Allenamento pliometrico: teoria e pratica

Allenamento pliometrico: teoria e pratica parte 2
Alcune evidenze del ciclo stiramento-accorciamento
Ci sono due modi per associare la pliometria al lavoro con i sovraccarichi:
1. pliometria con sovraccarichi propriamente detta, in quanto si avvale di essi.
o Per gli autori statunitensi si possono avere 3 differenti modalità:
o metodo tradizionale, ovvero lavoro pliometrico seguito da sovraccarichi, di solito si
comincia con balzi e si finisce con i sovraccarichi.
o Metodo complesso, i sovraccarichi precedono il lavoro pliometrico. Qui i
sovraccarichi servono a stimolare la PAP ( Post Activation Potentation ), ovvero un
potenziamento posteriore ad un'attività precedente, dove, secondo Sale essa non
agisce sulla parte centrale della curva forza tempo, ma sull'intera curva spostandola
in alto e a destra, influenzando positivamente le prestazioni combinate di forza e
velocità.
o Metodo del contrasto, dove le esercitazioni con sovraccarico e pliometriche si
associano in modo diverso, a seconda delle esigenze dello sport specifico, adattando
quindi tempi di lavoro e di recupero.
2. Pliometria associata a sovraccarichi in combinazione.
Inoltre la pliometria può essere utilizzata come metodo di transfer per passare da una fase di forza
generale ad una specifica per un dato sport, attraverso:
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Maggiore attività nervosa.
Reclutamento di tutte le Unità Motorie.
Aumentata velocità di attivazione di tutti i motoneuroni.
Trasformazione della forza creata nel periodo generale.
In molti sport si necessita ripetere una grande quantità di salti o di falcate anche con diverse forme
d'impulso, come può accadere in una partita di pallavolo, o anche in una maratona. I sistemi che
garantiscono l'efficacia di tali prestazioni nel tempo per Basset ed Howley (1997,2000) sono:
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VO2 max.
Frazione di utilizzo del VO2 max.
Economia del gesto.
A questi Noakes aggiunge fattori a carattere anaerobico e neuromuscolare.
Anche se ovviamente questi studi sono principalmente riferiti agli sport di endurance, hanno
comunque molti risvolti utili anche per quel che riguarda le attività sportive di tipi anaerobico.
In test eseguiti dopo maratone per valutare lo stato di fatica, effettuati da Avela e coll. (1999), si è
fatto compiere uno sprint di 20 m, analizzando tre parametri in base ai quali si è potuto riscontrare:
1. Un aumento del picco di impatto, ovvero un aumento della pressione a contatto al suolo.
2. Una diminuzione del picco di propulsione.
3. Un aumento del tempo d'appoggio.
Recupero
Il recupero per Avela (1999), ha due momenti critici, uno nell'immediato post sforzo, ed uno in un
secondo momento, circa due giorni dopo l'allenamento, tale periodo è derivato da una caduta del
riflesso miotatico.
Anche per Pullien e coll. (1997), il recupero dopo esercizi pliometrici prevede 3-4 giorni per tornare
alla normalità.
Come detto la fase di recupero per questo tipo di esercizi presenta due momenti fondamentali:
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immediatamente dopo lo sforzo
due giorni dopo lo sforzo.
Chiamato da Ishikawa e Coll. (2006), "recupero bimodale". Legato per l'autore alla rottura
miofibrillare e al successivo stato infiammatorio che si crea in seguito alla riparazione del suddetto
danno.
I motivi dell'affaticamento pliometrico vanno ricercati in due cause principali:
1. Disturbo del ciclo stiramento accorciamento. Vi è una diminuzione del riflesso da
stiramento e della stiffness, il ché unito ad una diminuzione dell'elasticità di alcune proteine
strutturali, quali desmina, titina, nebulina, responsabili dell'elasticità muscolare,
provocherebbe una minore restituzione di energia ed un aumento dei tempi di contatto nella
fase propulsiva.
2. Modificazione dell'architettura muscolare. Valutata con ultrasuoni da Fukunaga e
Kawakami negli anni 90.
È risaputo che atleti di potenza e velocità abbiano fibre più lunghe con angoli di pennazione ridotti,
sicuramente attribuibile ad una base genetica, ma in parte modificabile con l'allenamento, in quanto
a seguito di lavori con balzi si è mostrato un disturbo dell'attività muscolare con una tendenza delle
fibre ad orientarsi alle linee di trazione del tendine.
Inoltre per molto tempo, la capacità di perdurare in una successione di salti è stata attribuita ad una
capacità di tipo metabolico, invece di recente si è constatato che tale capacità sia maggiormente
dovuta a qualità di tipo neurale. Molti sono stati gli studi ad avvalorare tale tesi.
Ad esempio Carmelo Bosco ha dimostrato che a seguito di un lavoro pliometrico, nelle 12-24 ore
seguenti lo sforzo, vi è un aumento della CK (creatinchinasi) dovuto ad un danno miofibrillare.
È stato dimostrato inoltre che il Drop Jump crea danni maggiori del Counter Mouvemnt Jump.
Skurvydas nel 2002, propose uno studio che poneva a confronto sprinter, mezzofondisti e soggetti
non allenati ad eseguire una successione di 100 salti ogni 20 secondi. Da questo studio emerse che
la caduta di forza era meno evidente negli sprinter, ma tra mezzofondisti e sedentari la differenza
era di entità minima.
Ancora con lo studio di Paavolainen e coll. (1999), si propose un allenamento di tipo esplosivo a
corridori di 5000 m che progredirono nella prestazione senza riscontrare un miglioramento della
VO2max. Tutto ciò è legato al riuso della forza elastica, al miglioramento di capacità neuronali e ai
tempi minori di applicazione della forza.
Sulla base di questo, Cometti ha potuto asserire che la fatica principale dell'esercizio pliometrico è a
livello neuromuscolare.
L'autore propose degli allenamenti che agivano a livello della struttura e sugli aspetti nervosi,
creando i presupposti per un allenamento di tipo pliometrico. Cometti fece eseguire quattro tipi di
sedute:
1. seduta di forza massimale - cercare attraverso i sovraccarichi di sollecitare gli elementi
strutturali e nervosi messi in gioco nel lavoro pliometrico.
2. Seduta di forza frazionata - importante per le discipline in cui si effettuano balzi ripetuti, si
effettua sempre attraverso sovraccarichi, specie lo squat, giocando in questo caso sulla
distanza o la quantità. La seduta si costruisce sempre alternando balzi e sessioni di corsa.
3. La seduta di lavoro frazionato post-affaticamento - usati particolarmente nel caso in cui non
si riesce a terminare la prestazione al massimo: molti preparatori di atleti dei 400 m,
usualmente fanno lavorare nei 500 m per ovviare a questo calo, ma con poco transfer.
Invece la proposta applicativa era quella di introdurre a fine fase di corsa dei balzi ed
esercizi di potenziamento con o senza sovraccarichi.
4. Lavoro intermittente - forza - basato sull'interval training, dove si alternano fasi di
potenziamento e fasi di corsa, sui tempi 10-20 (intermittente qualità) e 20-20 (intermittente
quantità).
Pliometria per le braccia
La maggior parte degli studi sulla pliometria si riferiscono agli arti inferiori. Il CSA però, interessa
anche le braccia, anche se con movimenti diversi, vista la maggiore complessità biomeccanica
dell'arto superiore.
Dagli studi disponibili sono possibili tre situazioni principali:
1. esercizi che cercano di riprodurre i salti, effettuati con le mani in appoggio. esperimenti qui
proposti da Komi e Golhofer, mediante slitta a diverse altezze di caduta.
2. Panca orizzontale con molleggi e rimbalzi.
3. Lanci di palle mediche. La maggior parte degli studi sono statti fatti attraverso l'esercizio
che riproduce il movimento di rimessa laterale nel calcio o pullover.
In uno studio di Tauchi e coll. (2005), è stata rapportata la differenza tra la velocità di uscita della
palla in un movimento concentrico e quella di un movimento che sfruttava il CSA. I valori emersi
dallo studio, rispettivamente pari a 8,62 m/s e 8,12 m/s, hanno evidenziato l'esistenza di questo
meccanismo anche negli arti superiori. Lo stesso autore ha però osservato, tramite EMG, che a
differenza di quanto succede negli arti inferiori, la fase eccentrica non ha il caratteristico sfasamento
del tracciato tipico degli sforzi intensi. Tauchi ha suggerito che tale peculiarità potesse essere
dovuta allo stiramento passivo, ma non solo. Egli infatti ha ipotizzato che una parte della forza sia
fornita dagli elementi contenitivi dell'articolazione stessa, e ha sottolineato che i muscoli in questo
caso iniziano la loro attività in una fase più allungata. Per cui appare evidente una sorta di
differenza tra arti superiori ed inferiori.
Non si può però parlare di pliometria specifica per gli arti superiori, ma bensì di pliometria specifica
per un dato movimento. Sono molteplici infatti le situazioni in cui i fattori muscolari, biomeccanici
e relativi al CSA, entrano in gioco diversamente da quanto tipicamente avviene relativamente agli
arti inferiori.
A tal proposito sono numerosissimi gli esercizi pliometrici per la parte superiore, tra i più
importanti:
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rimbalzi sulle braccia al carrello proposti da Zanon e Kusnetzov.
esercizi con bilanciere.
esercizi di piegamenti sulle braccia fatto su plinti.
esercizi in trazione mediante trazione parziale, discesa rapida (così da stirare la struttura) e
quindi trazione completa.
lavoro con palle mediche, mediante tecnica di rimessa laterale, in cui lo stiramento maggiore
deve essere fatto a carico della spalla.
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estensioni alla panca piana.
esercizi di potenziamento con macchine tradizionali.
esercizi con macchine speciali - messe a punto da Verkhoshansky e Kusnetzov.
Il ruolo delle braccia è evidente soprattutto nell'atletica leggera. Esse sono paragonate ad un
pendolo, ruolo che ha anche la gamba libera nei movimenti ad impulso in appoggio monopodalico.
Durante la fase di discesa le braccia aumentano la tensione della muscolatura antigravitazionale per
tutta la fase eccentrica.
Si può quantificare il loro ruolo, paragonando il CMJ con braccia distese sui fianchi a quello con
mani libere: alcuni atleti mostrano differenze nell'ordine dei 10 cm. Da notare che differenze
inferiori a 2 cm potrebbero essere indicative di problemi coordinativi nel soggetto.
Per migliorare l'attitudine ad usare le braccia vengono proposti moltissimi esercizi, tra cui:
1. esercizi per far sentire meglio il rilassamento.
2. Esercizi per sentire l'azione del bacino.
3. sercizi per fissare la parte alta del corpo durante il movimento, e quindi fornire il vantaggio
meccanico possibile.
4. Esercizi per dissociare spalle ed anche.
5. Esercizi per sentire le braccia nel movimento ed enfatizzare il loro ruolo.
Allenamento pliometrico nell'età giovanile
Questo metodo di allenamento per i giovani andrebbe utilizzato molto poco con finalità relative al
carico allenante, ma può invece presentarsi come un buon metodo per migliorare le capacità
coordinative e per stabilire le basi per un allenamento pliometrico vero e proprio. Per Bompa i
bimbi vanno iniziati ad un allenamento pliometrico intorno ai 14 - 16 anni, per Bosco invece, tra i
10-15 anni. Queste indicazioni discendono dalla scarsa tollerabilità che tale periodo della crescita ha
per questo metodo. Notiamo infatti che a differenza di quanto avviene nell'adulto la forza isometrica
è maggiore di quella eccentrica, inoltre gli OTG hanno una soglia di eccitazione più bassa. Per lo
stesso Bosco infatti l'età ottimale per la somministrazione del metodo pliometrico è riscontrabile
intorno ai 20-25 anni, in quanto in questa fase dello sviluppo l'allenabilità è massima.
Ci sono diverse teorie su quale dovrebbe essere il livello di forza minimo per sottoporsi a tali
allenamenti. Per esempio è abbastanza comune tra gli allenatori adottare tali metodiche per atleti
che hanno raggiunto nel ½ squat carichi pari al proprio peso corporeo. Sarebbe buona regola per i
principianti atterrare su un suolo morbido: malgrado la risposta elastica sia più contenuta, tale
allenamento getterà comunque le basi dal punto di vista coordinativo per quelli futuri. Evitare i
sovraccarichi in quanto diminuiscono i tempi di reazione. Evitare tale allenamento prima dei 12
anni, dopodiché cominciare a introdurlo a basso impatto, con un volume settimanale di 80-100 balzi
divisi in due giorni. Sarebbe utile invece cercare di rendere più brevi possibili i tempi di contatto al
suolo.
Dalla famosa relazione che lega la forza all'accelerazione: F = m x a
Si può notare che il rallentamento di un corpo richiede forza. Diminuendo però più rapidamente la
velocità di caduta, la fase di ammortizzazione sarebbe meno lunga dato che:
F media di ammortizzazione = massa corpo x variazione di velocità / t di ammortizzazione.
Da cui discende che per diminuire i tempi di ammortizzazione bisogna aumentare la forza applicata:
una forza di ammortizzazione più bassa porterà infatti ad una reattività inferiore. Per questo sarebbe
utile diminuire la massa grassa in modo da avere un buon rapporto tra potenza e peso.
Risulta inoltre importante adottare un'intensità progressiva degli esercizi pliometrici.
Bompa divide tali esercizi in cinque livelli:
1. Salti reattivi - altezza 60 - 200 cm, massima intensità. 8-5 serie x 10-20 rip. Per allenamento
120-150 rip. Recupero tra le serie 8-10'.
2. DJ - altezza 80 -120 cm, alta intensità, 5-15 x 5-15 rip. Per allenamento 75-150, recupero tra
serie 5-7'.
3. Balzi 1 o 2 arti - quasi massimale, 3-25 x 5-15 rip. 50- 250 rip per allenamento. Recupero tra
serie 3.5'
4. Salti reattivi - 20 - 50 cm, intensità modesta, 10-25 x 10- 25, 150-250 rip per allenamento.
Recupero tra le serie 2-3'.
5. Salti a basso impatto con o senza attrezzi - bassa intensità, 10-30 x 10-15, 50-300 rip per
allenamento, 2-3'.
Quando si programmano esercizi pliometrici, bisogna tenere conto di:
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età e sviluppo dell'atleta.
Abilità dell'atleta e difficoltà dell'esercizio.
Fattori base della disciplina.
Richieste energetiche della disciplina.
Fase della programmazione annuale.
Progressione metodologica dai 2 ai 4 anni.
Per questo esercizi ad alto impatto vanno utilizzati dopo circa 4 anni di allenamento pliometrico.
Test
In una corsa di 20 m, una diminuzione di velocità nei secondi 10 m può essere attribuibile ad una
diminuzione della forza esplosivo-elastica.
Test di Bosco
Sono basati sugli studi Asmussen, questi test sono concepiti per valutare i parametri della capacità
di elevazione. Il protocollo prevede l'uso di un tappeto a contatti collegato ad un cronometro in
modo tale che il sistema possa rilevare i tempi di contatto e quelli di sospensione, segnalando gli
equivalenti in centimetri. Questo presuppone che le articolazioni siano nel medesimo punto durante
la fase di decollo e di atterraggio, facendo in modo di posizionare i segmenti articolari nelle
medesime posizioni. Durante il test l'atleta lascia il tappeto con l'avampiede e vi ricade, evitando il
contatto con tutta la pianta. Il protocollo prevede l'uso di sei test:
1. SQUAT JUMP (SJ) - si cerca di saltare più in alto possibile con le mani ai fianchi, partendo
con le gambe piegate a 90°, è un buon parametro per la valutazione della forza esplosiva.
(maratoneti 28 cm - lanciatori di peso 56 cm).
2. SALTO CON CONTROMOVIMENTO (CMJ) - questo salto prevede che il soggetto
pieghi le gambe velocemente e che di seguito faccia una veloce estensione tenendo le mani
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ai fianchi. In passato si pensava che questo salto fornisse una misura attendibile
dell'elasticità muscolare. Recenti studi hanno però osservato che esso offre semplicemente
una valutazione della forza in tempi più lunghi rispetto allo SJ. Il risultato di questo test
dovrebbe superare di 8-10 cm quello misurato nello SJ. Se ciò non fosse sarebbe utile
allenare questo tipo di salto.
TEST CON CONTROMOVIMENTO ED USO DELLE BRACCIA ( CMJB) - la
modalità è uguale al CMJ solo che questa volta le mani sono libere. In tal caso dovremmo
guadagnare 10 cm rispetto al CMJ, se ciò non avvenisse il soggetto dovrebbe migliorare la
coordinazione tra arti superiori ed inferiori. Per la maggior parte degli autori tale test serve a
misurare la potenza degli arti inferiori.
DROP JUMP ( DJ ) - si tratta di un salto verticale da fare in successione ad una caduta. La
cosa più interessante è che nel confronto tra DJ e SJ soggetti non allenati ottengono
prestazioni migliori nel secondo test, evidenziando una scarsa attitudine all'uso delle
capacità elastiche. Soggetti allenati infatti possono raggiungere differenze percentuali tra i
due salti anche nell'ordine del 25% a favore del DJ.
TESTI DI POTENZA DEI 15 SALTI - si effettua realizzando 15 salti consecutivi con
piegamento alle ginocchia di 90° tenendo le mani ai fianchi il soggetto nell'esecuzione deve
realizzare i salti velocemente ed esprimere ad ogni salto una buona capacità di elevazione
(resistenza ai salti). Il risultato in CM rappresenta la media nei 15 salti. È un test di
resistenza alla fatica. Bosco usava anche il confronto tra CMJ e l'altezza media raggiunta nei
15 salti, ricavando l'indice di resistenza alla forza esplosiva: IEFE = ( h media sui 15 salti / h
nel CMJ ) x 100
TEST DI REATTIVITA' - si richiede al soggetto di saltare 6 volte piegando pochissimo o
per nulla le ginocchia utilizzando il movimento libero degli arti superiori. Misura
principalmente la potenza dei polpacci. Per molti autori tale esecuzione e il CMJB devono
portare allo stesso risultato, in quanto una differenza tra i due potrebbe essere indice di una
differente efficienza dei gruppi muscolari.
Confronti fra i test
Bosco propose di utilizzare un "indice di elasticità" ricavabile dalla differenza tra CMJ e SJ. Per
l'autore una buona capacità di uso e riuso dell'energia elastica corrispondeva a circa 8-10 cm.
Al giorno d'oggi però è risaputo che il CMJ si esprime in tempi troppo lenti per valutare in modo
attendibile la capacità elastica. Schmidtbleicher infatti parla di ciclo di stiramento-accorciamento
lento, in quanto sebbene vi sia un utilizzo maggiore della forza il contributo della componente
elastica risulta quasi nullo. Per questo motivo il test precedente dovrebbe essere chiamato "indice di
potenza", in questa prova infatti gli atleti con differenze alte sono quelli che riescono ad estrinsecare
forza maggiore in tempi più lunghi. Al contrario atleti capaci di ottenere risultati elevati nello SJ e
differenze ridotte tra quest'ultimo e il valore ottenuto nel CMJ, risultano maggiormente esplosivi.
Alcuni sport sono caratterizzati da movimenti che richiedono un CSA lento (pallacanestro,
pallavolo, pallamano, ecc..) e quindi se gli atleti non dovessero possedere tale requisito, sarebbe
necessario rimediare attraverso l'allenamento.
Carlo Vittori sostiene che per un velocista l'equilibrio tra muscoli estensori del ginocchio e della
caviglia dovrebbe consentire di ottenere il medesimo valore nel CMJB rispetto a quello misurato nel
test di reattività. Il test CMJB valuta la potenza delle cosce, mentre il test di reattività quello dei
polpacci. Il rapporto tra i due test è chiamato indice di Vittori. Per velocisti di alta qualificazione il
valore dell'indice è effettivamente prossimo a uno, ma ciò non si verifica invece per sport di
squadra. In questi casi ci si aspetta sempre una certa differenza a favore del CMJB, anche se
differenze nell'ordine dei 6-10 cm vanno comunque corrette.
La somma dei tre salti (SJ, CMJB, test di reattività), fornisce un parametro generale chiamato
"indice di elevazione", che riassume tutti parametri legati alla capacità di salto verticale degli atleti.
Oltre a quelli visti precedentemente esistono molti altri test per valutare questo tipo di qualità, ad
esempio:
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test con sovraccarico - si tratta di test condotti con un sovraccarico sulle spalle. Ad esempio
Bosco propose di effettuare un test in modalità SJ utilizzando un sovraccarico sulle spalle
pari al peso corporeo, tale test viene chiamato SJbw. Il risultato del SJbw viene confrontato
con quello ottenuto a carico naturale. Bosco utilizzò tale confronto per valutare:
1. l'attitudine ad accelerare in modo esplosivo un carico.
2. La percentuale di fibre rapide del soggetto.
tests specifici - si tratta di test condotti attraverso la riproduzione del gesto di gara.
Pliometria in pratica
L'altezza ottimale di caduta per Verkhoshanski è compresa tra 75 e 110 cm.
Per Bosco e Komi se si utilizzano altezze maggiori di 110 cm si alterano i meccanismi del
movimento.
Zanon ha usato altezze di 2,5 m per gli uomini e 2,1 m per le donne, a cui seguiva immediatamente
un salto in lungo.
Ad ogni modo, parlando in termini pratici, l'altezza migliore va ricercata attraverso la semplice
osservazione della prova utilizzando plinti di diverse altezze e selezionando quello che produce il
risultato migliore.
Per esempio Bosco e Komi (1979), effettuando un'indagine su calciatori di livello nazionale e
internazionale hanno evidenziato un valore medio per l'altezza ottimale posto tra i 30-40 cm, con
picchi di 50 cm. Da notare come tale valore sia piuttosto al di sotto di quelli indicati all'inizio del
paragrafo.
Questa osservazione porta ad un'altra considerazione fondamentale: per avere un transfer ottimale è
molto importante che il gesto pliometrico sia più vicino possibile a quello di gara.
Le risposte allo stress allenante sono diverse a seconda dell'approccio che si segue:
1. esercizi pliometrici a risposta singola, per aumentare forza e potenza.
2. esercizi pliometrici a risposta multipla, per aumentare la potenza e la resistenza alla potenza.
L'affaticamento è per lo più nervoso, ritroviamo un aumento dell'acido lattico se lo sforzo supera i
10/15". Per consentire un adeguato recupero del Sistema Nervoso le pause tra le serie devono essere
almeno pari a 2 minuti.
Volume di allenamento consigliato
Numero di ripetizioni totali: da 1 a 30
Numero di ripetizioni per serie: 5-8 o 6-10 (a seconda degli autori).
Numero di serie:
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principianti 2-3
esperti 3-5
alto livello 6-10 (Weineck)
Per Bompa: è consigliabile un volume di serie compreso le 5-25
Recupero > 2', 3-5', 8-10' (a seconda degli autori).
Balzi per sessione: da 100 a 300.
Tempo totale lavoro: fino a 30 minuti.
Sedute settimanali: 2, max 3.
Recupero tra sedute: 4 giorni dall'evento agonistico, minimo 2.
Per carichi medi: 8-10 balzi dai plinti 1-2 a settimana.
Per carichi elevati: 50-60 balzi dai plinti per 3 volte a settimana