
costituiranno parte integrante del materiale del corso.
James D. Bowen, MD
Direttore sanitario presso il centro per la sclerosi multipla allo Swedish Nueuroscience Institute, Seattle, Washington
Dichiarazione d’interessi: James D. Bowen, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:

Ha lavorato come consigliere o consulente per: Acorda Therapeutics; Alexion Pharmaceuticals, Inc.; Avanir Pharmaceuticals;
Biogen; EMD Serono, Inc.; Genentech, Inc.; Genzyme Corporation; GlaxoSmithKline; Novartis Pharmaceuticals Corporation;
Pfizer Inc; Teva Neuroscience, Inc.

Possiede azioni, opzioni di acquisto di azioni o obbligazioni di: Amgen Inc.
Il Dott. Bowen non ha intenzione di discutere gli utilizzi fuori scheda di medicinali, dispositivi meccanici, biofarmaci o diagnostici
approvati dalla FDA per l’uso negli Stati Uniti.
Il Dott. Bowen non ha intenzione di discutere di medicinali, dispositivi meccanici, biofarmaci o diagnostici sperimentali non
approvati dalla FDA per l’uso negli Stati Uniti.
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Comitato direttivo:
Presidente: Stephen Krieger, MD
Professore Associato di Neurologia; Direttore, Neurology Residency Program, Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York,
New York
Dichiarazione d’interessi: Stephen Krieger, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: Acorda Therapeutics; Bayer HealthCare Pharmaceuticals; Biogen; EMD Serono, Inc.;
Genentech, Inc.; Genzyme Corporation; Questcor Pharmaceuticals, Inc.; Teva Neuroscience, Inc.
Membri:
Mathias Buttmann, MD
Primario di Neurologia, Direttore dell’ambulatorio per la SM, Vice direttore del gruppo di ricerca clinica per la sclerosi multipla,
Dipartimento di Neurologia, Università di Würzburg, Würzburg, Germania
Dichiarazione d’interessi: Mathias Buttmann, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: Teva Neuroscience, Inc.
Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: EMD Serono, Inc., Novartis Pharmaceuticals
Ha ricevuto compensi come relatore da: Biogen
Ha ricevuto rimborsi spese per convegni da: Bayer HealthCare Pharmaceuticals, Genzyme Corporation
Patricia K. Coyle, MD
Professore e Vice presidente, Clinical Affairs; Direttore, MS Comprehensive Care Center, Stony Brook University, Stony Brook, New
York, Stati Uniti
Dichiarazione d’interessi: Patricia K. Coyle, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: AbbVie Inc.; Accordant; Acorda Therapeutics; Bayer HealthCare Pharmaceuticals;
Biogen; Genentech Inc.; Roche; Genzyme Corporation; Sanofi; Mylan Laboratories Inc.; Novartis Pharmaceuticals Corporation; EMD
Serono Inc.; Sanofi; Teva Neuroscience, Inc.
Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: Actelion Pharmaceuticals, Ltd; Novartis Pharmaceuticals Corporation;
Opexa Therapeutics, Inc.
Gavin Giovannoni, MBBCh, PhD
Professore, Barts and The London School of Medicine and Dentistry, Londra, Regno Unito
Dichiarazione d’interessi: Gavin Giovannoni, MBBCh, PhD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: Canbex Therapeutics; GW Pharmaceuticals; EMD Serono, Inc.; Novartis
Pharmaceuticals Corporation; Genzyme Corporation; Sanofi; FivePrime Therapeutics; Ironwood Pharmaceuticals, Inc.; Synthon BV;
Vertex Pharmaceuticals Incorporated
È stato membro di un comitato direttivo per: AbbVie Inc.; Biogen; Novartis Pharmaceuticals Corporation; Teva Neuroscience, Inc.;
Roche
Óscar Fernandez, PhD
Direttore, Reparto di Neuroscienze Cliniche, Hospital Regional Universitario, Málaga, Spagna
Dichiarazione d’interessi: Óscar Fernandez, PhD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: Actelion Pharmaceuticals, Ltd; Allergan, Inc.; Almirall Prodesfarma, S. A.; Bayer
HealthCare Pharmaceuticals; Biogen; EMD Serono, Inc.; Genzyme Corporation; Roche; Teva Neuroscience, Inc.
Ha svolto il ruolo di relatore o è stato membro di un ufficio di relatori per: Actelion Pharmaceuticals, Ltd; Allergan, Inc.; Almirall
Prodesfarma, S. A.; Bayer HealthCare Pharmaceuticals; Biogen; EMD Serono, Inc.; Genzyme Corporation; Roche; Teva Neuroscience, Inc.
Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: Actelion Pharmaceuticals, Ltd; Allergan, Inc.; Almirall Prodesfarma, S. A.;
Bayer HealthCare Pharmaceuticals; Biogen Idec Inc.; EMD Serono, Inc.; Genzyme Corporation; Roche; Teva Neuroscience, Inc.
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Prospettive sui dati chiave del Meeting Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla
Claire S. Riley, MD
Professore Assistente di Neurologia, Columbia University Medical Center, New York, Stati Uniti
Dichiarazione d’interessi: Claire S. Riley, MD, ha reso noti i seguenti rapporti finanziari rilevanti:
Ha lavorato come consigliere o consulente per: Biogen; Novartis Pharmaceuticals Corporation; Teva Neuroscience, Inc.
Ha ricevuto borse di studio per attività di ricerca clinica da: Biogen
Informazioni su DS/redattore/autore e dichiarazioni di conflitto di interesse
Gena Dolson, MS
Direttore scientifico, Medscape, LLC
Dichiarazione d’interessi: Gena Dolson, MD, non ha reso noti rapporti finanziari rilevanti.
Ronald K. Miller, PhD
Direttore scientifico, Medscape, LLC
Dichiarazione d’interessi: Ronald K. Miller, PhD, non ha reso noti rapporti finanziari rilevanti.
Informazioni su altri organizzatori/revisori e dichiarazioni di conflitto d’interesse
Revisore di contenuto
Robert Morris, PharmD
Direttore clinico CME associato, Medscape, LLC
Dichiarazione d’interessi: Robert Morris, PharmD, non ha reso noti rapporti finanziari rilevanti
Revisore inter pares
Questa attività è stata sottoposta a revisione da parte di un collega esperto e il revisore non ha reso noti rapporti finanziari
rilevanti.
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Il 31esimo Meeting del comitato europeo per il trattamento e la ricerca nella sclerosi multipla (ECTRIMS) si è svolto a Barcellona,
Spagna, dal 7 al 10 ottobre 2015. Questo meeting è, per tradizione, il più grande convegno di professionisti della sclerosi multipla
(SM) al mondo e ha dato risalto alla presentazione di numerosi dati nuovi e entusiasmanti.
Sclerosi multipla progressiva
La disponibilità di numerose terapie efficaci per la SM recidivante ha permesso di spostare, sempre di più, l’attenzione sulle forme
progressive della malattia, per cui non esistono farmaci approvati che ne modifichino il decorso. Una maggiore comprensione del
decorso della SM ha portato a una nuova definizione dei sottotipi della malattia.[1] Questa definizione identifica due aspetti della SM:
una componente infiammatoria recidivante e una componente neurodegenerativa progressiva. La nuova classificazione riconosce
i seguenti fenotipi: recidivante-remittente, primaria progressiva e secondaria progressiva. Nella malattia recidivante-remittente
periodi di stabilità si alternano ad attacchi sintomatici. La forma primaria progressiva peggiora lentamente nel corso di mesi o anni. La
malattia secondaria progressiva inizia con la forma recidivante-remittente e, nel corso del tempo, si assiste a un lento peggioramento
della sintomatologia di base. Attualmente, sono stati aggiunti due modificatori ai sottotipi. Tutti e tre i fenotipi possono essere attivi o
non attivi, a seconda che il paziente abbia attacchi della SM oppure no.[1] Le SM primaria e secondaria progressiva possono verificarsi
con o senza progressione; questo parametro indica se la disabilità iniziale stia peggiorando o no. I modificatori “malattia attiva” e
“malattia progressiva” vengono misurati durante un intervallo di tempo specifico.
La conferenza principale dell’ECTRIMS 2015 è stata presentata dal Dott. Alan Thompson che ha illustrato le difficoltà terapeutiche
associate alla SM progressiva.[2] È stata sottolineata l’importanza della SM progressiva, che colpisce più della metà della
popolazione affetta da SM, e della componente progressiva quale principale responsabile della disabilità. La causa delle forme
progressive della SM non è stata ancora compresa pienamente e ciò ha limitato i progressi nella gestione di questa componente
della malattia. Esistono alcune teorie sui meccanismi che conducono alla manifestazione della malattia. Potrebbe verificarsi una
reazione immunitaria di basso livello a carico del sistema nervoso localizzata, in particolar modo, nel nastro corticale.[3] Un altro
potenziale meccanismo riguarda la degenerazione del sistema nervoso centrale, specialmente gli assoni e i loro corpi cellulari
neuronali.[3] Non esistono modelli animali adeguati per studiare la SM progressiva, altro ostacolo allo sviluppo di nuove terapie
per la malattia progressiva.[2] I disegni degli studi hanno comportato delle difficolta poiché i marker dell’infiammazione nella SM
comunemente usati, tra cui recidiva clinica e T2, recupero con inversione attenuata da fluido e lesioni captanti il gadolinio (Gd)
alla RM, non misurano adeguatamente gli aspetti progressivi della SM. Gli indicatori di risultato più recenti, come la tomografia a
coerenza ottica, potrebbero rivelarsi utili al pari di vari parametri di atrofia alla RM. Il punteggio del test MS Functional Composite
potrebbe rivelarsi un indicatore migliore di disabilità nella SM progressiva, rispetto all’EDSS (Expanded Disability Status
Scale) tradizionale. Le associazioni per la SM hanno dedicato maggiore attenzione alla malattia progressiva ed è stata istituita
l’International Progressive MS Alliance, che fa sperare nei progressi futuri.[2] Recentemente, siamo venuti a conoscenza dei dati del
primo studio clinico efficace per la SM primaria progressiva. Si tratta di dati promettenti per lo sviluppo di un trattamento efficace
per la SM progressiva.[4]
Fattori di rischio per la SM
La causa della SM è ancora sconosciuta. Teorie recenti suggeriscono una patogenesi autoimmunitaria, ma le prove di questa teoria
sono vaghe e i modelli animali sono ancora inadatti a simulare la malattia. Analogamente, i fattori che modificano il rischio e il
decorso della malattia sono poco chiari.
Il Dott. Correale ha esaminato i fattori associati al rischio di sviluppo della SM o al peggioramento della malattia. Le mutazioni della
vitamina D o del suo recettore possono avere diversi effetti sul sistema immunitario.[5] Il virus di Epstein-Barr può causare infezione
diretta, danni secondari o mimare le strutture molecolari umane.[5] Gli ormoni possono influire sul rischio di SM attraverso
numerosi effetti sulle cellule immunitarie. Il fumo aumenta il rischio di sviluppare la SM e il rischio di progressione della malattia,
ma l’effetto si inverte smettendo di fumare. Un maggiore consumo di sale causa l’aumento dell’attività dei Th17 in modelli animali
e chi segue una dieta ricca di sale ha un maggior tasso di rediciva della SM.[5] L’obesità in adolescenza aumenta il rischio di SM. Le
recidive caratterizzate da alterazioni stagionali suggeriscono un effetto mediato della melatonina. Queste associazioni con la SM
dovranno essere indagate in altri studi di efficacia per determinarne l’importanza clinica.
Il Dott. Olsson ha riportato i dati di uno studio che ha analizzato 3500 casi incidenti di SM e 4400 soggetti di controllo, provenienti
da una banca dati svedese, al fine di valutare 6 fattori noti di rischio ambientale per la SM.[6] I fattori di rischio erano:
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Prospettive sui dati chiave del Meeting Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla
Tabella. Fattori di rischio per la SM
Fattore di rischio
Odds Ratio
Fumo
1,6
Uso di tabacco orale
0,5
Mancanza di esposizione al sole/vitamina D
1,5
Infezione da virus di Epstein-Barr (alta concentrazione del frammento EBNA1 nel siero)
2,0 (4,0)
Obesità (all’età di 20 anni)
2,0
Lavoro notturno (prima dei 20 anni)
1,7
Riassunto della tabella Odds ratio dei fattori di rischio per lo sviluppo della SM
Alcuni di questi fattori hanno interagito con i marker genetici per la SM. Ad esempio, è stata riscontrata un’interazione tra fumo,
presenza di HLA-DRB1*15 e assenza di HLA-A*02, tale che i fumatori con entrambi i fattori di rischio genetici avevano un OR di
13 rispetto ai fumatori senza i due fattori di rischio.[6] L’infezione da virus di Epstein-Barr e l’obesità hanno mostrato un’interazione
genetica simile, mentre non è stato così per l’esposizione al sole/vitamina D e il lavoro notturno.[6] Questo studio suggerisce che i
rischi ambientali e genetici potrebbero interagire e causare un rischio maggiore rispetto ai fattori singoli.
Da tempo si propone la dieta come modificatore della SM. Tuttavia, gli studi che analizzano i vantaggi di diete differenti sono
scarsi. Bjørnevik et al. hanno seguito 81.757 donne dallo studio Nurses’ Health Study (1984-2004) e 95.452 donne dallo studio
Nurses’ Health Study II (1991-2009), identificando 479 casi incidenti di SM.[7] Analizzando i questionari sulla dieta, gli acidi grassi
polinsaturi sono stati associati a un rischio inferiore di sviluppare la SM (HR del quintile più alto vs quintile più basso: 0,66).
Esistono differenti tipi di acidi grassi polinsaturi e le diete ricche di acido linoleico e l’acido linoleico sono stati associati a un
rischio inferiore di sviluppare la SM (hazard ratio per il quintile più alto vs quintile più basso, 0,64 e 0,76, rispettivamente).[7] Questi
acidi grassi polinsaturi sono derivati delle piante. L’acido eicosapentaenoico e l›acido decosaesaenoico, derivati del pesce, non
sono stati associati con il rischio di SM.[7] Nenche i grassi, i grassi saturi e monoinsaturi hanno avuto un effetto sulla SM. Studi di
associazione come questo non provano il rapporto causa-effetto, ma fungono da guida per studi di efficacia futuri.
Negli ultimi anni, il microbioma intestinale è stato oggetto di grande attenzione per il suo presunto ruolo in molte malattie. Il Dott.
Hohlfeld ha analizzato il ruolo del microbiota nella SM. I topi cresciuti in un ambiente privo di batteri non si sono ammalati
di encefalomielite allergica sperimentale mentre i topi con una flora intestinale normale hanno contratto facilmente la
malattia.[8] Questo effetto è stato, probabilmente, mediato dal tessuto linfoide associato all’intestino, che contribuisce all’immunità
sistemica. Gli studi attuali cercano di identificare differenze nella flora intestinale umana che potrebbero influenzare la SM. La flora
intestinale di pazienti affetti da SM trapiantata in topi vissuti in ambiente asettico ha aumentato la suscettibilità all’encefalomielite
allergica sperimentale molto più del trapianto di flora ottenuta da controlli umani normali. La flora intestinale potrebbe influire
sull’immunità anche attraverso i prodotti del metabolismo. Ad esempio, acidi grassi a catena corta somministrati a volontari
hanno provocato la soppressione delle cellule che attivano le reazioni immunitarie nella SM e l’aumento delle cellule T regolatorie
(Tregs) dal 25% al 30%.[9] Alcuni phyla di batteri intestinali sono più comuni in pazienti affetti da SM rispetto ai controlli, tra cui gli
Euryarchaeota e i Verrucomicrobia.[10]
RM e imaging
La RM è l’esame più importante per fare diagnosi di SM. Inoltre, è utilizzata per monitorare i pazienti e identificare la nuova attività
di malattia che, generalmente, non causa sintomi. Gli indicatori tradizionali per la RM sono ampiamente disponibili e includono
immagini in T2 o del recupero con inversione attenuata da fluido e misurano il carico totale delle placche della SM. Le ipodensità
in T1 (buchi neri) misurano le lesioni con un più alto grado di danno tissutale. Le immagini in T1 con gadolinio indicano le aree
di interruzione della barriera ematoencefalica che rappresentano regioni di infiammazione acuta. Le tecniche di risonanza
magnetica per immagini (RMI), sviluppate recentemente e non ampiamente diffuse in ambito clinico, permettono di esaminare
altri aspetti della funzionalità cerebrale. Il tensore di diffusione (DTI) misura la libertà con cui le molecole d’acqua si muovono
in diverse direzioni. L’acqua non si sposta facilmente attraverso la membrana dell’assone o gli strati della mielina ma si muove
più liberamente sull’asse lungo dell’assone. Quindi, il DTI può misurare l’integrità delle strutture mieliniche. Il trasferimento di
magnetizzazione (TM) misura lo scambio di molecole d’acqua tra l’acqua libera e quella legata a grandi molecole, sfruttando le
interazioni tra molecole polari. La perdita di molecole grandi causa la riduzione del numero di molecole d’acqua da scambiare
con l’acqua libera. Quindi, il TM misura l’integrità delle molecole grandi. La RMI funzionale (fRMI) misura le differenze di flusso
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sanguigno nel cervello. Può identificare aree del cervello coinvolte nell’esecuzione di un compito specifico (spesso motorie o
cognitive), grazie all’aumento del flusso sanguigno che segue l’incremento dell’attività metabolica di un’area attiva del cervello.
La fRMI e altre tecniche sono utili per individuare le aree del cervello che tendono ad attivarsi nello stesso momento. Queste
tecniche possono individuare reti di neuroni che tendono ad attivarsi insieme e che, presumibilmente, lavorano congiuntamente
durante le varie funzioni cerebrali.
In uno studio prospettico condotto su 76 pazienti con SM, Preziosa et al. hanno dimostrato che le rilevazioni iniziali alla RM hanno
predetto il peggioramento della disabilità, nel corso di 5 anni. I pazienti che hanno avuto un peggioramento dal punto di vista
clinico e cognitivo avevano un maggior carico di lesioni in T2 nel cervello e nel midollo spinale; volumi inferiori di tutto il cervello,
materia grigia e midollo cervicale; anomalie aumentate al DTI in tratti della materia bianca e nella materia grigia e alterazioni al
TM nel midollo spinale cervicale.[11] Le misure iniziali dell’integrità del tratto della materia bianca, ottenute al DTI, si sono rivelate
ottimi predittori del peggioramento della disabilità clinica, mentre il volume iniziale del cervello, la diffusività della materia grigia e
la diffusività dei tratti della materia bianca hanno predetto al meglio il peggioramento cognitivo.[11] Ciò suggerisce che la disabilità
motoria può derivare, principalmente, da interruzioni dell’integrità della materia bianca mentre la disfunzione cognitiva deriva da
una complessa interazione tra materia bianca e grigia.
Il Dott. Audoin ha esaminato la relazione tra fRMI e misure della connettività con la funzione cognitiva. Nella SM precoce, il
deterioramento cognitivo è caratterizzato, prevalentemente, da deficit della velocità di elaborazione delle informazioni, attenzione
e funzionamento esecutivo. Inoltre, sembra essere il risultato di disturbi nelle connessioni cerebrali a lunga distanza causate da
un danno diffuso alla materia bianca. La neuroplasticità promuove la riorganizzazione delle reti cerebrali e può essere adattiva
o maladattiva.[12] Studi eseguiti con la fRMI durante lo svolgimento di compiti cognitivi complessi mostrano che, anche nelle fasi
precoci della malattia, si riscontra una maggiore attivazione in alcune regioni corticali, tra cui la rete fronto-parietale. Le persone
con questo modello di riorganizzazione hanno avuto un danno maggiore nel tessuto cerebrale e prestazioni cognitive
inferiori.[12] Studi eseguiti con la fRMI a riposo hanno riscontrato una più alta connettività nella maggior parte delle reti cognitive
cerebrali, nella fase precoce della malattia. Deficit cognitivi più grandi erano correlati con una maggiore connettività nelle
reti cognitive. Anche nella malattia iniziale, e specialmente in individui con deterioramento cognitivo, è stata riscontrata una
connettività meno solida tra unità funzionali del cervello. L’attività cerebrale tendeva a concentrarsi nelle sottoreti del cervello, con
disturbi di connettività tra le sottoreti.[12]
L’espressione della proteina traslocatrice è legata alle risposte infiammatorie. 11C-PBR28 è un ligando della proteina traslocatrice
che può essere usato nella tomografia a emissione di positroni (PET). Herranz et al. hanno usato 11C-PBR28 come marker
dell’infiammazione in 17 pazienti con SM che erano stati sottoposti a scansioni PET e RMI.[13] Le immagini delle modalità PET e RMI
sono state coregistrate. I pazienti hanno avuto un aumento dell’infiammazione in tutta la corteccia, nelle lesioni corticali e nella
materia grigia profonda.[13] Inoltre, è stata rilevata una maggiore captazione nella materia bianca apparentemente normale, anche
se l’aumento di lesioni in questa zona era modesto. La PET con 11C-PBR28 ha dimostrato che l’infiammazione nella SM è diffusa e
non limitata alle lesioni in T2.
Marker predittivi
Da tempo si cerca di individuare marker che possano predire il decorso della SM. Le scansioni RM eseguite nelle fasi precoci della
malattia hanno un discreto valore predittivo. Uher et al. hanno studiato pazienti con sindrome clinicamente isolata (CIS) e hanno
riscontrato che una diminuzione del volume del corpo calloso in un periodo di tempo di 6 mesi (hazard ratio 3,3) e un aumento
delle lesioni in T1 nel corso di 12 mesi (hazard ratio 4,1) hanno predetto al meglio la disabilità che si è verificata 6 anni più
tardi.[14] In un altro studio su pazienti con CIS, Tintoré et al. hanno sviluppato una strategia per il calcolo del rischio di avere un
secondo attacco. Le aree di valutazione usate per stabilire l’equazione predittiva includevano le misurazioni della RM, bande
oligoclonali, topografia, sesso ed età. Tra questi fattori, le nuove lesioni in T2, l’inizio delle terapie modificanti la malattia (DMT)
entro il primo anno e una recidiva durante il primo anno hanno predetto al meglio gli esiti della malattia.[15]
Grazie al continuo sviluppo di opzioni terapeutiche e metodi di valutazione del trattamento, i medici hanno potuto stabilire un
approccio orientato all’obiettivo. Il criterio NEDA (No evidence of disease activity), nessuna evidenza di attività della malattia,
sta assumendo un’importanza sempre maggiore come marker predittivo. Per NEDA 3 si intende nessuna recidiva, nessuna
progressione della disabilità e nessuna attività alla RM. L’obiettivo NEDA 4 prevede l’aggiunta di nessuna perdita di volume
cerebrale maggiore dello 0,4% ai criteri NEDA 3. Kappos et al. hanno analizzato pazienti che non hanno raggiunto lo stato NEDA
nell’arco di 1 anno e hanno stabilito l’aumento del rischio dopo 6 anni:[16]
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Tabella. Rischi associati alla mancanza dello stato NEDA
Caratteristica
Hazard Ratio NEDA 3
Hazard Ratio NEDA 4
Recidive aumentate
2,16
1,81
Disabilità aumentata
1,79
1,61
EDSS ≥6
1,6
2,85
Riassunto della tabella I pazienti che non raggiungono lo stato NEDA 3 o 4 entro un anno hanno un maggiore rischio di progressione
della malattia, se valutati a distanza di 6 anni
I componenti di NEDA 3 sono direttamente correlati alle misurazioni dell’infiammazione (esacerbazione o nuove lesioni alla RM),
mentre l’aggiunta di un parametro di atrofia per raggiungere il NEDA 4 è direttamente correlata alla disabilità complessiva.[16]
I livelli di catene leggere di neurofilamenti (NfL) nel liquido cerebrospinale (CSF) sono un marker di danno assonale e stanno
assumendo sempre più importanza come marker potenziali di gravità della malattia. Arrambide et al. hanno studiato pazienti
affetti da CIS, a 1 e 5 anni di follow-up. I pazienti che non hanno sviluppato una SM clinicamente definita avevano livelli più bassi
di NfL (262,2 ng/L; intervallo 73,1 - 1409,2) rispetto a quelli che hanno sviluppato la SM conclamata (937,6 ng/L; intervallo 263,7 5863,4).[17] Il livelli di NfL erano anche correlati con i cambiamenti di volume del cervello alla RM.[17] Questo significa che le catene
leggere di neurofilamenti potrebbero essere un marker di gravità della malattia, anche se, per validarli saranno necessari studi e
confronti più ampi con altri marker.
Il Dott. Comabella ha esaminato altri biomarker molecolari nella SM. Le bande oligoclonali raddoppiano il rischio di sviluppare
la SM in pazienti con CIS e sono anche associate a un maggiore rischio di disabilità. Inoltre, ha notato che i pazienti che hanno
sviluppato SM secondaria progressiva nel corso del tempo avevano livelli più alti di NfL.[18] La proteina CSF 14-3-3 è una proteina
regolatrice frequentemente associata alla malattia di Creutzfeldt-Jakob. I livelli della proteina CSF 14-3-3 sono correlati sia con il
tempo di conversione alla SM in pazienti con CIS sia alla disabilità.[18] La proteina 1 chitinasi-3-simile è una glicoproteina che agisce
come una citochina che promuove il Th2. Questa è associata alla conversione della SM in CIS e, nel tempo, a un EDSS 3 o 6 sia nella
CIS che nella SM recidivante-remittente.[18]
Trattamenti attuali per la SM
Rischio di interruzione della DMT
Sebbene risulti chiaro che la DMT riduce l’attività della SM, gli studi su questi farmaci generalmente comprendono solo pazienti
nella fase iniziale della malattia. Quindi, non è chiaro come gestire i pazienti che hanno continuato a ricevere la DMT per anni,
pur non avendo alcuna evidenza di nuova attività della malattia. Kister et al. hanno valutato pazienti provenienti da un ampio
database (MSBase), per chiarire gli effetti dell’interruzione della DMT in un paziente con malattia stabile.[19] Hanno individuato
140 pazienti che hanno interrotto le DMT dopo essere stati stabili per 5 anni o più. Questi pazienti sono stati confrontati con 140
pazienti simili che hanno continuato a ricevere le DMT. Dopo un follow-up mediano di 4 anni, i pazienti che hanno interrotto
le DMT avevano un rischio lievemente ridotto di recidiva e un rischio aumentato di disabilità, anche se nessuno dei due rischi
era statisticamente significativo.[19] Anche se questi risultati sono soggetti a errore, poiché i pazienti non sono stati assegnati
casualmente ai due gruppi, questo studio contribuisce in maniera utile al dibattito sull’opportunità di interrompere la DMT, dopo
molti anni di stabilità della malattia.
Natalizumab
Il rischio di sviluppare la leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) nei pazienti che assumono natalizumab è circa
3,6/1000. Sono stati compiuti numerosi tentativi per individuare i fattori che possano prevedere al meglio quali siano gli individui
a rischio di PML. I predittori del rischio di PML individuati fino a ora sono: il numero di infusioni di natalizumab, trattamenti
immunosoppressivi precedenti e presenza di anticorpi diretti contro il virus di John Cunningham (JC) che provoca la PML. Studi
recenti sostengono che l’indice anticorpale del virus JC perfezioni ulteriormente il rischio. Un report di Schwab et al. ha proposto la
L-selectina (CD62L) quale possibile predittore aggiuntivo del rischio di PML.[20] La L-selectina è una molecola di adesione cellulare
presente sui linfociti, che favorisce la loro migrazione verso i tessuti linfatici. Secondo questo studio condotto su 2000 pazienti,
coloro che presentavano un numero inferiore di linfociti CD4 con L-selectina avevano un rischio relativo di PML maggiore di 55
volte, con l’86% di sensibilità e il 91% di specificità.[20] Il valori di L-selectina erano inversamente proporzionali allo stato del virus
JC, al punto che 26 (96%) dei 27 pazienti con bassi livelli di L-selectina erano positivi agli anticorpi del virus JC. L’uso congiunto
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dei valori della L-selectina e degli anticorpi del virus JC ha diminuito il numero di pazienti a rischio di PML da più di metà della
popolazione fino al 2% e ha, potenzialmente, aumentato il numero di pazienti che potrebbero essere identificati come a basso
rischio di PML, quindi trattabili con natalizumab.[20] Il valore di queste scoperte positive è stato ridimensionato da un abstract,
presentato al meeting dell’American Academy of Neurology del 2015, che suggeriva che la L-selectina non è in grado di prevedere
accuratamente gli individui a rischio di PML.[21]
Un altro importante problema del natalizumab è la gestione dei pazienti che passano a un’altra DMT. Esiste qualche
preoccupazione circa il fatto che la sovrapposizione di due DMT possa aumentare il rischio di PML. Al contrario, alcuni report
evidenziano che rimandare troppo il cambio di terapia possa aumentare il rischio di avere attacchi di SM per via dell’effetto
rebound, una volta interrotto il natalizumab. Derfuss et al. hanno riportato i risultati dello studio TOFINGO, che ha valutato
l’occupazione del recettore dell’alfa 4 integrina e la presenza di nuove lesioni captanti il gadolinio, in pazienti che avevano
sostituito il natalizumab con il fingolimod.[22] Percento Figura 1 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Occupazione del rece<ore e lesioni Gd
+ 79,8 Occupazione del rece<ore dell'alfa 4-­‐integrina Nuove lesioni Gd+ 50 30,7 2,1 8 se-mane 9,1 12 se-mane 8,7 16 se-mane Figura. Lo studio TOFINGO ha valutato l’attività della malattia in pazienti che sono passati da natalizumab a fingolimod.
Riassunto della figura I pazienti che hanno interrotto il natalizumab sono stati valutati all’8a, 12esima e 16esima settimana prima
di iniziare ad assumere il fingolimod. Il declino percentuale mediano dell’occupazione del recettore dell’alfa 4 integrina (linea blu) era
inversamente proporzionale alla percentuale di pazienti con nuove lesioni captanti il gadolinio (linea rossa).
Queste scoperte suggeriscono che il cambio di DMT deve essere fatto prima della 12esima settimana o addirittura subito dopo
aver interrotto il natalizumab.
Due studi hanno riportato il confronto tra pazienti trattati con fingolimod vs natalizumab. Uno studio multicentrico francese ha
seguito un campione di convenienza composto da 326 pazienti trattati con natalizumab e 303 pazienti trattati con fingolimod.
La proporzione di pazienti che ha avuto almeno una recidiva, corretta per i valori confondenti, era del 21,1% per il natalizumab e
del 30,4% per il fingolimod.[23] Sono state riscontrate lesioni captanti il gadolinio nel 9,3% dei pazienti in terapia con natalizumab
e nel 29,8% dei pazienti nel gruppo del fingolimod.[23] Risultati tratti dal registro nazionale danese sul confronto tra 531 pazienti in
terapia con il natalizumab e 670 pazienti in terapia con fingolimod. Questo studio non ha riscontrato una differenza significativa
nel tasso di recidiva o nell’EDSS tra le due DMT.[24] I differenti risultati ottenuti in questi due studi sottolineano la natura esplorativa
degli studi caso-controllo e la necessità di studi randomizzati in cieco per determinare definitivamente le differenze tra i
trattamenti.
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Prospettive sui dati chiave del Meeting Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla
Dimetilfumarato
In studi cardine è stato riscontrato che circa il 6% dei pazienti trattati con il dimetilfumarato ha sviluppato una linfocitopenia
di grado 3 (conta assoluta dei linfociti <500); tale condizione si è prolungata per più di due anni solo nello 0,6% dei pazienti.
Longbrake e Cross hanno riportato che il 28,6% dei pazienti ha sviluppato una linfocitopenia di grado 3 nell’arco di 12 mesi.[25]
Romba et al. hanno esaminato 245 pazienti riscontrando una linfocitopenia di grado 3 nel 5,6%.[26] Questo valore è aumentato
nel tempo fino al 13%.[26] Questi studi suggeriscono che il tasso di linfocitopenia prolungata potrebbe essere più alto del previsto,
specialmente nei pazienti in terapia con dimetilfumarato per più di un anno.
Alemtuzumab Alemtuzumab è stato valutato in due studi cardine: CARE MS I e II.[27, 28] Circa i due terzi dei pazienti coinvolti in questi studi hanno
ricevuto la terapia solamente per due anni. I tassi di recidiva sono rimasti bassi durante il follow-up di 5 anni (tasso di recidiva
annualizzato: 0,15) e gli eventi avversi erano simili o ridotti rispetto a quelli riportati in precedenza.[29] Inoltre, durante il follow-up,
sono state riscontrate buone misurazioni alla RM, con una perdita di volume del cervello pari a circa lo 0,2% annuale, dal secondo
al quinto anno.[30] Questi risultati suggeriscono che gli effetti dell’alemtuzumab potrebbero durare fino a 5 anni, dopo 2 anni di
trattamento.
Terapie emergenti
Ocrelizumab
Le cellule B sono state oggetto di una maggiore attenzione per il loro ruolo nella patologia immunomediata della SM.
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che reagisce alla CD20, una glicoproteina presente sulla
superficie delle cellule B. Sono stati condotti due studi di fase 3, OPERA I e II, per valutare ocrelizumab nella SM recidivante.[31] I
pazienti sono stati randomizzati secondo un rapporto di 1:1 a ricevere ocrelizumab 600 mg per via endovenosa alle settimane
0 e 2 e, successivamente, ogni 24 settimane, oppure interferone beta-1a 44 mcg per via sottocutanea 3 volte a settimana per
96 settimane. Il principale indicatore dei risultati era l’ARR e i pazienti nei gruppi di ocrelizumab hanno mostrato una riduzione
del 46% e 47% rispetto all’interferone beta-1a in OPERA I e II, rispettivamente.[4] Sia alla 12esima settimana che alla 24esima
settimana è stata riscontrata una riduzione del 43% e del 37% nella progressione della disabilità confermata, per OPERA I e OPERA
II, rispettivamente. Inoltre, i risultati della RM erano favorevoli in OPERA I e II. Per quanto riguarda l’interferone beta-1a è stata
riscontrata una riduzione delle lesioni captanti il gadolinio del 94% e 95% rispettivamente, e una riduzione del 77% e dell’83%
delle lesioni in T2 nuove e/o ingrandite.[4] Si sono verificate reazioni all’infusione in circa un terzo dei pazienti, specialmente
durante la prima infusione. Il gruppo dell’interferone ha mostrato più effetti avversi simili all’influenza rispetto al gruppo
dell’ocrelizumab. Gli altri eventi avversi erano simili nei due gruppi.
Modulatori dei recettori della sfingosina 1 fosfato (S1P)
Il fingolimod è un modulatore della sfingosina 1 (S1P) di prima generazione. La DMT interagisce con 4 dei 5 recettori della
S1P. Il fingolimod potrebbe causare bradicardia durante la somministrazione della prima dose. Sono in fase di sviluppo diversi
modulatori della S1P di seconda generazione, per evitare alcuni di questi eventi avversi. Uno di questi farmaci di seconda
generazione è l’MT-1303 (amiselimod). In uno studio di fase II, 415 pazienti sono stati assegnati al trattamento con placebo
0,1 mg/g o 0,2 mg/g oppure all’MT-1303 0,4 mg/g.[32] L’ARR ha mostrato una risposta dose-dipendente nel gruppo di 0,4 mg/g,
dimostrando una riduzione del 77% rispetto al placebo.[32] Il rapporto del rischio di indicenti è diminuito del 47%, 61% e 77%
nei 3 gruppi di trattamento. È stata riscontrata una diminuzione dose-dipendente del numero complessivo di lesioni captanti il
gadolinio osservate alle RM mensili, diminuite dall’8,3 nel gruppo placebo all’1,7 nel gruppo di 0,4 mg/g.[32] I tassi della bradicardia
erano simili a quelli del placebo. Questo studio suggerisce che i modulatori della S1P di seconda generazione potrebbero essere
efficaci e causare meno effetti avversi. Saranno necessari studi di fase 3 per valutare ulteriormente l’efficacia e la sicurezza di
questo nuovo modulatore della S1P.
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Minociclina
La minociclina è un antibiotico orale che fa parte della classe delle tetracicline. Provoca effetti immunosoppressivi moderati,
efficaci nel trattamento dell’asma e delle malattie reumatiche. In uno studio canadese, 143 pazienti con CIS sono stati
randomizzati a ricevere la minociclina 100 mg due volte al giorno o il placebo. Il rischio di conversione alla SM dopo 6 mesi era del
61,4% nel gruppo placebo e del 34,0% nel gruppo di trattamento, mentre la riduzione del rischio relativo era del 44,6%.[33] Dopo
12 mesi, la riduzione del rischio relativo era del 37,6%.[33] L’uso prolungato può causare decolorazione della pelle e dei denti e il
farmaco potrebbe diventare tossico dopo la data di scadenza. Nessuno di questi effetti è stato riscontrato in questo studio. Questo
studio indica che la minociclina potrebbe rivelarsi utile nel trattamento della CIS, particolarmente in quelle regioni che non hanno
accesso alle DMT approvate.
Terapia immunosoppressiva a dosaggio elevato con trapianto di cellule staminali
La terapia immunosoppressiva a dosaggio elevato con trapianto di cellule staminali (HDIT/SCT), denominata anche trapianto di
midollo osseo, è stata usata in pazienti con SM aggressiva refrattaria. Una revisione di 281 casi sottoposti a HDIT/SCT, provenienti
da 25 centri, ha dimostrato che le probabilità di non progressione della malattia e di sopravvivenza globale erano del 49% e del
93%, rispettivamente, dopo 5 anni.[34] I fattori iniziali associati alla progressione della SM post-trapianto erano: età superiore a
37 anni (hazard ratio: 1,40), SM progressiva vs recidivante (hazard ratio: 1,68) e più di due DMT precedenti (hazard ratio: 1,61). I
miglioramenti neurologici sono stati valutati nei 12 mesi successivi al trapianto e sono stati riscontrati nel 52% dei pazienti con
malattia recidivante e nel 31% dei pazienti con malattia progressiva.[34] Questo studio suggerisce che la HDIT/SCT potrebbe essere
una terapia adatta per chi soffre di SM aggressiva, specialmente pazienti giovani con malattia recidivante refrattaria.
Trattamenti delle forme progressive di SM
Studiare le terapie per le forme di SM progressiva è stato difficile. I pazienti affetti da SM progressiva da arruolare negli studi sono
meno dei pazienti con SM recidivante. La misura dell’esacerbazione o della nuova attività alla RM non rappresenta un outcome
primario idoneo per gli studi, poiché questi eventi sono rari negli individui con malattia progressiva. L’outcome primario più
appropriato è la disabilità. L’EDSS è un indicatore comune di disabilità, anche se può rivelarsi difficile da misurare e valutare.
Nonostante queste difficoltà, sono stati condotti numerosi studi sulla SM progressiva. Sfortunatamente, molti di questi non sono
riusciti a dimostrare alcun beneficio.
Lo studio PROMiSe sul glatiramer acetato non è riuscito a raggiungere il suo outcome primario, anche se un’analisi successiva
svolta su un sottogruppo ha mostrato che gli uomini avevano un rischio di progressione inferiore del 30%.[35] Neanche lo studio
OLYMPUS sul rituximab è riuscito a raggiungere il suo endpoint primario di progressione della disabilità.[36] Recentemente, lo
studio INFORMS sul fingolimod non ha dimostrato alcun beneficio.[37] Non è stato raggiunto neanche l’endpoint primario dello
studio ASCEND in SPMS sul natalizumab. Nonostante questi fallimenti si riportano alcuni successi.[38]
Ocrelizumab
Nello studio ORATORIO sono stati randomizzati 484 pazienti a ricevere ocrelizumab e 239 pazienti a ricevere il placebo.[39] Il
disegno dello studio prevedeva di continuare a seguire tutti i pazienti fino al raggiungimento delle 120 settimane. Inoltre, lo
studio doveva proseguire fino al verificarsi di un numero prestabilito di progressioni clinicamente definite. L’endpoint primario del
peggioramento della disabilità è stato raggiunto. Il volume delle lesioni in T2 è diminuito così come il tasso di perdita di volume
dell’intero cervello.[39]
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Rischio rido<o di progressione della disabilità vs placebo, % Figura 2 Tra<amento con Ocrelizumab 35 30 25 20 15 10 5 0 24 25 29 17,5 3,4 Almeno 12 se-mane Almeno 24 T25-­‐FW, > 120 Volume delle Tasso di perdita di se-mane se-mane lesioni iperintense in volume dell'intero T2, > 120 se-mane cervello, > 120 se-mane Figura. Rischio ridotto di disabilità e attività della malattia alla RM con ocrelizumab, nella sclerosi multipla primaria
progressiva
Ocrelizumab ha ridotto la progressione della disabilità, in base alle misurazioni dell’EDSS alla 12esima e 24esima settimana, ha ridotto il
T25-FW (tempo per percorrere 25 passi), ha diminuito il tasso di perdita di volume dell’intero cervello e il volume delle lesioni in T2. Tutte
le misurazioni sono state confrontate con il placebo.
Gli eventi avversi erano simili a quelli riscontrati negli studi OPERA I e II. Questo studio si è concluso recentemente e le analisi
dei dati sono in fase di elaborazione. Tra pochi mesi saranno disponibili le analisi ottimizzate e la valutazione degli endpoint
secondari. Se i risultati delle analisi aggiuntive continueranno a essere positivi, ocrelizumab potrebbe diventare un’opzione
accettabile per il trattamento della sclerosi multipla primaria progressiva (PPMS).
Biotina
La biotina (MD1003) è un coenzima per l’acetil-CoA carbossilasi. L’effetto della biotina nella SM è stato studiato perché gioca un
ruolo chiave nella sintesi della mielina. Uno studio francese ha valutato una dose elevata di biotina, 300 mg/g (n = 103), rispetto
al placebo (n = 51) in pazienti con SM progressiva primaria e secondaria.[40] L’endpoint primario (miglioramento dell’EDSS o del
tempo impiegato per fare 25 passi al nono mese, mantenuto fino al dodicesimo mese), è stato raggiunto dal 12,6% dei pazienti
nel gruppo della biotina, ma non è stato raggiunto nel gruppo del placebo.[40] L’EDSS medio è migliorato dello 0,03% nel gruppo
della biotina e peggiorato dello 0,13% nel gruppo del placebo. L’effetto non è risultato significativo per i pazienti con SM primaria
progressiva, ma è stato significativo nel gruppo della sclerosi multipla secondaria progressiva. Questi risultati dovranno essere
confermati in uno studio più ampio di fase 3.
Riparazione della mielina
Anti-LINGO-1
LINGO-1, proteina 1 con ripetizione ricca di leucina e dominio immunoglobulino simile, è un componente funzionale del recettore
Nogo. Il recettore Nogo ha un ruolo fondamentale nell’inibizione della crescita dell’assone e nella regolazione della riparazione
dell’assone. La mancanza di LINGO-1 promuove la rigenerazione del nervo ottico in un modello murino di danno del nervo
ottico.[41] Anti-LINGO-1 è un anticorpo monoclonale diretto contro LINGO-1. È stato condotto uno studio di fase 2 (RENEW) in
pazienti con neurite ottica acuta, sottoposti a trattamento con anti-LINGO-1 entro 28 giorni dall’insorgenza della malattia. In
questo studio sono stati riscontrati benefici per l’intero campo visivo e potenziali evocati visivi multifocali nell’occhio colpito.[42]
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Cadavid et al. hanno riportato i risultati di un sottogruppo di 39 pazienti di questo studio.[43] L’ampiezza del potenziale evocato
nell’occhio colpito è aumentata di 25,9 nV nel gruppo placebo e di 48,2 nV nel gruppo di trattamento.[43] L’occhio non colpito
ha avuto una perdita media di ampiezza pari a 31,4 nV nel gruppo placebo e un guadagno di 1,9 nV nel gruppo di trattamento.
Questi risultati confermano nuovamente l’efficacia di anti-LINGO-1 nel migliorare i risultati della demielinizzazione acuta. Inoltre,
il miglioramento riscontrato nell’occhio non colpito indica che questo farmaco potrebbe avere un effetto vantaggioso anche in
patologie diverse dall’infiammazione acuta e, potenzialmente, in lesioni con demielinizzazione cronica. È attualmente in corso uno
studio di fase 2 sulla SM.
Altre strategie di rimielinizzazione
Molte altre strategie sono attualmente oggetto di studio per migliorare la rimielinizzazione o preservare gli assoni o la
mielina. Il blocco dei canali del sodio potrebbe contribuire a preservare l’integrità degli assoni demielinizzati. Raftopoulos et
al. hanno riportato che pazienti affetti da neurite ottica acuta trattati con fentoina, un bloccante dei canali del sodio, hanno
avuto un miglioramento del 42% a carico dello strato delle fibre nervose retiniche, rispetto al placebo, in base a misurazioni
ottenute con la tomografia a coerenza ottica.[44] ABT-555 inibisce la molecola guida repulsiva, un inibitore della rigenerazione
e della rimielinizzazione dell’assone. In due modelli murini di encefalomielite allergica sperimentale, ABT-555 ha migliorato la
rigenerazione dell’assone e diminuito l’infiammazione.[45] La triiodotironina accelera la differenziazione delle cellule precursori
degli oligodendrociti in oligodendrociti maturi. Bourdette et al. hanno studiato un farmaco tiromimetico, il sobetirome, in un
modello murino di lisolecitina e hanno dimostrato che è in grado di accelerare la rimielinizzazione.[46]
Conclusioni
La nostra prospettiva sulle tipologie progressive della SM sta cambiando. Oggi è evidente che la progressione rappresenta una
componente intrinseca della SM. I fenotipi esaminati, ovvero la SM recidivante-remittente, la SM primaria e secondaria progressiva
possono essere differenziate per attività della malattia e progressione.
I fattori di rischio ambientale per l’insorgenza o il peggioramento della SM sono sempre più chiari. Molti di questi sono
modificabili, compresi la vitamina D, il fumo, il consumo di sale e l’obesità. Saranno necessari studi prospettici randomizzati per
confermare che modificando questi fattori si può alterare il decorso della SM.
La RM continua a essere un esame fondamentale per fare diagnosi e monitorare la SM. Le tecniche più recenti tra cui DTI, TM e
fRMI forniscono un quadro migliore della disabilità della SM, specialmente per i difetti cognitivi. Inoltre, i biomarker più recenti
potrebbero contribuire al monitoraggio della progressione della malattia, anche se la RM e le analisi del liquido cerebrospinale
sono, attualmente, gli esami principali nella pratica clinica.
Le terapie già esistenti per la SM continuano a dare beneficio ai pazienti. I metodi di monitoraggio degli effetti avversi causati da
questi trattamenti sono in continuo miglioramento, e ciò aumenterà ancora di più la sicurezza delle DMT. Molti nuovi trattamenti
sono in fase di sviluppo. L’ocrelizumab si è dimostrato vantaggioso per la SM primaria progressiva, una patologia per cui ancora
non esiste una terapia approvata. Sono in corso ulteriori analisi dei risultati preliminari di questo studio. Infine, numerose strategie
sono attualmente oggetto di studio come potenziali terapie per promuovere la rimielinizzazione e la riparazione dell’assone. Se le
suddette strategie avranno successo apriranno la strada a una nuova era terapeutica basata sulla prevenzione dei nuovi danni e la
riparazione dei difetti esistenti. La ricerca presentata all’ECTRIMS è un ulteriore passo in avanti in questo campo e conferma che la
comprensione della SM aumenta sempre di più al pari dei trattamenti della malattia.
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Prospettive sui dati chiave del Meeting Europeo del 2015 sulla sclerosi multipla
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