S. Bernard Chandler _207 L`INNOMINATO E BAROZZI Ne I

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S. Bernard Chandler
_207
L'INNOMINATO E BAROZZI
Ne I Promessi Sposi, l'Innominato, a differenza di Lucia che ha
dedicato la sua verginità alla Madonna, non riesce a dormire. Le sue
azioni passate, lungi dal dare forza alla sua condotta nel futuro, gli
tornano in mente come peccati. Situazioni come questa sono rare nel
romanzo storico dell'Europa occidentale; è sorprendente perciò trovare
nel romanzo di Catherine Smith, Barozzi or the Venetian Sorceress, un
episodio simile a quello dei Promessi Sposi. Una influenza comune che
risale a Shakespeare è stata rilevata sia da Giovanni Getto nel suo
saggio "I Promessi Sposi e il teatro di Shakespeare," sia da Devendra
P. Varma nell'Introduzione al primo volume del romanzo di Catherine
Smith. Ambedue gli autori trattano, appunto, dell'influenza del Macbeth,
dell'Othello e del Richard III su i due romanzi in questione.
Anche in quello inglese, degli scellerati vengono incaricati dal
marchese Barozzi di rapire una giovine donna, Rosalina; il colpo fallisce
perché perdono la vittima, tuttavia però dicono al marchese di aver
eseguito il suo comando. Barozzi pensa di potersene stare tranquillo,
ma, malgrado tutto, la sua coscienza comincia a tormentarlo: "his
accumulated crimes now rose in terrible array, and shook his guilty
soul" (II, 10). E così comincia a pensare che la resa dei conti non
tarderà a venire. Non può più dormire e quando chiude gli occhi, gli si
presentano delle orribili visioni.
Il sonno è impossibile; teme di essere solo, ma, a differenza
dell'Innominato, non si lascia convincere dal richiamo del bene e decide
di riprendere la sua vita criminale. Quindi, Barozzi ucciderà Rosalina.
Quale alleato dei ministri dell'inferno, non teme un mondo futuro, anche
se una voce misteriosa gli dica che, malgrado tutto, un inferno, c'è. Il
senso di colpa ora comincia ad assillarlo. Rosalina non morirà: "Yet,
curse on my wavering, unstable thoughts, she must. Rouse thee,
Barozzi, and let her sink to dust!" Essa è innocente, ma pericolosa. E
continua:
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Oh conscience! conscience! why dost thou plead for her strongly —
thou who were silent on the death of her father? I cannot hope for
pardon: I cannot even pray for it. Oh, if I were but once again
innocent, I would not barter my soul for the worth of empires but,
alas! 'tis in vain; I cannot return, but must go farther in sin to secure
the cursed wealth for which I sold my peace.
(II, 25-6)
Perché dovrebbe arrestarsi di fronte a un delitto di più? Rosalina deve
perire per la sicurezza di lui: "I will live, and still will be the same in
everything — fearless of the future, and regardless of the past" (II, 26).
Barozzi persiste nel delitto e il suo passato non influenza le azioni
future, sebbene egli pensi a esso prima della sua decisione finale.
L'Innominato, invece, che ormai si avvicina sempre di più alla
vecchiaia, pensa al futuro e al passato: "ora, all'opposto, i pensieri
dell'avvenire eran quelli che rendevano più noioso il passato —
Invecchiare! morire! e poi?" (341). L'immagine della morte,
apparendogli nel silenzio della notte e nella sicurezza del suo castello,
gli porta una costernazione repentina. Anche la morte si avvicina
inevitabilmente e lo spettacolo della violenza, della vendetta e
dell'omicidio non prevale più contro la sua coscienza. La sua è una
solitudine tremenda. Egli maschera l'ansietà attuale con l'apparenza di
una cupa ferocia, una invidia per i tempi nei quali le sue iniquità non
gli suscitavano rimorsi, come quando, dopo la promessa a don Rodrigo,
manda subito il Nibbio da Egidio.
Nel momento che Lucia è portata al castello, l'Innominato stava
meditando sulla sua situazione ed era arrivato alla convinzione che egli
aveva fatto la promessa a don Rodrigo perché questo era il suo destino.
Eppure anche il Nibbio aveva provato compassione per Lucia. Intanto,
dopo aver lasciata la giovine, l'Innominato non riesce a dormire. Le sue
imprese passate gli destano un sentimento di terrore e "non so quale
rabbia di pentimento" (363). Tutto è cambiato, ed egli contempla con
tristezza le sue imprese non ancora finite. Insomma, è già una persona
cambiata e decide di non suicidarsi. Considera allora la sua partenza dal
castello e di andare in luoghi lontani: "ma sentiva che lui, lui sarebbe
sempre con sé" (367). Il suo passato, lungi da spingerlo in avanti,
adesso gli fa orrore. Ha paura dell'indomani quando il suo cambiamento
sarà notato dai suoi uomini. Poi, alla fine, sente le campane e osserva
la gioia di tutti quelli che vanno a vedere Federigo Borromeo,
arcivescovo di Milano. È allora che egli si reca al cardinale e si pente.
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Da quanto sopra, risulta chiaramente che l'Innominato e Barozzi si
trovano in un dilemma morale simile, ma le loro reazioni sono del tutto
diverse. L'Innominato è mosso dal pentimento del suo passato e dai
pensieri del futuro; Barozzi, invece, dimentica tanto il passato quanto
il futuro e continua nella sua vita di delitti violenti.
Non c'è nessun indizio che il Manzoni conoscesse il romanzo di
Catherine Smith, anche se una traduzione francese venne pubblicata a
Parigi nel 1817. Tuttavia le posizioni dei due personaggi sono così
simili che ci è sembrato opportuno richiamare su di esse l'attenzione dei
lettori.
S. BERNARD CHANDLER
University of Toronto,
Toronto, Ontario
NOTE
1
Ann Radcliffe, The Italian or The Confessions of the Black Penitents, a cura
di e con introduzione di Frederick Garber (London: Oxford University Press,
1966) un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1797, scrive: "Schedoni
passed the night without sleep. The incident of the preceding evening had not
only renewed the agonies of remorse, but excited those of pride and
apprehension" (276).
2
Catherine Smith, Barozzi or the Venetian Sorceress. A Romance of the
Sixteenth Century (New York: Arno Press, 1977). Il romanzo fu pubblicato nel
1815.
3
Giovanni Getto, Manzoni europeo (Milano: U. Mursia & C, 1971), pp. 22798. Per Macbeth, Ρ. 270, per Richard HI, pp. 274-5, per Hamlet, pp. 276-8.
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Alessandro Manzoni, Tutte le opere, a c. di Alberto Chiari e Fausto
Ghisalberti, Volume II, I Promessi Sposi, Tomo I. Testo definitivo del 1840
(Milano: Mondadori, 3a Edizione, Aprile 1963).
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