Il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e

Parte Ventisettesima
Il patrimonio degli enti locali:
principi, gestione e valorizzazione
TITOLO I
I principi generali dell’ordinamento e la
gestione delle aziende di erogazione
Cap. I
L’ordinamento finanziario e contabile
L’art. 151 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli
enti locali”, in seguito TUEL, come modificato e
integrato dal D.Lgs. n. 118/2011 a sua volta integrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014 (armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro
organismi), determina i principi generali in materia di contabilità stabilendo che i risultati della
gestione finanziaria, economico e patrimoniale
sono dimostrati nel rendiconto comprendente il
conto del bilancio, il conto economico e lo stato
patrimoniale.
L’avvenuta approvazione del D.Lgs. n. 126/2014 che
modifica e integra il D.Lgs. n. 118/2011 recante le
norme in materia di armonizzazione della contabilità e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni,
Province e loro organismi, comporta la modifica di
tutti principi, generali e applicati, del TUEL, degli
schemi di bilancio e di rendiconto e dei relativi allegati, ma soprattutto richiede una completa e totale rivisitazione e riprogettazione delle modalità di
reperimento e di impiego delle risorse pubbliche
e di come ciò è rappresentato ed evidenziato dalla contabilità pubblica degli enti territoriali e loro
organismi.
È pertanto prima di tutto un cambiamento di mentalità e di approcci alla gestione delle risorse pubbliche: in ciò si ricomprende come parte fondamentale
la gestione del patrimonio pubblico.
Come tutte le “vere riforme” richiede un superamento di sicurezze e logiche del passato: per questo
trova in questa fase iniziale resistenze all’applicazione a regime.
Francesco Delfino
Vediamo ora i riflessi, in sintesi e principali, sulla
programmazione e gestione patrimoniale.
La dimostrazione dei risultati di gestione avviene
mediante il rendiconto della gestione, il quale comprende il conto del bilancio, il conto economico e lo
stato patrimoniale (art. 227, TUEL).
L’analisi contabile è tridimensionale nell’esame degli aspetti finanziari, economici e patrimoniali della
gestione e avviene in modo integrato e concomitante in base ai principi contabili approvati con il
D.Lgs. n. 118/2011 integrato e modificato dal D.Lgs.
n. 126/2014, già citato.
Al rendiconto è allegata una relazione della Giunta
sulla gestione che esprime le valutazioni di efficacia
dell’azione condotta sulla base dei risultati conseguiti, e gli altri documenti previsti dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118.
Entro il 31 luglio l’ente approva il bilancio consolidato con i bilanci dei propri organismi e enti
strumentali e delle società controllate e partecipate,
secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al D.Lgs.
23 giugno 2011, n. 118 (art. 151, TUEL).
La relazione sulla gestione è un documento illustrativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di
rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio,
contiene ogni eventuale informazione utile ad una
migliore comprensione dei dati contabili, ed è predisposto secondo le modalità previste dall’art. 11,
comma 6, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.
Tale articolo prevede che “la relazione sulla gestione
allegata al rendiconto è un documento illustrativo
della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo
verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio e di ogni
eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei dati contabili.
In particolare la relazione illustra (tra l’altro):
... omissis...
a) i criteri di valutazione utilizzati;
... omissis...
g) l’elencazione dei diritti reali di godimento e la
loro illustrazione;
1657
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
... omissis...
j) gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci
con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate. La predetta informativa, asseverata
dai rispettivi organi di revisione, evidenzia analiticamente eventuali discordanze e ne fornisce la motivazione; in tal caso l’ente assume senza indugio, e
comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie;
... omissis...
l) l’elenco delle garanzie principali o sussidiarie
prestate dall’ente a favore di enti e di altri soggetti
ai sensi delle leggi vigenti, con l’indicazione delle eventuali richieste di escussione nei confronti
dell’ente e del rischio di applicazione dell’art. 3,
comma 17 della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
m) l’elenco descrittivo dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare dell’ente alla data di chiusura
dell’esercizio cui il conto si riferisce, con l’indicazione delle rispettive destinazioni e degli eventuali
proventi da essi prodotti;
n) gli elementi richiesti dall’art. 2427 e dagli altri articoli del codice civile, nonché da altre norme di legge e dai documenti sui principi contabili applicabili.
L’aspetto patrimoniale della gestione diventa pertanto ad ogni effetto elemento non soltanto “di consuntivo” ma componente dell’attività sia di governo,
sia direzionale dell’ente locale tale che la giunta è
chiamata a relazionare al consiglio sui risultati conseguiti nella gestione delle attività e passività patrimoniali, richiamando pertanto tutti i responsabili
dei servizi ad assumere la direzione anche della gestione patrimoniale.
In base al comma 5 dell’art. 227, novellato a seguito
delle modifiche già citate, al rendiconto della gestione sono allegati i documenti previsti dall’art. 11,
comma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, ed i documenti indicati dallo
stesso comma 5.
I documenti di cui al comma 4, dell’art. 11, del
D.Lgs. n. 118/2011 (oltre a quelli previsti dai relativi
ordinamenti contabili) sono:
a) il prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione;
b) il prospetto concernente la composizione, per
missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato;
c) il prospetto concernente la composizione del
fondo crediti di dubbia esigibilità;
1658
d) il prospetto degli accertamenti per titoli, tipologie e categorie;
e) il prospetto degli impegni per missioni, programmi e macroaggregati;
f) la tabella dimostrativa degli accertamenti assunti
nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi;
g) la tabella dimostrativa degli impegni assunti
nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi;
h) il prospetto rappresentativo dei costi sostenuti
per missione;
i) per le sole regioni, il prospetto dimostrativo della
ripartizione per missioni e programmi della politica regionale unitaria e cooperazione territoriale, a
partire dal periodo di programmazione 2014-2020;
j) per i soli enti locali, il prospetto delle spese sostenute per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da
parte di organismi comunitari e internazionali;
k) per i soli enti locali, il prospetto delle spese sostenute per lo svolgimento delle funzioni delegate
dalle regioni;
l) il prospetto dei dati SIOPE;
m) l’elenco dei residui attivi e passivi provenienti
dagli esercizi anteriori a quello di competenza, distintamente per esercizio di provenienza e per capitolo;
n) l’elenco dei crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di
prescrizione;
o) la relazione sulla gestione dell’organo esecutivo
redatta secondo le modalità previste dal comma 6;
p) la relazione del collegio dei revisori dei conti.
Sempre l’art. 227 del TUEL prevede che “Contestualmente al rendiconto, l’ente approva il rendiconto consolidato, comprensivo dei risultati degli
eventuali organismi strumentali secondo le modalità previste dall’art. 11, commi 8 e 9, del D.Lgs.
23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.
Nelle more dell’adozione della contabilità economico-patrimoniale, gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che si avvalgono della facoltà, prevista dall’art. 232 (differimento al 2017 della
tenuta della contabilità economico-patrimoniale),
non predispongono il conto economico, lo stato
patrimoniale e il bilancio consolidato… omissis...
I modelli relativi alla resa del conto da parte degli
agenti contabili sono quelli previsti dal decreto del
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194.
Tali modelli sono aggiornati con le procedure previste per l’aggiornamento degli allegati al D.Lgs. 23
giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni…”.
L’art. 230 è rubricato “Lo stato patrimoniale e conti
patrimoniali speciali” e rappresenta la norma fondamentale, di principio e altresì precettiva, in materia di stato del patrimonio degli enti locali.
In base a tale norma lo stato patrimoniale rappresenta i risultati della gestione patrimoniale e la consistenza del patrimonio al termine dell’esercizio ed
è predisposto nel rispetto del principio contabile
generale n. 17 e dei principi applicati della contabilità economico-patrimoniale di cui all’allegato n. 1
e n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive
modificazioni.
Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e
passivi, di pertinenza di ciascun ente. Attraverso
la rappresentazione contabile del patrimonio è determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale.
Gli enti locali includono nello stato patrimoniale i
beni del demanio, con specifica distinzione, ferme
restando le caratteristiche proprie, in relazione alle
disposizioni del codice civile.
Gli enti locali valutano i beni del demanio e del
patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie secondo le modalità previste dal
principio applicato della contabilità economicopatrimoniale di cui all’allegato n. 4/3 del D.Lgs. 23
giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.
Lo stato patrimoniale comprende anche i crediti
inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al
compimento dei termini di prescrizione. Al rendiconto della gestione è allegato l’elenco di tali
crediti distintamente rispetto a quello dei residui
attivi.
Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori.
Gli enti locali provvedono annualmente all’aggiornamento degli inventari.
Il regolamento di contabilità definisce le categorie
di beni mobili non inventariabili in ragione della
natura di beni di facile consumo o del modico valore.
Lo stato patrimoniale è redatto secondo lo schema
di cui all’allegato n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n.
118 e successive modificazioni e integrazioni.
Nell’apposita sezione dedicata ai bilanci del sito
internet degli enti locali è pubblicato il rendicon-
to della gestione, il conto del bilancio articolato per
capitoli, e il rendiconto semplificato per il cittadino
di cui all’art. 11 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e
successive modificazioni e integrazioni.
L’art. 232 del TUEL, modificato e integrato, prevede
che “gli enti locali garantiscono la rilevazione dei
fatti gestionali sotto il profilo economico-patrimoniale nel rispetto del principio contabile generale n.
17 della competenza economica e dei principi applicati della contabilità economico-patrimoniale di cui
agli allegati n. 1 e n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011,
n. 118, e successive modificazioni. Gli enti locali con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti possono non
tenere la contabilità economico-patrimoniale fino
all’esercizio 2017”.
L’art. 233-bis introduce il bilancio consolidato nel
panorama degli strumenti di programmazione, gestione e rendicontazione degli enti locali: “Il bilancio consolidato di gruppo è predisposto secondo le
modalità previste dal D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118,
e successive modificazioni. Il bilancio consolidato
è redatto secondo lo schema previsto dall’allegato
n. 11 del decreto legislativo 23 giugno 2011. n. 118,
e successive modificazioni. Gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti possono non
predisporre il bilancio consolidato fino all’esercizio
2017”.
L’art. 149 del TUEL nello stabilire i principi generali
in materia di finanza propria e derivata, fa espresso riferimento alle altre entrate proprie degli enti,
“anche di natura patrimoniale”, con ciò richiamando espressamente come elemento costitutivo della
finanza degli enti territoriali le risorse che derivano
dalla gestione del patrimonio: tali risorse saranno
assegnate alla responsabile gestione dei soggetti di
vertice nei servizi dell’ente.
Di particolare rilevanza è la modifica introdotta
dal D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i. all’art. 153 del TUEL
che disciplina il servizio economico-finanziario: si
inserisce il periodo in base al quale il responsabile
del servizio economico-finanziario e preposto “alla
regolare tenuta della contabilità economico-patrimoniale”. Ciò rappresenta un contenuto di particolare innovatività nel contesto dell’organizzazione
degli enti locali che richiede una completa e strutturata tenuta della contabilità economico-patrimoniale non più derivata dalla contabilità finanziaria
ma “integrata” con la contabilità finanziaria.
Si auspica che tale rivoluzione sia percepita nel suo
valore reale e nelle finalità pubblicistiche volute dalla legge e dai principi, sia dai dirigenti locali, sia dai
revisori.
1659
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
Nel disciplinare le funzioni dell’organo di revisione,
all’art. 239 del TUEL si prevede espressamente la
vigilanza sull’amministrazione dei beni, mentre la
relazione sulla proposta di deliberazione consiliare
di approvazione del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto dedica un’apposita sezione
all’eventuale rendiconto consolidato di cui all’art.
11, commi 8 e 9, e contiene l’attestazione sulla
corrispondenza del rendiconto alle risultanze della
gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed
economicità della gestione.
Del tutto nuova è invece la relazione sulla proposta
di deliberazione consiliare di approvazione del bilancio consolidato di cui all’art. 233-bis e sullo schema di bilancio consolidato, redatta entro il termine
previsto dal regolamento di contabilità e comunque
non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall’organo
esecutivo.
L’art. 93 del Testo unico recante disposizioni in materia di responsabilità prevede che l’agente contabile
che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni dell’ente e coloro che si
ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti,
devono rendere conto della loro gestione: si tratta
quindi anche di gestione di beni e quindi di natura patrimoniale le cui modalità di rendicontazione
sono definite dall’art. 227 del TUEL.
Sempre in materia di patrimonio, l’ordinamento
introduce alcune regole di principio per le quali occorre fare riferimento all’art. 152, quarto comma del
TUEL, per stabilire quali siano da considerare come
principi generali con valore di limite inderogabile:
introduce in primo luogo il concetto di conoscenza
consolidata dei risultati globali della gestione riferiti
ad enti ed organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi. È pertanto evidente la componente
patrimoniale nel processo di consolidamento (art.
152, secondo comma del TUEL).
Il principio della programmazione (all. 4/1 al D.Lgs.
n. 118/2011 e smi) richiama le linee di indirizzo,
gestione e rendicontazione in materia di patrimonio in diverse componenti fondamentali degli strumenti di programmazione degli enti locali: Documento Unico di programmazione (DUP) (art. 170,
TUEL) e Piano Esecutivo di gestione (PEG) (art.
169, TUEL). Riportiamo alcuni stralci significativi
del principio sulla programmazione relativi alla gestione del patrimonio:
“Il DUP costituisce, nel rispetto del principio del
coordinamento e coerenza dei documenti di bilan1660
cio, il presupposto necessario di tutti gli altri documenti di programmazione.
Il DUP si compone di due sezioni: la Sezione Strategica (SeS) e la Sezione Operativa (SeO). La prima ha
un orizzonte temporale di riferimento pari a quello
del mandato amministrativo, la seconda pari a quello del bilancio di previsione”.
... omissis...
Con riferimento alle condizioni interne, l’analisi
strategica richiede, almeno, l’approfondimento dei
seguenti profili e la definizione dei seguenti principali contenuti della programmazione strategica e
dei relativi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato:
... omissis...
Indirizzi generali di natura strategica relativi alle risorse e agli impieghi e sostenibilità economico finanziaria attuale e prospettica. A tal fine, devono essere
oggetto di specifico approfondimento almeno i seguenti aspetti, relativamente ai quali saranno definiti appositi indirizzi generali con riferimento al
periodo di mandato:
1. gli investimenti e la realizzazione delle opere
pubbliche con indicazione del fabbisogno in termini di spesa di investimento e dei riflessi per quanto
riguarda la spesa corrente per ciascuno degli anni
dell’arco temporale di riferimento della SeS;
2. i programmi ed i progetti di investimento in corso di esecuzione e non ancora conclusi;
3. i tributi e le tariffe dei servizi pubblici;
4. la spesa corrente con specifico riferimento alla
gestione delle funzioni fondamentali anche con riferimento alla qualità dei servizi resi e agli obiettivi
di servizio;
5. l’analisi delle necessità finanziarie e strutturali
per l’espletamento dei programmi ricompresi nelle
varie missioni;
6. la gestione del patrimonio;
7. il reperimento e l’impiego di risorse straordinarie
e in conto capitale;
8. l’indebitamento con analisi della relativa sostenibilità e andamento tendenziale nel periodo di mandato;
9. gli equilibri della situazione corrente e generali
del bilancio ed i relativi equilibri in termini di cassa.
... omissis...
Negli enti locali con popolazione inferiore a 5.000
abitanti, l’analisi strategica, per la parte esterna, può
essere limitata ai soli punti 2 e 3.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
... omissis...
Il contenuto minimo della SeO è costituito:
a) dall’indicazione degli indirizzi e degli obiettivi
degli organismi facenti parte del gruppo amministrazione pubblica;
b) dalla dimostrazione della coerenza delle previsioni di bilancio con gli strumenti urbanistici
vigenti;
c) per la parte entrata, da una valutazione generale
sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l’andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli;
d) dagli indirizzi in materia di tributi e tariffe dei
servizi;
e) dagli indirizzi sul ricorso all’indebitamento per il
finanziamento degli investimenti;
f) per la parte spesa, da una redazione per programmi all’interno delle missioni, con indicazione delle
finalità che si intendono conseguire, della motivazione delle scelte di indirizzo effettuate e delle risorse umane e strumentali ad esse destinate;
g) dall’analisi e valutazione degli impegni pluriennali di spesa già assunti;
h) dalla valutazione sulla situazione economicofinanziaria degli organismi gestionali esterni;
i) dalla programmazione dei lavori pubblici svolta
in conformità ad un programma triennale e ai suoi
aggiornamenti annuali;
j) dalla programmazione del fabbisogno di personale a livello triennale e annuale;
k) dal piano delle alienazioni e valorizzazioni dei
beni patrimoniali.
La SeO si struttura in due parti fondamentali:
- Parte 1, nella quale sono descritte le motivazioni
delle scelte programmatiche effettuate, sia con riferimento all’ente sia al gruppo amministrazione
pubblica, e definiti, per tutto il periodo di riferimento del DUP, i singoli programmi da realizzare
ed i relativi obiettivi annuali;
- Parte 2, contenente la programmazione dettagliata, relativamente all’arco temporale di riferimento
del DUP, delle opere pubbliche, del fabbisogno di
personale e delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio.
Cap. II
La gestione economica e la gestione finanziaria
La gestione delle aziende di erogazione è caratterizzata dall’acquisto di beni e servizi economici
(secondo la definizione della scienza economica,
cioè scarsamente disponibili) destinati direttamente o indirettamente all’erogazione attuata mediante
l’utilizzazione di questi stessi beni e servizi. I mezzi
finanziari che «misurano» il valore dei beni e servizi
acquistati e quindi erogati determinano le entrate
e le uscite.
Con riferimento alle entrate e alle uscite si possono
avere, per le entrate - rendite e/o proventi - quando
si tratta di entrate che influiscono direttamente ed
effettivamente sul capitale netto dell’azienda, determinando in tal modo un aumento delle disponibilità finanziarie da erogare o consumare per soddisfare i fabbisogni espressi dalla collettività a cui si
riferisce l’attività dell’azienda.
Nello stesso modo quando si tratta di uscite - spese
- si parla di somme utilizzate per il soddisfacimento
dei bisogni espressi e che influiscono direttamente
sul capitale netto aziendale in termini di diminuzione delle disponibilità finanziarie da erogare o da
consumare.
Il concetto più ampio di entrate e uscite aventi natura meramente finanziaria (ad esempio entrate
per acquisizione di finanziamenti a medio e lungo
termine e uscite per impiego di entrate da finanziamenti) determina i valori di queste rendite e spese
«misurato» da entrate e uscite di denaro o monetarie (movimenti di cassa - valori numerari certi)
o da crediti e debiti sorgenti che temporaneamente
sostituiscono entrate e uscite di cassa (valori numerari assimilati).
Si formano così i due contenuti della gestione: “gestione economica” e “gestione finanziaria”.
La “gestione economica” è costituita dall’insieme
delle rendite e spese che si manifestano per effetto
dell’attività ordinaria e principale dell’azienda di
erogazione, mentre la “gestione finanziaria” è costituita invece dall’intero insieme, indistinto, delle
entrate e delle uscite.
Anche nelle aziende di erogazione, come nelle imprese, la gestione si svolge con continuità ma, per
fini conoscitivi, di controllo, giuridici, sociali e fiscali si suddivide la vita dell’azienda in periodi amministrativi alla fine dei quali viene presentato il
«rendiconto di gestione» del periodo. Ecco sorgere
in questo modo il concetto di «flusso» e di «fondo»
1661
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
per i valori utilizzati e a disposizione dell’azienda:
pertanto le rendite/spese della contabilità economica nonché le entrate/uscite finanziarie, rappresentano componenti di un flusso perché relative a
movimentazioni di entrata e di uscita il cui ciclo
gestionale è di durata annuale o infrannuale.
Quando invece operiamo il riferimento all’insieme di beni economici a disposizione dell’azienda, per il soddisfacimento di bisogni individuali
o collettivi, introduciamo le componenti di un
“fondo” inserite in cicli gestionali che perdurano
oltre l’anno di riferimento. Infatti la composizione
qualitativa e quantitativa del patrimonio aziendale
rappresentata nella situazione patrimoniale (stato
patrimoniale) può essere ricondotta a due principali espressioni:
- il complesso dei beni e diritti che costituiscono le
risorse di cui l’azienda dispone per lo svolgimento
della propria attività, in un determinato istante in
conseguenza della combinazione dei fattori utilizzati;
- i modi attraverso i quali le suddette risorse sono
state finanziate, mediante la fondamentale ripartizione tra mezzi propri da autofinanziamento e mezzi ottenuti con il ricorso all’indebitamento.
Questa situazione ha carattere «statico» e non ci
informa sulle forze (attività gestionale in corso di
esercizio) che sono all’origine della sua composizione: i valori delle risorse impiegate indicano gli
investimenti in essere in un determinato momento, mentre i valori dei finanziamenti (in un’azienda
privata: valore dei debiti e ammontare del capitale
di proprietà derivante da conferimenti e da autofinanziamento) chiariscono come i suddetti investimenti sono stati acquisiti.
I valori sopra descritti esprimono grandezze che
hanno la natura di «fondi», mentre le variazioni di
tali grandezze (fondi), sia in aumento sia in diminuzione, indicative della loro dinamica, costituiscono le grandezze “flusso o flussi” che, rappresentando l’aspetto dinamico (movimento destinato ad
esplicitare le grandezze) indicano ed esprimono le
variazioni subite dalle grandezze che costituiscono
lo stato del patrimonio osservate in diversi momenti di riferimento (1).
L’analisi dell’aspetto economico della gestione riferito agli investimenti e disinvestimenti (costi e
ricavi), ai consumi e ai reintegri della ricchezza consumata, nonché della considerazione dell’aspetto
(1) Vedi Giuseppe Farneti, I flussi monetari nell’indagine patrimoniale-finanziaria, G. Giappichelli, Torino, 1993.
1662
finanziario della medesima gestione (aspetto finanziario come misuratore di quello economico) relativo ai movimenti del denaro, dei crediti e dei debiti,
devono completarsi e fondersi in un terzo aspetto
della gestione: quello patrimoniale.
1. Il patrimonio ed il capitale
Il concetto “patrimonio”, è da tenere distinto da
quello di “capitale” in quanto il primo è costituito
da un insieme di beni che l’azienda di erogazione
utilizza per il soddisfacimento diretto o indiretto
di bisogni, ma che tende a conservare (principio
di conservazione del patrimonio) e comprende le
attività intese “come impieghi di risorse” nonché
le passività quali “fonti di finanziamento degli impieghi”.
Il capitale, invece, è composto da un insieme di beni
destinato a trasformarsi per effetto della gestione
allo scopo di accrescerne il valore (remunerazione
del capitale investito): esso rappresenta pertanto il
mezzo e il fine della gestione.
2. L’attività di gestione
L’attività di gestione dell’ente è analizzata ai fini della conoscenza degli aspetti finanziari, economici e
patrimoniali sottostanti a correlate operazioni amministrative di esercizio:
- l’aspetto finanziario riguarda i movimenti globali
di entrata e di uscita (concetto di flusso);
- l’aspetto economico riguarda le combinazioni dei
fattori a disposizione dell’ente per essere impiegati
nei processi acquisitivi, di erogazione e produzione
di beni e servizi (concetto di flusso);
- l’aspetto patrimoniale riguarda le attività e le passività intese come impieghi di risorse e fonti di finanziamento degli stessi, inseriti in cicli gestionali
ultra - annuali (concetto di fondo).
Cap. III
La competenza finanziaria, la competenza
economica e il conto del patrimonio
Nella prassi contabile pubblica locale è sostanziale
la differenziazione temporale, dal lato delle entrate, tra il momento del conseguimento delle rendite,
proventi o ricavi e quello dell’accertamento, mentre
per le uscite, fra il momento del sostenimento del
costo e quello dell’impegno.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Le fasi di accertamento e impegno precedono le fasi
di determinazione rispettivamente del credito e della somma da pagare e quindi non possono costituire
la misura di componenti economici di esercizio. Ne
consegue che la contabilità finanziaria assume l’importante funzione di rilevare i momenti gestionali
che si susseguono, dall’autorizzazione a procedere
ex ante sino alle fasi di riscossione e di pagamento,
svolgendo altresì una funzione informativa esterna
a consuntivo.
La differenza temporale deve essere correttamente
interpretata in quanto le grandezze considerate sotto l’aspetto finanziario sono comunque destinate a
trasformarsi in grandezze economiche, svolgendo la
funzione di rilevazione delle operazioni di gestione esterna, finalizzata alla conoscenza del risultato
economico e del capitale: i risultati che si ottengono
dalla stessa, basati sul principio dei diritti «constatati», sono in genere molto diversi da quelli rilevati
dalla contabilità finanziaria.
Quest’ultima, reggendosi sul principio della competenza (accertamenti di entrata, impegni di uscita) ha prevalente funzione autorizzatoria e quindi
considera preminente l’autorizzazione al vincolo di
determinate risorse per uno specifico impiego (acquisizione di un fattore produttivo) piuttosto che
considerare il momento acquisitivo del fattore medesimo in corrispondenza con il sostenimento del
«costo» o consumo di risorse o di ricchezza. I dati
della contabilità finanziaria esprimono in questo
modo i valori di acquisizioni e di impiego che ricercano il loro equilibrio in un momento antecedente
rispetto a quello tipico ed effettivo delle operazioni
gestionali e che appartiene al processo «decisionale»
(decisioni di voler acquisire risorse o di impiegare
risorse o spendere).
Si può concludere che la «competenza finanziaria»,
differisce dalla «competenza economica» in quanto la
prima è basata su tempi di rilevazione dei fatti amministrativi che precedono quelli della competenza
economica, al fine di controllare l’azione di reperimento delle risorse e di spesa del settore pubblico.
Fenomeni di distorsione tra le fasi di diritto della
contabilità finanziaria e le reali posizioni creditorie
e debitorie causati da procedure non rispettose delle
norme e dei principi di contabilità pubblica, possono non rappresentare la reale situazione dell’ente in
termini di crediti e debiti di esercizio.
L’analisi che precede è utile anche per comprendere
al meglio come si è resa necessaria e non più rinviabile la riforma della contabilità e degli schemi di
bilancio degli enti territoriali e loro organismi. Il
divario tra la rappresentazione della gestione degli
enti operata con la contabilità finanziaria e quello
corrispondente alla reale situazione di crediti e debiti relativi a obbligazioni giuridiche perfezionate
e scadute, è divenuto talmente ampio che la rendicontazione finanziaria non riesce a rappresentare
la veritiera situazione economico-finanziaria e patrimoniale dell’ente ed esercitare quindi in modo
completo la propria funzione conoscitiva. Ciò deriva da una programmazione indipendente dalla variabile temporale (i cronoprogrammi e le scadenze
dei crediti e dei debiti), dalla gestione riferita a accertamenti che si riferiscono anche ad entrate future
e non riguardano solo obbligazioni giuridiche attive
perfezionate, scadute ed esigibili, ad impegni che si
riferiscono ad accantonamenti, a debiti futuri o ad
obbligazioni inesistenti, ad impegni cosidetti tecnici
(ex art. 183, c. 5, TUEL prima delle modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 118/2011 - D.Lgs. 126/2014).
Infine ad una rendicontazione che non riesce pertanto a esercitare la sua vera funzione conoscitiva
e attesta equilibri tra obbligazioni attive a medio,
lungo termine e obbligazioni passive ad esigibilità
immediata. Questo è un solo accenno alle maggiori
criticità del precedente ordinamento contabile, per
ragione di materia e di spazio.
Con il D.Lgs. n. 118/2011 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti ed
organismi, attuativo della delega di cui alla legge 5
maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale e in particolare di cui all’art. 2, comma 1 e comma 2, lett. h) si approvano, in particolare, i principi
contabili generali o postulati ai quali le regioni, le
province autonome, gli enti locali di cui all’art. 2
del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 conformano la
propria gestione. Tali enti adottano la contabilità
finanziaria cui affiancano, ai fini conoscitivi, un sistema di contabilità economico-patrimoniale, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali
sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo
economico-patrimoniale. In particolare viene rivisitato il principio della competenza finanziaria in
modo da stabilire la rilevazione dell’accertamento
e dell’impegno nell’esercizio in cui l’obbligazione
giuridica, rispettivamente attiva e passiva, viene a
scadenza. Ciò determina un avvicinamento della
contabilità finanziaria alla effettività della cassa
(non si tratta di una contabilità di pura cassa) e
anche per determinate fattispecie alla rilevazione
economica. In particolare si supera l’anomalia
dei residui impropri e di stanziamento. Si riduce
1663
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
il tempo della rilevazione “anticipata”, come sopra
descritta, quale caratteristica tipica della contabilità finanziaria rispetto alla contabilità economicopatrimoniale.
Con l’approvazione del D.Lgs. 126/2014 correttivo
e integrativo del D.Lgs. n. 118/2011 si declinano
tutti i principi contabili generali e applicati tra cui
il principio della competenza finanziaria, cosidetta
“potenziata o rafforzata”, e il principio della competenza economica.
TITOLO II
Gli elementi patrimoniali attivi e passivi
nel principio contabile della contabilità
economico-patrimoniale
Si indicano di seguito i fondamenti del principio
contabile della contabilità economico-patrimoniale
(All. 4/3 al D.Lgs. 118/2011 e s.m.i.) riguardanti gli
elementi attivi e passivo del patrimonio dell’ente.
Cap. I
Attivo
In economia aziendale, si intende per immobilizzazione il bene che, all’interno dell’impresa, non
esaurisce la sua utilità in un solo esercizio ma manifesta benefici economici in un arco temporale di
più esercizi (sono anche indicati come “fattori produttivi a fecondità ripetuta”).
1. Immobilizzazioni
Gli elementi patrimoniali destinati a essere utilizzati
durevolmente dall’ente sono iscritti tra le immobilizzazioni. Condizione per l’iscrizione di nuovi beni
patrimoniali materiali ed immateriali tra le immobilizzazioni (stato patrimoniale) è il verificarsi, alla
data del 31 dicembre, dell’effettivo passaggio del titolo di proprietà dei beni stessi.
Il principio disciplina anche le attività oggetto di
cartolarizzazione e i beni relativi alle operazioni di
leasing finanziario.
2. Immobilizzazioni immateriali
Costi d’impianto e di ampliamento, costi di ricerca,
sviluppo e pubblicità, immobilizzazioni in corso e
acconti, altre immobilizzazioni immateriali, migliorie e spese incrementative su beni di terzi, usu1664
frutto su azioni e quote acquisite a titolo oneroso,
oneri accessori su finanziamenti, costi di software
applicativo prodotto per uso interno non tutelato si
iscrivono nell’attivo applicando i criteri di iscrizione e valutazione previsti dal documento OIC n. 24,
“Le immobilizzazioni immateriali”, nonché i criteri
previsti nel principio contabile per l’ammortamento e la svalutazione per perdite durevoli di valore.
La durata massima dell’ammortamento dei costi
capitalizzati (salvo le migliorie e spese incrementative su beni di terzi) è quella quinquennale prevista
dall’art. 2426, n. 5, c.c.
Il principio disciplina anche gli investimenti effettuati apportando miglioramento su immobili di
terzi.
I diritti di brevetto industriale (anche se acquisiti in
forza di contratto di licenza), i diritti di utilizzazione
delle opere dell’ingegno (compreso il software applicativo giuridicamente tutelato), le concessioni,
le licenze, i marchi ed i diritti simili (compreso il
know-how giuridicamente tutelato) devono essere
iscritti e valutati (al costo) in base ai criteri indicati
nel documento OIC n. 24 sopra menzionato; l’ammortamento e l’eventuale svalutazione straordinaria per perdite durevoli di valore si effettuano in
conformità ai criteri precisati nel principio contabile. Il principio disciplina anche la valutazione dei
diritti acquisiti a titolo gratuito.
L’avviamento va iscritto separatamente solo se relativo all’acquisizione, a titolo oneroso, di un’azienda
o complesso aziendale. Per i criteri di valutazione,
ammortamento e svalutazione straordinaria si fa
riferimento al menzionato documento OIC n. 24.
3. Diritti reali di godimento e rendite, perpetue o
temporanee
Nell’ipotesi in cui i diritti reali di godimento e rendite, perpetue o temporanee, sono acquisiti al patrimonio dell’ente a titolo oneroso, col sostenimento
di un costo, il valore da iscrivere è pari al costo di
acquisizione, aumentato dei costi accessori. I criteri per l’ammortamento e le eventuali svalutazioni
straordinarie sono analoghi a quelli valevoli per gli
immobili acquisiti a titolo di piena proprietà. Se, invece, i diritti menzionati sono acquisiti a titolo gratuito (ad es. per donazione), il valore da iscrivere è
il valore normale determinato da un esperto esterno
secondo le modalità indicate per i diritti di brevetto
industriale.
Il principio contabile precisa le modalità di determinazione del valore da iscrivere in bilancio relativo
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
alle rendite ed ai diritti reali acquisiti a titolo gratuito di seguito indicati:
• beni culturali;
- rendite;
- uso ed abitazione;
• i beni librari, acquisiti per donazione e considerati
come bene strumentale all’attività istituzionale oppure come bene non strumentale;
- superficie;
• le immobilizzazioni in corso.
- usufrutto e nuda proprietà;
- enfiteusi.
4. Immobilizzazioni in corso
Le immobilizzazioni in corso costituiscono parte del patrimonio dell’ente costituito da cespiti di
proprietà e piena disponibilità dell’ente non ancora
utilizzabili perché in fase di realizzazione o, sebbene
realizzati, non ancora utilizzabili da parte dell’ente.
Il principio indica i criteri di valutazione delle immobilizzazioni in corso.
5. Immobilizzazioni materiali
Le immobilizzazioni materiali sono distinte in beni
demaniali e beni patrimoniali disponibili e indisponibili.
Alla fine dell’esercizio, le immobilizzazioni materiali devono essere fisicamente esistenti presso l’amministrazione pubblica o essere assegnate ad altri
soggetti sulla base di formali provvedimenti assunti
dall’ente.
Le immobilizzazioni sono iscritte nello stato patrimoniale al costo di acquisizione dei beni o di
produzione, se realizzato in economia (inclusivo di
eventuali oneri accessori d’acquisto, quali le spese
notarili, le tasse di registrazione dell’atto, gli onorari per la progettazione, ecc.), al netto delle quote di
ammortamento.
Qualora, alla data di chiusura dell’esercizio, il valore sia durevolmente inferiore al costo iscritto, tale
costo è rettificato, nell’ambito delle scritture di assestamento, mediante apposita svalutazione.
Le rivalutazioni sono ammesse solo in presenza di
specifiche normative che le prevedano e con le modalità ed i limiti in esse indicati.
Per quanto non previsto nei principi contabili, i criteri relativi all’iscrizione nello stato patrimoniale,
alla valutazione, all’ammortamento ed al calcolo di
eventuali svalutazioni per perdite durevoli di valore
si fa riferimento al documento OIC n. 16 “Le immobilizzazioni materiali”.
Il principio contabile disciplina anche le seguenti
fattispecie:
• beni mobili ricevuti a titolo gratuito;
• immobili acquisiti dall’ente a titolo gratuito;
6. Immobilizzazioni finanziarie
Le immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni, titoli, crediti concessi, ecc) sono iscritte sulla base del
criterio del costo di acquisto, rettificato dalle perdite
di valore che, alla data di chiusura dell’esercizio, si
ritengano durevoli.
Il principio contabile disciplina la valutazione delle
seguenti tipologie di immobilizzazioni finanziarie.
6.1. Azioni
Per le partecipazioni azionarie immobilizzate, il criterio di valutazione è quello del costo, ridotto delle
perdite durevoli di valore (art. 2426 n. 1 e n. 3 codice civile). Le partecipazioni in imprese controllate e
partecipate sono valutate in base al “metodo del patrimonio netto” di cui all’art. 2426 n. 4 codice civile. Gli eventuali utili derivanti dall’applicazione del
metodo del patrimonio netto devono determinare
l’iscrizione di una specifica riserva del patrimonio
netto vincolata all’utilizzo del metodo del patrimonio. Le eventuali perdite sono portate a conto economico.
Il principio analizza quindi il processo di valutazione affrontando casi specifici.
6.2. Partecipazioni non azionarie
I criteri di iscrizione e valutazione sono analoghi a
quelli valevoli per le azioni.
6.3. Titoli
A seconda che si tratti di titoli immobilizzati o destinati allo scambio, si applicano i criteri previsti
dall’art. 2426 codice civile. Per i titoli quotati non è
necessario far ricorso ad un esperto esterno.
6.4. I crediti concessi dall’ente
Il valore è determinato dallo stock di crediti concessi, risultante alla fine dell’esercizio precedente,
più gli accertamenti per riscossione crediti imputati
all’esercizio in corso e agli esercizi successivi a fronte di impegni assunti nell’esercizio per concessioni
1665
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
di credito, al netto degli incassi realizzati per riscossioni di crediti. Non costituiscono immobilizzazioni finanziarie le concessioni di credito per far fronte
a temporanee esigenze di liquidità. Nello stato patrimoniale tali crediti sono rappresentati al netto
del fondo svalutazione crediti riguardante i crediti
di finanziamento.
6.5. Derivati di ammortamento
Il principio analizza sia i derivati bullet/amortizing,
sia i derivati riguardanti flussi di solo interesse.
7. Attivo circolante
In economia aziendale l’attivo circolante è costituito da beni destinati alla vendita, al consumo o alla
produzione che esauriscono la loro utilità in tempi
brevi o da disponibilità finanziarie in attesa di impiego.
L’attivo circolante è composto:
- dalle rimanenze, costituite da scorte di beni destinati a essere utilizzati entro breve tempo nella
produzione, venduti o consumati e da costi sospesi
inerenti a servizi pagati in via anticipata;
- dai crediti, costituiti da importi d riscuotere con
scadenza entro un anno, di natura commerciale o
finanziaria;
- dalle attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazioni e che comprendono gli strumenti
finanziari che l’impresa detiene in portafoglio per
periodi di tempo non lunghi;
- dalle disponibilità liquide, costituite dai valori in
cassa e dai fondi depositati nei conti correnti postali
e bancari in attesa di essere utilizzati.
8. Rimanenze di magazzino
Le eventuali giacenze di magazzino (materie prime,
secondarie e di consumo; semilavorati; prodotti in
corso di lavorazione; prodotti finiti; lavori in corso
su ordinazione) vanno valutate al minore fra costo e
valore di presumibile realizzazione desunto dall’andamento del mercato (art. 2426, n. 9, codice civile).
9. I Crediti
9.1. Crediti di funzionamento
I crediti di funzionamento sono iscritti nell’attivo
dello Stato patrimoniale solo se corrispondenti ad
obbligazioni giuridiche perfezionate esigibili, per le
1666
quali il servizio è stato reso o è avvenuto lo scambio
dei beni.
La corretta applicazione del principio della competenza finanziaria garantisce la corrispondenza tra
i residui attivi diversi da quelli di finanziamento e
l’ammontare dei crediti di funzionamento.
I crediti sono iscritti al valore nominale, ricondotto
al presumibile valore di realizzo, attraverso apposito
fondo svalutazione crediti portato a diretta diminuzione degli stessi.
Il Fondo svalutazione crediti corrisponde alla sommatoria, al netto degli eventuali utilizzi, degli accantonamenti annuali per la svalutazione dei crediti
sia di funzionamento che di finanziamento. L’ammontare del fondo svalutazione crediti dovrebbe
essere, data la metodologia di calcolo dell’accantonamento al fondo stesso di cui ai punti n. 4.20 e n.
4.27, di pari importo almeno pari a quello inserito nel conto del bilancio. Però, il valore dei fondi
previsti in contabilità finanziaria ed in contabilità
economico-patrimoniale potrebbe essere diverso e
il principio contabile analizza e descrive i motivi di
tale diversità.
Nello Stato patrimoniale, il Fondo svalutazione crediti non è iscritto tra le poste del passivo, in quanto
è portato in detrazione delle voci di credito a cui si
riferisce.
Il principio indica quindi come si struttura il fondo
e cosa deve indicare in dettaglio.
9.2. Crediti da finanziamenti contratti dall’ente
Corrispondono ai residui attivi per accensioni di
prestiti derivanti dagli esercizi precedenti più i residui attivi per accensioni di prestiti sorti nell’esercizio, meno le riscossioni in conto residui dell’esercizio relative alle accensioni di prestiti.
9.3. Crediti finanziari concessi dall’ente
Costituiscono crediti finanziari concessi dall’ente i
crediti per fronteggiare esigenze di liquidità dei propri enti e delle società controllate e partecipate.
10. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
Le azioni e i titoli detenuti per la vendita nei casi
consentiti dalla legge sono valutati al minore fra il
costo di acquisizione e il presumibile valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
11. Le disponibilità liquide
Nel piano dei conti patrimoniale le disponibilità liquide sono articolate nelle seguenti voci:
- conto di tesoreria, che comprende il conto “Istituto tesoriere/cassiere”, nel quale, nel rispetto delle
regole della Tesoreria Unica, sono registrati i movimenti del conto corrente di tesoreria gestito dal tesoriere, unitariamente alla contabilità speciale di tesoreria unica presso la Banca d’Italia. In altre parole,
per l’ente, le disponibilità liquide versate nel conto
corrente bancario di tesoreria e nella contabilità
speciale di tesoreria unica costituiscono un unico
fondo, al quale si versa e si preleva. E’ il tesoriere che
gestisce i versamenti e i prelievi tra i due conti (non
oggetto di rilevazione contabile da parte dell’ente);
- altri depositi bancari e postali;
- assegni;
- denaro e valori in cassa.
Il principio contabile disciplina in dettaglio la sana
gestione delle disponibilità giacenti presso i conti
correnti e di deposito postali o riguardanti i fondi
economali, intestati all’ente, l’attività di regolarizzazione dei sospesi formatisi nell’esercizio precedente,
la cassa libera e la cassa vincolata e il caso della presenza dell’anticipazione di tesoreria.
12. Ratei e risconti
I ratei e risconti sono iscritti e valutati in conformità a quanto precisato dall’art. 2424-bis, comma
6, codice civile.
I ratei attivi sono rappresentati, rispettivamente, dalle quote di ricavi/proventi che avranno
manifestazione finanziaria futura (accertamento
dell’entrata), ma che devono, per competenza,
essere attribuiti all’esercizio in chiusura (ad es.
fitti attivi).
Le quote di competenza dei singoli esercizi si determinano in ragione del tempo di utilizzazione delle
risorse economiche (beni e servizi) il cui ricavo/
provento deve essere imputato.
Non costituiscono ratei attivi quei trasferimenti con
vincolo di destinazione che, dovendo dare applicazione al principio dell’inerenza, si imputano all’esercizio in cui si effettua il relativo impiego.
I risconti attivi sono rappresentati rispettivamente
dalle quote di costi che hanno avuto manifestazione
finanziaria nell’esercizio (liquidazione della spesa/
pagamento), ma che vanno rinviati in quanto di
competenza di futuri esercizi.
La determinazione dei risconti attivi avviene considerando il periodo di validità della prestazione,
indipendentemente dal momento della manifestazione finanziaria.
In sede di chiusura del bilancio consuntivo, i ricavi
ed i costi rilevati nel corso dell’esercizio sono rettificati rispettivamente con l’iscrizione di risconti
commisurati alla quota da rinviare alla competenza
dell’esercizio successivo.
Cap. II
Passivo
1. Fondi per rischi e oneri
Alla data di chiusura del rendiconto della gestione
occorre valutare i necessari accantonamenti a fondi rischi e oneri destinati a coprire perdite o debiti
aventi le seguenti caratteristiche:
• natura determinata;
• esistenza certa o probabile;
• ammontare o data di sopravvenienza indeterminati alla chiusura dell’esercizio.
Fattispecie tipiche delle amministrazioni pubbliche
sono rappresentate da eventuali controversie con il
personale o con i terzi, per le quali occorre stanziare
a chiusura dell’esercizio un accantonamento commisurato all’esborso che si stima di dover sostenere
al momento della definizione della controversia; la
stima dei suddetti accantonamenti deve essere attendibile e, pertanto, è necessario avvalersi delle opportune fonti informative, quali le stime effettuate
dai legali.
Il principio contabile analizza e disciplina le passività che danno luogo ad accantonamenti a fondi per
rischi e oneri:
- accantonamenti per passività certe, il cui ammontare o la cui data di estinzione sono indeterminati;
- accantonamenti per passività la cui esistenza è solo
probabile, si tratta delle cosiddette “passività potenziali” o fondi rischi.
I fondi del passivo non possono essere utilizzati per
attuare “politiche di bilancio” tramite la costituzione di generici fondi rischi privi di giustificazione
economica.
In riferimento ai “Fondi per oneri”, il principio contabile richiama i principi generali del bilancio, in
particolare i postulati della competenza e della prudenza.
1667
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
2. Fondi di quiescenza e obblighi simili
La voce accoglie i fondi diversi dal trattamento di
fine rapporto ex art. 2120 Codice Civile, quali ad
esempio:
- i fondi di pensione, costituiti in aggiunta al trattamento previdenziale di legge (ad es. INPS ecc.), per
il personale dipendente;
- i fondi di pensione integrativa derivanti da accordi
aziendali, interaziendali o collettivi per il personale
dipendente;
- i fondi di indennità per cessazione di rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa.
3. Fondo manutenzione ciclica
È il fondo per la manutenzione ciclica e periodica
iscritto nello stato patrimoniale a fronte delle spese
di manutenzione ordinaria, svolte periodicamente dopo un certo numero di anni o ore di servizio
maturate in più esercizi su certi grandi impianti o
su immobilizzazioni sulla base di norme di legge o
regolamenti dell’ente.
Tale fondo non intende coprire costi per apportare
migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti, che si concretizzino in un incremento significativo e tangibile di capacità o di produttività o di
sicurezza (manutenzioni di tipo straordinario), per
i quali si rimanda alla disciplina delle immobilizzazioni materiali.
Gli stanziamenti a tale fondo hanno l’obiettivo di
ripartire, secondo il principio della competenza fra
i vari esercizi, il costo di manutenzione che, benché
effettuata dopo un certo numero di anni, si riferisce
ad un’usura del bene verificatasi anche negli esercizi precedenti a quello in cui la manutenzione viene
eseguita.
Il principio contabile analizza le condizioni che
devono ricorrere per effettuare l’accantonamento,
i criteri per la determinazione del fondo e la congruità dello stesso.
4. Fondo per copertura perdite di società partecipate
Qualora l’ente abbia partecipazioni immobilizzate
in società che registrano perdite che non hanno natura durevole (in caso di durevolezza della perdita,
infatti, occorre svalutare direttamente le partecipazioni) e abbia l’obbligo o l’intenzione di coprire tali
perdite per la quota di pertinenza, accantona a un
fondo del passivo dello stato patrimoniale un ammontare pari all’onere assunto.
1668
In relazione alla tipologia dell’impegno, se il relativo onere ha già la natura di debito, sarà classificato
come tale.
Relativamente al “Fondo vincolato per perdite reiterate negli organismi partecipati”, da accantonare ai
sensi dell’art. 1, comma 550 e seguenti, della legge
147/2013 (legge di stabilità 2014), occorre richiamare la delibera della Sezione Autonomie della
Corte dei conti n. 4/2015, recante “Linee di indirizzo per il passaggio alla nuova contabilità delle
Regioni e degli enti locali (D.Lgs. n. 118/2011 modificato e integrato dal D.Lgs. n. 126/2014)”, che al
paragrafo otto definisce l’orientamento da seguire
da parte degli enti in applicazione dei principi di
prudenza, attendibilità, veridicità ed equilibrio del
bilancio finanziario autorizzatorio.
5. Passività potenziali
Con l’espressione “passività potenziali” ci si riferisce
a passività connesse a “potenzialità”, cioè a situazioni già esistenti ma con esito pendente in quanto si
risolveranno in futuro.
In particolare, per “potenzialità” si intende una situazione, una condizione od una fattispecie esistente alla
data del rendiconto della gestione, caratterizzata da
uno stato d’incertezza, la quale, al verificarsi o meno
di uno o più eventi futuri, potrà concretizzarsi per
l’ente in una perdita, confermando il sorgere di una
passività o la perdita parziale o totale di un’attività
(ad esempio, una causa passiva, l’inosservanza di una
clausola contrattuale o di una norma di legge, un pignoramento, rischi non assicurati, ecc.).
La valutazione delle potenzialità deve essere sorretta
dalle conoscenze delle specifiche situazioni, dall’esperienza del passato e da ogni altro elemento utile,
e devono essere effettuati nel rispetto dei postulati
del bilancio d’esercizio ed, in particolare, di quelli
dell’imparzialità e della verificabilità.
Il principio contabile analizza in dettaglio quanto
di seguito.
La valutazione delle potenzialità
Al fine di misurare il grado di realizzazione e di avveramento dell’evento futuro, tali eventi possono
classificarsi in: probabili, possibili o remoti.
Se una perdita connessa a una potenzialità è stata
iscritta in bilancio, la situazione d’incertezza e l’ammontare dell’importo iscritto in bilancio sono indicati in nota integrativa se tali informazioni sono
necessarie per una corretta comprensibilità del bilancio.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Tali stanziamenti sono rilevati nei fondi per rischi
e oneri.
Se è probabile che l’evento futuro si verifichi ma
la stima non può essere effettuata, in quanto l’ammontare che ne risulterebbe sarebbe particolarmente aleatorio ed arbitrario, salvo il caso in cui sia
possibile stimare e stanziare in bilancio un importo
minimo, sono fornite in nota integrativa le stesse
informazioni da indicare nel caso che l’evento sia
possibile; inoltre, si indicherà che è probabile che la
perdita verrà sostenuta.
Nel caso in cui l’evento e quindi la perdita sia possibile, ma non probabile, sono indicate in nota integrativa le seguenti informazioni:
7.2. Debiti verso fornitori
- la situazione d’incertezza che potrebbe procurare
la perdita;
Si tratta di posizioni debitorie relative a contributi
e trasferimenti in favore di terzi di carattere corrente, senza controprestazione o in conto esercizio
per l’attività svolta in favore della popolazione e del
territorio.
- l’ammontare stimato della possibile perdita o l’indicazione che la stessa non può essere effettuata;
- altri possibili effetti se non evidenti;
- preferibilmente, l’indicazione del parere di consulenti legali ed altri esperti.
Quando gli importi richiesti in una causa o in una
controversia sono marcatamente esagerati rispetto
alla reale situazione, non è necessario, anzi può essere fuorviante, mettere in evidenza l’ammontare
dei danni richiesti.
L’esistenza e l’ammontare di garanzie prestate direttamente o indirettamente (fidejussioni, avalli, altre
garanzie personali e reali) sono posti in evidenza
nei conti d’ordine ed in nota integrativa anche se la
perdita che l’ente potrà subire è improbabile. Qualora invece la perdita sia probabile, si stanzia un apposito fondo rischi.
Gli stanziamenti a fronte delle perdite connesse a
potenzialità includono anche la stima delle spese
legali e degli altri costi che saranno sostenuti per
quella fattispecie.
6. Trattamento di Fine Rapporto
È incluso tra le passività patrimoniali.
7. Debiti
7.1. Debiti da finanziamento
I debiti da finanziamento dell’ente sono determinati dalla somma algebrica del debito all’inizio dell’esercizio più gli accertamenti sulle accensioni di prestiti effettuati nell’esercizio meno i pagamenti per
rimborso di prestiti.
I debiti di funzionamento verso fornitori sono
iscritti nello stato patrimoniale solo se corrispondenti a obbligazioni giuridiche perfezionate esigibili
per le quali il servizio è stato reso o è avvenuto lo
scambio dei beni.
La corretta applicazione del principio della competenza finanziaria garantisce la corrispondenza tra i
residui passivi diversi da quelli di finanziamento e
l’ammontare dei debiti di funzionamento.
I debiti sono esposti al loro valore nominale.
7.3. Debiti per trasferimenti e contributi
7.4. Altri debiti
È una voce residuale nella quale vanno rilevati i debiti non classificabili nelle voci precedenti.
8. Ratei, risconti e contributi agli investimenti
I ratei e risconti sono iscritti e valutati in conformità a quanto precisato dall’art. 2424-bis, comma
6, codice civile.
I ratei passivi sono rappresentati, rispettivamente,
dalle quote di costi/oneri che avranno manifestazione finanziaria futura (liquidazione della spesa),
ma che devono, per competenza, essere attribuiti
all’esercizio in chiusura (ad es., quote di fitti passivi
o premi di assicurazione con liquidazione posticipata).
Le quote di competenza dei singoli esercizi si determinano in ragione del tempo di utilizzazione delle
risorse economiche (beni e servizi) il cui costo/onere deve essere imputato.
I risconti passivi sono rappresentati dalle quote di
ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria
nell’esercizio (accertamento dell’entrata/incasso),
ma che vanno rinviati in quanto di competenza di
futuri esercizi.
La determinazione dei risconti passivi avviene considerando il periodo di validità della prestazione,
indipendentemente dal momento della manifestazione finanziaria.
In sede di chiusura del bilancio consuntivo, i ricavi rilevati nel corso dell’esercizio sono rettificati
1669
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
rispettivamente con l’iscrizione di risconti passivi
commisurati alla quota da rinviare alla competenza
dell’esercizio successivo.
Le concessioni pluriennali ed i contributi agli investimenti comprendono la quota non di competenza
dell’esercizio rilevata tra i ricavi nel corso dell’esercizio in cui il relativo credito è stato accertato, e
sospesa alla fine dell’esercizio. Annualmente i proventi sospesi sono ridotti attraverso la rilevazione
di un provento (quota annuale di contributo agli
investimenti) di importo proporzionale alla quota
di ammortamento del bene finanziato dal contributo all’investimento.
9. Criteri di classificazione e valutazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio
Il principio contabile precisa che per quanto non
specificatamente previsto nel principio 6, si fa rinvio
a quanto previsto dal decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 18 aprile 2002, concernente “Nuova classificazione degli elementi attivi e
passivi del patrimonio dello Stato e loro criteri di
valutazione”, e successive modifiche e integrazioni.
10. Conti d’ordine
Il principio contabile fornisce la definizione di conti d’ordine precisando che anche negli enti pubblici
devono essere iscritti, in calce allo stato patrimoniale, i conti d’ordine, suddivisi nella consueta triplice
classificazione: rischi, impegni, beni di terzi, che
registrano gli accadimenti che potrebbero produrre
effetti sul patrimonio dell’ente in tempi successivi a
quelli della loro manifestazione.
Si tratta, quindi, di fatti che non hanno ancora interessato il patrimonio dell’ente, cioè che non hanno comportato una variazione quali-quantitativa
del patrimonio, e che, di conseguenza, non sono
stati registrati in contabilità generale economicopatrimoniale, ovvero nel sistema di scritture finalizzato alla determinazione periodica della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica
dell’ente.
Le “voci” poste nei conti d’ordine non individuano
elementi attivi e passivi del patrimonio poiché sono
registrate tramite un sistema di scritture secondario
o minore (improprio per alcuni Autori) che, perché
tale, è distinto ed indipendente dalla contabilità generale economico-patrimoniale.
Il principio contabile precisa quindi le modalità
da seguire per memorizzare, nei conti d’ordine, gli
1670
accadimenti sopra richiamati, dovendosi utilizzare
il metodo di registrazione partiduplistico, per consentire la duplice rappresentazione in coerenza con
la contabilità generale e, quindi, con lo schema di
stato patrimoniale.
Si affronta quindi l’argomento della relazione tra
conti d’ordine e partite di giro.
Non vi è e non vi può essere alcuna relazione biunivoca fra conti d’ordine e partite di giro iscritte
nel bilancio di previsione finanziario degli enti
pubblici.
Le “somiglianze” sono solo apparenti ed ingannevoli.
È vero che anche l’utilizzo delle partite di giro non
deve influenzare il “risultato finanziario” dell’ente
pubblico, ma ciò non deve portare in alcun modo a
stabilire una sovrapposizione identitaria con i conti
d’ordine.
I conti d’ordine non contribuiscono a definire il risultato perché sono fuori dal sistema delle scritture
che serve a determinarlo, le partite di giro, al contrario, sono registrazioni che fanno parte integrante
del sistema di scritture finanziario e non influenzano il risultato perché l’ente, nelle circostanze in cui
si ricorra a tali conti, si trova contemporaneamente
a debito e a credito, per il medesimo importo, nei
confronti di terzi soggetti.
11. Il deposito cauzionale
Il deposito cauzionale individua somme di denaro
che un ente ha versato a terzi a titolo di garanzia e
delle quali l’ente medesimo si priva fino a quando
non si realizza la “condizione sospensiva”.
Assunto che le somme in questione sono “uscite”
dall’economia di un ente ed entrate nell’economia
di un altro “soggetto”, sebbene non sia esclusa l’ipotesi che possano rientrarvi, è indubbio che si tratta
di un fatto amministrativo compiuto da registrate
in contabilità generale economico-patrimoniale,
che dà origine ad una permutazione dei valori patrimoniali ovvero che non modifica il patrimonio
netto ed il risultato economico.
Il fatto amministrativo, in ogni caso, va registrato
in contabilità economico-patrimoniale e non nei
conti d’ordine e il principio analizza le modalità di
registrazione.
L’uso dei conti d’ordine è ammesso nel caso si
ricevano titoli come deposito cauzionale. In tale
evenienza, non potendone disporre, si utilizzano
i conti d’ordine. Si tratta di “beni di terzi presso
l’ente”.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
12. Coordinamento con i principi contabili delle
imprese del settore privato
Per quanto non specificatamente previsto nel principio contabile applicato della contabilità economico-patrimoniale si fa rinvio agli articoli dal n. 2423
al n. 2435 bis (disciplina del bilancio di esercizio)
del codice civile e ai principi contabili emanati
dall’OIC.
Cap. III
Il primo stato patrimoniale: criteri di valutazione
Il principio contabile indica i criteri ai quali gli enti
si devono attenere al fine della predisposizione del
primo Stato Patrimoniale.
1. Attivo
Patrimonio immobiliare e terreni di proprietà: è
iscritto al costo di acquisto, comprendente anche i
costi accessori, ovvero, se non disponibile, al valore
catastale. Successivamente occorre determinare il
fondo ammortamento cumulato nel tempo, tenendo conto del momento iniziale in cui il cespite ha
iniziato ad essere utilizzato dall’ente e della vita utile
media per la specifica tipologia di bene. Gli enti che,
all’entrata in vigore della contabilità economico
patrimoniale armonizzata, applicavano altri coefficienti di ammortamento, adottano i coefficienti
armonizzati a decorrere da tale data.
Il principio precisa quindi la procedura di ammortamento e le altre modalità per la valutazione anche
in applicazione del principio contabile applicato
della contabilità economico patrimoniale come sopra illustrato.
Immobili e terreni di terzi a disposizione: sono
iscritti al costo di acquisto, comprendente anche i
costi accessori, ovvero, se non disponibile, al valore catastale. Il relativo valore va imputato nei conti
d’ordine, salvo i casi in cui l’ente non abbia diritti
reali perpetui su tali beni; in quest’ultimo caso anche il costo sostenuto per l’acquisizione del diritto
reale su tali immobili va imputato tra le immobilizzazioni.
Beni mobili e patrimonio librario: è necessario
procedere ad una ricognizione inventariale. Con
riferimento ai beni mobili ammortizzabili occorre
determinare il fondo ammortamento cumulato nel
tempo, tenendo conto del momento iniziale in cui
il cespite ha iniziato ad essere utilizzato nell’ente e
della vita utile media per la specifica tipologia di
bene. Se il bene non risulta interamente ammortizzato, e per il suo acquisto sono stati ricevuti contributi da terzi, va iscritta la residua quota di contributi nella voce “Ratei e risconti passivi e contributi
agli investimenti”, al fine di coprire nel tempo gli
ammortamenti residui.
In sede di determinazione del primo Stato Patrimoniale non devono essere ricompresi nella ricognizione i beni già interamente ammortizzati.
Contributi in conto capitale: eventuali contributi
in conto capitale ricevuti per il finanziamento delle
immobilizzazioni vanno inseriti nella voce “Ratei
e risconti passivi e contributi agli investimenti” di
stato patrimoniale (solo per la parte a copertura del
residuo valore da ammortizzare del cespite).
Immobilizzazioni finanziarie: sono indicate nel
principio le modalità di iscrizione.
Disponibilità liquide: importi giacenti sui conti
bancari, di tesoreria statale e postali dell’ente, nonché assegni, denaro e valori bollati.
Crediti: preliminare è la verifica della loro effettiva
sussistenza a seguito del riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’art. 3, comma 7, del
decreto. I crediti sono valutati al netto del fondo
svalutazione crediti e corrispondono all’importo
dei residui attivi e a quello degli eventuali crediti
stralciati dalle scritture finanziarie e registrati solo
nelle scritture patrimoniali.
2. Passivo
Debiti di funzionamento: preliminare è la verifica
della loro effettiva sussistenza a seguito del riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’art.
3, comma 7, del decreto. I debiti corrispondono
all’importo dei residui passivi, compresi quelli
perenti (l’istituto della perenzione riguarda solo
le regioni e, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n.
118/2011, riguarda solo i residui perenti alla data
dal del 31 dicembre 2014). La riassegnazione dei
residui perenti nella contabilità finanziaria non è
oggetto di rilevazione nella contabilità economicopatrimoniale.
Debiti finanziari: derivano da finanziamenti contratti e incassati non rimborsati. A regime sono rilevati
sulla base degli impegni assunti per rimborso prestiti, compresi quelli imputati agli esercizi successivi o degli impegni automatici disposti a seguito di
operazioni di finanziamento dell’ente (tale importo
deve corrispondere alla differenza tra le entrate ac1671
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
certate per operazioni di finanziamento e l’importo
non ancora rimborsato). All’avvio della contabilità
economico patrimoniale è necessario effettuare una
ricognizione dei debiti non ancora rimborsati. I debiti finanziari sono distinti in debiti a breve termine o
a medio-lungo termine, secondo le modalità indicate
nel glossario del piano dei conti integrato I debiti
finanziari, alla voce “Debiti verso banche e tesoriere” comprendono anche le anticipazioni di tesoreria
in essere al 1° gennaio dell’anno successivo, rinviate
contabilmente all’esercizio successivo.
Fondo per il trattamento di quiescenza: riguarda
l’ammontare del trattamento di fine rapporto maturato nei confronti del personale per il quale l’ente
è tenuto a provvedere direttamente al pagamento
del trattamento di fine rapporto, alla data di riferimento dello stato patrimoniale di apertura. Nel
caso in cui non sia possibile ricostruire tale importo
alla data di avvio della contabilità economico-patrimoniale, l’onere riguardante il TFR erogato nel
corso dell’esercizio è interamente considerato di
competenza economica dell’esercizio.
Altri debiti, costituiti dai debiti tributari che derivano dai debiti tributari degli esercizi precedenti,
comprensivi di quelli emersi dalle dichiarazioni fiscali dell’ente dell’esercizio precedente a quello di
introduzione della contabilità economico patrimoniale, dai debiti di natura previdenziale e dai debiti
rilevati sulla base degli impegni assunti per i titoli 3,
e 7 delle spese compresi quelli Imputati agli esercizi
successivi.
3. Patrimonio netto
Fondo di dotazione dell’ente: costituita dalla differenza, se positiva, tra attivo e passivo, al netto della
voce “Netto da beni demaniali”, al netto del valore
attribuito alle riserve.
Alle riserve è attributo un valore pari a quello risultante ai corrispondenti valori dello stato patrimoniale dell’esercizio precedente, a meno di differenze
derivanti dall’applicazione dei nuovi principi.
Nello stato patrimoniale iniziale, la voce AIII “Risultato economico dell’esercizio” non è valorizzata.
Cap. IV
Lo stato patrimoniale e conti patrimoniali
speciali (art. 230, TUEL)
Gli enti locali valutano i beni del demanio e del
patrimonio, comprensivi delle relative manuten1672
zioni straordinarie, secondo le modalità previste
dal principio applicato della contabilità economico-patrimoniale di cui all’allegato n. 4/3 del
D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni.
Lo stato patrimoniale comprende anche i crediti
inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al
compimento dei termini di prescrizione. Al rendiconto della gestione è allegato l’elenco di tali crediti
distintamente rispetto a quello dei residui attivi.
Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori.
Gli enti locali provvedono annualmente all’aggiornamento degli inventari.
Il regolamento di contabilità definisce le categorie
di beni mobili non inventariabili in ragione della
natura di beni di facile consumo o del modico valore.
Lo stato patrimoniale è redatto secondo lo schema
di cui all’allegato n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n.
118 e successive modificazioni e integrazioni.
Dal punto di vista della storia della contabilità locale un’attenta disamina delle deliberazioni della
Sezione Enti Locali della Corte dei conti n. 32/1986
sul conto consuntivo e conto generale del patrimonio
e n. 650/1988 sugli inventari e rendiconto patrimoniale permette di richiamare e approfondire molti
dei concetti formulati: la prima esprime in termini
generali e con riferimenti normativi il concetto che
sino dall’origine dell’ordinamento contabile locale
il legislatore ha preteso la «connessione» tra il conto
finanziario del bilancio e il conto generale del patrimonio. Lo scopo è quello di dotare l’Ente locale di un
complesso unitario e sistematico di scritture idonee a
dimostrare i risultati finali della gestione finanziaria,
dell’amministrazione dei beni, nonché le interconnessioni che si determinano tra le due attività, con reciproche influenze sui dati delle rispettive contabilità.
Con la deliberazione successiva la Corte dei conti, si rivolge alla funzione generale dell’inventario
consistente nell’individuazione, descrizione, classificazione, e valutazione di tutti gli elementi attivi
e passivi del patrimonio dell’ente come desunti
dalle scritture patrimoniali e finanziarie, quali risultano sia all’inizio, sia al termine dell’esercizio,
per evidenziare le variazioni intervenute nell’anno
per effetto della gestione del bilancio e per altre
cause.
Indica che tale analisi deve consentire sia agli organi
elettivi interni sia agli organi esterni chiamati all’esame dei conti consuntivi di formulare valutazioni
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
sull’andamento complessivo della gestione al termine dell’esercizio, nei tre aspetti, finanziario, economico e patrimoniale.
Classificazioni
La deliberazione n. 650/1988 ha affrontato più direttamente alcuni problemi relativi alla tenuta di
una corretta contabilità patrimoniale:
Problematiche e soluzioni propositive
Nella classificazione dei beni del
patrimonio
L’introduzione di apposite distinzioni ed analisi deve permettere la valutazione della natura giuridica dei singoli beni e della loro destinazione funzionale
Nella contabilità
patrimoniale
dell’ente
La precisazione dei cosiddetti «debiti fuori bilancio» dopo che di essi il consiglio comunale ne
abbia riconosciuto la natura e l’ammontare, riferendo alla gestione dell’ente le relative obbligazioni contratte nei confronti dei terzi (artt. 193, 194 del TUEL), permettono di raffigurare gli
stessi nel conto generale del patrimonio sino all’esercizio in cui sarà perfezionata la copertura
finanziaria degli stessi
Le scritture
inventariali
Impostate per categorie e sottocategorie, prendono a base l’unità elementare di rilevazione che
può essere costituita dai singoli beni immobili o da gruppi omogenei di beni mobili. Saranno
individuati anche gli obblighi di consegna e di custodia dei beni stessi.
Ogni unità elementare di rilevazione sarà rappresentata e descritta nei seguenti principali elementi:
- la descrizione fisica o giuridica dell’elemento patrimoniale;
- l’indicazione del valore e della redditività;
- la determinazione degli oneri rettificativi dei predetti valori, compresa la determinazione delle
quote di ammortamento disposte;
- l’indicazione dello stanziamento per l’imputazione della spesa e di quello a cui saranno riferite
le entrate relative;
- il riferimento al servizio (centro di responsabilità) al cui funzionamento il bene è destinato;
- la variazione di natura finanziaria (gestione del Bilancio) o di altra natura che ha determinato
mutamento del valore del bene;
Nelle scritture
inventariali
- saranno rappresentati separatamente gli effetti prodotti sugli elementi del patrimonio dalla gestione del bilancio;
- sarà assicurato il collegamento tra le variazioni patrimoniali registrate dalla contabilità generale
e gli inventari;
- saranno introdotte tecniche di rappresentazione delle variazioni patrimoniali che tengano conto
della sfasatura temporale tra la variazione in aumento sulle passività che rappresentano la fonte
di finanziamento di corrispondenti attività patrimoniali (beni immobili, ad esempio) e l’iscrizione
di queste ultime che si può attuare solo dopo l’ultimazione della costruzione;
Nelle scritture
inventariali
- si procederà ad una valutazione monetaria ai beni demaniali, in relazione ai costi sostenuti
per acquistarli e realizzarli e alle conseguenti passività attivate per finanziarie e i costi stessi;
- la necessità di stabilire modalità per attuare il processo di ammortamento delle immobilizzazioni, sia per una più esatta contabilizzazione dei costi dei servizi, sia per il conseguente accantonamento dei fondi necessari al rinnovo dei cespiti ammortizzabili;
- l’esigenza di una revisione degli inventari con modifica dei modelli e introduzione di nuove
norme per la compilazione e la tenuta nel tempo.
TITOLO III
Gli inventari
Cap. I
Classificazione e contenuti
«L’inventario è inteso come la ricognizione e la descrizione di una raccolta definita di cose, presa questa voce nel significato più ampio - e non esclude
- gli inventari di documenti, di carte e di cose quali
si vogliano, anche se non hanno per se stesse valore
economico» - Fabio Besta (La Ragioneria, Vallardi,
Milano 1920).
«Si chiama inventario la determinazione riferita ad
un dato istante, di tutti gli elementi di un dato patrimonio, o di una sola parte di esso o di un insieme
qualunque di beni o di cose al fine di raggiungere
uno scopo prestabilito» - Gino Zappa (Ragioneria
Generale, Giuffrè, Milano, 1949).
Le definizioni di inventario come sopra riportate
rappresentano le due classiche scuole di pensiero
in materia di ragioneria delle imprese private che
si ritiene possano essere prese a base anche per le
imprese di erogazione. L’inventariazione è pertan1673
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
to intesa come complesso di operazioni di ricerca,
interpretazione, rilevazione, classificazione, descrizione e valutazione degli elementi costituenti il patrimonio dell’ente.
Tra le diverse finalità perseguite dagli enti locali con l’inventariazione dei beni rientrano quella
giuridica che riguarda elementi relativi ai diritti e
agli obblighi dell’ente nascenti dai beni rilevati e
descritti, quella conservativa e di controllo che riguarda l’attribuzione della responsabilità ad amministratori e dipendenti in ordine alla conservazione e al controllo dei cespiti appartenenti al
patrimonio ed infine quella economico-finanziaria
che riguarda l’analisi delle componenti attive e
passive del patrimonio oltreché le dinamiche degli
investimenti.
Il principio contabile n. 3 dell’Osservatorio sulla
finanza e contabilità degli enti locali del Ministero
dell’Interno, all’espressione n. 141 prevede:
«Le scritture inventariali costituiscono la fonte descrittiva e contabile valutativa per la compilazione
del conto del patrimonio. Ciascun valore incluso
nel conto del patrimonio dovrà essere dimostrato
ai fini informativi, di conciliazione e controllo da
analitiche scritture descrittive ed estimative. L’inventario deve essere costantemente aggiornato e
chiuso al termine dell’esercizio conciliando, per le
immobilizzazioni materiali il dato fisico con quello
contabile.
I crediti inesigibili e quelli di dubbia esigibilità,
stralciati del conto del bilancio, devono essere elencati nell’inventario al valore originario. Per tali crediti devono continuare le azioni per il recupero fino
alla loro prescrizione.
Sono crediti di dubbia esigibilità quelli per i quali vi siano elementi che facciano presupporre un
difficile realizzo degli stessi. Per tale categoria,
in base agli elementi in possesso, l’ente deve o
stralciarli dal conto del bilancio, trattandoli alla
stregua dei crediti inesigibili; o tenerli nel conto
del bilancio, presentando però il relativo fondo
svalutazione crediti a detrazione. Sono crediti
di dubbia esigibilità i crediti per i quali contestualmente si verificano le seguenti circostanze:
incapacità di riscuotere e mancata scadenza dei
termini di prescrizione.
Si deve dare applicazione dal 1° gennaio 2015 ai
nuovi principi contabili di cui al D.Lgs. n. 118/2011
e s.m.i.
Per il patrimonio finanziario (crediti, disponibilità
liquide, debiti, opere da realizzare, costi esercizi fu1674
turi), il conto del bilancio e suoi allegati, costituiscono, di fatto, il relativo inventario.
Per i beni mobili non inventariabili, (e quindi non
capitalizzabili) come definiti dal regolamento di
contabilità, l’ente deve porre in essere le rilevazioni
disposte dal regolamento stesso».
1. La fase dell’individuazione
L’individuazione o la ricognizione consiste in
un’indagine volta ad accertare attraverso la rilevazione materiale (inventari cosiddetti diretti o
fisici o di fatto) o l’esame di scritture e documenti
(inventari diretti o contabili), l’esistenza dei vari
elementi patrimoniali del diritto di proprietà e
del diritto reale dell’ente per cui la ricerca deve
procedere in base a scritture e documenti degli
atti pubblici e privati connessi con il patrimonio
attivo e passivo.
Trascurando i beni mobili, non basta individuare
l’ubicazione, l’estensione e il reddito e reperire i dati
catastali, ma occorre stabilire - come prescrive l’art.
11 del Regolamento di amministrazione e contabilità dello Stato per i beni immobili, - se vi sono servitù, pesi ed oneri gravanti sul fondo, se lo stesso sia
fruttifero od infruttifero e ancora l’uso o il servizio
al quale è destinato, la durata della destinazione e il
titolo di provenienza.
I beni appartenenti a determinate categorie sono
posti in evidenza in appositi elenchi ed a questo riguardo la dottrina insiste sul fatto che l’iscrizione
negli elenchi (detta anche classificazione) ha effetto
dichiarativo e non costitutivo. L’interpretazione e la
rilevazione riguardano procedimenti di determinazione dei titoli giuridici relativi ai beni patrimoniali
e agli altri elementi attivi e passivi (titoli di proprietà,
di uso, titoli di terzi sui beni, dubbia esigibilità di crediti) mentre la classificazione riguarda le operazioni
di organizzazione degli elementi patrimoniali rilevati
in categorie e sub categorie secondo determinati presupposti individuati di volta in volta per certe finalità
(natura dei beni, destinazione, utilizzo, ecc.).
2. La fase della classificazione
La classificazione è la fase in cui avviene l’inclusione o
l’incasellamento dei componenti in una ripartizione
sistematica preordinata dalla normativa: il raggruppamento dei beni avviene in classi, categorie e sotto categorie. Una classificazione potrebbe essere la seguente:
a) beni immobili in uso pubblico per natura cioè
beni soggetti a regime del demanio, strade, piazze,
demanio idrico, immobili riconosciuti di interesse,
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
storico, archeologico, artistico, cimiteri, per limitare
l’indagine ai beni immobili;
b) beni immobili di uso pubblico per destinazione
cioè beni del patrimonio indisponibile, sedi di uffici
e servizi comunali, edifici scolastici, mercati;
c) beni mobili patrimoniali cioè beni del patrimonio
disponibile, immobili non destinati in modo diretto
a servizi di pubblica utilità.
La suddivisione per categorie per i beni immobili dovrebbe riguardare i terreni ed i fabbricati. Nell’ambito delle categorie si introduce la suddivisione per
sotto categorie per i beni immobili ad uso pubblico
per destinazione distinti da quelli del patrimonio disponibile per i quali occorre apposita disamina per
verificare la tipologia dei dovrebbe riguardare dei
beni dei quali si ha la piena proprietà, si ha il dominio utile: enfiteusi, si ha l’usufrutto o se ne ha l’uso.
La descrizione riguarda l’analisi e l’indicazione degli
elementi che caratterizzano i singoli componenti
del patrimonio, sia in termini qualitativi, sia quanPer le zone residenziali:
- ubicazione e distanza dal capoluogo;
- presenza in zona di infrastrutture e servizi specialmente
infrastrutture primarie, secondarie;
- allacciamenti autostradali, allacciamenti viari;
- presenza di mezzi di comunicazioni, frequenza di questi
mezzi;
- caratteristiche prevalenti della edificazione (se esiste in
zona);
- caratteristiche podologiche della zona;
- presenza/assenza di possibilità di allacciamento ai pubblici servizi;
- vicinanza di negozi di prima necessità, di centri di grande distribuzione, di scuole, chiese, ospedali, commissariati di pubblica sicurezza, stazione dei carabinieri, aree
verdi, parchi e giardini pubblici;
- ovvero vicinanza di fossi, fiumi, corsi d’acqua a cielo
aperto maleodoranti o inquinati.
Prossimità di discariche di rifiuti solidi urbani, di industrie con
emissione di fumi, rumori, scuotimenti, di piccole attività produttive che possono provocare disturbo, adiacenze di linee
ferroviarie etc.
3.1. Descrizione dell’immobile
Il tutto va considerato in relazione allo sviluppo
edilizio circostante in una visione dinamica e mutevole nel tempo. A questo riguardo occorre valutare
il contenuto e le indicazioni dei piani urbanistici e
di eventuali piani di zona (se esiste). In una zona
caratterizzata da insediamenti produttivi, è certamente più importante la presenza di un’ampia rete
viaria con parcheggi sufficienti e una buona accessibilità nei confronti della rete viaria autostradale
titativi, mentre la valutazione riguarda l’espressione
monetaria del valore attribuito agli elementi patrimoniali.
3. La fase della valutazione
Per operare l’inquadramento economico-urbanistico del cespite occorre innanzitutto superare lo
schematismo delle schede mediante la creazione di
allegati che abbiano a meglio spiegare ciò che si introduce nel poco spazio riservato alle varie voci nelle schede stesse. È implicito pertanto che la scheda
non si intende definita materialmente dallo stampato, ma deve praticamente diventare un faldone entro il quale si devono inserire tutti i dati e le notizie
che si ritengono utili per l’inventariazione.
Il bene va individuato attraverso adeguati sopralluoghi da parte di tecnici esperti ai fini del riporto
nella scheda informatica della situazione relativa
all’ubicazione e di tutte le notizie generali sulla località.
Se si tratta di terreni agricoli:
- conformazione;
- giacitura, altimetria;
- servitù, caratteristiche podologiche del terreno;
- presenza/assenza di fabbricati rurali e loro consistenza;
- presenza/assenza di servizi urbanistici nelle adiacenze;
- destinazione urbanistica nel P.R.G., possibilità di edificazione;
- inclusione o meno in strumenti attuativi del P.R.G.;
- aspettative di localizzazione edificatoria;
- consistenza delle alberature classificate per tipo, essenza.
piuttosto che la presenza di una chiesa o di un asilo.
Viceversa in una zona residenziale la mancanza di
scuole, negozi, chiese, uffici pubblici, locali di ritrovo è sicuramente di importanza preminente rispetto all’ampiezza della rete viaria che consente il
passaggio dei grossi automezzi.
3.2. Fabbricati
Diversa e più complessa è la descrizione di un fabbricato. Occorre indicare il tipo di struttura portan1675
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
te, il tipo di copertura, la struttura dei solai, delle
facciate, dei serramenti, delle scale, dei luoghi comuni, i più importanti impianti, qualità e tipo di
pavimenti, serramenti, apparecchi sanitari, intonaci, rivestimenti, non restando sul generico, ma comunque evitando dettagli irrilevanti ai fini estimali.
Occorre rilevare la necessità di manutenzioni e riparazioni, la qualità delle manutenzioni effettuate,
l’eventuale esistenza di beni non strumentali che
vengono valutati separatamente.
3.3. Dati catastali - Coerenze
L’individuazione catastale è essenziale per quanto
riguarda la inventariazione e la valutazione.
Infatti solo con l’esatta indicazione di tali dati è
possibile individuare il bene che si vuole valutare:
anche in funzione di eventuali future contestazioni
è l’individuazione catastale che indica quale sia l’oggetto del bene da inventariare e da stimare.
Le indicazioni dei dati catastali in una stima, ha la
stessa rilevanza dell’indicazione dei dati stessi in un
rogito notarile di trasferimento.
La verifica condotta potrà evidenziare la mancanza di
accatastamento degli immobili dell’ente con la necessità di provvedere in tempi rapidi ad assolvere a tutte
le procedure per la regolarizzazione delle posizioni.
3.4. Indicazioni delle coerenze
Secondo la normativa civilistica, l’indicazione di tre
coerenze permette all’ente di individuare un bene:
in genere l’indicazione delle coerenze inizia da settentrione e avviene in senso orario, seguendo il perimetro del cespite, si passa poi all’individuazione
del Mappale del cespite che costituisce coerenza e,
se possibile, corredata anche delle generalità del
proprietario.
3.5. Indagine sulla conformità edilizia e regolarità
edilizia
Con l’introduzione dell’art. 40 della legge n.
47/1985 ha assunto particolare rilevanza l’accertamento della conformità edilizia, per cui occorre
esperire indagini sulle pratiche di condono edilizio
se esistenti.
3.6. La situazione urbanistica
Nell’ambito descrittivo del cespite è sempre di preminente rilevanza la situazione urbanistica, cioè
l’inquadramento del cespite nel P.R.G. che assume
1676
importanza determinante per le aree edificatorie e
per i terreni in genere. L’inquadramento di un terreno in una zona di Piano Regolatore che consenta l’edificazione comporta l’automatica inclusione
dell’area fra quelle fabbricabili, dal punto di vista
civilistico e del diritto tributario.
Relativamente alla sua valutazione, l’inclusione di
un’area in una zona edificatoria non comporta l’automatica attribuzione dei valori delle aree edificabili in quanto occorre stabilire se il Piano Regolatore
preveda o meno strumenti attuativi per consentire
l’edificabilità dell’area: sussiste quindi il problema
delle aree immediatamente fabbricabili e delle aree
potenzialmente fabbricabili.
4. Inventari - Classificazione
Esistono in dottrina varie classificazioni degli inventari: secondo le finalità: ordinari, straordinari,
di consegna, di riconsegna; secondo le informazioni
fornite: a valore, descrittivi, quantitativi; secondo la
forma: descrittiva, bilanciante; secondo la fonte di
provenienza: contabili, di fatto.
La disciplina generale sulla tenuta degli inventari
era contenuta nell’art. 289 del TU. n. 383/1934 che,
ancorché abrogato, risulta utile citare negli elementi
che rappresentano ancora corretti principi contabili
e opportune tecniche di redazione degli stessi:
- le amministrazioni comunali e provinciali devono
tenere «al corrente» un esatto inventario di tutti i
beni demaniali e patrimoniali, mobili ed immobili;
- ciascun inventario deve essere corredato di un
elenco diviso per categorie, secondo la diversa natura dei beni, di tutti i titoli, atti, carte e scritture
relative al patrimonio e alla sua amministrazione;
- gli inventari come insieme di operazioni di carattere tecnico e giuridico-amministrative sono attribuiti alle responsabilità primarie del Segretario e del
Ragioniere;
- il riepilogo degli inventari deve essere allegato al
bilancio di previsione e al conto consuntivo, realizzando un collegamento con la contabilità finanziaria di bilancio che occorre peraltro precisare e
chiarire.
È particolarmente importante distinguere tra inventari e conto patrimoniale. A questo riguardo la
normativa di contabilità pubblica ha previsto disposizioni sulla formazione e tenuta degli inventari
che non sono risultate coordinate con la disciplina
dello stato del patrimonio quale componente del
rendiconto finale di esercizio ed in base al nuovo
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
ordinamento contabile e con adeguate norme regolamentari dell’ente occorre ora disciplinare le connessioni tra inventario e conto del patrimonio.
È da premettere che la corretta tenuta degli inventari
ha lo scopo principale di controllare la consistenza
dei beni, di accertarne la fisica esistenza al fine di individuare la configurazione giuridica degli elementi
del patrimonio sia attivi, sia passivi, consentendo in
tal modo, in via prioritaria il rispetto del principio
di conservazione del patrimonio pubblico.
L’individuazione della consistenza dei beni per i
quali sia stato individuato un consegnatario al quale
si annette la responsabilità della custodia e corretta
conservazione del bene medesimo si inserisce nel
lambito delle procedure del sistema di bilancio con
particolare riguardo agli strumenti di programmazione strategica ed operativa (PEG).
In ultimo è da considerare che gli inventari possono avere carattere meramente descrittivo, oppure
accogliere valori che risultano fondamentalmente
nominali perché non hanno alcun riferimento alle
condizioni economico-aziendali dei beni, alla loro
coordinazione, ai canali finanziari ed economici in
cui sono inseriti e così di seguito.
Dovendo rappresentare il rendiconto finale d’esercizio, la fotografia della situazione finanziaria, economica e patrimoniale dell’ente, lo stesso deve rispondere
a due principali caratteristiche che non si conciliano
perfettamente con quelle sopra viste per gli inventari: rappresentare il risultato delle attuate strategie e
«politiche» dell’ente nonché determinare il punto di
partenza delle future strategie e «politiche» dell’ente.
La situazione patrimoniale dell’ente deve cioè rappresentare la descrizione e l’analisi quantitativa e
qualitativa di una situazione gestionale in continuo
divenire e caratterizzata da un intrinseco «dinamismo». Perciò tra le varie poste attive e passive dello
stato patrimoniale si stabiliscono relazioni e interconnessioni che costituiscono oggetto di studio e
di analisi per trarne elementi di conoscenza sulla
situazione dell’ente nei suoi vari aspetti gestionali,
per cui la logica è completamente diversa rispetto
a quella che costituisce fondamento della inventariazione.
Anche in questo importante settore dell’analisi patrimoniale è necessario realizzare alcuni obiettivi
nell’individuazione di parametri descrittivi della situazione rilevata a consuntivo: si introduce in questo modo l’argomento delle analisi di bilancio che
possono utilizzare le principali tecniche riguardanti
gli “indici di bilancio e di rendiconto” ed “i flussi finanziari: i primi sono rapporti tra valori di bilancio
o di rendiconto al fine di interpretare la gestione
economica, finanziaria e patrimoniale e si riferiscono ad un determinato momento della vita aziendale. Esempi di indici sono rappresentati dagli indici
di liquidità, di solidità patrimoniale, di redditività
di determinati servizi e così via.
Di contro i flussi finanziari si ottengono ex post, dal
confronto tra due consuntivi successivi, ed ex ante,
dal confronto tra l’ultimo rendiconto e il bilancio
preventivo dell’esercizio successivo. Esempi di indagine sui flussi finanziari sono rappresentati dalle
analisi delle fonti e degli impieghi e dell’andamento
della liquidità.
Occorre al riguardo richiamare l’art. 165 del TUEL,
come modificato dal D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.,
che prevede che le previsioni di spesa del bilancio
di previsione sono classificate secondo le modalità
indicate all’art. 14 dello stesso D.Lgs. n. 118 in:
a) missioni, che rappresentano le funzioni principali
e gli obiettivi strategici perseguiti dagli enti locali,
utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali
ad esse destinate;
b) programmi, che rappresentano gli aggregati
omogenei di attività volti a perseguire gli obiettivi
definiti nell’ambito delle missioni. I programmi
sono ripartiti in titoli e sono raccordati alla relativa
codificazione COFOG di secondo livello (Gruppi),
secondo le corrispondenze individuate nel glossario, di cui al comma 3-ter dell’art. 14, che costituisce
parte integrante dell’allegato n. 14.
Ai fini della gestione, nel Piano esecutivo di gestione, i programmi sono ripartiti in titoli, macroaggregati, capitoli ed eventualmente in articoli. I macroaggregati di spesa degli enti locali sono individuati
nell’elenco di cui all’allegato n. 14 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e s.m.i. La Giunta, contestualmente alla proposta di bilancio trasmette, a fini conoscitivi, la proposta di articolazione dei programmi in
macroaggregati.
Su tali principi e classificazioni di bilancio e contenuto degli strumenti di programmazione si dovrà
costruire la nuova responsabilizzazione sull’uso e
l’impiego dei beni patrimoniali.
Cap. II
Le varie tipologie di inventari
Al riguardo occorre riferirsi ancora ad apposita circolare del Ministero dell’Interno del 20 luglio 1904, n.
15200/2 che definisce le seguenti classi di inventario:
1677
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
Tipologie
Descrizione
Inventario dei beni
immobili di uso pubblico
per natura
Si tratta dello stato descrittivo senza valutazione dei beni facenti parte del demanio dell’ente. Ora con il nuovo ordinamento contiene anche la valutazione economica.
Comprende le strade e le piazze, le chiese, gli edifici monumentali, i giardini pubblici, gli
acquedotti, le fontane, i laghi artificiali, i cimiteri, i mercati, i diritti demaniali su beni altrui e
ciò che risulta assoggettato al regime pubblicistico tipico dei beni demaniali.
Inventario dei beni
immobili di uso pubblico
per destinazione
Si tratta di beni utilizzati con vincolo di destinazione per il soddisfacimento dell’interesse
pubblico e quindi nell’esercizio di una pubblica attività.
L’inventario comprende tutti i beni immobili facenti parte del patrimonio indisponibile, quali
gli edifici destinati a sede di uffici, quelli utilizzati nella gestione di servizi pubblici, gli edifici
scolastici, i teatri, i musei e tutti gli altri con analoghe caratteristiche e finalizzazione.
Sarà curata la descrizione e rappresentazione di ogni bene con indicazione della natura,
denominazione, ubicazione, descrizione e titolo oltre al regime giuridico (piena proprietà,
usufrutto, uso, altro diritto reale di godimento), alle eventuali concessioni in uso speciale,
alle rendite, agli oneri, al valore originario del bene, alle successive variazioni e al valore
attuale.
Inventario
dei beni immobili
patrimoniali disponibili
È lo stato descrittivo e valutativo di tutti i beni immobili non soggetti al regime del demanio
e non ricompresi negli elementi del patrimonio indisponibile. Si tratta di terreni e fondi
rustici, di immobili urbani, di altri beni immobili non destinati a servizi di pubblica utilità in
modo diretto.
Anche per questi beni si indicherà il regime giuridico, le rendite, le spese di gestione e di
manutenzione ordinaria, il valore originario e il valore attuale.
Inventario dei beni mobili
di uso pubblico
Assume la principale caratteristica di beni mobili oggetto di inventario di consegna nei
confronti del soggetto individuato quale «consegnatario responsabile».
I beni soggetti ad inventariazione sono indisponibili e appartengono a queste categorie: mobilio, armamento, libri, statue, busti, quadri, macchine speciali e altre individuate
dall’ente nella sua autonoma capacità di auto-organizzazione.
Per ciascun bene è indicato il prezzo di acquisto e il valore attuale che tiene conto dell’usura
e dello stato generale di conservazione del bene. Sarà indicato anche il verbale di consegna
che individua il soggetto responsabile della conservazione e corretta gestione del bene.
Inventario dei beni mobili
patrimoniali
Si riferisce a tutti i beni mobili del patrimonio disponibile, compresi i valori mobiliari quali
azioni e obbligazioni.
Inventario dei crediti
Si riferisce ai crediti, mutui attivi, prestiti, censi, canoni attivi e altre prestazioni attive Occorre chiarire che si tratta di valori attivi del patrimonio permanente e quindi l’inventario
non si riferisce ai residui attivi provenienti dalla gestione del conto del bilancio (elementi
del patrimonio finanziario).
Le poste iscritte nell’inventario dei crediti movimentano il bilancio finanziario «annuale»
con singole e separate variazioni che determinano accertamenti di competenza e in caso
di mancata riscossione, l’iscrizione nei residui attivi del patrimonio finanziario: in questo
modo si ha il transito dal patrimonio permanente al patrimonio finanziario, ma in relazione
ad una specifica variazione annuale di competenza proveniente da credito iscritto nel fondo patrimoniale (permanente).
L’inventario specifica il soggetto debitore, la natura e il titolo del credito, l’ammontare originario, le garanzie e l’interesse, la scadenza finale o le singole scadenze periodiche o annuali.
Inventario dei debiti
e di altre passività
Comprende i mutui passivi, prestiti, canoni, censi e altre prestazioni passive. Individua
il creditore, la natura del debito, le garanzie prestate, l’ammontare originario, il residuo
debito, la scadenza finale di ciascuna rata periodica o annuale.
Valgono per i debiti le stesse osservazioni fatte per i crediti e pertanto l’inventario non si
riferisce ai residui passivi provenienti dalla gestione di bilancio (patrimonio finanziario).
Inventario di tutti i titoli
e atti che si riferiscono
al patrimonio e alla sua
amministrazione
Si riferisce ai titoli, agli atti pubblici e privati che si riferiscono allo stato patrimoniale sia
attivo, sia passivo. Comporta una corretta gestione dei fascicoli relativi agli elementi patrimoniali.
Riepilogo generale
degli interventi
Riporta in forma sintetica e riassuntiva le rilevazioni dei singoli inventari parziali ed analitici.
1678
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Anche se tale riepilogo dovrebbe condurre alla determinazione del patrimonio netto, si devono richiamare tutte le osservazioni svolte in precedenza sulla
differenziazione tra inventari e stato patrimoniale
finale di esercizio. È perciò essenziale che si conduca
un’analisi dei raccordi tra inventari e stato del patrimonio per porre in evidenza le corrispondenze e
le diversità nelle impostazioni quantitative (valutazioni) e nelle rettifiche di valore che tengono conto
delle diverse finalizzazioni delle due operazioni: rispettivamente di inventariazione e di formulazione
della struttura dello stato del patrimonio, il cui scopo principale è quello di pervenire alla determinazione del «Netto Patrimoniale».
In ultimo occorre ricordare l’inventario dei beni e
valori di terzi ottenuti in deposito e dei valori, atti e
titoli appartenenti ai cosiddetti conti d’ordine dello
stato del patrimonio (polizze fidejussorie, delegazioni di pagamento ecc.).
TITOLO IV
Conservazione e gestione del patrimonio:
aspetti riguardanti le responsabilità
Cap. I
L’attività di conservazione e gestione
L’amministrazione dei beni si sostanzia nelle attività di conservazione, comune ai beni demaniali
e ai beni patrimoniali, e nella migliore utilizzazione economica dei beni non utilizzati direttamente
dall’ente per i propri fini istituzionali. L’attività di
conservazione consiste nel mantenimento del grado
di funzionalità dell’immobile in relazione alla sua
destinazione (cioè nella manutenzione ordinaria e
straordinaria del bene) e nella difesa del titolo di
proprietà del bene da pretese di terzi.
Per i beni non utilizzati direttamente si pone il problema della redditività del bene dato in uso a terzi
con lo strumento della concessione e della locazione
per cui, una completa ed esaustiva inventariazione
dei beni, può consentire una reale politica di valorizzazione degli immobili dell’ente. Si realizza,
tramite l’individuazione dei beni, l’aggancio del patrimonio alla gestione con l’intento di contrastare
la diffusa deresponsabilizzazione nell’uso e nell’impiego delle risorse patrimoniali.
La natura pubblica dell’ente proprietario dei beni
determina la correlata natura pubblica dei medesi-
mi beni per i quali pertanto si attivano i controlli
e le garanzie sulla destinazione secondo le finalità
istituzionali e di utilità generale delle attività svolte dall’ente. Tali controlli e garanzie, anche se l’ente
o la struttura pubblica opera secondo le regole del
modello privatistico, rimangono immutate: tale assunto assume un’importanza notevole soprattutto
in epoca recente allorché l’ente locale si è espropriato della gestione diretta di pubblici servizi per la
loro assegnazione ad aziende o società aventi natura
imprenditoriale di pubblici servizi.
La gestione è intesa non come pura amministrazione e conservazione dell’esistente ma come
trasformazione attiva del patrimonio in tutte le
componenti e come ricerca di nuove soluzioni più
redditizie e funzionali. I riferimenti al nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali
nella specifica materia sono puntuali e stringenti:
- l’assegnazione della responsabilità nella direzione e gestione dei beni, e degli altri componenti del
patrimonio è individuata nei servizi dell’ente come
definiti all’art. 165, commi 8 e 9 del TUEL: in tal
modo la cornice completa il quadro di responsabilizzazione unitamente all’affidamento dei mezzi
finanziari da impiegare e delle risorse di entrata da
acquisire;
- la valutazione e l’aggiornamento costante degli
inventari quale realizzazione concreta della relazione patrimonio-gestione di cui all’art. 230 del
TUEL nonché le politiche di ammortamento dei
beni di cui di cui al principio applicato della contabilità economica allegato al D.Lgs. n. 118/2011
e s.m.i.
L’attività di conservazione e gestione del patrimonio è retta in primo luogo dal generale obbligo di
diligenza nella formulazione delle scelte e nell’amministrazione dello stesso per cui risulta essenziale
che i beni e gli elementi che compongono il patrimonio pubblico siano sempre e unicamente esaminati e gestiti in funzione di un interesse pubblico
(finalizzazione pubblica).
Prescindendo dalla classificazione dei beni degli
Enti pubblici il carattere che risulta comune ad ogni
tipo di bene è quello della limitatezza rispetto ai fini
da perseguire e ai bisogni da soddisfare: in base a
tale assunto assume importanza il governo e la razionalità delle scelte da operare nel settore della gestione del patrimonio: tali scelte devono essere operate ai sensi e per gli effetti dell’art. 151 del TUEL
nonché dell’art. 42 sempre del TUEL riguardante le
1679
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
competenze dei consigli: si tratta di una serie di atti
fondamentali che devono costituire «momento» di
una diversa attenzione dell’ente nei confronti della
gestione del patrimonio.
Le responsabilità riguardanti la conservazione e gestione del patrimonio si fondano sull’accertamento
di un fatto dannoso. Esso può ricollegarsi sia alla
inosservanza di leggi o regolamenti, sia delle regole
di buona amministrazione che si fondano su obblighi di diligenza.
Le principali materie a cui si fa riferimento trattando delle responsabilità sono le seguenti:
- la tenuta dell’inventario e dei titoli e documenti
relativi: l’obbligo è previsto dall’art. 230 del TUEL
a cui sono chiamati a rispondere personalmente il
Sindaco o Presidente della Giunta Provinciale, il
Segretario e il Ragioniere. Si configurano responsabilità qualora ne derivino danni all’Ente locale:
ad esempio la mancata tenuta dell’inventario può
determinare o concorrere a creare un danno per
eventi lesivi quali l’omessa utilizzazione dei beni o
l’abusiva utilizzazione da parte di terzi;
- la diligenza nella conservazione del patrimonio:
riguarda il rigoroso rispetto del principio di conservazione dei beni e dei componenti il patrimonio
dell’ente, conservazione volta principalmente ad
evitare le perdite di valore o di fruibilità pubblica
dei beni stessi;
- l’obbligo di assicurare la redditività dei beni: il concetto di redditività deve essere visto sia come attitudine del bene ad assicurare un’entrata all’ente locale, sia come possibilità e necessità di destinazione
dei beni al soddisfacimento di bisogni della comunità locale (Corte dei conti sez. II, 9 maggio 1985, n.
92; sez. I, 20 giugno 1964, n. 32; sez. II, 23 settembre
1976, n. 59; sez. I, 7 giugno 1951, n. 12);
- la disciplina dell’investimento nel patrimonio di
cespiti acquisiti al bilancio: le somme provenienti
dall’alienazione di beni, da lasciti, da donazioni, riscossioni di crediti o comunque da investirsi nel patrimonio sono «vincolate» ad investimenti in conto
capitale. Si devono considerare al riguardo i nuovi
principi contabili allegati al D.Lgs. n. 118/2011 e
s.m.i.;
- beni mobili e consegnatari: il riferimento è agli artt.
93 e 233 del TUEL che stabiliscono l’obbligo della
resa del conto da parte degli agenti contabili incaricati della gestione dei beni degli enti locali e la giurisdizione della Corte dei conti sugli stessi;
1680
- la cassa, gli obblighi di vigilanza, i crediti, i debiti
e i residui: riguardano gli obblighi connessi con la
corretta gestione del bilancio e quindi riguardanti la
cura delle entrate, la vigilanza sulla giacenza di cassa
e così di seguito. I compiti dell’organo di revisione
rivestono un’importanza notevole, sia nell’esercizio
delle funzioni di collaborazione con il Consiglio, sia
nell’espletamento dei compiti di vigilanza.
Tra gli elementi patrimoniali attivi occorre considerare l’importanza della liquidità di cassa.
A questo riguardo occorre richiamare l’obbligo del
bilancio di cassa introdotto dal D.Lgs. n. 118/2011
più volte citato e riferito al primo anno del periodo,
almeno triennale, di riferimento del bilancio finanziario dell’ente.
Importante la disposizione dell’art. 209, terzo comma, del TUEL in base alla quale ogni deposito, comunque costituito, è intestato all’ente locale e viene
gestito dal tesoriere. In base all’art. 31, comma 34,
della legge 23 dicembre 1998, n. 448 la disposizione
si interpreta nel senso che anche le somme rinvenienti dai mutui assunti con gli istituti di credito,
per i quali operi il regime di eccezione dal versamento in tesoreria unica (art. 14-bis, legge 12 luglio 1991, n. 202), devono essere depositate presso
l’ente gestore della tesoreria dell’ente mutuatario.
La norma si applica per i mutui stipulati dalla data
di entrata in vigore della legge n. 448/1998 e cioè dal
1° gennaio 1999.
È necessario anche ricordare la disposizione di
cui all’art. 159 del TUEL riguardante le norme
sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali.
Non sono soggette ad esecuzione forzata le somme di competenza degli enti locali destinate al
pagamento delle retribuzioni al personale e dei
conseguenti oneri previdenziali, al pagamento
delle rate di mutui e prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso, al finanziamento dei
servizi locali indispensabili. Per l’operatività dei
limiti all’esecuzione forzata occorre che l’organo
esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni
semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate
alle suddette finalità. Ultimamente è invalsa da
parte dei soggetti creditori di aggirare la norma
provvedendo ad attivare le procedure per il recupero coattivo delle somme nei confronti del concessionario della riscossione a valere sulle somme
dovute al comune per la gestione dei ruoli dati in
carico allo stesso.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
L’ottica con la quale il legislatore affronta il problema del patrimonio è mutata e continua ad evolversi
in termini assolutamente innovativi stante il sempre
maggiore rilievo del rapporto patrimonio-gestione
rispetto a quanto accertato nel passato.
Il D.M. 19 gennaio 1996 (Ministero del Tesoro)
emanato in attuazione dell’art. 6 del D.L. 23 settembre 1994, n. 547, convertito dalla legge 22 novembre
1994, n. 644, collega l’assunzione di finanziamenti sul mercato da parte dell’ente locale alla previa
esecutività della delibera di alienazione di beni,
nella quale devono essere indicati i valori di stima,
i tempi della procedura di alienazione, le motivazioni delle relative previsioni, mentre gli articoli 3
della legge 28 dicembre 1996, n. 549 e 14 del D.L. 24
luglio 1996, n. 390, consentono la cessione di aree
concesse in diritto di superficie come si dirà di seguito.
L’art. 21 del D.Lgs. n. 50/2016 recante il nuovo codice dei contratti disciplina il programma delle
acquisizioni delle stazioni appaltanti e rinvia alle
disposizioni transitorie di cui all’art. 216 in attesa
dell’entrata in vigore del Decreto Ministeriale di cui
all’art. 21, comma otto, che deve definire, tra l’altro,
le modalità di aggiornamento della programmazione e degli elenchi annuali e l’ordine di priorità nella
definizione dei programmi.
Gli effetti si manifestano anche nella necessità di
adottare nuovi sistemi organizzativi: occorre quindi
che le nuove strutture organizzative degli enti prevedano un’apposita unità operativa destinata all’esercizio delle funzioni collegate con la gestione dei
beni demaniali e patrimoniali, tenendo conto che i
singoli servizi operativi e finali dovranno assumere le relative responsabilità direzionali in ordine ai
beni del patrimonio e del demanio a loro affidati.
A tale riguardo un argomento che merita di essere
chiarito è quello del ruolo del servizio di Economato che tradizionalmente in molti enti locali assume
altresì la responsabilità della direzione e gestione del
patrimonio. Le competenze del servizio di economato sono ora determinate con rigorosità dall’art.
153, comma 7, del TUEL e non possono prevedere funzioni da espletare in ordine al patrimonio
dell’ente in quanto tale unità operativa centrale si
pone in funzione di «staff» rispetto all’intera struttura dell’ente.
Aspetti interessanti assume anche la problematica
dell’affidamento a terzi di attività relative alla gestione del patrimonio: in questo ambito, ove l’ente
affidi compiti istituzionali non conferibili a terzi o
ricorra a strutture esterne pur disponendo delle risorse umane in grado di svolgere le attività richieste,
si possono determinare, per orientamento consolidato della giurisprudenza, ipotesi di responsabilità
amministrativa.
In tema di gestione del patrimonio immobiliare
si possono determinare profili di responsabilità in
molte situazioni operative, oltre a quelle come sopra già ricordate:
• la continuità dell’attività relativa alla ricognizione
e regolarizzazione amministrativa del patrimonio;
• l’ottimizzazione dell’impiego dei beni per le esigenze dell’ente con limitazione del ricorso a locazioni passive onerose;
• la programmazione della corretta manutenzione
dei beni per evitare il degrado;
• la rigorosa determinazione dei canoni;
• la tutela dell’ente nei confronti delle occupazioni
precarie e provvisorie o temporanee da regolarizzare;
• le operazioni per evitare occupazioni abusive;
• la vigilanza sui terzi per l’applicazione del principio di accessione e l’accertamento dell’incremento
patrimoniale per l’ente;
• il corretto svolgimento, soprattutto in termini
temporali, dei procedimenti espropriativi;
• la stipulazione di adeguati contratti di assicurazione per la garanzia dei beni di proprietà;
• in tema di gestione del patrimonio mobiliare, la
perdita e sottrazione di beni e valori;
• la programmazione degli acquisti con esuberi rispetto alle esigenze dell’ente con inutilizzazione dei
beni che subiscono in certi casi una rapida obsolescenza e quindi con configurazione di ipotesi di
danno;
• nel patrimonio mobiliare, i crediti di diversa origine e specie, sia per le operazioni di conservazione
(atti interruttivi della prescrizione) sia per la fruttuosità;
• per le partecipazioni azionarie, in ordine al controllo della società partecipata e all’adozione di decisioni di ricapitalizzazione riferite a perdite o alla
concessione di contributi finanziari a ripiano di
perdite.
Tra le fattispecie di responsabilità esaminate dalla
Corte dei conti si segnalano:
- applicazione dell’equo canone ad immobile ap1681
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
partenente al patrimonio storico-artistico (Sez.
Giur. I, 14 febbraio 1994, n. 37);
- utilizzazione a fini abitativi di locali destinati ad
uffici giudiziari (Sez. Giur. Puglia, 2 marzo 1994, n.
22);
- danno conseguente ad omessa manutenzione di
strade (Sez. Giur. I, 28 marzo 1994 n. 71);
- costo delle utenze di locali demaniali illegittimamente usati a fini abitativi (Sez. Giur. Puglia, 14
aprile 1994, n. 33);
- furto di reperti archeologici stabilmente infissi in
immobile di interesse storico-artistico (Sez. Giur. I,
1 luglio 1994, n. 118);
- trasferimento a titolo gratuito di immobile ad
Ente privato che lo ceda a titolo oneroso ad altra
Pubblica Amministrazione (Sez. Giur. Calabria, 21
luglio 1994, n. 34);
- vendita di immobili di proprietà di struttura pubblica a prezzo inferiore a quello di mercato (Sez.
Giur. II, 3 gennaio 1995, n. 1/ord.);
- tolleranza dell’uso gratuito di pascoli comunali
(Sez. Giur. I, 20 marzo 1995, n. 41);
- inutilizzazione di immobile preso in locazione
(Sez. Giur. II, 6 aprile 1995, n. 10/A);
- trascuratezza nella custodia di locali adibiti a museo civico ed ai beni in esso contenuti (Sez. Giur. II,
28 giugno 1995, n. 68);
- acquisto di immobile fatiscente rimasto inutilizzato per inadeguatezza alle finalità cui l’acquisto
stesso era preordinato (Sez. Giur. II, 5 ottobre 1995,
n. 28/A);
- maggiori oneri contrattuali per l’Ente in caso di
cessione di area comunale a fronte dell’obbligo del
privato di realizzare un’opera pubblica complessa
(Sez. Giur. Lombardia, 15 novembre 1995, n. 1141);
- omessa adozione di mezzi di tutela per edifici scolastici (Sez. Giur. Sardegna, 23 novembre 1995, n.
581);
- il rispetto della disciplina contabilistica nelle procedure contrattuali per lavori e forniture e la tenuta
puntuale delle scritture inventariali del patrimonio
immobiliare costituiscono i presupposti di buon andamento amministrativo di un ente pubblico (Sezione Centrale Controllo, 24 settembre 1991, n. 48);
- secondo criteri di corretta gestione del patrimonio immobiliare, l’alienazione da parte di un ente
pubblico parastatale (nella specie, il CAI) dei cespiti
1682
non più rispondenti alle esigenze istituzionali deve
essere preceduta da un realistico programma di pronto reinvestimento del ricavato, al fine di evitare, da
un lato, un possibile depauperamento del patrimonio stesso, anche per effetto dell’erosione inflattiva
e, dall’altro, l’invio in economia delle somme resesi
disponibili, giusta la mancata previsione dei residui
di stanziamento nella specifica disciplina contabile
(Sez. Centrale Controllo, 31 marzo 1992, n. 14);
- il valore del patrimonio immobiliare di un ente
pubblico previdenziale deve rispondere alla realtà
economica. Sia per il rispetto dei principi di chiarezza e veridicità del bilancio, sia per consentire una
precisa cognizione e quindi una esatta stima dell’equilibrio della gestione previdenziale, sia per pervenire ad una obiettiva valutazione della redditività e,
di conseguenza ad una scelta oculata delle più proficue forme di investimento, è, pertanto, opportuno
che, in sede di vigilanza, si ponga allo studio una
disciplina generale sulla rivalutazione dei beni immobili degli enti previdenziali e vengano comunque
adottate adeguate direttive nella “subiecta materia”
(Sez. Centrale Controllo, 23 giugno 1987, n. 1924).
Cap. II
Gli agenti contabili consegnatari
Rivestono la qualifica di agenti contabili tutti coloro
che a qualsiasi titolo, o in qualità di agenti o funzionari dell’amministrazione, sono incaricati dell’erogazione di pagamenti e della riscossione di somme
di pertinenza dell’erario, ovvero coloro che nella
qualità di privati concessionari di servizi di tesoreria, hanno maneggio di pubblico denaro. Sono altresì agenti contabili i consegnatari e i magazzinieri
di beni o valori appartenenti all’amministrazione.
In relazione al contenuto dell’attività svolta e della
loro posizione giuridica gli agenti contabili vanno
distinti in agenti della riscossione, agenti pagatori e
agenti consegnatari di beni pubblici.
Presupposto del rapporto contabile connesso con
l’attività dell’agente è la sussistenza di una prevista
attività gestoria che si concreta in una serie di comportamenti tendenti ad amministrare una parte determinata ed individuata di pubblici beni, valori o
denaro.
Il consegnatario ha l’obbligo della conoscenza e vigilanza su tutti i beni dell’ente. Esso risponde della
custodia dei beni presi in carico e non ancora asse-
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
gnati ai responsabili dei servizi per l’uso (presenti
in magazzino) e della vigilanza generale sui beni
dell’ente. A tale scopo può impiegare collaboratori
che, qualora svolgano soltanto attività di vigilanza,
assumono la qualifica di “sub-consegnatari”.
Con il termine “sub-consegnatario” si intende l’agente contabile sottoposto a quello principale, con
il quale collabora per svolgere le stesse funzioni
gestionali in strutture separate, decentrate o comunque distinte da quelle di competenza del consegnatario. Non tutti i collaboratori di quest’ultimo
assumono la qualifica di sub-consegnatario ma solo
coloro che realizzano con autonomia disciplinata la
gestione dei beni tenuti in specifici magazzini o riguardanti particolari attività.
Secondo la disciplina contenuta nel regolamento
di contabilità dello Stato (art. 29, R.D. 23 maggio
1924, n. 827) i consegnatari sono personalmente
responsabili dei beni ricevuti in custodia; non rispondono invece degli oggetti regolarmente dati in
uso a impiegati, se non in quanto abbiano omesso
di porre in essere la vigilanza che loro incombe in
ordine alle attribuzioni del proprio ufficio. Tale disciplina dettata per i consegnatari dello Stato non
è direttamente applicabile a quelli degli enti locali,
in quanto per questi ultimi si manifesta l’autonomia regolamentare secondo le necessità della loro
organizzazione.
Al di là delle considerazioni come sopra esposte, i
principi da rispettare nella regolamentazione sono
tratti da quelli della contabilità pubblica:
- ogni ente deve nominare uno o più consegnatari
per tutte le gestioni dei beni, preposti alla custodia
di beni non ancora dati in uso;
- ogni consegnatario può avere la collaborazione di
altri dipendenti (esercizio della funzione di vigilanza sui beni assegnati agli uffici in uso); per cui se la
collaborazione riguarda anche la custodia dei beni
da assegnare in uso si crea la figura del sub consegnatario. Il consegnatario tiene una propria contabilità dei beni avuti in custodia da collegare con
le scritture inventariali dell’ente e al conto annuale
del medesimo, riguardante la personale gestione dei
beni avuti in custodia, deve essere allegato l’inventario generale dei beni dell’ente per le categorie cui
il conto si riferisce.
In base a tali principi si possono trarre le seguenti
principali valutazioni conclusive: le funzioni del
consegnatario consistono nella custodia dei beni
mobili avuti in carico fino all’assegnazione per
l’uso o la destinazione data dall’amministrazione
nonché nella vigilanza sui beni mobili assegnati in
uso ai vari uffici con individuazione della responsabilità in capo al contabile insieme a coloro che
usano il bene. L’obbligo di rendere il conto è finalizzato pertanto a consuntivare la gestione dei beni
mantenuti in custodia e la compilazione e la resa
del conto giudiziale costituiscono l’adempimento
più importante che l’agente di diritto e di fatto è
tenuto ad assolvere.
Il conto giudiziale può essere definito come il documento che in forma descrittiva e numerica prospetta analiticamente e sinteticamente atti e fatti di
gestione, distinti per il carico (entrate) e per il discarico (uscite), e indica alla chiusura le registrazioni
delle rimanenze da riprendersi nel carico successivo,
attuando così un collegamento fra la contabilità e i
diversi gestori succedutisi nel tempo.
Il conto è strutturato in due parti sulla base della
modulistica approvata con D.P.R. n. 194/1996. La
prima parte, quella del carico, va annotata la consistenza dei beni o l’ammontare dei valori esistenti a
inizio di gestione ed eventuali variazioni in aumento intervenute successivamente mentre nella seconda parte, quella dello scarico, tutte le variazioni in
diminuzione nonché le perdite o deterioramenti
verificatisi durante il periodo considerato. Il risultato delle operazioni di cui sopra è riportato nel carico del documento dell’anno successivo al fine di
garantire il principio della continuità della gestione.
Le operazioni relative ai fatti gestionali riguardanti
sia il carico sia lo scarico vanno giustificate mediante idonea documentazione che deve consistere in
atti, attestazioni, verbali e quanto altro possa provenire dal concorso di più persone che conferiscono attendibilità alla documentazione medesima. Il
conto giudiziale, sottoscritto dal contabile, unitamente ai documenti giustificativi, è presentato alla
Corte dei conti.
Anche i contabili, consegnatari, magazzinieri ed altri funzionari che maneggiano o hanno in consegna
materie, beni, bollettari e altre cose della pubblica
amministrazione, presentano il conto giudiziale
della propria gestione all’Amministrazione da cui
dipendono. Sono esentati dall’obbligo della resa del
conto i consegnatari di beni per solo debito di vigilanza e non responsabili delle operazioni di gestione
riguardanti i beni medesimi.
Il conto giudiziale dei contabili di materie deve dimostrare il debito per le materie e gli oggetti esistenti
al principio dell’esercizio o della gestione, gli oggetti
e le materie ricevuti in consegna nel corso dell’esercizio o della gestione, il credito per gli oggetti e le ma1683
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
terie distribuite, somministrate o altrimenti esitate
ed infine le materie e gli oggetti che sono rimasti al
termine dell’esercizio e della gestione.
La struttura del conto è perciò finalizzata ad evidenziare soltanto la movimentazione dei beni custoditi
dal contabile nel magazzino. Tutte le operazioni di
entrata, di uscita, di trasformazione e di consumazione di materie o di oggetti, devono essere giustificate nei conti dai documenti che, in conformità dei
regolamenti vigenti, comprovino la regolarità delle
operazioni. Per gli altri beni sui quali si svolge la
funzione di vigilanza generale non si ha presentazione di conto giudiziale.
Gli agenti contabili sono richiamati dall’art. 93 del
TUEL che prevede la responsabilità contabile nei
confronti del tesoriere e di ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia
incaricato della gestione dei beni pubblici degli enti
locali.
Occorre fare riferimento anche al soggetto che esercita i diritti dell’azionista di parte pubblica nella gestione delle società di capitali a partecipazione pubblica.
Dalla natura delle funzioni e dei doveri incombenti
su tale rappresentante si profila il ruolo di agente
contabile per lo stesso. Per l’accertamento delle responsabilità occorre che avendo violato uno specifico
dovere di servizio, con dolo o colpa grave, sia derivato
all’ente un danno economico-patrimoniale.
Di particolare interesse in materia di resa del conto
giudiziale in caso di società partecipate è il parere 24
marzo 2010 - Sezione regionale di controllo per la
Toscana (Delibera n. 17/2010) su richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Firenze in merito alla
corretta interpretazione del concetto di agente contabile esterno. In particolare, la richiesta è suddivisa
in due quesiti:
a) se, ed eventualmente in capo a chi, sorga l’obbligo di resa del conto giudiziale in caso di società
partecipate che non emettono i certificati rappresentativi delle azioni o nel caso di società quotate
in borsa i cui titoli azionari sono dematerializzati,
stante l’assenza del materiale possesso, custodia o
deposito dei titoli azionari;
b) chi debba essere individuato quale agente contabile obbligato alla resa del conto giudiziale di titoli
azionari di proprietà dell’ente depositati presso le società partecipate (rappresentante legale della società
o materiale depositario dei titoli) e se colui che è stato
nominato possa delegare altri alla sua funzione.
Oltre al consegnatario e al rappresentante dell’ente,
nelle assemblee delle società a partecipazione pub1684
blica, possono assumere la natura di agente contabile a materia gli amministratori e i funzionari preposti alla gestione di apposite strutture che l’ente abbia
costituito per l’amministrazione di beni mobili ed
immobili. L’art. 93 introduce infatti l’agente contabile per chi sia incaricato della gestione dei beni
degli enti locali.
A tali agenti di diritto sono assimilati coloro che
si ingeriscono negli incarichi attribuiti agli stessi
(agenti di fatto). La norma richiama la necessità
della resa del conto ed indica nella Corte dei conti l’organo giurisdizionale competente ad accertare
eventuali responsabilità e ad effettuare il giudizio
sui conti secondo le vigenti disposizioni.
Nell’ordinamento contabile e finanziario di cui alla
parte II del Testo unico, l’art. 233 è dedicato espressamente ai conti degli agenti contabili interni. Entro
il termine di trenta giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario, l’economo, il consegnatario di beni
e gli altri soggetti di cui all’art. 93, comma 2, del
Testo unico rendono il conto della propria gestione
all’ente locale.
Compito dell’ente è quello di depositarlo presso la
segreteria della competente Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti entro un mese da quando è
divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 227
del TUEL. Gli stessi allegati possono anche essere
trasmessi tramite strumenti informatici, previa definizione delle modalità con appositi protocolli di
comunicazione.
Gli agenti contabili, a denaro e a materia, allegano
al conto i seguenti principali documenti riguardanti in sintesi il provvedimento di legittimazione
del contabile, la lista per tipologie di beni, la copia
degli inventari tenuti dagli agenti contabili, la documentazione giustificativa della gestione, i verbali di
passaggio di gestione, le verifiche e i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili
ed eventuali altri documenti richiesti dalla Corte
dei conti.
Nell’ambito degli altri documenti oggetto di esame
da parte dell’organo giurisdizionale figurano il conto della gestione dell’agente contabile e il quadro
riassuntivo delle riscossioni da parte dei sub-agenti
contabili, fatta eccezione dei soggetti che non hanno
posto in essere una reale attività gestoria in ordine
al denaro, come già visto in precedenza (semplice
obbligo di vigilanza e custodia), il conto della gestione dell’agente contabile consegnatario di azioni,
designato a curare i diritti dell’ente come azionista
nell’assemblea della società, il conto della gestione
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
dell’economo e il conto della gestione del consegnatario dei beni. Quest’ultimo conto comprende
la descrizione del bene, gli estremi di inventario
dello stesso (categoria, numero, unità di misura), la
consistenza al primo gennaio, il carico, lo scarico, la
consistenza al 31/12 (sempre per quantità e valore).
TITOLO V
I beni demaniali e i beni patrimoniali:
elementi di amministrazione
Cap. I
Beni demaniali e patrimoniali
La differenza concettuale tra le due categorie dei
beni demaniali e dei beni patrimoniali è sufficientemente definita: il demanio è composto dai beni
destinati all’uso pubblico generale e diretto mentre
il patrimonio è costituito dai beni che offrono una
utilità pubblica indiretta. In concreto la distinzione
non risulta sempre agevole anche perché la dottrina
non è riuscita a delineare con sicurezza i caratteri
distintivi dell’una e dell’altra categoria.
La questione è stata risolta dal diritto positivo
all’art. 822 del Codice civile che fornisce l’elencazione dei beni demaniali, mentre l’art. 826 considera
come patrimoniali i beni che non siano della specie
di quelli indicati negli articoli precedenti.
Occorre ora chiedersi a quale titolo lo Stato e gli altri enti pubblici detengono i propri beni: cioè quale
rapporto intercorra tra l’ente e i beni.
Nei confronti dei beni demaniali gli enti esercitano un diritto di natura particolare che può essere
definito di «demanialità», delineato con rigorosità
dal diritto positivo. La causa dell’esistenza di un
complesso di beni demaniali risiede nella necessità
di disporre di beni che non siano di proprietà individuale (beni collettivi) per assicurare il raggiungimento di finalità pubblicistiche.
Le caratteristiche dei beni demaniali possono essere
così definite:
- sono immobili, ad eccezione delle universalità
di mobili e dei diritti reali costituiti per l’utilità
di beni demaniali. Sono anche demaniali le pertinenze;
- sono «incommerciabili» e risulta compresa in questa caratteristica quella della inalienabilità;
- non possono essere venduti né formare oggetto di
diritti a favore di terzi. La non commerciabilità dei
beni non esclude peraltro la possibilità della costituzione di diritti a favore di terzi su di essi.
Nella caratteristica di incommerciabilità dei beni
demaniali rientrano, oltre alla inalienabilità, l’imprescrittibilità, la non espropriabilità del bene e la
non imponibilità tributaria.
In ordine ai beni demaniali si può avere un uso generale, particolare, speciale ed eccezionale:
- generale è l’uso connesso con la destinazione del
bene a favore di tutti i soggetti in modo diretto e
generalizzato;
- particolare è l’uso consentito solo ad alcuni singoli
previa ammissione eventualmente accompagnata
dal versamento di una somma di denaro (musei,
autostrade, ecc.);
- speciale è l’uso caratterizzato dal godimento del
bene a titolo particolare da parte di un singolo mediante provvedimento autorizzatorio. La destinazione del bene a utilità generale è così parzialmente
limitata;
- eccezionale è l’uso che esclude la fruizione generale
del bene e si realizza mediante il provvedimento di
concessione.
La maggior parte degli autori distingue le concessioni costitutive, destinate a creare nel privato situazioni soggettive nuove, da quelle traslative, destinate
a trasferire al privato poteri propri dell’ente concedente. Quest’ultime sono considerate dalla dottrina
più rispondenti alla natura e ai caratteri delle concessioni di beni.
Le concessioni sono caratterizzate dall’attribuzione patrimoniale e possono essere distinte anche in
concessioni di produzione, destinate a conferire
un bene (all’impresa) e ad attribuire un diritto di
godimento di beni altrui (all’imprenditore), concessioni di beni, quando l’oggetto è la cosa, il bene
e concessioni di beni attrezzati, quando l’oggetto
è un bene, non preso in sé, ma in quanto idoneo
ad essere impiegato nell’esercizio di un pubblico
servizio.
Il rapporto di concessione pur essendo nella maggior parte dei casi disciplinato da un atto amministrativo è anche regolato da un disciplinare contrattuale. L’atto di concessione è indispensabile e si
pone come presupposto dell’atto negoziale privato
e in conseguenza sono presenti due atti: uno unilaterale della pubblica amministrazione (atto di concessione), e la disciplina contrattuale tra il privato e
la pubblica amministrazione destinata a regolare il
1685
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
rapporto che si instaura in dipendenza della concessione perfezionata.
La demanialità avrà inizio con l’esistenza del bene
per il demanio naturale e con la destinazione all’uso proprio dei beni demaniali per il demanio artificiale.
Gli elenchi dei beni demaniali hanno natura di atti
dichiarativi o ricognitivi della demanialità.
Il regime dei beni demaniali è caratterizzato altresì,
dalla cosiddetta “autotutela” intesa come la facoltà
dell’amministrazione cui il bene appartiene di fare
ricorso, in caso di turbative, molestie o spoglio, a
strumenti di diritto pubblico oltre a quelli ordinari
previsti dal Codice Civile. I provvedimenti di autotutela consisteranno prevalentemente in atti di diffida diretti alla riduzione in pristino, allo sgombero
di locali, all’eliminazione di azioni e attività svolte
in conflitto con la funzione di utilità generale del
bene demaniale.
Per la cessazione della demanialità dei beni appartenenti al demanio artificiale è indispensabile un
atto amministrativo che riconosca la cosiddetta
«sdemanializzazione» (anche chiamata sclassificazione o semplicemente trasferimento del bene dal
demanio al patrimonio dell’ente proprietario). Il
bene sdemanializzato non diviene una cosa comune ma resta proprietà dell’ente nella qualità di bene
patrimoniale.
Si è già detto che la definizione di beni patrimoniali
è data dal diritto positivo in via negativa.
In prima approssimazione si può sostenere che i
beni patrimoniali sono quelli che appartengono
all’ente a titolo di proprietà privata anche se la disciplina dei beni patrimoniali si diversifica da quella
dei beni di diritto comune in particolare per quelli
del cosiddetto patrimonio indisponibile. Occorre tenere presente che i beni patrimoniali, anche
quando offrono delle utilità indirette, concorrono
con il demanio per il raggiungimento delle finalità
pubbliche proprie dell’ente proprietario. Tali utilità
indirette possono essere rappresentate dal reddito o
dalle economie che consentono in relazione all’utilizzo.
I modi di acquisto dei beni patrimoniali, oltre a
quelli tipici del diritto privato sono individuabili in
modi tipici di diritto pubblico tra i quali i seguenti:
- sclassificazione, cioè passaggio di un bene dal demanio al patrimonio;
- appropriazione dei beni immobili vacanti (art.
827, Codice Civile);
- espropriazione per causa di pubblica utilità;
1686
- devoluzione di beni per debito d’imposta;
- requisizione in proprietà di beni mobili;
- confisca prevista da leggi penali e amministrative;
- successione legittima (art. 586, Codice Civile);
- riversibilità di beni costruiti ed esercitati in regime
di concessione allo scadere delle concessioni contenenti apposita clausola al riguardo.
Anche l’estinzione della patrimonialità può avere luogo nei modi di diritto privato o nei seguenti
principali di diritto pubblico: l’espropriazione a
favore di enti diversi, il riconoscimento della demanialità, la retrocessione di beni già espropriati che
non siano serviti allo scopo che aveva motivato l’espropriazione ed infine l’espropriazione per esecuzione forzata per i beni disponibili.
Il passaggio di un bene dal patrimonio indisponibile a quello disponibile avviene mediante un verbale
di «dismissione» che assume il valore di atto dichiarativo della cessazione della destinazione del bene
ad un servizio pubblico. La principale distinzione
tra i beni patrimoniali è quella che li differenzia tra
beni del patrimonio disponibile o indisponibile in
dipendenza della destinazione e delle finalità. La destinazione di un certo bene ad un pubblico servizio
è il presupposto per il riconoscimento dell’indisponibilità del bene medesimo.
La giurisprudenza è orientata ad estendere anche ai
beni del patrimonio indisponibile i mezzi di autotutela che il Codice Civile (art. 823) prevede per i
beni demaniali.
In contabilità di Stato ogni bene è dato in consegna
ad un «agente» che ne diviene responsabile. Nel
caso di beni immobili la responsabilità dell’amministrazione finanziaria (consegnataria dei beni
non destinati ad uso specifico) cessa nel momento
in cui si effettua la consegna e sorge, nello stesso
momento, quella dell’amministrazione alla quale
spetta l’utilizzazione del bene (annotazione e rilevazione nell’inventario dell’amministrazione di
destinazione).
Relativamente agli enti locali la responsabilità in
ordine all’utilizzo dei beni immobili deve essere
individuata facendo riferimento ai «servizi» su cui
si fonda la struttura organizzativa dell’ente e indicando le persone che risultano titolari delle relative
responsabilità nella gestione.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Cap. II
I beni confiscati nella lotta alla mafia
L’art. 1, ai commi 201 e 202 della legge finanziaria
2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), prevede
un ampliamento della possibilità di utilizzo dei
beni confiscati di cui alla legge 31 maggio 1965, n.
575 - disposizioni contro la mafia. In particolare
il comma 202 prevede la possibilità di utilizzo per
gli enti territoriali: i beni immobili sono trasferiti
per finalità istituzionali o sociali in via prioritaria al patrimonio del Comune ove l’immobile è
sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della
regione.
Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo
gratuito a comunità, enti e associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali; le organizzazioni di volontariato (legge 11 agosto 1992, n.
266), le cooperative sociali (legge 8 novembre 1991,
n. 381), le comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti (D.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309) e le associazioni ambientalistiche (art.
13, legge 8 luglio 1986, n. 349).
Se entro un anno dal trasferimento l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene,
il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi.
Il comma 210 disciplina l’accertamento di conformità delle destinazioni d’uso degli immobili statali.
L’Agenzia del demanio individua i beni di proprietà dello Stato per il quale si rende necessario l’accertamento di conformità delle destinazioni d’uso
esistente per funzioni di interesse statale. L’elenco
è inviato al Ministero delle Infrastrutture che, a
sua volta, lo trasmette alla regione competente che
procede alla verifica di conformità e di compatibilità urbanistica con i Comuni interessati. Il comma
212 prevede anche gli adempimenti e le procedure
in caso di mancato parere positivo da parte delle
regione.
I commi 214-216 disciplinano l’uso degli immobili
statali da parte di enti terzi. In particolare il comma 214 delimita il concetto di strumentalità di un
immobile statale. È attribuita all’Agenzia del demanio la verifica della sussistenza dei requisiti previsti
dalla legge all’atto dell’assegnazione o attribuzione
e successivamente l’accertamento periodico della
permanenza di tali condizioni o della suscettibilità
del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato.
Per i beni immobili statali assegnati in uso gratuito
alle amministrazioni pubbliche è vietata la dismissione temporanea.
Il comma 218 aggiunge un comma all’art. 214-bis
del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 recante “Nuovo codice della strada”. Tutte le trascrizioni ed annotazioni nei pubblici registri relativi ad atti posti in essere
in attuazione delle operazioni di confisca o sequestro di veicoli, sono esenti, per le amministrazioni
dello Stato, da qualsiasi tributo ed emolumento.
I commi da 250 a 258 riguardano le concessioni
demaniali marittime, la determinazione dei canoni annui di concessione con finalità turistico - ricreativo, la determinazione dei Comuni delle aree
dedicate alla nautica da diporto e la durata delle
concessioni.
In relazione alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico il comma 259 inserisce un nuovo articolo nella legge 23 novembre 2001, n. 410,
recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di
investimento immobiliare. La nuova disposizione
riguarda la valorizzazione ed utilizzazione a fini
economici dei beni immobili tramite concessione
o locazione. Si tratta di beni immobili di proprietà
dello Stato.
Agli enti territoriali interessati al procedimento di
valorizzazione degli immobili è riconosciuta una
somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione.
Il comma 262 inserisce ulteriori norme alla legge
410/2001 conversione del D.L. 351/2001 in particolare finalizzato alla valorizzazione dei beni statali
d’intesa con gli enti territoriali.
L’Agenzia del demanio può individuare d’intesa con
gli enti territoriali, una pluralità di beni immobili
per i quali è attivato un processo di valorizzazione,
in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale.
Elemento prioritario di individuazione nell’ambito
dei programmi di valorizzazione, è la suscettibilità d’impiego dei beni immobili pubblici mediante
concessione d’uso o locazione, nonché l’allocazione
di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo,
ricreativo, per l’istruzione, la presenza di attività o
di solidarietà per il sostegno delle politiche giovanili
e delle pari opportunità.
Il comma 694 abroga i commi della legge Finanziaria 2006 (commi 23, 24, 25, 26 dell’art. 1 della legge
23.12.2005, n. 266) che stabilivano limiti all’acquisto di beni immobili. In particolare, d’interesse degli
enti locali è l’abrogazione del comma 24 che stabili1687
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
va limiti all’acquisizione degli immobili da parte di
province e comuni.
Cap. III
Verifica dell’interesse culturale del patrimonio
immobiliare pubblico
Nell’ambito delle disposizioni urgenti in materia di
conti pubblici, con l’art. 27 del D.L. 30 settembre
2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento
dei conti pubblici, convertito in legge 24 novembre
2003, n. 326, sono state previste norme per la verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico, compreso quello degli enti locali,
verifica per la quale il “Codice dei beni culturali e
del paesaggio”, emanato con il D.Lgs. 22 gennaio
2004, n. 42, ha stabilito con l’art. 12 la nuova disciplina, fermo restando quanto previsto dall’art. 27,
commi 8, 10, 12, 13 e 13-bis della legge n. 326/2003,
sopracitata.
Le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato,
alle regioni, alle province, alle città metropolitane,
ai comuni e ad ogni altro ente od istituto pubblico,
soggette alla disciplina del D.Lgs. 22 gennaio 2004,
n. 42, sono sottoposte alla tutela disposta da tale disciplina fino a quando la sussistenza dell’interesse
artistico, storico, archeologico o etnoantropologico
sia verificata dalle soprintendenze, d’ufficio o su richiesta dei soggetti proprietari, sulla base di indirizzi generali stabiliti dal Ministero per i beni e le
attività culturali.
Qualora dalla verifica risulti che per le cose finora
soggette a tutela non sussiste l’interesse sopra richiamato, le stesse sono escluse dall’applicazione
della disciplina di tutela di cui al D.Lgs. n. 42/2004.
Le Soprintendenze comunicano l’esito negativo
della verifica all’ente proprietario che ne dispone la
sdemanializzazione, qualora non ostino altri motivi
di pubblico interesse. Avvenuta la sdemanializzazione le cose immobili e mobili in precedenza indicate sono liberamente alienabili.
I beni dei quali sia riscontrato, in conformità agli
indirizzi ministeriali, l’interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico restano definitivamente sottoposti alle disposizioni di tutela.
La soprintendenza regionale, sulla base delle istruttorie e dei pareri delle soprintendenze di settore
competenti, formulati entro il termine perentorio
di trenta giorni dalla richiesta, conclude il proce1688
dimento di verifica dell’interesse culturale del bene
con provvedimento motivato del quale dà comunicazione entro sessanta giorni dal ricevimento della
scheda descrittiva del bene, che per gli enti pubblici
territoriali è allegata alla richiesta di verifica dagli
stessi presentata.
Le procedure di valorizzazione e dismissione previste dai commi 15 e 17 dell’art. 3 del D.L. n. 351/2001,
convertito con legge n. 410/2001, dai commi da 3 a
5 dell’art. 84 della legge n. 289/2002 si applicano ai
beni che risultano alienabili dopo la verifica dell’insussistenza di interessi culturali.
TITOLO VI
Alienazione e valorizzazione del patrimonio disponibile degli enti locali
Cap. I
La disciplina legislativa ordinaria
L’art. 3 della legge n. 403/1990, come modificato
dall’art. 7 della legge n. 68/1993 e dall’art. 6 della
legge n. 644/1994, reca norme in materia di alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali
e stabilisce che le province, i comuni, le comunità
montane e i loro consorzi sono autorizzati ad alienare il patrimonio disponibile per la realizzazione
di opere pubbliche, il finanziamento delle perdite
di gestione delle aziende pubbliche di trasporto
nonché per i fini indicati, allora, dall’art. 242 della
legge 24 aprile 1989, n. 144 (riconoscimento e copertura debiti fuori bilancio).
I comuni e le province possono altresì procedere
all’alienazione del patrimonio di edilizia residenziale di loro proprietà anche se hanno beneficiato
di contributi in conto capitale o in conto interessi
dello Stato o delle regioni.
Nell’acquisto hanno priorità assoluta coloro che
ne fanno uso legittimo mediante contratto di affitto, concessione o comodato, sono concedibili
mutui ipotecari ai cessionari fino al 90 per cento
del valore di cessione, gli enti che alienano i beni
possono prestare garanzia parziale agli istituti mutuanti in misura non superiore al 40 per cento del
prezzo di cessione, i proventi dell’alienazione sono
utilizzabili per le finalità già indicate ed infine nel
caso di alienazioni di valore non inferiore a 500
milioni di lire - euro 258.228,45, almeno il 50 per
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
cento del ricavato deve essere destinato a interventi di edilizia economica e popolare, pena l’esclusione dai programmi regionali e nazionali per i
successivi nove anni.
Gli enti locali che hanno deliberato le alienazioni
possono ricorrere a finanziamenti presso istituti di
credito nonché utilizzare in termini di cassa, salvo
reintegro, le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del Settore
Pubblico allargato e per i ricavati di mutui.
Gli enti locali sono autorizzati a negoziare con gli
istituti di credito, individuati come si dirà di seguito, aperture di credito a fronte di deliberazioni
di alienazione di beni di proprietà, con le seguenti
modalità:
- le deliberazioni devono riportare i valori di stima
dei beni da alienare;
- gli utilizzi delle aperture di credito, per gli enti
soggetti alle disposizioni sulla Tesoreria Unica,
sono versati nella contabilità fruttifera aperta presso la Tesoreria Provinciale dello Stato e sono utilizzabili per le finalità già sopra viste, nonché per
spese di manutenzione straordinaria o per altre
spese in conto capitale incrementative del patrimonio dell’ente;
- ai rimborsi degli utilizzi, compresi gli oneri, si
provvede con il ricavato delle alienazioni;
- i debiti per utilizzi delle aperture di credito sono
assistiti anche da garanzia costituita da delegazioni
di pagamento, mentre non godono di alcuna garanzia da parte dello Stato. La garanzia opera allorché entro 24 mesi dalla data del primo utilizzo
le alienazioni non siano state realizzate.
L’art. 193 del TUEL, al terzo comma prevede che
ai fini del comma 2 (salvaguardia degli equilibri), fermo restando quanto stabilito dall’art. 194,
comma 2, possono essere utilizzate per l’anno in
corso e per i due successivi le possibili economie
di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle
provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle
con specifico vincolo di destinazione, nonché i
proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale con
riferimento a squilibri di parte capitale.
Cap. II
Politica delle dismissioni immobiliari in
funzione del perseguimento dell’equilibrio
economico
1. Economicità, razionalità economica, aziendalizzazione
Appare utile riportare alcuni contenuti della deliberazione della Sezione Regionale di controllo per
la Toscana della Corte dei conti n. 5/2003, relativi
alle dismissioni immobiliari per il perseguimento
dell’equilibrio economico.
I rinnovati canoni di gestione degli enti tradotti
nella normativa contabile del nuovo ordinamento
pongono un marcato accento sui profili di economicità, imponendo una completa gamma di strumenti e procedure idonei a favorire la programmazione delle risorse (e la coerente implementazione
degli interventi di spesa) in un assetto coordinato di
“sistema”; aspetti, questi ultimi, chiaramente mirati ad assicurare, a regime, piena efficacia nei servizi
ed efficienza e razionalità economica nell’impiego
delle risorse.
Sotto quest’ultimo aspetto, un’importante novità
si ritrae, per la prima volta, dall’esplicito richiamo
che il nuovo ordinamento contabile fa ai principi di
economicità e razionalità economica (costi/benefici), non più relegati a mera e “suggestiva” espressione di principio come nella superata legislazione, ma
tradotti in prassi operative, mediante l’adozione di
strumenti tecnico-contabili e procedurali mutuati
dalle scienze ragionieristiche.
Ne scaturisce una rinnovata configurazione anche
del modello organizzativo interno dell’ente locale,
tenuto conto degli inevitabili riflessi che il nuovo
assetto contabile viene a proporre sul sistema coordinato dei soggetti operanti all’interno dell’ente
nel ciclo della programmazione, della gestione e del
controllo delle risorse (es. organi dirigenziali, collegio dei revisori, nuclei di valutazione, sistema dei
controlli interni).
È da considerare, quindi, come la spiccata caratterizzazione “aziendale” che emerge dal nuovo modello ordinativo d’autonomia, non muti né violi in
alcun modo la peculiarità istituzionale propria degli
enti locali, ma impone loro il solo adeguamento ad
una nuova filosofia, ispirata ai principi propri della
razionalità economica: fermo restando, per taluni
dei loro servizi, i puntuali connotati di disciplina
regolati dalla stessa legislazione.
In tale prospettiva, un ruolo di assoluta centra1689
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
lità è da ascrivere alla verifica della cura e della
gestione attiva del patrimonio in dotazione, pur
nella considerazione che la riforma dell’assetto
gestionale e contabile trova nel sistema di scritture economico-patrimoniale e nella rinnovata
attenzione per le rilevazioni inventariali, anche
il complemento indispensabile a realizzare una
maggiore efficacia, dal momento che la contabilità
economico-patrimoniale assolve anche al compito
di fornire ai soggetti titolari delle scelte gestionali
(in termini analoghi a qualunque organizzazione,
pubblica come privata), quella gamma di notizie e
dati essenziali a produrre valutazioni e scelte il più
possibile “ponderate”, nonché rispondenti anche
ai canoni dell’efficienza e dell’economicità, in una
accezione aziendalistica.
Più in particolare la dichiarata centralità posta dal
nuovo ordinamento contabile al valore del patrimonio immobiliare impiegato nei singoli processi
della gestione, ed il suo peso cruciale quale componente di costo da rapportare all’equilibrio economico dell’ente, pongono al centro dello studio il tema
dell’ammortamento patrimoniale.
Senza qui soffermarsi anticipatamente su questioni di elevata complessità concettuale e di incerta
configurazione teorica, rimane il dato obiettivo e
verificato per cui, da una accorta contabilizzazione
della voce di costo per ammortamenti e dalla stessa
corretta stima del valore dei cespiti in dotazione, dipende, in buona misura, la corretta valutazione - sia
pure approssimativa e di stima - del risultato economico dell’esercizio.
2. Le limitazioni alla spesa per manutenzione ordinaria e straordinaria
L’art. 8 del D.L. 78/2010 convertito dalla legge
122/2010 recante “Razionalizzazione e risparmi di
spesa delle amministrazioni pubbliche” prevede che
il limite previsto dall’art. 2, comma 618, della legge
24 dicembre 2007, n. 244 per le spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili
utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato a decorrere dal 2011 è determinato nella misura del 2 per cento del valore dell’immobile utilizzato. Resta fermo quanto previsto dai
commi da 619 a 623 del citato art. 2 e i limiti e gli
obblighi informativi stabiliti, dall’art. 2, comma
222, periodo decimo ed undicesimo, della legge 23
dicembre 2009, n. 191.
Le deroghe ai predetti limiti di spesa sono concesse
dall’Amministrazione centrale vigilante o compe1690
tente per materia, sentito il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Le limitazioni non si
applicano nei confronti degli interventi obbligatori
ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 recante
il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e del
D.Lgs. concernente la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per le Amministrazioni diverse dallo Stato, è
compito dell’organo interno di controllo verificare la correttezza della qualificazione degli interventi di manutenzione ai sensi delle richiamate disposizioni.
Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica, previsti agli artt. 119 e 120
della Costituzione, le regioni, le province autonome
di Trento e Bolzano, gli enti locali, nonché gli enti
da questi vigilati, le aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere
scientifico, sono tenuti ad adeguarsi ai principi definiti dal comma 15 dello stesso art. 8, stabilendo
misure analoghe per il contenimento della spesa per
locazioni passive, manutenzioni ed altri costi legati
all’utilizzo degli immobili.
3. Le limitazioni alla locazione ed all’acquisto di
immobili
L’art. 1, comma 138 e seguenti, della legge di stabilità 2013 interviene sulla disciplina in materia
di patrimonio pubblico. Sono apportate modifiche all’art. 12 del D.L. n. 98/2011, conv. in legge n.
111/2011, inserendo nuovi commi dopo il primo: a
decorrere dal 1° gennaio 2014 nel caso di operazioni
di acquisto di immobili, ferma restando la verifica
del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica,
l’emanazione del decreto previsto dal primo comma è effettuata anche sulla base della documentata
indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento.
La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del
demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo
quanto previsto dal contratto di servizi stipulato ai
sensi dell’art. 59 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300,
e s.m.
Sempre a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di
pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a
quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti
territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale
effettuano operazioni di acquisto di immobili solo
ove ne siano comprovate documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Delle predette operazioni è data preventiva notizia,
con l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo
pattuito, nel sito internet istituzionale dell’ente.
Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche
inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate
dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge
31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale
per le società e la borsa (CONSOB), non possono
acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare
contratti di locazione passiva salvo che si tratti di
rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la
disponibilità di locali in sostituzione di immobili
dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti.
Sono fatte salve dalle disposizioni precedenti, ferme
restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica e le finalità di contenimento
della spesa pubblica, le operazioni di acquisto destinate a soddisfare le esigenze allocative in materia di
edilizia residenziale pubblica.
Sono fatte salve dalle disposizioni citate le operazioni di acquisto previste in attuazione di programmi e piani concernenti interventi speciali
realizzati al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali
e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo
esercizio dei diritti della persona in conformità al
quinto comma dell’art. 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs.
31 maggio 2011, n. 88.
Si apportano altresì alcune modifiche all’art. 33 del
D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15
luglio 2011, n. 111.
Ferme restando le misure di contenimento della
spesa già previste dalle vigenti disposizioni, negli
anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’art.
1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e
s.m., nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB)
non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media
negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili e
arredi, se non destinati all’uso scolastico e dei servizi all’infanzia, salvo che l’acquisto sia funzionale
alla riduzione delle spese connesse alla conduzione
degli immobili. In tal caso il collegio dei revisori dei conti o l’ufficio centrale di bilancio verifica
preventivamente i risparmi realizzabili, che devono
essere superiori alla minore spesa derivante dall’attuazione del comma 141 della legge n. 228/2012.
La violazione della disposizione è valutabile ai fini
della responsabilità amministrativa e disciplinare
dei dirigenti.
L’art. 56-bis del decreto n. 69/2013 prevede norme relative alla semplificazione delle procedure
in materia di trasferimenti di immobili agli enti
territoriali. Il primo comma prevede che il trasferimento in proprietà, a titolo non oneroso, a comuni, province, città metropolitane e regioni dei
beni immobili di cui all’art. 5, comma 1, lettera e),
e comma 4, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, siti
nel rispettivo territorio, è disciplinato dall’art. 56bis in argomento.
Sono esclusi dal trasferimento i beni in uso per finalità dello Stato o per quelle di cui all’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e s.m.,
i beni per i quali siano in corso procedure volte a
consentirne l’uso per le medesime finalità, nonché
quelli per i quali siano in corso operazioni di valorizzazione o dismissione di beni immobili ai sensi
dell’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
Il secondo comma prevede che a decorrere dal 1°
settembre 2013, i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni che intendono acquisire la
proprietà dei beni presentano all’Agenzia del demanio, con le modalità tecniche da definire a cura
dell’Agenzia medesima, una richiesta di attribuzione sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente, che identifica il bene, ne specifica le finalità di
utilizzo e indica le eventuali risorse finanziarie preordinate a tale utilizzo. Viene quindi disciplinata la
relativa procedura di acquisizione.
Qualora per il medesimo immobile pervengano
richieste di attribuzione da parte di più livelli di
governo territoriale, il bene è attribuito, in forza
dei principi di sussidiarietà e di radicamento sul
territorio, in via prioritaria ai comuni e alle città
metropolitane e subordinatamente alle province e
alle regioni. In caso di beni già utilizzati, essi sono
prioritariamente trasferiti agli enti utilizzatori.
Trascorsi tre anni dal trasferimento, qualora all’esito di apposito monitoraggio effettuato dall’Agenzia del demanio l’ente territoriale non risulti
utilizzare i beni trasferiti, gli stessi rientrano nella
proprietà dello Stato, che ne assicura la migliore
utilizzazione.
1691
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
I beni trasferiti, con tutte le pertinenze, accessori,
oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni e degli enti locali.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà
beni immobili utilizzati a titolo oneroso sono ridotte in misura pari alla riduzione delle entrate erariali
conseguente al trasferimento.
Al fine di soddisfare le esigenze allocative delle amministrazioni statali, gli enti territoriali continuano
ad assicurare allo Stato l’uso gratuito di immobili
di loro proprietà fino al permanere delle esigenze
medesime.
Alle risorse nette derivanti a ciascun ente territoriale
dall’eventuale alienazione degli immobili trasferiti
ovvero dall’eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi immobili siano conferiti si
applicano le disposizioni dell’art. 9, comma 5, del
D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 che disciplinano l’utilizzo prioritario delle risorse per la riduzione del debito.
In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di riduzione del debito pubblico, al fine di
contribuire alla stabilizzazione finanziaria e promuovere iniziative volte allo sviluppo economico
e alla coesione sociale, è altresì destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, con le
modalità di cui al comma 5 dell’art. 9 del D.Lgs.
28 maggio 2010, n. 85, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dall’alienazione dell’originario
patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del
debito del medesimo ente.
Per la parte non destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, resta fermo quanto
disposto dal comma 443 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 che prevede che in
applicazione del secondo periodo del comma 6
dell’art. 162 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, i
proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente
alla copertura di spese di investimento ovvero,
in assenza di queste o per la parte eccedente, per
la riduzione del debito. Le disposizioni di cui al
D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, si applicano solo in
quanto compatibili con quanto previsto dall’art.
56-bis in argomento.
Lo stesso articolo modifica anche l’art. 33, comma
8-ter, del D.L. n. 98/2011, conv. in legge 111/2011,
sopra analizzato.
1692
4. Alienazione di beni come fonte di finanziamento
degli investimenti
In base all’art. 199 del TUEL per l’attivazione degli
investimenti gli enti locali possono utilizzare:
a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti;
b) avanzo di parte corrente del bilancio, costituito
da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese
correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti;
c) entrate derivanti dall’alienazione di beni e diritti
patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni;
d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle regioni, da altri interventi
pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari
e internazionali;
e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall’art. 187;
f) mutui passivi;
g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge.
Le entrate di cui al comma 1, lettere a), c), d) ed f)
sono destinate esclusivamente al finanziamento di
spese di investimento e non possono essere impiegate per la spesa corrente.
È evidente quindi che la fonte di finanziamento costituita dall’alienazione di beni patrimoniali si pone,
nel sistema di bilancio, insieme ad altre, in alternativa al ricorso dell’indebitamento da parte dell’ente
locale. Costituisce pertanto una scelta di politica di
bilancio che, qualora possibile, deve essere valutata
positivamente perché consente di realizzare investimenti produttivi ed acquisire beni a fecondità ripetuta senza ricorrere all’indebitamento.
Cap. III
I fondi immobiliari
L’art. 58, comma 8, della legge n. 133/2008 prevede la possibilità per gli enti locali di costituire fondi
immobiliari.
I comuni hanno la facoltà di promuovere la costituzione di fondi comuni secondo le disposizioni di
cui all’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre
2001, n. 410. Il particolare regime agevolato previsto
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
da tale disposizione si applica anche agli enti locali.
La nozione di fondo comune di investimento si
ritrova nell’art. 1, comma 1, lettera j, del D.Lgs. 24
febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della Finanza).
È il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di
pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito
in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che
chiuso, può essere raccolto mediante una o più
emissioni di quote. Intendiamo per fondo aperto
il fondo comune di investimento i cui partecipanti
hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle
regole di funzionamento del fondo.
Il fondo chiuso è, invece, il fondo comune di investimento in cui il diritto al rimborso delle quote
viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze
predeterminate.
La legge 25 gennaio 1994, n. 86 reca l’istituzione e
la disciplina dei fondi di investimento immobiliari
chiusi e contiene le norme sulla società di gestione di fondi comuni (Capo I), la disciplina dell’istituzione del fondo, della partecipazione allo stesso
e della sua gestione (Capo II). In particolare l’art.
14 bis, aggiunto dall’art. 3 della legge 23 dicembre
1996, n. 662, disciplina i fondi costituiti con apporto di beni immobili. Le quote del fondo possono essere sottoscritte, entro un anno dalla sua costituzione, con apporto di beni immobili o di diritti reali su
immobili, qualora l’apporto sia costituito per oltre
il 51 per cento da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da
regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente,
dagli stessi soggetti.
All’istituzione del fondo con apporto in natura si
applicano l’art. 12, commi 1, 2, lettere a), d), e), l),
m), o), p), r), s-bis), e 6, e l’art. 14, commi 7 e 8 della
legge. La società di gestione non deve essere controllata, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile,
neanche indirettamente, da alcuno dei soggetti che
procedono all’apporto. Tuttavia nell’individuazione
del soggetto controllante non si tiene conto delle
partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro.
La misura dell’investimento minimo obbligatorio
nel fondo è determinata dal Ministro del tesoro nel
limite massimo dell’uno per cento dell’ammontare
del fondo.
Gli enti locali territoriali sono autorizzati, fino a
concorrenza del valore dei beni conferiti, ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote dei
fondi istituiti, secondo le modalità di cui all’art. 35
della legge 23 dicembre 1994, n. 724 recante “emis-
sione di titoli obbligazionari da parte degli enti locali”.
In alternativa alla procedura di offerta al pubblico,
per le quote di propria pertinenza, gli enti locali territoriali possono emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote di fondi istituiti
o da istituirsi, secondo le modalità di cui all’art. 35
della predetta legge n. 724/1994.
Le somme derivanti dal collocamento dei titoli emessi o dalla cessione delle quote nonché dai
proventi distribuiti dai fondi sono destinate al finanziamento degli investimenti secondo le norme
previste dal TUEL, nonché alla riduzione del debito
complessivo. Qualora per l’utilizzazione o la valorizzazione dei beni e dei diritti da conferire ai sensi
del comma 1 da parte degli enti locali territoriali
sia prevista dal regolamento del fondo l’esecuzione
di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo
stesso, gli enti locali territoriali conferenti dovranno
effettuare anche i conferimenti in denaro necessari
nel rispetto dei limiti previsti.
A tal fine gli enti conferenti sono autorizzati ad
emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote del fondo fino a concorrenza dell’ammontare
sottoscritto in denaro. Le quote del fondo spettanti
agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti
in denaro saranno tenute in deposito presso la banca depositaria fino alla conversione.
L’art. 4 della legge n. 410/2001 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato
a promuovere la costituzione di uno o più fondi
comuni di investimento immobiliare, conferendo
beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell’Amministrazione autonoma dei
Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro
dell’economia e delle finanze da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale. I decreti disciplinano altresì le
procedure per l’individuazione o l’eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo
e i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla
vendita delle quote.
L’art. 33 del D.L. n. 98/2011 reca disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare.
Con decreto del Ministro dell’economia e finanze
è costituita una società di gestione del risparmio
avente capitale sociale pari a 2 milioni di euro per
l’anno 2012, per l’istituzione di uno o più fondi
d’investimento al fine di partecipare in fondi d’investimento immobiliari chiusi promossi da regioni, province, comuni anche in forma consorziata ai
1693
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
ed altri enti pubblici ovvero da società interamente
partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o
dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile.
Ai fondi comuni di investimento immobiliare promossi da regioni, province, comuni anche in forma
consorziata ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto
2000, n. 267, e da altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, possono essere apportati a fronte dell’emissione di quote
del fondo medesimo, beni immobili e diritti con le
procedure dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n.
112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, nonché quelli trasferiti ai sensi
del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85.
Tali apporti devono avvenire sulla base di progetti
di utilizzo o di valorizzazione approvati con delibera dell’organo di governo dell’ente, previo esperimento di procedure di selezione della Società di
gestione del risparmio tramite procedure di evidenza pubblica. Possono presentare proposte di valorizzazione di cui al presente comma i soggetti, anche
privati. Nel caso dei beni individuati sulla base di
quanto previsto dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 28
maggio 2010, n. 85, la domanda prevista dal comma
4, dell’art. 3 del citato decreto legislativo può essere
motivata dal trasferimento dei predetti beni ai fondi di cui al comma in esame. È abrogato l’art. 6 del
D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 che recava “valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare”. I soggetti indicati all’art. 4,
comma 1 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre
2001, n. 410, possono apportare beni ai suddetti
fondi. Si tratta dello Stato, dell’Amministrazione
Autonoma dei Monopoli di Stato e degli Enti pubblici non territoriali.
La destinazione funzionale dei beni oggetto di conferimento ai fondi può essere conseguita mediante
il procedimento di cui all’art. 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante “Accordi di programma”,
e delle corrispondenti disposizioni previste dalla
legislazione regionale. Il procedimento si conclude
entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data
della delibera con cui viene promossa la costituzione dei fondi. Con la medesima procedura si procede
alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli
immobili conferiti. L’apporto ai fondi è sospensivamente condizionato all’espletamento delle procedure di valorizzazione e di regolarizzazione. Fino a
quando la valorizzazione dei beni trasferiti al fondo
1694
non sia completata, i soggetti apportanti non possono alienare la maggioranza delle quote del fondo.
Per gli immobili sottoposti alle norme di tutela di
cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice
dei beni culturali e del paesaggio, si applicano gli
artt. 12 e 112 del citato decreto legislativo, nonché
l’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85.
All’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, dopo il comma 9 è stato aggiunto il seguente:
«9-bis. In caso di conferimento a fondi di investimento immobiliare dei beni inseriti negli elenchi di cui
al comma 1, la destinazione funzionale prevista dal
piano delle alienazioni e delle valorizzazioni, se in variante rispetto alle previsioni urbanistiche ed edilizie
vigenti ed in itinere, può essere conseguita mediante
il procedimento di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle corrispondenti
disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il
procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni dall’apporto o dalla cessione sotto
pena di retrocessione del bene all’ente locale. Con la
medesima procedura si procede alla regolarizzazione
edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. Agli
apporti ai fondi effettuati ai sensi del presente articolo si applicano le agevolazioni di cui ai commi 10 e
11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n.
86, e gli articoli 1, 3 e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 351, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 novembre 2001, n. 410. Entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto
la società Patrimonio dello Stato s.p.a. è sciolta ed
è posta in liquidazione con le modalità previste dal
codice civile».
Cap. IV
Cartolarizzazione: strutture e rischi
1. Aspetti generali
Il termine securitization (2) sta ad indicare, in via
generale, uno spostamento da un tipo tradizionale
di attività di intermediazione, basata sulle istituzio(2) Si deve precisare che:
- il termine “Securitization” viene usato nella prassi bancaria americana;
- mentre, in Inghilterra, si parla di “Securitisation”;
- in Spagna si usa il termine equivalente “Tritisaciòn”;
- in Francia, quello di “Tritisation”;
- in Italia si può indistintamente usare il termine di “Cartolarizzazione” o “Titolarizzazione”.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
ni, ad una attività di intermediazione più orientata al mercato. La tecnica della securitization verrà
intesa secondo l’accezione di emissione di titoli a
fronte di prestiti.
Essa consiste nella trasformazione di attivi non
negoziabili sui mercati: in termini molto semplici, l’operazione viene effettuata attraverso la creazione di un pool di determinati assets, per lo più
crediti, che vengono scorporati dal bilancio di un
intermediario finanziario o di una società commerciale (c.d. Originator) tramite la vendita degli
stessi ad una società esterna definita Special Purpose Vehicle (SPV). Tale società procede all’emissione di titoli di debito che, collocati sul mercato dei
capitali, forniscono risorse finanziarie necessarie
al pagamento di crediti ceduti dall’originator. Successivamente, i flussi finanziari inerenti gli attivi
ceduti vengono utilizzati per il pagamento degli
interessi da corrispondere ai detentori dei titoli e
per il loro rimborso.
In definitiva, il processo di cartolarizzazione consiste nella costituzione di un pool di prestiti e nella
successiva emissione, a fronte di tale pool, di titoli che saranno poi venduti agli investitori finali
per mezzo dello SPV (in tal caso lo special purpose
vehicle è soggetto emittente e soggetto collocatore,
con la possibilità, comunque, che la funzione di
collocamento può essere svolta anche da un altro
soggetto).
La struttura di una operazione di cartolarizzazione
può essere esaminata da un punto di vista giuridico e da un punto di vista finanziario: sotto l’aspetto giuridico, tali operazioni prevedono, nella
forma più semplice, che il portafoglio degli attivi cartolarizzati venga ceduto a uno SPV, il quale
emette titoli per finanziare la cessione, mentre da
un punto di vista finanziario, i flussi provenienti
dal portafoglio cartolarizzato sono diretti al pagamento degli interessi periodici e al rimborso dei
titoli.
2. I soggetti
L’originator. È colui che individua, seleziona e cede
i crediti che costituiranno il pool di attivi oggetto delle operazioni di cartolarizzazione. Anche se
qualsiasi soggetto, imprenditore e non, può cedere
crediti, nella maggioranza dei casi, l’originator è
una banca o un intermediario finanziario. Questi
operatori, infatti,data la tipicità dei loro attivi, sono
avvantaggiati nell’implementazione di una operazione di cartolarizzazione.
Lo SPV (Issuer). Acquista gli attivi dall’originator
e, generalmente, emette titoli garantiti dagli attivi
sottostanti. Il fattore critico di successo, caratterizzante l’attività d’impresa di tale soggetto, consiste nel prevedere in che misura e con quali ritmi
si presenteranno i flussi generati dal complesso di
crediti acquisiti. Per il buon esito dell’operazione, è
necessario fare in modo che lo SPV sia isolato da
possibili rischi derivanti da un eventuale fallimento
dell’originator e non intraprenda nessuna attività
che possa pregiudicare la sua situazione finanziaria
ed economica.
Il servicer. È responsabile della gestione degli attivi
e dei cash flows provenienti da tali attivi. Assolve il
compito di riscuotere i pagamenti di interessi e delle quote capitali. Redige, periodicamente, una relazione informativa riguardo lo stato del portafoglio
degli attivi venduti. La sua remunerazione è rappresentata da una commissione. L’attività di servicing,
di solito, viene esercitata dallo stesso originator.
L’investment Bank. Può sottoscrivere i titoli derivanti da un’operazione di cartolarizzazione, per
poi collocarli tramite un’offerta pubblica; se, inoltre, assume anche il ruolo di consulente esterno,
l’investment bank si suole definire lead manager e
collocare i titoli privatamente. In questo caso, funge
semplicemente da agente, tra gli acquirenti e il venditore, in qualità di advisor dell’operazione.
L’agenzia di rating. Ha il compito di assegnare un
rating ai titoli emessi a fronte di una operazione di
cartolarizzazione. Le sue analisi sono orientate alla
stima della capacità degli attivi a generare il cash
flow necessario al pagamento degli investitori finali
e del valore delle garanzie offerte a sussidio dell’operazione medesima. Nel dettaglio, l’agenzia focalizza
le sue valutazioni su quattro elementi principali
che vanno dalla qualità del portafoglio crediti, alla
struttura finanziaria dell’emissione, alla struttura
legale ed in ultimo ai rischi connessi ai partecipanti.
In buona sostanza, le funzioni di una agenzia di
rating consiste nel rendere noto agli investitori la
probabilità che le quote capitali e gli interessi loro
spettanti vengano corrisposti puntualmente e nel
rispetto dei termini contrattuali.
La controparte garante. Ha il compito, attraverso
l’offerta di determinate garanzie, di ridurre il livello
complessivo di rischio creditizio implicito nei titoli emessi. Questo ruolo può essere svolto sia dallo
stesso originator che da una terza controparte. L’obiettivo ultimo è quello di ottenere un miglior giudizio di rating e, conseguentemente, di aumentare
prezzo e grado di liquidità dei titoli emessi.
1695
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
Gli investitori. Sono gli acquirenti dei titoli. Il rischio che essi affrontano dipende, in prima istanza, dalla capacità del portafoglio di attivi ceduti
di generare flussi nella misura e nei tempi necessari al rimborso del capitale e degli interessi di
tali titoli.
L’arranger (o Lead Manager). È un consulente
dell’originator, al quale sono affidate la progettazione e la realizzazione dell’operazione di securitization. Spesso accade che, quando nell’ambito
dell’organizzazione dell’originator non sono presenti risorse dotate della competenza necessaria per
la progettazione e l’implementazione di una operazione di cartolarizzazione, queste funzioni vengano affidate a società di consulenza esterna che, pur
essendo i reali artefici del processo, non assumono
nessuna responsabilità diretta nei confronti degli
investitori che acquistano i titoli.
Nel dettaglio, l’arranger è titolare delle seguenti
funzioni di analisi dei crediti cartolarizzati detenuti dall’originator; della scelta della struttura da
adottare per l’implementazione dell’operazione,
unitamente alle garanzie a supporto della stessa
e dei collaboratori, della predisposizione del corpus contrattualistico necessario affinché la cessione sia regolare, della costituzione del sindacato
di banche incaricate del collocamento dei titoli
nonché del mantenimento delle relazioni con le
autorità che controllano il mercato creditizio e
borsistico.
3. Il quadro normativo sulla cartolarizzazione dei
crediti
3.1. La legge 27.12.2002, n. 289 e legge 30.4.1999, n.
130
In base all’art. 84 della legge 27.12.2002, n. 289
(legge finanziaria 2003) le regioni, le province,
i comuni e gli altri enti locali sono autorizzati a
costituire o a promuovere la costituzione, anche
attraverso soggetti terzi, di più società a responsabilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro,
aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una
o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi
derivanti dalla dismissione dei rispettivi patrimoni
immobiliari.
I beni immobili individuati possono essere trasferiti a titolo oneroso alle società costituite per
le finalità dell’operazione di cartolarizzazione
con atto pubblico o scrittura privata autenticata,
1696
previa delibera dell’organo competente degli enti
proprietari secondo il rispettivo ordinamento. La
predetta delibera ha il contenuto previsto al comma
1 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 convertito
dalla legge 410/2001. Gli onorari notarili relativi al
trasferimento sono ridotti a un terzo. I contenuti
della delibera riguardano:
a) il prezzo iniziale che le società corrispondono a
titolo definitivo a fronte del trasferimento dei beni
immobili e le modalità di pagamento dell’eventuale residuo, che può anche essere rappresentato da
titoli;
b) le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione che le società realizzano per finanziare il
pagamento del prezzo. All’atto di ogni operazione
di cartolarizzazione è nominato un rappresentante
comune dei portatori dei titoli, il quale, oltre ai poteri stabiliti in sede di nomina a tutela dell’interesse
dei portatori dei titoli, approva le modificazioni
delle condizioni dell’operazione;
c) l’immissione delle società nel possesso dei beni
immobili trasferiti;
d) la gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, da regolarsi in via convenzionale
con criteri di remuneratività;
e) le modalità per la valorizzazione e la rivendita
dei beni immobili trasferiti.
L’inclusione dei beni nella delibera non modifica
il regime giuridico, previsto dagli artt. 823 e 829,
primo comma, del codice civile, dei beni demaniali
trasferiti.
Le disposizioni viste si applicano anche ai beni immobili degli enti pubblici strumentali di regioni,
province, comuni ed altri enti locali che ne facciano richiesta all’Ente territoriale di riferimento, e ai
beni immobili delle aziende sanitarie locali e delle
aziende ospedaliere. I predetti beni immobili sono
trasferiti a titolo oneroso dagli enti proprietari ai
rispettivi enti territoriali di riferimento mediante
atto pubblico o scrittura privata autenticata. Gli
onorari notarili relativi al trasferimento sono ridotti a un terzo.
Gli enti territoriali di riferimento ai quali sono trasferiti i beni immobili procedono alla realizzazione
delle operazioni di cartolarizzazione in conformità
alle disposizioni sopra esaminate. Il prezzo per il
trasferimento dei beni immobili è corrisposto agli
enti i cui beni costituiscono oggetto delle operazioni di trasferimento.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
L’art. 84 della legge 289/2002 prevede che si applicano le disposizioni del D.L. 351/2001 convertito
dalla legge 410/2001, espressamente richiamate, in
quanto compatibili.
La legge 30 aprile 1999, n. 130 recante “Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti” si applica alle
operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante
cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia
esistenti sia futuri, quando esistono due fondamentali requisiti: il cessionario sia la società per la
cartolarizzazione dei crediti disciplinata dall’art. 3
della legge e le somme corrisposte dai debitori ceduti devono essere destinate, in via esclusiva, dalla
società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti
incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto di tali crediti nonché al pagamento dei costi
dell’operazione.
I titoli emessi sono strumenti finanziari e agli stessi
si applicano le disposizioni del decreto legislativo 24
febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.
La società cessionaria o la società emittente i titoli,
diversa dalla società cessionaria, redige il prospetto informativo che contiene le indicazioni previste
dall’art. 2, terzo comma, della legge n. 130/1999, nel
caso di investitori professionali.
Nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di
cartolarizzazione siano offerti ad investitori non
professionali, l’operazione deve essere sottoposta
alla valutazione del merito di credito da parte di
operatori terzi. La società cessionaria, o la società
emittente i titoli se diversa dalla società cessionaria
hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una
o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti.
I crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello
della società e da quello relativo alle altre operazioni. La legge prevede altresì che su ciascun patrimonio non siano ammesse azioni da parte di creditori
diversi da portatori dei titoli emessi per finanziare
l’acquisto dei crediti.
L’art. 4 della legge disciplina le modalità e l’efficacia
della cessione. In particolare dalla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella
Gazzetta Ufficiale, su crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse
azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati sui
titoli emessi per finanziare l’acquisto di tali crediti,
nonché per il pagamento dei costi dell’operazione.
Lo stesso art. 4 indica anche quali sono i soggetti ai
quali la cessione dei crediti è opponibile.
Le disposizioni della legge n. 130/1999 si applicano
in quanto compatibili alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l’erogazione
di un finanziamento al soggetto cedente da parte
della società di cartolarizzazione ed alla cessione
a fondi comuni di investimento, avente per oggetto crediti, costituiti ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio
1998, n. 58.
Per gli enti locali costituiscono indebitamento, agli
effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti
obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri
di entrata e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all’85 per cento del prezzo di
mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione
valutato da un’unità indipendente e specializzata.
Costituiscono, inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie
fornite da amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre
amministrazioni pubbliche nonché, sulla base dei
criteri definiti in sede europea dall’Ufficio statistico
delle Comunità europee (EUROSTAT), l’eventuale
premio incassato al momento del perfezionamento
delle operazioni derivate.
3.2. Il D.L. 25 settembre 2001, n. 351, conversione .
in legge 23 novembre 2001, n. 410
L’assetto portante è costituito dal fatto che il sistema della cartolarizzazione (previsto nella legge 30
aprile 1999, n. 130) è utilizzato per la dismissione
dei beni immobiliari. Questo consente all’Erario
una entrata immediata per il versamento da parte
delle società-veicolo del “prezzo iniziale”.
Il processo di vendita è qualificato come una privatizzazione degli immobili (dalla Relazione al decreto legge 351, v. titolo art. 2). Questo comporta
che i soggetti pubblici non partecipino all’acquisto
degli immobili dismessi, con la sola eccezione per
gli enti pubblici territoriali (acquisto di immobili
ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali, art. 3.17).
La legge prevede una serie di macro-fasi del processo che possono essere così individuate nella ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico (art. 1),
nella privatizzazione del patrimonio immobiliare
pubblico (art. 2) e nella valutazione, valorizzazione
e cessione dello stesso (art. 3).
Il Ministero dell’economia e delle finanze costituisce o promuove la costituzione della società vei1697
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
colo che ha per oggetto l’operazione di cartolarizzazione, capitale iniziale di 10.000 euro e forma di
società a responsabilità limitata. La società emette
obbligazioni o assume finanziamenti per versare il
prezzo iniziale. Gli immobili individuati costituiscono patrimonio separato da quello della società e
da quello relativo alle altre operazioni.
In base all’art. 3 della legge il Ministro dell’economia e delle finanze (di concerto con il Ministro
vigilante se gli immobili sono soggetti a vigilanza
di altro Ministero; di concerto con il Ministro per
i beni e le attività culturali per i beni dello Stato
di particolare valore artistico e storico) mediante
l’emanazione di uno o più decreti di natura regolamentare provvede al trasferimento a titolo
oneroso dei beni immobili individuati dall’Agenzia del demanio. L’inclusione dei beni nei decreti
produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile e la pubblicazione produce gli effetti previsti dall’art. 2644 codice civile cioè gli effetti della
trascrizione.
Il contenuto dei decreti ministeriali di trasferimento comprende il prezzo iniziale che le società corrispondono a titolo definitivo a fronte del
trasferimento dei beni immobili e le modalità di
pagamento dell’eventuale residuo, che può anche
essere rappresentato da titoli, le caratteristiche
dell’operazione di cartolarizzazione che le società
realizzano per finanziare il pagamento del prezzo, l’immissione delle società nel possesso dei beni
immobili trasferiti, la gestione dei beni immobili
trasferiti e dei contratti accessori, da regolarsi in
via convenzionale con criteri di rimuneratività e
le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei
beni immobili trasferiti.
Il prezzo che le società corrispondono a fronte del
trasferimento dei beni immobili si può distinguere
tra prezzo iniziale che è determinato con il decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze ed è costituito dalle società a titolo definitivo a fronte del
trasferimento di beni immobili e prezzo differito,
determinato dall’importo residuo - flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita (attività), detratti
rimborso del debito per capitale e interessi, oneri
accessori, commissione dei soggetti terzi, altri costi
dell’operazione (passività) - e può essere corrisposto mediante titoli, se così dispone il decreto ministeriale.
La determinazione del prezzo avviene a cura dell’Agenzia del territorio o di una società terza, individuata con procedura competitiva, avente partico1698
lare esperienza nel settore immobiliare. Lo stesso
è detenuto sulla base delle valutazioni correnti di
mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi
di compravendite di immobili e unità immobiliari
aventi caratteristiche analoghe.
La gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, disciplina la fase ricompresa tra il
trasferimento dei beni e la loro alienazione. Il criterio da applicare nel periodo di gestione è quello
della remuneratività e i responsabili della gestione,
individuati nel decreto ministeriale di trasferimento, sono responsabili a tutti gli effetti ed a proprie
spese per gli interventi necessari di manutenzione
ordinaria e straordinaria, nonché per l’adeguamento dei beni alla normativa vigente.
Ai fini della valorizzazione dei beni il quindicesimo
comma dell’art. 3 della legge prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze convoca una o
più conferenze di servizi o promuove accordi di
programma finalizzati ad approvare iniziative di
valorizzazione.
Il ruolo degli enti territoriali può essere determinante per garantire la redditività all’intervento
operando ad esempio sulla destinazione urbanistica dell’area sulla quale sono situati gli immobili
o sulla modifica della loro destinazione d’uso. In
considerazione di questo ruolo, è loro riconosciuta
una quota (dal 5% al 15%) del ricavato dalla vendita degli immobili valorizzati.
I decreti del Ministero indicano anche le modalità
di esercizio del diritto di opzione e del diritto di
prelazione per gli immobili ad uso residenziale.
Per gli immobili ad uso residenziale la legge prevede alcune particolarità:
- Sono nulli gli atti di disposizione degli immobili acquistati per effetto dell’esercizio del diritto di
opzione e del diritto di prelazione prima che siano
trascorsi cinque anni dalla data dell’acquisto.
- Per le unità immobiliari occupate da conduttori
ultrasessantacinquenni è consentita l’alienazione
della sola nuda proprietà, quando essi abbiano
esercitato il diritto di opzione e prelazione con riferimento al solo diritto di usufrutto.
- I diritti di opzione e di prelazione spettano anche
ai familiari conviventi, nonché agli eredi del conduttore con lui conviventi ed ai portieri degli stabili
oggetto della vendita, in caso di eliminazione del
servizio di portineria.
Il diritto di prelazione eventualmente spettante ai
sensi della legge ai conduttori delle singole unità
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
immobiliari ad uso diverso da quello residenziale
può essere esercitato unicamente nel caso di vendita frazionata degli immobili. Il diritto di prelazione
sussiste anche se la vendita frazionata è successiva
ad un acquisto in blocco. Le modalità di esercizio
della prelazione sono determinate con i decreti del
Ministro.
La vendita si considera frazionata esclusivamente
nel caso in cui ciascuna unità immobiliare sia offerta in vendita singolarmente a condizioni specificatamente riferite a tale unità (comma aggiunto
dal D.L. n. 63/2002).
Relativamente all’operazione di rivendita il diritto
di prelazione spettante ai terzi può essere esercitato
al momento della vendita da parte delle societàveicolo, non all’atto del trasferimento.
Al fine di snellire e velocizzare la vendita, il trasferimento dei beni e la rivendita non sono soggetti alle
autorizzazioni previste dal T.U. sui beni culturali
e ambientali, al diritto di opzione degli enti locali
territoriali ed alla proposizione di progetti di valorizzazione e gestione degli immobili statali.
In particolare la società-veicolo è esonerata dalla
garanzia per vizi e per evizione (è a carico dello Stato o dell’ente pubblico proprietario del bene prima
del trasferimento) e dalla consegna dei documenti
relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistico - edilizia e fiscale (anche per lo Stato e gli
enti pubblici proprietari).
Il Ministro può disporre in favore delle società-veicolo beneficiarie la garanzia di un introito minimo
dei beni e dei canoni di locazione.
Il punto 3.24 del nuovo principio applicato della contabilità finanziaria disciplina in dettaglio la
contabilizzazione delle operazioni di cartolarizzazione.
Inoltre occorre fare riferimento all’art. 75 del D.Lgs.
n. 118/2011 (aggiunto dal D.Lgs. n. 126/2014) “Adeguamento della definizione di indebitamento”: alla
legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono apportate le
seguenti modificazioni:
«a) il comma 17 dell’art. 3 è sostituito dal seguente:
“17. Per gli enti di cui al comma 16, costituiscono indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto
comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui,
l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e
a attività finanziarie e non finanziarie, l’eventuale
somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto
upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito
dall’ente a seguito della definitiva escussione della
garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell’escussione della
garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore
originario.
Dal 2015, gli enti di cui al comma 16 rilasciano garanzie solo a favore dei soggetti che possono essere
destinatari di contributi agli investimenti finanziati
da debito e per le finalità definite dal comma 18.
Non costituiscono indebitamento, agli effetti del
citato art. 119, le operazioni che non comportano
risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e
di effettuare spese per le quali è già prevista idonea
copertura di bilancio”;
...omissis...».
Cap. V
Il Piano di valorizzazione dei beni pubblici per
la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali
1. Il piano di valorizzazione
La legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, art.
1, commi 313-320, ha stabilito che il Ministro
dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il
Ministro per i beni e le attività culturali, tramite
l’Agenzia del demanio, individui ambiti d’interesse
nazionale in cui non sono presenti beni immobili di
proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici, per
promuovere, in ciascun ambito, un “programma
unitario di valorizzazione”. Il riferimento è all’art.
3, comma 15-bis, del D.L. n. 351/2001, convertito
dalla legge n. 410/2001 recante disposizioni urgenti
in materia di privatizzazione e valorizzazione del
patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei
fondi comuni di investimento immobiliare.
L’individuazione degli ambiti deve avvenire nel
rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, d’intesa con gli enti locali interessati e nel
rispetto dei piani urbanistici comunali.
Il complesso dei programmi di valorizzazione costituisce il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi
locali”, finalizzato ad attivare processi di sviluppo
locale significativi mediante il recupero e il riuso
1699
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
dei beni, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo
territoriale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale ed urbana.
Il piano, approvato d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 281/1997 anche
in applicazione del Codice dei beni culturali di cui
al D.Lgs. n. 42/2004, comprende l’individuazione
degli ambiti di intervento, gli obiettivi di azione, le
categorie tematiche, sociali, economiche e territoriali, i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei
programmi d’intervento ed altri elementi significativi per la formazione dei programmi.
Per la predisposizione degli studi di fattibilità, dei
progetti e dei supporti necessari alla predisposizione del piano si provvede a valere su apposito capitolo dell’Agenzia del demanio, fino ad un importo
massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2008.
2. Programmi unitari di valorizzazione
Sulla base delle indicazioni contenute nel piano di
valorizzazione dei beni pubblici, la regione e gli enti
territoriali e locali interessati, d’intesa con il Mistero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con
il Ministero dei beni culturali, promuovono la formazione dei programmi unitari di valorizzazione
contenenti gli interventi e le modalità di attuazione, le categorie di destinazione d’uso compatibili,
l’entità e la modalità di attribuzione agli enti territoriali di quota parte del plusvalore da realizzare.
Le amministrazioni centrali e territoriali interessate, nonché tutti i soggetti competenti, concorrono
alla definizione dei contenuti e alla realizzazione
dei programmi unitari.
Si utilizza come strumento per il perfezionamento
delle fasi decisionali la conferenza di servizi di cui
agli artt. 14 e seguenti della legge 241/1990. Sarà
sempre garantito il pieno rispetto del Codice dei
beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. 22
gennaio 2004, n. 42 e s.m.
Il programma unitario di valorizzazione è approvato con decreto del presidente della regione o
della provincia interessata, d’intesa con il Ministro
dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per
i beni culturali. I consigli comunali devono ratificare il programma, a pena di decadenza, entro novanta giorni dall’emanazione del decreto. Devono
essere osservate le forme di pubblicità e di partecipazione. Si producono gli effetti di cui all’art. 34 del
TUEL, riguardante gli accordi di programma, e di
cui alle leggi regionali, nonché la relativa dichiara1700
zione di pubblica utilità per le opere pubbliche o di
interesse generale in esso comprese.
Ciascun programma unitario può assumere il valore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti
attuativi di iniziativa pubblica e privata. Si applica
anche, ove necessario, l’art. 27, comma 5, della legge n. 166/2002 recante “disposizioni in materia di
infrastrutture e trasporti” e relativo ai programmi
di riabilitazione urbana e al concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili ricompresi nel piano attuativo,
organizzati in Consorzio.
Il comma 320, dell’art. 1, della legge finanziaria
2008, modifica l’art. 27 della legge n. 326/2003, di
conversione del D.L. n. 269/2003 recante “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”.
La disposizione riguarda la verifica dell’interesse
culturale del patrimonio immobiliare pubblico e si
riferisce in particolare al Ministero della Difesa che,
sentita l’Agenzia del demanio, adotta un programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione
e ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso.
Il comma 13-bis dell’art. 27 prevede che, relativamente ai programmi che interessano gli enti locali,
si procede mediante accordi di programma (art. 34
del TUEL). Nell’ambito di tali accordi può essere
previsto il riconoscimento in favore degli enti locali
di una quota del maggiore valore degli immobili,
determinato per effetto dei processi di valorizzazione assentiti.
Cap. VI
Il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari ex art. 58, D.L. n. 122/2008
1. Il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari
La normativa introdotta con l’art. 58 della legge 6
agosto 2008, n. 133, realizza per il patrimonio pubblico locale una serie di finalità:
- disciplina l’attività di ricognizione del patrimonio;
- introduce nuovi strumenti di valorizzazione senza prevedere l’alienazione dei beni;
- estende la disciplina di favore prevista per lo Stato
in relazione alla costituzione di fondi immobiliari;
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
- prevede l’applicazione della disciplina prevista
per lo Stato in relazione all’alienazione dei beni.
una serie di effetti di natura giuridico-amministrativa:
La norma prevede che con la finalità di procedere
al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni ed
altri enti locali, ciascun ente con apposita delibera
dell’organo di governo individua, redigendo apposito elenco, i singoli immobili:
- la classificazione come patrimonio disponibile,
stabilendo la destinazione urbanistica;
- ricadenti nel territorio di competenza;
- non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali;
- suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione.
La ricognizione è operata sulla base, e nei limiti,
della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici.
I contenuti di cui sopra consentono di realizzare
il “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” allegato al Bilancio di Previsione che, approvato dal Consiglio dell’ente, assume a tutti gli
effetti valenza di strumento di indirizzo e programmazione, inserendosi nel complessivo “sistema di
bilancio”.
Il principio contabile sulla programmazione allegato al D.Lgs. n. 118/2011, già citato, prevede: “La
Parte 2 della SeO (Sezione operativa del Documento Unico di Programmazione - DUP) comprende
la programmazione in materia di lavori pubblici,
personale e patrimonio.
... omissis...
Al fine di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del proprio patrimonio immobiliare
l’ente, con apposita delibera dell’organo di governo individua, redigendo apposito elenco, i singoli
immobili di proprietà dell’ente. Tra questi devono
essere individuati quelli non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali e quelli
suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Sulla base delle informazioni contenute nell’elenco deve essere predisposto il Piano delle alienazioni e valorizzazioni patrimoniali quale parte
integrante del DUP.
La ricognizione degli immobili è operata sulla base,
e nei limiti, della documentazione esistente presso i
propri archivi e uffici.
L’iscrizione degli immobili nel piano determina
una serie di effetti di natura giuridico-amministrativa previsti e disciplinati dalla legge”.
L’iscrizione degli immobili nel piano determina
- la deliberazione consiliare di approvazione del
piano costituisce variante allo strumento urbanistico generale;
- la variante, essendo relativa a singoli immobili,
non necessita in termini generali di verifiche di
conformità con gli atti delle province e delle regioni. La legge prevede che la verifica di conformità è
comunque richiesta e deve essere effettuata entro un
termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative
a terreni classificati come agricoli dallo strumento
urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per
cento dei volumi previsti dal medesimo strumento
urbanistico vigente;
- gli elenchi contenuti nel piano, da pubblicare
nelle forme previste, hanno effetto dichiarativo
della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni nonché gli effetti di cui all’art. 2644 del codice
civile recante “Effetti della trascrizione”, ed effetti
sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto.
Contro l’iscrizione del bene negli elenchi che formano il piano è ammesso ricorso amministrativo,
fermi gli altri rimedi di legge.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 340/2009
aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale
dell’art. 58, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n.
112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria), convertito, con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, esclusa la proposizione
iniziale: «L’inserimento degli immobili nel piano
ne determina la conseguente classificazione come
patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica». È pertanto posta
nel nulla la parte dell’articolo che prevedeva quanto segue: «la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e
valorizzazioni costituisce variante allo strumento
urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche
di conformità agli eventuali atti di pianificazione
sovraordinata di competenza delle province e delle
regioni. La verifica di conformità è comunque ri1701
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
chiesta e deve essere effettuata entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento
della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni
classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per
cento dei volumi previsti dal medesimo strumento
urbanistico vigente».
L’art. 33-bis del D.L. n. 98/2011 prevede che i commi 1 e 2 dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto
2008, n. 133, sono così sostituiti:
«1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, nonché di società
o enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell’organo di Governo
individua, redigendo apposito elenco, sulla base e
nei limiti della documentazione esistente presso i
propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali,
suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e
valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di
previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti
immobili di proprietà dello Stato individuati dal
Ministero dell’economia e delle finanze-Agenzia
del demanio tra quelli che insistono nel relativo
territorio.
2. L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di
natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli enti competenti, i quali si esprimono entro
trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata
espressione da parte dei medesimi enti, la predetta classificazione è resa definitiva. La deliberazione
del consiglio comunale di approvazione, ovvero di
ratifica dell’atto di deliberazione se trattasi di società o ente a totale partecipazione pubblica, del
piano delle alienazioni e valorizzazioni determina
le destinazioni d’uso urbanistiche degli immobili.
Le regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in
vigore della presente disposizione, disciplinano l’eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo
strumento urbanistico generale, ai sensi dell’art.
25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disci1702
plinando le procedure semplificate per la relativa
approvazione. Le regioni, nell’ambito della predetta normativa approvano procedure di copianificazione per l’eventuale verifica di conformità agli
strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine
di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale.
Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma
2 dell’art. 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
Le varianti urbanistiche di cui al presente comma,
qualora rientrino nelle previsioni di cui al parag.
3 dell’art. 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma
4 dell’art. 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica».
Il D.L. n. 95/2012, all’art. 23-ter “Valorizzazione e
dismissione di immobili pubblici”, modifica l’art.
33 del D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011
aggiungendo le seguenti disposizioni: «Allo scopo
di conseguire la riduzione del debito pubblico il
Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso
la società di gestione del risparmio di cui al comma
1, promuove, con le modalità di cui all’art. 4 del
decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito,
con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001,
n. 410, la costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare, a cui trasferire o
conferire immobili di proprietà dello Stato non
utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari. Le società controllate direttamente
o indirettamente dallo Stato possono deliberare il
trasferimento o il conferimento a tali fondi di immobili di proprietà. Possono altresì essere trasferiti
o conferiti ai medesimi fondi i beni valorizzabili,
suscettibili di trasferimento ai sensi dell’articolo 5,
comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (federalismo demaniale), individuati dall’Agenzia del demanio e a seguito di apposita
manifestazione, da parte dei competenti organi
degli Enti interessati, della volontà di valorizzazione secondo le procedure del presente comma. I
decreti del Ministro dell’economia e delle finanze
di cui all’art. 4 del citato decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, disciplinano, altresì, le modalità
di concertazione con le competenti strutture tecniche dei diversi livelli di governo territoriale interessati, nonché l’attribuzione agli enti territoriali
delle quote dei fondi, nel rispetto della ripartizione
e per le finalità previste dall’articolo 9 del decreto
legislativo 28 maggio 2010, n. 85, limitatamente ai
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
beni di cui all’articolo 5, comma 1 lettera e), sopra
richiamato, derivanti dal conferimento ai predetti
fondi immobiliari. Ai fondi di cui al presente comma possono conferire beni anche i soggetti di cui al
comma 2 (regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ed altri enti pubblici
ovvero società interamente partecipate dai predetti
enti) con le modalità ivi previste, ovvero con apposita deliberazione adottata secondo le procedure di
cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, anche in deroga all’obbligo di
allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni
immobiliari al bilancio. Tale delibera deve indicare espressamente le destinazioni urbanistiche non
compatibili con le strategie di trasformazione urbana. La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà
delle regioni e degli enti locali trasferiti ai fondi di
cui al presente comma, è destinata alla riduzione
del debito dell’ente e, solo in assenza del debito, o
comunque per la parte eventualmente eccedente, a
spese di investimento. Per le medesime finalità di
cui al comma precedente, il Ministro dell’economia
e delle finanze, attraverso la società di gestione del
risparmio di cui al comma 1, promuove, altresì, con
le modalità di cui all’articolo 4 del decreto-legge 25
settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, uno o
più fondi comuni di investimento immobiliare a
cui sono trasferiti o conferiti, ai sensi del comma 4,
gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione, nonché diritti
reali immobiliari».
La norma richiamata interviene anche sull’art. 31,
comma 46, della legge 23 dicembre 1998, n. 448,
che riguarda norme particolari per gli enti locali e
in particolare nella fattispecie le convenzioni per la
concessione del diritto di superficie o la cessione in
proprietà (legge n. 865/1971).
2. L’intervento del decreto Monti n. 201/2011
I commi 1 e 2 dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008,
n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono stati così sostituiti
dall’art.6 del D.L. 6 dicembre 2011 n.201, come
convertito in legge n. 214/2011:
«1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazio-
ne del patrimonio immobiliare di regioni, province,
comuni e altri enti locali, nonché di società o enti a
totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di
essi, con delibera dell’organo di Governo individua,
redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e
uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio
di competenza, non strumentali all’esercizio delle
proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il
piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello
Stato individuati dal Ministero dell’economia e delle
finanze-Agenzia del demanio tra quelli che insistono
nel relativo territorio.
2. L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di
natura storico-artistica, archeologica, architettonica
e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli
Enti competenti, i quali si esprimono entro trenta
giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi Enti, la predetta classificazione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio
comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell’atto
di deliberazione se trattasi di società o Ente a totale
partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni
e valorizzazioni determina le destinazioni d’uso urbanistiche degli immobili. Le regioni, entro 60 giorni
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplinano l’eventuale equivalenza della
deliberazione del consiglio comunale di approvazione
quale variante allo strumento urbanistico generale,
ai sensi dell’articolo 25 della legge 28 febbraio 1985,
n. 47, anche disciplinando le procedure semplificate
per la relativa approvazione. Le regioni, nell’ambito della predetta normativa approvano procedure di
copianificazione per l’eventuale verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al
fine di concludere il procedimento entro il termine
perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale.
Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2
dell’articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le
varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle previsioni di cui al paragrafo 3
dell’articolo 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma
4 dell’articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica».
1703
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
3. Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95 - Spending Review 2
L’art. 3 del D.L. n. 95/2012 e relativa legge di conversione (7 agosto 2012, n. 135), cosiddetta spending review 2, è rubricato “Razionalizzazione del
patrimonio pubblico e riduzione dei costi per le
locazioni passive”.
Il primo comma prevede che in considerazione
dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa
pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore
del decreto, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT,
previsto dalla normativa vigente non si applica al
canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel
conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’art. 1, comma 3,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle
Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione
nazionale per le società e la borsa (Consob) per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità
istituzionali.
Il secondo comma apporta modificazioni al D.P.R.
13 settembre 2005, n. 296 recante “Regolamento
concernente i criteri e le modalità di concessione in
uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato”. In particolare all’art 10 riguardante i
soggetti beneficiari a titolo gratuito è soppressa la
lett. d) che si riferisce a province e comuni e all’art.
11 relativo ai soggetti beneficiari a canone agevolato è soppressa la lett. a) che riguarda le regioni e
gli enti locali.
All’art. 1, comma 439, della legge n. 311/2004, legge
finanziaria 2005, è apportata una modifica di rilevanza prevedendo che le regioni e gli enti locali di
cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, possono concedere alle Amministrazioni dello Stato, per le finalità istituzionali di queste ultime, l’uso gratuito di
immobili di loro proprietà.
I commi dal quattro al sei fanno riferimento, ai fini
del contenimento della spesa pubblica, ai contratti
di locazione passiva aventi ad oggetto immobili ad
uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni
centrali.
Il nono comma prevede che all’art. 2 della legge 23
dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 222, sono
aggiunti due commi. Il primo prevede che l’ottimizzazione degli spazi ad uso ufficio è perseguita
dalle Amministrazioni di cui al precedente comma
1704
222 rapportando gli stessi alle effettive esigenze
funzionali degli uffici e alle risorse umane impiegate avuto riguardo ad un parametro di riferimento
compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto.
Le Amministrazioni interessate pongono in essere entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del
decreto piani di razionalizzazione degli spazi nel
rispetto dei parametri sopraindicati senza nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Detti piani devono essere comunicati all’Agenzia
del demanio. Le medesime Amministrazioni comunicano al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, il rapporto mq/addetto scaturente
dagli indicati piani di razionalizzazione dalle stesse
predisposti. In caso di nuova costruzione o di ristrutturazione integrale, il rapporto mq/addetto è
determinato dall’Agenzia del demanio. Nella predisposizione dei piani di ottimizzazione e razionalizzazione degli spazi dovranno in ogni caso essere tenute in considerazione le vigenti disposizioni sulla
riduzione degli assetti organizzativi, ivi comprese
quelle recate dal decreto.
Le disposizioni costituiscono principio a cui le
regioni e gli enti locali, negli ambiti di rispettiva
competenza, adeguano i propri ordinamenti.
Il comma successivo riguarda gli spazi destinati
all’archivio utilizzati dalle Amministrazioni centrali.
Il comma quattordici modifica l’art. 3-bis, del D.L.
n. 351/2001 convertito nella legge n. 410/2001 e
rubricato “valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione” che contiene quindi la seguente disciplina:
I beni immobili di proprietà dello Stato individuati
ai sensi dell’art. 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non
superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite
interventi di recupero, restauro, ristrutturazione
anche con l’introduzione di nuove destinazioni
d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio per i cittadini, ferme restando le
disposizioni contenute nel codice dei beni culturali
e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n.
42, e successive modificazioni. Agli enti territoriali
interessati dal procedimento di cui al comma 2 è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo
di costruzione dovuto ai sensi dell’art. 16 del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001,
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
n. 380, e successive modificazioni, per l’esecuzione
delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione. Tale importo è corrisposto dal concessionario all’atto del rilascio o dell’efficacia del titolo
abilitativo edilizio.
Cap. VII
Il leasing finanziario
Per analizzare la normativa e i contenuti delle operazioni di leasing finanziario si ripercorre la deliberazione n. 87/2008 della Sezione Regionale di
controllo della Corte dei Conti della regione Lombardia.
Ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n.
183/1976, per operazioni di locazione finanziaria
s’intendono “le operazioni di locazione di beni
mobili ed immobili, acquistati o fatti costruire dal
locatore su scelta e indicazione del conduttore, che
ne assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ultimo di diventare proprietario dei beni locati al termine del contratto, previo versamento di un prezzo prestabilito”.
Il leasing è uno schema negoziale sinallagmatico
e commutativo, con causa mista, che consente ad
un soggetto, previo pagamento di un canone periodico, di utilizzare un bene, mobile o immobile, strumentale all’esercizio della propria attività o
al perseguimento dei propri fini istituzionali, con
possibilità di riscattarlo ad un prezzo inferiore al
valore di mercato al termine del periodo di disponibilità stabilito nel contratto.
Il leasing sintetizza in sé i caratteri tipici della locazione e della vendita a rate con riserva di proprietà,
ma anche la funzione di finanziamento.
Con il leasing finanziario l’utilizzatore usufruisce
per il raggiungimento degli scopi istituzionali sia
del bene che del capitale iniziale necessario per realizzarlo e usarlo.
Il pagamento del canone non rappresenta solo
il corrispettivo per la locazione del bene, quanto
piuttosto una modalità di restituzione del finanziamento per una somma corrispondente al valore
complessivo dell’operazione economica programmata, la quale comprende altresì il costo del bene,
l’ammortamento del capitale e dell’interesse sulle
somme investite per la realizzazione dell’opera, l’utile e le spese del concedente.
Il leasing finanziario si configura generalmente in
uno schema trilaterale: l’utilizzatore del bene, il
concedente il leasing (o società di leasing) che acquista il bene e ne conserva la piena proprietà sino
al momento del riscatto, il fornitore del bene.
Il leasing operativo è, invece, una struttura negoziale che, alternativamente, si accosta alla vendita
con patto di riscatto, qualora si preveda in capo
al lesee il diritto di riscatto del bene al termine del
periodo di utilizzazione, ovvero alla locazione e
alla somministrazione qualora lo stesso produttore concede in godimento il bene prodotto per un
canone che comprende la locazione ed i servizi di
assistenza e manutenzione del bene stesso, in relazione alla durata del suo ciclo economico.
La distinzione fra leasing finanziario ed operativo è
stata questione più volte affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, oramai consolidata (Cass. civ.
sent. n. 5573 e n. 5574 del 13 dicembre 1989; Cass.
civ. sez. I, sentenza n. 1731/1994).
La Sezione regionale di controllo della Lombardia
della Corte dei conti con il parere n. 15/2006 si è
espressa sulla natura e ammissibilità del contratto
di “sale and lease back”, ovvero del contratto in
base al quale un soggetto vende un bene alla società
di leasing, che a sua volta concede lo stesso bene in
leasing al soggetto venditore.
La Sezione ha considerato ammissibile il leasing
quale figura di contratto atipico, avuto riguardo
alla capacità giuridica generale delle pubbliche amministrazioni.
Peraltro gli elementi che devono sussistere quali
presupposti del contratto sono:
- l’applicazione dei principi dell’evidenza pubblica
secondo le tipologie dei beni e l’importo del contratto;
- una congrua valutazione degli aspetti relativi alla
convenienza economica dell’operazione e degli effetti sui bilanci annuali e pluriennali e sul patrimonio pubblico dell’ente;
- l’impiego del contratto come una forma di finanziamento e di indebitamento ricompreso nell’alveo
dell’art.119 Cost., ammissibile solo al fine di procedere a nuovi investimenti.
1. Il leasing finanziario immobiliare: contenuti, e
natura
Introdotto con la legge finanziaria per l’anno 2007
(legge n. 296/2006, artt. 1 commi 907-908; 912914), il leasing finanziario immobiliare è attualmente disciplinato all’art. 187 del D.Lgs. 18 aprile
1705
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
2016, n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti
pubblici, quale ulteriore modalità di realizzazione
di opere pubbliche nella forma del “partenariato
pubblico-privato”.
Per la realizzazione, l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità
i committenti tenuti all’applicazione del presente
codice possono avvalersi anche del contratto di
locazione finanziaria, che costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un
carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto
principale del contratto medesimo.
Il legislatore ha riconosciuto piena legittimità al
contratto di leasing finanziario quale modalità di
realizzazione di opere pubbliche, estendendone
l’ambito di operatività a tutti i committenti tenuti
all’applicazione del Codice dei contratti pubblici e
disciplinando con particolare cura il leasing in construendo in relazione alle regole per la procedura di
gara e di affidamento, le cui norme sono state successivamente introdotte ed ampliate dai già citati
decreti correttivi al Codice dei contratti.
Nel leasing immobiliare in construendo la funzione economica del contratto è volta non alla mera
acquisizione della disponibilità di un bene per un
periodo determinato di tempo, bensì alla realizzazione di un’opera pubblica a carico della stessa
società finanziaria da destinare stabilmente al servizio della collettività amministrata.
La pubblica amministrazione realizza in tal modo
un duplice interesse: dotarsi di un’opera pubblica
che presenta determinate caratteristiche di utilizzo,
in vista del futuro incremento qualitativo e quantitativo del patrimonio dell’ente; evitare l’esborso
del capitale in un’unica soluzione.
Sotto tali profili, il leasing immobiliare pubblico in
construendo può costituire uno strumento alternativo alla concessione di costruzione e di gestione
o al project financing, tendente alla realizzazione di
opere direttamente utilizzate dalla pubblica amministrazione, con l’ausilio di capitali privati.
Il leasing immobiliare in construendo, è uno schema negoziale avente una propria causa autonoma
rispetto alle tradizionali forme di leasing. In particolare, la funzione economico-sociale che si realizza attiene al vantaggio per la pubblica amministrazione di ottenere la disponibilità immediata
di un’opera pubblica funzionale al raggiungimento
degli scopi istituzionali, senza doverne pagare per
intero ed in un’unica soluzione il prezzo di acquisto, con possibilità di traslare parte dei rischi finan1706
ziari e di costruzione sulla controparte contrattuale, adeguatamente remunerata, e di generare flussi
di cassa positivi derivanti dalla resa di un servizio
pubblico efficiente.
Il ricorso allo strumento del leasing finanziario
pubblico non può essere lo strumento con il quale eludere le regole imposte dalla disciplina degli
appalti pubblici e gli obiettivi del patto di stabilità.
Si conferma l’applicazione delle norme sull’evidenza pubblica perché siamo in presenza di processi
destinati a realizzare l’obiettivo di acquisire al patrimonio pubblico opere pubbliche e beni a fecondità ripetuta.
La disciplina del leasing finanziario deve essere
compatibile con la disciplina in materia di appalti
comunitari ed in questa prospettiva teorica deve
essere inquadrato, a seconda della tipologia in concreto delineata, in una delle forme negoziali previste dalla disciplina comunitaria e nazionale (art.
187, D.Lgs. n. 50/2016), al fine di determinare le
regole applicabili alla sottostante procedura di evidenza pubblica e al fine di enucleare i criteri interpretativi delle pattuizioni negoziali nei casi dubbi
e controversi.
La possibilità di affidarsi ad una società di leasing
cui delegare la gestione operativa della procedure,
accosta la figura del leasing finanziario a quella
del project financing e dunque esige il rispetto dei
principi fissati dal codice degli appalti pubblici e
dei canoni di derivazione comunitaria in tema di
concorrenza.
Nella determinazione del contenuto del contratto
occorrerà tener conto che per sua stessa natura, l’unica forma di leasing certamente ammissibile per
la pubblica amministrazione è quella del leasing
“traslativo”, ovvero di un contratto di finanziamento che consenta di ottenere alla fine del periodo di ammortamento dei canoni periodici, l’opera
pubblica già utilizzata dall’ente locale, mediante la
previsione in favore dell’ente del diritto di riscatto
del bene medesimo, per una somma in precedenza
concordata e comunque sempre inferiore al valore
di mercato dell’opera.
In tali termini, il leasing finanziario “traslativo” (sul
punto Cass. n. 10482/92), consolidando l’acquisto
della proprietà del bene in capo all’ente pubblico,
realizza l’obiettivo di incrementare stabilmente il
patrimonio indisponibile dell’amministrazione,
con conseguenti effetti positivi sulla sana e corretta
gestione patrimoniale della res publica.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Il contratto di leasing di “mero godimento” deve
avere ad oggetto un bene durevole destinato a rapida obsolescenza e che diminuisca costantemente il proprio valore di mercato durante il ciclo di
utilizzazione. Soltanto in questo modo si potrebbe
configurare un’utilità per la pubblica amministrazione, ma si tratterebbe comunque di una figura
assimilabile alla disciplina prevista per i contratti
di fornitura di beni e servizi, ovvero per i contratti ad esecuzione continuata e periodica ed, in ogni
caso, di uno schema negoziale non compatibile con
la realizzazione di un bene immobile da destinare
definitivamente alla soddisfazione dei bisogni sociali degli amministrati.
La Sezione Lombardia della Corte dei conti nella
deliberazione 87/2008 qualifica l’operazione di
leasing finanziario immobiliare come forma d’indebitamento dell’ente pubblico ulteriore rispetto
a quelle indicate dall’art. 3, comma 17, della legge 350/2003, che deve essere conseguentemente
orientata ai fini di cui all’art. 119, sesto comma,
della Costituzione, ovvero tesa a finanziare operazioni d’investimento quali quelle ricomprese
nell’art. 3, comma 18, lett. a), b), c), e), i) della legge 350/2003.
La normativa non si è ancora adeguata a tale orientamento “sostanziale” che è assolutamente condivisibile dal punto di vista tecnico-finanziario e
giuridico-amministrativo.
Definita la natura dell’operazione deve essere
scongiurato l’utilizzo del leasing, quale forma
d’indebitamento per gli investimenti vietata agli
enti locali, regioni e province autonome inadempienti alle regole del patto di stabilità interno
relativo agli anni 2008-2011, ai sensi degli artt.
77, 77-bis comma 20, lett. b), 77-ter lett. b) della
legge finanziaria n. 133/2008, le quali potrebbero
essere agevolmente eluse qualora l’ente che non
abbia rispettato il patto di stabilità interno (ora
vincolo di finanza pubblica di cui alla legge n.
243/2012), nell’anno successivo all’inadempienza
stipulasse un contratto di leasing finanziario per
la realizzazione di opere pubbliche, in sostituzione delle forme di finanziamento espressamente
proibite, quali il mutuo o l’emissione di prestito
obbligazionario.
Le altre deliberazioni della Sezione di Controllo
della Corte della Lombardia sul leasing sono: 12
ottobre 2006, n. 15; 13 novembre 2008, n. 87, 5
marzo 2009, n. 52, 22 settembre 2009, n. 1139.
2. Riflessi del leasing sul bilancio dell’ente locale
Il canone periodico del leasing operativo, avente ad
oggetto l’utilizzazione di un bene servente al normale funzionamento della Pubblica amministrazione, rientra fra le spese correnti. Tale soluzione
considera il canone un corrispettivo per il godimento del bene, pur in presenza in esso di elementi
non riconducibili alla mera disponibilità della cosa.
Il bene rientra nel conto del patrimonio dell’ente
solo dopo l’avvenuto esercizio del diritto di riscatto. Il prezzo del riscatto può essere imputato a
spese correnti o a quelle d’investimento a seconda
della natura e della destinazione del bene acquisito,
alla stregua degli usuali criteri classificatori delle
spese pubbliche.
Per quanto concerne il leasing finanziario, la classificazione contabile può seguire due diversi criteri,
il metodo patrimoniale (formale) o il metodo finanziario (sostanziale).
Con il metodo patrimoniale, le pubbliche amministrazioni si limitano a rilevare l’esborso finanziario,
senza iscrivere alcun bene nel proprio bilancio. Il
canone di leasing è considerato un onere per l’uso
del bene. L’opera utilizzata dall’ente è considerato
un asset appartenente a terzi.
I canoni periodici, comprensivi della sorte capitale
e della quota d’interessi saranno imputati nel conto
economico. Le uscite relative ai canoni sono considerate come spese correnti per utilizzo di beni di
terzi. Nel conto economico si contabilizza un costo
di gestione.
Il metodo finanziario è invece disciplinato dal principio contabile internazionale denominato “IAS
17”. Il bene utilizzato è rilevato tra le immobilizzazioni nel bilancio dell’ente pubblico utilizzatore al
momento della consegna del medesimo, a seguito
di regolare collaudo, ed iscritto al valore del costo
di costruzione (art. 230, comma 4, lett. c, TUEL). Si
prevede l’ammortamento in funzione del ciclo economico utile del bene o della durata del contratto.
Le quote di ammortamento si rilevano nel conto
economico (art. 239 TUEL). Il finanziamento del
leasing equivale formalmente e sostanzialmente ad
un’operazione di debito. Il valore del bene è contabilizzato dall’ente pubblico utilizzatore nel Titolo V, fra le “entrate da assunzione di prestiti”. In
contropartita, l’ente pubblico rileva un’operazione
d’indebitamento che rappresenta lo stock di debito
residuo da pagare periodicamente con i canoni di
leasing comprensivi della quota di capitale e inte1707
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
ressi. La spesa impegnata per il pagamento dei canoni è essenzialmente una spesa per investimento
da iscrivere al Titolo III, rubricato “spese per rimborso prestiti”, relativamente alla quota di capitale
rimborsato, e da iscrivere al Titolo I quale onere finanziario per spese correnti, in relazione alla quota
d’interessi (art. 165 TUEL). In base ai criteri di rilevazione portati dal metodo finanziario, il leasing, al
pari di un mutuo, incide sia sui limiti di spesa che
sui limiti d’indebitamento dell’ente.
La metodologia di contabilizzazione “finanziaria”
corrisponde al principio sostanziale applicato al
contratto di leasing immobiliare ed è da privilegiare.
Dal 1° gennaio 2015 trova applicazione il punto
3.25 del principio applicato della contabilità finanziaria di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.
Anche per il leasing finanziario occorre fare riferimento all’art. 75 del D.Lgs. n. 126/2014 recante
“Adeguamento della definizione di indebitamento”, già citato in precedenza nella parte riguardante
le cartolarizzazioni.
Cap. VIII
Gli oneri per il permesso per costruire
1. La destinazione dei proventi
L’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, disciplinava la destinazione dei proventi relativi alle
concessioni edilizie. Il testo di detto articolo riveduto e corretto dalle successive norme (art. 11-bis
della legge 488/1996) stabiliva la destinazione dei
proventi alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento dei
complessi edilizi compresi nei centri storici, all’acquisizione di aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali nonché nel limite del
30% a spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale.
Lo stesso articolo disponeva in termini di cassa che
tali fondi fossero versati in conto corrente vincolato presso la tesoreria del comune. Successivamente
l’art. 49, comma 7 della legge 27 dicembre 1997, n.
1708
449 stabiliva che i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni possono essere destinati anche
al finanziamento di spese di manutenzione del patrimonio comunale.
Orbene l’art. 12 della legge n. 10/1977 che disciplinava la destinazione dei proventi delle concessioni
è stato abrogato dall’art. 136 del D.Lgs. n. 378/2001
e dall’art. 136 del D.P.R. n. 380/2001 mentre l’art.
43 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di edilizia” aggiornato ai sensi del D.Lgs.
n. 301/2002 stabilisce che i contributi, le sanzioni e
le spese di cui al Titoli II e IV della parte prima del
Testo unico sono accertati e riscossi secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle
entrate dell’ente procedente.
Salvo quanto disposto dall’art. 17, comma 3, il
rilascio del permesso di costruire comporta la
corresponsione di un contributo commisurato
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione. La quota di contributo
relativa agli oneri di urbanizzazione va corrisposta al comune all’atto del rilascio del permesso di
costruire e, su richiesta dell’interessato può essere
rateizzata. Mentre la quota di contributo relativa
al costo di costruzione è corrisposta in corso d’opera, non oltre 60 giorni dalla ultimazione della
costruzione.
Al riguardo l’art. 16 del Testo unico, al comma 7,
esplicita le tipologie degli oneri di urbanizzazione
primaria: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione
dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione spazi a verde attrezzato.
Sempre lo stesso art. 16, comma 8, prevede invece
gli interventi riguardanti gli oneri di urbanizzazione secondaria: asili nido e scuole materne, scuole
dell’obbligo, strutture e complessi per l’istruzione
superiore all’obbligo, mercati di quartiere, impianti
sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri
sociali, attrezzature culturali, ecc.
Facendo una disamina delle norme che sono state
abrogate dalle leggi recenti si può dedurre sull’utilizzo dei fondi in termini di competenza la sintesi
che segue:
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Norma
di riferimento
Riferimento al
bilancio
Urbanizzazione primaria
Strade residenziali, spazi
di sosta o di parcheggio,
fognature, rete idrica, rete
di distribuzione, energia
elettrica e gas, pubblica illuminazione, spazi a verde
attrezzato
Urbanizzazione
secondaria
Manutenzione
ordinaria
Asili nido e scuole
materne, scuole
dell’obbligo, mercati
di quartiere, chiese
ed altri edifici religiosi,
impianti sportivi di
quartiere, aree verdi di
quartiere, centri sociali
e attrezzature culturali
e sanitarie
Commi 7 e 8 del
D.Lgs. 378/2001
Titolo II - Spesa in
conto capitale
Legge 27 dicembre
1997, n. 449, art. 49,
comma 7
Titolo I - Spesa
corrente
Per la manutenzione ordinaria del
patrimonio
Art. 2, comma 48,
legge 662/1996
Titolo IV di entrata
- costi di istruttoria
delle domande di
concessione in
sanatoria;
- anticipazione dei
costi di demolizione
delle opere di cui
agli artt. 32 e 33
della legge 47/1985
Quindi è implicito che i proventi debbano essere
destinati alla spesa in conto capitale a finanziamento degli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria come sopra esplicitato. È possibile altresì
l’utilizzo in parte corrente essendo venuto meno
il vincolo di specifica destinazione che ne caratterizzava la gestione precedente in base alla legge 28
gennaio 77, n. 10.
I proventi sono destinati alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione primaria e secondaria; al
risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all’acquisizione delle aree da espropriare
per la realizzazione dei programmi pluriennali di
cui all’art. 13 nonché alle spese di manutenzione
ordinaria del patrimonio comunale.
La legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha stabilito che per gli anni 2016 e 2017
i proventi da concessioni edilizie e delle sanzioni
previste dal T.U. n.380/2001, fatta eccezione per le
sanzioni di cui all’art. 31, c. 4-bis, possono essere
utilizzati per una quota pari al 100% per spese di
manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del
patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione delle opere pubbliche.
Ai sensi del comma 460 della legge n. 232/2016 a
decorrere dal 1º gennaio 2018, i proventi dei titoli
abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal D.P.R.
n. 380/2001, sono destinati esclusivamente e senza
vincoli temporali alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urba-
nizzazione primaria e secondaria, al risanamento di
complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle
periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni
abusive, all’acquisizione e alla realizzazione di aree
verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio,
anche ai fini della prevenzione e della mitigazione
del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e
riqualificazione del patrimonio rurale pubblico,
nonché a inter-venti volti a favorire l’insediamento
di attività di agricoltura nell’ambito urbano.
Per la contabilizzazione dei proventi da permessi
da costruire trova applicazione dal 1° gennaio 2015
il principio contabile applicato della contabilità finanziaria, punto 3.11.
2. Opere eseguite a scomputo
Con determinazione n. 7 del 16 luglio 2009 l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture ha affrontato l’argomento dello
scomputo degli oneri di urbanizzazione.
La necessaria urbanizzazione delle aree in funzione delle costruzioni edilizie costituisce un principio fondamentale che la normativa urbanistica
italiana ha progressivamente consolidato (legge
1150/1942; legge 765/1967; legge 10/1977, D.P.R.
380/2001); nello stesso senso hanno disposto le
leggi regionali.
1709
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
L’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria è sorto con la legge 6 agosto
1967, n. 765 (art. 8), al quale si è aggiunto quello
inerente il contributo commisurato al costo di costruzione con l’art. 6 della legge 28 gennaio 1977,
n. 10 (la cosiddetta legge Bucalossi). Le disposizioni
sono state tutte trasfuse nell’art. 16 del Testo unico
sull’edilizia che, ai commi 7, 7-bis e 8 del D.P.R. n.
380/2001, stabilisce la suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. Il rilascio del
permesso di costruire da parte di una amministrazione comporta, pertanto, per il privato “la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al
costo di costruzione” (art. 16, comma l, del D.P.R.
n. 380/2001). Come sostenuto dalla giurisprudenza,
gli oneri di urbanizzazione sono dovuti “in ragione
dell’obbligo del privato di partecipare ai costi delle
opere di trasformazione del territorio” (Cons. Stato,
sez. V, 23 gennaio 2006, n. 159).
L’art. 16, comma 2 del Testo Unico dell’edilizia, ha
previsto la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso
in cui il titolare del permesso di costruire o attuatore
del piano si obblighi a realizzarle direttamente. Tra
l’operatore privato e l’amministrazione viene stipulata una convenzione che contiene e disciplina tutti i
termini del rapporto. Lo stesso art. 16 stabilisce, poi,
che le opere così realizzate sono acquisite al patrimonio indisponibile del Comune. Sulla materia è intervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza l2 luglio
2001C399/1998, “Scala 2001” che così conclude: “la
realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione
secondo le condizioni e le modalità previste dalla
normativa italiana in materia urbanistica costituisce
un “appalto pubblico di lavori” ai sensi della direttiva» (punto 97). In sostanza, la Corte ha sostenuto che
le opere di urbanizzazione sono da ritenere pubbliche sin dalla loro origine (quindi anche se eseguite su
proprietà privata e se formalmente di proprietà privata prima del passaggio al patrimonio pubblico); la
realizzazione delle opere in luogo del loro pagamento
conferma la natura patrimoniale del contratto, con
riflessi sui pubblici interessi”.
L’art. 1 del D.Lgs. 50/2016, comma due, lett. e),
recante il riordino della disciplina della disciplina
vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture prevede quanto segue:
“lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un
altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta
1710
l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il
rilascio del permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2,
del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell’art. 28, comma 5, della legge
17 agosto 1942, n. 1150, ovvero eseguono le relative
opere in regime di convenzione. L’amministrazione che rilascia il permesso di costruire o altro titolo
abilitativo, può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l’avente
diritto a richiedere il titolo presenti all’amministrazione stessa, in sede di richiesta del suddetto titolo, un progetto di fattibilità tecnica ed economica
delle opere da eseguire, con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto.
L’amministrazione, sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, indice una gara con le
modalità previste dall’art. 60 o 61. Oggetto del contratto, previa acquisizione del progetto definitivo
in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva
e l’esecuzione di lavori. L’offerta relativa al prezzo
indica distintamente il corrispettivo richiesto per la
progettazione esecutiva, per l’esecuzione dei lavori e
per i costi della sicurezza”.
In applicazione del nuovo principio applicato della
contabilità finanziaria gli scomputi di oneri devono
essere previsti nel bilancio autorizzatorio ed essere gestiti contabilmente come prevede il principio
stesso: “Le transazioni possono essere monetarie,
nel caso di scambio di mezzi di pagamenti o altre
attività o passività finanziarie, o non monetarie
(trasferimenti o conferimenti di beni, permute,
ecc.). Non sono considerate transazioni le calamità
naturali, il furto, ecc.
La rilevazione delle transazioni da cui non derivano
flussi di cassa è effettuata al fine di attuare pienamente il contenuto autorizzatorio degli stanziamenti di previsione.
La registrazione delle transazioni che non presentano flussi di cassa è effettuata attraverso le regolarizzazioni contabili, costituite da impegni cui
corrispondono accertamenti di pari importo e da
mandati versati in quietanza di entrata nel bilancio
dell’amministrazione stessa.
Le regolazioni contabili sono effettuate solo con
riferimento a transazioni che riguardano crediti e
debiti o che producono effetti di natura economicopatrimoniale. Sono escluse le regolazioni contabili
che registrano movimenti interni di risorse tra le
articolazioni organizzative di un ente prive di autonomia contabile e di bilancio”.
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
Cap. IX
Gli obblighi di comunicazione al Ministero
dell’Economia e delle Finanze
L’art. 2 comma 222 della legge finanziaria 2010 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato di cui all’art. 1, comma 2, del
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio,
la previsione triennale:
a) del loro fabbisogno di spazio allocativo;
b) delle superfici da esse occupate non più necessarie.
L’Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza
dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui agli artt. 1, commi 204 e seguenti, della legge 27dicembre 2006, n.
296, e successive modificazioni, nonché 74 del D.L.
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni:
a) accerta l’esistenza di immobili da assegnare in
uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi comuni d’investimento immobiliare di
cui all’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre
2001, n. 410, e successive modificazioni;
b) verifica la congruità del canone degli immobili
di proprietà di terzi, ai sensi dell’art. 1, comma 479,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266, individuati
dalle predette amministrazioni tramite indagini di
mercato;
c) stipula i contratti di locazione ovvero rinnova,
qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza
sottoscritti dalle predette amministrazioni e, salvo
quanto previsto alla lett. d), adempie i predetti contratti;
d) consegna gli immobili locati alle amministrazioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne
assumono ogni responsabilità e onere.
A decorrere dal 1 gennaio 2011, è nullo ogni contratto di locazione di immobili non stipulato dall’Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri
e dichiarati indispensabili per la protezione degli
interessi della sicurezza dello Stato con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Nello stato di previsione della spesa del Ministero
dell’economia e delle finanze è istituito un fondo
unico destinato alle spese per canoni di locazione
di immobili assegnati alle predette amministrazioni
dello Stato.
Per la quantificazione delle risorse finanziarie da
assegnare al fondo, le predette amministrazioni
comunicano annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze l’importo dei canoni locativi. Le
risorse del fondo sono impiegate dall’Agenzia del
demanio per il pagamento dei canoni di locazione.
A decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando
quanto previsto dall’art. 2, commi 618 e 619, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni
interessate comunicano semestralmente all’Agenzia
del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia
sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di
terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l’ammontare dei relativi oneri. Gli stanziamenti delle singole
amministrazioni per gli interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria, a decorrere dall’esercizio
finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi
spesi e comunicati all’Agenzia del demanio, fermi
restando i limiti stabiliti dall’art. 2, comma 618, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Tutte le amministrazioni pubbliche di cui al citato
art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, che utilizzano o detengono,
a qualunque titolo, immobili di proprietà dello
Stato o di proprietà dei medesimi soggetti pubblici, (dovevano entro 90 giorni dall’entrata in vigore
della legge) devono trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro
l’elenco identificativo dei predetti beni ai fini della
redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a
prezzi di mercato previsto dall’art. 6, comma 8, lett.
e), del regolamento di cui al D.P.R. 30 gennaio 2008,
n. 43, e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all’art. 14 del D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279.
L’obbligo è peraltro mantenuto per ciascun esercizio, in quanto entro il 31 gennaio di ciascun anno
le stesse amministrazioni sono tenute a comunicare
le eventuali variazioni intervenute. Qualora emerga
l’esistenza di immobili di proprietà dello Stato non
in gestione dell’Agenzia del demanio, gli stessi rientrano nella gestione dell’Agenzia. Con decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze l’obbligo di
comunicazione può essere esteso ad altre forme di
attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali. In caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione e di trasmissione, l’Agenzia
1711
area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile
del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte
dei conti. La ricognizione è effettuata con le modalità previste con decreto del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, di concerto con il Ministero
dell’economia e delle finanze. Con provvedimento
del Direttore dell’Agenzia del demanio sono stabilite le modalità delle comunicazioni e delle trasmissioni previste dal presente comma.
Qualora nell’attuazione dei piani di razionalizzazione di cui al comma 222, periodo nono, della
legge 23 dicembre 2009, n. 191, l’amministrazione
utilizzatrice, per motivi ad essa imputabili, non
provvede al rilascio degli immobili utilizzati entro
il termine stabilito, su comunicazione dall’Agenzia
del demanio il Ministero dell’economia e finanze Dipartimento della ragioneria generale dello Stato
effettua una riduzione lineare degli stanziamenti di
spesa dell’amministrazione stessa pari all’8 per cento del valore di mercato dell’immobile rapportato al
periodo di maggior permanenza.
Gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 2,
comma 222, periodo dodicesimo, della legge 23
dicembre 2009, n. 191, sono estesi alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico
consolidato della pubblica amministrazione, come
individuate dall’Istituto nazionale di statistica
(ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge
31 dicembre 2009, n. 196.
La violazione degli obblighi di comunicazione stabiliti dall’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre
2009, n. 191, e successive modificazioni, e dai decreti
di cui al medesimo comma, quindicesimo periodo,
è causa di responsabilità amministrativa. Le amministrazioni soggette ai suddetti obblighi individuano, secondo le rispettive strutture organizzative e
i relativi profili di competenza, i responsabili della
comunicazione stessa, trasmettendoli al Ministero
dell’economia e delle finanze - Dipartimento del
tesoro, tramite registrazione sul portale. Per la comunicazione delle unità immobiliari e dei terreni,
delle concessioni e delle partecipazioni, prevista dal
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze
del 30 luglio 2010, il termine per l’adempimento è
il 31 gennaio 2012. All’art. 2, comma 222, dodicesimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,
le parole: “rendiconto patrimoniale dello Stato a
prezzi di mercato previsto dall’articolo 6, comma
8, lettera e), del regolamento di cui al decreto del
Presidente della Repubblica del 30 gennaio 2008, n.
43 e del conto generale del patrimonio dello Stato
di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 agosto
1997, n. 279” sono sostituite dalle seguenti: “rendi1712
conto patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche
a valori di mercato”. All’art. 2, comma 222, sedicesimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,
le parole: “l’Agenzia del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti” sono sostituite dalle
seguenti: “l’Agenzia del demanio e il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ne
effettuano la segnalazione alla Corte dei conti per gli
atti di rispettiva competenza”.
Cap. X
La legge di stabilità 2014 - Legge 27 dicembre
2013, n. 147
La legge di stabilità 2014 ricomprende alcune norme
di interesse concernenti la gestione patrimoniale.
Il comma 388 prevede che anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della
spesa, i contratti di locazione di immobili stipulati
dalle amministrazioni individuate ai sensi dell’art.
1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e
s.m., non possono essere rinnovati, qualora l’Agenzia del demanio, nell’ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni
prima della data entro la quale l’amministrazione
locataria può avvalersi della facoltà di comunicare
il recesso dal contratto. Nell’ambito della propria
competenza di monitoraggio, l’Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell’applicazione di prezzi medi di
mercato, soltanto a condizione che non sussistano
immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione delle disposizioni del presente
comma sono nulli. Il successivo comma prevede
che le disposizioni del comma 388 non si applicano
per i contratti di locazione di immobili di proprietà
dei fondi comuni di investimento immobiliare già
costituiti ai sensi dell’art. 4 del D.L. 25 settembre
2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla
legge 23 novembre 2001, n. 410, e s.m., nonché degli immobili di proprietà dei terzi aventi causa da
detti fondi, per il limite di durata del finanziamento
degli stessi fondi.
Il comma 391 prevede che entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo definisce, sentite la Conferenza unificata di cui
all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, le competenti Commissioni parlamentari e la società di cui
all’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,
un programma straordinario di cessioni di immo-
il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27
bili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero
della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali,
tale da consentire introiti per il periodo 2014-2016
non inferiori a 500 milioni di euro annui.
Il comma 392 interviene sull’art. 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
I comuni possono cedere in proprietà le aree
comprese nei piani approvati a norma della legge
18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi
dell’art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, già
concesse in diritto di superficie ai sensi dell’art. 35,
quarto comma, della medesima legge n. 865/1971.
Le domande di acquisto pervenute dai proprietari
di alloggi ubicati nelle aree non escluse, prima della
approvazione della delibera comunale, conservano
efficacia. Le convenzioni stipulate ai sensi dell’art.
35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e s.m., e precedentemente alla data di entrata in vigore della
legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del
diritto di proprietà, possono essere sostituite con la
convenzione di cui all’art. 8, commi primo, quarto
e quinto, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, alle seguenti condizioni:
a) per una durata di 20 anni diminuita del tempo
trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto
di superficie o la cessione in proprietà delle aree e
quella di stipulazione della nuova convenzione;
b) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio
edificato, calcolato ai sensi del comma 48.
La trasformazione del diritto di superficie in diritto
di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito
di proposta da parte del comune e di accettazione
da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro
pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi del comma 48.
In particolare il comma 48 prevede che il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal
comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in
misura pari al 60 per cento di quello determinato
attraverso il valore venale del bene, con la facoltà
per il comune di abbattere tale valore fino al 50 per
cento, al netto degli oneri di concessione del diritto
di superficie, rivalutati sulla base della variazione,
accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi
tra il mese in cui sono stati versati
i suddetti oneri e quello di stipula dell’atto di cessione delle aree. Comunque il costo dell’area così
determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in
diritto di proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47.
1713