Paolo Rossi I filosofi e le macchine 1400-1700 1962

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Filosofia
Paolo Rossi
I filosofi e le macchine 1400-1700
1962
PERCHÉ LEGGERE QUESTO LIBRO
Paolo Rossi è stato il maggior storico e filosofo della scienza del nostro paese, e le sue
opere hanno dato un contributo importante alla storia della cultura scientifica. Grazie ad
una trattazione chiara e ricca di esempi I filosofi e le macchine offre al lettore una visione
ampia ed eterogenea di un periodo storico di portata rivoluzionaria per la storia della
scienza: tra il XV e il XVII secolo infatti si gettarono le basi culturali e sociali su cui fu
possibile avviare la rivoluzione scientifica e che per certi versi restano valide fino ai giorni
nostri. Attraverso un’esposizione articolata e puntuale Paolo Rossi offre un quadro
esteso, che comprende gli ambienti artistici, le corti, le botteghe, le accademie, le società
scientifiche e, in parte minore, le università; analizzando i luoghi e i personaggi che
direttamente o indirettamente, con consapevolezza o con altri intenti, contribuirono alla
creazione di un nuovo tipo di sapere, basato anche sull’attività empirica, l’esperienza dei
tecnici e il lavoro degli artigiani. L’autore presenta, con un racconto parcellizzato e
onnivoro, un affresco storico vario e multidisciplinare.
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PUNTI CHIAVE

Nel XVI secolo prende il via un cambiamento radicale nella concezione della
scienza

La tecnica acquista un ruolo decisivo, si diffondono i trattati tecnici e si traducono
quelli più antichi

Avviene un mutamento nelle idee dell'arte che innalza gli artisti al rango di
borghesi

L'ascesa della borghesia favorisce la compenetrazione di tecnica e scienza su cui si
basa la rivoluzione scientifica

Si sviluppa un ideale di sapere in continuo progresso, che sfocerà nella disputa tra
antichi e moderni

Tra i nuovi ideali della scienza vi è la collaborazione in funzione dell’interesse
comune dell’umanità

Nel XVII secolo si diffonde la concezione di eterogeneità fra fenomeni naturali e
artificiali

Bacone afferma l’identità tra scienza e potenza, teoria e pratica, verità e utilità

Per il nuovo saggio rinascimentale la sapienza va perseguita liberandosi del sapere
tradizionale
RIASSUNTO
Arti meccaniche e filosofia nel XVI secolo
Nel XVI secolo è possibile riscontrare in svariati testi di diversissima provenienza un
comune interesse per la tecnica artigianale e una conseguente rivalutazione del ruolo
dell’artigiano o del “tecnico” che esercita tale sapere. Si inizia a riconoscere ai
procedimenti artigianali valore ai fini del progresso del sapere e gli si attribuire la dignità
di fatti culturali. Gli uomini colti farebbero bene ad abbandonare il tradizionale disdegno
per la “pratica”, e a lasciarsi alle spalle ogni concezione meramente contemplativa o
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retorica del sapere. Numerosi autori, tra cui ad esempio Palissy, Vives, Agricola e
Vesalio, si pongono dunque in aperta polemica nei confronti del concetto aristotelico di
scienza, rifiutando l’immagine di una natura concepita come rigida gerarchia di forme.
La letteratura di questo secolo risulta ricca di trattati di carattere tecnico, manuali e
considerazioni di artigiani sul proprio lavoro, cui fa eco un rinnovato interesse per le
opere più “tecniche” dell’antichità classica: molte traduzioni dei classici in questo periodo
si rivolgono esplicitamente ad artigiani. Ciò sembra dovuto ad un vivo senso di necessità
di un’unione di pratica e discorso.
Proprio in Italia si delineò un primo esempio di unione tra concezioni scientifiche e vita
attiva, soprattutto grazie al fiorire delle arti: architetti e pittori ad esempio non possono
ignorare i trattati di prospettiva, di anatomia umana e di mescolamento dei colori. Allo
stesso tempo una particolare attenzione rivolta all’ambito delle arti permise a coloro che
le praticavano di elevarsi dal rango di artigiani a quello di borghesi, ponendosi in un
ambito particolare, che attinge contemporaneamente al mondo dei letterati e a quello
degli uomini d’azione. Esempio di una simile figura fu Leonardo da Vinci che con i suoi
amplissimi interessi divenne simbolo del superamento di quella mentalità che
contrapponeva arti liberali e arti meccaniche. Tuttavia la asistematicità della sua
produzione rivela il suo disinteresse a trasmettere, spiegare e provare agli altri le proprie
scoperte, nonostante il contributo decisivo che egli diede alle scienze descrittive grazie
alla sua invenzione di un metodo preciso di raffigurazione e descrizione della realtà.
Il processo di rinnovamento fece un’ulteriore passo avanti con il riconoscimento della
funzione esercitata dalle arti meccaniche e tecniche nella ricerca sperimentale e
nell’elaborazione di teorie più generali: tale collaborazione si imponeva in più settori
come una necessità, ad esempio sotto forma di sempre maggiori richieste di strumenti di
precisione. La collaborazione tra sapere scientifico e sapere tecnico è da considerarsi
come uno degli aspetti centrali e fondamentali della nuova cultura. Le “vie dell’arte” non
appariranno più esteriori e superficiali, né apparirà più dissennato il tentativo di
trasformare la realtà naturale attraverso la conoscenza dei suoi comportamenti e delle
sue leggi.
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Caratteristiche prioritarie della nuova scienza sono la comunicabilità tramite un
linguaggio che abbia caratteri di precisione e intersoggettività, la ricerca empirica svolta
tramite un’osservazione sistematica e la precisione metodologica.
Il progresso scientifico
La rivoluzione scientifica e filosofica si sviluppa nella concezione di scienza come edificio
mai finito, che aumenta e cresce, e al quale ciascuno può portare il proprio contributo:
per il progredire della scienza è essenziale la collaborazione, c’è quindi bisogno di appositi
istituti sociali e linguistici. L’idea della scienza come sapere cooperativo rivela un fine
generale, che comprende il vantaggio dell’intero genere umano, superando gli interessi
personali, le differenze razziali e i confini nazionali. Un contributo decisivo proviene dal
pensiero di Bacone, il quale sostiene l’esistenza di un’unica tradizione scientifica: la
scienza, a suo avviso, non si presenta come un insieme di teorie contrapposte, ma come
un processo nel quale anche le svolte più rivoluzionarie salvano il nucleo essenziale
acquisito dalle generazioni precedenti. Tutto ciò che si osserva, si sperimenta, si studia e
si apprende deve essere messo a disposizione di tutti e a tutti comunicato, perché
l’esperienza è la fonte e la garanzia del progresso del genere umano. In questo modo non
è un individuo isolato ad accumulare conoscenze, ma l’intera umanità, che così
progredisce nel tempo.
Dal contatto con un nuovo mondo, luoghi inesplorati, piante e animali sconosciuti,
popolazioni non cristiane, tribù abituate a vivere in una primitiva innocenza, scaturì un
nuovo empirismo legato ad un concetto di natura più uniforme, ma anche diversa a
seconda delle regioni e non più ascrivibile al pensiero tradizionale. Si conferma perciò la
necessità di un nuovo sapere, corrispondente alle nuove dimensioni geografiche e
conoscitive, riscontrabile anche dall’uso costante del termine novus nei titoli della
trattatistica del periodo. Non si tratta soltanto di un modulo letterario, ma
dell’espressione dell’inquieta insoddisfazione degli autori dell’epoca, che avvertivano
l’insufficienza dei tradizionali modi di formazione dell’uomo.
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Il riconoscimento dei risultati sempre nuovi cui danno luogo le arti, rivela la
limitatezza degli antichi e sottolinea il carattere provvisorio delle loro scoperte. È in
questo periodo che si impone la nota polemica tra gli antichi e i moderni. I sostenitori
della superiorità dei moderni o della non inferiorità di questi ultimi, nei confronti degli
antichi, si servono principalmente di due argomenti: i ritrovati della tecnica e le grandi
scoperte geografiche. Charles Perrault, dando avvio alla Querelle des anciens et des
modernes (1688-1697) afferma proprio che il progresso dipende dal lento accumularsi del
sapere nel tempo.
L’intera opera di Bacone si appoggia sulla convinzione di un radicale mutamento in corso
nella storia umana e non identificabile con una semplice trasformazione della filosofia,
ma strettamente connesso all’intera situazione della civiltà: le grandi invenzioni, le
scoperte tecniche e geografiche svelano la necessità di un radicale mutamento della
concezione del sapiente che si delinea nel celeberrimo paragone delle formiche, dei ragni
e delle api, per il quale il vero saggio è lo scienziato-filosofo (ape), che attinge dalla
materia prima dell’esperienza (polline) per trasformarla in virtù (miele).
Filosofia e tecnica nel Seicento
Tommaso Campanella
Nella Città del sole è spinto dalla volontà di superare gerarchie e distinzioni di classe e di
ceto: il tradizionale distinguo tra arti speculative e arti meccaniche viene rifiutato a
vantaggio dell’esaltazione del lavoro come elemento centrale e decisivo della formazione
dell’uomo. Ogni cittadino è chiamato a ricoprire una funzione socialmente produttiva.
Descartes
La scienza è un sapere intersoggettivo, ben diverso dalla magia e in contrapposizione con
ogni sorta di potere “occulto”: i fenomeni naturali vanno inseriti in uno “schema di
concetti razionali” che devono essere resi pubblici in modo da favorire lo studio di tutti.
Avvicina le “arti” e la “filosofia” ponendole sullo stesso piano, in nome dell’ideale del
sapere deduttivo.
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Marsenne e Gassendi
Respingono come dogmatico il tentativo di Cartesio di una fisica dimostrativa fondata su
principi universali, basandosi sulla viva consapevolezza che la “vera fisica” sia piuttosto
connessa alla pratica delle arti meccaniche. Gassendi cercava di stabilire una convergenza
nuova fra il sapere tecnico-empirico e quello dei filosofi. Il nuovo compito affidato alla
ragione è quello di una conoscenza storica del mondo naturale e del mondo umano.
Galileo
Approfondisce e trasforma in scienza la meccanica pratica, presentando la tesi che il
filosofo debba prendere in attenta considerazione il lavoro dei tecnici e la pratica degli
artigiani, dal momento che essi costituiscono un valido aiuto all’investigazione degli
intelletti speculativi. Galileo diviene così il fondatore di una nuova filosofia sperimentale:
la fisica non costituisce più una speculazione filosofica, il metodo non è un fine in sé e le
ricerche sperimentali non sono più isolati esempi di osservazioni quotidiane prive di
effetto sulle dottrine generali.
Francesco Bacone
Il filosofo inglese sostiene l’identità di scienza e potenza, teoria e pratica, e ritiene
dannosa una contrapposizione di tali termini. Le arti meccaniche, finora ignorate,
necessitano che si avvii un processo di approfondimento che le veda protagoniste: si pone
dunque l’idea di una “Storia delle arti” che raccolga il sapere tecnico e pratico mettendolo
a disposizione della speculazione filosofica. Per raggiungere la vera conoscenza la mente
umana deve liberarsi delle idee preconcette, solo così può penetrare la verità oggettiva
delle cose, avendo ben presente che scopi della scienza devono essere la verità e l’utilità.
I baconiani e Robert Boyle
Per evitare che il sapere tecnico finora accumulato resti confinato ai margini della cultura
si avverte il bisogno di dedicarsi a raccogliere il materiale indispensabile alla compilazione
di una vasta storia delle arti, si vuole realizzare il grandioso progetto di Bacone. A questo
scopo, un gruppo di intellettuali inglesi, detti baconiani, fra cui Robert Boyle, si associa
dando vita a istituzioni capaci di arrivare fino ai giorni nostri, come la Royal Society.
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Alsted e Leibniz
Ad Alsted si deve l’accorata difesa delle “arti meccaniche” giudicate “illiberali” solo
perchè così etichettate dai Greci. Leibniz accorda invece al lavoro dei tecnici una grande
rilevanza storica, perché fondamentale al progresso culturale, che nasce solo dallo sforzo
congiunto delle generazioni e di tutti i popoli.
D’Alambert e Diderot
Nelle pagine dell’Encyclopédie si ritrova un preciso interesse per la conoscenza tecnica.
L’Enciclopedia, riprendendo il progetto baconiano della grande “storia delle arti” e
sopperisce alle mancanze riguardanti la trattazione delle arti meccaniche, andando a
cogliere quel lavoro che una lunga tradizione precedente aveva giudicato indegno di
attenzione.
CITAZIONI RILEVANTI
Il cambiamento di concezione delle arti meccaniche
«La difesa delle arti meccaniche dalla accusa di indegnità, il rifiuto di far coincidere la
cultura con l’orizzonte delle arti liberali e le operazioni pratiche con il lavoro servile,
implicavano in realtà l’abbandono della concezione della scienza come disinteressata
contemplazione della verità, come ricerca che nasce solo dopo che si sono apprestate le
cose necessarie alla vita» (p. 21).
La ricerca tecnica come un fondamento della conoscenza
«In Palissy, in Norman, in Vives, in Vesalio, il Gilbert troviamo esplicitamente presente
un’affermazione destinata a vasta diffusione e a singolare fortuna nell’età della nuova
scienza: alcuni dei procedimenti dei quali si servono gli uomini per produrre oggetti d’uso
o per costruire macchine, per modificare o alterare la natura mediante il lavoro delle
mani, giovano alla effettiva conoscenza della realtà naturale assai più di quelle costruzioni
intellettuali o di quei sistemi filosofici che finiscono per impedire o limitare la attiva
esplorazione da parte dell’uomo delle cose naturali. [..] Per molti secoli il disprezzo che si
prova per chi esercita attività manuali era stato “trasferito” a quell’attività medesima ed
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essa era apparsa ultima nella scala dei valori sociali ed esclusa da quelli culturali»
(p. 34, 35).
I mutamenti politici contribuiscono al processo di riconoscimento delle attività artigianali
«Il processo che condusse a una nuova, diversa valutazione delle arti meccaniche e del
lavoro dei tecnici, che portò al riconoscimento della funzione esercitata dagli artigiani e
dagli ingegneri all’interno della cultura e della società ha[..] carattere europeo ed è legato
all’ascesa della borghesia e al consolidarsi delle monarchie e degli stati nazionali. [..]
questa nuova valutazione[..] rese possibile quella collaborazione fra scienziati e tecnici e
quella compenetrazione di tecnica e scienza che è alle radici della grande rivoluzione
scientifica del Seicento. La direzione del movimento scientifico passerà agli ingegneri, ai
virtuosi, ai gentiluomini “di spirito scientifico” del secolo XVII. Gli organi della nuova
cultura non saranno più le università, ma le società scientifiche e le accademie. Il metodo
scientifico non sarà un fine in sé che le ricerche sperimentali si limitano a “illustrare”; la
“prova della pratica” avrà un effetto decisivo anche sulla elaborazione delle teorie più
generali» (p. 51).
Un nuovo modo di concepire la scienza
«Attraverso la grande rivoluzione scientifica e filosofica del secolo XVII si è andato
formando e rafforzando un determinato modo di concepire la scienza che, appare tuttora
presente e operante nella cultura del mondo contemporaneo. Che la scienza sia una lenta
costruzione non mai finita alla quale ciascuno, nei limite delle sue forze e delle sue
capacità, può portare il suo contributo; che al progredire della scienza sia essenziale la
collaborazione e la cooperazione e quindi la creazione di appositi “istituti” sociali e
linguistici; che la ricerca scientifica abbia come fine non il vantaggio di una singola
persona o razza o gruppo, ma quello dell’intero genere umano; che in ogni caso lo
sviluppo o la crescita della ricerca stessa sia qualcosa di più importante delle persone
singole che la pongono in atto: queste, oggi diventate verità di senso comune, sono
alcune fra le componenti essenziali di una considerazione della scienza che ha precise
origini storiche» (p. 79).
La disputa sugli antichi e sui moderni
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«[..] è indubbio che la concorde insistenza sul carattere progressivo e collaborativo
delle arti, l’affermazione di un sapere che cresce su se stesso nel tempo e che si
arricchisce [..] della fatica di molti, non possono essere spiegate soltanto facendo appello
a reminiscenze di testi classici. Il riconoscimento dei risultati sempre nuovi cui danno
luogo le arti conduceva qui ad affermare la limitatezza dell’orizzonte culturale degli
antichi e a sottolineare il carattere provvisorio e storico delle loro verità e delle loro
scoperte. Questa affermazione [..] era a sua volta destinata a rovesciarsi nell’altra, ben
nota e destinata a singolare risonanza, della superiorità dei moderni» (p. 88).
Bacone: l’importanza della tecnica per il progresso della scienza
«Il progresso della scienza, il miglioramento della condizione dell’uomo richiedono
dunque, per Bacone, che il sapere dei tecnici venga inserito nel campo [..] della scienza e
della filosofia naturale. I metodi, i procedimenti, le operazioni, il linguaggio delle arti
meccaniche si erano affermati e perfezionati al di fuori del mondo della scienza ufficiale,
in un mondo di ingegneri, di architetti, di artigiani qualificati, di costruttori di macchine e
di strumenti. Quei metodi, quei procedimenti, quei linguaggi devono diventare ora
oggetto di considerazione, di riflessione, di studio» (p. 129).
L’AUTORE
Paolo Rossi (Urbino, 1923 – Firenze, 2012) è stato filosofo e storico della scienza. Ha
insegnato nelle università di Milano, Cagliari, Bologna e Firenze. Fu allievo di Antonio
Banfi e poi vicino a Eugenio Garin. Ha focalizzato i suoi interessi sulla cultura filosofica e
scientifica tra Quattrocento e Settecento, contribuendo a chiarire importanti e spesso
trascurati aspetti della transizione dalla cultura tardomedievale alla scienza moderna. E
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ha approfondito particolarmente le figure di Bacone e Galileo. Le sue ricerche si
segnalano soprattutto per la capacità di individuare zone di intersezione culturale,
superando le barriere disciplinari proprie di tanta storiografia tradizionale e cercando
piuttosto di contribuire a una più vasta “storia delle idee”.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Paolo Rossi, I filosofi e le macchine. 1400-1700, Feltrinelli, Milano, (1962) 2009, p. 196.
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