TERAPIA COMPORTAMENTALE Introduzione Le reazioni fobiche sono problemi comportamentali spesso riportati dai proprietari di animali da compagnia e gli stimoli più diversi sono stati descritti come cause scatenanti di tali reazioni (Askew, 1996, Rogerson, 1997). La prima parte di questo articolo si propone di riflettere sui processi di apprendimento alla base dell’instaurarsi e del mantenersi delle fobie (*) e di individuare le condizioni che maggiormente predispongono gli animali a svilupparle. Nella seconda parte verranno invece affrontati i due metodi di modificazione comportamentale maggiormente usati nel trattamento delle fobie: flooding e desensibilizzazione sistematica. La descrizione di un caso clinico fornirà una discussione pratica degli argomenti trattati. PARTE I I.1. La paura come risposta condizionata Il meccanismo attraverso cui la fobia si instaura può essere individuato in un processo di condizionamento classico e il mantenersi o l’aumentare nel tempo di tale disturbo chiama invece in causa processi di condizionamento operante. Per esemplificare il processo di apprendimento alla base dell’instaurarsi di una fobia possiamo semplicemente analizzare come può nascere una paura ben conosciuta: la paura del veterinario. Sintetizziamo gli stimoli o avvenimenti in termini di condizionamento classico. L’animale viene portato dal veterinario e riceve uno stimolo dolorifico (Stimolo Incondizionato), per esempio un’iniezione o una manovra dolorosa. L’animale si spaventa (Risposta Incondizionata). (*) In questo articolo fobia e paura verranno spesso citate come se le due parole fossero sinonimi anche se la fobia si differenzia dalla semplice paura per intensità e qualità della reazione (Overall, 1998). Trattamento delle fobie: riflessioni teoriche e considerazioni pratiche di Lorella Notari Lo stimolo incondizionato è accompagnato o preceduto da un altro stimolo (Stimolo Condizionato) di per se stesso non avverso, per esempio il tavolo da visita o il camice del veterinario. L’animale forma una associazione Stimolo Condizionato-Stimolo Incondizionato. Successivamente, in presenza del veterinario o alla vista del tavolo da visita l’animale si spaventa (Risposta Condizionata). Oltre a meccanismi di apprendimento spiegabili, come esemplificato, con le leggi del condizionamento Pavloviano, le reazioni fobiche e il loro mantenersi sono state anche spiegate in termini di Condizionamento Operante. Brodgen e altri, nel 1938 (da Liebermann, 1999), dimostrarono l’importanza del rinforzo alla risposta condizionata a stimoli avversi. Essi condussero un esperimento in cui 2 gruppi di cavie furono sottoposti a 2 diversi processi di condizionamento. Il primo gruppo fu condizionato in modo classico usando un suono come Stimolo Condizionato e la somministrazione di uno shock elettrico come Stimolo Incondizionato. Il secondo gruppo ricevette gli stessi stimoli ma gli animali potevano mettere in atto una risposta strumentale (far girare una ruota) Sisca Observer . .. . . . Dicembre 2000 durante il suono. La risposta interrompeva l’emissione del suono e lo shock (Stimolo Incondizionato) non veniva somministrato. Secondo la teoria del condizionamento classico, il gruppo che ricevette gli stimoli suono-shock in ogni fase senza la possibilità di evitare lo shock avrebbe dovuto mostrare una più alta percentuale di Risposte Condizionate (paura dello Stimolo Condizionato in assenza di Stimolo Incondizionato). Il risultato degli esperimenti fu però l’opposto: gli animali che avevano potuto produrre la risposta strumentale per evitare lo shock mostravano in percentuale una Risposta Condizionata al suono molto maggiore (100%) dell’altro gruppo (30%). Secondo questo esperimento, in cosa consiste il rinforzo? Se dopo che la ruota viene fatta girare non accade nulla, nessun rinforzo ha seguito il comportamento strumentale. La prima spegazione venne da una teoria proposta dieci anni dopo da O.H. Mowrer: la teoria dei due fattori (Mowrer, 1947 da Liebermann, 1999). Possiamo dire che, in questa teoria, uno dei fattori è originato da un processo di condizionamento classico ed è la paura, Risposta Condizionata ottenuta in seguito all’apprendimento dell’associazione Stimolo Condizionato-Stimolo In- 7 condizionato (suono-shock). Il secondo fattore origina invece da un processo di condizionamento operante perché il rinforzo del comportamento strumentale (girare la ruota per evitare lo shock) è la riduzione della paura. Questo esperimento, e molti altri che seguirono dimostrarono l’importanza di entrambi i processi di condizionamento, classico e operante, per spiegare le reazioni ad uno stimolo avverso. Torniamo ora al nostro semplice esempio del cane: secondo la teoria dei due fattori attraverso il processo di condizionamento classico descritto all’inizio del paragrafo l’animale sviluppa una paura (primo fattore) per il tavolo o il camice del veterinario; se la risposta del nostro cane riesce in qualche modo ad ottenere l’effetto di rimuovere lo stimolo condizionato (il veterinario si allontana perché il cane ringhia) tale risposta verrà rinforzata dalla diminuzione della paura (secondo fattore) e si ripresenterà frequentemente in futuro nella stessa situazione. La teoria dei due fattori risulta utile per comprendere come un comportamento può essere premiato da un rinforzo negativo, e cioè la rimozione di uno stimolo spiacevole, oltre che da un rinforzo positivo e cioè la somministrazione di uno stimolo piacevole. Nella situazione del nostro povero cane che ha paura del veterinario un facile esempio di rinforzo positivo potrebbe essere dato da atteggiamenti del proprietario che in qualche modo premiano le reazioni di paura del cane. Per esempio carezzarlo quando ringhia o prenderlo in braccio se trema di paura. I processi di apprendimento fino ad ora descritti comprendono principi generali applicabili a qualsiasi soggetto e il presupposto di questi processi rimane sempre e comunque l’instaurarsi di una associazione tra uno Stimolo Condizionato e uno Stimolo incondizionato. Riflettendo su questo semplice concetto di associazione tra stimoli, è intuitivo pensare che se alcune situazioni già vissute in passato hanno generato associazioni, pia- 8 cevoli o spiacevoli, queste precedenti associazioni influenzeranno le reazioni dell’animale. Le implicazioni pratiche di questa affermazione verranno approfondite nella seconda parte. Insieme alla capacità di formare associazioni fra stimoli gli animali, come gli esseri umani, imparano con l’esperienza a quali stimoli è necessario rispondere e quali invece sono irrilevanti e possono essere ignorati. Questo processo di apprendimento si chiama abituazione ed è alla base dell’instaurarsi di una condizione che è fondamentale per l’equilibrio psico-comportamentale di ogni organismo: l’omeostasi sensoriale. I.2. La paura di tutto Che cos’è l’omeostasi sensoriale? Potremmo definirla come l’analogo dell’omeostasi in senso fisiologico. È un "equilibrio che si instaura nel corso dello sviluppo tra un organismo e il suo ambiente. L’organismo è una struttura in equilibrio instabile nel suo ambiente. Gli stimoli intervengono e perturbano la struttura che deve produrre dei comportamenti per ritrovare l’equilibrio" (Pageat, 1998). L’affermazione che gli strumenti per raggiungere un equilibrio psico-comportamentale vengano acquisiti in gran parte nell’età dello sviluppo trova la sua giustificazione anche da un punto di vista neurologico. Infatti è proprio nell’età dello sviluppo che gli stimoli esterni contribuiscono a formare, a livello del Sistema Nervoso Centrale, connessioni interneuronali che sovrintendono anche a funzioni di regolazione degli autocontrolli. Questo significa che nel primo periodo della sua vita l’animale deve formare una sorta di filtro sensoriale con una vera e propria base neuroanatomica. Questo filtro sensoriale lascerà "passare" solo gli stimoli a cui vale la pena rispondere e di conseguenza permetterà la messa in atto di un comportamento solo se lo stimolo giustifica la necessità di una risposta (Simmons &Young, 1999). Sisca Observer . .. . . . Dicembre 2000 Animali gravemente ipostimolati nell’età dello sviluppo fisico e comportamentale avranno una capacità di abituarsi a stimoli irrilevanti molto inferiore alla norma e quindi avranno reazioni eccessive in situazioni di normostimolazione. Questi soggetti potranno manifestare reazioni di paura eccessive di fronte a stimoli assolutamente comuni. Questo tipo di disturbo comportamentale è caratteristico della "Kennel syndrome" (sindrome dei canili) (Serpell, 1995) o Sindrome da Privazione (Pageat, 1997). L’eziologia di questa malattia comportamentale è appunto riferibile allo sviluppo dei soggetti colpiti in ambiente gravemente povero di stimoli. Questi animali in genere non presentano un’unica fobia ma hanno una sorta di "sindrome da paura" e ogni soggetto, a seconda delle caratteristiche individuali e dell’ambiente in cui vive, elabora risposte diverse (aggressività, immobilizzazione, ecc.). I meccanismi dell’instaurarsi della reazione fobica sono i medesimi descritti nel paragrafo precedente, ma, al contrario dei soggetti con uno sviluppo comportamentale nomale, la quantità di stimoli ambientali percepiti come pericolosi è molto maggiore perché i processi di abituazione a stimoli nuovi sono estremamente difficoltosi e i rischi di sensibilizzazione (*) molto più frequenti. In questi casi la molteplicità degli stimoli che causano reazioni fobiche aumenta notevolmente la difficoltà di mettere in atto modificazioni comportamentali. PARTE II La maggior parte delle forme fobiche possono essere considerate il risultato di un apprendimento associativo e possono essere trattate sulla base dei principi del condi- (*) La sensibilizzazione consiste in un aumento dell’intensità di un comportamento causato dalla presenza ripetuta dello uno stimolo scatenante il comportamento stesso (Domjan, 1999). zionamento classico e operante. Non bisogna però dimenticare che esistono alcune "paure innate", come per esempio la fobia del temporale (Reid, 1996), che sono spesso refrattarie alla terapia comportamentale. Il trattamento delle forme fobiche può essere messo in atto usando differenti procedure che hanno in comune lo scopo finale: far diminuire progressivamente la risposta fobica fino a raggiungerne l’estinzione. II. 1. Come può essere usata l’estinzione nel trattamento delle fobie? La teoria classica dell’associazione tra Stimolo Condizionato (SC) e Stimolo Incondizionato (SI) che porta alla Risposta Condizionata (RC) è il primo passo per comprendere cos’è l’estinzione in termini di condizionamento classico. La formazione di una associazione SC-SI porta a ottenere una RC, ma questa RC persisterà solo se lo SI viene presentato insieme allo SC almeno saltuariamente. Quando lo SI non viene più accoppiato allo SC la RC tende a scomparire (Liebermann, 1999). Prendiamo l’esempio di un cane che ha paura di farsi toccare le orecchie perché ha sofferto di otite. Il dolore alle orecchie rappresenta lo Stimolo Incondizionato. Le mani del padrone (o mani in generale) rappresentano lo Stimolo Condizionato. La reazione di paura rappresenta la Risposta Condizionata Se fosse possibile togliere il dolore (SI) la risposta fobica (RC= la paura di essere toccato sulle orecchie) dovrebbe estinguersi dopo un certo numero di sedute. Questa schematizzazione suona molto semplice ma, in situazioni reali, vi sono parecchi elementi da considerare prima di mettere in atto il trattamento. La prima domanda da porsi è: con l’estinzione l’associazione SCSI viene "disimparata"? Considerato che con l’estinzione la Risposta Condizionata diminuisce progressivamente si potrebbe pensare che il legame associativo SC-SI si perda. Sfortunatamente ciò non accade ed è per questo che bisogna sempre considerare la possibilità di una "ricomparsa spontanea" della risposta fobica dopo un lungo periodo di assenza o il riapparire di tale risposta dopo la presentazione di un nuovo stimolo (disinibizione). Questi fenomeni di ricomparsa spontanea e disinibizione della risposta condizionata dimostrano che nel fenomeno dell’estinzione l’associazione SC-SI non scompare ma viene semplicemente inibita (Domjan, 1999). Un altro fenomeno importante da considerare quando si mette in atto un trattamento per far estinguere una risposta fobica è la possibilità di avere un "effetto ripresa" (renewal effect). Questo fenomeno può essere considerato un’altra prova che l’associazione SC-SI non scompare ma viene solo inibita. Esso consiste nella ricomparsa della Risposta Condizionata in condizioni ambientali diverse da quelle in cui il processo di estinzione è stato svolto. Per esempio se procediamo a far estinguere la paura di un determinato stimolo (situazione, essere vivente, rumore o altro) in una stanza appositamente preparata è possibile che, rimettendo l’animale nel suo ambiente originario, la reazione fobica si ripresenti. È importantissimo tenere presente questa possibilità di ricaduta soprattutto quando si sceglie dove mettere in atto le sessioni di modificazione comportamentale. È bene riflettere sul fatto che alcuni fallimenti terapeutici potrebbero essere spiegati da uno di questi tre fenomeni (ricovero spontaneo, disinibizione ed effetto ripresa). Essi hanno probabilmente le loro radici in processi di apprendimento che coinvolgono associazioni precoci degli stimoli condizionati e incondizionati con diversi segnali presenti nell’ambiente o derivati da particolari stati psicofisici dell’animale (cioè segnali provenienti dall’ambiente interno) (Liebermann, 1999). Fino a questo punto abbiamo considerato l’estinzione in termini di Condizionamento Classico ma Sisca Observer . .. . . . Dicembre 2000 questa teoria da sola non è sufficiente per spiegare molti comportamenti fobici. Nella prima parte è stata messa in evidenza l’importanza del rinforzo (positivo e negativo) alla Risposta Condizionata [RC] per l’instaurarsi e il mantenersi delle reazioni fobiche. Risulta intuitivo che per ottenere l’estinzione in termini di Condizionamento Strumentale è necessario non rinforzare la Risposta Condizionata. A questo punto, prima di procedere illustrando le metodiche del processo di estinzione è necessario porsi un’altra domanda: l’estinzione della reazione fobica significa estinzione della paura? Secondo la teoria dei 2 fattori si potrebbe affermare che l’estinzione della paura è condizione necessaria e sufficiente per l’estinzione del comportamento fobico ma, purtroppo, questo non è sempre corrispondente al vero. Se l’obbiettivo del nostro trattamento è rendere l’animale meno spaventato dobbiamo essere coscienti dell’esistenza della possibilità che le reazioni di paura diminuiscano o scompaiano ma che il nostro paziente abbia ancora paura. La presenza della paura è a volte difficile da dimostrare e definire la relazione fra la paura e il comportamento fobico è ancora impresa incompiuta (Mineka, 1979). Queste riflessioni dovrebbero essere alla base della decisione riguardo al tipo di metodica da intraprendere prima di iniziare il trattamento dei pazienti fobici. La possibilità di ottenere una diminuzione del comportamento fobico nonostante la persistenza della paura è evidente in studi riguardo ad una particolare procedura impiegata per ottenere l’estinzione: il Flooding. II.2. Flooding In questa tecnica di apprendimento l’animale viene messo in contatto con lo Stimolo Condizionato che causa paura in assenza dello Stimolo Incondizionato. La messa in atto della Risposta Condizionata (per esempio fuggire o aggredire) viene impedita e quindi il principio è di "inondare" (da qui 9 Flooding) l’animale, impotente a reagire, con ciò che lo spaventa per diverse sessioni. Secondo la teoria dei due fattori l’efficacia del flooding è dovuta: - all’esposizione allo SC in assenza dello SI; questo dovrebbe causare l’estinzione della RC (paura); - all’impossibilità di mettere in atto una risposta fobica; questo dovrebbe impedire che la risposta stessa venga rinforzata e quindi causarne l’estinzione. I teorici dei due fattori, come sopra accennato, consideravano l’estinzione della paura condizione necessaria e sufficiente per raggiungere l’estinzione del comportamento fobico ma esperimenti svolti su animali sottoposti alla procedura del flooding hanno dimostrato che è possibile osservare l’estinzione del comportamento fobico senza che la paura sia scomparsa. Come è stato dimostrato che gli animali avevano ancora paura nonostante non reagissero allo stimolo? Usando una particolare tecnica, la procedura della Risposta Condizionale Emotiva (CER= Conditional Emotional Response). Questa procedura si basa sul principio che un animale spaventato tende a diminuire le sue risposte comportamentali perché si immobilizza (Liebermann, 1999, Domjan, 1999). Se attraverso il flooding si estingue la risposta fobica e non la paura che l’animale prova vi è la possibilità che l’animale cui non viene consentito di mettere in atto un determinato comportamento (come fuggire o aggredire) impari ad elaborare un’altra risposta allo stimolo che genera paura, come per esempio immobilizzarsi. Un’altra teoria di ciò che può accadere quando si tenta di estinguere una risposta fobica usando il Flooding fu avanzata da Baum (1970). Egli ipotizzò che il motivo per cui l’animale smette di rispondere è che esso si abitua ad uno stato di paura. In sintesi molti esperimenti sono stati fatti usando il Flooding e diverse teorie sono state proposte sui 10 meccanismi che possono spiegare l’estinzione dei comportamenti fobici attraverso la tecnica di impedire all’animale di mettere in atto una risposta allo stimolo che genera paura. La teoria dei due fattori sostiene che, eliminando lo Stimolo Incondizionato e impedendo all’animale di rispondere allo Stimolo Condizionato, sia la motivazione che il rinforzo al comportamento fobico vengono eliminati e quindi il comportamento stesso si estingue. La teoria che, in presenza dello Stimolo Condizionato senza lo Stimolo Incondizionato, l’animale impara a rilassarsi e si abitua allo Stimolo Condizionato. La teoria che l’animale impara a mettere in atto, in presenza dello Stimolo Condizionato, risposte diverse da quelle che gli vengono impedite come immobilizzarsi. In questo caso lo Stimolo condizionato è ancora causa di paura. È probabile che tutte queste teorie siano accettabili, a seconda del modo di prevenire le risposte dell’animale, del contesto e delle caratteristiche individuali del soggetto trattato. Non si può negare che "la prevenzione della risposta, o flooding, porta a una rapida estinzione della risposta fobica (avoidance responding)" (Liebermann, 1999) ma, quando messa in atto in situazioni reali per trattare le fobie, può essere una procedura rischiosa. Essere in grado di procedere al flooding in un ambiente adeguato, impedire all’animale di mettere in atto certi comportamenti senza metterlo a rischio anche dal punto di vista fisico e avere la possibilità di fare tutto ciò per un sufficiente numero di sessioni può essere molto difficile. Inoltre un rischio grave è la sensibilizzazione dell’animale: "se lo stimolo [che causa la paura] è molto intenso, la sua ripetizione può portare a un sensibile aumento della risposta" (Domjan, 1999). È anche opportuno chiedersi: se viene raggiunta una sufficiente diminuzione della risposta fobica, possiamo affermare che l’animale non ha più paura? Sisca Observer . .. . . . Dicembre 2000 Potremmo correre il grosso rischio di causare disordini ansiosi o persino stati di depressione dovuti all’acquisizione di un senso di impotenza. Sulla base di queste riflessioni risulta meno rischioso, nella maggior parte dei casi, adottare una tecnica di modificazione comportamentale più affidabile. La procedura più frequentemente e ampiamente usata è la desensibilizzazione sistematica. II.3. Desensibilizzazione sistematica La desensibilizzazione sistematica è una tecnica introdotta per la prima volta nel 1958 da Joseph Wholpe (da Liebermann, 1999). Essa consiste nell’associare la paura ad un evento piacevole presentando molto gradualmente lo stimolo che è causa della paura stessa. Attraverso questa doppia procedura graduale l’animale impara a rispondere sempre meno allo Stimolo Condizionato. Il fatto di organizzare lo Stimolo Condizionato in una sorta di gerarchia dalla minima alla massima intensità e di presentarlo gradualmente insieme a uno stimolo piacevole (e cioè, in termini di Condizionamento Classico, operare un controcondizionamento), permette all’animale di abituarsi allo stimolo condizionato e di non mettere più in atto la Risposta Condizionata. Come nel Flooding, anche nella desensibilizzazione sistematica l’animale viene assoggettato allo Stimolo Condizionato ma le differenze importanti sono: - l’intensità dello stimolo nelle prime sessioni di trattamento è sostanzialmente più bassa rispetto a quella che ha causato il comportamento fobico; - un secondo meccanismo, il controcondizionamento con stimoli piacevoli o rilassanti, contribuisce ad attenuare la paura. Nella desensibilizzazione sistematica, se messa in atto in maniera corretta, il rischio di sensibilizzare l’animale e di peggiorare la situazione è piuttosto remoto (Reid, 1996, Liebermann, 1999). IL CASO Segnalamento e descrizione del problema lamentato. Il proprietario di un Bracco Italiano maschio di 1 anno richiede una consultazione perché il suo animale dimostra intense reazioni di paura sia in casa che in giardino. La storia L’animale proviene da un allevamento dove aveva vissuto fino a tre settimane prima della consultazione. Viveva in un recinto insieme ad un altro cane. Gli animali venivano accuditi da un fattore. All’età di 7 mesi circa fu venduto ma venne restituito dopo 2 settimane perché rifiutava di muoversi e di alimentarsi. In quell’occasione venne rimesso nel recinto di origine e curato a lungo perché gravemente denutrito. L’allevatore decise in seguito di cedere il cane agli attuali proprietari. L’animale, appena arrivato nella nuova casa, elesse a rifugio il luogo più riparato del soggiorno. Da quel punto non si mosse (spontaneamente) praticamente più per settimane. Nei primi giorni rifiutava il cibo. Successivamente si alimentava solo dalle mani dei proprietari. Solo durante le passeggiate in automobile appariva e proprio agio. L’ambiente domestico e il giardino di casa sembravano terrorizzarlo e i rumori di casa più innocui (cassetti, antine, porte…) lo inducevano a tremare vistosamente. Nelle prime tre settimane i proprietari misero in atto diversi tentativi di tranquillizzare il cane con carezze e attenzioni. Ottennero il risultato di convincerlo ad alimentarsi dalle loro mani ma dovevano prenderlo sempre in braccio per fargli varcare la porta di casa o portarlo da una stanza all’altra. Preoccupati del persistere di questo atteggiamento chiesero una consultazione comportamentale. Visita clinica ed esami di laboratorio Alla visita il cane risultò clinicamente sano e gli esami ematologici (emocromo, GPT, creatininemia, azotemia, determinazione dei livelli basali di T4) nella normalità. Semiologia comportamentale I dati semiologici più salienti sono senz’altro l’assenza del comportamento esplorativo e di gioco. La presenza di intense reazioni di paura in risposta a stimoli irrilevanti rappresentate da tremori e tentativi di nascondersi è un altro dato interessante. Non sono state descritte attività sostitutive. Diagnosi Sindrome da Privazione o Kennel Syndrome. L’anamnesi parla di un cane che ha vissuto tutto il periodo dello sviluppo in un ambiente con pochi stimoli e l’osservazione diretta e le descrizioni dei proprietari testimoniano l’esistenza di reazioni di paura a stimoli comuni. La mancanza completa di comportamento esplorativo e il continuo tentativo di nascondersi dell’animale sono stati interpretati come comportamenti di evitamento. Terapia Comportamentale tramite desensibilizzazione sistematica. Il proprietario è stato istruito a riprodurre alcuni degli stimoli che ha identificato come cause di paura in maniera graduale accompagnando l’esposizione allo stimolo con una attività di gioco. Farmacologica con somministrazione di selegilina* (Selgian) al dosaggio di 0,5 mg per kg di peso corporeo in unica somministrazione mattutina (Pageat, 1998). *La selegilina fa parte di una classe di farmaci antidepressanti il cui meccanismo di azione si basa sull’inibizione della monoaminoossidasi tipo B (IMAO-B). Questo farmaco agisce sui sistemi dopaminergico e noradrenergico aumentando la concentrazione sinaptica e intracellulare delle monoamine ed è quindi un agonista della dopamina (Carlson, 1998). Risultati Dopo tre settimane il cane ha cominciato a spontaneamente a muoversi in casa e a giocare con la palla. Dopo 5 settimane è uscito spontaneamente in giardino. Sisca Observer . .. . . . Dicembre 2000 Dopo 2 mesi il proprietario ha riportato che il suo cane si comportava in maniera normale in casa e in giardino. Anche nei luoghi in cui comunemente andavano a passeggiare cominciava a dimostrarsi più rilassato. Dopo 4 mesi il proprietario ha descritto comportamenti normali in ogni situazione. La terapia farmacologica è stata sospesa e, a 3 mesi di distanza, non è stata segnalata alcuna ricaduta. Osservazioni Per mettere in atto la desensibilizzazione sistematica è stato necessario, dapprima, individuare alcuni obiettivi precisi da raggiungere. Per esempio la situazione più difficoltosa, dal punto di vista del proprietario, era quella di dover prendere in braccio il cane (considerate la taglia!) e trasportarlo dal suo rifugio nel soggiorno fino a oltre la soglia di casa per farlo sporcare almeno tre volte al giorno. L’animale pareva terrorizzato di esporsi e percorrere il breve tragitto da sotto la panca del soggiorno all’uscio. Fu così deciso di "diluire" in piccolissimi tratti questo tragitto e di stimolare il cane a muoversi a poco a poco distraendolo dapprima con dei bocconcini di cibo e in seguito con dei giochi. Gradualmente il cane arrivò ad avvicinarsi spontaneamente all’uscio cercando bocconcini di cibo nascosti sotto delle scatolette o giocando con la palla. Dopo qualche giorno l’uscio fu gradualmente aperto e il cane fatto giocare nelle vicinanze. Infine, distratto dai giochi e dai premi in cibo l’animale oltrepassò la fatidica soglia spontaneamente. Naturalmente durante questo periodo i proprietari avevano comunque la necessità di portare il cane fuori a sporcare e fu loro chiesto di farlo in momenti precisi della giornata e ad un certo intervallo di tempo dalle brevi sessioni di desensibilizzazione. Il consiglio in generale, vista la varietà e anche la non precisa determinazione dei singoli stimoli che generavano paura, fu di cercare di cominciare a stimolare il cane a muoversi dal suo rifugio in momen- 11 ti di tranquillità, evitando di spaventarlo con rumori bruschi o fastidiosi. Non appena l’animale cominciò a muoversi per casa, a dimostrarsi meno rigido e ad abbandonare la classica "postura di aspettativa" (Pageat, 1998) alcuni stimoli "casalinghi" (antine sbattute, aspirapolvere, ecc.) vennero gradualmente introdotti, mentre il cane veniva fatto giocare. Procedure simili furono seguite per rendere il cane meno timoroso anche nel giardino. L’uso della terapia farmacologica, in questo caso, è stato ritenuto indispensabile per aiutare l’animale a recuperare un comportamento esplorativo fortemente inibito e migliorare la sua capacità di apprendere i semplici esercizi e giochi consigliati nella terapia comportamentale (Pageat, 1998). La quantità e la varietà degli stimoli che causavano le reazioni di evitamento non possono non indurre a riflettere su quante associazioni tra Stimoli Condizionati e Incondizionati siano ancora presenti, anche se inibite. L’estinguersi di molte reazioni fobiche a oggetti, rumori e situazioni è senz’altro un successo terapeutico ma non bisogna ignorare la possibilità che, col passare del tempo, alcune di queste reazioni si ripresentino (ricomparsa spontanea). Altro rischio può essere che l’introduzione di un nuovo elemento nell’ambiente dove la desensibilizzazione sistematica è stata messa in atto possa causare un ripresentarsi del comportamento estinto (disinibizione). Non è possibile a priori prevedere che cosa può avere un tale effetto, forse un mobile nuovo oppure un suono particolare o persino un odore. Altro importante fattore di cui il proprietario deve essere messo a parte è che introdurre l’animale in ambienti diversi da quelli fino ad ora conosciuti può farlo tornare alla condizione di partenza (renewal effect). Per esempio, nel caso citato, se il proprietario decidesse di trasferirsi in una nuova casa questo rischio di ricaduta andrebbe considerato. Naturalmente l’animale è in grado di generalizzare: per esempio il concetto di casa a cui si è abitua- 12 to probabilmente verrebbe trasferito a una nuova casa e quindi le reazioni fobiche non si presenterebbero o sarebbero di entità minore. Resta comunque necessario essere consapevoli che tali generalizzazioni non vanno date per scontate. Conclusioni Da questo articolo si può evincere che l’approfondita conoscenza dei processi di apprendimento, insieme alle conoscenze etologiche e neurofisiologiche, è elemento fondamentale per instaurare una terapia comportamentale. Anche nel caso descritto, nonostante i risultati brillanti della terapia comportamentale, risulta evidente la necessità di riflettere in maniera approfondita sul rischio di ricadute. Meccanismi associativi precoci e deficit neurologici dovuti a problemi di ipostimolazione durante lo sviluppo non scompaiono completamente con procedure di desensibilizzazione sistematica o con trattamenti farmacologici. Lo scopo della terapia è di desensibilizzare l’animale in quante più situazioni possibile in modo da consentire una buona qualità della vita all’animale stesso e al suo proprietario. La consapevolezza da parte del Veterinario Comportamentalista dei limiti prognostici del caso che sta trattando deve indurlo a rendere il proprietario protagonista consapevole delle modificazioni comportamentali necessarie. In virtù di questa consapevolezza sarà egli stesso a gestire il suo animale nelle eventuali future situazioni a rischio. Bibliografia Bouton, M. E., & King, D.A. 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