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Anno XXXVI
Settembre 2015
206
Rivista trimestrale di politica sociosanitaria
Formazione, certificazione
professionale e MOOCs
Malpractice ed autoassicurazione
Presentazione
Opinioni, auspici (e citazioni)
a proposito di didattica della medicina
Dalle competenze ai saperi
Il Comitato tecnico delle Regioni
Il Dossier formativo
Verso l’”oceano blu” della formazione sanitaria
Il Dossier di gruppo nel sistema ECM in sanità
La certificazione dei crediti ECM
I Massive Open On-line Courses
Dalla formazione in presenza al blended learning
Consorzio Gestione delle Anagrafiche
delle Professioni Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.)
Contributo originale
Monografia
206 Rivista trimestrale di politica sociosanitaria fondata da L. Gambassini
FORMAS - Laboratorio Regionale per la Formazione Sanitaria
Anno XXXVI – settembre 2015
Direttore Responsabile
Mariella Crocellà
Redazione
Antonio Alfano
Gianni Amunni
Carmen Bombardieri
Alessandro Bussotti
Gian Paolo Donzelli
Silvia Falsini
Claudio Galanti
Carlo Hanau
Gavino Maciocco
Patrizia Mondini
Benedetta Novelli
Mariella Orsi
Daniela Papini
Paolo Sarti
Luigi Tonelli
Comitato Editoriale
Gian Franco Gensini,
Preside Facoltà di Medicina e
Chirurgia, Università di Firenze
Mario Del Vecchio,
Professore Associato Università di
Firenze, Docente SDA Bocconi
Antonio Panti,
Presidente Ordine dei Medici
Chirurghi e degli Odontoiatri della
Provincia di Firenze
Luigi Tucci,
Direttore Laboratorio Regionale
per la Formazione Sanitaria –
FORMAS
Redazione, Direzione
Corrispondenza e invio contributi:
Mariella Crocella
[email protected]
http://www.formas.toscana.it
Edizione
Pacini Editore S.p.A.
Via Gherardesca 1, 56121 Pisa
Tel. 050313011 - Fax 0503130300
[email protected]
www.pacinieditore.it
Registrazione al Tribunale di Firenze
n. 2582 del 17/05/1977
Questo numero è stato chiuso
in redazione il 31 agosto 2015
Testata iscritta presso il Registro
pubblico degli Operatori
della Comunicazione
(Pacini Editore SpA iscrizione
n. 6269 del 29/08/2001)
Sommario
649
Malpractice ed autoassicurazione
M. Marchi
Monografia
656
Presentazione
S. Saccardi
657
Opinioni, auspici (e citazioni) a proposito di didattica della medicina
G. Trianni
663
Dalle competenze ai saperi
A. Iachino
666
Il Comitato tecnico delle Regioni
R. Brenna
669
Il dossier formativo. I risultati della sperimentazione di Regione Toscana,
Co.Ge.A.P.S. Ordine dei Medici di Firenze
S. Bovenga, S. Falsini
673
Verso l’”oceano blu” della formazione sanitaria
S. Falsini, B. Novelli
677
Il Dossier di gruppo nel sistema ECM in sanità
M. Barbo
684
La certificazione dei crediti ECM
A. Panti, V. Galeotti
687
I Massive Open On-line Courses
L. Tonelli
689
Dalla formazione in presenza al blended learning
M. Vangelisti
698
Consorzio Gestione delle Anagrafiche delle Professioni Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.).
Verso la certificazione e valutazione dell’aggiornamento professionale
Sergio Bovenga
Assicurazioni sanitarie
N. 206 - 2015
649
Malpractice ed
autoassicurazione
Marco Marchi
Prof. Ordinario di Statistica sanitaria, DISIA Università di Firenze
Presidente Commissione rischi sanitari del C.I.S.A.
(Centro interuniversitario per gli studi attuariali e la gestione dei rischi)
Abstract
Prendendo lo spunto dal Dossier dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) intitolato “Malpractice, il
grande caos” (Luglio 2014) e dalle repliche/precisazioni che ne sono seguite emergono alcune considerazioni, in parte
commenti a quanto riportato ed in parte spunti per ulteriori riflessioni.
Nel Dossier si afferma che “quella dell’autoassicurazione non è stata una scelta pianificata dall’alto, costruita seguendo una
metodologia di prevenzione e di gestione dei rischi condivisa a livello locale secondo linee guida approvate da qualche
ministero. Si è trattato piuttosto di una risposta, in molti casi disordinata, all’emergenza causata dalla crescita dei premi
assicurativi e, spesso, anche dalla mancanza di un assicuratore disposto a prendersi il rischio (che per molte compagnie è
divenuta una certezza) di perdere soldi nella malasanità degli ospedali italiani”.
L’indicatore principale fornito dall’Ania è quello del rapporto “sinistri/premi” (“loss ratio”, ovvero quanto pagato
per i sinistri rispetto a quanto incassato per i premi assicurativi)) per il quale vengono riportati dati clamorosi: “Per
l’intero settore della R.C. medica al 31/12/2012 il rapporto medio dei sinistri a premi per le varie generazioni
dal 1994 al 2012 si attesta al 173%”!
Attualmente, secondo l’Ania, la spiegazione delle macroscopiche perdite sopra-evidenziate andrebbe ricercata
nella “miscela esplosiva costituita da una dilatazione del
concetto di malpractice da parte dei tribunali ed un incremento inarrestabile del valore dei risarcimenti, scarsa
prevenzione o risk management da parte degli ospedali,
incremento esponenziale delle liti e crescente attivismo di
strutture di infortunistica e legali”.
D’altro canto in un documento della Conferenza delle Regioni, illustrato in una audizione parlamentare del Gennaio 2014, si prende decisamente posizione affermando
che l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile medica non rappresenta “la panacea di tutti i mali”
ed anche se così fosse “i costi sarebbero così elevati, e
stante così le cose, pressoché insostenibili per professionisti e strutture, sempre ammesso che vi siano reperibili
assicurazioni disponibili a contrarre, delle quali ci si possa fidare (vale a dire solvibili ed affidabili)” da cui la via
d’uscita, per le strutture sanitarie, è quella della “gestione
diretta dei sinistri, perché ne impone l’analisi sistematica
e stimola l’individuazione dei possibili correttivi”… almeno per quanto attiene ai danni non catastrofali”.
Assicurazione ed autoassicurazione a confronto.
I presupposti per procedere all’assicurazione di un evento
sono:
1. La rilevante entità del danno potenziale.
2. La ridotta probabilità del suo verificarsi (nel periodo di
riferimento/osservazione).
Tavola 1. Rapporto sinistri/premi (S/P) al 31/12/2012 per anno di protocollo del sinistro (dal 2000):
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
210%
260%
296%
225%
180%
125%
150%
123%
151%
163%
153%
151%
122%
650
Assicurazioni sanitarie
L’obiettivo di una compagnia di assicurazione è quello di
gestire in modo efficiente le risorse ottenute dai premi raccolti (che nel caso della sanità sembrano aver raggiunto
un limite massimo e quindi non ulteriormente incrementabili) e ciò è perseguibile riducendo sia il numero di risarcimenti (con aumento della % di “senza seguito”) sia
contenendo al massimo gli importi per gli indennizzati.
In questa logica si comprende quindi come le proposte
suggerite/approvate da Ania non riguardino tanto il contenimento degli eventi avversi in generale ma mirino a ridurre il numero e l’entità di quelli risarcibili, prevedendo:
1. La riduzione dei tempi di prescrizione per le richieste
di risarcimento (dagli attuali 10 anni fino a 5-2 anni
dal momento in cui se ne è acquisita conoscenza).
2. L’esclusione di responsabilità nel caso di aderenza a
linee guida mediche validate a livello nazionale e riconosciute dai giudici (vedere in tal senso quanto previsto dal cosiddetto Decreto Balduzzi 2012, rimasto
inapplicato in quanto non è stato seguito da norme
interpretative in grado di fare ordine fra differenti protocolli e codici professionali in vigore).
3. L’adozione di un tetto alla risarcibilità dei danni non
patrimoniali (altro punto di non applicazione del Decreto Balduzzi 2012 che imponeva l’adozione delle
medesime tabelle per il danno biologico previste per i
sinistri di r.c.a., responsabilità civile auto).
4. L’opzione da evento avverso (evento inatteso correlato
al processo assistenziale e che comporta un danno al
paziente, non intenzionale e indesiderato) a evento
sentinella (evento avverso di particolare gravità, potenzialmente indicativo di un serio malfunzionamento
del sistema, che può comportare morte o grave danno
al paziente e che determina una perdita di fiducia dei
cittadini nei confronti del servizio sanitario).
5. Il ripristino del principio della cosiddetta responsabilità extracontrattuale (regola “aquileiana” del neminem
laedere) in alternativa a quanto stabilito dalla Corte
di Cassazione (n°599/1999) circa la natura contrattuale della relazione che lega un paziente ad una
struttura sanitaria (su questo punto l’opposizione degli
ordini degli avvocati è categorica e si affianca alla
diffusa discrezionalità dei giudici nelle procedure di
determinazione degli indennizzi nel rendere lunghe e
farraginose tutte le relative pratiche).
6. Il mancato interesse per un efficace contrasto delle
pratiche di “medicina difensiva” (sia positiva che negativa) ove queste permettano di respingere/ridurre le
richieste di indennizzo anche a costo di sprechi rilevanti per il servizio sanitario.
N. 206 - 2015
L’orientamento espresso dalla Conferenza delle Regioni a
favore della soluzione in auto-assicurazione sembrerebbe
invece tradursi nella costituzione di Centri regionali per la
gestione rischio clinico - GRC che dovrebbero, in primis
come loro compito istituzionale, individuare le situazioni
di rischio clinico (con le relative variabili causali) al fine
di rimuoverle, utilizzando, correttamente un sistema informativo ad hoc basato sulle:
• segnalazioni di eventi avversi (EA);
• segnalazioni di NM (near miss: eventi avversi potenziali che hanno dato luogo a dei “quasi incidenti”).
Attualmente però in Toscana (la Regione che ha fatto per
certi versi da battistrada sul tema dell’autoassicurazione
sanitaria) al GRC (vedi DGRT 1234/2011) fa capo (oltre
al Sistema informativo S.I. integrato del rischio clinico) anche il funzionamento ed il coordinamento gestionale del
Comitato regionale valutazione sinistri (CRVS) che gestisce i sinistri di entità superiore a 500.000 euro nonché favorisce modalità condivise di valutazione dei risarcimenti
mediante una supervisione dell’attività svolta dai Comitati
aziendali di gestione dei sinistri, con obiettivi non del tutto
convergenti:
1. Rimuovere le cause dei rischi (in particolare nelle situazioni di “eccesso”) per un’azione di reale prevenzione
primaria dei danni ai pazienti.
2. Gestire al meglio (tempestività, conciliazione, riduzione del contenzioso, risparmio nei rimborsi, ecc.) le
pratiche di risarcimento/indennizzo.
In Toscana, essendo i Comitati aziendali (ed in seconda
battuta il Comitato regionale) per la gestione dei sinistri
controparte diretta del paziente “danneggiato” l’utilizzo
di informazioni “privilegiate” potrebbe costituire una sorta di nuova asimmetria informativa (vedi classica selezione avversa dell’assicurato) sulla base delle quali decidere
circa soluzioni conciliatorie o meno proprio in virtù di una
conoscenza più approfondita rispetto alle “informazioni
ufficiali” a disposizione della controparte ed in eventuale contrasto con le informazioni derivanti dall’esperienza
vissuta da parte del paziente.
Non solo ma il “privilegio” garantito al flusso delle segnalazioni di evento avverso (EA) rischia di scaricarsi in modo
negativo sulla completezza ed attendibilità delle fonti informative ufficiali ”di routine” (Cartella clinica, CeDAP e, in
subordine, Scheda di dimissione ospedaliera) diventando
una sorta di strumento improprio di difesa, per cui verrà
detto esattamente cos’è successo solo al GRC che può così
può attuare una difesa più efficace in sede di accertamento delle responsabilità (e di conseguenza ridurre l’entità degli indennizzi), configurando in tal modo quasi l’induzione
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ad una sorta di doppia verità, nel contesto di procedure
S.E.A (Single Event Audit) “informali”! Mancando una parte “terza” nella contrapposizione fra utente (paziente) e
fornitore del servizio /SSN il GRC, con la sua componente
di gestione degli indennizzi, viene quasi ad assumere una
doppia veste di controllato e controllore con in più anche la
disponibilità di un canale informativo “riservato”.
A livello regionale il Centro regionale Gestione rischio
clinico (GRC) e Comitati (aziendali e regionale) per la
gestione dei sinistri (GS) dovrebbero quindi avere ruoli ben distinti anche per evitare le succitate commistioni
“improprie” che potrebbero arrivare fino al punto di configurare una sorta innovativa di “azzardo morale” (Moral
Hazard) nel senso che proprio la garanzia offerta da una
maggiore tutela (acquisita con le informazioni privilegiate di cui sopra) potrebbe indurre l’operatore sanitario ad
una minore attenzione/cautela e la struttura ad un minore
controllo delle situazioni di rischio.
Il GRC dovrà, come suo obiettivo di efficacia, stabilire un
nesso di causalità fra comportamenti/atti del personale
sanitario e disponibilità/uso di attrezzature ed il verificarsi di un EA, identificando così i potenziali fattori di rischio
al fine di rimuoverli (in questo senso l’analisi anche dei
“near miss” assume un ruolo importante e complementare) garantendo la riservatezza con una opportuna (e
formalmente garantita!) attività di “audit”, “peer review”,
ecc. In tale contesto il rilievo di responsabilità dovrà avvenire sotto il profilo “solo operativo”, escludendo i risvolti
economici, con l’unica finalità di permettere quella rimozione dei rischi di cui sopra e le informazioni disponibili
e/o recuperabili dovranno essere utilizzate esclusivamente a questo scopo.
Il GS invece dovrà invece, come suo obiettivo di efficienza, cercare di “pagare il meno possibile” e quindi:
1. Verificare l’entità del danno.
2. Accertare le responsabilità e/o colpe, sotto il profilo
“legale”.
3. Contrapporsi/patteggiare con la controparte.
La possibilità che informazioni riservate, raccolte dal GRC
per scopi di prevenzione primaria dei rischi, passino al
GS per mascherare eventuali colpe e/o ridurre l’entità
dei risarcimenti sussiste e va assolutamente contrastata,
operando una separazione netta fra GRC e GS.
Le informazioni riservate che dovessero emergere nell’ambito della procedura di mediazione/conciliazione dovrebbero essere invece considerate come utilizzabili ai
fini della prevenzione/rimozione dei rischi (senza per ciò
entrare in contrasto con quanto previsto agli art. 9 e 10
del Decreto legislativo 4/3/2010 n° 28).
Assicurazioni sanitarie
651
Qualche commento ai dati in “autoassicurazione”: punti
di forza e di debolezza dell’esperienza toscana.
(“Rapporto Ania. Alcuni chiarimenti sulla gestione dei sinistri in Toscana”, a cura di T.Bellandi e R.Tartaglia del
Centro regionale per la gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente - GRC - Regione Toscana, risposta
riportata da Quotidiano sanità del 2 Agosto 2014)
Un punto saliente sembra essere quello della riduzione
delle richieste di risarcimento (di cui si sottolinea la diminuzione “nettamente maggiore tra il 2009 ed il 2013,
anni in cui è stata introdotta la gestione diretta, rispetto
a quella tra il 2006 ed il 2008”): alcune precisazioni
sembrano doverose/essenziali per capire se la Regione
Toscana si sia presa in carico i sinistri denunciati a partire
dal 2010 anche se avvenuti in anni precedenti oppure
questi siano stati rimandati al regime assicurativo in vigore al momento del loro accadimento.
Si ricorda a questo proposito che sussistono due possibili
regimi assicurativi:
• Loss occurrence: sono coperti i sinistri che avvengono
quando la polizza è “attiva”;
• Claims made: sono coperte le richieste di risarcimento
presentate durante il periodo di validità della polizza
(possono essere relative a fatti pregressi).
I dati forniti dal GRC toscano per il periodo 2010-2012
indicano costi per 103 milioni di Euro (sinistri liquidati
per 50 milioni – In altra sede si riportavano però risarcimenti per 22,5 milioni all’anno per il biennio 20102011 – e 53 milioni di stima dei costi futuri per i sinistri
da risarcire) a fronte di una stima triennale di 180 milioni di Euro per costi assicurativi potenziali (premi + franchigie), basata sull’entità estrapolata dei premi pagati
negli anni precedenti.
Alcune osservazioni:
1. Da dati Ania si ricava, in una situazione a regime, un
grossolano rapporto 1:3 fra PAID e RESERVE (indennizzi pagati annualmente a fronte di quanto messo a
riserva) mentre per la Regione Toscana, trattandosi del
periodo di avvio in cui si pagano i sinistri meno impegnativi economicamente, dovrebbero andare a riserva risorse ben più consistenti per fronteggiare adeguatamente, negli anni a venire, i casi più “rognosi” (in”
cauda venenum”), considerando che, sempre su dati
Ania, dopo 18 anni rimanevano 2,3% di “riservati”
con oltre il 7% di importo!
2. I 180 milioni di Euro di premi comprendevano le imposte sui contratti assicurativi (al 22,25%) e l’intermediazione (brokeraggio, di solito fra il 5 ed il 10%) il cui
652
Assicurazioni sanitarie
importo andrebbe correttamente sottratto.
3.La differenza residua (quindi circa 30 milioni di
Euro) andrebbe rapportata alle spese (non valutate,
o comunque mai rese note) sostenute, per i 3 anni
in questione, per la gestione, in economia e/o con
il supporto di consulenze specialistiche esterne, del
sistema di valutazione dei sinistri e della loro liquidazione articolato nelle 16 Aziende toscane ed a livello
regionale.
Pur sussistendo una sostanziale scarsità di informazioni
per procedere ad una valutazione più rigorosa e puntuale
si possono evidenziare, in positivo ed in negativo, alcuni
elementi.
Punti di forza:
a. creazione di una rete di risk manager nelle 16 Aziende toscane con relativa sensibilizzazione sul tema dei
rischi sanitari ed implementazione di Buone Pratiche
per la sicurezza delle canagure
b. analisi ed approfondimento anche dei near miss (i cosiddetti “quasi incidenti”) oltre che degli eventi avversi.
c. corsi di alta formazione «gestione del rischio nella
pratica clinica e miglioramento continuo della qualità
e sicurezza delle cure», con il Laboratorio management e sanità della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa
(alla 6° edizione);
d.aumento delle conciliazioni* e della tempestività dei
rimborsi (ed assenza di sequele penali);
e. riconduce il processo di liquidazione in un contesto
sanitario (differenziandolo dal risarcimento danni per
r.c.a., incendio od altro) con una rianalisi del problema posto e l’eliminazione delle possibili componenti
di reclamo, insoddisfazione, ecc.
f. risparmio sugli indennizzi/risarcimenti (come riduzione dell’ammontare medio piuttosto che come aumento
del numero dei respinti e/o senza seguito) **
* anche se non si può non rilevare la contraddizione
“filosofica” fra l’adozione della mediazione, (meno
Stato meglio è) contestualmente alla decisione di portare nell’ambito pubblico l’attività di assicurazione sanitaria, inoltre va sottolineato che non ci può essere
conciliazione senza riconoscimento implicito di colpa
e ciò potrebbe trovare l’opposizione del sanitario per
un suo personale interesse al “buon nome”, a fini di
carriera, ecc.
** tutto questo non risulta però, al momento, adeguatamente documentato dai dati pubblicati.
N. 206 - 2015
Punti di debolezza:
a. creazione ex-novo di competenze, interne alle aziende sanitarie, in tema di loss adjuster (valutatori del
danno), per cui occorrerebbero dati analitici sui costi
e sulle reali capacità di svolgere a livello professionale
tali compiti (in alternativa al ricorso a specialisti esterni);
b.sistema informativo integrato del rischio clinico (includente anche il SRGS -Sistema regionale gestione
sinistri) che viene, per certi versi, a contrapporsi al
SIS (Sistema informativo sanitario) ufficiale (Scheda
nosologica di dimissione ospedaliera, CeDAP; ecc.)
e che dovrebbe confluire/armonizzarsi con il SIMES
(Sistema informativo per il monitoraggio degli errori
in sanità, facente capo ad Agenas), tuttora in fase di
difficoltoso decollo;
Reintroduzione di elementi di possibile “sudditanza psicologica” tipica del rapporto medico-paziente nella procedura di valutazione del danno
Sistema un pò “naif” di valutazione probabilistica dei pagamenti ritardati, per le richieste già presentate, e dell’entità del loro risarcimento/indennizzo: la suddivisione in
tre categorie di Probabili (circa il 16%), di Possibili (circa
il 40%) e di Remoti (il restante 44%) in relazione al grado
di realizzazione del pagamento con le relative aliquote
di futuro indennizzo (dal 90 al 10%) appare decisamente
inadeguato rispetto alla sofisticazione delle più aggiornate tecniche di previsione attuariale, che richiedono però
specifiche competenze specialistiche che non risultano essere invece rappresentate in seno al Comitato scientifico
del Centro GRC
Procedura di messa a riserva delle cifre offerte e rifiutate,
prevista esplicitamente dalla Delibera G.R.T. 1234/2011
(“Fase III – Definizione Sinistro: Se invece il danneggiato
rigetta la liquidazione d’indennizzo formulata, l’U.O. Affari Generali/Legali iscrive la riserva (valutazione interna)
per l’eventuale soccombenza nell’azione legale di risarcimento”) che ove comportasse una sottostima sistematica
delle passività (quanto rifiutato in prima istanza sarà verosimilmente inferiore al definitivo!) potrebbe configurarsi
forse come una fattispecie di falso in bilancio
Attuale inadeguata stima delle ritardate denunce IBNR
(Incurred But Not Reported), almeno in parte motivata dal
fatto che solo una attenta analisi delle serie storiche (che
qui non è ancora fattibile, data l’esiguità temporale della
serie stessa) permetterebbe di arrivare a delle stime attendibili con i relativi intervalli probabilistici di confidenza:
andrebbero comunque esplicitati i criteri di quantificazione economica e le modalità della loro messa a riserva.
N. 206 - 2015
Verso un nuovo modello di autoassicurazione
Il Servizio sanitario pubblico deve indicare in modo chiaro ed esplicito quali siano le priorità. Risparmiare soldi/
contenere i costi o far aumentare la sicurezza dei pazienti
(ridurre i rischi e limitare i danni) non sono inconciliabili
ma possono contrapporsi ad esempio in fase di ridefinizione dei flussi informativi (e rispettiva rilevanza): al limite, provocatoriamente, se si fosse capaci di ridurre gli
indennizzi a “zero” non ci sarebbe forse più bisogno di
intervenire sui rischi?
Naturalmente esistono delle vie di mezzo, come in passato la presenza di franchigia avrebbe dovuto indurre/
stimolare il coinvolgimento diretto della struttura sanitaria (e quindi indirettamente il suo interesse alla rimozione
delle situazioni di rischio!) adesso potrebbe configurarsi
un sistema misto di autoassicurazione per eventi avversi
“medio/piccoli” riservando all’assicurazione esterna la
copertura degli eventi “catastrofici” mediante l’introduzione di modelli di gestione “self retention” che ottimizzino
il rapporto fra le parti e valorizzino adeguatamente, in
termini di premi assicurativi, i risultati ottenuti in tema di
rimozione dei rischi (cosa questa che invece non è avvenuta in passato!).
Quello dell’autoassicurazione è davvero un mercato sui
generis in quanto non sussistendo più un premio da far
pagare quale sintesi del processo di analisi sui rischi, sui
danni reali e su quelli reclamati quale significato nuovo
assume il “fair price” (prezzo equo) a livello di operatore
e/o di struttura operativa? Può costituire un indicatore sintetico di rischio “eccessivo” (score che quantifichi l’entità
di rischio rimuovibile, standardizzato e confrontato con
un benchmark) utilizzabile, per un giudizio di performance, in sede di valutazione del personale e/o degli amministratori, una volta “sterilizzata” la fase di quantificazione economica del danno.
Rimane sempre il problema se tale quantificazione sia
più utile per incentivare (premi ai “migliori”) o per disincentivare (penalizzazioni ai “peggiori”) oppure sia più
opportuno rovesciare la tendenza con una maggiore allocazione di risorse/formazione concentrate proprio sui
punti e/o operatori più critici!
A livello regionale è invece di indubbio interesse arrivare ad un ”fair price” globale (quale premio assicurativo
si dovrebbe pagare per coprire i rischi dell’intero sistema sanitario regionale) e soprattutto stimare la massima
perdita potenziale in condizioni estreme, fornendo alla
Regione elementi conoscitivi indispensabili per un adeguato accantonamento di risorse mediante la costituzione
di specifiche riserve attuariali, anche se trattandosi di ac-
Assicurazioni sanitarie
653
cantonamento e gestione di risorse senza trasferimento di
rischio a soggetti terzi (autoritenzione totale) non sembra
comunque sussistere la delimitazione (requisito assicurativo questo essenziale) del “patrimonio aggredibile” degli
enti pubblici coinvolti (Aziende ospedaliere, Regione) che
ne rimarrebbero quindi responsabili “in toto”.
Autoassicurazione ed equità
Uno dei temi “caldi” dell’analisi epidemiologica sull’attività dei servizi sanitari è quello delle possibili disuguaglianze (di accesso ai servizi, di esito, ecc.) imputabili alle
differenti condizioni socio-economiche, culturali, ecc., ma
finora non è stato mai posto il problema di valutare le possibili disuguaglianze derivanti dal verificarsi degli eventi
avversi e dal loro risarcimento/indennizzo.
Le variabili individuali che potrebbero differenziare la probabilità del verificarsi dell’evento avverso sono qui mirate
alle caratteristiche di status socio-economico, al netto di quelle imputabili ad altri aspetti (età, sesso, patologia, gravità
ecc.) al fine di evidenziare differenze di rischio. Passando
poi alle fasi successive della richiesta di indennizzo e della liquidazione (o meno!) dello stesso sarebbe interessante
accertare se, in regime di assicurazione esterna, ci fossero
elementi significativi di differenziazione in merito alle capacità di affrontare con successo un’azione risarcitoria.
Rispetto al nuovo regime di autoassicurazione le potenziali disequità, specialmente legate alla fase di rivendicazione del danno e dell’entità della sua liquidazione, sono
aumentate o diminuite?
Sicuramente quello che va evitato è che i risparmi (effettivi
o potenziali) connessi ad un nuovo sistema assicurativo
portino ad un aumento delle disuguaglianze stesse, scaricandosi cioè sulle spalle della componente più debole
della società.
Autoassicurazioni e medicina difensiva
La medicina difensiva si verifica quando i medici ordinano test, procedure e visite, oppure evitano pazienti o
procedure ad alto rischio, principalmente (ma non necessariamente) per ridurre la loro esposizione a un giudizio
di responsabilità per malpractice. Quando i medici prescrivono extra test o procedure per ridurre la loro esposizione a un giudizio di responsabilità per malpractice,
essi praticano una medicina difensiva positiva. Quando
essi evitano certi pazienti o certe procedure essi praticano una medicina difensiva negativa. (OTA, Office of
Technology Assessment, USA).
È importante ricordare che a fronte di circa 2 miliardi di
euro riportati come possibile entità complessiva dei costi
654
Assicurazioni sanitarie
riconducibili alla sfera assicurativa medica si contrappongono (come riportato in convegni, interviste ed indagini
parlamentari) cifre indicative fra i 10 ed i 13 miliardi
riferibili alla medicina “difensiva”.
Ne viene come conseguenza che quando si valutano le
implicazioni connesse ad una scelta in tema di assicurazione medica (con particolare riferimento alla promozione delle attività di risk management) occorre tener conto,
massimamente, dei possibili e rilevanti riflessi che questa
può avere nella riduzione di tali costi indiretti.
Va anche aggiunto che in un’ottica più ampia di comportamenti medici difensivi può ascriversi anche l’alterazione delle informazioni riportate nella documentazione
medica (anche di valore legale come la cartella clinica)
al fine di nascondere l’effettuazione di manovre/interventi/procedure sconsigliati (se non addirittura proibiti!)
che potrebbero costituire elementi negativi in un giudizio
di responsabilità civile e/o penale. La “via di fuga” è
rappresentata dalla possibilità di riportare solo successivamente (ad es. per i CeDAP l’obbligo di compilazione
è entro 10 giorni dalla nascita) o addirittura alterare a
posteriori l’informazione mentre sarebbe necessaria una
registrazione in “tempo reale” e l’obbligo di consegna
della documentazione medica del ricovero al momento/
atto della dimissione del paziente: ciò fornirebbe una ben
maggiore garanzia di qualità dei dati, anche come elemento di prova in sede giudiziale.
Il ruolo della magistratura, dell’avvocatura e della
politica
Si assiste da un lato all’accumulo di cause civili, che contribuiscono con 30000 liti ogni anno ad un contenzioso che
ha raggiunto al 31/12/2010 oltre 3.800.000 casi pendenti, e dall’altro ad un numero abbastanza rilevante (stima
MARSH circa il 5% delle denunce di sinistro) di cause penali
(spesso intentate come “apripista” rispetto alla causa civile)
che solo nell’1% di casi conducono alla condanna.
Con l’autoassicurazione si potrebbe aprire inoltre un
nuovo terreno di scontro per le azioni di rivalsa (esclusa,
per la colpa lieve ma non per il dolo e la colpa grave,
dall’art.3 del Decreto Balduzzi): infatti se il sinistro veniva
pagato dall’assicuratore non si configurava esplicitamente un danno erariale (non essendoci un esborso pubblico aggiuntivo), mentre in regime di autoassicurazione il
risarcimento risulta in corrispondenza biunivoca con l’operato di un singolo o di una èquipe, causando quindi
direttamente un danno economico all’Azienda.
A loro volta gli avvocati, tramite il Consiglio nazionale
forense, si dichiarano contrari:
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• All’orientamento del legislatore di concentrare la responsabilità civile dei casi di malpractice sulle strutture
sanitarie limitando invece quella dei medici: perché
si ridurrebbe la compagine dei soggetti verso cui indirizzare le pretese risarcitorie in caso di danno e si
indurrebbero i medici ad una minore soglia di attenzione, diligenza e perizia con evidente pericolo per i
pazienti.
• A limitare l’esercizio della rivalsa nei confronti dei medici ai casi di dolo o colpa grave ciò che potrebbe favorire ulteriormente il rischioso processo di deresponsabilizzazione professionale del personale sanitario.
• A ridurre il termine prescrizionale da 10 a 5 anni perché costituirebbe una riduzione drastica degli spazi di
tutela del cittadino.
• A disciplinare per iscritto il contratto tra medico e paziente, perché secondo loro è sufficiente l’obbligo generale di protezione del professionista nei confronti
del paziente sancito dalla magistratura.
La XII Commissione parlamentare - Affari sociali della Camera dei Deputati, a sua volta, ha così sintetizzato, recependole da varie proposte di legge, le richieste avanzate
dagli operatori:
1. Approvazione delle Tabelle ex art.138 (valorizzazione delle c.d. lesioni macro-permanenti, quelle superiori al 10% di percentuale di invalidità) con una quantificazione del danno in linea con gli standard europei.
2.Riduzione a 5 anni dei termini di prescrizione per i
danni da Medical malpractice
3. Istituzione di unità di risk management a livello regionale (e aziendale).
4. Istituzione di sedi di conciliazione obbligatoria.
5. Definizione del perimetro della responsabilità civile e
della responsabilità penale degli operatori sanitari.
Prime considerazioni conclusive
È indubbia la rilevanza della problematica e la sua potenzialità “esplosiva” dato che finora si è assistito ad una
netta insufficienza delle cautele messe in atto per arginare
il fenomeno di cui sottolineiamo:
• una sorta di confluenza di interessi divergenti per cui
le compagnie d’assicurazione non hanno più interesse
a rimanere sul mercato (a fronte di perdite che magari saranno anche “gonfiate” ma appaiono comunque
rilevanti!) e le Regioni vogliono sostituirsi ad esse con
l’intento da un lato di risparmiare, almeno nel breve
termine, e dall’altro di ridurre i rischi e quindi di contenere i danni a medio-lungo termine;
• che sembra improprio che il SSN si debba occupare
Assicurazioni sanitarie
N. 206 - 2015
di temi di cui non ha le competenze e che le vada
acquisendo dall’esterno oltre a riconvertire professionalità interne, che potrebbero essere invece utilizzate
per ottimizzare il rapporto con assicuratori esterni;
• che alcuni punti chiave per la ridefinizione della problematica sono in mano ad attori “terzi”:
1. Potere legislativo per la ridefinizione della responsabilità civile e della normativa sul rischio biologico, sulla durata della decadenza per il risarcimento, ecc.
2. Potere giudiziario per la definizione delle responsabilità e la determinazione dell’entità dei risarcimenti evitando la via stragiudiziale (vedi in proposito anche ruolo dell’avvocatura).
3.Mass-media per la sensibilizzazione dei pazienti
che abbiano subito un evento avverso inducendoli
a richiedere un risarcimento/indennizzo.
Occorre che le parti in causa (Conferenza Stato-Regioni,
Ania, Agenas, Magistratura) mettano in piedi un tavolo
di discussione/valutazione comune evitando che le varie
realtà regionali (nelle loro peculiari diversità!) si muovano
in ordine sparso, fino ad un “punto di non ritorno” con
soluzioni contraddittorie e potenzialmente pericolose per
le future finanze pubbliche!
Riferimenti bibliografici:
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Bellandi T, Tartaglia R. Rapporto Ania. Alcuni chiarimenti sulla
gestione dei sinistri in Toscana, Studi e Analisi-Quotidiano Sanità, 2 agosto 2014.
Decreto “Balduzzi” D.L. 158/2012, convertito in Legge
655
8/11/2012 n. 189.
Giardiello R, Tartaglia R, Borsari G. Percorsi di risoluzione alternativi al contenzioso giudiziale. Toscana Medica 2/12, 2012.
Marchi M, Acanfora L. Le statistiche sanitarie correnti: queste
sconosciute!. Epidemiol Prev 2013;37;308-15.
Marsh Risk Consulting. Medical Malpractice Claims Analysis.
Quinta Edizione, Dicembre 2013
Office of Technology Assessment, Defensive Medicine and Medical Malpractice, OTA-H--6O2. Washington, DC: U.S. Government Printing Office, July 1994
Regione Toscana, D.G.R.T. 1234/2011. Indicazioni organizzative per la gestione diretta delle richieste di risarcimento per
responsabilità civile verso terzi e operatori (RTC/RCO) e per il
controllo del rischio clinico, 2011.
Savelli N. Rischio Clinico ed evento avverso. Un approccio di
Risk Management”, introduzione al Corso “La gestione del rischio clinico per la sicurezza del paziente e la sostenibilità del
S.S.N.”, Milano, marzo 2014
Tartaglia et al. Eventi avversi e conseguenze prevenibili: studio
retrospettivo in cinque grandi ospedali italiani, Epidemiol Prev
2012:36;3-4.
Marchi & Acanfora su Epidemiologia e Prevenzione
Siti web di riferimento:
http://ww.salute.toscana.it/sst/grc/rischio-clinico.shtml
http://www.erroredelmedico.it/news-view.php?i=320
http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.
php?articolo_id=22946
NSIS_SSW.MSW_PROGR_SIMES_MTR
656
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
Monografia
Formazione, certificazione
professionale e MOOCs
a cura di Silvia Falsini, Benedetta Novelli, Luigi Tonelli
Presentazione
Nell’attuale contesto dei sistemi pubblici parlare di formazione in termini di sviluppo, di nuove metodologie, di certificazione sullo stato di soddisfacimento del debito formativo e pensare alla formazione
come uno degli strumento adeguato per affrontare le sfide del Sistema sanitario significa interpretare la
formazione come investimento sulle risorse umane.
Nelle strutture sanitarie il capitale umano è centrale per garantire al cittadino un livello di servizio
efficiente ed efficace, quindi la formazione rappresenta uno dei motori essenziali per gestire il cambiamento organizzativo e per valorizzare il livello delle competenze dei professionisti.
Con questa idea abbiamo pensato ad un nuovo numero di Salute e territorio sulla formazione in sanità.
In passato sono stati pubblicati tre numeri sulla formazione: nel 2008 “La formazione continua in medicina”, che ha fornito un panorama importante sullo stato di applicazione del sistema ECM in Italia,
nel 2011 “La qualità della formazione “che ha focalizzato l’attenzione sull’attività della Commissione
Nazionale Formazione Continua e delle sue sezioni arricchita da contributi regionali, nel 2013 “Sanità: investire in formazione” che rappresenta uno sviluppo sull’attività della Commissione Nazionale
Formazione Continua insieme a esperienze formative di livello regionale di particolare rilievo.
In questa monografia si è voluto invece offrire spunti di riflessione sulla formazione in sanità in termini
di metodologie innovative-simulazione, FAD, MOOCs- di strumenti che possono essere di supporto al
professionista e alle Aziende come il dossier formativo, e inerenti tematiche centrali per i professionisti
sanitari, quali la valutazione dei curricula formativi e la loro certificazione.
Stefania Saccardi
Diritto alla salute al welfare e all’integrazione socio-sanitaria
N. 206 - 2015
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
657
Opinioni, auspici (e citazioni)
a proposito di didattica
della medicina
Gianluigi Trianni
Medico Sanità pubblica, Modena
già Direttore sanitario AO Careggi, Firenze
Abstract
L’autore, richiamatine preliminarmente i diritti costituzionali inerenti, illustra sinteticamente etimologia ed evoluzione storica
della didattica della medicina sino all’attuale epoca di terza rivoluzione industriale e di globalizzazione. L’auspicio della
diffusione dell’e-learning, di cui i MOOC sono parte, nella didattica della medicina è occasione per considerazioni sulla
opportunità dell’incremento numerico e della modifica dello stato giuridico del personale universitario, sulla integrazione tra
assistenza, didattica e ricerca e sui relativi impatti sull’organizzazione di Università e SSN.
Chi esprime le opinioni, gli auspici (e le citazioni) che
seguono non è esperto di didattica medica, della quale
è invece semplice “utente indiretto” e “committente” in
virtù dei diritti che la Costituzione riconosce a ciascun cittadino, potenziale paziente e interessato comunque alla
salute del “prossimo sociale” come elemento costitutivo
della sua propria salute.
Più in specifico è un utente ed un committente “relativamente informato”, in virtù di un passato di igienista ospedaliero che ha esercitato funzioni di direzione sanitaria e
generale in ospedali universitari e non ed in aziende usl.
In estrema sintesi potremmo definire i predetti diritti costituzionali come il diritto alla salute e, in via correlata e
dipendente, alla qualità delle cure, che è funzione anche
della qualità dei professionisti della salute, a sua volta
correlata alla qualità della loro formazione universitaria e
post universitaria e del loro aggiornamento.
Non è questa la sede per progredire nella disamina di tali
diritti ma è bene che tutti i “coinvolti” nella didattica medica, pubblica ma anche non, si rammentino che agiscono
sul terreno dei diritti costituzionali, vincoli ed opportunità supremi (!), prima che su ogni altro terreno, a cominciare da
quello del mercato, sbandierato come “moderno” in questi
tempi di liberismo “costituzionalmente irresponsabile”.
Al fine di richiamarne la “onnicomprensività” e la “pervasività” non è forse inutile rifarsi all’etimologia dei due
termini che compongono la preposizione “didattica della
medicina”, ed a cenni della rispettive evoluzioni storiche.
Il termine «medicina» deriva dal latino “medicus”, medico, che a sua volta deriva da “medeor, mederi”, «rimediare», ma in senso più stretto «medicare» «risanare, curare,
aver cura». Il medico era un uomo che aveva come sola
risorsa quella di aver cura di altri uomini, ricevendone in
cambio un obolo di riconoscenza. Senza lucrare, forniva
egli stesso il medicamentum. Chiunque avesse avuto bisogno del suo aiuto, poteva trovarlo, a ogni ora del giorno
e della notte, nella taberna medica, una bottega a metà
strada tra l´ambulatorio e il dispensario 1.
Se nel corso dei secoli la medicina, il «risanare, curare,
aver cura» da pratica è stata “promossa” a scienza, e
il mestiere a “professione”, negli ultimi decenni quella
medicina è esplosa in un “insieme di scienze” e quel
mestiere in un “insieme di professioni” finalizzate alla
tutela della salute.
Questi ultimi decenni, infatti, sono stati quelli della terza
rivoluzione industriale, quella dell’informatica, delle biotecnologie e dei nuovi (e nano) materiali, che iniziatasi
“in sordina” nel secondo ‘900 post bellico si è sviluppata “a valanga” nell’attuale inizio del terzo millennio,
ed appare addirittura prossima alla sostituzione/amplificazione da parte di una quarta rivoluzione industriale,
caratterizzata dall’affermarsi di “sistemi ciber-fisici” nei
658
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
processi industriali, cioè dall’inserimento nei lavori svolti
dagli esseri umani di macchine intelligenti e connesse a
internet.
Tra gli altri aspetti da sottolineare, e di cui prender atto,
c’è il fatto che, ormai come in ogni ambito delle attività
umane, anche in quello “medico” o “della tutela della
salute” l’evolversi delle conoscenze e delle competenze
ha raggiunto una tale dimensione quantitativa ed una tale
complessità, peraltro in costante espansione (!), da non
potere essere più espletate da singoli “dotti”, (e quindi
neppure insegnate da singoli “docenti”!), ma da necessitare di una “pluralità di professionismi e di competenze”,
quindi di soggetti “dotti” (e di “docenti”!).
Anzi di più, nei fatti non solo si è passati da un “dotto” ad
una “pluralità di professionismi e di competenze”, ma si è
verificata una sorta di inversione di senso che potrebbe richiamarsi alle differenze fra induzione e deduzione: mentre la medicina sino ad oggi ha proceduto dal generale al
particolare, vedi il formarsi delle specialità, la medicina
che si sta affermando procede, e sempre più procederà,
dal particolare al generale. Già oggi, più o meno consapevolmente, sono i cultori delle specifiche patologie e
delle specifiche tecnologie diagnostico-terapeutiche, i “superspecialisti”, a dover/saper gestire, “in team”, per le
specifiche competenze acquisite non altrimenti reperibili
presso altri specialisti “generalisti”, i problemi e gli impatti clinici generali rispetto ai quali le scelte diagnostiche e
terapeutiche della specifica patologia/tecnologia di loro
pertinenza dovranno essere modulate. Si pensi al caso
dei percorsi assistenziali diagnostico-terapeutici (diabete.
BPCO, Ipertensione ecc) che sono in buona parte costruiti
su quadri morbosi che coinvolgono diversi professionisti,
di diverse discipline, di diversi setting assistenziali, e sono
sul piano organizzativo la massima garanzia di efficacia
da poter /dover fornire ai pazienti, per i quali sono inoltre, insieme all’accesso alle cure, la principale richiesta
inesaudita. E ciò vale anche per i pazienti pluripatologici
e di età avanzata.
Si è passati nei pochi decenni del ‘900 da una scienza
“ed una tecnologia” della salute espletabile da un singolo medico-chirurgo, espressione usata ancor oggi ma
non più corrispondente alla realtà, operante a domicilio
ed in “ospitali” premoderni con l’aiuto di “addette/i agli
infermi” senza specifica cultura che non derivasse dalla
sola esperienza pratica, all’epoca in cui esse sono state espletabili solo in grandi ospedali (ed in grandi poliambulatori) caratterizzati dalla specializzazione di medici, infermieri e tecnici sanitari, all’epoca attuale nella
quale la scienza e la tecnologia della salute costituite in
N. 206 - 2015
realtà da un insieme “disparato” di scienze, discipline
e professioni, e sono espletabili, e da espletarsi, in un
“setting assistenziale”, nonché di formazione e ricerca
clinica, olonico-virtuale (virtualmente unico) che ingloba
Ospedali, sempre meno “ospitali/alberghi” e sempre più
centri di sofisticata tecnologia diagnostico-terapeutica e
di riabilitazione, e “territorio”, l’insieme di poliambulatori
polispecialistici decentrati e dei domicilii, comuni o personali, dei pazienti, interconnessi da quei sistemi di ICT,
tecnologia della comunicazione delle informazioni, che
costituiscono il substrato materiale della e-health.
Ma le nuove tecnologie della comunicazione e la correlata globalizzazione reale e potenziale del sapere scientifico, oltre a quelle dei capitali, della produzione e della
distribuzione, comprese quelle di attrezzature sanitarie
e farmaci, hanno già prodotto una globalizzazione anche delle attività assistenziali. Già oggi esistono, infatti,
reti globali su “patologie rare” che consentono di definire linee guida sulla base della messa in rete delle varie
casistiche cliniche. Non c’è dubbio che la attuale “personalizzazione” diagnostico terapeutica, nell’area delle
patologie ad alta epidemiologia, possa consentire nel
prossimo futuro reti diffuse mirate a specifiche caratteristiche del paziente.
Didattica deriva dal greco “di-dach-è”, insegnamento.
Dalla stessa radice sanscrita “dic” e della antica lingua
dei parsi persiani “dakhsc”, che si rafforzano reciprocamente e che entrambe hanno il senso di mostrare, derivano i termini greci “di-dasco”, insegnare, “di-dax-is”,
lezione, e “deknnyo”, indico, ed i termini latini “doc-eo”
insegno e “disco” apprendo.
È nel tardo latino che in luogo di “doc-eo” si afferma
il termine “insignare” composta da in- (intensivo) e da
signare nel senso di “mostrare, spiegare”.
“Anche se si tratta di una concezione che ancora perdura e addirittura sembra risultare predominante, tuttavia
si deve riconoscere che essa risulta infondata, in quanto
l’apprendimento non viene più concepito come un processo passivo di colui che offre al docente la sua tabula rasa perché egli vi segni (incida) le conoscenze. (a)
… L’insegnante non è colui che imprime le conoscenze
nella mente dell’alunno, universalmente considerato non
più passivo ma sempre attivo, ma è colui che crea le situazioni di apprendimento, i contesti di apprendimento,
le esperienze che gli alunni possono effettuare per riscoprire, reinventare, ricostruire i concetti“…” L’insegnare è
ancora tradurre in “segni” (in-signare), ma con la precisazione che: a) i segni possono essere concreti (comuni e strutturati),
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virtuali, iconici e simbolici; b) i segni debbono essere utilizzati, non tanto dagli insegnanti, quanto dagli alunni per scoprire, inventare,
costruire i concetti (problem solving), auspicabilmente
nella forma del lavoro di gruppo (cooperative learning). Questo significato dell’insegnare vale per tutte
le discipline … si articola in diversi momenti (motivazione, progettazione, ricerca, consolidamento, verifica, recupero, approfondimento ed arricchimento) 2.
L’apprendimento, a sua volta, consiste nell’acquisizione
o nella modifica di conoscenze, comportamenti, abilità,
valori o preferenze e può riguardare la sintesi di diversi
tipi di informazione, si da acquisire nuove modalità di
agire o reagire, per adattarsi ai cambiamenti dei contesti
ambientali, compresi i contesti relazionali.
Lasciando alla psicologia ciò che è della psicologia ed
avvicinandosi ai temi della salute non può non osservarsi
che l’apprendimento riguarda prevalentemente gli adulti
e quindi la “tecnologia” di insegnamento da prediligere
dovrebbe essere l’Andragogia, da “aner andros”, uomo,
adulto, e “ago” condurre, insieme di tecniche di insegnamento che già nel XIX secolo si iniziarono a formulare
sulla base della considerazione che cambia con gli anni
la curva dell’apprendimento e che esso negli adulti si configura come un processo di ricerca attiva più che come
una ricezione passiva di contenuti.
In relazione all’espressione “didattica della medicina” è
banale, ma vincolante, l’osservazione che accanto ad
una storia della medicina della sua scienza e delle sue
tecnologie, tema che diamo per scontato sia presente a
chi legge, esiste una storia della tecnologia della parola,
cioè dei sistemi di comunicazione e delle relative tecnologie e ciò anche in ambito didattico, potendosi quindi
identificare una storia, ed una attuale precipitosa evoluzione, delle tecnologie didattiche.
Basti pensare al, tanto lento quanto di eccezionale importanza, passaggio dalla “tradizione orale” del sapere agli
albori delle civiltà alla trasmissione scritta data dall’incontro tra la parola e la scrittura e dall’evolversi di quest’ultima dalla manualità alla stampa.
Si pensi che nell’università medievale, la chirografia, oggi
così largamente soppiantata dai “bit” prodotti da tastiere
anche virtuali, induceva il docente ad esporre o a leggere
ad alta voce un testo, in latino “lectio” da cui lezione, sì
che i discenti potessero riprodurre sulle loro pergamene
sotto dettatura, testi e concetti esposti dal docente.
Quanta distanza dall’e-learning, reso possibile dalla predetta terza rivoluzione industriale e definito dalla Comunità Europea “Per e-learning (o apprendimento online, o tele
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
659
apprendimento) si intende l’uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così
come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione
(creazione di comunità virtuali di apprendimento). (CEC
2001).
Si è passati dalla didattica “frontale” alla didattica a distanza.
“Dopo i primi tanto entusiastici quanto acritici approcci
al modello, sostanzialmente caratterizzato dall’accesso a
contenuti multimediali ed ipertestuali via internet, con i
primi fallimenti di tale semplicistico approccio ai problemi
dell’apprendimento, si sono avviate riflessioni, ricerche e
concettualizzazioni che hanno portato a nuove pratiche
di usi didattici delle tecnologie, tutte caratterizzate dalla
focalizzazione sull’apprendimento più che sulla tecnologia e sull’utilizzo delle tecnologie non come sostitute di
strumentazione analogica ma per quelle loro peculiari
caratteristiche che possono migliorare l’apprendimento.
Questo spostamento progressivo può essere letto come
articolato in quattro tempi:
• Il passato: e-learning o delivery mode
• Il presente: Collaborative & Networked learning
• Il futuro prossimo: Connected learning
• Il futuro remoto: Immersive learning” 3
Nel senso risultante dalla combinazione tra le etimologie
e le definizioni di cui sopra la didattica medica ovvero il
processo di promozione dell’apprendimento delle scienze
e delle tecnologie della salute opera come obbiettivo non
solo delle Università ma anche delle aziende sanitarie,
pubbliche e private, sia nei confronti dei professionisti che
dei pazienti, e per lo stato ed il suo servizio sanitario nazionale, anche per l’insieme dei suoi cittadini.
è questo un contesto di docenza/apprendimento, al pari
di quanto avviene nel resto del “mondo naturale e sociale”, nel quale convivono forme passate e forme future, in
un equilibrio che si sposta dal passato al futuro, talora in
forma lineare e continua tal’altra in forma di rottura e di
discontinuità.
Considero forma passata di docenza, e di organizzazione della docenza, la “lezione ex cathedra”.
Sino agli ultimi decenni dello scorso secolo le lezioni “ex
cathedra”, magistrali quelle dei grandi clinici (Giunchi,
Coppo, Neri Serneri ecc) erano sostanzialmente l’unica
forma di docenza ed erano adeguate a trasferire nozioni e
metodologia clinica dell’epoca; oggi, agli albori del terzo
millennio, permangono nei fatti, ma nei fatti sono finite.
Considero forma nuova di docenza, e di organizzazione
della docenza, la didattica tutoriale.
660
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
Il termine tutor deriva dal latino tutari, intensivo del verbo tuéri, che significa “proteggere, difendere, custodire”.
In Inghilterra tutor è stato utilizzato a lungo anche come
sinonimo di istitutore privato. Oggi si può definire, (Trentin - 2004) “il gestore di processi educativi, spesso di tipo
collaborativo, basato sull’uso intensivo di tecnologie telematiche”.
“L’e-tutor, in effetti, non è un semplice tutor, ma necessita
di una preparazione in tutto simile a quella di un docente esperto della materia. In alcuni contesti, infatti, l’e-tutor costituisce il principale interlocutore per gli studenti e
li assiste nel percorso formativo fornendo loro un supporto didattico oltre che disciplinare e gestendo le attività
e le relazioni all’interno della community. Competenza
e preparazione nella propria materia di insegnamento, capacità di relazionarsi con gli studenti, conoscenza delle dinamiche di gruppo ed esperienza didattica
sono, o dovrebbero essere, caratteristiche fondamentali
di ogni docente, la cui formazione si perfeziona non
solo attraverso lo studio teorico, ma anche grazie alle
esperienze d’insegnamento in modo ricorsivo e continuo… all’interno di un corso di specializzazione in un
ambito disciplinare specifico e circoscritto le due figure
(docente e tutor) potrebbero coincidere poiché il tutor/
docente potrebbe possedere un’approfondita conoscenza della materia d’insegnamento e, allo stesso tempo,
le competenze psico-pedagogiche e tecniche necessarie
allo svolgimento di attività online. Diversamente avviene
invece in un corso multidisciplinare, quale ad esempio
un corso di laurea, che presenta diversi insegnamenti in
discipline differenti per le quali un solo tutor o docente non può fungere da esperto della materia. In questo
caso, infatti, è necessario distinguere le funzioni per lasciare ai docenti le competenze scientifiche e al tutor
quelle relazionali e gestionali. Per quanto riguarda la
supervisione e gestione di attività collaborative come forum, web conferencing, project work di gruppo, ecc., il
compito dovrebbe essere assegnato ai docenti stessi o
ad altri esperti divisi almeno per macro-aree disciplinari,
in modo da poter fornire sempre un feedback competente e puntuale su questioni scientifiche.” 4
Tale didattica “tutoriale” del presente e del futuro ha un
antesignano, nel passato, nella redazione delle tesi di
laurea nelle quali la funzione di “tutor” era/è assolta dal
relatore. Nell’ambito di quella “relazione profonda” docente/discente, che comunque è condizione di efficacia
di ogni attività di docenza e favorisce ogni attività di apprendimento, la redazione delle tesi di laurea esemplifica come la didattica tutoriale abbia il vantaggio che il
N. 206 - 2015
discente “adulto” (cfr. andragogia) possa acquisire “sapere” attraverso un’attività di elaborazione dei “saperi”
“supervisionata” dal relatore, come “supervisionata” dal
relatore è la esposizione di una sua propria tesi, che in
qualche modo testimonia e forma il suo “saper fare”. Se
a ciò si aggiunge che ormai per l’espansione e la complessità dei saperi non solo le grandi scoperte ma anche
i semplice miglioramenti del bagaglio di conoscenze e
competenze di ciascuno e delle equipes di studio e lavoro si fanno negli interstizi tra i settori del sapere nel loro
intreccio e non all’interno dei blocchi disciplinari chiusi
si coglie come in un modo di produzione e di uso del
sapere che non può essere più autosufficiente, il sapere
stesso dipende dalle interrelazioni con il prossimo, con
gli altri “professionisti” e quindi dalla fondamentale capacità di “saper essere”, di saper restare in relazione
con il mondo.
E ciò è ormai esperienza diretta di tutti i professionisti
che operano per la salute.
Nel giuramento di Ippocrate, l’attività assistenziale, l’attività di ricerca e la didattica sono già integrate nella figura del Maestro. Nel terzo millennio il Maestro è plurimo e
globale ed è mediato da un tutor/teacher, anche e-.
Ma la didattica “tutoriale” ha altre due dimensioni di
attualità: una riguarda le disponibilità tecnologiche e
l’altra l’insufficienza del corpo docente universitario e
del suo attuale stato giuridico.
Entrambe le dimensioni possono essere presentate qui
solo in forma di auspicio e di esigenze.
È del tutto evidente che ad un’attività clinica globalizzata
basata sulla ICT, tecnologia della comunicazione delle
informazioni, consegua, in integrazione tra assistenza,
didattica e ricerca applicata, l’affermarsi di una didattica tutoriale che costruisca competenze per trasmettere
nozioni e prassi cliniche con il supporto dell’ICT.
Tutto questo vale sia per la formazione dei professionisti
della salute, non certo solo i medici, ma anche per le attività di aggiornamento che accompagneranno per sempre l’attività dei professionisti ed anche per la gestione
clinica degli stessi pazienti non più oggetto passivo del
sapere e dell’agire medico ma soggetto attivo e competente, “formando ed “informando” sulla prevenzione /
profilassi/ terapia e rieducazione delle sue patologie.
Ciò non si limita al semplice apprendimento ma si estende alla produzione del “materiale didattico” che proviene dalla sperimentazione clinica applicata quindi da
quel processo di valutazione e controllo delle innovazioni assistenziali che a sua volta produce innovazione
clinica e materia didattica.
N. 206 - 2015
In questo senso vanno visti i MOOCs (Massive Open Online Courses), una delle forme di e-learning, necessariamente facilitati da una funzione di tutor necessaria sia nella
prima formazione che nell’educazione professionale.
Ed è la funzione di facilitatore “tutor” che porta alla seconda dimensione su accennata circa l’inadeguatezza tanto
numerica che giuridica del corpo docente universitario
dedito alla scienza della salute, rimandando l’approfondimento del tema del rapporto tra società della conoscenza globalizzata ed università al recentissimo “L’università
nel XXI secolo” di M. A. Garito, ed alla appassionata
prefazione di P. Prodi 5.
Nell’attuale specifico dell’insegnamento universitario della medicina da un lato è evidente che la dialettica tutoriale del presente e del futuro comporta un rapporto
“teacher/tutor-discente” basato su piccoli numeri. Ne
consegue la necessità di molti teacher/tutor. È chiaro che
se si deve, come è opportuno, puntare alla qualità – ovvero ad efficacia ed efficienza – della funzione teacher/
tutor, occorre selezionare professionisti adeguatamente
formati. Pertanto, per approdare all’attualità, un numero
di docenti universitari di scienze della salute, incomparabilmente superiore a quella attuale.
Nelle organizzazioni sanitarie contemporanee è nei fatti
operante già oggi l’organizzazione tridimensionale in-
Figura 1.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
661
tegrata per “aggregati disciplinari e professionali”, per
“aree logistiche e macro funzioni” e per “obbiettivi di salute/mercato” rappresentata nella figura di seguito ma
anche l’integrazione tra assistenza didattica e ricerca 6.
Auspicio dello scrivente è anche che si prenda atto che
gli insegnamenti e gli apprendimenti della scienza della salute sia nella dimensione universitaria che in quella dell’alta formazione professionale ormai si espletano
anche, e saranno sempre più espletabili ed espletandi, “fuori dalle mura dell’ospedale” e quindi anche le
funzioni universitarie si espletino uscendo “dalle mura
dei pochi ospedali universitari” per estendersi a tutti
gli ambiti delle strutture ospedaliere e non del servizio
sanitario nazionale.
Altro che smantellamento e definanziamento di Università
e SSN.
In tale contesto la complessità della funzione tutoriale,
con il tempo che la stessa richiede, comporta un totale
disallineamento della funzione didattica da quella di direzione delle attività esistenziali e di direzione delle attività
di ricerca! La funzione didattica, così estesa e complessa, porta con se l’esigenza di una funzione manageriale dell’attività didattica, che dovrà essere coordinata e
interagente con le funzioni manageriali dell’assistenza e
della ricerca.
662
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
Tale attività manageriale neppure può essere sovrapposta e identificata, ma solo correlata e interagente con le
funzioni di management assistenziale e di ricerca di base
ed applicata, già oggi esuberanti per i veri ricercatori e
assorbenti la loro energia intellettuale.
Queste tre dimensioni “manageriali” vanno ovviamente
plasmate su multiformi modelli organizzativi, non affermate in via burocratica.
Per essere più espliciti, basta con il vincolo della direzione delle unità operative (ex primariati) del Servizio sanitario nazionale collegato allo status di professore ordinario
e con le speciose distinzioni tra docenti ordinari, docenti
associati, e ricercatori dediti all’insegnamento.
“La didattica della medicina” oggi chiede altro!
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3
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2002.
4
M.A. Garito, L’università nel XXI secolo, prefazione P. Prodi,
McGrow-Hill Education, 2015.
5
G. Trianni, La progettazione organizzativa in Sanità. Salute e
Territorio, Anno XXXVI, Fascicolo 204, 2015.
6
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
663
Dalle competenze
ai saperi
Achille Iachino
Direttore Area pianificazione strategica, verifica e controlli attività sanitaria della Regione Lazio, già
Segretario della Commissione nazionale ECM
Abstract
Lo scritto si pone come obiettivo quello di mettere in evidenza la necessità di passare da un ECM delle “competenze” ad un
ECM dei “saperi”. Prendendo le mosse dalla norma che ha introdotto l’obbligo di formazione continua per i professionisti
sanitari, e dopo aver accennato ai diversi livelli di governance del sistema e alla complessità allo stesso sottesa, si passa
ad esplicitare il concetto di cui sopra, vagliandone alcuni aspetti di dettaglio che dimostrano la correttezza dell’assunto di
partenza.
A più di quindici anni dall’entrata in vigore della norma
che ha introdotto l’obbligo di formazione continua per
tutti i professionisti sanitari 1, ci si trova a riflettere su un
sistema che ha seguito e sviluppato varie direttrici, superando ostacoli (formali e sostanziali) di non poco momento 2. Una realtà in continua e rapida evoluzione, fatta di
uomini e istituzioni che, a vari livelli, hanno interagito per
far crescere anzitutto la cultura della formazione continua
intesa come volano per una reale crescita professionale
tanto individuale quanto collettiva.
Dal 1999 ad oggi la realtà operativa a cui la legislazione
sull’ECM si rivolge è quasi completamente cambiata, così
come profondamente mutato è l’assetto normativo che declina il riparto di competenze fra Stato e Regioni3. Eppure
le regole in questione, già allora, avevano guardato nella
giusta direzione, individuando nell’interscambio funzionale fra i diversi livelli di governo della formazione la
strada da percorrere per trovare la necessaria sintesi fra
principi che devono essere uniformi su tutto il territorio
nazionale, e regole di dettaglio che sappiano tenere nella
Ci si riferisce all’art. 16-bis del D.Lgs. 502/92, introdotto
dall’art. 14, D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229.
2
Per avere un’idea, ancorché parziale, della eterogeneità delle questioni che la Commissione e la Segreteria ECM hanno affrontato e
affrontano, è sufficiente dare una rapida lettura agli avvisi e ai comunicati pubblicati sul sito web http://ape.agenas.it/Home.aspx
3
Valga come imprescindibile esempio la riforma costituzionale del
2001 (legge Costituzionale n. 3), che ha profondamente innovato il
riparto di competenze fra Stato e Regioni.
1
giusta considerazione gli aspetti peculiari delle diverse
realtà 4.
Su questo terreno (fertile di spunti ma a volte aspro per
contrapposizioni o incomprensioni) bisogna confrontarsi
e, migliorando costantemente, agire d’intesa non solo per
dettare regole di funzionamento ma anche per definire al
meglio contenuti formativi qualificanti da offrire ai professionisti sanitari e, di riflesso, agli utenti del sistema sanitario nazionale. È qui che si gioca la partita più importante
per l’ECM, che mai come adesso ha bisogno di misurarsi
(sfidarsi?) in maniera chiara con tutti gli attori istituzionali
che vi operano.
Temi importanti sono in attesa (alcuni da tanto tempo) di
soluzioni coraggiose e lungimiranti 5, ma c’è un interrogativo che su tutti merita la massima attenzione se si vuole
Non può che leggersi in tal senso il comma 3, dell’art. 16-ter del
D.Lgs. 502/92 il quale, dopo che nei commi 1 e 2 ha delineato
le attribuzioni della Commissione nazionale ECM, stabilisce: “Le
regioni, prevedendo appropriate forme di partecipazione degli
ordini e dei collegi professionali, provvedono alla programmazione
e alla organizzazione dei programmi regionali per la formazione
continua, concorrono alla individuazione degli obiettivi formativi di
interesse nazionale (…), elaborano gli obiettivi formativi di specifico
interesse regionale (…). Le regioni predispongono una relazione
annuale sulle attività formative svolte, trasmessa alla Commissione
nazionale, anche al fine di garantire il monitoraggio dello stato di
attuazione dei programmi regionali di formazione continua”.
5
Solo per fare qualche esempio: conflitto d’interessi, sponsorizzazioni, sanzioni per gli inadempienti, eventi all’estero, ruolo degli Ordini, dei Collegi e delle Associazioni professionali.
4
664
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
arrivare a far sentire ancora di più l’ECM come un’esigenza più che un obbligo: ai professionisti sanitari dobbiamo
continuare a chiedere sempre maggiori “competenze”, o
ci servono piuttosto i loro “saperi”?
La differenza fra i due concetti è ragguardevole, e schiude prospettive profondamente diverse per il mondo della
formazione continua. Essere competenti, agire in maniera
competente, significa anzitutto essere in grado di rispondere a situazioni complesse in modo adeguato, utilizzando
con dovuta proprietà risorse personali e di tipo tecnico specialistico. Significa, in definitiva, essere e agire da esperti.
I saperi sono altro. I saperi aggiungono qualcosa alle
conoscenze, potenziano le competenze tecniche, affinano l’esperienza. Consentono di andare oltre il tecnicismo
rendendo migliore il professionista. Al di là dell’apprendimento delle competenze e della capacità di applicarle
compiendo anche scelte discrezionali in maniera appropriata, i saperi implicano consapevolezza (dei ruoli, delle
potenzialità, dei limiti, del contesto, dei bisogni, ecc.).
In altri termini, sapere qualcosa significa conoscerla ed
esserne consapevoli. E quindi responsabili 6.
Ecco allora che la formazione in generale, e quella continua in special modo, richiedono nuove declinazioni
operative e contenutistiche, indispensabili per il mantenimento di un ruolo propulsivo rispetto al sistema delle
professioni sanitarie e ai suoi innumerevoli corollari.
Abbiamo invece di fronte un gran numero di professionisti
sanitari e di formatori (provider ma non solo) che puntano sul particolare, sugli aspetti specialistici della propria
attività, smarrendo in tal modo l’immagine d’insieme del
sistema in cui operano.
Ciò si risolve in un errore strategico, che ha come effetto un serrare i ranghi sterile e controproducente. Riferimenti a suffragio di quanto sopra non mancano, e sono
reperibili nell’esperienza quotidiana di tutti: si pensi, ad
es., ai nuovi assetti organizzativi delle strutture sanitarie,
alla sempre crescente consapevolezza (quantomeno nozionistica) dei pazienti, all’evoluzione delle tecnologie,
o all’ormai copiosa giurisprudenza che, occupandosi di
responsabilità professionale, non manca di sottolineare
la sussistenza di una sorta di controllo “diffuso” che i pro-
N. 206 - 2015
fessionisti hanno nei confronti dell’operato dei colleghi 7.
Tale controllo presuppone certo le competenze, che ne
sono anzi il fondamento, ma si esplica soprattutto con
quel quid pluris che sono i saperi in quanto consentono al
professionista di avere una visione complessiva che sia al
contempo globale e di dettaglio.
Nuove realtà sociali richiedono e hanno bisogno di nuovi
professionisti sanitari. Compito di chi si occupa di formazione è anche quello di fare in modo che questi siano
all’altezza. Le potenzialità per farlo non mancano, e a
questo proposito, astraendoci per un attimo dal campo
sanitario, non si può non segnalare in questa sede un
dato oggettivo: in virtù di quanto previsto dal D.P.R. 7
agosto 2012, n. 137, un grandissimo numero di professionisti, a partire dal 2015 (con scadenze diverse a
seconda della professione), saranno obbligati a seguire
programmi di formazione continua 8. Architetti, assistenti sociali, agronomi, geologi, geometri, consulenti del
lavoro, giornalisti e pubblicisti, solo per citarne alcuni,
sono i professionisti che arrivano, quindici anni dopo le
professioni sanitarie, a parlare di formazione continua
obbligatoria. Perché questa (apparente) digressione? Per
rappresentare, in maniera incontrovertibile, che chi si è
occupato e si occupa di formazione in sanità è portatore
di un know how che oggi come non mai va messo a frutto,
anche rivendicando con orgoglio le scelte fatte che, lo si
è visto, hanno precorso i tempi.
Sono, quelli che precedono, argomenti di estremo rilievo che dovrebbero fare da filo conduttore all’agire della
Commissione nazionale e delle Commissioni regionali
ECM, chiamate ad uno sforzo di governance comune per
tracciare delle linee guida semplici e chiare, modelli operativi che diano alla formazione continua un ruolo trasversale rispetto alle competenze specialistiche.
È questa la materia da plasmare insieme, il settore di governo del sistema che, posto accanto a quello amministrativo concernente talune regole fondamentali che devono
Vedi, ex multis, Cassazione Penale, sentenza 16 gennaio 2015, n.
2192; Cassazione Civile, Sentenza 23 maggio 2014, n. 11522;
Cassazione Penale, Sentenza 5 febbraio 2014 n. 5684; Cassazione Civile sentenza 4 giugno 2013 n. 14024; Cassazione penale,
sentenza 11 luglio 2013, n. 29886.
8
Sono oltre un milione i professionisti che, a partire dal primo gennaio 2014 devono fare formazione continua in virtù della riforma
delle professioni avvenuta con il Dpr 137/2012. La norma riguarda
quasi tutti gli iscritti a un Albo professionale, con esclusione degli
avvocati, il cui aggiornamento è determinato dalla riforma forense,
approvata sempre nel 2012.
7
Anche se non è questa la sede per affrontare la questione (cui comunque si farà cenno, cfr. nota 7), appare comunque opportuno segnalare, lasciando al lettore ogni eventuale approfondimento, che la
dualità (non contrapposizione) fra competenze e saperi è argomento
che sarà sempre più dibattuto in futuro. Tale affermazione si fonda,
in particolare, sulle ultime pronunce giurisprudenziali in materia di
responsabilità professionale connesse alle diverse interpretazioni
dell’articolo 3 della legge 8 novembre 2012 n. 189 (la cosiddetta
legge “Balduzzi”);
6
N. 206 - 2015
essere uniformi su tutto il territorio 9, può trovare il punto
di equilibrio fra l’assetto nazionale e quelli regionali e
provinciali. Ed è appunto questo il terreno su cui far sviluppare non solo le competenze ma anche e soprattutto i
saperi dei professionisti sanitari.
I benefici di quanto sopra sarebbero numerosi. Anzitutto,
come detto, in termini di consapevolezza dei professionisti sanitari, con tutto quello che di proficuo ne può derivare. Un professionista più consapevole è un professionista
migliore, più sicuro, meno portato a chiudersi nel perimetro dell’esclusività e più desideroso di confrontarsi con i
colleghi e con i pazienti, in altri termini, un professionista
propenso a fare comunità.
Ma essere maggiormente consapevoli determinerebbe,
oltre che un innalzamento della qualità delle prestazioni degli operatori, anche una loro maggiore capacità di
trasmettere quello che hanno imparato o, potremmo dire
meglio, quello che “sanno”.
Ecco un altro aspetto fondamentale, che è senza dubbio il
più rilevante corollario del passaggio da una formazione
delle competenze ad una formazione dei saperi: la capa-
Senza alcuna pretesa di completezza, si possono a tal proposito citare questioni come i criteri di attribuzione dei crediti, i requisiti per
diventare provider, le regole sul conflitto d’interessi, le disposizioni
sulle violazioni e le sanzioni per i provider, i criteri di riconoscimento di eventi e crediti all’estero.
9
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
665
cità di trasmissione di questi ultimi.
Non va infatti dimenticato che quello delle professioni
sanitarie è un mondo in continua evoluzione, fatto di certezze messe quotidianamente alla prova, in cui si contrappongono istanze a volte difficilmente conciliabili, un
settore dove il fattore risorse umane (con tutto il carico di
discrezionalità che ciò implica) è preponderante. Compito di chi si occupa istituzionalmente di formazione, sia a
livello nazionale sia a livello regionale e provinciale, è
dunque anche quello di offrire ai professionisti sanitari
la possibilità di attingere continuamente, in una sorta di
osmosi costante, alle conoscenze del singolo che si fanno
saperi del sistema.
Se riusciremo a collocarci in quest’ottica, portando i diversi livelli di governo dell’ECM a fare fronte comune per
la realizzazione di una governance che sappia guardare
alla formazione non più come ad un insieme di meccanismi (più o meno raffinati) di trasmissione di nozioni ma
come fonte rinnovabile di saperi, andremo verso un sistema che riconoscerà nella formazione continua il principale “bene culturale” delle professioni sanitarie.
666
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
Il Comitato tecnico
delle Regioni
Roberta Brenna
Coordinatore Comitato tecnico delle Regioni, Coordinamento nazionale formazione continua
Abstract
Nel corso del 2014, insieme ai colleghi delle altre Regioni, siamo partiti da un’analisi dello stato dell’arte del sistema ECM
che, dalla sua implementazione e con gli Accordi Stato-Regione del 2007, 2009 e 2012, comprese le diverse determine
della Commissione nazionale, ha raggiunto un livello di produzione normativa ormai consolidato, completandosi anche
degli organismi deputati alla programmazione e verifica dei requisiti dei provider (Commissione nazionale e Commissioni
regionali) e alla qualità della formazione (Osservatorio nazionale e Osservatori regionali), per concentrarci sul confronto
tra i sistemi regionali oggi esistenti e il sistema nazionale, provando ad individuare gli ambiti di miglioramento e sviluppo.
Quando, dalla Regione in cui vivo e lavoro, la Lombardia, mi è stata proposta a febbraio 2014 la collaborazione al coordinamento del Comitato tecnico delle Regioni
insieme al dr. Alberto Zanobini, dirigente della Regione
Toscana esperto di ECM, non sapevo ancora che mi si sarebbero aperte le porte di un mondo costituito da una rete
di professionisti non solo qualificati e competenti, esperti
di formazione e storici conoscitori del sistema ECM ma
soprattutto – ciò che mi ha più colpito – professionisti
motivati ed entusiasti oltre la media. Persone che non si
limitano ad applicare norme ma credono nella formazione come strumento concreto di sviluppo delle competenze
dei singoli professionisti per migliorare l’appropriatezza
e qualità dell’assistenza e la risposta ai bisogni di salute dei pazienti e per questo obiettivo si interrogano e
ricercano in modo costante strumenti e modalità anche
innovativi che possano contribuire a far crescere il livello
di qualità dell’intero sistema sanitario.
Per rendere questo lavoro di dibattito e confronto più corretto e completo, abbiamo ritenuto opportuno che agli
incontri delle Regioni potessero partecipare anche i funzionari di Agenas e del Cogeaps per affrontare in modo
approfondito e puntuale il confronto tra i sistemi regionali con quello nazionale e consentire quindi che l’individuazione degli ambiti prioritari di intervento avvenisse
in modo condiviso all’interno di un percorso comune e
integrato.
Le prime due considerazioni di ordine generale su cui ci
siamo trovati tutti d’accordo prima di affrontare argomenti più specifici sono state:
1. La necessità di semplificare l’attuale apparato di disposizioni, regolamenti e procedure che negli anni
si sono succeduti e che hanno da un lato sicuramente consentito di fornire regole chiare e puntuali per
l’attuazione del sistema ECM ma che adesso che il
sistema è consolidato richiedono un ripensamento perché dall’esperienza sul campo è emerso che questa
eccessiva proceduralizzazione fin nelle singole modalità operative si è dimostrata a volte troppo rigida e
vincolante rischiando di spostare l’attenzione più su
aspetti formali che sostanziali.
2. La necessità di arrivare all’armonizzazione dei sistemi
regionali con il sistema nazionale ora che il patrimonio di conoscenze ed esperienze reciproco è sufficientemente maturo per mettere a comune denominatore
il relativo bagaglio informativo al fine di individuare
gli obiettivi sostanziali e gli strumenti adeguati per
raggiungerli di cui si vuole dotare il sistema ECM nel
prossimo futuro, in un percorso sinergico di lavoro e
di confronto tra gli enti accreditanti Regioni/Province
autonome, rappresentate nel Comitato tecnico delle
Regioni, e Commissione nazionale.
Tutti gli attori del sistema ECM secondo il proprio ruolo e
responsabilità (Enti accreditanti, Commissioni, Osservatori, provider) nel proprio lavoro quotidiano non devono
N. 206 - 2015
mai perdere di vista l’obiettivo principale che è quello di
rendere disponibili per ciascun professionista sanitario gli
strumenti più appropriati per consentirgli di mantenere e
migliorare nel tempo le proprie competenze di assistenza
e cura di fronte a bisogni di salute dell’utenza che cambiano nel tempo. Il numero di crediti che viene certificato
da Ordini, Collegi e Associazioni professionali, atto finale del percorso formativo di ogni singolo professionista
sanitario, ha proprio questo significato, che è sostanziale
e non formale.
Da questa considerazione si è individuato un primo ambito di miglioramento che è stato oggetto di un approfondito e meticoloso lavoro di confronto tra i sistemi esistenti,
sempre con l’obiettivo della semplificazione e armonizzazione: le modalità di individuazione e attribuzione dei
crediti formativi.
Il credito formativo è l’unità di misura della quantità, qualità e appropriatezza del percorso formativo che il professionista ha svolto e deve poter avere lo stesso peso e
significato su tutto il territorio nazionale: per questo ha
bisogno di criteri oggettivi per essere definito in modo
preciso, inequivocabile e uniforme. L’assegnazione dei
crediti deve essere uguale a parità di analoghi percorsi formativi per garantire parità di trattamento a ciascun
professionista e per questo deve esistere un unico sistema
seguito da tutti gli enti accreditanti.
Partendo dall’attuale normativa nazionale sui crediti, che
è poi stata importata informaticamente nella traccia unica
nazionale a cura del CoGeAps “costringendo” i sistemi
regionali esistenti a individuare le differenze e a valutarne
il contenuto di sostanza in modo critico e costruttivo, si
è progettato un sistema di attribuzione dei crediti in cui
il credito continua ad essere individuato come avviene
ora in relazione alla tipologia della metodologia formativa (corso residenziale, formazione sul campo, FAD), al
numero di ore e al numero dei partecipanti – elementi
quantitativi di ordine generale – ma con la possibilità di
incrementarne il valore in presenza di elementi di qualità,
predefiniti e misurabili in modo oggettivo e uniforme da
parte di tutti i provider nazionali e regionali, quali specifiche modalità di coinvolgimento dei partecipanti (interattività), determinate tipologie di valutazione dell’apprendimento, e percorsi formativi collegati ad obiettivi prioritari
prefissati.
Il miglioramento rispetto all’attuale sistema sarebbe la definizione di un credito formativo determinato non solo su
indicatori quantitativi generali, quali appunto il numero
di ore o deipartecipanti, ma riempito anche di elementi qualitativi coerenti con il grado di qualità/complessità
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
667
dell’evento e apprendimento del professionista e nello
stesso tempo “certificabili” perché tradotti in una scala di
attribuzione oggettiva e uniforme tanto quanto gli indicatori puramente quantitativi.
Come deve essere unico il sistema di individuazione e attribuzione dei crediti così tutti i crediti erogati ai professionisti devono poi risultare nel tracciato informatico unico
nazionale curato dal Cogeaps e utilizzato dagli Ordini,
Collegi e Associazioni professionali per la certificazione
dei crediti. Anche qui l’obiettivo sostanziale condiviso è
che i crediti erogati al professionista, riportati sull’attestato di partecipazione, corrispondano a quelli inseriti nel
flusso informatico e certificati dagli organismi competenti, in un percorso circolare coerente. Aspetto secondario
diventa quindi quello della tempistica di invio dei flussi e
del responsabile dell’invio, sia ente accreditante o provider: l’importante è che i crediti siano trasmessi secondo il
tracciato unico e siano corretti e completi ma potrà essere
ogni ente accreditante a definire il titolare dell’invio al
Cogeaps e i tempi dell’invio, entro parametri temporali
stabiliti ma che possono anche avere un margine di flessibilità all’interno del triennio di certificazione.
Certezza e completezza del dato è il nostro obiettivo,
obiettivo importante non solo per la certificazione del singolo professionista che ha ripercussione sull’esercizio della sua professione, ma anche per tutti gli enti accreditanti
che potranno disporre di una banca dati fondamentale e
utilissima per la propria attività istituzionale di programmazione dei fabbisogni delle professioni sanitarie, della
verifica della distribuzione dell’offerta formativa per singola professione sanitaria, dell’articolazione dell’offerta
di servizi sul territorio.
Lo sforzo è stato appunto quello di concentrarci sui requisiti sostanziali del sistema ECM e alleggerire i requisiti puramente formali. Se il credito formativo non è solo
espressione della quantità di formazione ma anche della
sua qualità, lo stesso principio si applica atutta la filiera
del sistema ECM, a partire dal provider. Quanto più il
provider dimostra e rispetta requisiti di qualità, tanto più
la formazione erogata avrà un livello qualitativo elevato
in tutto il ciclo della formazione (rilevazione del fabbisogno, pianificazione, erogazione). Ci si è quindi confrontati sull’attuale sistema di individuazione dei requisiti dei
provider rispetto ad un suo possibile sviluppo. Oggi i requisiti per diventare provider si applicano a tutti i soggetti
che vogliono entrare a far parte del sistema ECM senza
nessuna distinzione se si tratta di soggetti pubblici o privati, oppure soggetti erogatori di prestazioni sanitarie o
soggetti non erogatori di prestazioni sanitarie. In realtà
668
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
esistono differenze anche rilevanti, a partire dalla mission
di un soggetto pubblico rispetto a un soggetto privato,
tra la rilevazione del fabbisogno e la successiva pianificazione del piano formativo di un soggetto che eroga
prestazioni sanitarie rispetto a un soggetto non erogatore, il problema della valutazione dell’apprendimento a distanza di tempo e delle ricadute organizzative in soggetti
che erogano prestazioni sanitarie rispetto a soggetti non
erogatori.
A queste considerazioni si aggiunge sempre quella principale: individuare i requisiti sostanziali e acquisire solo
la documentazione utile a comprendere il livello di affidabilità e qualità del provider, quindi semplificare ma
evidenziare le differenze per “conoscere” nella sostanza
il provider affinché sia garantita una formazione non solo
di qualità e appropriata rispetto ai fabbisogni ma anche
che sia indipendente da interessi commerciali. Anche nel
caso dell’individuazione dei requisiti dei provider c’è una
grande necessità di confrontare le esperienze acquisite
negli anni dai sistemi regionali e da quello nazionale per
capire quali sono i requisiti fondamentali e come differenziarli rispetto alla natura giuridica e professionale dei
provider per andarne meglio a testare il grado di affidabilità e qualità per il sistema ECM. Le esperienze in
tema di provider maturate dalle Regioni che annoverano
la prevalenza di provider erogatori di prestazioni sanitarie (Aziende sanitarie pubbliche e/o private accreditate con il SSR) arricchiscono e completano il quadro dei
provider prevalentemente non erogatori di prestazioni
sanitarie, soggetti rispetto ai quali invece la Commissione nazionale ha maturato una maggiore esperienza. È
necessario pensare ad una suddivisione dei requisiti di
accreditamento tra provider pubblici e provider privati e
tra provider erogatori di prestazioni sanitarie e non erogatori, con particolare attenzione al conflitto di interesse
e sponsorizzazione.
In questo percorso di individuazione dei requisiti e dei
criteri che possono contraddistinguere in modo più sostanziale che formale i cardini del sistema ECM per accrescere la qualità dell’intero sistema si inserisce anche
la ricerca di metodologie innovative di erogazione della
formazione, in grado di garantire efficienza di processo
ed efficacia della formazione mantenendo nello stesso
N. 206 - 2015
tempo la sostenibilità dei costi, variabile anche questa
imprescindibile per i provider ECM. L’esperienza che le
Regioni portano all’attenzione del sistema nazionale è la
rivelazione della formazione sul campo quale modalità
facilmente accessibile soprattutto nelle organizzazioni
che erogano prestazioni sanitarie ove personale ormai
esperto guida la formazione di professionisti neoinseriti,
si confronta con propri pari o/e professionisti diversi della
rete assistenziale su protocolli/procedure/ comportamenti per migliorare le proprie prestazioni, con il risultato di
innalzare la qualità del sistema attraverso la valorizzare
delle specifiche competenze – spesso di eccellenza – non
solo all’interno della propria organizzazione ma anche
tra più organizzazioni.
La mappatura delle competenze dei professionisti all’interno dell’organizzazione offre lo spunto per inserire un
altro strumento utile ad orientare gli obiettivi formativi che
vedrà nel prossimo futuro un sicuro sviluppo. È il Dossier formativo di gruppo, lo strumento che consente di
ricomporre gli interessi e bisogni formativi professionali
dei singoli professionisti (Dossier individuale) con quelli
dell’organizzazione di appartenenza, coniugando i reciproci bisogni formativi. Il Dossier formativo individuale
e il Dossier formativo di gruppo devono trovare una strutturazione integrata perché, per poter dare all’utenza la
risposta più appropriata ai propri bisogni di salute non
basta soddisfare i bisogni formativi individuati dal professionista ma anche dall’organizzazione in cui è inserito e
intercetta l’utenza.
Pensiamo che questo lavoro di confronto e di analisi
approfondita dei sistemi esistenti, grazie al contributo
dei singoli “anelli” di questa rete che è il sistema ECM
che hanno portato competenza, esperienza e soprattutto grande motivazione per l’evoluzione verso un sistema
che possa rispondere in modo più rapido e sostanziale
al progressivo cambiamento dei bisogni di salute, nella
cui direzione si inseriscono le proposte riportate in questo
testo, debba diventare una vera e propria modalità di
lavoro strutturata e sinergica tra la Commissione nazionale ECM, il Comitato tecnico delle Regioni, Agenas e
Cogeaps. In questo modo si potrà certamente arrivare a
definire il sistema ECM migliore.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
669
Il dossier formativo
I risultati della sperimentazione di Regione Toscana,
Co.Ge.A.P.S. Ordine dei Medici di Firenze
Sergio Bovenga1, Silvia Falsini2
Direttore Co.Ge.A.P.S.
PO Educazione Continua in Medicina, Regione Toscana
1
2
Abstract
L’articolo descrive i risultati della sperimentazione del dossier formativo frutto di una convenzione fra Regione Toscana,
CO.Ge.A.P.S., Ordine dei Medici di Firenze, Agenas. La sperimentazione ha permesso si affinare il sistema di scambio dei
dati finalizzato ad avere anagrafi formative complete e allineate. Sono stati indagati 4 indici: la coerenza fra la formazione
programmata e quella realizzata, la pertinenza della formazione realizzata rispetto al profilo professionale, la correttezza
della formazione realizzata in termini di rispetto delle regole del sistema ECM e la soddisfazione del professionista per la
formazione realizzata. Quest’ultimo indice ha permesso un rapporto diretto fra l’amministrazione regionale e il professionista
che si è espresso in termini positivi in merito alla qualità della formazione erogata dal SST chiedendo per il triennio 20142016 una formazione specialistica ma anche di processo e di sistema.
Diceva Leonardo Da Vinci «Quelli che s’innamora di pratica senza scienza, son come il nocchiere ch’entra in porto senza timone o senza bussola, che mai ha certezza
dove si vada. Sempre la pratica deve essere edificata
sopra la bona teoria».
Questa premessa per ricordare due concetti, tanto ovvi
quanto spesso ignorati: il primo è che la formazione, continua nel tempo, è un pilastro importante di quel processo
ben più complesso che porta alla acquisizione ed al mantenimento delle abilità, delle capacità e delle competenze
(la ‘teoria’ di Leonardo); il secondo concetto è una diretta
prerogativa del primo: è necessaria una formazione di qualità (‘bona’), ovvero una formazione che sia coerente e pertinente rispetto alla professione, disciplina ed attività professionale esercitata, che sia efficace ma anche funzionale ed
innovativa. Queste sono in sostanza le ragioni che hanno
prodotto la partnership tra Regione Toscana, Ordine dei
medici di Firenze e Co.Ge.A.P.S. al fine di analizzare alcuni aspetti inerenti la sperimentazione di un dossier formativo
e che fossero poi utili, successivamente, per incrementare la
qualità dei percorsi e dei progetti formativi lifelong.
Ciò è stato reso possibile anzitutto perché vi erano i presupposti ‘tecnici’ per farlo garantendo una scambio di
dati tra i vari soggetti. Infatti la Regione Toscana ha una
anagrafe regionale dei propri dipendenti e tale anagra-
fe ha potuto integrarsi con quella dell’Ordine di Firenze con particolare riferimento ai liberi professionisti. Il
Co.Ge.A.P.S. invece, come noto, detiene la banca dati
nazionale dei crediti formativi acquisiti dai professionisti
ovunque sul territorio nazionale, oltre ad una serie di altre
informazioni derivanti dallo scambio dati con gli Ordini
professionali. Gli ottimi rapporti istituzionali tra i soggetti
interessati e i tecnici che hanno sviluppato questo progetto ha fatto il resto consentendo in tempi stretti di avere dei
risultati importanti non solo per la sperimentazione del
dossier formativo, ma anche ai fini di una conoscenza
approfondita e completa della formazione ECM dei professionisti toscani.
Considerazioni successive devono essere fatte sia sulla
modalità di scambio dei dati, sia sui risultati che la sperimentazione ha prodotto.
Il sistema di trasmissione dei dati fra Regione Toscana e
CO.Ge.A.P.S. si è affinato in maniera significativa dal primo semestre della sperimentazione al secondo; per esempio la codifica dell’obiettivo formativo, che nella prima
relazione era risultato inutilizzabile, adesso lo possiamo
valutare corretto nel 90% dei casi, con solo il 2,8% di
eventi formativi non codificati, così come la qualifica del
professionista che passa dal 17,1% di partecipazioni non
codificate al 2%.
670
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
Possiamo dire che abbiamo trovato un sistema di scambio
dati che permette di avere sia in Regione Toscana che nel
Co.Ge.A.P.S. anagrafi complete con dati controllati; si tratta quindi di un modello che sarebbe opportuno consolidare e che potrebbe essere proposto anche per altre Regioni.
Vediamo ora nel dettaglio come si è svolta questa sperimentazione.
Gli indici di sperimentazione individuati dalla convenzione sono 4: L’indice A sulla coerenza fra la formazione
programmata e quella realizzata, l’indice B sulla pertinenza della formazione realizzata rispetto all’attività professionale, l’indice C sulla correttezza della formazione
realizzata in termini di rispetto delle regole del sistema
ECM e l’indice D sulla soddisfazione del professionista
per la formazione realizzata.
Il lavoro è stato particolarmente interessante non solo perché ha fornito un panorama completo della formazione del
SST: formazione programmata, realizzata, stato di acquisizione dei crediti, ma soprattutto perché ha fatto emergere,
come vedremo dai risultati sull’ultimo indice, una volontà
di partecipazione dei professionisti toscani alla costruzione
del sistema della formazione continua in sanità.
I dati sono aggregati tenendo come riferimento i tre obiettivi del dossier formativo individuati dall’Accordo StatoRegioni 101 del 2012 sull’ECM: tecnico-professionale, di
processo, di sistema; il periodo di riferimento è il triennio
ECM 2011-2013.
Prima di analizzare le risultanze degli indici di sperimentazione, la valutazione dei flussi sulle partecipazione dei
professionisti toscani ci permette qualche considerazione
sulla tipologia di crediti acquisiti nel 2011-2013.
Un primo dato positivo sul debito formativo dei professionisti toscani è che, al di là della suddivisione fra le
tre aree del dossier, esiste comunque una partecipazione
diffusa alla formazione per tutti i profili professionali.
La maggior parte delle partecipazioni danno un numero
di crediti da 0 a 9 spiegabile in parte con una produzione di eventi formativi di breve durata, ad esempio gli
eventi residenziali per MMG sono generalmente di 4/5
ore e coinvolgono molti partecipanti, ma soprattutto perché un terzo della formazione accreditata è formazione
sul campo che, per sua natura, ha breve durata. Significative sono anche le partecipazioni da 10-19 crediti;
gli eventi con più crediti sono riconducibili a corsi molto
strutturati e con metodologie interattive.
Come potevamo aspettarci la maggior parte delle partecipazioni sono imputabili alla discenza e una piccola parte
N. 206 - 2015
alla docenza; mentre per quanto riguarda la tipologia
di formazione accreditata, la formazione residenziale è
sempre quella numericamente più rilevante.
Interessante risulta la divisione fra partecipazioni ad
eventi nazionali e regionali dei professionisti toscani poiché le prime, sebbene in diminuzione, sono un terzo delle
partecipazioni totali nel triennio 2011-2013, la loro valorizzazione in termini di crediti rappresenta il 36% dei
crediti acquisiti.
Vediamo adesso i risultati dei quattro indici di sperimentazione che sono stati indagati su tutti i professionisti toscani, dipendenti, convenzionati e liberi professionisti,
tranne che per l’indice D, l’ultimo, che, come vedremo, è
limitato ai medici dell’Ordine dei medici di Firenze.
Indice A sulla coerenza fra la formazione programmata
e la formazione realizzata
L’indice è stato indagato con strumenti diversi per il personale dipendente e convenzionato e per i liberi professionisti.
Per i primi la formazione attesa è stata calcolata utilizzando i dati del sistema di accreditamento degli eventi
formativi (FSR) e confrontandoli con i dati sulla formazione realizzata (AFR). Emerge una coerenza molto alta fra
il modello della formazione attesa del personale dipendente e convenzionato e la formazione realizzata; modello che prevede una ripartizione sostanzialmente equa
fra le tre aree del dossier formativo, come si può vedere
dalla figura 1, con delle differenze talvolta significative
a secondo dei profili professionali, come ad esempio il
veterinario e il tecnico della prevenzione del lavoro che
prediligono la formazione specialistica (rispettivamente
l’80% e il 70% della formazione totale).
Per i liberi professionisti è stato necessario procedere in
maniera diversa perché non era disponibile un modello
di formazione, perciò è stato disposto un questionario diretto ad indagare, a partire dai tre obiettivi del dossier
formativo, la formazione attesa.
La tripartizione equa che abbiamo visto nel personale dipendente e convenzionato viene confermata, sorprendentemente, anche per i liberi professionisti.
L’indice B sulla pertinenza della formazione realizzata
rispetto all’attività professionale
Questo indice è calcolato solo sul personale dipendente e
convenzionato e, come potevamo aspettarci, ci dice che
i professionisti frequentano una formazione pertinente al
proprio profilo professionale nel 99% dei casi. D’altra
parte nelle Aziende sanitarie toscane esiste un sistema
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
consolidato di analisi del fabbisogno formativo e di programmazione della formazione sulla base degli indirizzi
aziendali, che garantisce al professionista coerenza e
pertinenza della formazione realizzata.
Indice C di correttezza
Indicazioni molto interessanti per l’ECM ci arrivano dall’elaborazione dell’indice C sulla correttezza della formazione realizzata in termini di rispetto delle regole del sistema ECM; in questo senso le norme sono molto puntuali:
il professionista non può maturare più di 75 crediti l’anno
e non meno di 25, non può cumulare crediti per la docenza oltre il 60% dell’obbligo, la formazione sponsorizzata
non può essere più del 30%.
La sperimentazione ha cercato di capire la capacità del
professionista di assolvere il debito formativo, applicando tutte le norme e prevedendo un riporto di crediti dal
triennio precedente fino a 45 per tutti come era previsto
dall’Accordo Stato-Regioni n.101 del 2012, o a scaglioni
come specificato dalla determina della Commissione nazionale formazione continua del 17/07/2013.
La prima valutazione va fatta sulla modalità di applicazione delle regole perché a secondo di quella che viene
valutata prima si ottengono risultati diversi, ad esempio: il
tetto del 60% delle docenze si applica prima o dopo avere considerato i crediti minimi e massimi? Se prima viene
calcolato il limite crediti minimi/massimi e su questi il tetto
del 60%, il debito formativo del professionista come par-
tecipante sarà inferiore rispetto a quello che si ottiene se
viene fatta all’operazione opposta.
Altra valutazione importante è sul riporto dei crediti dal
triennio precedente che contribuisce in maniera importante nel permettere al professionista di soddisfare l’obbligo
formativo, soprattutto per coloro che hanno maturato fra
30 e 95 crediti, che sono la maggior parte dei professionisti, mentre sembra meno rilevante non solo per coloro
che si avvicinano al pieno soddisfacimento del debito, ma
anche per coloro che hanno maturato meno di 30 crediti.
Detto questo, se applichiamo tutte le regole e il riporto
dei crediti dal triennio precedente a scaglioni, la percentuale di professionisti che arrivano a soddisfare l’obbligo
di 150 crediti è esigua (27% dei convenzionati, 10% dei
dipendenti, il 12% dei liberi professionisti); lo scenario
migliora applicando un riporto per tutti i professionisti fino
a 45 crediti ed eliminando il vincolo dei crediti minimi e
massimi per anno (stesso ordine 36%, 17%, 14%).
Indice D soddisfazione
Risultati dell’indice di sperimentazione D sulla soddisfazione della formazione da parte del professionista sono forse
quelli più interessanti, poiché si è instaurato un rapporto
diretto fra l’Ente accreditante e il singolo professionista.
Per questo indice abbiamo ristretto il campo di indagine
ai medici dell’Ordine dei medici di Firenze che hanno
avuto l’opportunità, tramite la carta sanitaria elettronica,
di consultare il proprio curriculum formativo e ai quali
Figura 1. Formazione effettuata - Dipendenti.
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
671
Sist
Proc
Spec
672
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
abbiamo chiesto di rispondere ad un’intervista, messa a
disposizione online sia sul sito di Regione Toscana che su
quello dell’Ordine dei medici di Firenze, tesa ad indagare la soddisfazione del professionista rispetto alla qualità
della formazione erogata e il suo fabbisogno formativo
per il triennio 2014-2016.
Nonostante il questionario sia stato reso disponibile per
un periodo di tempo molto limitato, stretti erano i tempi
complessivi dell’indagine, hanno compilato il questionario
1035 professionisti, di cui il 47% dipendenti, 25% convenzionati, 21% liberi professionisti (6% non qualificati).
I medici hanno espresso un giudizio positivo rispetto alla
soddisfazione delle attese sulla formazione già conclusa
nel triennio 2011-2013, risultano infatti sovrapponibili le
risposte alle domande sulla formazione attesa e sulla realizzata, con la solita equa tripartizione fra gli obiettivi
delle tre aree del dossier. Un altro segnale positivo arriva
dalla valutazione sulla qualità della formazione del triennio concluso, che ha fatto registrare giudizi positivi e molto
positivi. In merito alla percezione della presenza di sponsorizzazioni, gli eventi formativi SST registrano valori molto
bassi, che crescono invece per la formazione extra SST.
Rilevante ai fini della programmazione della formazione
nel triennio ECM è stata la domanda sul fabbisogno formativo 2014-2016. I professionisti hanno espresso una
domanda di formazione, indipendentemente dalle tre
aree, che va da “alto” a “molto alto” nel 40% dei casi
(solo il 4,6% indica di non avere la minima necessità formativa), per quanto riguarda invece la suddivisione nelle
aree del dossier è stata espressa una leggera preferenza
per la formazione specialistica a fronte comunque di una
richiesta importate di formazione di processo e di sistema
(figura 2); probabilmente le trasformazioni del SST di questi anni, come ad esempio l’intensità di cura e il chronic
care model, hanno generato nei professionisti una necessità di riflessione sul cotesto in cui si trovano ad operare.
Informazioni importanti si traggono anche dai commenti
dei professionisti, nel questionario era presente uno spazio libero in cui era possibile scrivere dei suggerimenti,
N. 206 - 2015
Figura 2. Stima della Necessità Formativa 20142015 - Tutti i questionari.
non solo per la loro numerosità, 183 in tutto, ma anche
per i contenuti; i medici hanno espresso suggerimenti sulle
aree tematiche che vorrebbero sviluppare (28,4%), sulle
metodologie formative (27,3%), sull’organizzazione della formazione (9,3%), su argomenti di tipo più generale
volti al miglioramento della formazione del SST (20,2%),
solo in rari casi (3,8%) troviamo valutazioni negative sul
sistema ECM, mentre sono il 5,4% le note di apprezzamento sul sistema della formazione continua in sanità.
Complessivamente possiamo dire che l’indagine di questo indicatore ha evidenziato una volontà importante di
partecipazione da parte dei professionisti al sistema ECM
poiché non solo hanno risposto in tanti all’indagine, ma
hanno elaborato delle proposte sui contenuti che ritengono opportuno sviluppare, sulle metodologiche più idonee
a svilupparli, hanno avanzato proposte organizzative e
sulla logistica della formazione. Questi suggerimenti possono essere un ottimo materiale per indirizzare la formazione sanitaria del triennio 2014-2016, in modo tale che
riesca non solo a soddisfare il debito formativo dei professionisti, ma a creare una relazione sempre più stretta fra
gli obiettivi formativi che il sistema sanitario regionale si
pone per supportare i propri processi di trasformazione,
il fabbisogno segnalato dai professionisti, le esigenze di
professionalità espresse dagli utenti.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
673
Verso l’“oceano blu” della
formazione sanitaria
Silvia Falsini1, Benedetta Novelli2
Posizione organizzativa Educazione continua in medicina – Settore innovazione e risorse umane, Direzione generale diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana; 2 Funzionario Settore innovazione e
risorse umane, Direzione generale diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana
1
Abstract
La domanda di salute in Italia mostra un trend in costante crescita sia in termini quali-quantitativi, sia di complessità assistenziale che comporta un ripensamento della sostenibilità del sistema dove la lotta alle inefficienze passa principalmente
attraverso il miglioramento culturale dei professionisti che devono garantire qualità delle cure, economicità ed efficienze.
Parimenti il nuovo Patto per la salute 2014-2016 , Accordo triennale che affronta i grandi temi della sanità, mira nell’ottica
dell’appropriatezza a un generale efficientamento del Servizio sanitario nazionale e vede nel cittadino/paziente il fulcro per rafforzarne la sostenibilità e pensare la sanità non come costo, ma come investimento economico e sociale da rafforzare e valorizzare.
Il nuovo Patto per la salute ha previsto 13 aree di intervento per promuovere azioni orientate alla sostenibilità
del sistema.
La formazione viene vista sotto una nuova ottica, come
processo trasversale e non come attività, diventa pertanto
leva che pervade tutte le aree e in particolare, per l’umanizzazione delle cure e la gestione e sviluppo delle
risorse umane, è asset di area.
Infatti, l’indagine svolta da AgeNaS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) con la collaborazione
dell’Agenzia di valutazione civica di Cittadinanzattiva
dal titolo “La valutazione della qualità delle strutture ospedaliere secondo la prospettiva del cittadino” che ha visto la partecipazione di 278 strutture, 286 associazioni,
594 cittadini su tutto il territorio nazionale, ha evidenziato, rispetto alla quarta area relativa alla qualità della
relazione con il paziente-cittadino1, che le strutture sono
carenti in merito all’attivazione di corsi di formazione sulla comunicazione clinica e/o sulla relazione di aiuto per
gli infermieri (3,18) e per i medici (2,75). Rare inoltre le
iniziative di medicina narrativa (2,20).
Ne deriva un ruolo forte e strategico della formazione e
degli strumenti per gestire le risorse umane al fine di rispondere agli attuali repentini cambiamenti organizzativi
e far da leva motivazionale per la crescita professionale
e del sistema.
In tale direzione l’idea centrale del nostro contributo di
potenziare, in continuità con quanto normato dal 2001, il
sistema ECM e ridefinire i confini della formazione verso
una strategia “oceano blu”2 che tracci un nuovo percorso
e fare della formazione non soltanto adempimento normativo e risposta efficace, efficiente per il conseguimento
dei crediti ECM, ma posizionarla come leva strategica di
innovazione, ricerca ed eccellenza coinvolgendo tutte le
risorse umane in un’ottica allargata e partecipata con tutti
i portatori di interesse.
Passare quindi dall’“oceano rosso” all’“oceano blu”3.
In questi anni infatti il sistema ECM ha visto una norma-
Accordo siglato il 10 luglio 2014 tra il Governo, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano.
1
L’indagine di AgeNaS del 2012 e conclusa nel 2014 ha indagato
quattro aree: i processi aziendali e organizzativi orientati al rispetto
e alla specificità della persona; l’accessibilità fisica, la vivibilità e il
comfort dei luoghi di cura; l’accesso alle informazioni, la semplificazione e la trasparenza; la qualità della relazione con il pazientecittadino.
2

Cfr. Blue Ocean Strategy. How to create uncontested market space
and make the competition irrelevant, Harvard Business School Publishing Corporation, 2015.
3
Se le aziende orientate all’“oceano rosso” seguono un approccio
tradizionale, cercando di battere la concorrenza ricavandosi una
posizione difendibile nell’ambito del settore dove operano, quelle
orientate all’“oceano blu “seguono una logica strategica diversa: la
value innovation ovvero l’innovazione di valore.
674
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
zione molto puntuale e un’attenzione costante da parte
del Ministero della Salute e delle Regioni che hanno sviluppato sistemi di accreditamento, prima degli eventi formativi poi dei provider ECM, in modo che le strutture che
offrono formazione rispondano a requisiti di qualità e di
efficienza e siano in grado di produrre un’offerta formativa che risponda sia alle esigenze di strutture complesse,
come quelle sanitarie, sia a quelle di aggiornamento dei
professionisti sanitari.
D’altra parte gli stessi provider hanno sviluppato processi interni per la costruzione dell’offerta formativa, piani
annuali e relazioni di attività che hanno sistematizzato
e strutturato la formazione in base alle indicazioni delle
norme nazionali.
Nei fatti e non solo nelle norme ormai il sistema ECM
è diventato patrimonio comune in termini di dovere, ma
anche di opportunità di aggiornamento dei professionisti
e di crescita delle strutture formative.
Se all’avvio era necessario creare un obbligo formativo
in modo da garantire una formazione per tutti, obbligo
che ha avuto l’innegabile vantaggio di tenere alta l’attenzione sulla formazione continua e di destinarvi risorse
pubbliche anche in momenti di forte contenimento della
spesa, oggi, in presenza di sistemi maturi, è prioritario
concentrarsi sull’opportunità che la formazione offre alle
direzioni come leva per la gestione delle trasformazioni organizzative e ai professionisti per costruire percorsi
professionali supportati dalla formazione.
Quanto sopra descritto esemplifica il passaggio dal rosso
al blu, che non rappresenta solo un passaggio cromatico,
ma di senso profondo in quanto sintesi di strategie contrapposte.
Attraverso la strategia “oceano blu” (Blue Ocean Strategy)4,
i due autori W. Cham Kim e Renée Mauborgne richiamano l’attenzione sull’importanza di individuare e di sfruttare
nuovi spazi di mercato dove non vi è un sistema competitivo feroce e aggressivo (da “oceano rosso”), nonché trovare nuove modalità competitive che spiazzino i competitor
per periodi più o meno lunghi per creare valore.
Blue Ocean Strategy. How to Create Uncontested Market Space and
Make the Competition Irrelevant, Harvard Business School Press,
2005, è un libro pubblicato nel 2005 e scritto da W. Chan Kim e
Renée Mauborgne che rappresenta un’innovazione nella storia del
management. Attraverso uno studio di centocinquanta mosse strategiche, condotte in oltre trenta settori e su un arco di tempo che varca
il secolo, Kim e Mauborgne sostengono che le aziende leader di
domani dovranno il loro successo non alla sconfitta dei concorrenti,
ma alla creazione di “oceani blu”, di spazi incontestati di mercato
dove la crescita è garantita.
4
N. 206 - 2015
È vero infatti che ormai tutti gli attori del sistema formativo
hanno raggiunto un livello di maturità che permette di
interpretare la formazione come una opportunità piuttosto
che come un obbligo.
Proprio in questo senso possiamo leggere i risultati della
sperimentazione del Dossier formativo fatta da Regione
Toscana, AgeNaS, Co.Ge.A.P.S. e Ordine dei medici
chirurghi e degli odontoiatri di Firenze precedentemente
illustrata da Bovenga e Falsini, ma che in questo caso ci
serve per sottolineare la risposta che i professionisti hanno dato quando è stato chiesto loro di valutare la formazione ECM realizzata nel triennio 2011-2013 e di esprimersi sul fabbisogno formativo del periodo 2014-2016. Il
primo dato fa riferimento all’elevato numero delle risposte
(1035), nonostante i tempi ristretti entro i quali si chiedeva di rispondere al questionario messo a disposizione sul
sito internet di Regione Toscana e dell’Ordine dei medici
di Firenze e nonostante che non ci fosse nessun benefit in
cambio della compilazione.
Il secondo dato fa riferimento alla tipologia di risposte offerte dai professionisti che non si sono limitati a compilare
un questionario ma hanno offerto suggerimenti preziosi
su contenuti, metodologie, organizzazione della formazione, mostrando interesse e maturità nel concepire la
formazione come una leva per lo sviluppo della propria
professione.
Questo è senz’altro un punto di partenza importante, che
ci fa pensare alla possibilità di concentrarsi da una parte,
sulla coerenza fra la formazione programmata e quella
realizzata con la redazione di dossier individuali e di
gruppo, dall’altra, sulla relazione fra formazione, sistema
delle competenze e sistemi di valutazione delle performance del personale.
Di fronte a questo rinnovato quadro esigenziale, il sistema formativo richiede un cambiamento, quello che noi
proponiamo è uno spostamento verso l’“oceano blu”.
La tabella sottostante sintetizza i principi per la formulazione e i rischi per la messa in pratica della strategia
“oceano blu” correlati alle implicazioni inerenti la formazione nel passaggio a tale filosofia.
Come indicato nella tabella sopra riportata i principi della strategia comportano implicazioni rilevanti per il processo formativo.
Scegliere l’“oceano blu” significa pertanto ampliare i confini formativi verso lo sviluppo continuo del professionista
anche in un’ottica di mobilità internazionale. Comporta,
inoltre, un suo riposizionamento: non come mera acquisizione puntuale di crediti ECM, ma miglioramento delle
competenze e certificazione del professionista.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
Ne deriva un’estensione della dimensione della domanda
esistente che coinvolga tutti i portatori di interesse per far
emergere la formazione come leva indispensabile per la
creazione di valore e la valorizzazione del patrimonio
intellettuale.
Se poniamo al centro del nostro ragionamento il professionista lo dobbiamo considerare nel suo complesso con
le sue competenze, intese come l’insieme delle conoscenze, abilità e comportamenti, con le sue relazioni con i
colleghi e con i cittadini/pazienti, con le sue aspirazioni
e anche con il proprio desiderio di fare esperienze più
o meno strutturate in realtà internazionali; professionista
675
che sarà valorizzato non solo all’interno di una struttura
ma sul percorso del paziente con mobilità fra ospedale e
territorio.
È importante quindi sviluppare nuove interazioni interprofessionali con modelli e contenuti che forniscano al
sistema competenze in grado di promuovere autonomia
e responsabilità.
La formazione deve pertanto offrire la possibilità di dialogare sui problemi e sulle soluzioni, in modo che i professionisti coinvolti in specifici percorsi socio-assistenziali
possano confrontarsi sul percorso del paziente nel territorio, in ospedale e verso altre strutture.
Tabella1. Fonte: “Blue Ocean Strategy. How to create uncontested market space and make the competition irrelevant”, Harvard Business School Publishing Corporation, 2015 - Riadattata da Falsini S.- Novelli B.
PRINCIPI PER LA FORMULAZIONE
FATTORE DI RISCHIO ATTENUATO
DA CIASCUN PRINCIPIO
IMPLICAZIONI PER LA FORMAZIONE
Ridefinire i confini del mercato
Rischi legati alla ricerca di nuove
opportunità
Ampliare i confini della formazione
nell’ottica dello sviluppo continuo della
professione
Mobilità internazionale del professionista
Porre il focus sul quadro
complessivo, non sui numeri
Rischi legati alla pianificazione
Non mera acquisizione quantitativa di
crediti ECM, ma qualitativa, partecipata e
condivisa con tutti i professionisti
Miglioramento delle competenze e
certificazione del professionista
Estendere la dimensione oltre la
domanda esistente
Rischi legati alla dimensione della
domanda
Coinvolgere nella formazione personale
non ECM e tutti i portatori di interesse
aziendali (Stakeholder Relationship
Management)
Seguire la giusta sequenza
strategica
Rischi legati al modello di business
Far emergere la formazione come leva
utile e indispensabile per motivazione,
innovazione e valorizzazione
patrimonio intellettuale
RISCHI PER LA MESSA IN
PRATICA
FATTORE DI RISCHIO ATTENUATO
DA CIASCUN PRINCIPIO
IMPLICAZIONI PER LA FORMAZIONE
Superare i principali ostacoli
organizzativi
Rischi organizzativi
Valorizzare e rafforzare gli attori della
formazione
Valorizzare la formazione sul campo
Inserire la formazione nel sistema di Total
Rewards
Integrare le modalità di
attuazione nella strategia stessa
Rischi manageriali
Creare sistema integrato tra formazione,
risorse umane, valutazione e performance
Allineare proposizioni sul valore,
sul profilo e sulle persone
Rischi di sostenibilità
Garantire la sostenibilità economica e
sociale del sistema formativo
Rinnovare gli “oceani blu “
Rischi di rinnovo
Rinnovarsi e motivare i professionisti
676
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
In questo contesto la formazione deve essere intesa come
lo strumento che coniuga le esigenze della programmazione/organizzazione aziendale con il fabbisogno formativo del professionista in quanto i suoi bisogni sono il
risultato di un’analisi delle competenze misurate sul ruolo
e il profilo professionale in un contesto multiprofessionale
e multidisciplinare.
Per ottenere un miglioramento delle competenze in questo senso sarà opportuno strutturare un sistema ad hoc
che permetta di conoscere le competenze previste per
un determinato ruolo e profilo professionale e consenta
alle strutture sanitarie di valutare la differenza fra quelle
agite dal professionista e quelle attese in quel ruolo e da
quel profilo. La formazione qui può giocare un ruolo fondamentale come mezzo per colmare eventuali gap che
possono emergere fra le competenze attese e quelle agite
dal professionista.
Le competenze da sviluppare sono quindi frutto dell’analisi del fabbisogno sul singolo professionista e sul gruppo
di lavoro e gli obiettivi formativi possono essere tecnici di
specifico riferimento alla professione esercitata, di processo tesi a sviluppare competenze e conoscenze in segmenti di produzione e di sistema tesi a sviluppare competenze
e conoscenze sui sistemi sanitari, quindi rivolti a tutti gli
operatori.
In questo senso esiste già lo strumento del Dossier formativo che il professionista può compilare facendo un’analisi del proprio fabbisogno formativo e ipotizzando una
suddivisione della propria formazione nelle tre aree del
Dossier formativo: tecnico professionali, di processo e di
sistema.
Passando alla parte finale della tabella, relativamente ai
rischi per la messa in pratica della strategia, si evidenzia come la creazione di valore per la formazione sia
determinata dal rafforzamento del sistema integrato tra
formazione, risorse umane, valutazione e performance.
Per quanto riguarda il sistema delle performance la formazione, in fondo al ciclo della performance, può colmare eventuali criticità emerse dal processo di valutazione
oppure può essere uno strumento premiante. In questo
N. 206 - 2015
senso il D.lgs. 150/2009 individuava diversi strumenti di
premialità fra cui la partecipazione a percorsi di alta formazione che spesso però sono rimasti sulla carta perché
i successivi atti di contenimento della spesa non hanno
permesso il loro sviluppo.
Importante per nostra riflessione è tenere collegati il sistema della formazione, i sistemi di valutazione e quelli delle
competenze al ciclo della programmazione.
Nella programmazione, al momento dell’individuazione
degli obiettivi aziendali, dovranno essere definiti anche
gli obiettivi formativi di supporto alle scelte strategiche
aziendali, e le risorse necessarie per raggiungere tali
obiettivi. Dovrà essere fatta un’analisi delle competenze
presenti in Azienda per valutare se sono consone al raggiungimento dei risultati e nel caso ci sia un gap fra quelle attese e quelle agite, sarà necessario programmare la
formazione idonea. Il monitoraggio sul raggiungimento
degli obiettivi ci dirà se è opportuno/necessario intervenire sulla formazione per garantire il raggiungimento degli
obiettivi aziendali, così come la valutazione finale ci dirà
se ci sono criticità aggredibili o meno con la formazione.
Nella costruzione di percorsi formativi strategici l’Azienda può disporre di strumenti idonei per valutare l’impatto
sull’utenza e/o sulla performance degli operatori della
formazione che ha erogato.
La valutazione di impatto assume una funzione importante per la programmazione della formazione in modo da
finalizzare le risorse su quella formazione che produce
impatto positivo in termini professionali/organizzativi/
relazionali/economici5.
Verso l’“oceano blu” della formazione sanitaria rappresenta quindi una filosofia nuova che pone realmente al
centro i professionisti sanitari con la consapevolezza che
il miglioramento in sanità, e le relative complessità e sofisticatezza del sistema, passa indissolubilmente dalla valorizzazione del patrimonio intellettuale, vero cuore del
Servizio sanitario nazionale.
Superare i confini tradizionali verso l’“oceano blu” significa, nella formazione, orientare l’intero sistema per ottenere un aumento significativo del valore creato per tutti
gli attori.
A questo proposito la Regione Toscana ha ritenuto importante offrire delle linee guida al sistema dei Provider ECM e con la DGR
599/2012 ha individuato tre livelli di valutazione di impatto formativo: la performance degli operatori, l’impatto sull’utenza e i costi. I
tre ambiti non sono escludenti tra loro in quanto nello stesso progetto
formativo è possibile valutarne più di uno con i relativi indicatori.
5
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
677
Il Dossier di gruppo nel
sistema ECM in sanità
Marina Barbo
Responsabile Funzione interaziendale unica formazione e valorizzazione del personale A.A.S. n. 4
Azienda Ospedaliero-universitaria Friuli Venezia Giulia
Abstract
Il Dossier formativo di gruppo (DFG) è uno strumento, previsto dalla normativa ECM (Educazione continua in medicina),
fortemente innovativo per la rilevazione, analisi e pianificazione dei fabbisogni formativi di un’azienda sanitaria o ospedaliera. Il presupposto per la sua applicazione è nel considerare la formazione un processo importante per il professionista e
una funzione strategica dell’Azienda. L’articolo descrive un progetto per la sperimentazione del Dossier formativo di gruppo
nell’Azienda per i servizi sanitari n. 4 Medio Friuli(ASS4), oggi Azienda per l’Assistenza sanitaria Friuli centrale (AAS4).
L’articolo descrive la sperimentazione del DFG avviata in ASS4 e la sua successiva adozione.
Il Dossier formativo (DF) individuale è uno strumento di
analisi dei bisogni formativi: può essere interpretato come
un luogo fisico dove progettare un percorso di sviluppo
professionale in grado di creare un legame tra i bisogni
professionali dell’individuo, la mission del gruppo e le
attese dell’organizzazione e delle professioni sanitarie,
coniugando specifici bisogni formativi individuali con il
contesto e il gruppo in cui si opera, gli obiettivi della struttura e gli interessi generali del sistema azienda. Il DF contiene la storia formativa del singolo ed è un supporto per
il professionista nell’autovalutazione delle conoscenze e
competenze acquisite durante il proprio percorso formativo. Il DF è uno strumento di pianificazione che consente di
rispondere alle esigenze di programmazione e di valutazione aziendale in modo oggettivo e su obiettivi specifici
e rappresenta un percorso per:
a. realizzare una puntuale analisi del fabbisogno formativo;
b. orientare efficacemente le scelte formative;
c. valorizzare i singoli professionisti;
d monitorare le attività formative stesse.
Già il D.Lgs n. 502/92 ha definito l’importanza della
formazione continua in medicina, segnando il passaggio
da una formazione concepita come accessoria, episodica, individuale e autodeterminata, a una concezione della formazione come elemento strategico per lo sviluppo
della professionalità e della qualità del sistema di cure
al cittadino, requisito ritenuto indispensabile per svolge-
re l’attività professionale. Nell’Accordo Stato Regioni del
2007 il DF viene definito come lo «strumento di programmazione e valutazione del percorso formativo del singolo
operatore o del gruppo di cui fa parte (gruppo, equipe
o network professionale). Il Dossier formativo non è un
portfolio delle competenze, ma ne può essere considerato
un precursore ed è comunque collegato al profilo professionale e alla posizione organizzativa».
Il Dossier formativo di gruppo (DFG) contiene le esigenze
formative e di sviluppo di un intero gruppo di lavoro, è un
percorso organico, trasversale e rappresentativo delle diverse professionalità, coerente in una dimensione di gruppo di lavoro, risponde a logiche di priorità strategica, di
equità, di sostenibilità, di organicità, di trasparenza, di
bilanciata distribuzione tra obiettivi tecnico-professionali,
di processo e di sistema. Infine, deve permettere una valutazione annuale e triennale sul raggiungimento degli
obiettivi di sviluppo formativo atteso.
Il caso aziendale
L’ASS4 ha ritenuto di riconsiderare il sistema di rilevazione e analisi dei bisogni formativi in coerenza con il
modello del DFG e di definire un percorso collegato con
gli obiettivi delle strutture, con le competenze attese e possedute e coerente con le scelte strategiche aziendali.
Le ragioni specifiche della scelta della direzione strategica si fondano, da una lato, su alcune connotazioni spe-
678
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
cifiche che caratterizzano un’azienda sanitaria, dall’altro
sulle inevitabili trasformazioni legate al contesto generale
e alla funzione di supporto che la formazione può assumere. Le valutazioni strategiche sono sintetizzabili in alcuni fattori critici quali la necessaria reingegnerizzazione
dell’organizzazione del lavoro in relazione alla diffusione
di nuovi ambiti assistenziali, la ridefinizione di percorsi in
una logica di snellimento e di maggior efficacia e appropriatezza, la specializzazione delle linee gerarchiche tra
governo clinico e governo delle piattaforme logistiche, la
ridefinizione dei ruoli professionali e il tema delle skill mix
nel sistema sanitario (Faletti et al. 2013), l’autonomia professionale nelle professioni sanitarie (De Pietro, 2003), la
necessità di investire in competenze di ricerca, didattica
e sviluppo, l’evidenza della lenta, graduale e inesorabile trasformazione del capitale umano dell’azienda (sia
in relazione al numero e alla tipologia delle professioni
che all’età degli operatori), la conseguente necessità di
operare sui livelli motivazionali e sulla riqualificazione.
Le risorse per la formazione sono e saranno sempre più
limitate rispetto alla necessità di un’azienda professionale e quindi vanno allocate e programmate con sempre
maggiore attenzione; la carenza di personale, il blocco
del turnover, genera una crescente necessità di gestire il
risk management delle competenze e di governare attivamente i percorsi di sviluppo professionale per ridurre
la dipendenza organizzativa dal singolo professionista
unico detentore della competenza distintiva.
I processi di adattamento e/o riorganizzazione implicano la presenza e miglioramento delle competence, le cui
dimensioni core si articolano in motivazioni, conoscenze,
abilità, attitudini, comportamenti e atteggiamenti che nella loro combinazione determinano la competenza (Spencer e Spencer, 1993). La competenza quindi si traduce
in diverse dimensioni: cognitiva, tecnico-professionale,
capacità di integrazione delle conoscenza, capacità di
adattamento al contesto, abilità relazionali e comunicative, attitudini mentali e comportamentali (habits of mind),
dimensioni etiche, morali, psico-affettive, ma anche dimensioni integrative, competenze di organizzazione e
gestione dei servizi sanitari, competenze didattiche, di
addestramento e affiancamento (training e tutoraggio) e
capacità di valutazione professionale. Infine, l’integrazione multi-professionale, multi-disciplinare tra diversi servizi
e l’integrazione socio-sanitaria richiedono l’analisi e la
pianificazione di percorsi in termini maggiormente integrati. La ricerca e lo sviluppo devono connotare il percorso di formazione del singolo, delle équipe, dei servizi,
dell’azienda come sistema.
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Azienda e formazione
In questa prospettiva, dal 2011 l’ASS4 ha avviato un percorso di co-costruzione del DFG, condividendo con direttori, posizioni organizzative, responsabili e coordinatori
la consapevolezza di sistema, la chiarezza di posizionamento strategico dell’azienda e degli obiettivi aziendali,
la definizione delle linee di priorità dei bisogni formativi
in coerenza con alcuni livelli attesi. La direzione strategica ha definito la necessità di riconsiderare l’investimento
formativo in rapporto ad alcuni criteri di priorità sui temi
del governo clinico, dell’accreditamento, dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, del risk management e
della qualità e alcuni investimenti specifici per:
1. Mantenere e/o sviluppare competenze tecnico professionali specifiche dei diversi profili, équipe e strutture.
2. Supportare la trasformazione e ridefinizione dei ruoli
professionali
3. Sostenere alcuni processi ri-organizzativi.
4.La “messa in contesto” rivolta in particolare ai ruoli
chiave gestionali.
Preparare alcune persone al salto di ruolo, per sviluppare
alcune professionalità specifiche, per sostenere alcune innovazioni tecnologiche o di servizio.
Inquadramento metodologico
Il metodo di lavoro ha proposto la ri-definizione della mission, mutuata dagli atti aziendali, sostenendo un percorso
di condivisione e approfondimento interno alle strutture e
la descrizione della vision intesa come opportunità di declinare obiettivi di valenza specifica, caratterizzanti e che
contribuissero a definire il preciso posizionamento strategico delle strutture. La coerenza tra mission, obiettivi definiti e linee di attività dovrebbe essere rappresentata nella
configurazione organizzativa-gestionale e operativa. Le
linee di attività e gli obiettivi attesi dovrebbero definire le
competenze necessarie. Quindi il terzo elemento di analisi coniugato alla mission e agli obiettivi attesi è la competenza rispetto a quali sono le conoscenze possedute e
quali sono le competenze attese da alimentare, da consolidare, da sviluppare. Le competenze considerate sono
state le competenze tecniche le competenze relazionalicomunicative, le competenze gestionali-organizzative,
situazionali e di ruolo. Nel metodo di lavoro impostato,
le competenze sono state individuate e collegate agli
obiettivi definiti nel piano aziendale per ogni struttura. Le
competenze definite sono state poi collegate a bisogni e
tematiche formative.
Il percorso del DFG si è svolto in una prima fase propedeutica con un percorso di approfondimento e bench-
N. 206 - 2015
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
679
marking con diverse aziende sanitarie e ospedaliere di
alcune Regioni (Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige,
Emilia Romagna, Marche e Friuli Venezia Giulia) al fine
di condividere esperienze e dialettiche di confronto; in
una fase sperimentale in azienda, coinvolgendo alcune
strutture rappresentative delle diverse anime: un dipartimento ospedaliero, un istituto di riabilitazione, un distretto
sanitario per validare il progetto. La fase sperimentale si è
articolata nei seguenti passaggi:
1.Identificazione delle strutture e degli operatori, mappatura dei professionisti coinvolti, in termini di profili e
quantità per la validazione dello strumento.
2. Costruzione di un data base in formato elettronico.
3. Individuazione dei referenti locali del progetto in ogni
struttura selezionata avente la funzioni di garante della continuità delle azioni programmate nel percorso
del progetto e di trait d’union.
4. Realizzazione di eventi dedicati per la formazione dei
professionisti coinvolti: direttori e responsabili di struttura, di SOA, SOC, SOS, responsabili professionali,
coordinatori e referenti di formazione.
5.Attivazione di un’agenda di incontri per il coinvolgimento e il supporto nelle strutture.
6. Distribuzione delle schede tramite caselle di posta elettronica aziendale.
7.Raccolta e analisi dei dati, comparando la missionobiettivi-linee assistenziali descritti alle competenze e
ai bisogni formativi espressi.
8. Mappatura del fabbisogno formativo.
sviluppo delle competenze e delle conoscenze del singolo
professionista e dell’équipe. Sulla base di un approccio
che tenga conto della possibilità di rappresentare la multidimensionalità e la specificità delle professioni sanitarie,
si propone un sistema semplificato, ma che si ritiene esaustivo, per classificare le competenze e le conseguenti attività formative a queste correlate, suddiviso in tre macro
aree descritte nella tabella 1.
Nella fase di sperimentazione sono state selezionate le
categorie di professionisti maggiormente rappresentate in
azienda e individuati i riferimenti normativi dei corrispettivi profili professionali. Dall’analisi dei profili professionali
selezionati è emerso che, nonostante vi siano delle diversità, esistono delle competenze comuni a tutti i professionisti sanitari. Nelle competenze tecniche specialistiche si
fa riferimento ai temi della prevenzione, cura (assistenza,
riabilitazione), educazione sanitaria; nelle competenze
di processo relazionali si individuano la comunicazioneascolto, l’orientamento al paziente-utente, l’integrazione;
nelle competenze di sistema organizzativo, gestionali,
situazionali e di ruolo, ricorrono i temi della programmazione clinico-assistenziale e riabilitativa, il governo
clinico, l’orientamento agli esiti, la conoscenza del sistema organizzativo aziendale e la consapevolezza della
responsabilità professionale.
Dopo la prima fase di sperimentazione del progetto, nella
sezione “competenze tecnico-specialistiche”, si è ritenuto
opportuno concordare con i professionisti stessi una declinazione mirata della loro area di attività-competenze.
L’evidenziazione dei bisogni formativi su competenze predefinite, ha permesso di disegnare un quadro delle tematiche/obiettivi di percorsi formativi di gruppo da sviluppare. Nella sperimentazione è stato possibile verificare
ostacoli e difficoltà. Il confronto con i responsabili e referenti ha consentito di comprendere i livelli di conoscenza trasversale rispetto ai parametri di riferimento indicati
attivando circuiti di miglioramento della comunicazione,
diffusione e consapevolezza di sistema.
La restituzione alla direzione strategica ha definito, a esito della sperimentazione, l’ottimizzazione del DFG e la
messa a regime.
Le schede del DFG
Il Dossier formativo di gruppo è composto da quattro
schede che vengono compilate dal direttore-responsabile
della struttura, dal responsabile professionale di struttura
con il supporto del referente della formazione. Una prima
parte è dedicata agli elementi di contesto del servizio con
i nomi dei responsabili e il numero dei componenti della
struttura suddivisi per ogni profilo.
Il percorso costruito ha mappato la mission delle strutture
aziendali, gli obiettivi, le competenze attese e possedute. Al fine di condividere la declinazione di mission e di
vision delle diverse strutture, si è ripresa la declinazione
delle stesse dall’Atto aziendale, cercando di radicarle nella realtà operativa e di collegarla agli obiettivi di Piano
attuativo locale. La direzione sanitaria ha prodotto un manifesto che ha rappresentato il presupposto concettuale
teorico di riferimento introducendo definizioni quali “postura strategica”, “strategia operazionalizzata”, “mission
statement”.
La matrice delle macro competenze
Dei diversi strumenti utilizzati si ritiene importante dedicare un piccolo approfondimento alla matrice delle macro
competenze. Le tre tipologie di obiettivi formativi individuati dal “Nuovo sistema di formazione continua in medicina” (G.U. n. 288 del 11.12.2009) sono finalizzate allo
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Formazione, certificazione professionale e MOOCs
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Tabella 1. Matrice delle macro aree di competenza.
Competenze tecnico-specialistiche
Competenze medico-specialistiche e delle diverse
professioni sanitarie (di cui ai decreti ministeriali) esercitate
sia individualmente (come liberi professionisti) sia negli
ambiti organizzativi previsti dalla normativa di settore,
dai CCNNLL delle diverse aree contrattuali e dagli atti
aziendali.
Competenze generali sanitarie clinico e assistenziali
relative al proprio profilo professionale.
Competenze di processo relazionali - comunicative
Competenze relative alla capacità di relazione,
comunicazione e rapporti con i pazienti, con i familiari,
con gli altri soggetti dell’organizzazione (colleghi e
direzioni) con soggetti esterni (istituzioni), con i cittadini e
con gruppi di lavoro.
Attività formativa
Rientrano in questa area le attività formative effettuate in
accordo a linee guida stabilite dalle Società Scientifiche
relative agli specifici ambiti professionali e in rapporto
all’evoluzione tecnologica e scientifica.
Rientrano in questa area le attività formative relative al
mantenimento/aggiornamento delle competenze cliniche e
assistenziali di base del proprio “core” professionale.
Attività formativa
Rientrano in questa area le attività formative relative al
lavoro in equipe, alla ridefinizione di processi, protocolli e
procedure di specifici segmenti, ai processi di integrazione
e comunicazione interna ed esterna, alla comunicazione
con i pazienti, con i familiari, con i care givers, con i
MMG e PLS, con le reti del volontariato sociale, con gli
ambiti socio-assistenziali, con enti diversi coinvolti nel
percorsi di integrazione socio-sanitaria.
Competenze di sistema organizzativo, gestionali,
situazionali e di ruolo
Attività formativa
Competenze relative alle modalità con cui le competenze
tecnico professionali vengono applicate nel proprio
contesto di lavoro.
In questo ambito vanno ricomprese le competenze di
governo clinico, appropriatezza, sicurezza, qualità,
relative anche ad aspetti gestionali, relative al codice
deontologico, alla conoscenza delle norme generali e del
contesto organizzativo nel quale si opera.
Rientrano in questa area le attività formative/i relative alla
declinazione del proprio agire professionale nei contesti
operativi, relative alla gestione della sicurezza del paziente,
all’appropriatezza, alla organizzazione e gestione dei
contesti organizzativi e finalizzate alla qualità dei servizi e
delle cure. Razionale allocazione delle risorse. Rientrano
in questa area le attività formative relative al mantenimento
e aggiornamento delle conoscenze in tema di qualità,
sicurezza, management, deontologia, etica professionale,
conoscenza della legislazione e del contesto.
Per favorire la coniugazione degli obiettivi formativi con
le categorie definite dalla Commissione nazionale per l’educazione continua in medicina si è fornito l’elenco degli
obiettivi suddivisi nelle tre aree di riferimento e una traccia comune di orientamento. (tabella 2).
Le fasi applicative
La messa a sistema ha richiesto l’investimento in tutte le
strutture e l’analisi dei dati emersi attraverso un percorso
di seguito sintetizzato:
1. Analisi dei contesti organizzativi aziendali in relazione alla mission, agli obiettivi di PAL e di negoziazione
di budget.
2. Individuazione delle competenze specifiche possedute
e attese.
3. Definizione del fabbisogno formativo dei gruppi di lavoro.
4.Raccolta e analisi dei dati provenienti dalle diverse
SOA/SOC.
5.Individuazione chiave di lettura: confronto degli elementi di affinità e peculiarità in relazione agli specifici
contesti operativi.
6. Individuazione delle linee formative: definizione delle
linee formative approvate e validate dalla direzione
strategica in coerenza con i bisogni espressi e con
valutazione di priorità.
7. Definizione del piano formativo in relazione anche a
criteri di equità e sostenibilità.
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Tabella 2: Traccia delle competenze attese.
Competenze tecnico-specialistiche
Prevenzione
Applicare programmi per la diagnosi precoce e la profilassi.
Produrre materiale informativo teso alla prevenzione dei rischi per la salute.
Rilevare fattori di rischio.
Cura/Assistenza/
Riabilitazione/
Vigilanza
Applicare il processo di cura.
Applicare il processo di nursing
Educazione sanitaria
Valutare il fabbisogno educativo della persona assistita e della famiglia.
Pianificare modelli assistenziali orientati all’auto gestione e all’autocura.
Definire un progetto educativo efficiente ed efficace.
Educare le persone assistite e i familiari ad apprendere abilità di autocura e recupero funzionale.
Utilizzare tecniche di counselling al fine di promuovere la salute.
Verificare il progetto educativo.
Competenze di processo relazionali - comunicative
Orientamento al
cliente/paziente/utente
colleghi/collaboratori/
responsabili
Empatia: Capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d’animo
di un’altra persona.
Capacità di individuare e analizzare i bisogni, sollecita attenzione.
Capacità di dare adeguata risposta al bisogno
Capacità di costruire relazione operatore – paziente – famiglia per la compliance delle cure
Solo per le funzioni gestionali:
Capacità di indirizzare costantemente la propria e l'altrui attività al conseguimento di un
soddisfacente livello di servizio al cliente (interno/esterno), coerentemente con gli standard e gli
obiettivi organizzativi.
Comunicazione/
ascolto
Comunicazione: la comunicazione per agevolare l’interlocutore.
Capacità di osservare ed ascoltare, raccogliendo tutte le informazioni necessarie sulla situazione
contingente.
Verifica della comprensione, sia a livello dei contenuti che della relazione, nell’interlocutore.
Cura della logistica, facendo attenzione al contesto fisico-spaziale dell’ambiente.
Curare la comunicazione per agevolare l’interlocutore e farlo sentire il più possibile a proprio agio.
Integrazione
Superare la logica gerarchico-funzionale e concentrarsi sui processi assistenziali.
Capacità di cooperare, di mettersi in discussione, di dare il giusto peso ai problemi e alle varie
conflittualità.
Collaborare con altre professionalità.
Lavorare in équipe.
Competenze di sistema organizzativo, gestionali, situazionali e di ruolo
Programmazione
clinico-assistenziale
Gestione della sicurezza del paziente, appropriatezza, organizzazione e gestione, qualità dei
servizi e delle cure, allocazione delle risorse.
Orientamento ai risultati
Capacità relativa alla valutazione della corrispondenza tra obiettivi da perseguire, risorse da
utilizzare e centri di responsabilità da attivare, al fine di realizzare successivi miglioramenti.
Per i ruoli e le funzioni gestionali:
Capacità di indirizzare costantemente la propria e l’altrui attività al conseguimento degli obiettivi
organizzativi, influenzando attivamente gli eventi e fornendo un livello di prestazione coerente alla
natura e all’importanza degli stessi.
Conoscenza del
sistema organizzativo
aziendale e di U.O.
Conoscenza dell’organizzazione aziendale, della struttura, dei ruoli e dei compiti degli operatori.
Conoscenza dei regolamenti aziendali e di struttura.
Conoscenza della mission della propria Struttura e relativi obiettivi.
Per responsabilità
professionale
Capacità di rispondere agli altri e di rispondere di se stessi con affidabilità.
Applicazione dei principi del codice deontologico.
Utilizzo delle EBP.
682
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
Principali risultati
Sono stati analizzati i dati dei diciassette DFG provenienti
da dieci SOA, cinque Dipartimenti ospedalieri e un Coordinamento socio sanitario e Servizi dell’handicap. L’elaborazione dei dati ha sostanzialmente seguito due criteri
guida:
1. L’identificazione di tematiche ricorrenti che consentissero un raggruppamento per aree congruenti rispetto
a obiettivi formativi trasversali.
2. Il riconoscimento della specificità di alcune strutture in
termini di competenze, setting, target di utenza, che
definisce obiettivi formativi specifici e dedicati.
Il processo di analisi del materiale raccolto ha richiesto
una lettura analitica delle competenze enunciate dalle
singole strutture e delle diverse tematiche formative proposte, al fine di individuare: obiettivi formativi di interesse
comune relativi a tematiche a largo spettro con declinazioni specifiche per profilo o struttura; obiettivi formativi
di affinità, in termini di bisogni comuni espressi; parole
chiave che li identificassero e aggregassero.
I dati assunti e aggregati con i criteri precedentemente
descritti sono stati oggetto di valutazione con la direzione
strategica. La valutazione si è attenuta a tre livelli: nel merito delle specifiche linee tematiche proposte; nel merito
di una valutazione di sostenibilità ed equità di sistema
per le diverse SOA/SOC; nel merito dell’impatto sul coinvolgimento dei diversi profili per struttura. La valutazione
con il dettaglio numerico e di contenuto delle tematiche
formative prescelte è stata oggetto di comunicazione ai
responsabili di SOA/SOC, al fine di richiedere l’elaborazione delle schede progetto di corso.
Al termine del processo, la Direzione ha formalizzato il
Piano della formazione triennale e il Comitato scientifico
ha validato il Piano della formazione annuale.
Riflessioni conclusive
Il percorso del DFG ha favorito il coinvolgimento e una
maggior responsabilizzazione dei ruoli gestionali, ha
permesso di prefigurare percorsi di sviluppo, favorendo
l’attivazione di risorse professionali e di un processo di
cambiamento culturale e gestionale. Ha rappresentato
un cambiamento culturale e operativo, attivato sul tema
dell’analisi dei bisogni formativi coinvolgendo anche altri
livelli e dimensioni della pianificazione strategica.
L’analisi dei punti di forza e punti di debolezza del percorso ha messo in evidenza il “sentire” dei professionisti
coinvolti.
Gli aspetti di debolezza sono legati alla:
• difficoltà iniziale a interpretare l’analisi dei bisogni
N. 206 - 2015
formativi come percorso legato agli elementi di competence professionale in relazione ai contesti operativi
e agli obiettivi della struttura;
• percezione della formazione ancora come sommatoria di attività e non come processo;
• delega dei professionisti ai soggetti sovra-ordinati, ai responsabili delle strutture, alla formazione, all’Azienda
dell’elaborazione di un percorso di sviluppo formativo;
• attenzione alla quantità piuttosto che alla qualità.
• Gli aspetti di opportunità si riassumono nel:
• introduzione di un processo di cultura organizzativa;
• confronto con esperienze e realtà affini;
• attenzione allo sviluppo e valorizzazione delle risorse
umane;
• riflessione strutturata su obiettivi e linee clinico-assistenziali;
• definizione congiunta di competenza ed evidenza della declinazione delle competenze attese;
• maturazione di un livello più consapevole e diffuso
della coerenza tra ruolo gestionale e pianificazione
strategica della formazione;
• informazione puntuale e trasparente dell’offerta formativa aziendale.
Il percorso ha permesso di tracciare una mappa delle
competenze attese in relazione agli obiettivi aziendali generali e specifici delle strutture, definendo le tematiche formative su cui investire. Per la dirigenza e per i ruoli gestionali dei profili sanitari ha rappresentato l’opportunità di
costruire ed evolvere il senso di appartenenza all’azienda
e il senso di essere “artefice” del cambiamento, comprendendo l’importanza di prevedere una pianificazione consapevole della formazione dei propri collaboratori nella
logica del lifelong learning (Alberici, 2001). Ha rappresentato un laboratorio di “apprendimento organizzativo”
per costruire un ponte tra i valori aziendali condivisi, le
identità personali e di gruppo, le idee come possibili processi di cambiamento e miglioramento e gli investimenti
formativi necessari. Ha permesso di disegnare un percorso che concilia il bisogno di crescita del singolo individuo
professionista con il miglioramento della struttura-sistema
di riferimento; ha favorito l’armonizzazione degli obiettivi
formativi individuati e di alcuni comportamenti organizzativi gestionali. Ha contribuito a dare un senso e una
coerenza di sistema a quello che si è e a quello che si fa.
Ha favorito il confronto tra i professionisti individuando
percorsi formativi in linea con gli obiettivi aziendali.
Nella configurazione complessiva, rappresenta una mappa delle traiettorie di formazione continua degli operatori
legata all’evoluzione dell’organizzazione. Il percorso ha
N. 206 - 2015
costruito i presupposti metodologici condivisi misurando le
potenzialità di uno strumento trasparente, diffuso, aperto a
integrazioni e miglioramenti che permette comunque l’integrazione con eventuali obiettivi formativi emergenti modificando traiettorie pensate e offerte. Il metodo e lo strumento
hanno permesso di lasciare il vecchio modello autocentrato
e spesso autoreferenziale per privilegiare l’analisi di contesto, la competence attesa, posseduta e da sviluppare, la
condivisione e la ricerca di obiettivi formativi integrati e
coerenti con gli obiettivi operativi e di processo. Il nuovo
modello introduce il concetto di formazione intesa come
funzione che transita da “responsabilità versus responsabilizzazione”. Il professionista così come i gruppi di appartenenza non sono “fruitori passivi o proponenti di singoli
eventi, ma diventano co-autori di un percorso di sviluppo”.
L’altro forte elemento innovativo di meta livello introdotto
dal metodo e vissuto nell’esperienza del percorso, è la
capacità dirompente di rappresentare un forte significato
motivazionale per un modello di governance della formazione maggiormente condiviso, consapevole, trasversale
alle professioni e alle strutture. Ciò che è stato ri-contestualizzato è stata anche la dimensione motivazionale di
crescita professionale coniugando il senso di appartenenza e di identità professionale, culturale di riferimento di
una professione, con la dimensione di appartenenza a
un’azienda, a un sistema sanitario regionale e nazionale.
Infine, ciò che si è sperimentato è la dimensione intrinseca
del cambiamento culturale. Un’evoluzione culturale che il
percorso del DFG può favorire e sostenere introducendo
elementi di trasformazione. L’intero investimento richiede
il diretto coinvolgimento della direzione strategica e dei
ruoli gestionali. Il metodo e lo strumento di lavoro hanno
implicato una nuova vision nella gestione della formazione tesa alla difficile integrazione tra logiche di adempimento e soluzioni manageriali nel governo strategico dei
professionisti, favorendo l’apprendimento e rappresentando il passaggio da una formazione sulle conoscenze
a una formazione sulle competenze per lo sviluppo e la
valorizzazione delle risorse umane.
Bibliografia
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
683
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684
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
La certificazione
dei crediti ECM
Antonio Panti1, Valentina Galeotti2
Vicepresidente del Consiglio sanitario Regione Toscana
Responsabile dei servizi informatici ed ECM dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della
Provincia di Firenze
1
2
Abstract
“La formazione continua costituisce la nuova prospettiva strategica della formazione e l’affermazione del diritto del cittadino
alla qualificazione e all’arricchimento della propria professionalità […].La possibilità di aggiornare e modificare conoscenze
e abilità anche professionali deve essere agevolata dall’adozione di un sistema di crediti formativi, secondo la logica proposta dai più recenti orientamenti dell’Unione Europea. Il sistema di istruzione e di formazione, anche di livello universitario,
va collocato in questa prospettiva e diviene la base su cui innestare proficuamente interventi di formazione continua e di
educazione degli adulti” (Patto del Lavoro).
In Italia nel settembre 1996 la Presidenza del Consiglio
dei Ministri siglava così il Patto del Lavoro e la necessità
di abbracciare le nuove tendenze europee nell’ottica di
giungere alla costituzione di un comune sistema di riconoscimento e sviluppo delle qualifiche e delle competenze
che caratterizzassero l’intero corso della vita professionale del cittadino europeo.
In più circostanze (Convenzione di Lisbona 1997, Processo di Bologna 2000, Consiglio europeo di Lisbona 2000)
gli Stati membri hanno manifestato la volontà di facilitare
lo sviluppo di percorsi riconoscibili e validi in tutto l’ambito europeo contraddistinti da processi di riconoscimento
caratterizzati da trasparenza, coerenza e affidabilità.
L’ultimo atto di indirizzo politico adottato in ambito europeo conferma proprio questa tendenza. Si tratta dell’approvazione della Direttiva 2013/55/UE del Parlamento
Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, recante
modifica della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento
(UE) n. 1024/2012 e includente l’intimazione rivolta ai
Paesi membri dell’obbligo di recepimento del nuovo testo entro il 18/01/2016. (Gazzetta ufficiale elettronica
dell’Unione Europea s.d.)
L’intento della Comunità Europea è di promuove la libera
circolazione dei professionisti sollecitando l’adozione di
una tessera professionale che, inserita in un sistema di informazione del mercato interno (IMI) e mirata all’attuazione
di un quadro europeo delle qualifiche (EQF), consenta un
rapido progresso del riconoscimento delle qualifiche professionali; la Direttiva stabilisce, inoltre, che “è importante che
gli Stati membri non solo si assumano la responsabilità a
livello nazionale, ma cooperino anche gli uni con gli altri e
con la Commissione al fine di garantire che i professionisti,
all’interno di tutta l’Unione, possano facilmente accedere a
informazioni di facile approccio e multilingue nonché completare agevolmente le procedure tramite i punti di contatto
unici o le pertinenti autorità competenti”.
L’intera procedura di richiesta della tessera è stabilita
all’art. 4 ter e prevede di essere svolta online. Inoltre,
entro una settimana dal ricevimento della domanda, l’autorità dello Stato membro d’origine accusa ricevuta della
domanda e informa il richiedente di eventuali documenti
mancanti. Terminato l’iter al professionista viene rilasciato
un certificato elettronico.
Grazie allo sviluppo del mercato del libero scambio di
beni e servizi, con l’incremento dei flussi migratori soprattutto in ambito europeo, negli ultimi anni si assiste sempre
più ad un crescente interesse degli addetti ai lavori verso
la certificazione dei percorsi formativi e delle competenze, unita alla volontà di creare un sistema integrato delle
qualifiche, ad un riconoscimento delle competenze e alla
spendibilità delle stesse.
Prendendo in esame l’ambito sanitario e partendo dall’esempio del Regno Unito, dove la massiccia mancanza di
N. 206 - 2015
medici ha portato ad un imponente reclutamento nei vari
Paesi europei con alto tasso di disoccupazione, si può osservare quanto la certificazione professionale sia divenuta
elemento sostanziale per l’accesso alla professione. Sul sito
del British Council si legge infatti: “Vuoi ottenere una prestigiosa qualifica professionale britannica? Ottenere una
qualifica specialistica in grado di dimostrare la tua competenza professionale può aiutarti a dimostrare a livello internazionale la comprensione e la padronanza di competenze specifiche per il tuo settore”. Tanto è stato l’interesse da
parte dei professionisti italiani che l’organismo ha aperto
sedi per svolgere esami anche a Roma, Milano e Napoli.
Il professionista quindi, sempre più frequentemente, ha avuto necessità negli ultimi tempi di comprovare quello che è
stato definito come il “quadro comune di formazione” ossia l’insieme di conoscenze, abilità e competenze minime
per svolgere l’attività e poter quindi accedere all’opportunità di emigrare inseguendo le migliori condizioni di lavoro
e le maggiori opportunità di crescita professionali.
Se da un lato l’Italia è stata lungimirante prevedendo, già
nel 1978 con la legge n. 833 del 23/12/1978 concernente il riordino del Sistema sanitario nazionale, all’art.
48, l’aggiornamento obbligatorio per i medici convenzionati, è soltanto nel 1999 con l’approvazione del Decreto
Bindi, che integrava il Decreto legislativo 502/1992, che
sono state definite organicamente le disposizioni specifiche dedicate alla formazione continua.
È stato dato quindi l’avvio dal 2002 alla fase sperimentale del Programma nazionale ECM che ha segnato una
linea di confine netta nell’ambito dell’aggiornamento dei
professionisti sanitari.
Dal 1 gennaio 2008, con l’entrata in vigore della Legge
24 dicembre 2007, n. 244, la gestione amministrativa
del programma di ECM ed il supporto alla Commissione
nazionale per la formazione continua, fino ad allora competenze del Ministero della Salute, furono trasferiti all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).
In quest’ottica è stato istituito il Co.Ge.A.P.S., Consorzio
gestione anagrafe professioni sanitarie, che è un organismo che riunisce le Federazioni nazionali degli Ordini e
dei Collegi e le Associazioni dei professionisti coinvolti
nel progetto di educazione continua in medicina.
Il Co.Ge.A.P.S. nasce per essere lo strumento attuativo
della Convenzione stipulata con il Ministero della Salute
che prevede la realizzazione di un progetto sperimentale
per la gestione e certificazione dei crediti formativi ECM,
l’istituzione di una anagrafe degli professionisti sanitari e
l’allestimento di un servizio tecnico permanente di aggiornamento dedicato ai rapporti con gli enti pubblici che ha
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
685
il compito di gestire la banca dati dei crediti.
Nel dicembre 2013 il Co.Ge.A.P.S. ha reso accessibile
sul proprio portale l’anagrafe dei crediti registrati per ogni
professionista sanitario dando l’opportunità agli Ordini,
Collegi e Associazioni professionali di certificarne il pieno
assolvimento degli obblighi formativi per il triennio 20112013, ossia il primo completato dopo la fase sperimentale.
Successivamente sono emerse innumerevoli richieste dei
sanitari volte a completare e/o integrare i dati al fine di
ottenere la certificazione soprattutto per l’integrazione dei
crediti conseguiti all’estero, per eventuali casi di esonero
ed esenzione, tutoraggi, pubblicazioni scientifiche ed infine, per i soli liberi professionisti, i crediti derivanti da
autoformazione.
Le segnalazioni inviate al back office del Co.Ge.A.P.S.
necessitano però di un lavoro molto accurato e approfondito soprattutto indirizzato alla verifica dell’ammissibilità
di esoneri e/o esenzioni che, secondo la determina della
Commissione nazionale ECM, consentono la riduzione
dell’obbligo formativo individuale rispetto allo standard
di 150 crediti per triennio. Innumerevoli richieste sono
emerse specialmente nell’ambito delle revisione dell’elenco ministeriale dei medici competenti.
Con il Decreto legislativo 81/2008 e s.m.i., infatti, è stata prevista il raggiungimento del pieno soddisfacimento
dell’obbligo formativo per assumere l’incarico di medico competente come ulteriore condizione imprescindibile. All’art. 38 comma 3, infatti, è stabilito che “Per lo
svolgimento delle funzioni di medico competente è altresì necessario partecipare al programma di educazione
continua in medicina ai sensi del decreto legislativo 19
giugno 1999, n. 229, […] I crediti previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non
inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina “medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro”
pena la decadenza dei requisiti e quindi la cancellazione
dall’elenco ministeriale appositamente istituito. (Ministero
del Lavoro e delle Politiche sociali s.d.)
I medici competenti sono stati i primi destinatari di una disposizione tesa a penalizzare i sanitari che non abbiano
conseguito un adeguato aggiornamento professionale in
una tematica rilevante e universalistica come quella della
sicurezza sui luoghi di lavoro. Tale norma ha pertanto
segnato uno spartiacque nel panorama della formazione continua in medicina ma, paradossalmente, è passata
quasi del tutto inosservata tra gli addetti ai lavori fino
a marzo u.s. quando, nell’ambito della prima revisione
dell’elenco ministeriale, sono stati cancellati più di 6000
medici su 10.000. Tra le maggiori cause di cancella-
686
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
zione compare l’inosservanza dell’art. 38 del decreto
81/2008. (Medicocompetente.blogspot.it s.d.)
Il ruolo degli Ordini, Collegi e Associazioni è andato,
quindi, sempre più evolvendosi grazie anche agli impulsi
europei che assegnano un ruolo fondamentale alla certificazione professionale e si è esteso ulteriormente con
l’Accordo Stato Regioni siglato il 01/08/2007, concernente il “Riordino del sistema di formazione continua in
medicina”, dove si legge che si tratta di “soggetti del tutto
legittimati ad esercitare una propria funzione di responsabilità e garanzia dei professionisti e delle attività svolte
verso i cittadini”.
Ulteriori norme successive hanno affidato a tali organismi
un ruolo sempre più determinante di valutazione dei percorsi formativi e di erogatori di formazione da rivolgere
in via prevalente ai liberi professionisti e a quelle categorie e discipline che hanno una ridotta offerta formativa.
Nella fattispecie proprio il decreto legge 138 del
13/08/2011, convertito in Legge n. 148 del 14/09/2011,
stabilisce che “la violazione dell’obbligo di formazione
continua determina un illecito disciplinare e come tale è
sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento
professionale che dovrà integrare tale previsione”.
Nei numerosi disegni di legge presentati in Parlamento,
finalizzati ad una riforma degli Ordini e Collegi professionali, è stato proprio previsto l’inserimento delle norme
prescrittive sopra citate.
Per ottemperare a queste indicazioni l’Ordine dei medici
chirurghi e degli odontoiatri di Firenze ha previsto un apposito bando di selezione assegnato a due sanitari che, sia
per la loro esperienza nel campo della libera professione
sia per l’esperienza nel campo della dipendenza e del convenzionamento, hanno costituito un “team” di professionisti
in grado di poter affrontare ogni eventuale casistica sopravveniente e supportare ogni tipologia di professionista
iscritto all’Ordine nell’ambito della formazione.
Un primo passo avanti nell’evoluzione della tematica
della formazione in ambito sanitario è stata l’attivazione
della Determina della Commissione nazionale ECM sul
Dossier formativo. (2014)
Proprio l’Ordine dei medici di Firenze ha fatto parte,
insieme alla Regione Toscana e al Co.Ge.A.P.S., di un
progetto atto a definire gli elementi qualitativi utili alla costruzione del Dossier formativo, ossia di quello strumento
di programmazione e valutazione del percorso formativo
del singolo operatore o del gruppo di cui fa parte (équipeo network professionale).
La sperimentazione conclusa nel maggio 2014 ha contribuito a definire alcuni aspetti inerenti soprattutto la costru-
N. 206 - 2015
zione del Dossier individuale e nella fattispecie dei liberi
professionisti.
È necessario rivedere, infatti, le normative inerenti la formazione in sanità alla luce anche dei turni di lavoro estremamente faticosi a cui sono soggetti i sanitari, delle ormai
rare opportunità di assentarsi dal lavoro per partecipare
a momenti formativi a causa del turn over bloccato, delle risorse economiche sempre più scarseggianti messe a
disposizione delle Aziende. Tant’è che al punto 3J della
Determina è stato previsto che “ possano essere annotate
da parte del professionista anche attività non ECM “.
Occorre quindi riconoscere e valorizzare la formazione
svolta in momenti strutturati ma anche con modalità non
formali e informali come ad esempio davanti ad un caffè
o in ascensore parlando con i colleghi d’équipe. Questo
sarà il passo successivo.
Il progredire della medicina, dell’informatica, della robotica propende verso la certificazione delle competenze,
non solo delle conoscenze (ossia delle core competence)
in modo da rendere le selezioni dei professionisti più specifiche, più competitive e più adeguate avvantaggiando
così la collettività.
È richiesto da più parti che la certificazione professionale
attesti “l’intero complesso di istruzione generale, istruzione e formazione professionale, istruzione non formale e
apprendimento informale intrapresi nel corso della vita
che comporta un miglioramento delle conoscenze, delle
abilità e delle competenze, che può includere l’etica professionale” ossia l’apprendimento permanente.
Proprio questa sarà la sfida del futuro nell’ambito della
formazione rivolta ai medici.
Bibliografia
Gazzetta ufficiale elettronica dell’Unione Europea.
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2
013:354:0132:0170:IT:PDF (consultato il giorno 08 25, 2015).
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. http://www.lavoro.gov.it/SicurezzaLavoro/Documents/TU%2081-08%20
-%20Ed.%20Ottobre%202013.pdf (consultato il giorno 08 25,
2015).
Determina Commissione Nazionale ECM. 10 10 2014.
Medicocompetente.blogspot.it.
http://medicocompetente.blogspot.it/2015/04/cancellazione-dei-medici-competenti.html (consultato il giorno 08 25,
2015).
Presidenza del Consiglio dei MInistri. «Patto del Lavoro.» 24
09 1996.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
687
I Massive Open On-line
Courses
Luigi Tonelli
Componente Consiglio sanitario regionale
Abstract
Le possibilità applicative dei MOOC, strutture di condivisione di soluzioni di gestione proposte direttamente dai partecipanti.
Le criticità ancora da superare per un uso ottimale dei corsi.
Un Massive Open Online Course (normalmente indicato
con l’acronimo MOOC) è un corso online monotematico
di livello universitario, che coniuga contenuti proposti e
realizzati da docenti di prestigiose università e possibilità formative offerte dal mondo dell’IT - e-books, social
media, video YouTube, forum virtuali ecc. Il pacchetto formativo è messo in rete gratuitamente ed è raggiungibile
da qualunque angolo del mondo da tutti gli utenti che
lo desiderano e che siano in possesso della tecnologia
necessaria (nulla di speciale: un PC con accesso al Web).
Nati nel 2011, i MOOC vennero subito salutati da grande entusiasmo e sembravano destinati a cambiare il futuro della didattica pre o post laurea, facendo ritenere
inevitabile una radicale trasformazione dei modelli formativi. Coursera è stata la prima società attiva nel settore
fondata da due professori di Stanford, seguita da Khan
Academy, organizzazione privata in partnership con molte università, e poi da edX, gruppo fondata da Harvard,
Berkeley e Mit, e poi via via molte da altre tra le più
importanti.
Non è stata però, o forse non è ancora, una vera “success
story”. La produzione e la frequenza d’uso dei MOOC
ha avuto un andamento tipo “Hype Cycle” 1 (Ciclo dell’esagerazione, IperCiclo): ad una prima fase di grande interesse suscitata dai primi applicativi con iniziali storie
trionfalistiche, è seguita una fase di ripensamenti per la
comparsa di numerose criticità. Il prodotto si è in seguito evoluto con successivi adattamenti ed ora i MOOC si
stanno rivolgendo ad un’utenza meglio definita e meglio
stabilizzata. Parallelamente la tipologia dei corsi offerti si
https://en.wikipedia.org/wiki/Hype_cycle
1
è venuta sempre più diversificando per numero e varietà
delle discipline insegnate.
Le criticità cui si è accennato riguardano la mancata assegnazione di titoli spendibili nel mercato delle professioni,
la lunga durata dei corsi e il tasso di abbandono elevato,
con una media di solo il 10% di studenti che terminano il
corso. Ma non per questo si è mai pensato ad un fallimento, perché gli studenti attratti sono sempre stati moltissimi,
in numero crescente – oggi si stima un numero vicino a 5
milioni – e di provenienza molto varia.
I MOOC non sembrano destinati ad avere nel futuro un
ruolo di secondo piano, anche se è difficile oggi stimarne
diffusione e crescita. Hanno solo subìto un rallentamento
in conseguenza dell’emergere delle prime difficoltà nella
sperimentazione, per poi ritornare, in tempi recenti, ad
essere offerti in un numero crescente. Per avere un’idea
della vastità di produzione di MOOC e della grande vivacità dell’intero sistema, è sufficiente la consultazione
dell’“aggregatore” “MOOC list” 2, che riassume molta
dell’offerta attuale e del prossimo futuro.
Sono evidenti le possibilità d’uso dei MOOC per una
formazione universitaria vasta e di elevata qualità, con
accesso consentito anche a chi si trova in condizioni disagiate. Analoghe considerazioni possono essere fatte per
la formazione post-laurea, in particolare in considerazione dei ridotti costi rispetto alle modalità tradizionali. Il
compito di progettare e sperimentare in questi ambiti è
ovviamente delle Università.
I MOOC si presentano anche come utili ed economiche
opportunità per la formazione nelle Aziende, di qualunhttps://www.mooc-list.com/contact-us
2
688
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
que tipologia di Azienda si tratti. Qui i MOOC possono
costituire uno strumento per la formazione e lo sviluppo del
personale, usufruibile con la massima flessibilità di luoghi
e di tempi. Nel caso di Aziende geograficamente frammentate, e quindi con scarse possibilità di interrelazione
fra gli operatori, la formazione per MOOC può costituire
un elemento favorente una crescita collettiva più uniforme.
La possibilità di realizzare “Forum” di discussioni sugli specifici argomento dei corsi è un ulteriore elemento di conoscenza reciproca dei dipendenti e quindi di aggregazione.
E gli stessi Forum possono anche aiutare a mettere in evidenza talenti e capacità creative individuali che altrimenti
richiederebbero maggior tempo per emergere.
Le Aziende più “giovani”, inoltre, già ora non sottovalutano il “crowdsourcing”, modello di business in cui un’Azienda ascolta le ipotesi progettuali e attuative formulate
da gruppi di persone informate ma non organizzate in
precedenza 3. In questo modello il MOOC non è solo
uno strumento di e-learning ma una piattaforma di condivisione di differenti soluzioni proposte dai partecipanti
relativamente a problemi reali, ad esempio di strategia
aziendale.
Per quanto concerne l’ambito sanitario, del quale specificamente si occupa questa Rivista, i MOOC possono es-
Un pò rifacendosi al motto di KH Blanchard “None is as smart as all
of us”
3
N. 206 - 2015
sere considerati strumento formativo supplementare negli
studi che conducono alla laurea nelle professioni sanitarie
e strumento principale per l’aggiornamento post-laurea e
l’acquisizione dei crediti della formazione continua. Sono
inoltre strumento adatto a migliorare la “Health Literacy”
dei soggetti “laici”, termine con cui oggi si definisce il
livello di competenza dei non professionisti per il mantenimento della propria salute. Finalità quanto mai importante soprattutto in un’epoca, come questa, in cui i “laici”
sono inondati di informazioni sanitarie di qualità spesso
discutibile.
Di non minore importanza è l’acquisizione da parte di
pazienti affetti da cronicità di competenze specifiche in
merito alla propria condizione ed agli aspetti evolutivi
della stessa e analogo discorso vale per i “caregiver”.
Per i primi come per i secondi, una formazione MOOC
adattata ai livelli conoscitivi e linguistici di partenza, ripetibile in toto o in parte un numero infinito di volte, di basso
costo, è probabilmente la soluzione ad oggi ideale. In
linea teorica, infine, ma il tema richiede approfondimenti
progettuali, in futuro potrebbero esserci MOOC estesi a
tutta la popolazione per finalità di “social marketing”, su
argomenti sensibili come la contraccezione o l’uso di droghe o il rischio di contagio.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
689
Dalla formazione in presenza
al blended learning
Monia Vangelisti
Responsabile processi formativi e formazione a distanza - FORMAS
Abstract
Il Laboratorio regionale per la Formazione sanitaria-FORMAS è stato individuato come sede di sperimentazione di processi
conoscitivi e formativi basati sulle tecnologie innovative ed è il punto di riferimento per lo sviluppo di strumenti e metodi per
l’apprendimento a distanza.
Il rafforzamento della rete formativa regionale, soprattutto tra FORMAS e Aziende ha consentito di attivare percorsi formativi
da realizzare su scala regionale, sia in presenza che a distanza, in un’ottica di buon utilizzo delle risorse economiche. Tra
le metodologie didattiche il blended learning ha dato ottimi risultati in termini di gradimento da parte dei destinatari. Il blended learning (o apprendimento misto o apprendimento ibrido) utilizza un mix di diversi ambienti di apprendimento dato che
combina il metodo tradizionale frontale in aula con attività mediata dal computer (e-learning). Il blended learning crea un
approccio più integrato tra docenti e discenti soprattutto quando la combinazione presenza/distanza è supportata da una
buona strategia comunicativa aziendale.
Il FORMAS
Il Laboratorio regionale per la formazione sanitaria-FORMAS è stato istituito con Delibera della Giunta Regionale
Toscana n. 538 del 2006 e con Delibera n. 1009 dello
stesso anno ne sono stati definiti organismi e struttura.
Il FORMAS, indirizzato e monitorato dalla Commissione
regionale per la formazione sanitaria, ha supportato sin
dalla sua istituzione la realizzazione di percorsi formativi
di livello regionale in presenza e a distanza.
Con la Delibera n. 599 del 2012 Il FORMAS è diventato
il punto di riferimento per la realizzazione degli eventi
formativi a supporto delle scelte strategiche del Piano sanitario. Sono stati attivati percorsi formativi da realizzare
su scala regionale e quindi la collaborazione FORMASAziende è divenuta la premessa indispensabile per realizzare percorsi condivisi i per un buon utilizzo delle risorse
economiche.
Gli obiettivi principali a seguito della riorganizzazione
sono:
• Il potenziamento e lo sviluppo dell’offerta formativa, in
presenza e in FAD, ad alta specializzazione, con un
target regionale, nazionale e internazionale.
• L’innalzamento della qualità dei percorsi formativi in
ambito sanitario.
• La capacità di supportare i percorsi di riforma e di
cambiamento regionali attraverso percorsi formativi
multidisciplinari.
• Supportare la Regione Toscana e le Aziende sanitarie
nella progettazione, sviluppo, erogazione e monitoraggio di progetti formativi di interesse strategico per
il sistema sanitario regionale.
Particolare importanza hanno i percorsi formativi realizzati tramite formazione sul campo e in simulazione.
La D. G. R. T. n. 599 del 2012 ha stabilito che il FORMAS:
–– ha un ruolo centrale nello sviluppo di un’offerta coordinata di percorsi formativi in FAD;
–– ha funzioni di coordinamento delle attività FAD già
presenti sul territorio e funzioni di laboratorio sui nuovi
bisogni formativi.
I principali committenti del FORMAS sono la Regione Toscana che stabilisce con specifici atti quali sono i percorsi formativi strategici da realizzare in FaD per tutte le
Aziende sanitarie del SSR e le Aziende sanitarie stesse
che possono proporre la realizzazione di attività formative rispetto a bisogni formativi trasversali e condivisi con
altre Aziende sanitarie e da erogare tramite la piattaforma del FORMAS. Le attività formative proposte devono
essere strategiche per il sistema.
690
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
Figura 1. Principali metodologie formative del FORMAS.
Figura 2. Caratteristiche della FaD.
N. 206 - 2015
N. 206 - 2015
Aree dedicate alla formazione a distanza sulla
piattaforma del FORMAS
Per tutti i corsi FaD o misti le fasi fondamentali del processo sono:
• Analisi preliminare di fattibilità
• Macroprogettazione
• Progettazione di dettaglio
• Erogazione
• Valutazione
Quando si decide di realizzare un corso in FaD è innanzitutto necessario fare un’analisi preliminare di fattibilità
ossia valutare se il corso proposto( solitamente si tratta
di contenuti già utilizzati per i corsi in aula) può essere
adattato alla metodologia blendend learning.
è quindi prioritario:
1.Individuare le motivazioni della scelta metodologica:
qual è il motivo che porta a sviluppare un corso in
blended? Si ritiene che ci sia un valore aggiunto a
combinare le due metodologie didattiche? È importante capire che il blended learning non è meno impegnativo dell’e-learning anzi comporta una maggiore
sinergia tra docenti e destinatari.
2. Stabilire chi sono i destinatari: se il target è monoprofessionale l’ambiente di apprendimento online sarà
unico mentre se il target è eterogeneo va valutata l’opportunità di una personalizzazione degli ambienti che
consenta la creazione di gruppi di professionisti (medici, infermieri, altro personale) che dia la sensazione
Figura 3.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
691
di community e che quindi colmi la distanza che c’è
rispetto alla formazione in presenza.
3. Ripensare ai contenuti didattici: i learning object non
sono diverse presentazione in powerpoint messe su
una piattaforma che ovviamente traccia i movimenti
dei discenti ma deve essere molto più accattivante rispetto alle presentazioni in aula dove il docente ha un
ruolo di primo piano rispetto a quanto viene proiettato. Sono riflessioni a prima vista basilari fondamentali
per la qualità del prodotto erogato.
Per facilitare la realizzazione del percorso formativo è
fondamentale una scheda di macroprogettazione da considerarsi preliminare alla progettazione di dettaglio. Questo perché permette intanto di crearsi una mappa concettuale su come il corso dovrà articolarsi: in e-learning o
in blended learning? Prima in presenza e poi a distanza
oppure le due metodologie potranno anche alternarsi? È
fondamentale avere chiaro questa alternanza o intersecanza perché da questa dipende la progettazione di tutto
il percorso formativo.
L’e-learning sempre più deve essere considerata per le
potenzialità che offre per integrare la formazione in presenza e il,blended learning (modalità integrata tra formazione in presenza e formazione a distanza) può essere un
importante stimolo soprattutto in fase iniziale e per alcuni
obiettivi formativi specifici per avvicinarsi alla formazione
mediata dalle tecnologie informatiche.
692
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
Il blended learning
L’utilizzo degli strumenti tecnologici e digitali per connettere docenti, professionisti e contenuti, superando le distanze geografiche, ha permesso di superare gli ostacoli
spaziali e temporali che esistono nell’apprendimento e
nell’insegnamento tradizionali.
È molto diffuso il pregiudizio che un corso a distanza non
potrà mai formare fino in fondo e che la presenza del
docente, la comunicazione e l’interazione non possono
essere garantiti tramite l’apprendimento a distanza ma
questo è dovuto al fatto che spesso si parla di FaD ovvero
formazione a distanza, apprendimento online, e-learning
e blended learning in senso generale come se niente fosse cambiato da quando se ne parla.
Il blended learning può essere un importante stimolo per
avvicinarsi alla formazione mediata dalle tecnologie informatiche in quanto si mantiene per una parte del progetto formativo “la sicurezza” che la formazione in presenza garantisce.
La formazione in blended learning non va pensata come
percorso in cui si sommano due modalità formative tout
court (presenza e distanza) ma come processo formativo dove due diverse metodologie devono concorrere al
raggiungimento dell’obiettivo formativo e mirare al più
elevato livello di apprendimento.
Per facilitare la realizzazione di percorsi in e-learning è
stata strutturata una scheda di macroprogettazione preliminare alla progettazione stessa. Questo permette in
primis di creare una mappa mentale rispetto all’articolazione del corso, su quali argomenti trattare in presenza e
quali invece erogare a distanza.
I primi corsi realizzati dal FORMAS sono stati quelli relativi all’ambito sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro
soprattutto per rispondere agli obblighi formativi dettati
dal decreto legislativo 81/08 e dall’accordo Stato Regioni del 22/12/2011.
Il primo corso “Formazione generale per lavoratori in attuazione del D. Lgs. 81/08 e Accordo Stato Regioni del
22/12/2011” è stato un percorso pilota rispetto alla formazione in blended learning soprattutto perché c’era da
disegnare un nuovo modello formativo per tutte le Aziende. Per la progettazione del corso, rivolto principalmente
ai neoassunti. Per questo tipo di formazione la normativa
vigente prevede che possa essere utilizzata la formazione
a distanza (4 ore nel caso specifico) ma che deve essere
fatta la prova di apprendimento finale in aula.
La scelta è stata dividere la formazione in due moduli. Il
primo a distanza e il secondo in presenza.
Durante la fase di progettazione è stata forte la convin-
N. 206 - 2015
zione che per questo tipo di formazione fosse importante
mantenere un senso di appartenenza dei destinatari verso
la propria Azienda e quindi oltre ai tre moduli, comuni a
tutti i destinatari, è stato inserito un modulo personalizzato per Azienda, utile per comprendere l’organizzazione
della prevenzione e della sicurezza del proprio contesto
lavorativo.
Per la buona riuscita dei progetti sono stati fondamentali
gli strumenti di supporto sia materiali che umani. È stata
strutturata una guida operativa che ogni struttura di formazione e servizio prevenzione ha trasmesso ai destinatari
insieme alla lettera di convocazione. Sono stati individuati per ogni Azienda almeno due tutor di supporto ai quali
rivolgersi durante la fruizione. Ogni destinatario viene
automaticamente inserito nel gruppo della propria Azienda tramite un automatismo consentito dalla piattaforma al
momento in cui vengono importati gli utenti. Ogni utente
realizza immediatamente chi sono i tutor aziendali di riferimento e dispone di un tutoraggio di tipo tecnico gestito
dal FORMAS.
Alla luce di questa prima esperienza possiamo dire che la
creazione del gruppo di lavoro interaziendale ha rappresentato un valore aggiunto che ha permesso di confrontarci e di individuare una strategia congiunta per approcciarsi ad una modalità formativa nuova che ha coinvolto
migliaia di operatori di tutti i ruoli professionali.
Dai questionari di valutazione della qualità percepita si
è potuto rilevare che le difficoltà sono state maggiori nel
corso di aggiornamento probabilmente perché l’età media dei destinatari è superiore rispetto a quella del corso
base rivolto prevalentemente ai neoassunti, agli stagisti e
ai tirocinanti.
Nel corso del 2015 FORMAS ha realizzato in collaborazione con l’Università degli studi di Firenze la parte a
distanza prevista nell’ambito del “Corso di perfezionamento sulla rete delle cure palliative. Formazione, cure ed
assistenza alla persona, fino alla fine della vita”. Il Corso
si svolge in coerenza con il disposto della Legge n. 38 del
15 marzo 2010, dell’Accordo Stato Regioni del 28 gennaio 2015 e della DGR 199 del 17 marzo 2014 istitutiva
della Rete delle cure palliative nella Regione Toscana. Si
propone, quindi, di qualificare il personale della rete dei
servizi dedicati, in un’ottica di formazione permanente e
di valorizzazione delle competenze.
Si è trattato di un corso in blended learning con una combinazione presenza/FaD.
Dato che i destinatari del percorso formativo sono professionisti appartenenti a ruoli diversi sono stati creati tre
N. 206 - 2015
Figura 4.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
693
Suggerimenti per la realizzazione di formazione in
blended learning
Introduzione e definizione del contesto
• Descrivere a quali bisogni di conoscenze ed abilità
deve rispondere il corso e qual è lo scenario in cui si
dovrà svolgere, compresi gli elementi di urgenza ed i
tempi di realizzazione.
• Individuare i destinatari dell’intervento formativo
• Descrivere la finalità generale del corso
spazi distinti per ciascuna categoria differenziando anche i materiali didattici per medici, infermieri e personale
di supporto all’assistenza.
Molto importante è stato adattare i materiali didattici consegnati per renderli compatibili con l’erogazione tramite
piattaforma e per rendere più comprensibili i contenuti
ogni docente ha aggiunto l’audio alle propria presentazione.
Il feedback positivo rispetto all’esperienza formativa ha
fatto sì che anche l’Università di Siena ha chiesto di realizzare lo stesso progetto anche per i propri professionisti.
Altri due corsi sono stati progettati e realizzati in modalità
blended learning dal FORMAS
• A
lfabetizzazione digitale
• S
viluppatore multimediale
Entrambi i corsi sono stati realizzati seguendo questa logica: aula/distanza/aula. Il secondo corso della durata
di venti ore complessive rispetto alle dodici del primo ha
avuto due moduli di formazione a distanza.
Entrambi i corsi sono stati pensati per coinvolgere sempre più le Aziende sanitarie e per trasferire conoscenze
e competenze specifiche a supporto della formazione a
distanza nel sistema e per agevolare i discenti durante
l’apprendimento.
La formazione a distanza prevedeva oltre allo studio dei
materiali didattici inseriti la progettazione di un progetto
formativo da realizzarsi in modalità blended learning.
Si tratta di una scheda con descrizione dei singoli step
al fine di rendere più comprensibili le informazioni richieste.
Obiettivi
Descrivere l’obiettivo generale del corso e gli obiettivi
specifici. Per ogni obiettivo la modalità di verifica sarà
utilizzata (test formativi, elaborati da consegnare, test
sommativi, valutazione delle performance, valutazione
della partecipazione).
Contenuti
Descrivere i contenuti e la loro articolazione in moduli,
lezioni ecc
Strategie formative
Descrivere come verranno presentati i contenuti (Courseware web, lezioni in aula, video, etc. )
Ipotizzare come parteciperanno attivamente i discenti (Interagendo con i materiali, partecipando a forum
di discussione, consegnando elaborati al tutor, con
domande e risposte in aula, con simulazioni. etc. )
Definire quali strumenti saranno utilizzati per la verifica
(test in aula, test a risposta multipla online, valutazione
del tutor e del docente, etc. )
Materiali didattici
Elencare i materiali didattici che verranno consegnati in
aula o scaricati dalla piattaforma
Project Management
Preparare un piano dei tempi ed una lista delle principali
scadenze di questo progetto.
Budget
Predisporre un piano dei costi previsti in base alle risorse
a disposizione
Rischi e vincoli
Elencare i rischi e i vincoli del progetto in modo che an-
694
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
CORSO ALFABETIZZAZIONE DIGITALE
Obiettivo
Fornire gli strumenti e le conoscenze per la gestione e lo sviluppo dell’ e-learning
Obiettivi specifici
Analisi e fattibilità corsi in FaD
Conoscere ed utilizzare le tipologie didattiche dell’e-learning
Gestire il percorso formativo: metodologie, strumenti e tutoraggio
Strutturare materiali didattici per la fruizione dei corsi in FaD
Metodologia
Lezioni frontali in aula multimediale
Formazione a distanza
Destinatari
Referenti di formazione aziendale, animatori di formazione, personale di Aziende
pubbliche e private che lavorano in ambito formativo
Posti disponibili
Minimo 10 - massimo 20
Durata complessiva: 12 ore
Formazione in aula: 8 ore
Formazione a distanza: 4 ore
ECM: è previsto il rilascio dei crediti ECM per il personale sanitario del SSR
Metodologia
didattica
TEMATICHE
Formazione in Presentazione del percorso formativo
aula
La formazione a distanza per il Servizio sanitario regionale
4 ore
La piattaforma del FORMAS
Formazione a distanza: generazioni e terminologia
Le piattaforme e-learning
Gli strumenti: comunicazione sincrona e asincrona
Tipologie didattiche dell’e-learning
Le figure dell’e-learning
Il processo formativo in FaD
Gli strumenti (macroprogettazione, progettazione di dettaglio, erogazione, valutazione)
Il ruolo del tutor aziendale
Utilizzo degli strumenti della piattaforma
Guida all’esercitazione
Esercitazione in piattaforma
FaD
4 ore
Formazione in Apertura e presentazione dei lavori a distanza
aula
Il ruolo attivo del tutor nella formazione in fad: strumenti e attività
4 ore
Il ruolo attivo del tutor nella formazione in fad: strumenti e attività
Compilazione online di qualità percepita e somministrazione del test finale ECM in presenza
che altri siano a conoscenza di qualunque elemento che
possa condizionare i risultati dell’attività.
Riflessioni
Quando si decide di realizzare un corso in blended learning
è necessario fare un’analisi preliminare di fattibilità ossia
valutare se il corso proposto si adatta alla metodologia.
È quindi prioritario:
1.Individuare le motivazioni della scelta metodologica:
qual è il motivo che porta a sviluppare un corso in
blended? Si ritiene che ci sia un valore aggiunto a
combinare le due metodologie didattiche? È importante capire che il blended learning non è meno impe-
N. 206 - 2015
gnativo dell’e-learning anzi comporta una maggiore
sinergia tra docenti e patto didattico.
2. Stabilire chi sono i destinatari: se il target è monoprofessionale l’ambiente di apprendimento online sarà
unico mentre se il target è eterogeneo va valutata l’opportunità di una personalizzazione degli ambienti che
consenta la creazione di gruppi di professionisti (medici, infermieri, altro personale) che dà la sensazione
di trovarsi tra colleghi e il venire meno dell’effetto distanza che c’è rispetto alla formazione in presenza.
3. Ripensare ai contenuti didattici: i learning object non
sono presentazione in powerpoint inserite su una piattaforma ma deve essere molto più accattivante rispetto
alle presentazioni in aula dove il docente ha un ruolo di primo piano rispetto a quanto viene proiettato.
Sono riflessioni fondamentali per la qualità del prodotto erogato.
Il principale vantaggio della formazione blended è che
studenti e docenti possono sfruttare la flessibilità e la convenienza di un corso online, pur mantenendo i vantaggi
dell’esperienza in aula faccia a faccia.
Tuttavia, perché l’esperienza di blended learning risulti
efficace, è necessario creare il miglior percorso formativo
possibile.
La dimensione valutativa deve essere il punto di partenza
e per questo dobbiamo tener conto dei seguenti aspetti che contribuiscono alla realizzazione di un progetto di
qualità:
–– Metodologici
–– Contenutistici
–– Tecnologici
–– Organizzativi
––
Aspetti metodologici:
• Identificazione dei destinatari e dei prerequisiti
• Definizione degli obiettivi
• Durata
• Comunicazione e media utilizzati
• Valutazione.
Aspetti contenutistici:
• Correttezza del linguaggio e dei contenuti
• Aggiornamento dei contenuti
• Collegamento dei contenuti con l’ambito di riferimento
• Organicità nella strutturazione dei contenuti
• Sequenza logica
• Contenuti coerenti con gli obiettivi dichiarati e con i
destinatari del corso.
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
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Aspetti tecnologici:
• Qualità della immagine, audio, grafica
• Qualità dell’interfaccia utente
• Compatibilità standard di mercato
• Monitoraggio dati di fruizione
• Tecnologia e interattività.
Il principale vantaggio della formazione blended è che
studenti e docenti possono sfruttare la flessibilità e la convenienza di un corso online, pur mantenendo i vantaggi
dell’esperienza in aula faccia a faccia.
Tuttavia, perché l’esperienza di blended learning risulti
realmente efficace, è necessario creare il miglior percorso
formativo possibile. A tal fine può essere utile sintetizzare
quali sono i fattori critici per il successo di questo tipo di
attività formativa:
• Focalizzarsi sugli obiettivi. Prima di sviluppare un corso
in modalità blended, è necessario definire quali sono i
risultati di apprendimento previsti. Una volta che sono
stati messi a fuoco gli obiettivi di apprendimento, è
possibile analizzare gli strumenti e gli approcci migliori per raggiungerli ed il mix più opportuno di formazione tradizionale e online. Tutto deve essere pensato
per facilitare il trasferimento di conoscenze e competenze e tale apprendimento deve poter essere misurato
al termine del corso.
• Utilizzare contenuti e modalità didattiche coinvolgenti.
Una volta definiti gli obiettivi e l’approccio didattico,
è importante che i contenuti e le modalità didattiche
risultino il più coinvolgenti possibile per favorire l’interesse, la concentrazione e l’apprendimento. In questo
ambito è necessario garantire la consistenza tra contenuti online e la formazione svolta in aula perché non
esistano sovrapposizioni e rischi di fraintendimento.
I contenuti online devono essere qualcosa di più di
una lezione in aula registrata o di una presentazione
powerpoint scaricabile. Si può pensare, ad esempio,
di introdurre alcuni elementi di gamification nella didattica.
• Creare occasioni di sperimentazione pratica. Ad esempio, i discenti possono guardare video online e svolgere fasi di apprendimento a distanza per poi incontrarsi
fisicamente in aula e discutere sui contenuti appressi insieme con tutor o docenti o consulenti esperti in
modo da condividere e consolidare le conoscenze
chiave. Questi momenti possono anche essere l’occasione per una prima sperimentazione pratica di quanto appreso.
• Favorire la comunicazione. È importante che tutti i sog-
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Formazione, certificazione professionale e MOOCs
getti coinvolti nella formazione blended non si sentano
isolati e possano comunicare tra loro per scambiarsi
informazioni, dubbi e necessità di approfondimento.
Può essere utile utilizzare chat e forum di supporto per
aiutare docenti e discenti ad entrare in contatto tra
loro in qualsiasi momento.
• Essere preparati alla complessità. Un programma di
formazione blended richiede di far interagire persone
e strumenti in modo coordinato ma al tempo stesso favorendo la libertà dei singoli nell’accedere ai contenuti. Si tratta di un’attività che presenta una complessità
elevata sia per quanto riguarda le tecnologie coinvolte
che per quanto riguarda la varietà di comportamenti che può generare. Per evitare il caos è necessaria
un’elevata pianificazione e modalità di coordinamento ferree. Non si tratta di costruire un meccanismo ad
orologeria che può alla fine risultare troppo rigido, ma
non si può nemmeno pensare di lasciare il tutto alla
buona volontà dei singoli.
Il blended learning rappresenta una modalità formativa
estremamente interessante soprattutto alla luce dell’esperienza maturata con i corsi rivolti agli operatori del Servizio sanitario. Tra questi c’è un’eterogeneità rispetto alle
conoscenze informatiche pur essendoci un elevato livello
di scolarizzazione. La formazione in sanità è prevalentemente effettuata in presenzaon che job. Gli ultimi anni un
po’per le risorse economiche ridotte un po’perché spostare
i lavoratori dalla sede lavorativa alle aule didattiche è sempre più difficoltoso, investire sulla formazione a distanza
può essere strategico e funzionale per le Aziende sanitarie
sia per offrire opportunità formative ai propri professionisti
,sia per superare le difficoltà organizzative (spostamenti,
sostituzioni) che la formazione in presenza comporta.
Se il cambiamento e l”avvicinamento a modalità meno tradizionali va visto con favore bisogna essere consapevoli
che non è semplice e le critiche sono spesso in agguato.
Il gap informatico tra professionisti con molti anni di esperienza e assunti negli ultimi dieci anni è evidente in più
occorre tener conto che l’informatica non è materia di
studio nei corsi di laurea (se non in quelli specifici). Teniamo conto anche che la formazione in aula è il modo
conosciuto da tutti per apprendere.
I Servzi del FORMAS per la formazione a distanza o in
blendedlearning
PROGETTAZIONE
Servizio di supporto alla progettazione di interventi formativi blended o interamente online
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FORMAS affianca i referenti scientifici e i responsabili
del progetto nella predisposizione del progetto formativo,
con l’obiettivo di progettare interventi formativi efficaci in
modalità e-learning o blended learning.
Il servizio prevede un supporto nella valutazione delle
strategie didattiche più efficaci per tipologia di obiettivi
e di destinatari, accompagnando i responsabili dei contenuti alla stesura del progetto formativo di dettaglio, alla
macroprogettazione dei contenuti fino ad arrivare alla
realizzazione della sceneggiatura del corso (storyboard).
I corsi FaD e in blended learning del FORMAS
Il FORMAS sviluppa prodotti multimediali per la formazione e l’informazione per il personale del Servizio sanitario
regionale.
I prodotti digitali sviluppati dal FORMAS sono rivolti sia
a una didattica in autoformazione, sia a una didattica
più improntata al collaborative learning, garantendo la
realizzazione di tali tipologie di prodotti:
- corsi in formato stand-alone
- corsi in standard SCORM 1. 2, SCORM 2004
- produzioni video
- podcast audio
Erogazione
Servizio di supporto tecnico (help desk)
FORMAS garantisce un tutoraggio di tipo tecnico per tutta
la durata del percorso formativo. Il servizio di help desk si
occupa di suggerire soluzioni a eventuali problemi legati
all’uso della piattaforma erogativa del FORMAS (Moodle)
e garantisce un’assistenza costante, rispondendo entro 48
ore lavorative dalla richiesta, a docenti, tutor e studenti.
Il servizio è disponibile al seguente indirizzo e-mail: informazioni. fad@formas. toscana. it.
Predisposizione di ambienti didattici collaborativi (community, corsi in blendedlearning, corsi e-learning sviluppati sfruttando le opportunità della piattaforma Moodle
del Formas).
Il personale FORMAS allestisce l’ambiente didattico su
piattaforma Moodle sulla base del progetto formativo realizzato, mediante l’inserimento di attività e risorse della
piattaforma Moodle del Formas.
Emissione automatica del certificato ECM e compilazione
online del questionario di gradimento
La piattaforma Moodle del FORMAS, al superamento del
test finale ECM, rilascia automaticamente il certificato che
eroga i crediti formativi e consente la compilazione online
del questionario di gradimento.
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Monitoraggio
Servizio di produzione di reportistica
FORMAS monitora costantemente l’andamento dell’intervento formativo, inviando a cadenza concordata (settimanale, mensile ecc. ) il report complessivo sugli accessi,
completamenti e risultati di ciascun partecipante all’evento formativo.
FORMAS raccoglie ed elabora dati anche sull’emissione dei certificati ECM e sul questionario di gradimento
dell’intervento formativo.
Piattaforma
La piattaforma e-learning del Formas è gestita con il software open source Moodle, e traccia tutte le attività svolte
dai partecipanti consentendo di scaricare la reportistica
sui tempi di connessione, sui materiali fruiti e i risultati
ottenuti nelle prove valutative effettuate dai partecipanti
alla formazione.
La piattaforma diventa quindi l’ambiente d’apprendimento in cui i discenti possono incontrarsi fra loro, incontrare
i docenti in maniera sincrona o asincrona, usufruire dei
contenuti che sono messi a disposizione. La tendenza a
riprodurre le caratteristiche dell’aula può essere più o
meno accentuata, a seconda del corso e della piattaforma di cui ci si avvale.
La maggior parte degli studiosi propone almeno due
modelli di e-learning, rifacendosi a teorie diverse dell’apprendimento: il modello comportamentista, che fornisce
materiali autoistruzionali ed è usato in ambito addestrativo o per la formazione iniziale, ed il modello costruttivista,
che porta ad acquisire conoscenze complesse e favorisce
la collaborazione fra pari, con gruppi di apprendimento
facilitati da un tutor.
La differenza sostanziale fra i due modelli sta nell’interazione che passa dall’interazione con i contenuti all’interazione con i formatori e fra pari. Nel primo modello le
modalità sono asincrone, mentre nel secondo modello si
tende a fornire una certa sincronia. Ad ognuno di questi
modelli corrisponde una piattaforma che, nel primo caso,
permette solo l’erogazione dei contenuti in forma testuale, mentre nel secondo promuove un livello di interazione
notevole.
Sebbene la storia dell’e-learning sia abbastanza breve,
ci sono molti studi che esaminano le caratteristiche dei
vari modelli e piattaforme nella pratica dell’insegnamento e ne valutano l’efficacia. Ma non è l’adozione di un
modello specifico o di una specifica piattaforma per l’apprendimento in rete a garantire l’efficacia del processo.
Le variabili da considerare sono le caratteristiche dell’or-
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
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ganizzazione o istituzione che eroga il corso e i bisogni
di apprendimento dei partecipanti. Le scelte vanno fatte
considerando anche il contesto di riferimento e le competenze dei progettisti e gestori del corso.
Nel futuro dell’e-learning vi è un aumento interesse nei
MOOC (Massive Open Online Courses, corsi online massivi aperti), nella gamification, nel mobile learning e nel
social learning. Si parla anche di “wearable e-learning”
e di personalizzazione dell’e-learning.
Se la formazione in presenza resta la modalità formativa
privilegiata dalla maggioranza dei destinatari, nel corso
di questi ultimi tre anni molto lavoro è stato fatto per implementare le attività formative a distanza da mettere a
disposizione degli operatori sanitari del Servizio sanitario regionale.
Ci sono diversi elementi che rallentano una diffusione più
ampia della metodologia formativa a partire dal livello di
alfabetizzazione informatica, dalla quantità di tempo a
disposizione, dalla difficoltà dei docenti “tradizionali” ad
adattarsi a una modalità diversa e molte altre.
I preconcetti sono tanti e diversi se visti dal docente, dallo
studente e anche dalle Aziende.
Errori/resistenze lato docente:
• Le presentazioni fatte in aula vanno sicuramente bene
anche per la formazione a distanza
• Le domande per il test di apprendimento le consegno
quando il corso sarà sviluppato
• I contenuti devono essere gli stessi per tutti i destinatari
• La verifica dell’apprendimento può essere fatto solo
con il test a risposta multipla.
Errori/resistenze lato studente:
• Mancanza di tempo da dedicare alla formazione a
distanza
• Senza il docente non può esserci vera formazione
• Scarso livello di alfabetizzazione informatica.
• Errori/resistenze lato Azienda:
• Mancanza di garanzie sull’identità dei fruitori dei corsi
• Mancanza di garanzie sull’identità di chi effettua la
prova di apprendimento
• Mancanza di regole per il riconoscimento delle attività
formative a distanza.
Tutti gli elementi sopra indicati sono legati spesso a preconcetti. La formazione a distanza non può e non deve
essere un sostituto della formazione tradizionale solo per
risparmiare il costo delle docenze in aula e arrivare così
a formare migliaia di operatori senza una tattica.
Il risultato è raggiunto solo se si parte dalla base.
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Formazione, certificazione professionale e MOOCs
N. 206 - 2015
Consorzio Gestione delle
Anagrafiche delle Professioni
Sanitarie (Co.Ge.A.P.S.)
Verso la certificazione e valutazione
dell’aggiornamento professionale
Sergio Bovenga
Presidente Co.Ge.A.P.S.
Abstract
Il (Co.Ge.A.P.S.) ha la sua mission nella valorizzazione e documentazione dei percorsi formativi dei professionisti della
salute. In questi anni sono state riunite e standardizzate le anagrafiche degli Ordini, Collegi e Associazioni ma soprattutto è
stata perseguita l’idea che fosse indispensabile omogeneizzare e rendere uniformi i processi tra i diversi sistemi di accreditamento. G li Ordini, i Collegi e le Associazioni professionali sono in prima linea nel portare avanti l’importanza e la centralità
della formazione attraverso il sistema ECM. Il sistema però, anche se ha fatto enormi passi in avanti, non appare ancora
completo ed omogeneo su tutto il territorio nazionale e infatti permangono ambiti di ulteriore valorizzazione, nel campo della
certificazione e valutazione dell’aggiornamento professionale. Non sono più i soli titoli abilitanti della professione gli unici
elementi che devono essere acquisiti dagli Ordini e dalle realtà professionali,ma deve nascere tra l’Ordine e il Professionista
un rapporto informativo costante nel tempo, mirato a documentare, valutare e certificare la qualità della formazione professionale. Il Co.Ge.A.P.S. avverte la responsabilità di fornire dati corretti, verificabili, aggiornati, con la m aggiore completezza
possibile in modo da fornire alle Federazioni e agli Ordini, Collegi e Associazioni (e naturalmente ai singoli professionisti)
un servizio puntuale e utile, di supporto alle funzioni di certificazione e di accreditamento di attività formative. Ma appare
ormai imprescindibile la necessità che anche i professionisti (supportati dagli Ordini/Collegi/Associazioni) abbiano più
‘confidenza’ con le norme che regolano la formazione ECM e la relativa certificazione.
Il Consorzio per la gestione delle anagrafiche delle professioni sanitarie (Co.Ge.A.P.S.) ha rappresentato una
felice e lungimirante intuizione finalizzata alla valorizzazione ed alla documentazione dei percorsi formativi
dei professionisti della salute. Il Co.Ge.A.P.S. in questi
anni ha svolto un lungo e silenzioso lavoro di costruzione, aggregazione e miglioramento dei dati e dei processi
legati alla raccolta dei crediti formativi ECM (sia a livello
nazionale che regionale) di tutti i professionisti sanitari
italiani, afferenti alle 30 professioni sanitarie, ed al loro
‘accoppiamento’ con le anagrafiche detenute dalle rispettive organizzazioni professionali (Ordini, Collegi ed
Associazioni). Da rilevare che l’abbinamento degli eventi ECM al relativo professionista iscritto in anagrafica ci
consente di escludere eventuali e potenziali fenomeni di
‘abusivismo certificativo’ da parte di soggetti non aventi
titolo per fregiarsene.
Questo imponente impegno è stato possibile grazie al
lavoro sinergico con il Ministero della Salute e la Commissione nazionale ECM, con AgeNaS e con le Regioni
oltre che, come è ovvio, con le professioni sanitarie che,
nessuna esclusa, hanno dato vita e rendono realizzabili
le attività del Consorzio. Sono state riunite e standardizzate le anagrafiche degli Ordini, Collegi e Associazioni
(processo ancora in parte via di miglioramento che includerà, a breve, un meccanismo automatico di aggiornamento delle anangrafiche quasi in tempo reale attraverso
web service) ma soprattutto è stata perseguita l’idea che
fosse indispensabile omogeneizzare e rendere uniformi
i processi tra i diversi sistemi di accreditamento in quan-
N. 206 - 2015
to, ad un certo punto dell’ECM, il quadro delle modalità
operative nei diversi sistemi di accreditamento regionale,
ha introdotto delle differenziazioni nei processi che, in
casi particolari, ha portato i sistemi regionali, per alcuni
aspetti, a divergere dal sistema nazionale. Nello svolgimento delle attività di raccolta delle partecipazioni la necessità di una uniformità dei dati è diventata
col tempo un’esigenza fondamentale ed ormai imprescindibile. Infatti è stato concordato con AgeNaS un tracciato
standard per l’invio dei report degli eventi formativi in
formato XML, che permette la raccolta dei dati in maniera efficace e funzionale. Il Co.Ge.A.P.S. ha raccolto tutte
le partecipazioni ECM disponibili in Italia dal 2002 ad
oggi, al fine di renderle fruibili ad Ordini, Collegi e Associazioni (e da un paio di anni anche a ciascun professionista) che alla fine di ogni triennio (il primo è stato il
2011 – 2013) certificano il percorso formativo seguito
dai propri professionisti.
Occorre anche ricordare che il Co.Ge.A.P.S. collabora strettamente con l’AgeNaS, grazie ad una specifica
convenzione, per sviluppare ed implementare il Dossier
formativo individuale e di gruppo. L’implementazione del
Dossier formativo dunque rappresenta un elemento fondamentale nella progressione del sistema ECM nel suo
cammino verso la certificazione della qualità della formazione (e forse in futuro anche delle competenze) che, pur
trattandosi di un procedimento ancora in divenire, vede
nella programmazione della formazione un importante
passo avanti.
D’altra parte il sistema ECM – Educazione continua in medicina – nasce come strumento finalizzato a mantenere,
sviluppare e migliorare le conoscenze e le abilità cliniche,
tecniche e manageriali degli operatori sanitari, con l’obiettivo di assicurare efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza all’assistenza prestata dal SSN a favore
dei cittadini. Per tale ragione è stato reso obbligatorio un
aggiornamento, continuo e costante, affinché tutti i professionisti della salute avessero la possibilità di migliorare
le proprie conoscenze e abilità evitando fenomeni di eccessiva autoreferenzialità formativa successiva all’abilitazione professionale. Banalizzando, l’aggiornamento e la
formazione continua sono l’elemento naturale (il DNA!!)
alla base delle professioni intellettuali, cui a pieno titolo
afferiscono le professioni sanitarie.
Esaurita questa sintetica panoramica introduttiva appare
lecito domandarsi: come stanno rispondendo al sistema
ECM oggi i diversi Ordini e Albi professionali? La sanità
italiana risponde in modo compatto o con differenze sensibili tra le varie professioni?
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
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Occorre anzitutto ricordare che gli Ordini, i Collegi e le
Associazioni professionali sono in prima linea nel portare avanti l’importanza e la centralità della formazione
attraverso il sistema ECM, sia promuovendo (anche come
dovere deontologico) la cultura della formazione continua, sia proponendo essi stessi eventi formativi per i propri iscritti. L’Italia infatti è uno dei Paesi in cui l’obbligo
della formazione continua non è limitato alla professione
medica, ma esteso a tutte le professioni sanitarie, perché
viene riconosciuta l’importanza della formazione per tutte
le figure professionali che operano nel campo sanitario.
Ciò detto bisogna rilevare che le differenze anche in termini di risposte variano in funzione delle aspettative del
quadro normativo che inquadra le diverse professioni.
In generale i professionisti rispondono con interesse alla
necessità di formazione, la cercano e molte volte se la
pagano anche. Il sistema però, anche se ha fatto enormi
passi in avanti, non appare ancora completo ed omogeneo su tutto il territorio nazionale per quel che riguarda
la diffusione dell’offerta formativa, soprattutto in alcune
aree delle professioni sanitarie. Inoltre non sempre vi è
una completa visione d’insieme e complementare tra le
offerte formative del sistema nazionale e del sistema regionale.
Appare ragionevole ritenere che permangono ambiti di
ulteriore valorizzazione, nel campo della certificazione e
valutazione dell’aggiornamento professionale, che gli Ordini/Collegi/Associazioni possono perseguire anche per
dare ulteriore impulso all’intero sistema. Il sistema ECM
è piuttosto complesso e dotato di molteplici sfaccettature.
Gli Ordini, i Collegi e le Associazioni professionali hanno più di un ruolo all’interno di questo sistema: hanno il
ruolo prioritario di certificatori della formazione, ma sono
anche organizzatori di corsi ECM e, per alcune tipologie
di crediti individuali, svolgono persino la funzione di “enti
accreditanti” per singole partecipazioni. Questo rende
molto impegnativa la partecipazione di Ordini, Collegi
ed Associazioni; in ogni caso tutti gli Enti coinvolti hanno
profuso molte energie, collaborando tra di loro e con gli
altri soggetti del sistema ECM ai quali il Co.Ge.A.P.S.
assicura supporto strumentale.
Il mondo ordinistico è in continua e rapida evoluzione.
Gli Ordini/Collegi/Associazioni stanno maturando una
relazione in parte differente nei confronti dei propri professionisti, costruendo un rapporto costante con essi finalizzato anche a seguire la vita professionale (dal punto di
vista della formazione e dell’aggiornamento e, in ultima
istanza, della qualità professionale) del professionista.
Non sono più i soli titoli abilitanti della professione gli
700
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
unici elementi che devono essere acquisiti dagli Ordini e
dalle realtà professionali, ma deve nascere tra l’Ordine e
il professionista un rapporto informativo costante nel tempo, mirato a documentare, valutare e certificare la qualità
della formazione professionale.
Per perseguire questo risultato è stato necessario anche
rendere disponibili agli Ordini il flusso dei crediti di ogni
singolo professionista assistendo, di fatto, al completamento di un percorso che inizia con la partecipazione
ad eventi di carattere formativo (regionali, nazionali o
anche all’estero) e si conclude, ciclicamente, con la certificazione del percorso stesso. Il servizio può e deve essere
migliorato attraverso la collaborazione di tutti gli attori,
ma la via e lo schema del sistema ECM si stanno ormai
consolidando. Naturalmente non sono mancate e non
mancano alcune difficoltà in quanto, soprattutto all’inizio
dell’esperienza ECM, il focus era concentrato maggiormente (e comprensibilmente) sulla qualità (vera o presunta) dell’offerta formativa e non altrettanto sulla completezza delle informazioni e dei dati trasmessi. Pertanto si
sono verificate e continuano a verificarsi, in singoli casi,
alcune incompletezze dei dati che, attraverso il lavoro di
back office del Co.Ge.A.P.S. e la collaborazione degli
Ordini, Collegi e Associazioni si cerca quotidianamente
di superare. A tale proposito è opportuno ricordare che
il Co.Ge.A.P.S. è nato come organismo di gestione, e
quindi di riferimento, di tutto il sistema ECM.
Oggi che il sistema ha imboccato il suo percorso definitivo, il Co.Ge.A.P.S. sente sulle proprie spalle tutta la
responsabilità di fornire dati corretti, verificabili, aggiornati, con la maggiore completezza possibile. Quella insomma di fornire alle Federazioni e agli Ordini, Collegi e
Associazioni che formano il Consorzio (e naturalmente ai
singoli professionisti) un servizio puntuale e utile, di supporto alle funzioni di certificazione e di accreditamento
di attività formative. Il Co.Ge.A.P.S. in un certo senso non
ha opzioni di scelta. L’unica opzione rimane la necessità
di fornire validi elementi di servizio a Ordini, Collegi e
Associazioni, affinché gli stessi possano rendere disponibili tali informazioni ai professionisti, pur sapendo che
una parte dei dati che sono stati forniti al Consorzio resta
perfettibile.
Non dimentichiamo però, anche se può apparire pleonastico, che si tratta di un sistema – per quanto migliorabile
– che eroga formazione ad oltre un milione e centomila
N. 206 - 2015
professionisti della sanità. Incrociare milioni di dati tra
anagrafiche e partecipazioni ECM, oggi produce la reale
fotografia del sistema ECM in Italia.
Per raggiungere questi obiettivi il Consorzio opera
nell’ambito del quadro normativo dell’ agosto 2011, che
assegna agli Ordini, Collegi e Associazioni anche compiti di vigilanza in materia di formazione continua. Pertanto
il Co.Ge.A.P.S. fornisce ad Ordini, Collegi ed Associazioni gli strumenti utili e necessari per svolgere tale compito.
Il Consorzio è inoltre impegnato a dare attuazione alla
Determina della CNFC del 13 luglio 2013 in modo da
rendere fruibili ed effettivi gli istituti degli esoneri e delle
esenzioni ed a caricare in banca dati tutta la formazione
individuale (tutoraggi, formazione all’estero e autoformazione). Infine il Consorzio intende costruire un’ unica
banca dati di tutti gli eventi ECM svolti in Italia, per poter
finalmente fornire a tutti gli attori istituzionali un quadro
esaustivo dell’offerta formativa ECM in Italia.
L’ultima parte di questa sintetica panoramica sulla formazione ECM è dedicata ad alcune riflessioni quali possono
scaturire dall’analisi dei primi dati sull’andamento della
partecipazione agli eventi formativi nel triennio in corso
(2014 - 2016).
Il trend relativo alla partecipazione dei professionisti alla
formazione ECM per questi primi 18 mesi del triennio
in corso appare sovrapponibile all’analogo periodo del
triennio precedente (2011 – 2013). Da notare che il
2013 è stato l’anno che ha visto in assoluto la partecipazione del maggior numero di professionisti alla formazione ECM (forse perché era l’anno che concludeva il
primo triennio sottoposto a certificazione). In ogni caso
il trend complessivo, pur col ‘record’ del 2013, vede un
numero sempre maggiore di professionisti coinvolti nella
formazione ECM. Anche se ovvio, è bene precisare che
i dati del triennio in corso non sono ancora stabilizzati
sia perché persistono alcuni ritardi nella trasmissione dei
crediti (specie da parte degli enti accreditanti) sia perché, legittimamente, non sono ancora pervenuti tutti i corsi FAD, alcuni dei quali di durata annuale e frequentati
da numeri importanti di professionisti. A tale proposito è
bene ricordare che alcuni sistemi regionali, nel corso degli anni, hanno ‘ceduto’ parte della formazione al sistema
nazionale, soprattutto per il crescere dell’impiego di corsi
FAD accreditati appunto a livello nazionale.
Di seguito alcuni grafici che rappresentano quanto esposto.
N. 206 - 2015
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)
(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)
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Formazione, certificazione professionale e MOOCs
(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)
(NB: 2014 da completare con gli ultimi dati, 2015 dati dei primi mesi, largamente incompleti)
N. 206 - 2015
N. 206 - 2015
Infine una riflessione sulle implicazioni, a regole invariate, delle attuali norme che regolano la formazione ECM.
È da rilevare che alcune norme che attualmente regolano
le dinamiche formative relative all’acquisizione dei crediti, introdotte per questo triennio in un’ottica di miglioramento qualitativo, si stanno dimostrando ‘paletti’ che, se
non rispettati, non consentono la certificazione anche nel
caso di una ‘quantità’ di formazione (e di crediti) numericamente soddisfacente. È il caso, ad esempio, di quei
professionisti che già nel primo anno dell’attuale triennio
(ovvero nel 2014) non siano stati in grado di acquisire
il numero minimo di crediti del proprio debito formativo
individuale, che non avranno nessuna possibilità di soddisfare il proprio obbligo formativo, per tutto il triennio.
Infatti, tali professionisti non potranno avere la certificazione ECM indipendentemente dalla formazione effettuata nei successivi anni del triennio. Ricordo che la norma,
in proposito, definisce validi ai fini della certificazione i
crediti acquisiti entro un minimo ed un massimo per ciascun anno del triennio.
A mero titolo di esempio, un professionista con un debito
formativo individuale di 120 crediti deve fare mediamente 40 crediti per ciascun anno, potendo discostarsene,
in ciascun anno, per il 50% in più o in meno (nel caso
in esame dunque minimo 20 e massimo 60 crediti). Se
il nostro ipotetico professionista già il primo anno non
acquisisse almeno 20 crediti ECM sarebbe, a regole vigenti, matematicamente escluso dalla possibilità di certificarsi, indipendentemente dal numero di crediti acquisiti
in seguito nei due anni successivi del triennio (anche se in
numero pari o superiore ai 120 crediti che rappresentavano il proprio obbligo formativo individuale).
Ci sono ulteriori altre norme, non citate per brevità, che
qualora non rispettate esporrebbero i professionisti al medesimo problema, senza possibilità di recupero, ovvero
la mancata certificazione pur in presenza di un numero
Formazione, certificazione professionale e MOOCs
703
di crediti consistente.
Da ciò derivano due considerazioni. La prima, piuttosto
ovvia, comporta la necessità che i professionisti (supportati dagli Ordini/Collegi/Associazioni) abbiano più ‘confidenza’ con le norme che regolano la formazione ECM e
la relativa certificazione. L’esperienza quotidiana ci suggerisce che qualche volta i professionisti non conoscono
a sufficienza le suddette norme con tutte le conseguenze
che ne derivano. La seconda riflessione, sulla quale non
esprimo opinioni personali che in questo ruolo non mi
competono, è da affidare all’Ente regolatore, ovvero alla
Commissione nazionale formazione continua (che è composta da soggetti rappresentativi delle professioni, delle
Regioni e del Ministero della Salute) cui spetta il compito,
anche attraverso l’analisi dei dati, di comprendere i processi e le dinamiche della formazione ECM ed apportare
se ritenuto opportuno (come peraltro già fatto in precedenti occasioni) eventuali integrazioni e/o modifiche alle
regole del sistema.
La suddette norme sono state pensate ed introdotte dalla
CNFC per orientare e ‘abituare’ i professionisti verso un
aggiornamento lifelong quanto più possibile programmato e costante nel tempo, coerente e pertinente con la
propria professione e magari anche con la disciplina realmente esercitata. Probabilmente la introduzione di alcuni
elementi di flessibilità, quali una sorta di ‘recupero operoso’ di eventuali gap normativi, potrebbero consentire la
certificazione anche a chi ha inizialmente ‘deviato’ dalla
strada tracciata.
Per quanto mi riguarda, da medico, posso solo auspicare
che la formazione di ciascun professionista della salute
sia sempre più vissuta ed orientata in funzione della reale
crescita professionale e sempre meno sentita e praticata
come un mero rispetto ‘normativo’ di regole (ECM) che,
da sempre, rappresentano (e devono rimanere) lo strumento e non certamente l’obiettivo da raggiungere.