I CORS N O IeC ESAM COLLANA TIMONE 207/4 L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE (ONU) • Origini storiche • Struttura istituzionale • Funzioni 1948 - 2008 io nniversar 60° A hiarazione ic della D ell’uomo dei diritti d SIMONE EDIZIONI GIURIDICHE ® Gruppo della Editoriale Esselibri - Simone Estratto pubblicazione TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale Ai lettori di questo volume segnaliamo: 46 47 47/4 47/11 47/13 187/2 207/1 207/2 207/5 - 516 516/1 LX102 LX103 - Diritto internazionale pubblico Diritto dell’Unione europea Compendio di diritto comunitario La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea Storia dell’integrazione europea Conoscere il Trattato di Lisbona Elementi di diritto comunitario Elementi di organizzazione internazionale La Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo Codice del diritto e delle organizzazioni internazionali Codice breve dell’Unione europea Lex-Lexikon della Carta delle Nazioni Unite Lex-Lexikon della Convenzione europea dei diritti umani Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.it ove è anche possibile scarica alcune pagine saggio dei testi pubblicati Ha collaborato alla revisione del testo la dott.ssa Teresa Lombardi Finito di stampare nel mese di aprile 2008 dalla «Officina Grafica Iride» Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA) per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno Estratto della pubblicazione PREMESSA Questo volume, oltre a tracciare un bilancio dell’attività svolta dall’ONU f in dalla sua istituzione, evidenziandone i successi e i fallimenti, propone una trattazione puntuale ed esaustiva della complessa struttura organizzativa creata per realizzare gli obiettivi fissati dalla Carta di San Francisco. A tal fine il testo è così suddiviso: — nella prima parte è esaminata la struttura istituzionale dell’organizzazione, la composizione e l’attività degli organi previsti dallo Statuto e i principali organi sussidiari creati nel corso degli anni; — nella seconda parte si evidenzia nel dettaglio l’attività svolta per la realizzazione degli obiettivi fondamentali dell’organizzazione (mantenimento della pace, tutela dei diritti umani, decolonizzazione, cooperazione economica e sociale). L’opera si caratterizza per i numerosi collegamenti storici e alla prassi degli Stati, che calano il fenomeno organizzativo nel contesto evolutivo storico-politicoideologico che ha visto sperimentare e succedersi varie forme aggregative degli Stati, dal Concerto europeo, alla Società delle Nazioni alle Nazioni unite. Il testo per lo stile semplice e sistematico, arricchito da utili glossari esplicativi riportati a fine capitolo, non si rivolge solo agli studenti come sintesi di testi più impegnativi, ma costituisce un’interessante fonte di informazione anche per quanti vogliono avere a disposizione un quadro generale, sintetico e completo del fenomeno dell’organizzazione internazionale e della sua evoluzione, che trova oggi la principale espressione nel sistema delle Nazioni Unite. Estratto della pubblicazione Estratto della pubblicazione INTRODUZIONE EVOLUZIONE STORICA DEL FENOMENO DELL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE Sommario: 1. La necessità storica di un ordine tra le aggregazioni umane indipendenti (Stati). - 2. I trattati di Westfalia. - 3. Il Congresso di Vienna. - 4. Il concerto europeo. 5. Le prime forme stabili di cooperazione. - 6. La nascita della Società delle Nazioni. 7. Quadro sintetico dell’attuale sistema delle organizzazioni internazionali. 1. LA NECESSITÀ STORICA DI UN ORDINE TRA LE AGGREGAZIONI UMANE INDIPENDENTI (STATI) A) Considerazioni generali In tutti i tempi è stata sempre sentita la ineluttabile necessità della creazione di un ordine tra le aggregazioni umane indipendenti (Stati o forme similari), malgrado la storia dell’umanità sia stata un ininterrotto susseguirsi di conflitti e di scontri, periodicamente intervallati da fasi di pace e di distensione tra le potenze e gli Stati. Sin dall’antichità i popoli hanno cercato di stabilire regole che disciplinassero i rapporti fra le diverse genti, permettessero una convivenza pacifica e preservassero l’equilibrio fra gli Stati. Già, tra il VII e il V secolo, nell’Ellade, intorno ai santuari di Antela dedicato ad Artemide e a quello di Delfi dedicato ad Apollo, si sentì la necessità di creare una associazione sacrale fra gli abitanti delle città-stato limitrofe, allo scopo di sottrarre alle guerre il luogo dove si trovavano i templi oggetto di culto comune in cui tutti, anche i belligeranti, in tempo di guerra, potevano accedere in pace. Nei secoli successivi, quando sorsero entità statali indipendenti in grado di interagire fra di loro, o quando si affermarono “superpotenze” come l’impero romano o, più tardi il Sacro romano impero, l’ordine tra i popoli fu garantito dalla conquista militare o da comuni interessi economici o spirituali (ROSTAGNI). L’ordine internazionale dell’epoca consisteva, essenzialmente in un «equilibrio instabile», derivante dalla spinta espansiva territoriale romana e l’onnipresente pressione sui confini da parte dei popoli barbari. La preponderanza dell’una o dell’altra determinava l’alternarsi fra momenti di stabilità e periodi di conflitto. Con la caduta dell’impero romano (476 d.C.) comincia la lenta evoluzione dello scenario politico verso una forma di coesistenza più vicina alla comunità internazionale moderna. Nel medioevo i centri del potere mondiale divennero due, l’Imperatore e il Papa che Dante nel “De Monarchia” denominò i «due soli» mettendoli su un piano paritario. Tra i due poteri, tuttavia, tendeva ad avere il sopravvento (sino alla Riforma di Lutero e alla pace di Westfalia) prima l’uno, poi l’altro. Estratto della pubblicazione 6 Introduzione La Riforma e la conseguente divisione della cristianità e dello spazio politico europeo tra Stati sovrani, unita alla perdita di potere temporale e spirituale della Santa Sede, determinarono la formazione di diversi nuclei di influenza, realizzando il moderno sistema internazionale. La necessità di un nuovo ordinamento dei rapporti di forza fra gli Stati, determinata dalla generale presa di coscienza degli effetti deleteri della guerra, portò anche a livello teorico ad una rivalutazione dell’idea della forza della ragione (il diritto bellico nasce in tale prospettiva) più che della «ragione della forza». Nella pratica delle relazioni internazionali, tuttavia, il potere, gli interessi dinastici, la forza delle armi piuttosto che le regole (il diritto), continuarono a rappresentare il metro su cui fondare l’ordine tra gli Stati. B) La funzione arbitrale del Papa La necessità di pacifica convivenza fra le nazioni aumentò con la scoperta di nuove terre ed il bisogno di organizzare lo scenario mondiale. Con la bolla del Papa Alessandro VI, Inter Cetera (1496), ed il Trattato di Tordesillas, siglato tra Ferdinando ed Isabella di Castiglia col re di Portogallo Giovanni II nel 1494, furono delimitate le sfere di influenza spagnole e portoghesi nelle americhe, giungendo ad una prima definizione di un ordinamento mondiale, seppur provvisorio e parziale, in due grandi blocchi di influenza. Infatti, preso come punto di riferimento il meridiano passante a 100 miglia ad ovest dell’isola di Capo Verde, tutte le nuove terre scoperte, ubicate ad est di tale linea (cd. Maya) risultavano nell’area di d’influenza portoghese, mentre quelle ad ovest di tale tracciato appartenevano alla Spagna. L’ordine, l’equilibrio così raggiunto non sarebbe durato molto, altre potenze quali l’Inghilterra, la Francia, l’Olanda erano pronte ad irrompere sulla scena, sconvolgendo la situazione prima delineata. Infatti, l’avvio delle prime dispute commerciali e sulla libertà di navigazione, unitamente al processo d’autonomizzazione degli Stati dalla Chiesa, scardinarono a breve tutto il sistema. L’ordine internazionale venutosi a creare, incentrato sulla gerarchia delle potenze e sulla ricerca dell’equilibrio, avrebbe successivamente trovato piena realizzazione col Trattato di Westfalia (1648). 2. I TRATTATI DI WESTFALIA A) Gli eventi storici Il nuovo assetto europeo trovò la sua formalizzazione con la pace di Westfalia (1648) che pose fine alla guerra dei trenta anni. Tutti gli Stati europei vi parteciparono (con la sola eccezione di Inghilterra e Polonia) e il risultato immediato fu un nuovo equilibrio del continente: alle Province Unite dei Paesi Bassi ed alla Confederazione Elvetica fu riconosciuta l’indipendenza, nuovi attori si affacciarono sul panorama internazionale (la Svezia), mentre altri videro ridimensionarsi il proprio ruolo come gli Stati italiani (con l’eccezione di Venezia) e la Germania, che si ritrovò frantumata in circa 350 staterelli. Estratto della pubblicazione Evoluzione storica del fenomeno dell’organizzazione internazionale 7 Al di là della contingenza storica, però, ben più importanti furono i principi che in quel periodo trovarono formalizzazione. Così ad esempio, il principio cuius regio, eius religio (secondo cui la religione di ciascuno Stato doveva coincidere con quella del sovrano) sancì la fine dell’unità religiosa europea; il naufragio del sogno della grande Respublica Christiana ebbe due fondamentali conseguenze: — il prestigio del Papato e del Sacro Romano Impero, i «due soli» del De Monarchia di Dante, uscì fortemente ridimensionato dal Trattato; — si avviò la laicizzazione delle relazioni internazionali, poiché queste ultime non potevano più contare sull’unicità del sentimento religioso. B) Le conseguenze sulla comunità degli Stati e la nascita del diritto internazionale Ma, soprattutto, fu definitivamente sancito il principio dell’uguaglianza giuridica fra gli Stati: il ridimensionamento del Sacro Romano Impero comportò, per quest’ultimo, la definitiva rinuncia ai diritti sugli altri sovrani, mentre ciascuno Stato si considerò, almeno formalmente, sovrano ed indipendente; nessun principe fu più disposto a riconoscere un legame di subordinazione verso l’Impero, tanto meno quelle Province Unite dei Paesi Bassi che proprio contro l’Impero avevano conquistato, umiliandolo, la propria indipendenza. Infine, proprio con i trattati di Westfalia cominciò ad affacciarsi l’idea che la sovranità, ovvero il potere assoluto, appartenesse allo Stato in quanto tale e non, come fino ad allora avevano sostenuto i più, al monarca, considerato proprietario e padrone assoluto del territorio dello Stato e della vita e del destino dei propri sudditi. I Trattati di Westfalia consacrarono, quindi, formalmente un’evoluzione in corso da due secoli, gli Stati indipendenti, uguali, svincolati da ogni potere ad essi superiore, trovavano ora limitazione soltanto nella loro volontà e quindi, sovranità essendo entità superiorem non recognoscentes. In particolare il fondamento della convivenza degli Stati risiedeva unicamente nella loro volontà collettiva, nel senso di un reciproco e sempre mutevole compromesso fra le rispettive tendenze di espansione e di sopraffazione. Fondamentali di questa convivenza furono il cd. diritto delle genti (jus gentium), e il principio di equilibrio. Quest’ultimo consiste nella tendenza di ogni Stato a neutralizzare l’espansione politica di uno o più altri Stati al fine di mantenere in una determinata area geografica lo status quo territoriale. Tale principio cui si fece ricorso in Italia già nella seconda metà del secolo XV ad opera dei cinque più importanti Stati italiani dell’epoca, per impedire che uno Stato raggiungesse una potenza eccessiva, si diffuse nei secoli XVI e XVII in tutta Europa, divenendo pratica di governo e di rapporti tra potenze. Il principio di equilibrio ha regolato essenzialmente i rapporti fra le grandi potenze, non fra le piccole e le medie, in quanto presuppone un certo numero di potenze equiparabili per forza militare ed economica; inoltre essendo stato attuato dagli Stati per neutralizzarsi a vicenda, non ha garantito la pace, come testimoniano le guerre originate dall’applicazione del principio stesso e rivolte al ristabilimento di un nuovo equilibrio. Estratto della pubblicazione 8 Introduzione Conseguenza di tale principio è stata pure la prassi di far dipendere dalla volontà collettiva degli Stati, specialmente delle grandi potenze, la legittimazione delle nuove situazioni internazionali, quali i trasferimenti di territori, la formazione di nuovi Stati, i cambiamenti di regime e di governo. Questa volontà collettiva, necessariamente equilibratrice, si è successivamente manifestata nelle conferenze tra sovrani (o Stati) e nei congressi internazionali (cd. diplomazia dei congressi) ed è stata consacrata nei trattati multilaterali, strumenti diplomatici non ignorati nell’antichità, ma divenuti più frequenti solo dopo i Trattati di Westfalia, a cui si fa convenzionalmente risalire la nascita del diritto internazionale moderno, inteso come il diritto della comunità degli Stati (CONFORTI). C) La nascita delle organizzazioni internazionali Prima di assistere, però, alla nascita di vere e proprie organizzazioni internazionali, ovvero di unioni di più soggetti di diritto internazionale dotate di un proprio ordinamento e di organi ed istituti propri (MONACO), dovette maturare un lungo processo storico caratterizzato: a) dall’ampliarsi del numero degli attori sullo scenario internazionale; b) dall’intensificarsi dei rapporti fra i diversi Stati. Questo processo, ancora in itinere nel XVIII secolo, subisce una accelerazione nel corso dell’Ottocento (con il Concerto europeo sorto dopo il congresso di Vienna del 1815 per mantenere la stabilità politica dell’Europa, e con le prime Unioni amministrative). Esso, sfociò con la fine della prima guerra mondiale e le sue rovinose perdite umane, nella costituzione nel 1919 della prima organizzazione internazionale a tendenza universale (la Società delle Nazioni). 3. IL CONGRESSO DI VIENNA A) Il nuovo assetto europeo I Trattati di Westfalia posero le basi di un assetto europeo che, quasi, rimase immutato per un secolo e mezzo fino agli sconvolgenti eventi della Rivoluzione Francese (1789). Al termine dell’avventura napoleonica e del tentativo francese di egemonizzare il continente, tutte le potenze europee si trovarono d’accordo per ristabilire l’ordine e l’equilibrio europeo. Il Congresso di Vienna (1815), se da una parte comportò la momentanea sconfitta delle idee propugnate dalla Rivoluzione Francese, dall’altra segnò la definitiva consacrazione dei meccanismi di concertazione e cooperazione fra le potenze europee a difesa del principio di «legittimità» (ogni trono al suo sovrano dinasticamente legittimo). La necessità di salvaguardare lo status quo, infatti, rese necessaria l’adozione di strumenti che permettessero una risoluzione pacifica, o in qualche modo «controllata», delle controversie. Primo meccanismo di concertazione che le potenze europee approntarono per salvaguardare gli interessi collettivi dell’Europa fu la stipula della «Santa Alleanza». Estratto della pubblicazione Evoluzione storica del fenomeno dell’organizzazione internazionale 9 B) La Santa Alleanza e la diplomazia dei Congressi Il trattato che istituiva la Santa Alleanza, firmato il 26 settembre 1815, su iniziativa dello zar Alessandro I, aveva un carattere più religioso che politico. Con esso i sovrani di Russia, Prussia ed Austria riaffermavano la loro reciproca solidarietà di sovrani cristiani e la loro ferma intenzione di combattere ogni tentativo di sconvolgere l’ordine stabilito. Sotto l’accorta regia del principe di Metternich, però, la Santa Alleanza rappresentò soprattutto uno strumento efficace di repressione per soffocare i moti nazionali indipendentisti (Belgio, Italia, Grecia, Ungheria, etc.): con la Santa Alleanza le tre maggiori potenze militari del continente si accordarono per intervenire militarmente ogni volta che lo status quo fosse stato messo in pericolo in una delle rispettive zone d’influenza. Sempre nel corso del 1815, Austria, Prussia, Russia e Gran Bretagna si accordarono, su iniziativa inglese, al fine di impedire il ritorno al potere di Napoleone o l’instaurazione di un regime repubblicano in Francia. Per assicurare il buon funzionamento di questa Alleanza erano previste riunioni periodiche e, soprattutto, alle grandi potenze era riconosciuto il diritto di intervenire negli affari interni di altri Stati nei quali lo status quo era minacciato. Il Congresso di Vienna rappresenta una tappa di fondamentale importanza per la moderna diplomazia. Dal 1814, data di inizio dei lavori, i sovrani delle potenze europee instaurarono la consuetudine di incontrarsi frequentemente e di discutere i temi più urgenti. Fino ad allora i rapporti tra gli Stati erano stati soprattutto bilaterali, il sistema delle conferenze rappresenta una novità instaurata a Vienna. Nel corso del Congresso vennero creati dei veri e propri comitati per affrontare problemi di natura comune: il comitato per l’abolizione del commercio degli schiavi, uno per la precedenza diplomatica, uno per le statistiche, uno per la navigazione dei fiumi internazionali (il lavoro di tale comitato costituì la base per le future commissioni fluviali), il quale stabilì che la navigazione dei fiumi Reno, Mosella, Neckar e Mosa dovesse essere in pratica libera per tutti gli Stati rivieraschi. C) La tratta degli schiavi Il Congresso si occupò, quindi, non solo di questioni territoriali ma anche di problemi politici di interesse generale e non ancora risolti; l’atto più noto è la dichiarazione sull’abolizione della tratta degli schiavi approvata da tutti gli Stati partecipanti l’8 febbraio 1815; l’atto non ebbe immediato effetto perché molti Stati (Spagna, Portogallo) sollevarono obiezioni. Nell’affrontare tale questione, però, furono ideati nuovi espedienti diplomatici; si propose di chiudere i mercati europei alle produzioni di quei paesi o di quelle colonie che si rifiutassero di abolire la tratta umana, sancendo l’imposizione di sanzioni economiche in tempo di pace. 4. IL CONCERTO EUROPEO A) La genesi e lo sviluppo L’edificio diplomatico costruito a Vienna, e basato sui due principi fondamentali considerati i pilastri della legittimità (del potere monarchico) e dell’equilibrio (fra le potenze europee). Tale costruzione restò in piedi per 40 anni. 10 Introduzione Al contrario, l’instabilità del continente rese necessarie forme più avanzate di cooperazione: nacque così il cd. Concerto europeo, che associava in modo informale le maggiori potenze europee: Austria, Francia, Prussia, Russia, Inghilterra cui si aggregò, grazie all’intelligente azione diplomatica di Cavour anche il Regno di Sardegna (in seguito Regno d’Italia). Anche in questo caso obiettivo primario era quello di regolare, se possibile in via pacifica, le controversie nel continente europeo (1) e lo strumento prescelto fu quello delle conferenze internazionali con cui le grandi potenze cercarono di salvaguardare i propri interessi tramite un sapiente gioco di alleanze e contrappesi, in luogo dello scontro militare. La storia delle relazioni internazionali del XIX secolo è così caratterizzata da grandi conferenze internazionali che sanciscono la nascita di nuovi Stati (Regno d’Italia, Grecia, Belgio, Germania), che regolano i conflitti fra le grandi potenze (Conferenza di Parigi del 1856, che pone fine alla guerra di Crimea), o che risolvono rivendicazioni colonialiste (Berlino 1885, Algesiras 1906). Secondo alcuni autori il Concerto europeo costituì una vera e propria organizzazione, più attenta agli aspetti politici che a quelli giuridici ed istituzionali. Altri Statisti come HOFFMANN vedono in esso una «forma di cooperazione fra Stati tendenti ad instaurare un certo ordine nel panorama internazionale», anche se tale cooperazione non sia avvenuta su basi istituzionali. Secondo altri, invece, e sono i più, il Concerto rappresentò una forma particolare di organizzazione internazionale, caratterizzata dall’assenza di organi ed istituti propri e dall’alto grado di informalità dei rapporti fra gli Stati. B) La fine delle diplomazie dei congressi La mancanza di una struttura burocratica istituzionale permanente rappresentò per lungo tempo un vantaggio, consentendo ai diversi attori dello scenario della comunità internazionale, una flessibilità ed una libertà d’azione altrimenti impensabile. Essa, successivamente, si tramutò, però, in un handicap quando mutò il panorama internazionale: — l’affacciarsi sullo scenario internazionale di nuove potenze (gli Stati Uniti, il Giappone) e l’imperialismo tedesco colonialistico, resero obsoleto il pur consolidato principio di balance of powers (equilibrio) limitato al solo continente europeo; — il sistema delle conferenze internazionali funzionava finché vi era la disponibilità di uno Stato a ospitare i lavori e quella degli altri Stati a parteciparvi. A questo elemento «volontaristico» si aggiunga il carattere saltuario delle conferenze, spesso chiamate ad intervenire dopo che l’equilibrio era stato rotto. Dopo aver raggiunto il suo culmine fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, il sistema del Concerto europeo fu spazzato via dallo scoppio della prima guerra (1) Il principio dell’intervento e della diplomazia dei congressi valse solo per l’Europa, per il continente americano, infatti, si affermò la Dottrina Monroe (1823) dell’allora presidente degli Stati Uniti che affermò il principio intangibile “L’America agli Americani» minacciando, così, gli Stati europei che intendessero applicare il principio dell’intervento anche nel nuovo continente. Evoluzione storica del fenomeno dell’organizzazione internazionale 11 mondiale (1914). Era necessario istituire una organizzazione internazionale che avesse come scopo principale quello di salvaguardare la pace mondiale. 5. LE PRIME FORME STABILI DI COOPERAZIONE Le organizzazioni o associazioni sorte nel corso dell’Ottocento rappresentano le prime e vere forme stabili di cooperazione. Siffatte associazioni erano caratterizzate dalla presenza di organi stabili e dal perseguimento di obiettivi comuni a tutti gli Stati membri. Tale tipo di cooperazione si esplicava: a livello regionale; in materie economiche e tecniche; attraverso Commissioni di mediazione e Corti arbitrali. A) La cooperazione a livello regionale La prima associazione di Stati a livello regionale vide la luce in America. Nel continente americano, infatti, fallito il tentativo di Simon Bolivar di creare una confederazione dell’America latina, gli Stati americani diedero vita nel 1889 all’Unione internazionale delle repubbliche americane. Obiettivo di tale unione era lo sviluppo economico della regione, da raggiungersi mediante conferenze periodiche. Soprattutto, l’Unione prevedeva un organo permanente (vera novità giuridica), con sede a Washington, denominato «Ufficio commerciale». In Europa esempi di cooperazione internazionale a livello regionale furono le diverse Commissioni fluviali, il cui scopo era quello di regolamentare il traffico fluviale e tutti i problemi che potevano sorgere fra gli Stati attraversati dallo stesso fiume. Tra le commissioni fluviali più importanti, tutte nate da accordi multilaterali, possiamo ricordare la «Commissione centrale del Reno» (1856), la «Commissione dell’Elba» (1821) e, soprattutto, la «Commissione per il Danubio». Quest’ultima, creata nel 1856 a Parigi, godeva di vasti poteri, potendo addirittura svolgere funzioni di polizia in alcuni tratti del fiume; tra gli altri compiti che il Trattato di Parigi aveva conferito alla Commissione vi erano anche i lavori di dragaggio per migliorare la navigazione della foce. B) La cooperazione nel campo economico e tecnico Le prime vere organizzazioni internazionali, caratterizzate da un’attività permanente, si svilupparono in campo tecnico ed economico. Fra le più importanti organizzazioni internazionali possiamo ricordare: — l’Unione Telegrafica Internazionale (prima organizzazione tra Stati che la Svizzera accolse sul suo territorio), istituita a Berna nel 1865, che si trasformerà in seguito nell’attuale Unione Internazionale delle Telecomunicazioni; — l’Unione generale delle Poste, istituita anch’essa a Berna nel 1874, e che nel 1878 divenne l’Unione Postale Universale; — la Commissione permanente per il controllo dello zucchero, creata nel 1902 e precorritrice delle successive organizzazioni per il controllo di materie prime. Queste Commissioni e Unioni amministrative erano caratterizzate da una Assemblea (che si riuniva con cadenza periodica) e da un Ufficio centrale internazionale posto sotto la sorveglianza di un’amministrazione statale (il più delle volte quella svizzera). Estratto della pubblicazione 12 Introduzione C) Le Commissioni di mediazione e le Corti arbitrali Altre forme di cooperazione fra Stati, affermatesi fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, furono le Commissioni internazionali di mediazione e le Corti di arbitrato. Così nel 1899 nella Conferenza de L’Aja veniva decisa l’istituzione di una Corte Permanente di Arbitrato per risolvere le controversie tra gli Stati. 6. LA NASCITA DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI Per assistere alla nascita di una organizzazione politica internazionale con fini generali e organi permanenti occorre, dunque, attendere la fine della prima guerra mondiale e l’istituzione della Società delle Nazioni. Di tale ultima organizzazione, precorritrice delle moderne Nazioni Unite, in questo capitolo introduttivo tratteggeremo solo un profilo storico, rimandando alla Parte prima per una più approfondita analisi dei suoi fini e dei suoi organi. A) I 14 punti del Programma del presidente Wilson L’8 gennaio 1918, ancora in piena guerra, il Presidente americano Wilson rendeva noto un programma in 14 punti in cui delineava le direttrici secondo cui gli Stati avrebbero dovuto sviluppare le relazioni internazionali all’indomani del conflitto: fine della diplomazia segreta, progressivo disarmo, soppressione delle barriere agli scambi, affermazione del principio di nazionalità o di autodeterminazione. L’ultimo punto, il 14°, prevedeva una Società generale delle Nazioni, «formata in virtù di convenzioni formali aventi per oggetto di fornire garanzie reciproche di indipendenza politica e territoriale ai piccoli come ai grandi Stati». Wilson investì gran parte della propria credibilità in questo programma riuscendo, almeno in parte, a farne il manifesto ideologico del successivo Trattato di Versailles (che sancì la fine della prima guerra mondiale). Nonostante le resistenze anglo-francesi, egli riuscì ad inserire il Covenant (il patto istitutivo della Società delle Nazioni) nei trattati di pace: il 28 aprile 1919, infatti, la Conferenza per la pace di Parigi adottava il testo che fu accluso a quello dei diversi trattati di pace. Il testo entrò in vigore con la ratifica del Trattato di Versailles, il 10 gennaio 1920. B) La società delle Nazioni (SdN) L’obiettivo principale della SdN, fu quello di dar vita ad un sistema di sicurezza collettiva, si articolava su tre elementi principali: il disarmo, la soluzione pacifica delle controversie internazionali e il rispetto dell’integrità territoriale degli Stati membri. Inoltre, la SdN prevedeva meccanismi destinati a garantire «il benessere e lo sviluppo dei popoli non ancora capaci di governarsi da soli», e cioè degli «abitanti delle colonie che, in seguito alla guerra, hanno cessato di essere sotto la sovranità degli Stati che li governavano precedentemente». L’amministrazione di tali territori, ex colonie tedesche e regioni dell’Impero Ottomano, veniva affidata a titolo provvisorio ad una potenza alleata titolare di un mandato internazionale a tempo conferito dalla SdN. Evoluzione storica del fenomeno dell’organizzazione internazionale 13 Il sistema era basato sul tentativo di «istituzionalizzare i rapporti di forza internazionali sino a inserirli in uno schema giuridico capace di dominare la potenza e di dare la garanzia di una risposta repressiva adeguata a bloccare le trasgressioni del diritto» (DI NOLFO). Sulla Società delle Nazioni e sullo sviluppo degli eventi che hanno portato alla situazione internazionale attuale si veda la parte prima cap. I e II. 7. QUADRO SINTETICO DELL’ATTUALE SISTEMA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI A conclusione di questa introduzione è opportuno fare il punto dell’attuale sistema delle organizzazioni internazionali, per comprendere il contesto all’interno del quale opera l’Organizzazione delle Nazioni Unite. A) Il sistema delle Nazioni Unite Nonostante la mediocre prova offerta dal tentativo della SdN nel gestire e assicurare la convivenza pacifica tra Stati, già durante la seconda guerra mondiale, e dunque in un momento in cui la SdN (almeno formalmente) era ancora in vita, le potenze alleate posero le basi per una nuova organizzazione internazionale. La Conferenza di Mosca dell’ottobre 1943 prevedeva la costituzione di una organizzazione internazionale basata sull’eguaglianza sovrana di tutti gli Stati pacifici e aperta indistintamente a tutti gli Stati. La realizzazione di questi principi fu affidata ad una commissione di giuristi che si riunì a Dumbarton Oaks (USA) nell’agosto 1944; il progetto di patto fu esaminato nel corso della Conferenza di Yalta (1945) dove si raggiunse una soluzione di compromesso sui problemi tecnici sorti a Dumbarton Oaks, circa le procedure di voto nel previsto organo esecutivo, il Consiglio di Sicurezza, per cui si decise l’unanimità dei membri permanenti per le questioni non procedurali, e circa il diritto di partecipazione di alcuni paesi, per cui si decise la presenza, fra i membri originari, della Bielorussia e dell’Ucraina (che non erano veri e propri Stati) accanto all’Unione Sovietica. Inoltre, la formula dell’amministrazione fiduciaria o trusteeship fu applicata solo ai precedenti mandati della SdN, alle colonie ex nemiche e ai territori che fossero stati volontariamente sottoposti al nuovo regime. Il compito di redigere la Carta della nuova organizzazione fu affidato a una conferenza convocata a San Francisco a partire dal 25 aprile. Due mesi dopo, il 26 giugno 1945, la Conferenza si chiuse con la firma della Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite costituiscono senza dubbio l’esempio più rilevante di organizzazione internazionale, cui seguono numerose altre organizzazioni. La progressiva «istituzionalizzazione» dei rapporti fra Stati si conforma largamente al modello organizzativo delle Nazioni Unite: a partire dagli anni cinquanta, infatti, prevale un modello forte di organizzazione caratterizzato dalla nascita di organizzazioni dotate di personalità giuridica propria, ossia della capacità di essere destinatarie, in modo totalmente autonomo dagli Stati membri, di diritti ed obblighi internazionali (PANEBIANCO-MARTINO). Estratto della pubblicazione 14 Introduzione Tra le caratteristiche comuni delle organizzazioni note in questo periodo (la gran parte delle quali era a carattere politico-militare, scaturito dal clima caratterizzato dalla contrapposizione fra blocchi) vi sono infatti: a) un accordo istitutivo internazionale; b) l’attribuzione all’organizzazione di competenze internazionali. B) Le organizzazioni sovranazionali Più o meno nello stesso periodo comincia ad affermarsi, soprattutto in Europa e nell’America del Sud, un ulteriore modello di organizzazione internazionale, definito come sovranazionale: l’esempio più evidente di organizzazione di tale tipo si riscontra nelle Comunità Europee. Rispetto alle organizzazioni di semplice cooperazione, queste organizzazioni presentano alcune particolarità; infatti, perché si realizzi il processo di integrazione, occorre che gli Stati membri limitino la propria sovranità, attribuendo alle istituzioni dell’organizzazione il potere di prendere decisioni vincolanti per tutti gli Stati, riconoscendo diretta applicabilità al diritto emanante dall’organizzazione, conferendo completa autonomia dai governi nazionali ad alcuni organi decisionali. Proprio per questa autolimitazione della propria sovranità, le singole carte costituzionali hanno spesso previsto norme tese ad individuare gli scopi e le modalità di azione delle organizzazioni internazionali cui gli Stati possono trasferire poteri e funzioni. Un esempio è fornito dall’art. 11 della Costituzione italiana, ma disposizioni analoghe sono rinvenibili nelle Carte di Paesi del Sud America o dell’Africa. C) Le Conferenze istituzionalizzate o pseudo-organizzazioni A partire dagli anni Settanta il mondo delle relazioni internazionali ha assistito ad un ulteriore fenomeno: la nascita delle cosiddette pseudo-organizzazioni o conferenze istituzionalizzate. Favorite dall’intensificarsi dei rapporti economici e finanziari e, a partire dagli anni Novanta, dallo sgretolamento dei grandi blocchi contrapposti (Stati Uniti e Unione Sovietica), sono diventate sempre più frequenti le riunioni di Stati o di organi di Stati a carattere non episodico. In questi casi non si assiste all’istituzione di organi permanenti né tanto meno alla nascita di una organizzazione internazionale dotata di personalità giuridica proria: di conseguenza parte della dottrina dubita che ad esse possa riconoscersi la qualifica di organizzazioni internazionali, ravvisandovi solo forme embrionali di cooperazione fra Stati. A riprova di ciò, si fa notare come alcune di queste forme di collaborazione si siano trasformate, negli anni, in organizzazioni stabili, dotate di accordo istitutivo e di organi propri: ne è un esempio la Conferenza Islamica che solo dopo alcuni anni ha adottato una carta che ne ha sancito la trasformazione in Organizzazione della Conferenza Islamica. Ciò che caratterizza tali forme di cooperazione è la prevalenza dell’obiettivo da perseguire, rispetto a quello consistente nella creazione di un ente internazionale. Evoluzione storica del fenomeno dell’organizzazione internazionale 15 Attraverso tali forme organizzative gli Stati partecipanti continuano ad operare singolarmente nell’obiettivo della cooperazione programmata servendosi della «conferenza», del «vertice», della «riunione», quale forma strumentale per lo svolgimento dell’attività di cooperazione. In tal senso, quindi, è l’obiettivo della cooperazione in quel determinato settore che rappresenta l’elemento determinante e la ragion d’essere della «conferenza istituzionalizzata» (ZANGHÌ). D) Le organizzazioni non governative (ONG) A partire dal secolo scorso sono nate nuove forme associative aventi scopi culturali, scientifici, economici. L’elemento chiave che caratterizza tali organizzazioni è l’iniziativa privata, assunta da un gruppo di persone fisiche o giuridiche; si tratta quindi di soggetti «privati» e non di Stati come accade nelle organizzazioni internazionali. Questo elemento ha dato origine all’espressione «organizzazioni internazionali non governative», proprio per sottolineare che si è alla presenza di forme associative non costituite a livello di governi. I soggetti che possono istituire tali organizzazioni agiscono nell’ambito dell’ordinamento dello Stato al quale appartengono, non hanno personalità giuridica internazionale e non possono quindi concludere atti giuridici appartenenti a tale ordinamento; ne consegue che l’atto istitutivo di tali organizzazioni dovrà obbedire agli schemi ed alle procedure previsti nell’ordinamento dello Stato al quale appartiene uno o più soggetti promotori dell’iniziativa. Il grande sviluppo delle organizzazioni non governative (ONG) nel corso degli ultimi decenni, l’ampiezza degli interessi e delle tematiche coinvolte e l’evoluzione delle relazioni interstatali, ha condotto ad attribuire, in via di fatto, ad alcune organizzazioni non governative, un ruolo chiave nelle relazioni internazionali, senza però modificarne la natura. Il ruolo sempre più incisivo che le ONG svolgono nell’ambito della cooperazione internazionale contribuisce a quella evoluzione in essere, almeno in via di fatto, che vede l’individuo acquisire un ruolo sempre più incisivo nell’ordinamento internazionale (ZANGHÌ). Glossario Arbitrato: strumento mediante il quale le parti di una controversia ne affidano la risoluzione ad uno o più soggetti, terzi rispetto alla stessa, chiamati ad emettere una sentenza o lodo arbitrale con effetto vincolante. A differenza della giurisdizione l’arbitrato poggia sull’accordo tra le parti. Conferenze dell’Aja: conferenze internazionali sui problemi della pace, delle leggi di guerra e del disarmo, tenutesi nei Paesi Bassi, tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Corte permanente di arbitrato: elenco di arbitri introdotto dalle Convenzioni dell’Aja del luglio 1899 e dell’ottobre 1907, al fine di agevolare l’arbitrato fra Stati. Ciascuno Stato ha la facoltà di nominare quattro arbitri. La Corte non è tuttavia un tribunale arbitrale per- Estratto della pubblicazione 16 Introduzione manente, bensì un elenco di giuristi altamente specializzati, cui viene affidata, di volta in volta, la soluzione dei conflitti tra Stati membri. Organizzazioni internazionali (OI): associazioni di Stati,dotate di personalità giuridica, costituite mediante trattato, dotate di uno Statuto e di organi propri con l’obiettivo di perseguire interessi comuni a tutti gli Stati membri. In relazione all’estensione geografica dell’organizzazione, si distinguono in: — organizzazioni a vocazione universale, delle quali possono divenire membri tutti gli Stati; — organizzazioni a vocazione regionale o limitata, delle quali possono divenire membri gli Stati che appartengono ad una determinata area geografica, o ad uno specifico schieramento politico o ideologico. In relazione ai fini perseguiti si distinguono invece: — organizzazioni con compiti generali, che si occupano teoricamente di qualsiasi settore della vita sociale, politica, economica (ONU, OSA, UA etc.); — organizzazioni con compiti specifici, che operano solo in settori determinati (FAO, FMI, ITU etc.). In relazione all’intensità della cooperazione istituita in seno all’organizzazione si distinguono: — organizzazioni di cooperazione, che si pongono come centri di coordinamento dell’attività degli Stati volta al conseguimento di fini comuni; — organizzazioni di integrazione, in cui viene ad instaurarsi un rapporto particolare fra «ordinamento dell’organizzazione» e «ordinamento interno degli Stati membri». L’esempio attuale più significativo di organizzazione d’integrazione è dato dalle Comunità Europee, in cui si rileva l’autonomia di certi organi rispetto ai governi degli Stati membri. PARTE PRIMA ORIGINI STORICHE E STRUTTURA ISTITUZIONALE DELL’ONU Capitolo Primo: La Società delle Nazioni (SdN) ............................. Capitolo Secondo: L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) .. Capitolo Terzo: Gli organi statutari dell’ONU: struttura ed atti .. Capitolo Quarto: Gli organi sussidiari dell’ONU ............................ Pag. » » » 17 29 48 73 CAPITOLO PRIMO LA SOCIETÀ DELLE NAZIONI (SDN) Sommario: 1. La nascita della Società delle Nazioni. - 2. Gli Stati membri. - 3. Gli organi. - 4. Le competenze. - 5. La caduta della Società delle Nazioni. 1. LA NASCITA DELLA SOCIETÀ DELLE NAZIONI La Società delle Nazioni (SdN) era un’organizzazione internazionale a carattere generale ed universale, il cui atto istitutivo (detto Covenant) fu inserito nei testi dei trattati di pace che definirono il nuovo assetto internazionale all’indomani della prima guerra mondiale (1919). L’organizzazione rispondeva al bisogno, profondamente sentito dalle popolazioni vittime della guerra, di assicurare una futura pace fondata su basi durevoli (DUROSELLE), cercando di istituzionalizzare i rapporti di forza fra gli Stati. Essa fu voluta soprattutto dal Presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, il quale riteneva che la causa principale delle guerre si trovasse nel principio dell’equilibrio delle potenze e nel sistema del Direttorio europeo, con il quale le grandi potenze imponevano la loro volontà alle piccole. Ed infatti il Patto riconosceva ad ogni Stato una posizione di uguaglianza rispetto agli altri, sancita dall’attribuzione di un voto per ogni Stato in seno agli organi statutari. Nell’elaborazione del trattato si confrontarono due tesi diverse circa la natura che avrebbe assunto la costituenda SdN, ovvero: — la teoria internazionalista, sostenuta dagli USA e dalla Gran Bretagna tendeva a dar vita ad un’organizzazione che istituisse una mera unione di Stati finalizza- 18 Parte Prima: Origini storiche e struttura istituzionale dell’ONU ta al mantenimento della pace internazionale. Come recitava l’art. XIV dei 14 punti americani (l’atto nel quale gli USA avevano indicato i loro obiettivi di guerra) «un’associazione generale delle Nazioni deve essere costituita, sulla base di accordi specifici, allo scopo di giungere a garanzie reciproche di indipendenza politica ed integrità territoriale per tutti i paesi grandi e piccoli»; — la teoria costituzionalista, sostenuta dal delegato francese e da quello italiano durante i lavori preparatori del Patto, era volta a dar vita a una organizzazione con più vaste competenze. In particolare il delegato francese Léon Bourgeois aveva insistito affinché la SdN fosse addirittura dotata di un esercito internazionale e che essa potesse adottare autonomamente misure coercitive contro uno Stato colpevole di aggressioni. Tra i due punti di vista prevalse quello anglo-americano, più realista e vicino ai tempi, con la conseguenza che la SdN – come notava ANZILOTTI – «non segnò una trasformazione radicale dei rapporti internazionali quali esistevano precedentemente alla guerra, ma rappresentò soltanto uno sviluppo ed un’integrazione di detti rapporti. Essa infatti, mirava semplicemente a stabilire condizioni più propizie alla pacifica coesistenza dei popoli e allo sviluppo di tutte le energie umane, sulla base dell’indipendenza degli Stati, mediante un complesso di reciproci diritti e doveri, volontariamente assunti con la stipulazione di un patto, che rendono più salda ed intima la cooperazione per la tutela di comuni interessi ed in particolare di quello supremo della conservazione della pace». Dal punto di vista strutturale il Covenant era composto da un preambolo e 26 articoli, elaborati da un’apposita Commissione presieduta dal Presidente Wilson. Il patto entrò in vigore il 10 gennaio del 1920. I 26 articoli disciplinavano: — lo status dei Paesi membri (art. 1); — gli organi (artt. 2-8); — le competenze (artt. 9-26). 2. GLI STATI MEMBRI A) I membri originari La composizione dei membri era strettamente legata con il clima dei trattati di pace. Erano definiti membri originari quanti facevano parte della Società fin dalle origini, vincitori e neutrali, i 32 Stati firmatari più altri 13 (come, ad esempio, Spagna, Finlandia etc.) invitati ad aderire. Essi comprendevano: — Stati europei: Francia, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Belgio, Cecoslovacchia, Polonia, Jugoslavia, Albania, Romania, Grecia; — Stati americani: USA, Brasile, Argentina, Perù, Bolivia e Costarica; — Stati dell’Africa e dell’Asia: Liberia, Cina, Giappone e Siam; — dominions del Commonwealth britannico: Canada, Australia, Africa del Sud, Nuova Zelanda e India. Estratto della pubblicazione Capitolo Primo: La Società delle Nazioni (SdN) 19 I vinti (Germania, Austria-Ungheria, Turchia e Bulgaria) furono temporaneamente esclusi, ma non era negata l’ammissione futura, condizionata dall’accettazione e dal rispetto verso le clausole del trattato di pace imposto. L’Europa era così solo in parte rappresentata, per l’assenza tedesca. Assente anche la Russia, non convocata alla conferenza della pace formalmente perché aveva concluso la pace separata con la Germania a Brest Litowsk e perché il governo instaurato da Lenin in quel momento storico non era riconosciuto dagli alleati. In realtà si pensava alla possibilità di un seggio per la Russia solo dopo l’abbattimento del regime dei Soviet che si riteneva di breve durata. Pesante l’assenza degli Stati Uniti, che, come la Cina, pur avendo firmato l’atto costitutivo della SdN, non ne divennero membri, a causa della mancata ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. B) Acquisto della qualità di membro La Società delle Nazioni era una OI a carattere universale della quale avrebbero potuto divenire parte tutti gli Stati del mondo che presentassero, a norma del Covenant, i seguenti requisiti: — qualità di Stato, dominio o colonia; — capacità di autogoverno e rispetto dei principi democratici; — dichiarata intenzione di osservare gli obblighi internazionali; — accettazione del regolamento societario sulla limitazione degli armamenti. L’esistenza di questi requisiti in capo al soggetto richiedente veniva accertata in una delibera assembleare approvata a maggioranza di due terzi. Dal 1919 al 1939 gli Stati ammessi furono 20, tra cui 13 Stati europei. All’atto della liquidazione gli Stati presenti erano 44. Particolarmente significativa era stata l’ammissione: — della Germania, avvenuta nel 1926 dopo la firma dei Patti di Locarno (1925), nei quali aveva riconosciuto nuova e territorialmente meno vantaggiosa la frontiera con la Francia; — dell’Unione Sovietica nel 1934. Fino a quel momento l’URSS aveva criticato fortemente il sistema stabilito con il Covenant, ritenendolo il mezzo attraverso il quale gli Stati imperialisti cercavano di conservare e rafforzare il loro potere. Il cambiamento di rotta sovietica costituì una reazione all’avvento del nazismo in Germania e al pericolo che esso rappresentava per l’integrità territoriale dello Stato sovietico. C) Perdita della qualità di membro Secondo il trattato istitutivo della SdN la perdita della qualità di membro da parte di uno Stato poteva essere la conseguenza: — di un provvedimento di esclusione (art. 16) adottato da tutti i componenti del Consiglio contro quello Stato membro che si fosse reso responsabile di una grave violazione di un obbligo statutario; 20 Parte Prima: Origini storiche e struttura istituzionale dell’ONU — dell’esercizio del diritto di recesso da parte di uno Stato membro. Disciplinato dal par. 3 dell’art. 1, il recesso diveniva operativo in seguito al decorrere di due anni dal preavviso e a condizione che lo Stato recedente avesse adempiuto agli obblighi statutari. Gli episodi di recesso furono numerosi e segnarono la f ine del sistema creato dalla SdN. Essi, al di là delle motivazioni formali, dipesero generalmente dalla volontà degli Stati recedenti di liberarsi dagli impegni statutari e di potere, pertanto, perseguire una politica espansionistica e aggressiva. Tra questi episodi ricordiamo, il recesso: a) della Germania nel 1933, dopo che, alla conferenza del disarmo, Hitler si era sentito negare il consenso delle altre potenze europee al riarmo; b) del Giappone (1933). L’abbandono fu la conseguenza della condanna da parte della SdN dell’aggressione giapponese in Manciuria; c) dell’Italia (1936). In seguito all’adozione di sanzioni economiche da parte della SdN, volte a condannare l’aggressione unilateralmente decisiva dell’Etiopia, Mussolini dichiarò la sua volontà di recedere dall’istituzione ginevrina. 3. GLI ORGANI I principali organi della SdN erano: — l’Assemblea. Prevista dall’art. 3 del Covenant, essa era l’organo plenario della SdN nella quale, quindi, erano presenti tutti i membri dell’organizzazione. Ogni membro aveva diritto a un voto e non poteva avere più di 3 rappresentanti. All’Assemblea erano attribuite: a) competenze generali, coincidenti con quelle rientranti nella sfera di attività della SdN; b) competenze specifiche relative al controllo del bilancio, all’elezione dei membri non permanenti del Consiglio, all’elezione dei giudici della Corte Permanente di Giustizia Internazionale e all’ammissione di nuovi membri. Per esercitare le sue competenze l’Assemblea poteva adottare, all’unanimità, risoluzioni e raccomandazioni prive di carattere obbligatorio; — il Consiglio. Era l’organo a composizione ristretta, nel quale sedevano esclusivamente: a) i membri permanenti. Secondo il trattato essi sarebbero dovuti essere 5 (Gran Bretagna, Italia, Francia, Giappone e USA), ma furono in realtà soltanto 4, data l’assenza degli Stati Uniti. Nel 1926 fu attribuito un seggio permanente alla Germania e nel 1934 all’Unione Sovietica; b) i membri eletti a rotazione dall’Assemblea. Ogni Stato aveva diritto ad un voto, in perfetta parità con gli altri Stati (non era riconosciuto dunque ai membri permanenti alcun diritto di veto come succederà nell’ONU). Le decisioni del Consiglio, adottate all’unanimità, potevano, pertanto, essere bloccate dal voto contrario di qualsiasi membro. Capitolo Primo: La Società delle Nazioni (SdN) 21 Il Consiglio aveva: a) competenze generali, che esercitava congiuntamente all’Assemblea. Secondo l’art. 4 infatti «il Consiglio conosce di tutte le questioni rientranti nella sfera di attività della società o concernenti la pace nel mondo»; b) competenze specifiche. Il Consiglio doveva predisporre progetti per la riduzione degli armamenti, controllare l’amministrazione dei mandati, governare il territorio della Saar (ritornato alla Germania con un plebiscito nel 1935) e la città libera di Danzica e tutelare i diritti delle minoranze; — il Segretariato permanente. Era l’organo amministrativo dell’organizzazione che controllava e dirigeva tutta l’attività della SdN. A capo del Segretariato era posto il Segretario generale eletto dal Consiglio e dall’Assemblea, il quale procedeva alla nomina degli altri componenti il Segretariato. Tutti i membri del Segretariato erano funzionari internazionali, indipendenti dagli Stati membri e dotati di immunità e privilegi diplomatici. Accanto agli organi principali il Covenant prevedeva la creazione di: — organi ausiliari, che assistevano il Consiglio e l’Assemblea nell’assolvere a funzioni specifiche. Gli organi ausiliari erano organizzazioni tecniche, come l’organizzazione economica e finanziaria e l’organizzazione d’igiene volta a favorire la protezione della pubblica salute, o commissioni consultive, incaricate di fornire agli organi politici della Società pareri ed informazioni nei campi di rispettiva competenza; — istituti speciali, ovvero organi autonomi, creati sotto l’auspicio della SdN, che avevano lo scopo di promuovere la cooperazione internazionale in settori determinati. Tra questi ricordiamo la Corte Permanente di Giustizia Internazionale (CPGI) organo giurisdizionale la cui attività era regolata da un apposito statuto. Le funzioni della Corte consistevano nel: a) decidere le controversie internazionali sottopostegli dalle parti; b) rendere pareri su controversie o su specifici problemi giuridici, su richiesta dell’Assemblea o del Consiglio. 4. LE COMPETENZE A) Il mantenimento della pace Il mantenimento della pace era il principale obiettivo che si posero i redattori del Patto della SdN. Esso era strettamente collegato ai principi stabiliti nell’art. 10 per cui «i Membri della Società si impegnano a rispettare e a mantenere, contro ogni aggressione esterna, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di tutti i Membri della Società…». I mezzi previsti dal Patto per scongiurare una guerra o una minaccia di guerra consistevano: — nel disconoscimento da parte di tutti i Membri di ogni azione di annessione compiuta in violazione dell’integrità territoriale di un altro membro della Società; — nell’obbligo per ogni Stato membro della Società di sottoporre le controversie suscettibili di provocare una rottura della pace, ad una procedura arbitrale davanti Estratto della pubblicazione 22 Parte Prima: Origini storiche e struttura istituzionale dell’ONU alla Corte Permanente di Giustizia Internazionale o al Consiglio della Società, per ottenere una sentenza vincolante o un rapporto non vincolante (art. 12). La procedura prevista dall’art. 12 fu utilizzata più volte, sia in relazione a controversie giuridiche risolte dalla CPGI, come fu quella per le isole Aaland fra Finlandia e Svezia, sia in relazione a controversie di carattere politico sottoposte all’esame del Consiglio come la controversia nata fra Italia e Grecia dopo il bombardamento italiano di Corfù; — nell’adozione di sanzioni economiche. Secondo l’art. 16 «se un membro della Società ricorre alla guerra contrariamente agli impegni presi», è ipso facto considerato colpevole di aver commesso un atto di guerra contro tutti gli altri membri. Questi si impegnano a rompere immediatamente tutte le relazioni commerciali o finanziarie, a proibire ogni rapporto fra i loro nazionali e quelli dello Stato aggressore e a far cessare ogni comunicazione finanziaria, commerciale o personale». Sanzioni economiche e finanziarie furono adottate contro l’Italia dopo l’aggressione all’Etiopia anch’esso membro della SdN. Queste sanzioni non ebbero tuttavia alcun effetto rilevante soprattutto perché l’Italia poté continuare le sue relazioni commerciali con gli Stati non membri tra cui la Germania e gli Stati Uniti. Constatato il fallimento delle sanzioni anche i membri della SdN si affrettarono a revocarle e prima la Gran Bretagna poi la Francia riconobbero anche la conquista italiana; — nell’adozione di misure di assistenza e di solidarietà in favore degli Stati che sanzionavano gli aggressori; — nell’adozione contro lo Stato aggressore di misure militari. Queste ultime erano raccomandate (e non ordinate) dal Consiglio e adottate all’unanimità. La SdN non era dotata di forze armate proprie, cosicché qualsiasi azione armata che fosse stata raccomandata dal Consiglio, doveva essere intrapresa dai singoli Stati membri del Covenant. Il Patto non bandiva in maniera definitiva la guerra: infatti oltre all’esercizio della legittima difesa, l’art. 12 riconosceva ad ogni Stato il diritto di ricorrere alla forza armata una volta trascorsi 3 mesi dopo che era stata pronunziata una sentenza o l’inchiesta preventiva aveva prodotto il suo rapporto. In Europa tra gli accordi a carattere regionale ricordiamo: — il Patto Renano del 1925, che stabiliva una garanzia reciproca delle frontiere francotedesche e tedesco-belghe, sotto la garanzia dell’Inghilterra e della Francia; — la Piccola Intesa del 1921 formata da tre trattati bilaterali conclusi tra Cecoslovacchia, Jugoslavia e Romania e volti al mantenimento dello status quo; — l’Unione baltica del 1934 conclusa tra Estonia, Lettonia e Lituania. Nel continente americano ebbe un forte sviluppo il movimento dell’Unione panamericana, detta anche la Società americana delle Nazioni, denominazione che metteva in luce quella tendenza a costituire sistemi alternativi a quelli della SdN. Tra gli accordi propiziati dall’Unione ricordiamo: — il Trattato di Gondra (1923) per la risoluzione pacifica delle controversie fra gli Stati americani; — il Trattato di Savedra Lamas (1933) di non aggressione e di conciliazione. Estratto della pubblicazione Capitolo Primo: La Società delle Nazioni (SdN) 23 B) La riduzione degli armamenti I redattori del Patto ritennero che la riduzione degli armamenti, navali e terrestri, fosse condizione indispensabile per il mantenimento della pace. Secondo l’art. 8 «il mantenimento della pace esige la riduzione degli armamenti nazionali al punto più basso possibile, compatibile con la sicurezza nazionale». Così fin dall’inizio della sua attività l’Assemblea istituì una Commissione permanente consultiva incaricata di esaminare la questione degli armamenti e nel 1921 adottò la Risoluzione XIV secondo la quale: — la riduzione degli armamenti doveva essere generale; — la riduzione degli armamenti doveva essere, per i vari Stati, in funzione della loro sicurezza; — un accordo generale difensivo avrebbe dovuto garantire la sicurezza di tutti; esso avrebbe impegnato le parti a prestare assistenza effettiva ed immediata nel caso in cui una di esse fosse stata attaccata. Sulla base di quanto stabilito nella risoluzione si arrivò nel 1924 ad esaminare un progetto del Ministro cecoslovacco Edvard Benes, detto Protocollo di Ginevra, secondo il quale: — gli Stati firmatari accettavano di sottoporre ad arbitrato o alla CPGI le loro controversie; — lo Stato che avesse rifiutato l’arbitrato, o il suo verdetto, sarebbe stato considerato, per questo solo fatto, aggressore; — il Consiglio a maggioranza di 2/3, avrebbe stabilito con decisione vincolante per tutti gli Stati membri quali sanzioni economiche e militari adottare contro lo Stato aggressore. Quest’ultimo punto rappresentava la vera innovazione del Protocollo di Ginevra rispetto al Patto della SdN secondo cui misure militari potevano essere solo raccomandate dal Consiglio. Proprio per queste sue importanti innovazioni il Protocollo di Ginevra fu fatto cadere dalla Gran Bretagna, la quale temeva che, data l’importanza della sua flotta, sarebbe stata obbligata ad intervenire in continuazione in nome della SdN. In seguito al fallimento del Progetto di Benes il Consiglio della SdN nominò una Commissione con il compito di preparare una Conferenza sul disarmo. Questa conferenza si tenne a Ginevra solo nel 1932 e si dimostrò un fallimento totale per il rifiuto francese di accettare il riarmo della Germania. C) La gestione e il controllo dei mandati internazionali Tra le competenze della SdN rientrava anche quella di amministrare alcuni territori. All’indomani della prima guerra mondiale, la Società assumeva la sovranità su quei territori che erano stati in precedenza colonie tedesche o territori appartenenti all’impero ottomano, e li assegnava, a titolo di mandato, ad una potenza considerata più avanzata (prevalentemente vincitrice del primo conflitto mondiale). Come stabiliva l’art. 22 «per condurre alcuni popoli, non in grado di autogovernarsi, al loro completo sviluppo, alcune potenze, grazie alle loro risorse, alla loro Estratto della pubblicazione 24 Parte Prima: Origini storiche e struttura istituzionale dell’ONU esperienza e alla loro posizione geografica, dovevano esercitare su di essi una tutela come mandatarie in nome della SdN». La potenza mandataria aveva l’obbligo di: — amministrare i territori affidatigli in maniera da prepararne l’indipendenza in nome della SdN; — redigere un rapporto annuale da inviare alla Società circa lo stato dei territori amministrati; — rispondere della sua amministrazione verso la SdN. I mandati furono suddivisi, secondo il grado di sviluppo delle popolazioni indigene, in: — mandati di tipo A, di cui facevano parte alcuni Paesi appartenenti alla Turchia, che erano quasi in grado di amministrarsi da soli (Siria, Palestina e Iraq); — mandati di tipo B, di cui facevano parte vari Paesi africani ex colonie tedesche ritenuti incapaci di autogovernare (Camerun, Togo); — mandati di tipo C, di cui facevano parte alcuni Paesi dell’Africa del Sud-ovest ed alcune isole del Pacifico, poco sviluppate, con popolazione scarsa e dispersa, che avrebbero potuto essere amministrati dalla potenza mandataria secondo le proprie leggi, come parte integrante del proprio territorio. D) Competenze in materia socio-economica Al momento della creazione della Società delle Nazioni non vi fu accordo sull’importanza da attribuire alle materie non politiche, ma dietro insistenza inglese furono introdotti nel Covenant gli articoli 23-25, che stabilivano un vago mandato alla Lega per escursioni nell’area funzionale. L’azione della Società doveva, cioè, anche essere indirizzata anche allo sviluppo della cooperazione internazionale nel settore umanitario, sociale e culturale. Secondo il Patto, queste funzioni potevano essere esercitate: — dagli stessi Stati sotto la direzione o il coordinamento della Società; — da apposite organizzazioni specializzate create dagli stessi organi societari (commissioni tecniche, istituti etc.); — da organizzazioni volontarie nazionali controllate dalla Società. Nonostante il proposito di “sviluppare la cooperazione tra le nazioni” fu considerato all’inizio di minore importanza, nel corso degli anni l’opera economica e umanitaria della SdN produsse effetti ben più positivi, duraturi e fecondi di sviluppi dei magri risultati politici. L’organizzazione pose, infatti, le basi per la moderna cooperazione internazionale, lo fece soprattutto attraverso la promozione e lo sviluppo di diversi organismi internazionale, tra i quali ricordiamo: — l’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), nata per promuovere il miglioramento delle condizioni di lavoro; — l’organizzazione internazionale per le comunicazioni e il transito, sotto il controllo generale dell’Assemblea e del Consiglio; Estratto della pubblicazione