Parte Ventisettesima Il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione TITOLO I I principi generali dell’ordinamento e la gestione delle aziende di erogazione Cap. I L’ordinamento finanziario e contabile L’art. 151 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, in seguito TUEL, come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 118/2011 a sua volta integrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014 (armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro organismi), determina i principi generali in materia di contabilità stabilendo che i risultati della gestione finanziaria, economico e patrimoniale sono dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale. L’avvenuta approvazione del D.Lgs. n. 126/2014 che modifica e integra il D.Lgs. n. 118/2011 recante le norme in materia di armonizzazione della contabilità e degli schemi di bilancio di Regioni, Comuni, Province e loro organismi, comporta la modifica di tutti principi, generali e applicati, del TUEL, degli schemi di bilancio e di rendiconto e dei relativi allegati, ma soprattutto richiede una completa e totale rivisitazione e riprogettazione delle modalità di reperimento e di impiego delle risorse pubbliche e di come ciò è rappresentato ed evidenziato dalla contabilità pubblica degli enti territoriali e loro organismi. È pertanto prima di tutto un cambiamento di mentalità e di approcci alla gestione delle risorse pubbliche: in ciò si ricomprende come parte fondamentale la gestione del patrimonio pubblico. Come tutte le “vere riforme” richiede un superamento di sicurezze e logiche del passato: per questo trova in questa fase iniziale resistenze all’applicazione a regime. Francesco Delfino Vediamo ora i riflessi, in sintesi e principali, sulla programmazione e gestione patrimoniale. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto della gestione, il quale comprende il conto del bilancio, il conto economico e lo stato patrimoniale (art. 227, TUEL). L’analisi contabile è tridimensionale nell’esame degli aspetti finanziari, economici e patrimoniali della gestione e avviene in modo integrato e concomitante in base ai principi contabili approvati con il D.Lgs. n. 118/2011 integrato e modificato dal D.Lgs. n. 126/2014, già citato. Al rendiconto è allegata una relazione della Giunta sulla gestione che esprime le valutazioni di efficacia dell’azione condotta sulla base dei risultati conseguiti, e gli altri documenti previsti dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118. Entro il 31 luglio l’ente approva il bilancio consolidato con i bilanci dei propri organismi e enti strumentali e delle società controllate e partecipate, secondo il principio applicato n. 4/4 di cui al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (art. 151, TUEL). La relazione sulla gestione è un documento illustrativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio, contiene ogni eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei dati contabili, ed è predisposto secondo le modalità previste dall’art. 11, comma 6, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Tale articolo prevede che “la relazione sulla gestione allegata al rendiconto è un documento illustrativo della gestione dell’ente, nonché dei fatti di rilievo verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio e di ogni eventuale informazione utile ad una migliore comprensione dei dati contabili. In particolare la relazione illustra (tra l’altro): ... omissis... a) i criteri di valutazione utilizzati; ... omissis... g) l’elencazione dei diritti reali di godimento e la loro illustrazione; 1657 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile ... omissis... j) gli esiti della verifica dei crediti e debiti reciproci con i propri enti strumentali e le società controllate e partecipate. La predetta informativa, asseverata dai rispettivi organi di revisione, evidenzia analiticamente eventuali discordanze e ne fornisce la motivazione; in tal caso l’ente assume senza indugio, e comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie; ... omissis... l) l’elenco delle garanzie principali o sussidiarie prestate dall’ente a favore di enti e di altri soggetti ai sensi delle leggi vigenti, con l’indicazione delle eventuali richieste di escussione nei confronti dell’ente e del rischio di applicazione dell’art. 3, comma 17 della legge 24 dicembre 2003, n. 350; m) l’elenco descrittivo dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare dell’ente alla data di chiusura dell’esercizio cui il conto si riferisce, con l’indicazione delle rispettive destinazioni e degli eventuali proventi da essi prodotti; n) gli elementi richiesti dall’art. 2427 e dagli altri articoli del codice civile, nonché da altre norme di legge e dai documenti sui principi contabili applicabili. L’aspetto patrimoniale della gestione diventa pertanto ad ogni effetto elemento non soltanto “di consuntivo” ma componente dell’attività sia di governo, sia direzionale dell’ente locale tale che la giunta è chiamata a relazionare al consiglio sui risultati conseguiti nella gestione delle attività e passività patrimoniali, richiamando pertanto tutti i responsabili dei servizi ad assumere la direzione anche della gestione patrimoniale. In base al comma 5 dell’art. 227, novellato a seguito delle modifiche già citate, al rendiconto della gestione sono allegati i documenti previsti dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, ed i documenti indicati dallo stesso comma 5. I documenti di cui al comma 4, dell’art. 11, del D.Lgs. n. 118/2011 (oltre a quelli previsti dai relativi ordinamenti contabili) sono: a) il prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione; b) il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato; c) il prospetto concernente la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità; 1658 d) il prospetto degli accertamenti per titoli, tipologie e categorie; e) il prospetto degli impegni per missioni, programmi e macroaggregati; f) la tabella dimostrativa degli accertamenti assunti nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi; g) la tabella dimostrativa degli impegni assunti nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti imputati agli esercizi successivi; h) il prospetto rappresentativo dei costi sostenuti per missione; i) per le sole regioni, il prospetto dimostrativo della ripartizione per missioni e programmi della politica regionale unitaria e cooperazione territoriale, a partire dal periodo di programmazione 2014-2020; j) per i soli enti locali, il prospetto delle spese sostenute per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali; k) per i soli enti locali, il prospetto delle spese sostenute per lo svolgimento delle funzioni delegate dalle regioni; l) il prospetto dei dati SIOPE; m) l’elenco dei residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi anteriori a quello di competenza, distintamente per esercizio di provenienza e per capitolo; n) l’elenco dei crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione; o) la relazione sulla gestione dell’organo esecutivo redatta secondo le modalità previste dal comma 6; p) la relazione del collegio dei revisori dei conti. Sempre l’art. 227 del TUEL prevede che “Contestualmente al rendiconto, l’ente approva il rendiconto consolidato, comprensivo dei risultati degli eventuali organismi strumentali secondo le modalità previste dall’art. 11, commi 8 e 9, del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Nelle more dell’adozione della contabilità economico-patrimoniale, gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti che si avvalgono della facoltà, prevista dall’art. 232 (differimento al 2017 della tenuta della contabilità economico-patrimoniale), non predispongono il conto economico, lo stato patrimoniale e il bilancio consolidato… omissis... I modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili sono quelli previsti dal decreto del il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194. Tali modelli sono aggiornati con le procedure previste per l’aggiornamento degli allegati al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni…”. L’art. 230 è rubricato “Lo stato patrimoniale e conti patrimoniali speciali” e rappresenta la norma fondamentale, di principio e altresì precettiva, in materia di stato del patrimonio degli enti locali. In base a tale norma lo stato patrimoniale rappresenta i risultati della gestione patrimoniale e la consistenza del patrimonio al termine dell’esercizio ed è predisposto nel rispetto del principio contabile generale n. 17 e dei principi applicati della contabilità economico-patrimoniale di cui all’allegato n. 1 e n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente. Attraverso la rappresentazione contabile del patrimonio è determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale. Gli enti locali includono nello stato patrimoniale i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie secondo le modalità previste dal principio applicato della contabilità economicopatrimoniale di cui all’allegato n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Lo stato patrimoniale comprende anche i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione. Al rendiconto della gestione è allegato l’elenco di tali crediti distintamente rispetto a quello dei residui attivi. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori. Gli enti locali provvedono annualmente all’aggiornamento degli inventari. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico valore. Lo stato patrimoniale è redatto secondo lo schema di cui all’allegato n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni. Nell’apposita sezione dedicata ai bilanci del sito internet degli enti locali è pubblicato il rendicon- to della gestione, il conto del bilancio articolato per capitoli, e il rendiconto semplificato per il cittadino di cui all’art. 11 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni. L’art. 232 del TUEL, modificato e integrato, prevede che “gli enti locali garantiscono la rilevazione dei fatti gestionali sotto il profilo economico-patrimoniale nel rispetto del principio contabile generale n. 17 della competenza economica e dei principi applicati della contabilità economico-patrimoniale di cui agli allegati n. 1 e n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti possono non tenere la contabilità economico-patrimoniale fino all’esercizio 2017”. L’art. 233-bis introduce il bilancio consolidato nel panorama degli strumenti di programmazione, gestione e rendicontazione degli enti locali: “Il bilancio consolidato di gruppo è predisposto secondo le modalità previste dal D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Il bilancio consolidato è redatto secondo lo schema previsto dall’allegato n. 11 del decreto legislativo 23 giugno 2011. n. 118, e successive modificazioni. Gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti possono non predisporre il bilancio consolidato fino all’esercizio 2017”. L’art. 149 del TUEL nello stabilire i principi generali in materia di finanza propria e derivata, fa espresso riferimento alle altre entrate proprie degli enti, “anche di natura patrimoniale”, con ciò richiamando espressamente come elemento costitutivo della finanza degli enti territoriali le risorse che derivano dalla gestione del patrimonio: tali risorse saranno assegnate alla responsabile gestione dei soggetti di vertice nei servizi dell’ente. Di particolare rilevanza è la modifica introdotta dal D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i. all’art. 153 del TUEL che disciplina il servizio economico-finanziario: si inserisce il periodo in base al quale il responsabile del servizio economico-finanziario e preposto “alla regolare tenuta della contabilità economico-patrimoniale”. Ciò rappresenta un contenuto di particolare innovatività nel contesto dell’organizzazione degli enti locali che richiede una completa e strutturata tenuta della contabilità economico-patrimoniale non più derivata dalla contabilità finanziaria ma “integrata” con la contabilità finanziaria. Si auspica che tale rivoluzione sia percepita nel suo valore reale e nelle finalità pubblicistiche volute dalla legge e dai principi, sia dai dirigenti locali, sia dai revisori. 1659 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile Nel disciplinare le funzioni dell’organo di revisione, all’art. 239 del TUEL si prevede espressamente la vigilanza sull’amministrazione dei beni, mentre la relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto dedica un’apposita sezione all’eventuale rendiconto consolidato di cui all’art. 11, commi 8 e 9, e contiene l’attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione. Del tutto nuova è invece la relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del bilancio consolidato di cui all’art. 233-bis e sullo schema di bilancio consolidato, redatta entro il termine previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall’organo esecutivo. L’art. 93 del Testo unico recante disposizioni in materia di responsabilità prevede che l’agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni dell’ente e coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, devono rendere conto della loro gestione: si tratta quindi anche di gestione di beni e quindi di natura patrimoniale le cui modalità di rendicontazione sono definite dall’art. 227 del TUEL. Sempre in materia di patrimonio, l’ordinamento introduce alcune regole di principio per le quali occorre fare riferimento all’art. 152, quarto comma del TUEL, per stabilire quali siano da considerare come principi generali con valore di limite inderogabile: introduce in primo luogo il concetto di conoscenza consolidata dei risultati globali della gestione riferiti ad enti ed organismi costituiti per l’esercizio di funzioni e servizi. È pertanto evidente la componente patrimoniale nel processo di consolidamento (art. 152, secondo comma del TUEL). Il principio della programmazione (all. 4/1 al D.Lgs. n. 118/2011 e smi) richiama le linee di indirizzo, gestione e rendicontazione in materia di patrimonio in diverse componenti fondamentali degli strumenti di programmazione degli enti locali: Documento Unico di programmazione (DUP) (art. 170, TUEL) e Piano Esecutivo di gestione (PEG) (art. 169, TUEL). Riportiamo alcuni stralci significativi del principio sulla programmazione relativi alla gestione del patrimonio: “Il DUP costituisce, nel rispetto del principio del coordinamento e coerenza dei documenti di bilan1660 cio, il presupposto necessario di tutti gli altri documenti di programmazione. Il DUP si compone di due sezioni: la Sezione Strategica (SeS) e la Sezione Operativa (SeO). La prima ha un orizzonte temporale di riferimento pari a quello del mandato amministrativo, la seconda pari a quello del bilancio di previsione”. ... omissis... Con riferimento alle condizioni interne, l’analisi strategica richiede, almeno, l’approfondimento dei seguenti profili e la definizione dei seguenti principali contenuti della programmazione strategica e dei relativi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato: ... omissis... Indirizzi generali di natura strategica relativi alle risorse e agli impieghi e sostenibilità economico finanziaria attuale e prospettica. A tal fine, devono essere oggetto di specifico approfondimento almeno i seguenti aspetti, relativamente ai quali saranno definiti appositi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato: 1. gli investimenti e la realizzazione delle opere pubbliche con indicazione del fabbisogno in termini di spesa di investimento e dei riflessi per quanto riguarda la spesa corrente per ciascuno degli anni dell’arco temporale di riferimento della SeS; 2. i programmi ed i progetti di investimento in corso di esecuzione e non ancora conclusi; 3. i tributi e le tariffe dei servizi pubblici; 4. la spesa corrente con specifico riferimento alla gestione delle funzioni fondamentali anche con riferimento alla qualità dei servizi resi e agli obiettivi di servizio; 5. l’analisi delle necessità finanziarie e strutturali per l’espletamento dei programmi ricompresi nelle varie missioni; 6. la gestione del patrimonio; 7. il reperimento e l’impiego di risorse straordinarie e in conto capitale; 8. l’indebitamento con analisi della relativa sostenibilità e andamento tendenziale nel periodo di mandato; 9. gli equilibri della situazione corrente e generali del bilancio ed i relativi equilibri in termini di cassa. ... omissis... Negli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, l’analisi strategica, per la parte esterna, può essere limitata ai soli punti 2 e 3. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 ... omissis... Il contenuto minimo della SeO è costituito: a) dall’indicazione degli indirizzi e degli obiettivi degli organismi facenti parte del gruppo amministrazione pubblica; b) dalla dimostrazione della coerenza delle previsioni di bilancio con gli strumenti urbanistici vigenti; c) per la parte entrata, da una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l’andamento storico degli stessi ed i relativi vincoli; d) dagli indirizzi in materia di tributi e tariffe dei servizi; e) dagli indirizzi sul ricorso all’indebitamento per il finanziamento degli investimenti; f) per la parte spesa, da una redazione per programmi all’interno delle missioni, con indicazione delle finalità che si intendono conseguire, della motivazione delle scelte di indirizzo effettuate e delle risorse umane e strumentali ad esse destinate; g) dall’analisi e valutazione degli impegni pluriennali di spesa già assunti; h) dalla valutazione sulla situazione economicofinanziaria degli organismi gestionali esterni; i) dalla programmazione dei lavori pubblici svolta in conformità ad un programma triennale e ai suoi aggiornamenti annuali; j) dalla programmazione del fabbisogno di personale a livello triennale e annuale; k) dal piano delle alienazioni e valorizzazioni dei beni patrimoniali. La SeO si struttura in due parti fondamentali: - Parte 1, nella quale sono descritte le motivazioni delle scelte programmatiche effettuate, sia con riferimento all’ente sia al gruppo amministrazione pubblica, e definiti, per tutto il periodo di riferimento del DUP, i singoli programmi da realizzare ed i relativi obiettivi annuali; - Parte 2, contenente la programmazione dettagliata, relativamente all’arco temporale di riferimento del DUP, delle opere pubbliche, del fabbisogno di personale e delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio. Cap. II La gestione economica e la gestione finanziaria La gestione delle aziende di erogazione è caratterizzata dall’acquisto di beni e servizi economici (secondo la definizione della scienza economica, cioè scarsamente disponibili) destinati direttamente o indirettamente all’erogazione attuata mediante l’utilizzazione di questi stessi beni e servizi. I mezzi finanziari che «misurano» il valore dei beni e servizi acquistati e quindi erogati determinano le entrate e le uscite. Con riferimento alle entrate e alle uscite si possono avere, per le entrate - rendite e/o proventi - quando si tratta di entrate che influiscono direttamente ed effettivamente sul capitale netto dell’azienda, determinando in tal modo un aumento delle disponibilità finanziarie da erogare o consumare per soddisfare i fabbisogni espressi dalla collettività a cui si riferisce l’attività dell’azienda. Nello stesso modo quando si tratta di uscite - spese - si parla di somme utilizzate per il soddisfacimento dei bisogni espressi e che influiscono direttamente sul capitale netto aziendale in termini di diminuzione delle disponibilità finanziarie da erogare o da consumare. Il concetto più ampio di entrate e uscite aventi natura meramente finanziaria (ad esempio entrate per acquisizione di finanziamenti a medio e lungo termine e uscite per impiego di entrate da finanziamenti) determina i valori di queste rendite e spese «misurato» da entrate e uscite di denaro o monetarie (movimenti di cassa - valori numerari certi) o da crediti e debiti sorgenti che temporaneamente sostituiscono entrate e uscite di cassa (valori numerari assimilati). Si formano così i due contenuti della gestione: “gestione economica” e “gestione finanziaria”. La “gestione economica” è costituita dall’insieme delle rendite e spese che si manifestano per effetto dell’attività ordinaria e principale dell’azienda di erogazione, mentre la “gestione finanziaria” è costituita invece dall’intero insieme, indistinto, delle entrate e delle uscite. Anche nelle aziende di erogazione, come nelle imprese, la gestione si svolge con continuità ma, per fini conoscitivi, di controllo, giuridici, sociali e fiscali si suddivide la vita dell’azienda in periodi amministrativi alla fine dei quali viene presentato il «rendiconto di gestione» del periodo. Ecco sorgere in questo modo il concetto di «flusso» e di «fondo» 1661 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile per i valori utilizzati e a disposizione dell’azienda: pertanto le rendite/spese della contabilità economica nonché le entrate/uscite finanziarie, rappresentano componenti di un flusso perché relative a movimentazioni di entrata e di uscita il cui ciclo gestionale è di durata annuale o infrannuale. Quando invece operiamo il riferimento all’insieme di beni economici a disposizione dell’azienda, per il soddisfacimento di bisogni individuali o collettivi, introduciamo le componenti di un “fondo” inserite in cicli gestionali che perdurano oltre l’anno di riferimento. Infatti la composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio aziendale rappresentata nella situazione patrimoniale (stato patrimoniale) può essere ricondotta a due principali espressioni: - il complesso dei beni e diritti che costituiscono le risorse di cui l’azienda dispone per lo svolgimento della propria attività, in un determinato istante in conseguenza della combinazione dei fattori utilizzati; - i modi attraverso i quali le suddette risorse sono state finanziate, mediante la fondamentale ripartizione tra mezzi propri da autofinanziamento e mezzi ottenuti con il ricorso all’indebitamento. Questa situazione ha carattere «statico» e non ci informa sulle forze (attività gestionale in corso di esercizio) che sono all’origine della sua composizione: i valori delle risorse impiegate indicano gli investimenti in essere in un determinato momento, mentre i valori dei finanziamenti (in un’azienda privata: valore dei debiti e ammontare del capitale di proprietà derivante da conferimenti e da autofinanziamento) chiariscono come i suddetti investimenti sono stati acquisiti. I valori sopra descritti esprimono grandezze che hanno la natura di «fondi», mentre le variazioni di tali grandezze (fondi), sia in aumento sia in diminuzione, indicative della loro dinamica, costituiscono le grandezze “flusso o flussi” che, rappresentando l’aspetto dinamico (movimento destinato ad esplicitare le grandezze) indicano ed esprimono le variazioni subite dalle grandezze che costituiscono lo stato del patrimonio osservate in diversi momenti di riferimento (1). L’analisi dell’aspetto economico della gestione riferito agli investimenti e disinvestimenti (costi e ricavi), ai consumi e ai reintegri della ricchezza consumata, nonché della considerazione dell’aspetto (1) Vedi Giuseppe Farneti, I flussi monetari nell’indagine patrimoniale-finanziaria, G. Giappichelli, Torino, 1993. 1662 finanziario della medesima gestione (aspetto finanziario come misuratore di quello economico) relativo ai movimenti del denaro, dei crediti e dei debiti, devono completarsi e fondersi in un terzo aspetto della gestione: quello patrimoniale. 1. Il patrimonio ed il capitale Il concetto “patrimonio”, è da tenere distinto da quello di “capitale” in quanto il primo è costituito da un insieme di beni che l’azienda di erogazione utilizza per il soddisfacimento diretto o indiretto di bisogni, ma che tende a conservare (principio di conservazione del patrimonio) e comprende le attività intese “come impieghi di risorse” nonché le passività quali “fonti di finanziamento degli impieghi”. Il capitale, invece, è composto da un insieme di beni destinato a trasformarsi per effetto della gestione allo scopo di accrescerne il valore (remunerazione del capitale investito): esso rappresenta pertanto il mezzo e il fine della gestione. 2. L’attività di gestione L’attività di gestione dell’ente è analizzata ai fini della conoscenza degli aspetti finanziari, economici e patrimoniali sottostanti a correlate operazioni amministrative di esercizio: - l’aspetto finanziario riguarda i movimenti globali di entrata e di uscita (concetto di flusso); - l’aspetto economico riguarda le combinazioni dei fattori a disposizione dell’ente per essere impiegati nei processi acquisitivi, di erogazione e produzione di beni e servizi (concetto di flusso); - l’aspetto patrimoniale riguarda le attività e le passività intese come impieghi di risorse e fonti di finanziamento degli stessi, inseriti in cicli gestionali ultra - annuali (concetto di fondo). Cap. III La competenza finanziaria, la competenza economica e il conto del patrimonio Nella prassi contabile pubblica locale è sostanziale la differenziazione temporale, dal lato delle entrate, tra il momento del conseguimento delle rendite, proventi o ricavi e quello dell’accertamento, mentre per le uscite, fra il momento del sostenimento del costo e quello dell’impegno. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Le fasi di accertamento e impegno precedono le fasi di determinazione rispettivamente del credito e della somma da pagare e quindi non possono costituire la misura di componenti economici di esercizio. Ne consegue che la contabilità finanziaria assume l’importante funzione di rilevare i momenti gestionali che si susseguono, dall’autorizzazione a procedere ex ante sino alle fasi di riscossione e di pagamento, svolgendo altresì una funzione informativa esterna a consuntivo. La differenza temporale deve essere correttamente interpretata in quanto le grandezze considerate sotto l’aspetto finanziario sono comunque destinate a trasformarsi in grandezze economiche, svolgendo la funzione di rilevazione delle operazioni di gestione esterna, finalizzata alla conoscenza del risultato economico e del capitale: i risultati che si ottengono dalla stessa, basati sul principio dei diritti «constatati», sono in genere molto diversi da quelli rilevati dalla contabilità finanziaria. Quest’ultima, reggendosi sul principio della competenza (accertamenti di entrata, impegni di uscita) ha prevalente funzione autorizzatoria e quindi considera preminente l’autorizzazione al vincolo di determinate risorse per uno specifico impiego (acquisizione di un fattore produttivo) piuttosto che considerare il momento acquisitivo del fattore medesimo in corrispondenza con il sostenimento del «costo» o consumo di risorse o di ricchezza. I dati della contabilità finanziaria esprimono in questo modo i valori di acquisizioni e di impiego che ricercano il loro equilibrio in un momento antecedente rispetto a quello tipico ed effettivo delle operazioni gestionali e che appartiene al processo «decisionale» (decisioni di voler acquisire risorse o di impiegare risorse o spendere). Si può concludere che la «competenza finanziaria», differisce dalla «competenza economica» in quanto la prima è basata su tempi di rilevazione dei fatti amministrativi che precedono quelli della competenza economica, al fine di controllare l’azione di reperimento delle risorse e di spesa del settore pubblico. Fenomeni di distorsione tra le fasi di diritto della contabilità finanziaria e le reali posizioni creditorie e debitorie causati da procedure non rispettose delle norme e dei principi di contabilità pubblica, possono non rappresentare la reale situazione dell’ente in termini di crediti e debiti di esercizio. L’analisi che precede è utile anche per comprendere al meglio come si è resa necessaria e non più rinviabile la riforma della contabilità e degli schemi di bilancio degli enti territoriali e loro organismi. Il divario tra la rappresentazione della gestione degli enti operata con la contabilità finanziaria e quello corrispondente alla reale situazione di crediti e debiti relativi a obbligazioni giuridiche perfezionate e scadute, è divenuto talmente ampio che la rendicontazione finanziaria non riesce a rappresentare la veritiera situazione economico-finanziaria e patrimoniale dell’ente ed esercitare quindi in modo completo la propria funzione conoscitiva. Ciò deriva da una programmazione indipendente dalla variabile temporale (i cronoprogrammi e le scadenze dei crediti e dei debiti), dalla gestione riferita a accertamenti che si riferiscono anche ad entrate future e non riguardano solo obbligazioni giuridiche attive perfezionate, scadute ed esigibili, ad impegni che si riferiscono ad accantonamenti, a debiti futuri o ad obbligazioni inesistenti, ad impegni cosidetti tecnici (ex art. 183, c. 5, TUEL prima delle modifiche intervenute con il D.Lgs. n. 118/2011 - D.Lgs. 126/2014). Infine ad una rendicontazione che non riesce pertanto a esercitare la sua vera funzione conoscitiva e attesta equilibri tra obbligazioni attive a medio, lungo termine e obbligazioni passive ad esigibilità immediata. Questo è un solo accenno alle maggiori criticità del precedente ordinamento contabile, per ragione di materia e di spazio. Con il D.Lgs. n. 118/2011 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi, attuativo della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale e in particolare di cui all’art. 2, comma 1 e comma 2, lett. h) si approvano, in particolare, i principi contabili generali o postulati ai quali le regioni, le province autonome, gli enti locali di cui all’art. 2 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 conformano la propria gestione. Tali enti adottano la contabilità finanziaria cui affiancano, ai fini conoscitivi, un sistema di contabilità economico-patrimoniale, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico-patrimoniale. In particolare viene rivisitato il principio della competenza finanziaria in modo da stabilire la rilevazione dell’accertamento e dell’impegno nell’esercizio in cui l’obbligazione giuridica, rispettivamente attiva e passiva, viene a scadenza. Ciò determina un avvicinamento della contabilità finanziaria alla effettività della cassa (non si tratta di una contabilità di pura cassa) e anche per determinate fattispecie alla rilevazione economica. In particolare si supera l’anomalia dei residui impropri e di stanziamento. Si riduce 1663 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile il tempo della rilevazione “anticipata”, come sopra descritta, quale caratteristica tipica della contabilità finanziaria rispetto alla contabilità economicopatrimoniale. Con l’approvazione del D.Lgs. 126/2014 correttivo e integrativo del D.Lgs. n. 118/2011 si declinano tutti i principi contabili generali e applicati tra cui il principio della competenza finanziaria, cosidetta “potenziata o rafforzata”, e il principio della competenza economica. TITOLO II Gli elementi patrimoniali attivi e passivi nel principio contabile della contabilità economico-patrimoniale Si indicano di seguito i fondamenti del principio contabile della contabilità economico-patrimoniale (All. 4/3 al D.Lgs. 118/2011 e s.m.i.) riguardanti gli elementi attivi e passivo del patrimonio dell’ente. Cap. I Attivo In economia aziendale, si intende per immobilizzazione il bene che, all’interno dell’impresa, non esaurisce la sua utilità in un solo esercizio ma manifesta benefici economici in un arco temporale di più esercizi (sono anche indicati come “fattori produttivi a fecondità ripetuta”). 1. Immobilizzazioni Gli elementi patrimoniali destinati a essere utilizzati durevolmente dall’ente sono iscritti tra le immobilizzazioni. Condizione per l’iscrizione di nuovi beni patrimoniali materiali ed immateriali tra le immobilizzazioni (stato patrimoniale) è il verificarsi, alla data del 31 dicembre, dell’effettivo passaggio del titolo di proprietà dei beni stessi. Il principio disciplina anche le attività oggetto di cartolarizzazione e i beni relativi alle operazioni di leasing finanziario. 2. Immobilizzazioni immateriali Costi d’impianto e di ampliamento, costi di ricerca, sviluppo e pubblicità, immobilizzazioni in corso e acconti, altre immobilizzazioni immateriali, migliorie e spese incrementative su beni di terzi, usu1664 frutto su azioni e quote acquisite a titolo oneroso, oneri accessori su finanziamenti, costi di software applicativo prodotto per uso interno non tutelato si iscrivono nell’attivo applicando i criteri di iscrizione e valutazione previsti dal documento OIC n. 24, “Le immobilizzazioni immateriali”, nonché i criteri previsti nel principio contabile per l’ammortamento e la svalutazione per perdite durevoli di valore. La durata massima dell’ammortamento dei costi capitalizzati (salvo le migliorie e spese incrementative su beni di terzi) è quella quinquennale prevista dall’art. 2426, n. 5, c.c. Il principio disciplina anche gli investimenti effettuati apportando miglioramento su immobili di terzi. I diritti di brevetto industriale (anche se acquisiti in forza di contratto di licenza), i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno (compreso il software applicativo giuridicamente tutelato), le concessioni, le licenze, i marchi ed i diritti simili (compreso il know-how giuridicamente tutelato) devono essere iscritti e valutati (al costo) in base ai criteri indicati nel documento OIC n. 24 sopra menzionato; l’ammortamento e l’eventuale svalutazione straordinaria per perdite durevoli di valore si effettuano in conformità ai criteri precisati nel principio contabile. Il principio disciplina anche la valutazione dei diritti acquisiti a titolo gratuito. L’avviamento va iscritto separatamente solo se relativo all’acquisizione, a titolo oneroso, di un’azienda o complesso aziendale. Per i criteri di valutazione, ammortamento e svalutazione straordinaria si fa riferimento al menzionato documento OIC n. 24. 3. Diritti reali di godimento e rendite, perpetue o temporanee Nell’ipotesi in cui i diritti reali di godimento e rendite, perpetue o temporanee, sono acquisiti al patrimonio dell’ente a titolo oneroso, col sostenimento di un costo, il valore da iscrivere è pari al costo di acquisizione, aumentato dei costi accessori. I criteri per l’ammortamento e le eventuali svalutazioni straordinarie sono analoghi a quelli valevoli per gli immobili acquisiti a titolo di piena proprietà. Se, invece, i diritti menzionati sono acquisiti a titolo gratuito (ad es. per donazione), il valore da iscrivere è il valore normale determinato da un esperto esterno secondo le modalità indicate per i diritti di brevetto industriale. Il principio contabile precisa le modalità di determinazione del valore da iscrivere in bilancio relativo il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 alle rendite ed ai diritti reali acquisiti a titolo gratuito di seguito indicati: • beni culturali; - rendite; - uso ed abitazione; • i beni librari, acquisiti per donazione e considerati come bene strumentale all’attività istituzionale oppure come bene non strumentale; - superficie; • le immobilizzazioni in corso. - usufrutto e nuda proprietà; - enfiteusi. 4. Immobilizzazioni in corso Le immobilizzazioni in corso costituiscono parte del patrimonio dell’ente costituito da cespiti di proprietà e piena disponibilità dell’ente non ancora utilizzabili perché in fase di realizzazione o, sebbene realizzati, non ancora utilizzabili da parte dell’ente. Il principio indica i criteri di valutazione delle immobilizzazioni in corso. 5. Immobilizzazioni materiali Le immobilizzazioni materiali sono distinte in beni demaniali e beni patrimoniali disponibili e indisponibili. Alla fine dell’esercizio, le immobilizzazioni materiali devono essere fisicamente esistenti presso l’amministrazione pubblica o essere assegnate ad altri soggetti sulla base di formali provvedimenti assunti dall’ente. Le immobilizzazioni sono iscritte nello stato patrimoniale al costo di acquisizione dei beni o di produzione, se realizzato in economia (inclusivo di eventuali oneri accessori d’acquisto, quali le spese notarili, le tasse di registrazione dell’atto, gli onorari per la progettazione, ecc.), al netto delle quote di ammortamento. Qualora, alla data di chiusura dell’esercizio, il valore sia durevolmente inferiore al costo iscritto, tale costo è rettificato, nell’ambito delle scritture di assestamento, mediante apposita svalutazione. Le rivalutazioni sono ammesse solo in presenza di specifiche normative che le prevedano e con le modalità ed i limiti in esse indicati. Per quanto non previsto nei principi contabili, i criteri relativi all’iscrizione nello stato patrimoniale, alla valutazione, all’ammortamento ed al calcolo di eventuali svalutazioni per perdite durevoli di valore si fa riferimento al documento OIC n. 16 “Le immobilizzazioni materiali”. Il principio contabile disciplina anche le seguenti fattispecie: • beni mobili ricevuti a titolo gratuito; • immobili acquisiti dall’ente a titolo gratuito; 6. Immobilizzazioni finanziarie Le immobilizzazioni finanziarie (partecipazioni, titoli, crediti concessi, ecc) sono iscritte sulla base del criterio del costo di acquisto, rettificato dalle perdite di valore che, alla data di chiusura dell’esercizio, si ritengano durevoli. Il principio contabile disciplina la valutazione delle seguenti tipologie di immobilizzazioni finanziarie. 6.1. Azioni Per le partecipazioni azionarie immobilizzate, il criterio di valutazione è quello del costo, ridotto delle perdite durevoli di valore (art. 2426 n. 1 e n. 3 codice civile). Le partecipazioni in imprese controllate e partecipate sono valutate in base al “metodo del patrimonio netto” di cui all’art. 2426 n. 4 codice civile. Gli eventuali utili derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto devono determinare l’iscrizione di una specifica riserva del patrimonio netto vincolata all’utilizzo del metodo del patrimonio. Le eventuali perdite sono portate a conto economico. Il principio analizza quindi il processo di valutazione affrontando casi specifici. 6.2. Partecipazioni non azionarie I criteri di iscrizione e valutazione sono analoghi a quelli valevoli per le azioni. 6.3. Titoli A seconda che si tratti di titoli immobilizzati o destinati allo scambio, si applicano i criteri previsti dall’art. 2426 codice civile. Per i titoli quotati non è necessario far ricorso ad un esperto esterno. 6.4. I crediti concessi dall’ente Il valore è determinato dallo stock di crediti concessi, risultante alla fine dell’esercizio precedente, più gli accertamenti per riscossione crediti imputati all’esercizio in corso e agli esercizi successivi a fronte di impegni assunti nell’esercizio per concessioni 1665 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile di credito, al netto degli incassi realizzati per riscossioni di crediti. Non costituiscono immobilizzazioni finanziarie le concessioni di credito per far fronte a temporanee esigenze di liquidità. Nello stato patrimoniale tali crediti sono rappresentati al netto del fondo svalutazione crediti riguardante i crediti di finanziamento. 6.5. Derivati di ammortamento Il principio analizza sia i derivati bullet/amortizing, sia i derivati riguardanti flussi di solo interesse. 7. Attivo circolante In economia aziendale l’attivo circolante è costituito da beni destinati alla vendita, al consumo o alla produzione che esauriscono la loro utilità in tempi brevi o da disponibilità finanziarie in attesa di impiego. L’attivo circolante è composto: - dalle rimanenze, costituite da scorte di beni destinati a essere utilizzati entro breve tempo nella produzione, venduti o consumati e da costi sospesi inerenti a servizi pagati in via anticipata; - dai crediti, costituiti da importi d riscuotere con scadenza entro un anno, di natura commerciale o finanziaria; - dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni e che comprendono gli strumenti finanziari che l’impresa detiene in portafoglio per periodi di tempo non lunghi; - dalle disponibilità liquide, costituite dai valori in cassa e dai fondi depositati nei conti correnti postali e bancari in attesa di essere utilizzati. 8. Rimanenze di magazzino Le eventuali giacenze di magazzino (materie prime, secondarie e di consumo; semilavorati; prodotti in corso di lavorazione; prodotti finiti; lavori in corso su ordinazione) vanno valutate al minore fra costo e valore di presumibile realizzazione desunto dall’andamento del mercato (art. 2426, n. 9, codice civile). 9. I Crediti 9.1. Crediti di funzionamento I crediti di funzionamento sono iscritti nell’attivo dello Stato patrimoniale solo se corrispondenti ad obbligazioni giuridiche perfezionate esigibili, per le 1666 quali il servizio è stato reso o è avvenuto lo scambio dei beni. La corretta applicazione del principio della competenza finanziaria garantisce la corrispondenza tra i residui attivi diversi da quelli di finanziamento e l’ammontare dei crediti di funzionamento. I crediti sono iscritti al valore nominale, ricondotto al presumibile valore di realizzo, attraverso apposito fondo svalutazione crediti portato a diretta diminuzione degli stessi. Il Fondo svalutazione crediti corrisponde alla sommatoria, al netto degli eventuali utilizzi, degli accantonamenti annuali per la svalutazione dei crediti sia di funzionamento che di finanziamento. L’ammontare del fondo svalutazione crediti dovrebbe essere, data la metodologia di calcolo dell’accantonamento al fondo stesso di cui ai punti n. 4.20 e n. 4.27, di pari importo almeno pari a quello inserito nel conto del bilancio. Però, il valore dei fondi previsti in contabilità finanziaria ed in contabilità economico-patrimoniale potrebbe essere diverso e il principio contabile analizza e descrive i motivi di tale diversità. Nello Stato patrimoniale, il Fondo svalutazione crediti non è iscritto tra le poste del passivo, in quanto è portato in detrazione delle voci di credito a cui si riferisce. Il principio indica quindi come si struttura il fondo e cosa deve indicare in dettaglio. 9.2. Crediti da finanziamenti contratti dall’ente Corrispondono ai residui attivi per accensioni di prestiti derivanti dagli esercizi precedenti più i residui attivi per accensioni di prestiti sorti nell’esercizio, meno le riscossioni in conto residui dell’esercizio relative alle accensioni di prestiti. 9.3. Crediti finanziari concessi dall’ente Costituiscono crediti finanziari concessi dall’ente i crediti per fronteggiare esigenze di liquidità dei propri enti e delle società controllate e partecipate. 10. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni Le azioni e i titoli detenuti per la vendita nei casi consentiti dalla legge sono valutati al minore fra il costo di acquisizione e il presumibile valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 11. Le disponibilità liquide Nel piano dei conti patrimoniale le disponibilità liquide sono articolate nelle seguenti voci: - conto di tesoreria, che comprende il conto “Istituto tesoriere/cassiere”, nel quale, nel rispetto delle regole della Tesoreria Unica, sono registrati i movimenti del conto corrente di tesoreria gestito dal tesoriere, unitariamente alla contabilità speciale di tesoreria unica presso la Banca d’Italia. In altre parole, per l’ente, le disponibilità liquide versate nel conto corrente bancario di tesoreria e nella contabilità speciale di tesoreria unica costituiscono un unico fondo, al quale si versa e si preleva. E’ il tesoriere che gestisce i versamenti e i prelievi tra i due conti (non oggetto di rilevazione contabile da parte dell’ente); - altri depositi bancari e postali; - assegni; - denaro e valori in cassa. Il principio contabile disciplina in dettaglio la sana gestione delle disponibilità giacenti presso i conti correnti e di deposito postali o riguardanti i fondi economali, intestati all’ente, l’attività di regolarizzazione dei sospesi formatisi nell’esercizio precedente, la cassa libera e la cassa vincolata e il caso della presenza dell’anticipazione di tesoreria. 12. Ratei e risconti I ratei e risconti sono iscritti e valutati in conformità a quanto precisato dall’art. 2424-bis, comma 6, codice civile. I ratei attivi sono rappresentati, rispettivamente, dalle quote di ricavi/proventi che avranno manifestazione finanziaria futura (accertamento dell’entrata), ma che devono, per competenza, essere attribuiti all’esercizio in chiusura (ad es. fitti attivi). Le quote di competenza dei singoli esercizi si determinano in ragione del tempo di utilizzazione delle risorse economiche (beni e servizi) il cui ricavo/ provento deve essere imputato. Non costituiscono ratei attivi quei trasferimenti con vincolo di destinazione che, dovendo dare applicazione al principio dell’inerenza, si imputano all’esercizio in cui si effettua il relativo impiego. I risconti attivi sono rappresentati rispettivamente dalle quote di costi che hanno avuto manifestazione finanziaria nell’esercizio (liquidazione della spesa/ pagamento), ma che vanno rinviati in quanto di competenza di futuri esercizi. La determinazione dei risconti attivi avviene considerando il periodo di validità della prestazione, indipendentemente dal momento della manifestazione finanziaria. In sede di chiusura del bilancio consuntivo, i ricavi ed i costi rilevati nel corso dell’esercizio sono rettificati rispettivamente con l’iscrizione di risconti commisurati alla quota da rinviare alla competenza dell’esercizio successivo. Cap. II Passivo 1. Fondi per rischi e oneri Alla data di chiusura del rendiconto della gestione occorre valutare i necessari accantonamenti a fondi rischi e oneri destinati a coprire perdite o debiti aventi le seguenti caratteristiche: • natura determinata; • esistenza certa o probabile; • ammontare o data di sopravvenienza indeterminati alla chiusura dell’esercizio. Fattispecie tipiche delle amministrazioni pubbliche sono rappresentate da eventuali controversie con il personale o con i terzi, per le quali occorre stanziare a chiusura dell’esercizio un accantonamento commisurato all’esborso che si stima di dover sostenere al momento della definizione della controversia; la stima dei suddetti accantonamenti deve essere attendibile e, pertanto, è necessario avvalersi delle opportune fonti informative, quali le stime effettuate dai legali. Il principio contabile analizza e disciplina le passività che danno luogo ad accantonamenti a fondi per rischi e oneri: - accantonamenti per passività certe, il cui ammontare o la cui data di estinzione sono indeterminati; - accantonamenti per passività la cui esistenza è solo probabile, si tratta delle cosiddette “passività potenziali” o fondi rischi. I fondi del passivo non possono essere utilizzati per attuare “politiche di bilancio” tramite la costituzione di generici fondi rischi privi di giustificazione economica. In riferimento ai “Fondi per oneri”, il principio contabile richiama i principi generali del bilancio, in particolare i postulati della competenza e della prudenza. 1667 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile 2. Fondi di quiescenza e obblighi simili La voce accoglie i fondi diversi dal trattamento di fine rapporto ex art. 2120 Codice Civile, quali ad esempio: - i fondi di pensione, costituiti in aggiunta al trattamento previdenziale di legge (ad es. INPS ecc.), per il personale dipendente; - i fondi di pensione integrativa derivanti da accordi aziendali, interaziendali o collettivi per il personale dipendente; - i fondi di indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. 3. Fondo manutenzione ciclica È il fondo per la manutenzione ciclica e periodica iscritto nello stato patrimoniale a fronte delle spese di manutenzione ordinaria, svolte periodicamente dopo un certo numero di anni o ore di servizio maturate in più esercizi su certi grandi impianti o su immobilizzazioni sulla base di norme di legge o regolamenti dell’ente. Tale fondo non intende coprire costi per apportare migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti, che si concretizzino in un incremento significativo e tangibile di capacità o di produttività o di sicurezza (manutenzioni di tipo straordinario), per i quali si rimanda alla disciplina delle immobilizzazioni materiali. Gli stanziamenti a tale fondo hanno l’obiettivo di ripartire, secondo il principio della competenza fra i vari esercizi, il costo di manutenzione che, benché effettuata dopo un certo numero di anni, si riferisce ad un’usura del bene verificatasi anche negli esercizi precedenti a quello in cui la manutenzione viene eseguita. Il principio contabile analizza le condizioni che devono ricorrere per effettuare l’accantonamento, i criteri per la determinazione del fondo e la congruità dello stesso. 4. Fondo per copertura perdite di società partecipate Qualora l’ente abbia partecipazioni immobilizzate in società che registrano perdite che non hanno natura durevole (in caso di durevolezza della perdita, infatti, occorre svalutare direttamente le partecipazioni) e abbia l’obbligo o l’intenzione di coprire tali perdite per la quota di pertinenza, accantona a un fondo del passivo dello stato patrimoniale un ammontare pari all’onere assunto. 1668 In relazione alla tipologia dell’impegno, se il relativo onere ha già la natura di debito, sarà classificato come tale. Relativamente al “Fondo vincolato per perdite reiterate negli organismi partecipati”, da accantonare ai sensi dell’art. 1, comma 550 e seguenti, della legge 147/2013 (legge di stabilità 2014), occorre richiamare la delibera della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 4/2015, recante “Linee di indirizzo per il passaggio alla nuova contabilità delle Regioni e degli enti locali (D.Lgs. n. 118/2011 modificato e integrato dal D.Lgs. n. 126/2014)”, che al paragrafo otto definisce l’orientamento da seguire da parte degli enti in applicazione dei principi di prudenza, attendibilità, veridicità ed equilibrio del bilancio finanziario autorizzatorio. 5. Passività potenziali Con l’espressione “passività potenziali” ci si riferisce a passività connesse a “potenzialità”, cioè a situazioni già esistenti ma con esito pendente in quanto si risolveranno in futuro. In particolare, per “potenzialità” si intende una situazione, una condizione od una fattispecie esistente alla data del rendiconto della gestione, caratterizzata da uno stato d’incertezza, la quale, al verificarsi o meno di uno o più eventi futuri, potrà concretizzarsi per l’ente in una perdita, confermando il sorgere di una passività o la perdita parziale o totale di un’attività (ad esempio, una causa passiva, l’inosservanza di una clausola contrattuale o di una norma di legge, un pignoramento, rischi non assicurati, ecc.). La valutazione delle potenzialità deve essere sorretta dalle conoscenze delle specifiche situazioni, dall’esperienza del passato e da ogni altro elemento utile, e devono essere effettuati nel rispetto dei postulati del bilancio d’esercizio ed, in particolare, di quelli dell’imparzialità e della verificabilità. Il principio contabile analizza in dettaglio quanto di seguito. La valutazione delle potenzialità Al fine di misurare il grado di realizzazione e di avveramento dell’evento futuro, tali eventi possono classificarsi in: probabili, possibili o remoti. Se una perdita connessa a una potenzialità è stata iscritta in bilancio, la situazione d’incertezza e l’ammontare dell’importo iscritto in bilancio sono indicati in nota integrativa se tali informazioni sono necessarie per una corretta comprensibilità del bilancio. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Tali stanziamenti sono rilevati nei fondi per rischi e oneri. Se è probabile che l’evento futuro si verifichi ma la stima non può essere effettuata, in quanto l’ammontare che ne risulterebbe sarebbe particolarmente aleatorio ed arbitrario, salvo il caso in cui sia possibile stimare e stanziare in bilancio un importo minimo, sono fornite in nota integrativa le stesse informazioni da indicare nel caso che l’evento sia possibile; inoltre, si indicherà che è probabile che la perdita verrà sostenuta. Nel caso in cui l’evento e quindi la perdita sia possibile, ma non probabile, sono indicate in nota integrativa le seguenti informazioni: 7.2. Debiti verso fornitori - la situazione d’incertezza che potrebbe procurare la perdita; Si tratta di posizioni debitorie relative a contributi e trasferimenti in favore di terzi di carattere corrente, senza controprestazione o in conto esercizio per l’attività svolta in favore della popolazione e del territorio. - l’ammontare stimato della possibile perdita o l’indicazione che la stessa non può essere effettuata; - altri possibili effetti se non evidenti; - preferibilmente, l’indicazione del parere di consulenti legali ed altri esperti. Quando gli importi richiesti in una causa o in una controversia sono marcatamente esagerati rispetto alla reale situazione, non è necessario, anzi può essere fuorviante, mettere in evidenza l’ammontare dei danni richiesti. L’esistenza e l’ammontare di garanzie prestate direttamente o indirettamente (fidejussioni, avalli, altre garanzie personali e reali) sono posti in evidenza nei conti d’ordine ed in nota integrativa anche se la perdita che l’ente potrà subire è improbabile. Qualora invece la perdita sia probabile, si stanzia un apposito fondo rischi. Gli stanziamenti a fronte delle perdite connesse a potenzialità includono anche la stima delle spese legali e degli altri costi che saranno sostenuti per quella fattispecie. 6. Trattamento di Fine Rapporto È incluso tra le passività patrimoniali. 7. Debiti 7.1. Debiti da finanziamento I debiti da finanziamento dell’ente sono determinati dalla somma algebrica del debito all’inizio dell’esercizio più gli accertamenti sulle accensioni di prestiti effettuati nell’esercizio meno i pagamenti per rimborso di prestiti. I debiti di funzionamento verso fornitori sono iscritti nello stato patrimoniale solo se corrispondenti a obbligazioni giuridiche perfezionate esigibili per le quali il servizio è stato reso o è avvenuto lo scambio dei beni. La corretta applicazione del principio della competenza finanziaria garantisce la corrispondenza tra i residui passivi diversi da quelli di finanziamento e l’ammontare dei debiti di funzionamento. I debiti sono esposti al loro valore nominale. 7.3. Debiti per trasferimenti e contributi 7.4. Altri debiti È una voce residuale nella quale vanno rilevati i debiti non classificabili nelle voci precedenti. 8. Ratei, risconti e contributi agli investimenti I ratei e risconti sono iscritti e valutati in conformità a quanto precisato dall’art. 2424-bis, comma 6, codice civile. I ratei passivi sono rappresentati, rispettivamente, dalle quote di costi/oneri che avranno manifestazione finanziaria futura (liquidazione della spesa), ma che devono, per competenza, essere attribuiti all’esercizio in chiusura (ad es., quote di fitti passivi o premi di assicurazione con liquidazione posticipata). Le quote di competenza dei singoli esercizi si determinano in ragione del tempo di utilizzazione delle risorse economiche (beni e servizi) il cui costo/onere deve essere imputato. I risconti passivi sono rappresentati dalle quote di ricavi che hanno avuto manifestazione finanziaria nell’esercizio (accertamento dell’entrata/incasso), ma che vanno rinviati in quanto di competenza di futuri esercizi. La determinazione dei risconti passivi avviene considerando il periodo di validità della prestazione, indipendentemente dal momento della manifestazione finanziaria. In sede di chiusura del bilancio consuntivo, i ricavi rilevati nel corso dell’esercizio sono rettificati 1669 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile rispettivamente con l’iscrizione di risconti passivi commisurati alla quota da rinviare alla competenza dell’esercizio successivo. Le concessioni pluriennali ed i contributi agli investimenti comprendono la quota non di competenza dell’esercizio rilevata tra i ricavi nel corso dell’esercizio in cui il relativo credito è stato accertato, e sospesa alla fine dell’esercizio. Annualmente i proventi sospesi sono ridotti attraverso la rilevazione di un provento (quota annuale di contributo agli investimenti) di importo proporzionale alla quota di ammortamento del bene finanziato dal contributo all’investimento. 9. Criteri di classificazione e valutazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio Il principio contabile precisa che per quanto non specificatamente previsto nel principio 6, si fa rinvio a quanto previsto dal decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 18 aprile 2002, concernente “Nuova classificazione degli elementi attivi e passivi del patrimonio dello Stato e loro criteri di valutazione”, e successive modifiche e integrazioni. 10. Conti d’ordine Il principio contabile fornisce la definizione di conti d’ordine precisando che anche negli enti pubblici devono essere iscritti, in calce allo stato patrimoniale, i conti d’ordine, suddivisi nella consueta triplice classificazione: rischi, impegni, beni di terzi, che registrano gli accadimenti che potrebbero produrre effetti sul patrimonio dell’ente in tempi successivi a quelli della loro manifestazione. Si tratta, quindi, di fatti che non hanno ancora interessato il patrimonio dell’ente, cioè che non hanno comportato una variazione quali-quantitativa del patrimonio, e che, di conseguenza, non sono stati registrati in contabilità generale economicopatrimoniale, ovvero nel sistema di scritture finalizzato alla determinazione periodica della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’ente. Le “voci” poste nei conti d’ordine non individuano elementi attivi e passivi del patrimonio poiché sono registrate tramite un sistema di scritture secondario o minore (improprio per alcuni Autori) che, perché tale, è distinto ed indipendente dalla contabilità generale economico-patrimoniale. Il principio contabile precisa quindi le modalità da seguire per memorizzare, nei conti d’ordine, gli 1670 accadimenti sopra richiamati, dovendosi utilizzare il metodo di registrazione partiduplistico, per consentire la duplice rappresentazione in coerenza con la contabilità generale e, quindi, con lo schema di stato patrimoniale. Si affronta quindi l’argomento della relazione tra conti d’ordine e partite di giro. Non vi è e non vi può essere alcuna relazione biunivoca fra conti d’ordine e partite di giro iscritte nel bilancio di previsione finanziario degli enti pubblici. Le “somiglianze” sono solo apparenti ed ingannevoli. È vero che anche l’utilizzo delle partite di giro non deve influenzare il “risultato finanziario” dell’ente pubblico, ma ciò non deve portare in alcun modo a stabilire una sovrapposizione identitaria con i conti d’ordine. I conti d’ordine non contribuiscono a definire il risultato perché sono fuori dal sistema delle scritture che serve a determinarlo, le partite di giro, al contrario, sono registrazioni che fanno parte integrante del sistema di scritture finanziario e non influenzano il risultato perché l’ente, nelle circostanze in cui si ricorra a tali conti, si trova contemporaneamente a debito e a credito, per il medesimo importo, nei confronti di terzi soggetti. 11. Il deposito cauzionale Il deposito cauzionale individua somme di denaro che un ente ha versato a terzi a titolo di garanzia e delle quali l’ente medesimo si priva fino a quando non si realizza la “condizione sospensiva”. Assunto che le somme in questione sono “uscite” dall’economia di un ente ed entrate nell’economia di un altro “soggetto”, sebbene non sia esclusa l’ipotesi che possano rientrarvi, è indubbio che si tratta di un fatto amministrativo compiuto da registrate in contabilità generale economico-patrimoniale, che dà origine ad una permutazione dei valori patrimoniali ovvero che non modifica il patrimonio netto ed il risultato economico. Il fatto amministrativo, in ogni caso, va registrato in contabilità economico-patrimoniale e non nei conti d’ordine e il principio analizza le modalità di registrazione. L’uso dei conti d’ordine è ammesso nel caso si ricevano titoli come deposito cauzionale. In tale evenienza, non potendone disporre, si utilizzano i conti d’ordine. Si tratta di “beni di terzi presso l’ente”. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 12. Coordinamento con i principi contabili delle imprese del settore privato Per quanto non specificatamente previsto nel principio contabile applicato della contabilità economico-patrimoniale si fa rinvio agli articoli dal n. 2423 al n. 2435 bis (disciplina del bilancio di esercizio) del codice civile e ai principi contabili emanati dall’OIC. Cap. III Il primo stato patrimoniale: criteri di valutazione Il principio contabile indica i criteri ai quali gli enti si devono attenere al fine della predisposizione del primo Stato Patrimoniale. 1. Attivo Patrimonio immobiliare e terreni di proprietà: è iscritto al costo di acquisto, comprendente anche i costi accessori, ovvero, se non disponibile, al valore catastale. Successivamente occorre determinare il fondo ammortamento cumulato nel tempo, tenendo conto del momento iniziale in cui il cespite ha iniziato ad essere utilizzato dall’ente e della vita utile media per la specifica tipologia di bene. Gli enti che, all’entrata in vigore della contabilità economico patrimoniale armonizzata, applicavano altri coefficienti di ammortamento, adottano i coefficienti armonizzati a decorrere da tale data. Il principio precisa quindi la procedura di ammortamento e le altre modalità per la valutazione anche in applicazione del principio contabile applicato della contabilità economico patrimoniale come sopra illustrato. Immobili e terreni di terzi a disposizione: sono iscritti al costo di acquisto, comprendente anche i costi accessori, ovvero, se non disponibile, al valore catastale. Il relativo valore va imputato nei conti d’ordine, salvo i casi in cui l’ente non abbia diritti reali perpetui su tali beni; in quest’ultimo caso anche il costo sostenuto per l’acquisizione del diritto reale su tali immobili va imputato tra le immobilizzazioni. Beni mobili e patrimonio librario: è necessario procedere ad una ricognizione inventariale. Con riferimento ai beni mobili ammortizzabili occorre determinare il fondo ammortamento cumulato nel tempo, tenendo conto del momento iniziale in cui il cespite ha iniziato ad essere utilizzato nell’ente e della vita utile media per la specifica tipologia di bene. Se il bene non risulta interamente ammortizzato, e per il suo acquisto sono stati ricevuti contributi da terzi, va iscritta la residua quota di contributi nella voce “Ratei e risconti passivi e contributi agli investimenti”, al fine di coprire nel tempo gli ammortamenti residui. In sede di determinazione del primo Stato Patrimoniale non devono essere ricompresi nella ricognizione i beni già interamente ammortizzati. Contributi in conto capitale: eventuali contributi in conto capitale ricevuti per il finanziamento delle immobilizzazioni vanno inseriti nella voce “Ratei e risconti passivi e contributi agli investimenti” di stato patrimoniale (solo per la parte a copertura del residuo valore da ammortizzare del cespite). Immobilizzazioni finanziarie: sono indicate nel principio le modalità di iscrizione. Disponibilità liquide: importi giacenti sui conti bancari, di tesoreria statale e postali dell’ente, nonché assegni, denaro e valori bollati. Crediti: preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza a seguito del riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’art. 3, comma 7, del decreto. I crediti sono valutati al netto del fondo svalutazione crediti e corrispondono all’importo dei residui attivi e a quello degli eventuali crediti stralciati dalle scritture finanziarie e registrati solo nelle scritture patrimoniali. 2. Passivo Debiti di funzionamento: preliminare è la verifica della loro effettiva sussistenza a seguito del riaccertamento straordinario dei residui previsto dall’art. 3, comma 7, del decreto. I debiti corrispondono all’importo dei residui passivi, compresi quelli perenti (l’istituto della perenzione riguarda solo le regioni e, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 118/2011, riguarda solo i residui perenti alla data dal del 31 dicembre 2014). La riassegnazione dei residui perenti nella contabilità finanziaria non è oggetto di rilevazione nella contabilità economicopatrimoniale. Debiti finanziari: derivano da finanziamenti contratti e incassati non rimborsati. A regime sono rilevati sulla base degli impegni assunti per rimborso prestiti, compresi quelli imputati agli esercizi successivi o degli impegni automatici disposti a seguito di operazioni di finanziamento dell’ente (tale importo deve corrispondere alla differenza tra le entrate ac1671 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile certate per operazioni di finanziamento e l’importo non ancora rimborsato). All’avvio della contabilità economico patrimoniale è necessario effettuare una ricognizione dei debiti non ancora rimborsati. I debiti finanziari sono distinti in debiti a breve termine o a medio-lungo termine, secondo le modalità indicate nel glossario del piano dei conti integrato I debiti finanziari, alla voce “Debiti verso banche e tesoriere” comprendono anche le anticipazioni di tesoreria in essere al 1° gennaio dell’anno successivo, rinviate contabilmente all’esercizio successivo. Fondo per il trattamento di quiescenza: riguarda l’ammontare del trattamento di fine rapporto maturato nei confronti del personale per il quale l’ente è tenuto a provvedere direttamente al pagamento del trattamento di fine rapporto, alla data di riferimento dello stato patrimoniale di apertura. Nel caso in cui non sia possibile ricostruire tale importo alla data di avvio della contabilità economico-patrimoniale, l’onere riguardante il TFR erogato nel corso dell’esercizio è interamente considerato di competenza economica dell’esercizio. Altri debiti, costituiti dai debiti tributari che derivano dai debiti tributari degli esercizi precedenti, comprensivi di quelli emersi dalle dichiarazioni fiscali dell’ente dell’esercizio precedente a quello di introduzione della contabilità economico patrimoniale, dai debiti di natura previdenziale e dai debiti rilevati sulla base degli impegni assunti per i titoli 3, e 7 delle spese compresi quelli Imputati agli esercizi successivi. 3. Patrimonio netto Fondo di dotazione dell’ente: costituita dalla differenza, se positiva, tra attivo e passivo, al netto della voce “Netto da beni demaniali”, al netto del valore attribuito alle riserve. Alle riserve è attributo un valore pari a quello risultante ai corrispondenti valori dello stato patrimoniale dell’esercizio precedente, a meno di differenze derivanti dall’applicazione dei nuovi principi. Nello stato patrimoniale iniziale, la voce AIII “Risultato economico dell’esercizio” non è valorizzata. Cap. IV Lo stato patrimoniale e conti patrimoniali speciali (art. 230, TUEL) Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manuten1672 zioni straordinarie, secondo le modalità previste dal principio applicato della contabilità economico-patrimoniale di cui all’allegato n. 4/3 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. Lo stato patrimoniale comprende anche i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione. Al rendiconto della gestione è allegato l’elenco di tali crediti distintamente rispetto a quello dei residui attivi. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori. Gli enti locali provvedono annualmente all’aggiornamento degli inventari. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile consumo o del modico valore. Lo stato patrimoniale è redatto secondo lo schema di cui all’allegato n. 4/3 al D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118 e successive modificazioni e integrazioni. Dal punto di vista della storia della contabilità locale un’attenta disamina delle deliberazioni della Sezione Enti Locali della Corte dei conti n. 32/1986 sul conto consuntivo e conto generale del patrimonio e n. 650/1988 sugli inventari e rendiconto patrimoniale permette di richiamare e approfondire molti dei concetti formulati: la prima esprime in termini generali e con riferimenti normativi il concetto che sino dall’origine dell’ordinamento contabile locale il legislatore ha preteso la «connessione» tra il conto finanziario del bilancio e il conto generale del patrimonio. Lo scopo è quello di dotare l’Ente locale di un complesso unitario e sistematico di scritture idonee a dimostrare i risultati finali della gestione finanziaria, dell’amministrazione dei beni, nonché le interconnessioni che si determinano tra le due attività, con reciproche influenze sui dati delle rispettive contabilità. Con la deliberazione successiva la Corte dei conti, si rivolge alla funzione generale dell’inventario consistente nell’individuazione, descrizione, classificazione, e valutazione di tutti gli elementi attivi e passivi del patrimonio dell’ente come desunti dalle scritture patrimoniali e finanziarie, quali risultano sia all’inizio, sia al termine dell’esercizio, per evidenziare le variazioni intervenute nell’anno per effetto della gestione del bilancio e per altre cause. Indica che tale analisi deve consentire sia agli organi elettivi interni sia agli organi esterni chiamati all’esame dei conti consuntivi di formulare valutazioni il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 sull’andamento complessivo della gestione al termine dell’esercizio, nei tre aspetti, finanziario, economico e patrimoniale. Classificazioni La deliberazione n. 650/1988 ha affrontato più direttamente alcuni problemi relativi alla tenuta di una corretta contabilità patrimoniale: Problematiche e soluzioni propositive Nella classificazione dei beni del patrimonio L’introduzione di apposite distinzioni ed analisi deve permettere la valutazione della natura giuridica dei singoli beni e della loro destinazione funzionale Nella contabilità patrimoniale dell’ente La precisazione dei cosiddetti «debiti fuori bilancio» dopo che di essi il consiglio comunale ne abbia riconosciuto la natura e l’ammontare, riferendo alla gestione dell’ente le relative obbligazioni contratte nei confronti dei terzi (artt. 193, 194 del TUEL), permettono di raffigurare gli stessi nel conto generale del patrimonio sino all’esercizio in cui sarà perfezionata la copertura finanziaria degli stessi Le scritture inventariali Impostate per categorie e sottocategorie, prendono a base l’unità elementare di rilevazione che può essere costituita dai singoli beni immobili o da gruppi omogenei di beni mobili. Saranno individuati anche gli obblighi di consegna e di custodia dei beni stessi. Ogni unità elementare di rilevazione sarà rappresentata e descritta nei seguenti principali elementi: - la descrizione fisica o giuridica dell’elemento patrimoniale; - l’indicazione del valore e della redditività; - la determinazione degli oneri rettificativi dei predetti valori, compresa la determinazione delle quote di ammortamento disposte; - l’indicazione dello stanziamento per l’imputazione della spesa e di quello a cui saranno riferite le entrate relative; - il riferimento al servizio (centro di responsabilità) al cui funzionamento il bene è destinato; - la variazione di natura finanziaria (gestione del Bilancio) o di altra natura che ha determinato mutamento del valore del bene; Nelle scritture inventariali - saranno rappresentati separatamente gli effetti prodotti sugli elementi del patrimonio dalla gestione del bilancio; - sarà assicurato il collegamento tra le variazioni patrimoniali registrate dalla contabilità generale e gli inventari; - saranno introdotte tecniche di rappresentazione delle variazioni patrimoniali che tengano conto della sfasatura temporale tra la variazione in aumento sulle passività che rappresentano la fonte di finanziamento di corrispondenti attività patrimoniali (beni immobili, ad esempio) e l’iscrizione di queste ultime che si può attuare solo dopo l’ultimazione della costruzione; Nelle scritture inventariali - si procederà ad una valutazione monetaria ai beni demaniali, in relazione ai costi sostenuti per acquistarli e realizzarli e alle conseguenti passività attivate per finanziarie e i costi stessi; - la necessità di stabilire modalità per attuare il processo di ammortamento delle immobilizzazioni, sia per una più esatta contabilizzazione dei costi dei servizi, sia per il conseguente accantonamento dei fondi necessari al rinnovo dei cespiti ammortizzabili; - l’esigenza di una revisione degli inventari con modifica dei modelli e introduzione di nuove norme per la compilazione e la tenuta nel tempo. TITOLO III Gli inventari Cap. I Classificazione e contenuti «L’inventario è inteso come la ricognizione e la descrizione di una raccolta definita di cose, presa questa voce nel significato più ampio - e non esclude - gli inventari di documenti, di carte e di cose quali si vogliano, anche se non hanno per se stesse valore economico» - Fabio Besta (La Ragioneria, Vallardi, Milano 1920). «Si chiama inventario la determinazione riferita ad un dato istante, di tutti gli elementi di un dato patrimonio, o di una sola parte di esso o di un insieme qualunque di beni o di cose al fine di raggiungere uno scopo prestabilito» - Gino Zappa (Ragioneria Generale, Giuffrè, Milano, 1949). Le definizioni di inventario come sopra riportate rappresentano le due classiche scuole di pensiero in materia di ragioneria delle imprese private che si ritiene possano essere prese a base anche per le imprese di erogazione. L’inventariazione è pertan1673 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile to intesa come complesso di operazioni di ricerca, interpretazione, rilevazione, classificazione, descrizione e valutazione degli elementi costituenti il patrimonio dell’ente. Tra le diverse finalità perseguite dagli enti locali con l’inventariazione dei beni rientrano quella giuridica che riguarda elementi relativi ai diritti e agli obblighi dell’ente nascenti dai beni rilevati e descritti, quella conservativa e di controllo che riguarda l’attribuzione della responsabilità ad amministratori e dipendenti in ordine alla conservazione e al controllo dei cespiti appartenenti al patrimonio ed infine quella economico-finanziaria che riguarda l’analisi delle componenti attive e passive del patrimonio oltreché le dinamiche degli investimenti. Il principio contabile n. 3 dell’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali del Ministero dell’Interno, all’espressione n. 141 prevede: «Le scritture inventariali costituiscono la fonte descrittiva e contabile valutativa per la compilazione del conto del patrimonio. Ciascun valore incluso nel conto del patrimonio dovrà essere dimostrato ai fini informativi, di conciliazione e controllo da analitiche scritture descrittive ed estimative. L’inventario deve essere costantemente aggiornato e chiuso al termine dell’esercizio conciliando, per le immobilizzazioni materiali il dato fisico con quello contabile. I crediti inesigibili e quelli di dubbia esigibilità, stralciati del conto del bilancio, devono essere elencati nell’inventario al valore originario. Per tali crediti devono continuare le azioni per il recupero fino alla loro prescrizione. Sono crediti di dubbia esigibilità quelli per i quali vi siano elementi che facciano presupporre un difficile realizzo degli stessi. Per tale categoria, in base agli elementi in possesso, l’ente deve o stralciarli dal conto del bilancio, trattandoli alla stregua dei crediti inesigibili; o tenerli nel conto del bilancio, presentando però il relativo fondo svalutazione crediti a detrazione. Sono crediti di dubbia esigibilità i crediti per i quali contestualmente si verificano le seguenti circostanze: incapacità di riscuotere e mancata scadenza dei termini di prescrizione. Si deve dare applicazione dal 1° gennaio 2015 ai nuovi principi contabili di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i. Per il patrimonio finanziario (crediti, disponibilità liquide, debiti, opere da realizzare, costi esercizi fu1674 turi), il conto del bilancio e suoi allegati, costituiscono, di fatto, il relativo inventario. Per i beni mobili non inventariabili, (e quindi non capitalizzabili) come definiti dal regolamento di contabilità, l’ente deve porre in essere le rilevazioni disposte dal regolamento stesso». 1. La fase dell’individuazione L’individuazione o la ricognizione consiste in un’indagine volta ad accertare attraverso la rilevazione materiale (inventari cosiddetti diretti o fisici o di fatto) o l’esame di scritture e documenti (inventari diretti o contabili), l’esistenza dei vari elementi patrimoniali del diritto di proprietà e del diritto reale dell’ente per cui la ricerca deve procedere in base a scritture e documenti degli atti pubblici e privati connessi con il patrimonio attivo e passivo. Trascurando i beni mobili, non basta individuare l’ubicazione, l’estensione e il reddito e reperire i dati catastali, ma occorre stabilire - come prescrive l’art. 11 del Regolamento di amministrazione e contabilità dello Stato per i beni immobili, - se vi sono servitù, pesi ed oneri gravanti sul fondo, se lo stesso sia fruttifero od infruttifero e ancora l’uso o il servizio al quale è destinato, la durata della destinazione e il titolo di provenienza. I beni appartenenti a determinate categorie sono posti in evidenza in appositi elenchi ed a questo riguardo la dottrina insiste sul fatto che l’iscrizione negli elenchi (detta anche classificazione) ha effetto dichiarativo e non costitutivo. L’interpretazione e la rilevazione riguardano procedimenti di determinazione dei titoli giuridici relativi ai beni patrimoniali e agli altri elementi attivi e passivi (titoli di proprietà, di uso, titoli di terzi sui beni, dubbia esigibilità di crediti) mentre la classificazione riguarda le operazioni di organizzazione degli elementi patrimoniali rilevati in categorie e sub categorie secondo determinati presupposti individuati di volta in volta per certe finalità (natura dei beni, destinazione, utilizzo, ecc.). 2. La fase della classificazione La classificazione è la fase in cui avviene l’inclusione o l’incasellamento dei componenti in una ripartizione sistematica preordinata dalla normativa: il raggruppamento dei beni avviene in classi, categorie e sotto categorie. Una classificazione potrebbe essere la seguente: a) beni immobili in uso pubblico per natura cioè beni soggetti a regime del demanio, strade, piazze, demanio idrico, immobili riconosciuti di interesse, il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 storico, archeologico, artistico, cimiteri, per limitare l’indagine ai beni immobili; b) beni immobili di uso pubblico per destinazione cioè beni del patrimonio indisponibile, sedi di uffici e servizi comunali, edifici scolastici, mercati; c) beni mobili patrimoniali cioè beni del patrimonio disponibile, immobili non destinati in modo diretto a servizi di pubblica utilità. La suddivisione per categorie per i beni immobili dovrebbe riguardare i terreni ed i fabbricati. Nell’ambito delle categorie si introduce la suddivisione per sotto categorie per i beni immobili ad uso pubblico per destinazione distinti da quelli del patrimonio disponibile per i quali occorre apposita disamina per verificare la tipologia dei dovrebbe riguardare dei beni dei quali si ha la piena proprietà, si ha il dominio utile: enfiteusi, si ha l’usufrutto o se ne ha l’uso. La descrizione riguarda l’analisi e l’indicazione degli elementi che caratterizzano i singoli componenti del patrimonio, sia in termini qualitativi, sia quanPer le zone residenziali: - ubicazione e distanza dal capoluogo; - presenza in zona di infrastrutture e servizi specialmente infrastrutture primarie, secondarie; - allacciamenti autostradali, allacciamenti viari; - presenza di mezzi di comunicazioni, frequenza di questi mezzi; - caratteristiche prevalenti della edificazione (se esiste in zona); - caratteristiche podologiche della zona; - presenza/assenza di possibilità di allacciamento ai pubblici servizi; - vicinanza di negozi di prima necessità, di centri di grande distribuzione, di scuole, chiese, ospedali, commissariati di pubblica sicurezza, stazione dei carabinieri, aree verdi, parchi e giardini pubblici; - ovvero vicinanza di fossi, fiumi, corsi d’acqua a cielo aperto maleodoranti o inquinati. Prossimità di discariche di rifiuti solidi urbani, di industrie con emissione di fumi, rumori, scuotimenti, di piccole attività produttive che possono provocare disturbo, adiacenze di linee ferroviarie etc. 3.1. Descrizione dell’immobile Il tutto va considerato in relazione allo sviluppo edilizio circostante in una visione dinamica e mutevole nel tempo. A questo riguardo occorre valutare il contenuto e le indicazioni dei piani urbanistici e di eventuali piani di zona (se esiste). In una zona caratterizzata da insediamenti produttivi, è certamente più importante la presenza di un’ampia rete viaria con parcheggi sufficienti e una buona accessibilità nei confronti della rete viaria autostradale titativi, mentre la valutazione riguarda l’espressione monetaria del valore attribuito agli elementi patrimoniali. 3. La fase della valutazione Per operare l’inquadramento economico-urbanistico del cespite occorre innanzitutto superare lo schematismo delle schede mediante la creazione di allegati che abbiano a meglio spiegare ciò che si introduce nel poco spazio riservato alle varie voci nelle schede stesse. È implicito pertanto che la scheda non si intende definita materialmente dallo stampato, ma deve praticamente diventare un faldone entro il quale si devono inserire tutti i dati e le notizie che si ritengono utili per l’inventariazione. Il bene va individuato attraverso adeguati sopralluoghi da parte di tecnici esperti ai fini del riporto nella scheda informatica della situazione relativa all’ubicazione e di tutte le notizie generali sulla località. Se si tratta di terreni agricoli: - conformazione; - giacitura, altimetria; - servitù, caratteristiche podologiche del terreno; - presenza/assenza di fabbricati rurali e loro consistenza; - presenza/assenza di servizi urbanistici nelle adiacenze; - destinazione urbanistica nel P.R.G., possibilità di edificazione; - inclusione o meno in strumenti attuativi del P.R.G.; - aspettative di localizzazione edificatoria; - consistenza delle alberature classificate per tipo, essenza. piuttosto che la presenza di una chiesa o di un asilo. Viceversa in una zona residenziale la mancanza di scuole, negozi, chiese, uffici pubblici, locali di ritrovo è sicuramente di importanza preminente rispetto all’ampiezza della rete viaria che consente il passaggio dei grossi automezzi. 3.2. Fabbricati Diversa e più complessa è la descrizione di un fabbricato. Occorre indicare il tipo di struttura portan1675 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile te, il tipo di copertura, la struttura dei solai, delle facciate, dei serramenti, delle scale, dei luoghi comuni, i più importanti impianti, qualità e tipo di pavimenti, serramenti, apparecchi sanitari, intonaci, rivestimenti, non restando sul generico, ma comunque evitando dettagli irrilevanti ai fini estimali. Occorre rilevare la necessità di manutenzioni e riparazioni, la qualità delle manutenzioni effettuate, l’eventuale esistenza di beni non strumentali che vengono valutati separatamente. 3.3. Dati catastali - Coerenze L’individuazione catastale è essenziale per quanto riguarda la inventariazione e la valutazione. Infatti solo con l’esatta indicazione di tali dati è possibile individuare il bene che si vuole valutare: anche in funzione di eventuali future contestazioni è l’individuazione catastale che indica quale sia l’oggetto del bene da inventariare e da stimare. Le indicazioni dei dati catastali in una stima, ha la stessa rilevanza dell’indicazione dei dati stessi in un rogito notarile di trasferimento. La verifica condotta potrà evidenziare la mancanza di accatastamento degli immobili dell’ente con la necessità di provvedere in tempi rapidi ad assolvere a tutte le procedure per la regolarizzazione delle posizioni. 3.4. Indicazioni delle coerenze Secondo la normativa civilistica, l’indicazione di tre coerenze permette all’ente di individuare un bene: in genere l’indicazione delle coerenze inizia da settentrione e avviene in senso orario, seguendo il perimetro del cespite, si passa poi all’individuazione del Mappale del cespite che costituisce coerenza e, se possibile, corredata anche delle generalità del proprietario. 3.5. Indagine sulla conformità edilizia e regolarità edilizia Con l’introduzione dell’art. 40 della legge n. 47/1985 ha assunto particolare rilevanza l’accertamento della conformità edilizia, per cui occorre esperire indagini sulle pratiche di condono edilizio se esistenti. 3.6. La situazione urbanistica Nell’ambito descrittivo del cespite è sempre di preminente rilevanza la situazione urbanistica, cioè l’inquadramento del cespite nel P.R.G. che assume 1676 importanza determinante per le aree edificatorie e per i terreni in genere. L’inquadramento di un terreno in una zona di Piano Regolatore che consenta l’edificazione comporta l’automatica inclusione dell’area fra quelle fabbricabili, dal punto di vista civilistico e del diritto tributario. Relativamente alla sua valutazione, l’inclusione di un’area in una zona edificatoria non comporta l’automatica attribuzione dei valori delle aree edificabili in quanto occorre stabilire se il Piano Regolatore preveda o meno strumenti attuativi per consentire l’edificabilità dell’area: sussiste quindi il problema delle aree immediatamente fabbricabili e delle aree potenzialmente fabbricabili. 4. Inventari - Classificazione Esistono in dottrina varie classificazioni degli inventari: secondo le finalità: ordinari, straordinari, di consegna, di riconsegna; secondo le informazioni fornite: a valore, descrittivi, quantitativi; secondo la forma: descrittiva, bilanciante; secondo la fonte di provenienza: contabili, di fatto. La disciplina generale sulla tenuta degli inventari era contenuta nell’art. 289 del TU. n. 383/1934 che, ancorché abrogato, risulta utile citare negli elementi che rappresentano ancora corretti principi contabili e opportune tecniche di redazione degli stessi: - le amministrazioni comunali e provinciali devono tenere «al corrente» un esatto inventario di tutti i beni demaniali e patrimoniali, mobili ed immobili; - ciascun inventario deve essere corredato di un elenco diviso per categorie, secondo la diversa natura dei beni, di tutti i titoli, atti, carte e scritture relative al patrimonio e alla sua amministrazione; - gli inventari come insieme di operazioni di carattere tecnico e giuridico-amministrative sono attribuiti alle responsabilità primarie del Segretario e del Ragioniere; - il riepilogo degli inventari deve essere allegato al bilancio di previsione e al conto consuntivo, realizzando un collegamento con la contabilità finanziaria di bilancio che occorre peraltro precisare e chiarire. È particolarmente importante distinguere tra inventari e conto patrimoniale. A questo riguardo la normativa di contabilità pubblica ha previsto disposizioni sulla formazione e tenuta degli inventari che non sono risultate coordinate con la disciplina dello stato del patrimonio quale componente del rendiconto finale di esercizio ed in base al nuovo il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 ordinamento contabile e con adeguate norme regolamentari dell’ente occorre ora disciplinare le connessioni tra inventario e conto del patrimonio. È da premettere che la corretta tenuta degli inventari ha lo scopo principale di controllare la consistenza dei beni, di accertarne la fisica esistenza al fine di individuare la configurazione giuridica degli elementi del patrimonio sia attivi, sia passivi, consentendo in tal modo, in via prioritaria il rispetto del principio di conservazione del patrimonio pubblico. L’individuazione della consistenza dei beni per i quali sia stato individuato un consegnatario al quale si annette la responsabilità della custodia e corretta conservazione del bene medesimo si inserisce nel lambito delle procedure del sistema di bilancio con particolare riguardo agli strumenti di programmazione strategica ed operativa (PEG). In ultimo è da considerare che gli inventari possono avere carattere meramente descrittivo, oppure accogliere valori che risultano fondamentalmente nominali perché non hanno alcun riferimento alle condizioni economico-aziendali dei beni, alla loro coordinazione, ai canali finanziari ed economici in cui sono inseriti e così di seguito. Dovendo rappresentare il rendiconto finale d’esercizio, la fotografia della situazione finanziaria, economica e patrimoniale dell’ente, lo stesso deve rispondere a due principali caratteristiche che non si conciliano perfettamente con quelle sopra viste per gli inventari: rappresentare il risultato delle attuate strategie e «politiche» dell’ente nonché determinare il punto di partenza delle future strategie e «politiche» dell’ente. La situazione patrimoniale dell’ente deve cioè rappresentare la descrizione e l’analisi quantitativa e qualitativa di una situazione gestionale in continuo divenire e caratterizzata da un intrinseco «dinamismo». Perciò tra le varie poste attive e passive dello stato patrimoniale si stabiliscono relazioni e interconnessioni che costituiscono oggetto di studio e di analisi per trarne elementi di conoscenza sulla situazione dell’ente nei suoi vari aspetti gestionali, per cui la logica è completamente diversa rispetto a quella che costituisce fondamento della inventariazione. Anche in questo importante settore dell’analisi patrimoniale è necessario realizzare alcuni obiettivi nell’individuazione di parametri descrittivi della situazione rilevata a consuntivo: si introduce in questo modo l’argomento delle analisi di bilancio che possono utilizzare le principali tecniche riguardanti gli “indici di bilancio e di rendiconto” ed “i flussi finanziari: i primi sono rapporti tra valori di bilancio o di rendiconto al fine di interpretare la gestione economica, finanziaria e patrimoniale e si riferiscono ad un determinato momento della vita aziendale. Esempi di indici sono rappresentati dagli indici di liquidità, di solidità patrimoniale, di redditività di determinati servizi e così via. Di contro i flussi finanziari si ottengono ex post, dal confronto tra due consuntivi successivi, ed ex ante, dal confronto tra l’ultimo rendiconto e il bilancio preventivo dell’esercizio successivo. Esempi di indagine sui flussi finanziari sono rappresentati dalle analisi delle fonti e degli impieghi e dell’andamento della liquidità. Occorre al riguardo richiamare l’art. 165 del TUEL, come modificato dal D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i., che prevede che le previsioni di spesa del bilancio di previsione sono classificate secondo le modalità indicate all’art. 14 dello stesso D.Lgs. n. 118 in: a) missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti dagli enti locali, utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali ad esse destinate; b) programmi, che rappresentano gli aggregati omogenei di attività volti a perseguire gli obiettivi definiti nell’ambito delle missioni. I programmi sono ripartiti in titoli e sono raccordati alla relativa codificazione COFOG di secondo livello (Gruppi), secondo le corrispondenze individuate nel glossario, di cui al comma 3-ter dell’art. 14, che costituisce parte integrante dell’allegato n. 14. Ai fini della gestione, nel Piano esecutivo di gestione, i programmi sono ripartiti in titoli, macroaggregati, capitoli ed eventualmente in articoli. I macroaggregati di spesa degli enti locali sono individuati nell’elenco di cui all’allegato n. 14 del D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, e s.m.i. La Giunta, contestualmente alla proposta di bilancio trasmette, a fini conoscitivi, la proposta di articolazione dei programmi in macroaggregati. Su tali principi e classificazioni di bilancio e contenuto degli strumenti di programmazione si dovrà costruire la nuova responsabilizzazione sull’uso e l’impiego dei beni patrimoniali. Cap. II Le varie tipologie di inventari Al riguardo occorre riferirsi ancora ad apposita circolare del Ministero dell’Interno del 20 luglio 1904, n. 15200/2 che definisce le seguenti classi di inventario: 1677 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile Tipologie Descrizione Inventario dei beni immobili di uso pubblico per natura Si tratta dello stato descrittivo senza valutazione dei beni facenti parte del demanio dell’ente. Ora con il nuovo ordinamento contiene anche la valutazione economica. Comprende le strade e le piazze, le chiese, gli edifici monumentali, i giardini pubblici, gli acquedotti, le fontane, i laghi artificiali, i cimiteri, i mercati, i diritti demaniali su beni altrui e ciò che risulta assoggettato al regime pubblicistico tipico dei beni demaniali. Inventario dei beni immobili di uso pubblico per destinazione Si tratta di beni utilizzati con vincolo di destinazione per il soddisfacimento dell’interesse pubblico e quindi nell’esercizio di una pubblica attività. L’inventario comprende tutti i beni immobili facenti parte del patrimonio indisponibile, quali gli edifici destinati a sede di uffici, quelli utilizzati nella gestione di servizi pubblici, gli edifici scolastici, i teatri, i musei e tutti gli altri con analoghe caratteristiche e finalizzazione. Sarà curata la descrizione e rappresentazione di ogni bene con indicazione della natura, denominazione, ubicazione, descrizione e titolo oltre al regime giuridico (piena proprietà, usufrutto, uso, altro diritto reale di godimento), alle eventuali concessioni in uso speciale, alle rendite, agli oneri, al valore originario del bene, alle successive variazioni e al valore attuale. Inventario dei beni immobili patrimoniali disponibili È lo stato descrittivo e valutativo di tutti i beni immobili non soggetti al regime del demanio e non ricompresi negli elementi del patrimonio indisponibile. Si tratta di terreni e fondi rustici, di immobili urbani, di altri beni immobili non destinati a servizi di pubblica utilità in modo diretto. Anche per questi beni si indicherà il regime giuridico, le rendite, le spese di gestione e di manutenzione ordinaria, il valore originario e il valore attuale. Inventario dei beni mobili di uso pubblico Assume la principale caratteristica di beni mobili oggetto di inventario di consegna nei confronti del soggetto individuato quale «consegnatario responsabile». I beni soggetti ad inventariazione sono indisponibili e appartengono a queste categorie: mobilio, armamento, libri, statue, busti, quadri, macchine speciali e altre individuate dall’ente nella sua autonoma capacità di auto-organizzazione. Per ciascun bene è indicato il prezzo di acquisto e il valore attuale che tiene conto dell’usura e dello stato generale di conservazione del bene. Sarà indicato anche il verbale di consegna che individua il soggetto responsabile della conservazione e corretta gestione del bene. Inventario dei beni mobili patrimoniali Si riferisce a tutti i beni mobili del patrimonio disponibile, compresi i valori mobiliari quali azioni e obbligazioni. Inventario dei crediti Si riferisce ai crediti, mutui attivi, prestiti, censi, canoni attivi e altre prestazioni attive Occorre chiarire che si tratta di valori attivi del patrimonio permanente e quindi l’inventario non si riferisce ai residui attivi provenienti dalla gestione del conto del bilancio (elementi del patrimonio finanziario). Le poste iscritte nell’inventario dei crediti movimentano il bilancio finanziario «annuale» con singole e separate variazioni che determinano accertamenti di competenza e in caso di mancata riscossione, l’iscrizione nei residui attivi del patrimonio finanziario: in questo modo si ha il transito dal patrimonio permanente al patrimonio finanziario, ma in relazione ad una specifica variazione annuale di competenza proveniente da credito iscritto nel fondo patrimoniale (permanente). L’inventario specifica il soggetto debitore, la natura e il titolo del credito, l’ammontare originario, le garanzie e l’interesse, la scadenza finale o le singole scadenze periodiche o annuali. Inventario dei debiti e di altre passività Comprende i mutui passivi, prestiti, canoni, censi e altre prestazioni passive. Individua il creditore, la natura del debito, le garanzie prestate, l’ammontare originario, il residuo debito, la scadenza finale di ciascuna rata periodica o annuale. Valgono per i debiti le stesse osservazioni fatte per i crediti e pertanto l’inventario non si riferisce ai residui passivi provenienti dalla gestione di bilancio (patrimonio finanziario). Inventario di tutti i titoli e atti che si riferiscono al patrimonio e alla sua amministrazione Si riferisce ai titoli, agli atti pubblici e privati che si riferiscono allo stato patrimoniale sia attivo, sia passivo. Comporta una corretta gestione dei fascicoli relativi agli elementi patrimoniali. Riepilogo generale degli interventi Riporta in forma sintetica e riassuntiva le rilevazioni dei singoli inventari parziali ed analitici. 1678 il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Anche se tale riepilogo dovrebbe condurre alla determinazione del patrimonio netto, si devono richiamare tutte le osservazioni svolte in precedenza sulla differenziazione tra inventari e stato patrimoniale finale di esercizio. È perciò essenziale che si conduca un’analisi dei raccordi tra inventari e stato del patrimonio per porre in evidenza le corrispondenze e le diversità nelle impostazioni quantitative (valutazioni) e nelle rettifiche di valore che tengono conto delle diverse finalizzazioni delle due operazioni: rispettivamente di inventariazione e di formulazione della struttura dello stato del patrimonio, il cui scopo principale è quello di pervenire alla determinazione del «Netto Patrimoniale». In ultimo occorre ricordare l’inventario dei beni e valori di terzi ottenuti in deposito e dei valori, atti e titoli appartenenti ai cosiddetti conti d’ordine dello stato del patrimonio (polizze fidejussorie, delegazioni di pagamento ecc.). TITOLO IV Conservazione e gestione del patrimonio: aspetti riguardanti le responsabilità Cap. I L’attività di conservazione e gestione L’amministrazione dei beni si sostanzia nelle attività di conservazione, comune ai beni demaniali e ai beni patrimoniali, e nella migliore utilizzazione economica dei beni non utilizzati direttamente dall’ente per i propri fini istituzionali. L’attività di conservazione consiste nel mantenimento del grado di funzionalità dell’immobile in relazione alla sua destinazione (cioè nella manutenzione ordinaria e straordinaria del bene) e nella difesa del titolo di proprietà del bene da pretese di terzi. Per i beni non utilizzati direttamente si pone il problema della redditività del bene dato in uso a terzi con lo strumento della concessione e della locazione per cui, una completa ed esaustiva inventariazione dei beni, può consentire una reale politica di valorizzazione degli immobili dell’ente. Si realizza, tramite l’individuazione dei beni, l’aggancio del patrimonio alla gestione con l’intento di contrastare la diffusa deresponsabilizzazione nell’uso e nell’impiego delle risorse patrimoniali. La natura pubblica dell’ente proprietario dei beni determina la correlata natura pubblica dei medesi- mi beni per i quali pertanto si attivano i controlli e le garanzie sulla destinazione secondo le finalità istituzionali e di utilità generale delle attività svolte dall’ente. Tali controlli e garanzie, anche se l’ente o la struttura pubblica opera secondo le regole del modello privatistico, rimangono immutate: tale assunto assume un’importanza notevole soprattutto in epoca recente allorché l’ente locale si è espropriato della gestione diretta di pubblici servizi per la loro assegnazione ad aziende o società aventi natura imprenditoriale di pubblici servizi. La gestione è intesa non come pura amministrazione e conservazione dell’esistente ma come trasformazione attiva del patrimonio in tutte le componenti e come ricerca di nuove soluzioni più redditizie e funzionali. I riferimenti al nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali nella specifica materia sono puntuali e stringenti: - l’assegnazione della responsabilità nella direzione e gestione dei beni, e degli altri componenti del patrimonio è individuata nei servizi dell’ente come definiti all’art. 165, commi 8 e 9 del TUEL: in tal modo la cornice completa il quadro di responsabilizzazione unitamente all’affidamento dei mezzi finanziari da impiegare e delle risorse di entrata da acquisire; - la valutazione e l’aggiornamento costante degli inventari quale realizzazione concreta della relazione patrimonio-gestione di cui all’art. 230 del TUEL nonché le politiche di ammortamento dei beni di cui di cui al principio applicato della contabilità economica allegato al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i. L’attività di conservazione e gestione del patrimonio è retta in primo luogo dal generale obbligo di diligenza nella formulazione delle scelte e nell’amministrazione dello stesso per cui risulta essenziale che i beni e gli elementi che compongono il patrimonio pubblico siano sempre e unicamente esaminati e gestiti in funzione di un interesse pubblico (finalizzazione pubblica). Prescindendo dalla classificazione dei beni degli Enti pubblici il carattere che risulta comune ad ogni tipo di bene è quello della limitatezza rispetto ai fini da perseguire e ai bisogni da soddisfare: in base a tale assunto assume importanza il governo e la razionalità delle scelte da operare nel settore della gestione del patrimonio: tali scelte devono essere operate ai sensi e per gli effetti dell’art. 151 del TUEL nonché dell’art. 42 sempre del TUEL riguardante le 1679 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile competenze dei consigli: si tratta di una serie di atti fondamentali che devono costituire «momento» di una diversa attenzione dell’ente nei confronti della gestione del patrimonio. Le responsabilità riguardanti la conservazione e gestione del patrimonio si fondano sull’accertamento di un fatto dannoso. Esso può ricollegarsi sia alla inosservanza di leggi o regolamenti, sia delle regole di buona amministrazione che si fondano su obblighi di diligenza. Le principali materie a cui si fa riferimento trattando delle responsabilità sono le seguenti: - la tenuta dell’inventario e dei titoli e documenti relativi: l’obbligo è previsto dall’art. 230 del TUEL a cui sono chiamati a rispondere personalmente il Sindaco o Presidente della Giunta Provinciale, il Segretario e il Ragioniere. Si configurano responsabilità qualora ne derivino danni all’Ente locale: ad esempio la mancata tenuta dell’inventario può determinare o concorrere a creare un danno per eventi lesivi quali l’omessa utilizzazione dei beni o l’abusiva utilizzazione da parte di terzi; - la diligenza nella conservazione del patrimonio: riguarda il rigoroso rispetto del principio di conservazione dei beni e dei componenti il patrimonio dell’ente, conservazione volta principalmente ad evitare le perdite di valore o di fruibilità pubblica dei beni stessi; - l’obbligo di assicurare la redditività dei beni: il concetto di redditività deve essere visto sia come attitudine del bene ad assicurare un’entrata all’ente locale, sia come possibilità e necessità di destinazione dei beni al soddisfacimento di bisogni della comunità locale (Corte dei conti sez. II, 9 maggio 1985, n. 92; sez. I, 20 giugno 1964, n. 32; sez. II, 23 settembre 1976, n. 59; sez. I, 7 giugno 1951, n. 12); - la disciplina dell’investimento nel patrimonio di cespiti acquisiti al bilancio: le somme provenienti dall’alienazione di beni, da lasciti, da donazioni, riscossioni di crediti o comunque da investirsi nel patrimonio sono «vincolate» ad investimenti in conto capitale. Si devono considerare al riguardo i nuovi principi contabili allegati al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i.; - beni mobili e consegnatari: il riferimento è agli artt. 93 e 233 del TUEL che stabiliscono l’obbligo della resa del conto da parte degli agenti contabili incaricati della gestione dei beni degli enti locali e la giurisdizione della Corte dei conti sugli stessi; 1680 - la cassa, gli obblighi di vigilanza, i crediti, i debiti e i residui: riguardano gli obblighi connessi con la corretta gestione del bilancio e quindi riguardanti la cura delle entrate, la vigilanza sulla giacenza di cassa e così di seguito. I compiti dell’organo di revisione rivestono un’importanza notevole, sia nell’esercizio delle funzioni di collaborazione con il Consiglio, sia nell’espletamento dei compiti di vigilanza. Tra gli elementi patrimoniali attivi occorre considerare l’importanza della liquidità di cassa. A questo riguardo occorre richiamare l’obbligo del bilancio di cassa introdotto dal D.Lgs. n. 118/2011 più volte citato e riferito al primo anno del periodo, almeno triennale, di riferimento del bilancio finanziario dell’ente. Importante la disposizione dell’art. 209, terzo comma, del TUEL in base alla quale ogni deposito, comunque costituito, è intestato all’ente locale e viene gestito dal tesoriere. In base all’art. 31, comma 34, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 la disposizione si interpreta nel senso che anche le somme rinvenienti dai mutui assunti con gli istituti di credito, per i quali operi il regime di eccezione dal versamento in tesoreria unica (art. 14-bis, legge 12 luglio 1991, n. 202), devono essere depositate presso l’ente gestore della tesoreria dell’ente mutuatario. La norma si applica per i mutui stipulati dalla data di entrata in vigore della legge n. 448/1998 e cioè dal 1° gennaio 1999. È necessario anche ricordare la disposizione di cui all’art. 159 del TUEL riguardante le norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali. Non sono soggette ad esecuzione forzata le somme di competenza degli enti locali destinate al pagamento delle retribuzioni al personale e dei conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso, al finanziamento dei servizi locali indispensabili. Per l’operatività dei limiti all’esecuzione forzata occorre che l’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità. Ultimamente è invalsa da parte dei soggetti creditori di aggirare la norma provvedendo ad attivare le procedure per il recupero coattivo delle somme nei confronti del concessionario della riscossione a valere sulle somme dovute al comune per la gestione dei ruoli dati in carico allo stesso. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 L’ottica con la quale il legislatore affronta il problema del patrimonio è mutata e continua ad evolversi in termini assolutamente innovativi stante il sempre maggiore rilievo del rapporto patrimonio-gestione rispetto a quanto accertato nel passato. Il D.M. 19 gennaio 1996 (Ministero del Tesoro) emanato in attuazione dell’art. 6 del D.L. 23 settembre 1994, n. 547, convertito dalla legge 22 novembre 1994, n. 644, collega l’assunzione di finanziamenti sul mercato da parte dell’ente locale alla previa esecutività della delibera di alienazione di beni, nella quale devono essere indicati i valori di stima, i tempi della procedura di alienazione, le motivazioni delle relative previsioni, mentre gli articoli 3 della legge 28 dicembre 1996, n. 549 e 14 del D.L. 24 luglio 1996, n. 390, consentono la cessione di aree concesse in diritto di superficie come si dirà di seguito. L’art. 21 del D.Lgs. n. 50/2016 recante il nuovo codice dei contratti disciplina il programma delle acquisizioni delle stazioni appaltanti e rinvia alle disposizioni transitorie di cui all’art. 216 in attesa dell’entrata in vigore del Decreto Ministeriale di cui all’art. 21, comma otto, che deve definire, tra l’altro, le modalità di aggiornamento della programmazione e degli elenchi annuali e l’ordine di priorità nella definizione dei programmi. Gli effetti si manifestano anche nella necessità di adottare nuovi sistemi organizzativi: occorre quindi che le nuove strutture organizzative degli enti prevedano un’apposita unità operativa destinata all’esercizio delle funzioni collegate con la gestione dei beni demaniali e patrimoniali, tenendo conto che i singoli servizi operativi e finali dovranno assumere le relative responsabilità direzionali in ordine ai beni del patrimonio e del demanio a loro affidati. A tale riguardo un argomento che merita di essere chiarito è quello del ruolo del servizio di Economato che tradizionalmente in molti enti locali assume altresì la responsabilità della direzione e gestione del patrimonio. Le competenze del servizio di economato sono ora determinate con rigorosità dall’art. 153, comma 7, del TUEL e non possono prevedere funzioni da espletare in ordine al patrimonio dell’ente in quanto tale unità operativa centrale si pone in funzione di «staff» rispetto all’intera struttura dell’ente. Aspetti interessanti assume anche la problematica dell’affidamento a terzi di attività relative alla gestione del patrimonio: in questo ambito, ove l’ente affidi compiti istituzionali non conferibili a terzi o ricorra a strutture esterne pur disponendo delle risorse umane in grado di svolgere le attività richieste, si possono determinare, per orientamento consolidato della giurisprudenza, ipotesi di responsabilità amministrativa. In tema di gestione del patrimonio immobiliare si possono determinare profili di responsabilità in molte situazioni operative, oltre a quelle come sopra già ricordate: • la continuità dell’attività relativa alla ricognizione e regolarizzazione amministrativa del patrimonio; • l’ottimizzazione dell’impiego dei beni per le esigenze dell’ente con limitazione del ricorso a locazioni passive onerose; • la programmazione della corretta manutenzione dei beni per evitare il degrado; • la rigorosa determinazione dei canoni; • la tutela dell’ente nei confronti delle occupazioni precarie e provvisorie o temporanee da regolarizzare; • le operazioni per evitare occupazioni abusive; • la vigilanza sui terzi per l’applicazione del principio di accessione e l’accertamento dell’incremento patrimoniale per l’ente; • il corretto svolgimento, soprattutto in termini temporali, dei procedimenti espropriativi; • la stipulazione di adeguati contratti di assicurazione per la garanzia dei beni di proprietà; • in tema di gestione del patrimonio mobiliare, la perdita e sottrazione di beni e valori; • la programmazione degli acquisti con esuberi rispetto alle esigenze dell’ente con inutilizzazione dei beni che subiscono in certi casi una rapida obsolescenza e quindi con configurazione di ipotesi di danno; • nel patrimonio mobiliare, i crediti di diversa origine e specie, sia per le operazioni di conservazione (atti interruttivi della prescrizione) sia per la fruttuosità; • per le partecipazioni azionarie, in ordine al controllo della società partecipata e all’adozione di decisioni di ricapitalizzazione riferite a perdite o alla concessione di contributi finanziari a ripiano di perdite. Tra le fattispecie di responsabilità esaminate dalla Corte dei conti si segnalano: - applicazione dell’equo canone ad immobile ap1681 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile partenente al patrimonio storico-artistico (Sez. Giur. I, 14 febbraio 1994, n. 37); - utilizzazione a fini abitativi di locali destinati ad uffici giudiziari (Sez. Giur. Puglia, 2 marzo 1994, n. 22); - danno conseguente ad omessa manutenzione di strade (Sez. Giur. I, 28 marzo 1994 n. 71); - costo delle utenze di locali demaniali illegittimamente usati a fini abitativi (Sez. Giur. Puglia, 14 aprile 1994, n. 33); - furto di reperti archeologici stabilmente infissi in immobile di interesse storico-artistico (Sez. Giur. I, 1 luglio 1994, n. 118); - trasferimento a titolo gratuito di immobile ad Ente privato che lo ceda a titolo oneroso ad altra Pubblica Amministrazione (Sez. Giur. Calabria, 21 luglio 1994, n. 34); - vendita di immobili di proprietà di struttura pubblica a prezzo inferiore a quello di mercato (Sez. Giur. II, 3 gennaio 1995, n. 1/ord.); - tolleranza dell’uso gratuito di pascoli comunali (Sez. Giur. I, 20 marzo 1995, n. 41); - inutilizzazione di immobile preso in locazione (Sez. Giur. II, 6 aprile 1995, n. 10/A); - trascuratezza nella custodia di locali adibiti a museo civico ed ai beni in esso contenuti (Sez. Giur. II, 28 giugno 1995, n. 68); - acquisto di immobile fatiscente rimasto inutilizzato per inadeguatezza alle finalità cui l’acquisto stesso era preordinato (Sez. Giur. II, 5 ottobre 1995, n. 28/A); - maggiori oneri contrattuali per l’Ente in caso di cessione di area comunale a fronte dell’obbligo del privato di realizzare un’opera pubblica complessa (Sez. Giur. Lombardia, 15 novembre 1995, n. 1141); - omessa adozione di mezzi di tutela per edifici scolastici (Sez. Giur. Sardegna, 23 novembre 1995, n. 581); - il rispetto della disciplina contabilistica nelle procedure contrattuali per lavori e forniture e la tenuta puntuale delle scritture inventariali del patrimonio immobiliare costituiscono i presupposti di buon andamento amministrativo di un ente pubblico (Sezione Centrale Controllo, 24 settembre 1991, n. 48); - secondo criteri di corretta gestione del patrimonio immobiliare, l’alienazione da parte di un ente pubblico parastatale (nella specie, il CAI) dei cespiti 1682 non più rispondenti alle esigenze istituzionali deve essere preceduta da un realistico programma di pronto reinvestimento del ricavato, al fine di evitare, da un lato, un possibile depauperamento del patrimonio stesso, anche per effetto dell’erosione inflattiva e, dall’altro, l’invio in economia delle somme resesi disponibili, giusta la mancata previsione dei residui di stanziamento nella specifica disciplina contabile (Sez. Centrale Controllo, 31 marzo 1992, n. 14); - il valore del patrimonio immobiliare di un ente pubblico previdenziale deve rispondere alla realtà economica. Sia per il rispetto dei principi di chiarezza e veridicità del bilancio, sia per consentire una precisa cognizione e quindi una esatta stima dell’equilibrio della gestione previdenziale, sia per pervenire ad una obiettiva valutazione della redditività e, di conseguenza ad una scelta oculata delle più proficue forme di investimento, è, pertanto, opportuno che, in sede di vigilanza, si ponga allo studio una disciplina generale sulla rivalutazione dei beni immobili degli enti previdenziali e vengano comunque adottate adeguate direttive nella “subiecta materia” (Sez. Centrale Controllo, 23 giugno 1987, n. 1924). Cap. II Gli agenti contabili consegnatari Rivestono la qualifica di agenti contabili tutti coloro che a qualsiasi titolo, o in qualità di agenti o funzionari dell’amministrazione, sono incaricati dell’erogazione di pagamenti e della riscossione di somme di pertinenza dell’erario, ovvero coloro che nella qualità di privati concessionari di servizi di tesoreria, hanno maneggio di pubblico denaro. Sono altresì agenti contabili i consegnatari e i magazzinieri di beni o valori appartenenti all’amministrazione. In relazione al contenuto dell’attività svolta e della loro posizione giuridica gli agenti contabili vanno distinti in agenti della riscossione, agenti pagatori e agenti consegnatari di beni pubblici. Presupposto del rapporto contabile connesso con l’attività dell’agente è la sussistenza di una prevista attività gestoria che si concreta in una serie di comportamenti tendenti ad amministrare una parte determinata ed individuata di pubblici beni, valori o denaro. Il consegnatario ha l’obbligo della conoscenza e vigilanza su tutti i beni dell’ente. Esso risponde della custodia dei beni presi in carico e non ancora asse- il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 gnati ai responsabili dei servizi per l’uso (presenti in magazzino) e della vigilanza generale sui beni dell’ente. A tale scopo può impiegare collaboratori che, qualora svolgano soltanto attività di vigilanza, assumono la qualifica di “sub-consegnatari”. Con il termine “sub-consegnatario” si intende l’agente contabile sottoposto a quello principale, con il quale collabora per svolgere le stesse funzioni gestionali in strutture separate, decentrate o comunque distinte da quelle di competenza del consegnatario. Non tutti i collaboratori di quest’ultimo assumono la qualifica di sub-consegnatario ma solo coloro che realizzano con autonomia disciplinata la gestione dei beni tenuti in specifici magazzini o riguardanti particolari attività. Secondo la disciplina contenuta nel regolamento di contabilità dello Stato (art. 29, R.D. 23 maggio 1924, n. 827) i consegnatari sono personalmente responsabili dei beni ricevuti in custodia; non rispondono invece degli oggetti regolarmente dati in uso a impiegati, se non in quanto abbiano omesso di porre in essere la vigilanza che loro incombe in ordine alle attribuzioni del proprio ufficio. Tale disciplina dettata per i consegnatari dello Stato non è direttamente applicabile a quelli degli enti locali, in quanto per questi ultimi si manifesta l’autonomia regolamentare secondo le necessità della loro organizzazione. Al di là delle considerazioni come sopra esposte, i principi da rispettare nella regolamentazione sono tratti da quelli della contabilità pubblica: - ogni ente deve nominare uno o più consegnatari per tutte le gestioni dei beni, preposti alla custodia di beni non ancora dati in uso; - ogni consegnatario può avere la collaborazione di altri dipendenti (esercizio della funzione di vigilanza sui beni assegnati agli uffici in uso); per cui se la collaborazione riguarda anche la custodia dei beni da assegnare in uso si crea la figura del sub consegnatario. Il consegnatario tiene una propria contabilità dei beni avuti in custodia da collegare con le scritture inventariali dell’ente e al conto annuale del medesimo, riguardante la personale gestione dei beni avuti in custodia, deve essere allegato l’inventario generale dei beni dell’ente per le categorie cui il conto si riferisce. In base a tali principi si possono trarre le seguenti principali valutazioni conclusive: le funzioni del consegnatario consistono nella custodia dei beni mobili avuti in carico fino all’assegnazione per l’uso o la destinazione data dall’amministrazione nonché nella vigilanza sui beni mobili assegnati in uso ai vari uffici con individuazione della responsabilità in capo al contabile insieme a coloro che usano il bene. L’obbligo di rendere il conto è finalizzato pertanto a consuntivare la gestione dei beni mantenuti in custodia e la compilazione e la resa del conto giudiziale costituiscono l’adempimento più importante che l’agente di diritto e di fatto è tenuto ad assolvere. Il conto giudiziale può essere definito come il documento che in forma descrittiva e numerica prospetta analiticamente e sinteticamente atti e fatti di gestione, distinti per il carico (entrate) e per il discarico (uscite), e indica alla chiusura le registrazioni delle rimanenze da riprendersi nel carico successivo, attuando così un collegamento fra la contabilità e i diversi gestori succedutisi nel tempo. Il conto è strutturato in due parti sulla base della modulistica approvata con D.P.R. n. 194/1996. La prima parte, quella del carico, va annotata la consistenza dei beni o l’ammontare dei valori esistenti a inizio di gestione ed eventuali variazioni in aumento intervenute successivamente mentre nella seconda parte, quella dello scarico, tutte le variazioni in diminuzione nonché le perdite o deterioramenti verificatisi durante il periodo considerato. Il risultato delle operazioni di cui sopra è riportato nel carico del documento dell’anno successivo al fine di garantire il principio della continuità della gestione. Le operazioni relative ai fatti gestionali riguardanti sia il carico sia lo scarico vanno giustificate mediante idonea documentazione che deve consistere in atti, attestazioni, verbali e quanto altro possa provenire dal concorso di più persone che conferiscono attendibilità alla documentazione medesima. Il conto giudiziale, sottoscritto dal contabile, unitamente ai documenti giustificativi, è presentato alla Corte dei conti. Anche i contabili, consegnatari, magazzinieri ed altri funzionari che maneggiano o hanno in consegna materie, beni, bollettari e altre cose della pubblica amministrazione, presentano il conto giudiziale della propria gestione all’Amministrazione da cui dipendono. Sono esentati dall’obbligo della resa del conto i consegnatari di beni per solo debito di vigilanza e non responsabili delle operazioni di gestione riguardanti i beni medesimi. Il conto giudiziale dei contabili di materie deve dimostrare il debito per le materie e gli oggetti esistenti al principio dell’esercizio o della gestione, gli oggetti e le materie ricevuti in consegna nel corso dell’esercizio o della gestione, il credito per gli oggetti e le ma1683 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile terie distribuite, somministrate o altrimenti esitate ed infine le materie e gli oggetti che sono rimasti al termine dell’esercizio e della gestione. La struttura del conto è perciò finalizzata ad evidenziare soltanto la movimentazione dei beni custoditi dal contabile nel magazzino. Tutte le operazioni di entrata, di uscita, di trasformazione e di consumazione di materie o di oggetti, devono essere giustificate nei conti dai documenti che, in conformità dei regolamenti vigenti, comprovino la regolarità delle operazioni. Per gli altri beni sui quali si svolge la funzione di vigilanza generale non si ha presentazione di conto giudiziale. Gli agenti contabili sono richiamati dall’art. 93 del TUEL che prevede la responsabilità contabile nei confronti del tesoriere e di ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni pubblici degli enti locali. Occorre fare riferimento anche al soggetto che esercita i diritti dell’azionista di parte pubblica nella gestione delle società di capitali a partecipazione pubblica. Dalla natura delle funzioni e dei doveri incombenti su tale rappresentante si profila il ruolo di agente contabile per lo stesso. Per l’accertamento delle responsabilità occorre che avendo violato uno specifico dovere di servizio, con dolo o colpa grave, sia derivato all’ente un danno economico-patrimoniale. Di particolare interesse in materia di resa del conto giudiziale in caso di società partecipate è il parere 24 marzo 2010 - Sezione regionale di controllo per la Toscana (Delibera n. 17/2010) su richiesta formulata dal Sindaco del Comune di Firenze in merito alla corretta interpretazione del concetto di agente contabile esterno. In particolare, la richiesta è suddivisa in due quesiti: a) se, ed eventualmente in capo a chi, sorga l’obbligo di resa del conto giudiziale in caso di società partecipate che non emettono i certificati rappresentativi delle azioni o nel caso di società quotate in borsa i cui titoli azionari sono dematerializzati, stante l’assenza del materiale possesso, custodia o deposito dei titoli azionari; b) chi debba essere individuato quale agente contabile obbligato alla resa del conto giudiziale di titoli azionari di proprietà dell’ente depositati presso le società partecipate (rappresentante legale della società o materiale depositario dei titoli) e se colui che è stato nominato possa delegare altri alla sua funzione. Oltre al consegnatario e al rappresentante dell’ente, nelle assemblee delle società a partecipazione pub1684 blica, possono assumere la natura di agente contabile a materia gli amministratori e i funzionari preposti alla gestione di apposite strutture che l’ente abbia costituito per l’amministrazione di beni mobili ed immobili. L’art. 93 introduce infatti l’agente contabile per chi sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali. A tali agenti di diritto sono assimilati coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti agli stessi (agenti di fatto). La norma richiama la necessità della resa del conto ed indica nella Corte dei conti l’organo giurisdizionale competente ad accertare eventuali responsabilità e ad effettuare il giudizio sui conti secondo le vigenti disposizioni. Nell’ordinamento contabile e finanziario di cui alla parte II del Testo unico, l’art. 233 è dedicato espressamente ai conti degli agenti contabili interni. Entro il termine di trenta giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario, l’economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui all’art. 93, comma 2, del Testo unico rendono il conto della propria gestione all’ente locale. Compito dell’ente è quello di depositarlo presso la segreteria della competente Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti entro un mese da quando è divenuta esecutiva la deliberazione di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 227 del TUEL. Gli stessi allegati possono anche essere trasmessi tramite strumenti informatici, previa definizione delle modalità con appositi protocolli di comunicazione. Gli agenti contabili, a denaro e a materia, allegano al conto i seguenti principali documenti riguardanti in sintesi il provvedimento di legittimazione del contabile, la lista per tipologie di beni, la copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili, la documentazione giustificativa della gestione, i verbali di passaggio di gestione, le verifiche e i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili ed eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti. Nell’ambito degli altri documenti oggetto di esame da parte dell’organo giurisdizionale figurano il conto della gestione dell’agente contabile e il quadro riassuntivo delle riscossioni da parte dei sub-agenti contabili, fatta eccezione dei soggetti che non hanno posto in essere una reale attività gestoria in ordine al denaro, come già visto in precedenza (semplice obbligo di vigilanza e custodia), il conto della gestione dell’agente contabile consegnatario di azioni, designato a curare i diritti dell’ente come azionista nell’assemblea della società, il conto della gestione il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 dell’economo e il conto della gestione del consegnatario dei beni. Quest’ultimo conto comprende la descrizione del bene, gli estremi di inventario dello stesso (categoria, numero, unità di misura), la consistenza al primo gennaio, il carico, lo scarico, la consistenza al 31/12 (sempre per quantità e valore). TITOLO V I beni demaniali e i beni patrimoniali: elementi di amministrazione Cap. I Beni demaniali e patrimoniali La differenza concettuale tra le due categorie dei beni demaniali e dei beni patrimoniali è sufficientemente definita: il demanio è composto dai beni destinati all’uso pubblico generale e diretto mentre il patrimonio è costituito dai beni che offrono una utilità pubblica indiretta. In concreto la distinzione non risulta sempre agevole anche perché la dottrina non è riuscita a delineare con sicurezza i caratteri distintivi dell’una e dell’altra categoria. La questione è stata risolta dal diritto positivo all’art. 822 del Codice civile che fornisce l’elencazione dei beni demaniali, mentre l’art. 826 considera come patrimoniali i beni che non siano della specie di quelli indicati negli articoli precedenti. Occorre ora chiedersi a quale titolo lo Stato e gli altri enti pubblici detengono i propri beni: cioè quale rapporto intercorra tra l’ente e i beni. Nei confronti dei beni demaniali gli enti esercitano un diritto di natura particolare che può essere definito di «demanialità», delineato con rigorosità dal diritto positivo. La causa dell’esistenza di un complesso di beni demaniali risiede nella necessità di disporre di beni che non siano di proprietà individuale (beni collettivi) per assicurare il raggiungimento di finalità pubblicistiche. Le caratteristiche dei beni demaniali possono essere così definite: - sono immobili, ad eccezione delle universalità di mobili e dei diritti reali costituiti per l’utilità di beni demaniali. Sono anche demaniali le pertinenze; - sono «incommerciabili» e risulta compresa in questa caratteristica quella della inalienabilità; - non possono essere venduti né formare oggetto di diritti a favore di terzi. La non commerciabilità dei beni non esclude peraltro la possibilità della costituzione di diritti a favore di terzi su di essi. Nella caratteristica di incommerciabilità dei beni demaniali rientrano, oltre alla inalienabilità, l’imprescrittibilità, la non espropriabilità del bene e la non imponibilità tributaria. In ordine ai beni demaniali si può avere un uso generale, particolare, speciale ed eccezionale: - generale è l’uso connesso con la destinazione del bene a favore di tutti i soggetti in modo diretto e generalizzato; - particolare è l’uso consentito solo ad alcuni singoli previa ammissione eventualmente accompagnata dal versamento di una somma di denaro (musei, autostrade, ecc.); - speciale è l’uso caratterizzato dal godimento del bene a titolo particolare da parte di un singolo mediante provvedimento autorizzatorio. La destinazione del bene a utilità generale è così parzialmente limitata; - eccezionale è l’uso che esclude la fruizione generale del bene e si realizza mediante il provvedimento di concessione. La maggior parte degli autori distingue le concessioni costitutive, destinate a creare nel privato situazioni soggettive nuove, da quelle traslative, destinate a trasferire al privato poteri propri dell’ente concedente. Quest’ultime sono considerate dalla dottrina più rispondenti alla natura e ai caratteri delle concessioni di beni. Le concessioni sono caratterizzate dall’attribuzione patrimoniale e possono essere distinte anche in concessioni di produzione, destinate a conferire un bene (all’impresa) e ad attribuire un diritto di godimento di beni altrui (all’imprenditore), concessioni di beni, quando l’oggetto è la cosa, il bene e concessioni di beni attrezzati, quando l’oggetto è un bene, non preso in sé, ma in quanto idoneo ad essere impiegato nell’esercizio di un pubblico servizio. Il rapporto di concessione pur essendo nella maggior parte dei casi disciplinato da un atto amministrativo è anche regolato da un disciplinare contrattuale. L’atto di concessione è indispensabile e si pone come presupposto dell’atto negoziale privato e in conseguenza sono presenti due atti: uno unilaterale della pubblica amministrazione (atto di concessione), e la disciplina contrattuale tra il privato e la pubblica amministrazione destinata a regolare il 1685 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile rapporto che si instaura in dipendenza della concessione perfezionata. La demanialità avrà inizio con l’esistenza del bene per il demanio naturale e con la destinazione all’uso proprio dei beni demaniali per il demanio artificiale. Gli elenchi dei beni demaniali hanno natura di atti dichiarativi o ricognitivi della demanialità. Il regime dei beni demaniali è caratterizzato altresì, dalla cosiddetta “autotutela” intesa come la facoltà dell’amministrazione cui il bene appartiene di fare ricorso, in caso di turbative, molestie o spoglio, a strumenti di diritto pubblico oltre a quelli ordinari previsti dal Codice Civile. I provvedimenti di autotutela consisteranno prevalentemente in atti di diffida diretti alla riduzione in pristino, allo sgombero di locali, all’eliminazione di azioni e attività svolte in conflitto con la funzione di utilità generale del bene demaniale. Per la cessazione della demanialità dei beni appartenenti al demanio artificiale è indispensabile un atto amministrativo che riconosca la cosiddetta «sdemanializzazione» (anche chiamata sclassificazione o semplicemente trasferimento del bene dal demanio al patrimonio dell’ente proprietario). Il bene sdemanializzato non diviene una cosa comune ma resta proprietà dell’ente nella qualità di bene patrimoniale. Si è già detto che la definizione di beni patrimoniali è data dal diritto positivo in via negativa. In prima approssimazione si può sostenere che i beni patrimoniali sono quelli che appartengono all’ente a titolo di proprietà privata anche se la disciplina dei beni patrimoniali si diversifica da quella dei beni di diritto comune in particolare per quelli del cosiddetto patrimonio indisponibile. Occorre tenere presente che i beni patrimoniali, anche quando offrono delle utilità indirette, concorrono con il demanio per il raggiungimento delle finalità pubbliche proprie dell’ente proprietario. Tali utilità indirette possono essere rappresentate dal reddito o dalle economie che consentono in relazione all’utilizzo. I modi di acquisto dei beni patrimoniali, oltre a quelli tipici del diritto privato sono individuabili in modi tipici di diritto pubblico tra i quali i seguenti: - sclassificazione, cioè passaggio di un bene dal demanio al patrimonio; - appropriazione dei beni immobili vacanti (art. 827, Codice Civile); - espropriazione per causa di pubblica utilità; 1686 - devoluzione di beni per debito d’imposta; - requisizione in proprietà di beni mobili; - confisca prevista da leggi penali e amministrative; - successione legittima (art. 586, Codice Civile); - riversibilità di beni costruiti ed esercitati in regime di concessione allo scadere delle concessioni contenenti apposita clausola al riguardo. Anche l’estinzione della patrimonialità può avere luogo nei modi di diritto privato o nei seguenti principali di diritto pubblico: l’espropriazione a favore di enti diversi, il riconoscimento della demanialità, la retrocessione di beni già espropriati che non siano serviti allo scopo che aveva motivato l’espropriazione ed infine l’espropriazione per esecuzione forzata per i beni disponibili. Il passaggio di un bene dal patrimonio indisponibile a quello disponibile avviene mediante un verbale di «dismissione» che assume il valore di atto dichiarativo della cessazione della destinazione del bene ad un servizio pubblico. La principale distinzione tra i beni patrimoniali è quella che li differenzia tra beni del patrimonio disponibile o indisponibile in dipendenza della destinazione e delle finalità. La destinazione di un certo bene ad un pubblico servizio è il presupposto per il riconoscimento dell’indisponibilità del bene medesimo. La giurisprudenza è orientata ad estendere anche ai beni del patrimonio indisponibile i mezzi di autotutela che il Codice Civile (art. 823) prevede per i beni demaniali. In contabilità di Stato ogni bene è dato in consegna ad un «agente» che ne diviene responsabile. Nel caso di beni immobili la responsabilità dell’amministrazione finanziaria (consegnataria dei beni non destinati ad uso specifico) cessa nel momento in cui si effettua la consegna e sorge, nello stesso momento, quella dell’amministrazione alla quale spetta l’utilizzazione del bene (annotazione e rilevazione nell’inventario dell’amministrazione di destinazione). Relativamente agli enti locali la responsabilità in ordine all’utilizzo dei beni immobili deve essere individuata facendo riferimento ai «servizi» su cui si fonda la struttura organizzativa dell’ente e indicando le persone che risultano titolari delle relative responsabilità nella gestione. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Cap. II I beni confiscati nella lotta alla mafia L’art. 1, ai commi 201 e 202 della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), prevede un ampliamento della possibilità di utilizzo dei beni confiscati di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575 - disposizioni contro la mafia. In particolare il comma 202 prevede la possibilità di utilizzo per gli enti territoriali: i beni immobili sono trasferiti per finalità istituzionali o sociali in via prioritaria al patrimonio del Comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della regione. Gli enti territoriali possono amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, enti e associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali; le organizzazioni di volontariato (legge 11 agosto 1992, n. 266), le cooperative sociali (legge 8 novembre 1991, n. 381), le comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309) e le associazioni ambientalistiche (art. 13, legge 8 luglio 1986, n. 349). Se entro un anno dal trasferimento l’ente territoriale non ha provveduto alla destinazione del bene, il prefetto nomina un commissario con poteri sostitutivi. Il comma 210 disciplina l’accertamento di conformità delle destinazioni d’uso degli immobili statali. L’Agenzia del demanio individua i beni di proprietà dello Stato per il quale si rende necessario l’accertamento di conformità delle destinazioni d’uso esistente per funzioni di interesse statale. L’elenco è inviato al Ministero delle Infrastrutture che, a sua volta, lo trasmette alla regione competente che procede alla verifica di conformità e di compatibilità urbanistica con i Comuni interessati. Il comma 212 prevede anche gli adempimenti e le procedure in caso di mancato parere positivo da parte delle regione. I commi 214-216 disciplinano l’uso degli immobili statali da parte di enti terzi. In particolare il comma 214 delimita il concetto di strumentalità di un immobile statale. È attribuita all’Agenzia del demanio la verifica della sussistenza dei requisiti previsti dalla legge all’atto dell’assegnazione o attribuzione e successivamente l’accertamento periodico della permanenza di tali condizioni o della suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato. Per i beni immobili statali assegnati in uso gratuito alle amministrazioni pubbliche è vietata la dismissione temporanea. Il comma 218 aggiunge un comma all’art. 214-bis del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 recante “Nuovo codice della strada”. Tutte le trascrizioni ed annotazioni nei pubblici registri relativi ad atti posti in essere in attuazione delle operazioni di confisca o sequestro di veicoli, sono esenti, per le amministrazioni dello Stato, da qualsiasi tributo ed emolumento. I commi da 250 a 258 riguardano le concessioni demaniali marittime, la determinazione dei canoni annui di concessione con finalità turistico - ricreativo, la determinazione dei Comuni delle aree dedicate alla nautica da diporto e la durata delle concessioni. In relazione alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico il comma 259 inserisce un nuovo articolo nella legge 23 novembre 2001, n. 410, recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare. La nuova disposizione riguarda la valorizzazione ed utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione. Si tratta di beni immobili di proprietà dello Stato. Agli enti territoriali interessati al procedimento di valorizzazione degli immobili è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione. Il comma 262 inserisce ulteriori norme alla legge 410/2001 conversione del D.L. 351/2001 in particolare finalizzato alla valorizzazione dei beni statali d’intesa con gli enti territoriali. L’Agenzia del demanio può individuare d’intesa con gli enti territoriali, una pluralità di beni immobili per i quali è attivato un processo di valorizzazione, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale. Elemento prioritario di individuazione nell’ambito dei programmi di valorizzazione, è la suscettibilità d’impiego dei beni immobili pubblici mediante concessione d’uso o locazione, nonché l’allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la presenza di attività o di solidarietà per il sostegno delle politiche giovanili e delle pari opportunità. Il comma 694 abroga i commi della legge Finanziaria 2006 (commi 23, 24, 25, 26 dell’art. 1 della legge 23.12.2005, n. 266) che stabilivano limiti all’acquisto di beni immobili. In particolare, d’interesse degli enti locali è l’abrogazione del comma 24 che stabili1687 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile va limiti all’acquisizione degli immobili da parte di province e comuni. Cap. III Verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico Nell’ambito delle disposizioni urgenti in materia di conti pubblici, con l’art. 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, sono state previste norme per la verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico, compreso quello degli enti locali, verifica per la quale il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, emanato con il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ha stabilito con l’art. 12 la nuova disciplina, fermo restando quanto previsto dall’art. 27, commi 8, 10, 12, 13 e 13-bis della legge n. 326/2003, sopracitata. Le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province, alle città metropolitane, ai comuni e ad ogni altro ente od istituto pubblico, soggette alla disciplina del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, sono sottoposte alla tutela disposta da tale disciplina fino a quando la sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico sia verificata dalle soprintendenze, d’ufficio o su richiesta dei soggetti proprietari, sulla base di indirizzi generali stabiliti dal Ministero per i beni e le attività culturali. Qualora dalla verifica risulti che per le cose finora soggette a tutela non sussiste l’interesse sopra richiamato, le stesse sono escluse dall’applicazione della disciplina di tutela di cui al D.Lgs. n. 42/2004. Le Soprintendenze comunicano l’esito negativo della verifica all’ente proprietario che ne dispone la sdemanializzazione, qualora non ostino altri motivi di pubblico interesse. Avvenuta la sdemanializzazione le cose immobili e mobili in precedenza indicate sono liberamente alienabili. I beni dei quali sia riscontrato, in conformità agli indirizzi ministeriali, l’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico restano definitivamente sottoposti alle disposizioni di tutela. La soprintendenza regionale, sulla base delle istruttorie e dei pareri delle soprintendenze di settore competenti, formulati entro il termine perentorio di trenta giorni dalla richiesta, conclude il proce1688 dimento di verifica dell’interesse culturale del bene con provvedimento motivato del quale dà comunicazione entro sessanta giorni dal ricevimento della scheda descrittiva del bene, che per gli enti pubblici territoriali è allegata alla richiesta di verifica dagli stessi presentata. Le procedure di valorizzazione e dismissione previste dai commi 15 e 17 dell’art. 3 del D.L. n. 351/2001, convertito con legge n. 410/2001, dai commi da 3 a 5 dell’art. 84 della legge n. 289/2002 si applicano ai beni che risultano alienabili dopo la verifica dell’insussistenza di interessi culturali. TITOLO VI Alienazione e valorizzazione del patrimonio disponibile degli enti locali Cap. I La disciplina legislativa ordinaria L’art. 3 della legge n. 403/1990, come modificato dall’art. 7 della legge n. 68/1993 e dall’art. 6 della legge n. 644/1994, reca norme in materia di alienazione del patrimonio disponibile degli enti locali e stabilisce che le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi sono autorizzati ad alienare il patrimonio disponibile per la realizzazione di opere pubbliche, il finanziamento delle perdite di gestione delle aziende pubbliche di trasporto nonché per i fini indicati, allora, dall’art. 242 della legge 24 aprile 1989, n. 144 (riconoscimento e copertura debiti fuori bilancio). I comuni e le province possono altresì procedere all’alienazione del patrimonio di edilizia residenziale di loro proprietà anche se hanno beneficiato di contributi in conto capitale o in conto interessi dello Stato o delle regioni. Nell’acquisto hanno priorità assoluta coloro che ne fanno uso legittimo mediante contratto di affitto, concessione o comodato, sono concedibili mutui ipotecari ai cessionari fino al 90 per cento del valore di cessione, gli enti che alienano i beni possono prestare garanzia parziale agli istituti mutuanti in misura non superiore al 40 per cento del prezzo di cessione, i proventi dell’alienazione sono utilizzabili per le finalità già indicate ed infine nel caso di alienazioni di valore non inferiore a 500 milioni di lire - euro 258.228,45, almeno il 50 per il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 cento del ricavato deve essere destinato a interventi di edilizia economica e popolare, pena l’esclusione dai programmi regionali e nazionali per i successivi nove anni. Gli enti locali che hanno deliberato le alienazioni possono ricorrere a finanziamenti presso istituti di credito nonché utilizzare in termini di cassa, salvo reintegro, le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del Settore Pubblico allargato e per i ricavati di mutui. Gli enti locali sono autorizzati a negoziare con gli istituti di credito, individuati come si dirà di seguito, aperture di credito a fronte di deliberazioni di alienazione di beni di proprietà, con le seguenti modalità: - le deliberazioni devono riportare i valori di stima dei beni da alienare; - gli utilizzi delle aperture di credito, per gli enti soggetti alle disposizioni sulla Tesoreria Unica, sono versati nella contabilità fruttifera aperta presso la Tesoreria Provinciale dello Stato e sono utilizzabili per le finalità già sopra viste, nonché per spese di manutenzione straordinaria o per altre spese in conto capitale incrementative del patrimonio dell’ente; - ai rimborsi degli utilizzi, compresi gli oneri, si provvede con il ricavato delle alienazioni; - i debiti per utilizzi delle aperture di credito sono assistiti anche da garanzia costituita da delegazioni di pagamento, mentre non godono di alcuna garanzia da parte dello Stato. La garanzia opera allorché entro 24 mesi dalla data del primo utilizzo le alienazioni non siano state realizzate. L’art. 193 del TUEL, al terzo comma prevede che ai fini del comma 2 (salvaguardia degli equilibri), fermo restando quanto stabilito dall’art. 194, comma 2, possono essere utilizzate per l’anno in corso e per i due successivi le possibili economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di destinazione, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale con riferimento a squilibri di parte capitale. Cap. II Politica delle dismissioni immobiliari in funzione del perseguimento dell’equilibrio economico 1. Economicità, razionalità economica, aziendalizzazione Appare utile riportare alcuni contenuti della deliberazione della Sezione Regionale di controllo per la Toscana della Corte dei conti n. 5/2003, relativi alle dismissioni immobiliari per il perseguimento dell’equilibrio economico. I rinnovati canoni di gestione degli enti tradotti nella normativa contabile del nuovo ordinamento pongono un marcato accento sui profili di economicità, imponendo una completa gamma di strumenti e procedure idonei a favorire la programmazione delle risorse (e la coerente implementazione degli interventi di spesa) in un assetto coordinato di “sistema”; aspetti, questi ultimi, chiaramente mirati ad assicurare, a regime, piena efficacia nei servizi ed efficienza e razionalità economica nell’impiego delle risorse. Sotto quest’ultimo aspetto, un’importante novità si ritrae, per la prima volta, dall’esplicito richiamo che il nuovo ordinamento contabile fa ai principi di economicità e razionalità economica (costi/benefici), non più relegati a mera e “suggestiva” espressione di principio come nella superata legislazione, ma tradotti in prassi operative, mediante l’adozione di strumenti tecnico-contabili e procedurali mutuati dalle scienze ragionieristiche. Ne scaturisce una rinnovata configurazione anche del modello organizzativo interno dell’ente locale, tenuto conto degli inevitabili riflessi che il nuovo assetto contabile viene a proporre sul sistema coordinato dei soggetti operanti all’interno dell’ente nel ciclo della programmazione, della gestione e del controllo delle risorse (es. organi dirigenziali, collegio dei revisori, nuclei di valutazione, sistema dei controlli interni). È da considerare, quindi, come la spiccata caratterizzazione “aziendale” che emerge dal nuovo modello ordinativo d’autonomia, non muti né violi in alcun modo la peculiarità istituzionale propria degli enti locali, ma impone loro il solo adeguamento ad una nuova filosofia, ispirata ai principi propri della razionalità economica: fermo restando, per taluni dei loro servizi, i puntuali connotati di disciplina regolati dalla stessa legislazione. In tale prospettiva, un ruolo di assoluta centra1689 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile lità è da ascrivere alla verifica della cura e della gestione attiva del patrimonio in dotazione, pur nella considerazione che la riforma dell’assetto gestionale e contabile trova nel sistema di scritture economico-patrimoniale e nella rinnovata attenzione per le rilevazioni inventariali, anche il complemento indispensabile a realizzare una maggiore efficacia, dal momento che la contabilità economico-patrimoniale assolve anche al compito di fornire ai soggetti titolari delle scelte gestionali (in termini analoghi a qualunque organizzazione, pubblica come privata), quella gamma di notizie e dati essenziali a produrre valutazioni e scelte il più possibile “ponderate”, nonché rispondenti anche ai canoni dell’efficienza e dell’economicità, in una accezione aziendalistica. Più in particolare la dichiarata centralità posta dal nuovo ordinamento contabile al valore del patrimonio immobiliare impiegato nei singoli processi della gestione, ed il suo peso cruciale quale componente di costo da rapportare all’equilibrio economico dell’ente, pongono al centro dello studio il tema dell’ammortamento patrimoniale. Senza qui soffermarsi anticipatamente su questioni di elevata complessità concettuale e di incerta configurazione teorica, rimane il dato obiettivo e verificato per cui, da una accorta contabilizzazione della voce di costo per ammortamenti e dalla stessa corretta stima del valore dei cespiti in dotazione, dipende, in buona misura, la corretta valutazione - sia pure approssimativa e di stima - del risultato economico dell’esercizio. 2. Le limitazioni alla spesa per manutenzione ordinaria e straordinaria L’art. 8 del D.L. 78/2010 convertito dalla legge 122/2010 recante “Razionalizzazione e risparmi di spesa delle amministrazioni pubbliche” prevede che il limite previsto dall’art. 2, comma 618, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 per le spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato a decorrere dal 2011 è determinato nella misura del 2 per cento del valore dell’immobile utilizzato. Resta fermo quanto previsto dai commi da 619 a 623 del citato art. 2 e i limiti e gli obblighi informativi stabiliti, dall’art. 2, comma 222, periodo decimo ed undicesimo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Le deroghe ai predetti limiti di spesa sono concesse dall’Amministrazione centrale vigilante o compe1690 tente per materia, sentito il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Le limitazioni non si applicano nei confronti degli interventi obbligatori ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e del D.Lgs. concernente la sicurezza sui luoghi di lavoro. Per le Amministrazioni diverse dallo Stato, è compito dell’organo interno di controllo verificare la correttezza della qualificazione degli interventi di manutenzione ai sensi delle richiamate disposizioni. Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica, previsti agli artt. 119 e 120 della Costituzione, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti locali, nonché gli enti da questi vigilati, le aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, sono tenuti ad adeguarsi ai principi definiti dal comma 15 dello stesso art. 8, stabilendo misure analoghe per il contenimento della spesa per locazioni passive, manutenzioni ed altri costi legati all’utilizzo degli immobili. 3. Le limitazioni alla locazione ed all’acquisto di immobili L’art. 1, comma 138 e seguenti, della legge di stabilità 2013 interviene sulla disciplina in materia di patrimonio pubblico. Sono apportate modifiche all’art. 12 del D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011, inserendo nuovi commi dopo il primo: a decorrere dal 1° gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l’emanazione del decreto previsto dal primo comma è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo quanto previsto dal contratto di servizi stipulato ai sensi dell’art. 59 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e s.m. Sempre a decorrere dal 1° gennaio 2014 al fine di pervenire a risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dal patto di stabilità interno, gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale effettuano operazioni di acquisto di immobili solo ove ne siano comprovate documentalmente l’indispensabilità e l’indilazionabilità attestate dal responsabile del procedimento. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Delle predette operazioni è data preventiva notizia, con l’indicazione del soggetto alienante e del prezzo pattuito, nel sito internet istituzionale dell’ente. Per l’anno 2013 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), non possono acquistare immobili a titolo oneroso né stipulare contratti di locazione passiva salvo che si tratti di rinnovi di contratti, ovvero la locazione sia stipulata per acquisire, a condizioni più vantaggiose, la disponibilità di locali in sostituzione di immobili dismessi ovvero per continuare ad avere la disponibilità di immobili venduti. Sono fatte salve dalle disposizioni precedenti, ferme restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica e le finalità di contenimento della spesa pubblica, le operazioni di acquisto destinate a soddisfare le esigenze allocative in materia di edilizia residenziale pubblica. Sono fatte salve dalle disposizioni citate le operazioni di acquisto previste in attuazione di programmi e piani concernenti interventi speciali realizzati al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona in conformità al quinto comma dell’art. 119 della Costituzione e finanziati con risorse aggiuntive ai sensi del D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88. Si apportano altresì alcune modifiche all’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Ferme restando le misure di contenimento della spesa già previste dalle vigenti disposizioni, negli anni 2013 e 2014 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e s.m., nonché le autorità indipendenti e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili e arredi, se non destinati all’uso scolastico e dei servizi all’infanzia, salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili. In tal caso il collegio dei revisori dei conti o l’ufficio centrale di bilancio verifica preventivamente i risparmi realizzabili, che devono essere superiori alla minore spesa derivante dall’attuazione del comma 141 della legge n. 228/2012. La violazione della disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti. L’art. 56-bis del decreto n. 69/2013 prevede norme relative alla semplificazione delle procedure in materia di trasferimenti di immobili agli enti territoriali. Il primo comma prevede che il trasferimento in proprietà, a titolo non oneroso, a comuni, province, città metropolitane e regioni dei beni immobili di cui all’art. 5, comma 1, lettera e), e comma 4, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, siti nel rispettivo territorio, è disciplinato dall’art. 56bis in argomento. Sono esclusi dal trasferimento i beni in uso per finalità dello Stato o per quelle di cui all’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e s.m., i beni per i quali siano in corso procedure volte a consentirne l’uso per le medesime finalità, nonché quelli per i quali siano in corso operazioni di valorizzazione o dismissione di beni immobili ai sensi dell’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il secondo comma prevede che a decorrere dal 1° settembre 2013, i comuni, le province, le città metropolitane e le regioni che intendono acquisire la proprietà dei beni presentano all’Agenzia del demanio, con le modalità tecniche da definire a cura dell’Agenzia medesima, una richiesta di attribuzione sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente, che identifica il bene, ne specifica le finalità di utilizzo e indica le eventuali risorse finanziarie preordinate a tale utilizzo. Viene quindi disciplinata la relativa procedura di acquisizione. Qualora per il medesimo immobile pervengano richieste di attribuzione da parte di più livelli di governo territoriale, il bene è attribuito, in forza dei principi di sussidiarietà e di radicamento sul territorio, in via prioritaria ai comuni e alle città metropolitane e subordinatamente alle province e alle regioni. In caso di beni già utilizzati, essi sono prioritariamente trasferiti agli enti utilizzatori. Trascorsi tre anni dal trasferimento, qualora all’esito di apposito monitoraggio effettuato dall’Agenzia del demanio l’ente territoriale non risulti utilizzare i beni trasferiti, gli stessi rientrano nella proprietà dello Stato, che ne assicura la migliore utilizzazione. 1691 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile I beni trasferiti, con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni e degli enti locali. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà beni immobili utilizzati a titolo oneroso sono ridotte in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento. Al fine di soddisfare le esigenze allocative delle amministrazioni statali, gli enti territoriali continuano ad assicurare allo Stato l’uso gratuito di immobili di loro proprietà fino al permanere delle esigenze medesime. Alle risorse nette derivanti a ciascun ente territoriale dall’eventuale alienazione degli immobili trasferiti ovvero dall’eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi immobili siano conferiti si applicano le disposizioni dell’art. 9, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 che disciplinano l’utilizzo prioritario delle risorse per la riduzione del debito. In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di riduzione del debito pubblico, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale, è altresì destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità di cui al comma 5 dell’art. 9 del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente. Per la parte non destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, resta fermo quanto disposto dal comma 443 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 che prevede che in applicazione del secondo periodo del comma 6 dell’art. 162 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito. Le disposizioni di cui al D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, si applicano solo in quanto compatibili con quanto previsto dall’art. 56-bis in argomento. Lo stesso articolo modifica anche l’art. 33, comma 8-ter, del D.L. n. 98/2011, conv. in legge 111/2011, sopra analizzato. 1692 4. Alienazione di beni come fonte di finanziamento degli investimenti In base all’art. 199 del TUEL per l’attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare: a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti; b) avanzo di parte corrente del bilancio, costituito da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di ammortamento dei prestiti; c) entrate derivanti dall’alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni; d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali; e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall’art. 187; f) mutui passivi; g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge. Le entrate di cui al comma 1, lettere a), c), d) ed f) sono destinate esclusivamente al finanziamento di spese di investimento e non possono essere impiegate per la spesa corrente. È evidente quindi che la fonte di finanziamento costituita dall’alienazione di beni patrimoniali si pone, nel sistema di bilancio, insieme ad altre, in alternativa al ricorso dell’indebitamento da parte dell’ente locale. Costituisce pertanto una scelta di politica di bilancio che, qualora possibile, deve essere valutata positivamente perché consente di realizzare investimenti produttivi ed acquisire beni a fecondità ripetuta senza ricorrere all’indebitamento. Cap. III I fondi immobiliari L’art. 58, comma 8, della legge n. 133/2008 prevede la possibilità per gli enti locali di costituire fondi immobiliari. I comuni hanno la facoltà di promuovere la costituzione di fondi comuni secondo le disposizioni di cui all’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Il particolare regime agevolato previsto il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 da tale disposizione si applica anche agli enti locali. La nozione di fondo comune di investimento si ritrova nell’art. 1, comma 1, lettera j, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico della Finanza). È il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. Intendiamo per fondo aperto il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo. Il fondo chiuso è, invece, il fondo comune di investimento in cui il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate. La legge 25 gennaio 1994, n. 86 reca l’istituzione e la disciplina dei fondi di investimento immobiliari chiusi e contiene le norme sulla società di gestione di fondi comuni (Capo I), la disciplina dell’istituzione del fondo, della partecipazione allo stesso e della sua gestione (Capo II). In particolare l’art. 14 bis, aggiunto dall’art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, disciplina i fondi costituiti con apporto di beni immobili. Le quote del fondo possono essere sottoscritte, entro un anno dalla sua costituzione, con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili, qualora l’apporto sia costituito per oltre il 51 per cento da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti. All’istituzione del fondo con apporto in natura si applicano l’art. 12, commi 1, 2, lettere a), d), e), l), m), o), p), r), s-bis), e 6, e l’art. 14, commi 7 e 8 della legge. La società di gestione non deve essere controllata, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, neanche indirettamente, da alcuno dei soggetti che procedono all’apporto. Tuttavia nell’individuazione del soggetto controllante non si tiene conto delle partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro. La misura dell’investimento minimo obbligatorio nel fondo è determinata dal Ministro del tesoro nel limite massimo dell’uno per cento dell’ammontare del fondo. Gli enti locali territoriali sono autorizzati, fino a concorrenza del valore dei beni conferiti, ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote dei fondi istituiti, secondo le modalità di cui all’art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 recante “emis- sione di titoli obbligazionari da parte degli enti locali”. In alternativa alla procedura di offerta al pubblico, per le quote di propria pertinenza, gli enti locali territoriali possono emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote di fondi istituiti o da istituirsi, secondo le modalità di cui all’art. 35 della predetta legge n. 724/1994. Le somme derivanti dal collocamento dei titoli emessi o dalla cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate al finanziamento degli investimenti secondo le norme previste dal TUEL, nonché alla riduzione del debito complessivo. Qualora per l’utilizzazione o la valorizzazione dei beni e dei diritti da conferire ai sensi del comma 1 da parte degli enti locali territoriali sia prevista dal regolamento del fondo l’esecuzione di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo stesso, gli enti locali territoriali conferenti dovranno effettuare anche i conferimenti in denaro necessari nel rispetto dei limiti previsti. A tal fine gli enti conferenti sono autorizzati ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote del fondo fino a concorrenza dell’ammontare sottoscritto in denaro. Le quote del fondo spettanti agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti in denaro saranno tenute in deposito presso la banca depositaria fino alla conversione. L’art. 4 della legge n. 410/2001 prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. I decreti disciplinano altresì le procedure per l’individuazione o l’eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo e i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote. L’art. 33 del D.L. n. 98/2011 reca disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio immobiliare. Con decreto del Ministro dell’economia e finanze è costituita una società di gestione del risparmio avente capitale sociale pari a 2 milioni di euro per l’anno 2012, per l’istituzione di uno o più fondi d’investimento al fine di partecipare in fondi d’investimento immobiliari chiusi promossi da regioni, province, comuni anche in forma consorziata ai 1693 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile. Ai fondi comuni di investimento immobiliare promossi da regioni, province, comuni anche in forma consorziata ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e da altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, possono essere apportati a fronte dell’emissione di quote del fondo medesimo, beni immobili e diritti con le procedure dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nonché quelli trasferiti ai sensi del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85. Tali apporti devono avvenire sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione approvati con delibera dell’organo di governo dell’ente, previo esperimento di procedure di selezione della Società di gestione del risparmio tramite procedure di evidenza pubblica. Possono presentare proposte di valorizzazione di cui al presente comma i soggetti, anche privati. Nel caso dei beni individuati sulla base di quanto previsto dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, la domanda prevista dal comma 4, dell’art. 3 del citato decreto legislativo può essere motivata dal trasferimento dei predetti beni ai fondi di cui al comma in esame. È abrogato l’art. 6 del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85 che recava “valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare”. I soggetti indicati all’art. 4, comma 1 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, possono apportare beni ai suddetti fondi. Si tratta dello Stato, dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e degli Enti pubblici non territoriali. La destinazione funzionale dei beni oggetto di conferimento ai fondi può essere conseguita mediante il procedimento di cui all’art. 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 recante “Accordi di programma”, e delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data della delibera con cui viene promossa la costituzione dei fondi. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. L’apporto ai fondi è sospensivamente condizionato all’espletamento delle procedure di valorizzazione e di regolarizzazione. Fino a quando la valorizzazione dei beni trasferiti al fondo 1694 non sia completata, i soggetti apportanti non possono alienare la maggioranza delle quote del fondo. Per gli immobili sottoposti alle norme di tutela di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, si applicano gli artt. 12 e 112 del citato decreto legislativo, nonché l’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85. All’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo il comma 9 è stato aggiunto il seguente: «9-bis. In caso di conferimento a fondi di investimento immobiliare dei beni inseriti negli elenchi di cui al comma 1, la destinazione funzionale prevista dal piano delle alienazioni e delle valorizzazioni, se in variante rispetto alle previsioni urbanistiche ed edilizie vigenti ed in itinere, può essere conseguita mediante il procedimento di cui all’articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e delle corrispondenti disposizioni previste dalla legislazione regionale. Il procedimento si conclude entro il termine perentorio di 180 giorni dall’apporto o dalla cessione sotto pena di retrocessione del bene all’ente locale. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. Agli apporti ai fondi effettuati ai sensi del presente articolo si applicano le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, e gli articoli 1, 3 e 4 del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la società Patrimonio dello Stato s.p.a. è sciolta ed è posta in liquidazione con le modalità previste dal codice civile». Cap. IV Cartolarizzazione: strutture e rischi 1. Aspetti generali Il termine securitization (2) sta ad indicare, in via generale, uno spostamento da un tipo tradizionale di attività di intermediazione, basata sulle istituzio(2) Si deve precisare che: - il termine “Securitization” viene usato nella prassi bancaria americana; - mentre, in Inghilterra, si parla di “Securitisation”; - in Spagna si usa il termine equivalente “Tritisaciòn”; - in Francia, quello di “Tritisation”; - in Italia si può indistintamente usare il termine di “Cartolarizzazione” o “Titolarizzazione”. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 ni, ad una attività di intermediazione più orientata al mercato. La tecnica della securitization verrà intesa secondo l’accezione di emissione di titoli a fronte di prestiti. Essa consiste nella trasformazione di attivi non negoziabili sui mercati: in termini molto semplici, l’operazione viene effettuata attraverso la creazione di un pool di determinati assets, per lo più crediti, che vengono scorporati dal bilancio di un intermediario finanziario o di una società commerciale (c.d. Originator) tramite la vendita degli stessi ad una società esterna definita Special Purpose Vehicle (SPV). Tale società procede all’emissione di titoli di debito che, collocati sul mercato dei capitali, forniscono risorse finanziarie necessarie al pagamento di crediti ceduti dall’originator. Successivamente, i flussi finanziari inerenti gli attivi ceduti vengono utilizzati per il pagamento degli interessi da corrispondere ai detentori dei titoli e per il loro rimborso. In definitiva, il processo di cartolarizzazione consiste nella costituzione di un pool di prestiti e nella successiva emissione, a fronte di tale pool, di titoli che saranno poi venduti agli investitori finali per mezzo dello SPV (in tal caso lo special purpose vehicle è soggetto emittente e soggetto collocatore, con la possibilità, comunque, che la funzione di collocamento può essere svolta anche da un altro soggetto). La struttura di una operazione di cartolarizzazione può essere esaminata da un punto di vista giuridico e da un punto di vista finanziario: sotto l’aspetto giuridico, tali operazioni prevedono, nella forma più semplice, che il portafoglio degli attivi cartolarizzati venga ceduto a uno SPV, il quale emette titoli per finanziare la cessione, mentre da un punto di vista finanziario, i flussi provenienti dal portafoglio cartolarizzato sono diretti al pagamento degli interessi periodici e al rimborso dei titoli. 2. I soggetti L’originator. È colui che individua, seleziona e cede i crediti che costituiranno il pool di attivi oggetto delle operazioni di cartolarizzazione. Anche se qualsiasi soggetto, imprenditore e non, può cedere crediti, nella maggioranza dei casi, l’originator è una banca o un intermediario finanziario. Questi operatori, infatti,data la tipicità dei loro attivi, sono avvantaggiati nell’implementazione di una operazione di cartolarizzazione. Lo SPV (Issuer). Acquista gli attivi dall’originator e, generalmente, emette titoli garantiti dagli attivi sottostanti. Il fattore critico di successo, caratterizzante l’attività d’impresa di tale soggetto, consiste nel prevedere in che misura e con quali ritmi si presenteranno i flussi generati dal complesso di crediti acquisiti. Per il buon esito dell’operazione, è necessario fare in modo che lo SPV sia isolato da possibili rischi derivanti da un eventuale fallimento dell’originator e non intraprenda nessuna attività che possa pregiudicare la sua situazione finanziaria ed economica. Il servicer. È responsabile della gestione degli attivi e dei cash flows provenienti da tali attivi. Assolve il compito di riscuotere i pagamenti di interessi e delle quote capitali. Redige, periodicamente, una relazione informativa riguardo lo stato del portafoglio degli attivi venduti. La sua remunerazione è rappresentata da una commissione. L’attività di servicing, di solito, viene esercitata dallo stesso originator. L’investment Bank. Può sottoscrivere i titoli derivanti da un’operazione di cartolarizzazione, per poi collocarli tramite un’offerta pubblica; se, inoltre, assume anche il ruolo di consulente esterno, l’investment bank si suole definire lead manager e collocare i titoli privatamente. In questo caso, funge semplicemente da agente, tra gli acquirenti e il venditore, in qualità di advisor dell’operazione. L’agenzia di rating. Ha il compito di assegnare un rating ai titoli emessi a fronte di una operazione di cartolarizzazione. Le sue analisi sono orientate alla stima della capacità degli attivi a generare il cash flow necessario al pagamento degli investitori finali e del valore delle garanzie offerte a sussidio dell’operazione medesima. Nel dettaglio, l’agenzia focalizza le sue valutazioni su quattro elementi principali che vanno dalla qualità del portafoglio crediti, alla struttura finanziaria dell’emissione, alla struttura legale ed in ultimo ai rischi connessi ai partecipanti. In buona sostanza, le funzioni di una agenzia di rating consiste nel rendere noto agli investitori la probabilità che le quote capitali e gli interessi loro spettanti vengano corrisposti puntualmente e nel rispetto dei termini contrattuali. La controparte garante. Ha il compito, attraverso l’offerta di determinate garanzie, di ridurre il livello complessivo di rischio creditizio implicito nei titoli emessi. Questo ruolo può essere svolto sia dallo stesso originator che da una terza controparte. L’obiettivo ultimo è quello di ottenere un miglior giudizio di rating e, conseguentemente, di aumentare prezzo e grado di liquidità dei titoli emessi. 1695 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile Gli investitori. Sono gli acquirenti dei titoli. Il rischio che essi affrontano dipende, in prima istanza, dalla capacità del portafoglio di attivi ceduti di generare flussi nella misura e nei tempi necessari al rimborso del capitale e degli interessi di tali titoli. L’arranger (o Lead Manager). È un consulente dell’originator, al quale sono affidate la progettazione e la realizzazione dell’operazione di securitization. Spesso accade che, quando nell’ambito dell’organizzazione dell’originator non sono presenti risorse dotate della competenza necessaria per la progettazione e l’implementazione di una operazione di cartolarizzazione, queste funzioni vengano affidate a società di consulenza esterna che, pur essendo i reali artefici del processo, non assumono nessuna responsabilità diretta nei confronti degli investitori che acquistano i titoli. Nel dettaglio, l’arranger è titolare delle seguenti funzioni di analisi dei crediti cartolarizzati detenuti dall’originator; della scelta della struttura da adottare per l’implementazione dell’operazione, unitamente alle garanzie a supporto della stessa e dei collaboratori, della predisposizione del corpus contrattualistico necessario affinché la cessione sia regolare, della costituzione del sindacato di banche incaricate del collocamento dei titoli nonché del mantenimento delle relazioni con le autorità che controllano il mercato creditizio e borsistico. 3. Il quadro normativo sulla cartolarizzazione dei crediti 3.1. La legge 27.12.2002, n. 289 e legge 30.4.1999, n. 130 In base all’art. 84 della legge 27.12.2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali sono autorizzati a costituire o a promuovere la costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di più società a responsabilità limitata con capitale iniziale di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione dei rispettivi patrimoni immobiliari. I beni immobili individuati possono essere trasferiti a titolo oneroso alle società costituite per le finalità dell’operazione di cartolarizzazione con atto pubblico o scrittura privata autenticata, 1696 previa delibera dell’organo competente degli enti proprietari secondo il rispettivo ordinamento. La predetta delibera ha il contenuto previsto al comma 1 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 convertito dalla legge 410/2001. Gli onorari notarili relativi al trasferimento sono ridotti a un terzo. I contenuti della delibera riguardano: a) il prezzo iniziale che le società corrispondono a titolo definitivo a fronte del trasferimento dei beni immobili e le modalità di pagamento dell’eventuale residuo, che può anche essere rappresentato da titoli; b) le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione che le società realizzano per finanziare il pagamento del prezzo. All’atto di ogni operazione di cartolarizzazione è nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale, oltre ai poteri stabiliti in sede di nomina a tutela dell’interesse dei portatori dei titoli, approva le modificazioni delle condizioni dell’operazione; c) l’immissione delle società nel possesso dei beni immobili trasferiti; d) la gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, da regolarsi in via convenzionale con criteri di remuneratività; e) le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei beni immobili trasferiti. L’inclusione dei beni nella delibera non modifica il regime giuridico, previsto dagli artt. 823 e 829, primo comma, del codice civile, dei beni demaniali trasferiti. Le disposizioni viste si applicano anche ai beni immobili degli enti pubblici strumentali di regioni, province, comuni ed altri enti locali che ne facciano richiesta all’Ente territoriale di riferimento, e ai beni immobili delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. I predetti beni immobili sono trasferiti a titolo oneroso dagli enti proprietari ai rispettivi enti territoriali di riferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. Gli onorari notarili relativi al trasferimento sono ridotti a un terzo. Gli enti territoriali di riferimento ai quali sono trasferiti i beni immobili procedono alla realizzazione delle operazioni di cartolarizzazione in conformità alle disposizioni sopra esaminate. Il prezzo per il trasferimento dei beni immobili è corrisposto agli enti i cui beni costituiscono oggetto delle operazioni di trasferimento. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 L’art. 84 della legge 289/2002 prevede che si applicano le disposizioni del D.L. 351/2001 convertito dalla legge 410/2001, espressamente richiamate, in quanto compatibili. La legge 30 aprile 1999, n. 130 recante “Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti” si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, quando esistono due fondamentali requisiti: il cessionario sia la società per la cartolarizzazione dei crediti disciplinata dall’art. 3 della legge e le somme corrisposte dai debitori ceduti devono essere destinate, in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto di tali crediti nonché al pagamento dei costi dell’operazione. I titoli emessi sono strumenti finanziari e agli stessi si applicano le disposizioni del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. La società cessionaria o la società emittente i titoli, diversa dalla società cessionaria, redige il prospetto informativo che contiene le indicazioni previste dall’art. 2, terzo comma, della legge n. 130/1999, nel caso di investitori professionali. Nel caso in cui i titoli oggetto delle operazioni di cartolarizzazione siano offerti ad investitori non professionali, l’operazione deve essere sottoposta alla valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi. La società cessionaria, o la società emittente i titoli se diversa dalla società cessionaria hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti. I crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. La legge prevede altresì che su ciascun patrimonio non siano ammesse azioni da parte di creditori diversi da portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti. L’art. 4 della legge disciplina le modalità e l’efficacia della cessione. In particolare dalla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale, su crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti incorporati sui titoli emessi per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché per il pagamento dei costi dell’operazione. Lo stesso art. 4 indica anche quali sono i soggetti ai quali la cessione dei crediti è opponibile. Le disposizioni della legge n. 130/1999 si applicano in quanto compatibili alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti realizzate mediante l’erogazione di un finanziamento al soggetto cedente da parte della società di cartolarizzazione ed alla cessione a fondi comuni di investimento, avente per oggetto crediti, costituiti ai sensi del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Per gli enti locali costituiscono indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all’85 per cento del prezzo di mercato dell’attività oggetto di cartolarizzazione valutato da un’unità indipendente e specializzata. Costituiscono, inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche nonché, sulla base dei criteri definiti in sede europea dall’Ufficio statistico delle Comunità europee (EUROSTAT), l’eventuale premio incassato al momento del perfezionamento delle operazioni derivate. 3.2. Il D.L. 25 settembre 2001, n. 351, conversione . in legge 23 novembre 2001, n. 410 L’assetto portante è costituito dal fatto che il sistema della cartolarizzazione (previsto nella legge 30 aprile 1999, n. 130) è utilizzato per la dismissione dei beni immobiliari. Questo consente all’Erario una entrata immediata per il versamento da parte delle società-veicolo del “prezzo iniziale”. Il processo di vendita è qualificato come una privatizzazione degli immobili (dalla Relazione al decreto legge 351, v. titolo art. 2). Questo comporta che i soggetti pubblici non partecipino all’acquisto degli immobili dismessi, con la sola eccezione per gli enti pubblici territoriali (acquisto di immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali, art. 3.17). La legge prevede una serie di macro-fasi del processo che possono essere così individuate nella ricognizione del patrimonio immobiliare pubblico (art. 1), nella privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico (art. 2) e nella valutazione, valorizzazione e cessione dello stesso (art. 3). Il Ministero dell’economia e delle finanze costituisce o promuove la costituzione della società vei1697 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile colo che ha per oggetto l’operazione di cartolarizzazione, capitale iniziale di 10.000 euro e forma di società a responsabilità limitata. La società emette obbligazioni o assume finanziamenti per versare il prezzo iniziale. Gli immobili individuati costituiscono patrimonio separato da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. In base all’art. 3 della legge il Ministro dell’economia e delle finanze (di concerto con il Ministro vigilante se gli immobili sono soggetti a vigilanza di altro Ministero; di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali per i beni dello Stato di particolare valore artistico e storico) mediante l’emanazione di uno o più decreti di natura regolamentare provvede al trasferimento a titolo oneroso dei beni immobili individuati dall’Agenzia del demanio. L’inclusione dei beni nei decreti produce il passaggio dei beni al patrimonio disponibile e la pubblicazione produce gli effetti previsti dall’art. 2644 codice civile cioè gli effetti della trascrizione. Il contenuto dei decreti ministeriali di trasferimento comprende il prezzo iniziale che le società corrispondono a titolo definitivo a fronte del trasferimento dei beni immobili e le modalità di pagamento dell’eventuale residuo, che può anche essere rappresentato da titoli, le caratteristiche dell’operazione di cartolarizzazione che le società realizzano per finanziare il pagamento del prezzo, l’immissione delle società nel possesso dei beni immobili trasferiti, la gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, da regolarsi in via convenzionale con criteri di rimuneratività e le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei beni immobili trasferiti. Il prezzo che le società corrispondono a fronte del trasferimento dei beni immobili si può distinguere tra prezzo iniziale che è determinato con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ed è costituito dalle società a titolo definitivo a fronte del trasferimento di beni immobili e prezzo differito, determinato dall’importo residuo - flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita (attività), detratti rimborso del debito per capitale e interessi, oneri accessori, commissione dei soggetti terzi, altri costi dell’operazione (passività) - e può essere corrisposto mediante titoli, se così dispone il decreto ministeriale. La determinazione del prezzo avviene a cura dell’Agenzia del territorio o di una società terza, individuata con procedura competitiva, avente partico1698 lare esperienza nel settore immobiliare. Lo stesso è detenuto sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di immobili e unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe. La gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, disciplina la fase ricompresa tra il trasferimento dei beni e la loro alienazione. Il criterio da applicare nel periodo di gestione è quello della remuneratività e i responsabili della gestione, individuati nel decreto ministeriale di trasferimento, sono responsabili a tutti gli effetti ed a proprie spese per gli interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per l’adeguamento dei beni alla normativa vigente. Ai fini della valorizzazione dei beni il quindicesimo comma dell’art. 3 della legge prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze convoca una o più conferenze di servizi o promuove accordi di programma finalizzati ad approvare iniziative di valorizzazione. Il ruolo degli enti territoriali può essere determinante per garantire la redditività all’intervento operando ad esempio sulla destinazione urbanistica dell’area sulla quale sono situati gli immobili o sulla modifica della loro destinazione d’uso. In considerazione di questo ruolo, è loro riconosciuta una quota (dal 5% al 15%) del ricavato dalla vendita degli immobili valorizzati. I decreti del Ministero indicano anche le modalità di esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione per gli immobili ad uso residenziale. Per gli immobili ad uso residenziale la legge prevede alcune particolarità: - Sono nulli gli atti di disposizione degli immobili acquistati per effetto dell’esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell’acquisto. - Per le unità immobiliari occupate da conduttori ultrasessantacinquenni è consentita l’alienazione della sola nuda proprietà, quando essi abbiano esercitato il diritto di opzione e prelazione con riferimento al solo diritto di usufrutto. - I diritti di opzione e di prelazione spettano anche ai familiari conviventi, nonché agli eredi del conduttore con lui conviventi ed ai portieri degli stabili oggetto della vendita, in caso di eliminazione del servizio di portineria. Il diritto di prelazione eventualmente spettante ai sensi della legge ai conduttori delle singole unità il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 immobiliari ad uso diverso da quello residenziale può essere esercitato unicamente nel caso di vendita frazionata degli immobili. Il diritto di prelazione sussiste anche se la vendita frazionata è successiva ad un acquisto in blocco. Le modalità di esercizio della prelazione sono determinate con i decreti del Ministro. La vendita si considera frazionata esclusivamente nel caso in cui ciascuna unità immobiliare sia offerta in vendita singolarmente a condizioni specificatamente riferite a tale unità (comma aggiunto dal D.L. n. 63/2002). Relativamente all’operazione di rivendita il diritto di prelazione spettante ai terzi può essere esercitato al momento della vendita da parte delle societàveicolo, non all’atto del trasferimento. Al fine di snellire e velocizzare la vendita, il trasferimento dei beni e la rivendita non sono soggetti alle autorizzazioni previste dal T.U. sui beni culturali e ambientali, al diritto di opzione degli enti locali territoriali ed alla proposizione di progetti di valorizzazione e gestione degli immobili statali. In particolare la società-veicolo è esonerata dalla garanzia per vizi e per evizione (è a carico dello Stato o dell’ente pubblico proprietario del bene prima del trasferimento) e dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistico - edilizia e fiscale (anche per lo Stato e gli enti pubblici proprietari). Il Ministro può disporre in favore delle società-veicolo beneficiarie la garanzia di un introito minimo dei beni e dei canoni di locazione. Il punto 3.24 del nuovo principio applicato della contabilità finanziaria disciplina in dettaglio la contabilizzazione delle operazioni di cartolarizzazione. Inoltre occorre fare riferimento all’art. 75 del D.Lgs. n. 118/2011 (aggiunto dal D.Lgs. n. 126/2014) “Adeguamento della definizione di indebitamento”: alla legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono apportate le seguenti modificazioni: «a) il comma 17 dell’art. 3 è sostituito dal seguente: “17. Per gli enti di cui al comma 16, costituiscono indebitamento, agli effetti dell’art. 119, sesto comma, della Costituzione, l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l’eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell’escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario. Dal 2015, gli enti di cui al comma 16 rilasciano garanzie solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito e per le finalità definite dal comma 18. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio”; ...omissis...». Cap. V Il Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali 1. Il piano di valorizzazione La legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, commi 313-320, ha stabilito che il Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, tramite l’Agenzia del demanio, individui ambiti d’interesse nazionale in cui non sono presenti beni immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici, per promuovere, in ciascun ambito, un “programma unitario di valorizzazione”. Il riferimento è all’art. 3, comma 15-bis, del D.L. n. 351/2001, convertito dalla legge n. 410/2001 recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare. L’individuazione degli ambiti deve avvenire nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, d’intesa con gli enti locali interessati e nel rispetto dei piani urbanistici comunali. Il complesso dei programmi di valorizzazione costituisce il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, finalizzato ad attivare processi di sviluppo locale significativi mediante il recupero e il riuso 1699 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile dei beni, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale ed urbana. Il piano, approvato d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 281/1997 anche in applicazione del Codice dei beni culturali di cui al D.Lgs. n. 42/2004, comprende l’individuazione degli ambiti di intervento, gli obiettivi di azione, le categorie tematiche, sociali, economiche e territoriali, i criteri, i tempi e le modalità di attuazione dei programmi d’intervento ed altri elementi significativi per la formazione dei programmi. Per la predisposizione degli studi di fattibilità, dei progetti e dei supporti necessari alla predisposizione del piano si provvede a valere su apposito capitolo dell’Agenzia del demanio, fino ad un importo massimo di 10 milioni di euro per l’anno 2008. 2. Programmi unitari di valorizzazione Sulla base delle indicazioni contenute nel piano di valorizzazione dei beni pubblici, la regione e gli enti territoriali e locali interessati, d’intesa con il Mistero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dei beni culturali, promuovono la formazione dei programmi unitari di valorizzazione contenenti gli interventi e le modalità di attuazione, le categorie di destinazione d’uso compatibili, l’entità e la modalità di attribuzione agli enti territoriali di quota parte del plusvalore da realizzare. Le amministrazioni centrali e territoriali interessate, nonché tutti i soggetti competenti, concorrono alla definizione dei contenuti e alla realizzazione dei programmi unitari. Si utilizza come strumento per il perfezionamento delle fasi decisionali la conferenza di servizi di cui agli artt. 14 e seguenti della legge 241/1990. Sarà sempre garantito il pieno rispetto del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m. Il programma unitario di valorizzazione è approvato con decreto del presidente della regione o della provincia interessata, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro per i beni culturali. I consigli comunali devono ratificare il programma, a pena di decadenza, entro novanta giorni dall’emanazione del decreto. Devono essere osservate le forme di pubblicità e di partecipazione. Si producono gli effetti di cui all’art. 34 del TUEL, riguardante gli accordi di programma, e di cui alle leggi regionali, nonché la relativa dichiara1700 zione di pubblica utilità per le opere pubbliche o di interesse generale in esso comprese. Ciascun programma unitario può assumere il valore e gli effetti dei piani, programmi e strumenti attuativi di iniziativa pubblica e privata. Si applica anche, ove necessario, l’art. 27, comma 5, della legge n. 166/2002 recante “disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti” e relativo ai programmi di riabilitazione urbana e al concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli immobili ricompresi nel piano attuativo, organizzati in Consorzio. Il comma 320, dell’art. 1, della legge finanziaria 2008, modifica l’art. 27 della legge n. 326/2003, di conversione del D.L. n. 269/2003 recante “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”. La disposizione riguarda la verifica dell’interesse culturale del patrimonio immobiliare pubblico e si riferisce in particolare al Ministero della Difesa che, sentita l’Agenzia del demanio, adotta un programma di razionalizzazione, accorpamento, riduzione e ammodernamento del patrimonio infrastrutturale in uso. Il comma 13-bis dell’art. 27 prevede che, relativamente ai programmi che interessano gli enti locali, si procede mediante accordi di programma (art. 34 del TUEL). Nell’ambito di tali accordi può essere previsto il riconoscimento in favore degli enti locali di una quota del maggiore valore degli immobili, determinato per effetto dei processi di valorizzazione assentiti. Cap. VI Il Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari ex art. 58, D.L. n. 122/2008 1. Il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari La normativa introdotta con l’art. 58 della legge 6 agosto 2008, n. 133, realizza per il patrimonio pubblico locale una serie di finalità: - disciplina l’attività di ricognizione del patrimonio; - introduce nuovi strumenti di valorizzazione senza prevedere l’alienazione dei beni; - estende la disciplina di favore prevista per lo Stato in relazione alla costituzione di fondi immobiliari; il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 - prevede l’applicazione della disciplina prevista per lo Stato in relazione all’alienazione dei beni. una serie di effetti di natura giuridico-amministrativa: La norma prevede che con la finalità di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni ed altri enti locali, ciascun ente con apposita delibera dell’organo di governo individua, redigendo apposito elenco, i singoli immobili: - la classificazione come patrimonio disponibile, stabilendo la destinazione urbanistica; - ricadenti nel territorio di competenza; - non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali; - suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. La ricognizione è operata sulla base, e nei limiti, della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici. I contenuti di cui sopra consentono di realizzare il “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” allegato al Bilancio di Previsione che, approvato dal Consiglio dell’ente, assume a tutti gli effetti valenza di strumento di indirizzo e programmazione, inserendosi nel complessivo “sistema di bilancio”. Il principio contabile sulla programmazione allegato al D.Lgs. n. 118/2011, già citato, prevede: “La Parte 2 della SeO (Sezione operativa del Documento Unico di Programmazione - DUP) comprende la programmazione in materia di lavori pubblici, personale e patrimonio. ... omissis... Al fine di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del proprio patrimonio immobiliare l’ente, con apposita delibera dell’organo di governo individua, redigendo apposito elenco, i singoli immobili di proprietà dell’ente. Tra questi devono essere individuati quelli non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali e quelli suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Sulla base delle informazioni contenute nell’elenco deve essere predisposto il Piano delle alienazioni e valorizzazioni patrimoniali quale parte integrante del DUP. La ricognizione degli immobili è operata sulla base, e nei limiti, della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici. L’iscrizione degli immobili nel piano determina una serie di effetti di natura giuridico-amministrativa previsti e disciplinati dalla legge”. L’iscrizione degli immobili nel piano determina - la deliberazione consiliare di approvazione del piano costituisce variante allo strumento urbanistico generale; - la variante, essendo relativa a singoli immobili, non necessita in termini generali di verifiche di conformità con gli atti delle province e delle regioni. La legge prevede che la verifica di conformità è comunque richiesta e deve essere effettuata entro un termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente; - gli elenchi contenuti nel piano, da pubblicare nelle forme previste, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni nonché gli effetti di cui all’art. 2644 del codice civile recante “Effetti della trascrizione”, ed effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene in catasto. Contro l’iscrizione del bene negli elenchi che formano il piano è ammesso ricorso amministrativo, fermi gli altri rimedi di legge. La Corte Costituzionale con sentenza n. 340/2009 aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 58, comma 2, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, esclusa la proposizione iniziale: «L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica». È pertanto posta nel nulla la parte dell’articolo che prevedeva quanto segue: «la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale. Tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessita di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle province e delle regioni. La verifica di conformità è comunque ri1701 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile chiesta e deve essere effettuata entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportano variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente». L’art. 33-bis del D.L. n. 98/2011 prevede che i commi 1 e 2 dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono così sostituiti: «1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, nonché di società o enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell’organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze-Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo territorio. 2. L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli enti competenti, i quali si esprimono entro trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi enti, la predetta classificazione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell’atto di deliberazione se trattasi di società o ente a totale partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d’uso urbanistiche degli immobili. Le regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplinano l’eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell’art. 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disci1702 plinando le procedure semplificate per la relativa approvazione. Le regioni, nell’ambito della predetta normativa approvano procedure di copianificazione per l’eventuale verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell’art. 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle previsioni di cui al parag. 3 dell’art. 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma 4 dell’art. 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica». Il D.L. n. 95/2012, all’art. 23-ter “Valorizzazione e dismissione di immobili pubblici”, modifica l’art. 33 del D.L. n. 98/2011, conv. in legge n. 111/2011 aggiungendo le seguenti disposizioni: «Allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, con le modalità di cui all’art. 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, la costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari. Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato possono deliberare il trasferimento o il conferimento a tali fondi di immobili di proprietà. Possono altresì essere trasferiti o conferiti ai medesimi fondi i beni valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (federalismo demaniale), individuati dall’Agenzia del demanio e a seguito di apposita manifestazione, da parte dei competenti organi degli Enti interessati, della volontà di valorizzazione secondo le procedure del presente comma. I decreti del Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’art. 4 del citato decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, disciplinano, altresì, le modalità di concertazione con le competenti strutture tecniche dei diversi livelli di governo territoriale interessati, nonché l’attribuzione agli enti territoriali delle quote dei fondi, nel rispetto della ripartizione e per le finalità previste dall’articolo 9 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, limitatamente ai il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 beni di cui all’articolo 5, comma 1 lettera e), sopra richiamato, derivanti dal conferimento ai predetti fondi immobiliari. Ai fondi di cui al presente comma possono conferire beni anche i soggetti di cui al comma 2 (regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ed altri enti pubblici ovvero società interamente partecipate dai predetti enti) con le modalità ivi previste, ovvero con apposita deliberazione adottata secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio. Tale delibera deve indicare espressamente le destinazioni urbanistiche non compatibili con le strategie di trasformazione urbana. La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali trasferiti ai fondi di cui al presente comma, è destinata alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. Per le medesime finalità di cui al comma precedente, il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, altresì, con le modalità di cui all’articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, uno o più fondi comuni di investimento immobiliare a cui sono trasferiti o conferiti, ai sensi del comma 4, gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione, nonché diritti reali immobiliari». La norma richiamata interviene anche sull’art. 31, comma 46, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che riguarda norme particolari per gli enti locali e in particolare nella fattispecie le convenzioni per la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà (legge n. 865/1971). 2. L’intervento del decreto Monti n. 201/2011 I commi 1 e 2 dell’art. 58 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono stati così sostituiti dall’art.6 del D.L. 6 dicembre 2011 n.201, come convertito in legge n. 214/2011: «1. Per procedere al riordino, gestione e valorizzazio- ne del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, nonché di società o enti a totale partecipazione dei predetti enti, ciascuno di essi, con delibera dell’organo di Governo individua, redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione nel quale, previa intesa, sono inseriti immobili di proprietà dello Stato individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze-Agenzia del demanio tra quelli che insistono nel relativo territorio. 2. L’inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale. Il piano è trasmesso agli Enti competenti, i quali si esprimono entro trenta giorni, decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi Enti, la predetta classificazione è resa definitiva. La deliberazione del consiglio comunale di approvazione, ovvero di ratifica dell’atto di deliberazione se trattasi di società o Ente a totale partecipazione pubblica, del piano delle alienazioni e valorizzazioni determina le destinazioni d’uso urbanistiche degli immobili. Le regioni, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, disciplinano l’eventuale equivalenza della deliberazione del consiglio comunale di approvazione quale variante allo strumento urbanistico generale, ai sensi dell’articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, anche disciplinando le procedure semplificate per la relativa approvazione. Le regioni, nell’ambito della predetta normativa approvano procedure di copianificazione per l’eventuale verifica di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata, al fine di concludere il procedimento entro il termine perentorio di 90 giorni dalla deliberazione comunale. Trascorsi i predetti 60 giorni, si applica il comma 2 dell’articolo 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Le varianti urbanistiche di cui al presente comma, qualora rientrino nelle previsioni di cui al paragrafo 3 dell’articolo 3 della direttiva 2001/42/CE e al comma 4 dell’articolo 7 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e s.m.i. non sono soggette a valutazione ambientale strategica». 1703 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile 3. Il D.L. 6 luglio 2012, n. 95 - Spending Review 2 L’art. 3 del D.L. n. 95/2012 e relativa legge di conversione (7 agosto 2012, n. 135), cosiddetta spending review 2, è rubricato “Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per le locazioni passive”. Il primo comma prevede che in considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT, previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché dalle Autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzionali. Il secondo comma apporta modificazioni al D.P.R. 13 settembre 2005, n. 296 recante “Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato”. In particolare all’art 10 riguardante i soggetti beneficiari a titolo gratuito è soppressa la lett. d) che si riferisce a province e comuni e all’art. 11 relativo ai soggetti beneficiari a canone agevolato è soppressa la lett. a) che riguarda le regioni e gli enti locali. All’art. 1, comma 439, della legge n. 311/2004, legge finanziaria 2005, è apportata una modifica di rilevanza prevedendo che le regioni e gli enti locali di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, possono concedere alle Amministrazioni dello Stato, per le finalità istituzionali di queste ultime, l’uso gratuito di immobili di loro proprietà. I commi dal quattro al sei fanno riferimento, ai fini del contenimento della spesa pubblica, ai contratti di locazione passiva aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali. Il nono comma prevede che all’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 222, sono aggiunti due commi. Il primo prevede che l’ottimizzazione degli spazi ad uso ufficio è perseguita dalle Amministrazioni di cui al precedente comma 1704 222 rapportando gli stessi alle effettive esigenze funzionali degli uffici e alle risorse umane impiegate avuto riguardo ad un parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto. Le Amministrazioni interessate pongono in essere entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto piani di razionalizzazione degli spazi nel rispetto dei parametri sopraindicati senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Detti piani devono essere comunicati all’Agenzia del demanio. Le medesime Amministrazioni comunicano al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, il rapporto mq/addetto scaturente dagli indicati piani di razionalizzazione dalle stesse predisposti. In caso di nuova costruzione o di ristrutturazione integrale, il rapporto mq/addetto è determinato dall’Agenzia del demanio. Nella predisposizione dei piani di ottimizzazione e razionalizzazione degli spazi dovranno in ogni caso essere tenute in considerazione le vigenti disposizioni sulla riduzione degli assetti organizzativi, ivi comprese quelle recate dal decreto. Le disposizioni costituiscono principio a cui le regioni e gli enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza, adeguano i propri ordinamenti. Il comma successivo riguarda gli spazi destinati all’archivio utilizzati dalle Amministrazioni centrali. Il comma quattordici modifica l’art. 3-bis, del D.L. n. 351/2001 convertito nella legge n. 410/2001 e rubricato “valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione” che contiene quindi la seguente disciplina: I beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell’art. 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, per un periodo non superiore a cinquanta anni, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni. Agli enti territoriali interessati dal procedimento di cui al comma 2 è riconosciuta una somma non inferiore al 50 per cento e non superiore al 100 per cento del contributo di costruzione dovuto ai sensi dell’art. 16 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 n. 380, e successive modificazioni, per l’esecuzione delle opere necessarie alla riqualificazione e riconversione. Tale importo è corrisposto dal concessionario all’atto del rilascio o dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio. Cap. VII Il leasing finanziario Per analizzare la normativa e i contenuti delle operazioni di leasing finanziario si ripercorre la deliberazione n. 87/2008 della Sezione Regionale di controllo della Corte dei Conti della regione Lombardia. Ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 183/1976, per operazioni di locazione finanziaria s’intendono “le operazioni di locazione di beni mobili ed immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ultimo di diventare proprietario dei beni locati al termine del contratto, previo versamento di un prezzo prestabilito”. Il leasing è uno schema negoziale sinallagmatico e commutativo, con causa mista, che consente ad un soggetto, previo pagamento di un canone periodico, di utilizzare un bene, mobile o immobile, strumentale all’esercizio della propria attività o al perseguimento dei propri fini istituzionali, con possibilità di riscattarlo ad un prezzo inferiore al valore di mercato al termine del periodo di disponibilità stabilito nel contratto. Il leasing sintetizza in sé i caratteri tipici della locazione e della vendita a rate con riserva di proprietà, ma anche la funzione di finanziamento. Con il leasing finanziario l’utilizzatore usufruisce per il raggiungimento degli scopi istituzionali sia del bene che del capitale iniziale necessario per realizzarlo e usarlo. Il pagamento del canone non rappresenta solo il corrispettivo per la locazione del bene, quanto piuttosto una modalità di restituzione del finanziamento per una somma corrispondente al valore complessivo dell’operazione economica programmata, la quale comprende altresì il costo del bene, l’ammortamento del capitale e dell’interesse sulle somme investite per la realizzazione dell’opera, l’utile e le spese del concedente. Il leasing finanziario si configura generalmente in uno schema trilaterale: l’utilizzatore del bene, il concedente il leasing (o società di leasing) che acquista il bene e ne conserva la piena proprietà sino al momento del riscatto, il fornitore del bene. Il leasing operativo è, invece, una struttura negoziale che, alternativamente, si accosta alla vendita con patto di riscatto, qualora si preveda in capo al lesee il diritto di riscatto del bene al termine del periodo di utilizzazione, ovvero alla locazione e alla somministrazione qualora lo stesso produttore concede in godimento il bene prodotto per un canone che comprende la locazione ed i servizi di assistenza e manutenzione del bene stesso, in relazione alla durata del suo ciclo economico. La distinzione fra leasing finanziario ed operativo è stata questione più volte affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, oramai consolidata (Cass. civ. sent. n. 5573 e n. 5574 del 13 dicembre 1989; Cass. civ. sez. I, sentenza n. 1731/1994). La Sezione regionale di controllo della Lombardia della Corte dei conti con il parere n. 15/2006 si è espressa sulla natura e ammissibilità del contratto di “sale and lease back”, ovvero del contratto in base al quale un soggetto vende un bene alla società di leasing, che a sua volta concede lo stesso bene in leasing al soggetto venditore. La Sezione ha considerato ammissibile il leasing quale figura di contratto atipico, avuto riguardo alla capacità giuridica generale delle pubbliche amministrazioni. Peraltro gli elementi che devono sussistere quali presupposti del contratto sono: - l’applicazione dei principi dell’evidenza pubblica secondo le tipologie dei beni e l’importo del contratto; - una congrua valutazione degli aspetti relativi alla convenienza economica dell’operazione e degli effetti sui bilanci annuali e pluriennali e sul patrimonio pubblico dell’ente; - l’impiego del contratto come una forma di finanziamento e di indebitamento ricompreso nell’alveo dell’art.119 Cost., ammissibile solo al fine di procedere a nuovi investimenti. 1. Il leasing finanziario immobiliare: contenuti, e natura Introdotto con la legge finanziaria per l’anno 2007 (legge n. 296/2006, artt. 1 commi 907-908; 912914), il leasing finanziario immobiliare è attualmente disciplinato all’art. 187 del D.Lgs. 18 aprile 1705 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile 2016, n. 50, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, quale ulteriore modalità di realizzazione di opere pubbliche nella forma del “partenariato pubblico-privato”. Per la realizzazione, l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all’applicazione del presente codice possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria, che costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo. Il legislatore ha riconosciuto piena legittimità al contratto di leasing finanziario quale modalità di realizzazione di opere pubbliche, estendendone l’ambito di operatività a tutti i committenti tenuti all’applicazione del Codice dei contratti pubblici e disciplinando con particolare cura il leasing in construendo in relazione alle regole per la procedura di gara e di affidamento, le cui norme sono state successivamente introdotte ed ampliate dai già citati decreti correttivi al Codice dei contratti. Nel leasing immobiliare in construendo la funzione economica del contratto è volta non alla mera acquisizione della disponibilità di un bene per un periodo determinato di tempo, bensì alla realizzazione di un’opera pubblica a carico della stessa società finanziaria da destinare stabilmente al servizio della collettività amministrata. La pubblica amministrazione realizza in tal modo un duplice interesse: dotarsi di un’opera pubblica che presenta determinate caratteristiche di utilizzo, in vista del futuro incremento qualitativo e quantitativo del patrimonio dell’ente; evitare l’esborso del capitale in un’unica soluzione. Sotto tali profili, il leasing immobiliare pubblico in construendo può costituire uno strumento alternativo alla concessione di costruzione e di gestione o al project financing, tendente alla realizzazione di opere direttamente utilizzate dalla pubblica amministrazione, con l’ausilio di capitali privati. Il leasing immobiliare in construendo, è uno schema negoziale avente una propria causa autonoma rispetto alle tradizionali forme di leasing. In particolare, la funzione economico-sociale che si realizza attiene al vantaggio per la pubblica amministrazione di ottenere la disponibilità immediata di un’opera pubblica funzionale al raggiungimento degli scopi istituzionali, senza doverne pagare per intero ed in un’unica soluzione il prezzo di acquisto, con possibilità di traslare parte dei rischi finan1706 ziari e di costruzione sulla controparte contrattuale, adeguatamente remunerata, e di generare flussi di cassa positivi derivanti dalla resa di un servizio pubblico efficiente. Il ricorso allo strumento del leasing finanziario pubblico non può essere lo strumento con il quale eludere le regole imposte dalla disciplina degli appalti pubblici e gli obiettivi del patto di stabilità. Si conferma l’applicazione delle norme sull’evidenza pubblica perché siamo in presenza di processi destinati a realizzare l’obiettivo di acquisire al patrimonio pubblico opere pubbliche e beni a fecondità ripetuta. La disciplina del leasing finanziario deve essere compatibile con la disciplina in materia di appalti comunitari ed in questa prospettiva teorica deve essere inquadrato, a seconda della tipologia in concreto delineata, in una delle forme negoziali previste dalla disciplina comunitaria e nazionale (art. 187, D.Lgs. n. 50/2016), al fine di determinare le regole applicabili alla sottostante procedura di evidenza pubblica e al fine di enucleare i criteri interpretativi delle pattuizioni negoziali nei casi dubbi e controversi. La possibilità di affidarsi ad una società di leasing cui delegare la gestione operativa della procedure, accosta la figura del leasing finanziario a quella del project financing e dunque esige il rispetto dei principi fissati dal codice degli appalti pubblici e dei canoni di derivazione comunitaria in tema di concorrenza. Nella determinazione del contenuto del contratto occorrerà tener conto che per sua stessa natura, l’unica forma di leasing certamente ammissibile per la pubblica amministrazione è quella del leasing “traslativo”, ovvero di un contratto di finanziamento che consenta di ottenere alla fine del periodo di ammortamento dei canoni periodici, l’opera pubblica già utilizzata dall’ente locale, mediante la previsione in favore dell’ente del diritto di riscatto del bene medesimo, per una somma in precedenza concordata e comunque sempre inferiore al valore di mercato dell’opera. In tali termini, il leasing finanziario “traslativo” (sul punto Cass. n. 10482/92), consolidando l’acquisto della proprietà del bene in capo all’ente pubblico, realizza l’obiettivo di incrementare stabilmente il patrimonio indisponibile dell’amministrazione, con conseguenti effetti positivi sulla sana e corretta gestione patrimoniale della res publica. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Il contratto di leasing di “mero godimento” deve avere ad oggetto un bene durevole destinato a rapida obsolescenza e che diminuisca costantemente il proprio valore di mercato durante il ciclo di utilizzazione. Soltanto in questo modo si potrebbe configurare un’utilità per la pubblica amministrazione, ma si tratterebbe comunque di una figura assimilabile alla disciplina prevista per i contratti di fornitura di beni e servizi, ovvero per i contratti ad esecuzione continuata e periodica ed, in ogni caso, di uno schema negoziale non compatibile con la realizzazione di un bene immobile da destinare definitivamente alla soddisfazione dei bisogni sociali degli amministrati. La Sezione Lombardia della Corte dei conti nella deliberazione 87/2008 qualifica l’operazione di leasing finanziario immobiliare come forma d’indebitamento dell’ente pubblico ulteriore rispetto a quelle indicate dall’art. 3, comma 17, della legge 350/2003, che deve essere conseguentemente orientata ai fini di cui all’art. 119, sesto comma, della Costituzione, ovvero tesa a finanziare operazioni d’investimento quali quelle ricomprese nell’art. 3, comma 18, lett. a), b), c), e), i) della legge 350/2003. La normativa non si è ancora adeguata a tale orientamento “sostanziale” che è assolutamente condivisibile dal punto di vista tecnico-finanziario e giuridico-amministrativo. Definita la natura dell’operazione deve essere scongiurato l’utilizzo del leasing, quale forma d’indebitamento per gli investimenti vietata agli enti locali, regioni e province autonome inadempienti alle regole del patto di stabilità interno relativo agli anni 2008-2011, ai sensi degli artt. 77, 77-bis comma 20, lett. b), 77-ter lett. b) della legge finanziaria n. 133/2008, le quali potrebbero essere agevolmente eluse qualora l’ente che non abbia rispettato il patto di stabilità interno (ora vincolo di finanza pubblica di cui alla legge n. 243/2012), nell’anno successivo all’inadempienza stipulasse un contratto di leasing finanziario per la realizzazione di opere pubbliche, in sostituzione delle forme di finanziamento espressamente proibite, quali il mutuo o l’emissione di prestito obbligazionario. Le altre deliberazioni della Sezione di Controllo della Corte della Lombardia sul leasing sono: 12 ottobre 2006, n. 15; 13 novembre 2008, n. 87, 5 marzo 2009, n. 52, 22 settembre 2009, n. 1139. 2. Riflessi del leasing sul bilancio dell’ente locale Il canone periodico del leasing operativo, avente ad oggetto l’utilizzazione di un bene servente al normale funzionamento della Pubblica amministrazione, rientra fra le spese correnti. Tale soluzione considera il canone un corrispettivo per il godimento del bene, pur in presenza in esso di elementi non riconducibili alla mera disponibilità della cosa. Il bene rientra nel conto del patrimonio dell’ente solo dopo l’avvenuto esercizio del diritto di riscatto. Il prezzo del riscatto può essere imputato a spese correnti o a quelle d’investimento a seconda della natura e della destinazione del bene acquisito, alla stregua degli usuali criteri classificatori delle spese pubbliche. Per quanto concerne il leasing finanziario, la classificazione contabile può seguire due diversi criteri, il metodo patrimoniale (formale) o il metodo finanziario (sostanziale). Con il metodo patrimoniale, le pubbliche amministrazioni si limitano a rilevare l’esborso finanziario, senza iscrivere alcun bene nel proprio bilancio. Il canone di leasing è considerato un onere per l’uso del bene. L’opera utilizzata dall’ente è considerato un asset appartenente a terzi. I canoni periodici, comprensivi della sorte capitale e della quota d’interessi saranno imputati nel conto economico. Le uscite relative ai canoni sono considerate come spese correnti per utilizzo di beni di terzi. Nel conto economico si contabilizza un costo di gestione. Il metodo finanziario è invece disciplinato dal principio contabile internazionale denominato “IAS 17”. Il bene utilizzato è rilevato tra le immobilizzazioni nel bilancio dell’ente pubblico utilizzatore al momento della consegna del medesimo, a seguito di regolare collaudo, ed iscritto al valore del costo di costruzione (art. 230, comma 4, lett. c, TUEL). Si prevede l’ammortamento in funzione del ciclo economico utile del bene o della durata del contratto. Le quote di ammortamento si rilevano nel conto economico (art. 239 TUEL). Il finanziamento del leasing equivale formalmente e sostanzialmente ad un’operazione di debito. Il valore del bene è contabilizzato dall’ente pubblico utilizzatore nel Titolo V, fra le “entrate da assunzione di prestiti”. In contropartita, l’ente pubblico rileva un’operazione d’indebitamento che rappresenta lo stock di debito residuo da pagare periodicamente con i canoni di leasing comprensivi della quota di capitale e inte1707 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile ressi. La spesa impegnata per il pagamento dei canoni è essenzialmente una spesa per investimento da iscrivere al Titolo III, rubricato “spese per rimborso prestiti”, relativamente alla quota di capitale rimborsato, e da iscrivere al Titolo I quale onere finanziario per spese correnti, in relazione alla quota d’interessi (art. 165 TUEL). In base ai criteri di rilevazione portati dal metodo finanziario, il leasing, al pari di un mutuo, incide sia sui limiti di spesa che sui limiti d’indebitamento dell’ente. La metodologia di contabilizzazione “finanziaria” corrisponde al principio sostanziale applicato al contratto di leasing immobiliare ed è da privilegiare. Dal 1° gennaio 2015 trova applicazione il punto 3.25 del principio applicato della contabilità finanziaria di cui al D.Lgs. n. 118/2011 e s.m.i. Anche per il leasing finanziario occorre fare riferimento all’art. 75 del D.Lgs. n. 126/2014 recante “Adeguamento della definizione di indebitamento”, già citato in precedenza nella parte riguardante le cartolarizzazioni. Cap. VIII Gli oneri per il permesso per costruire 1. La destinazione dei proventi L’art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, disciplinava la destinazione dei proventi relativi alle concessioni edilizie. Il testo di detto articolo riveduto e corretto dalle successive norme (art. 11-bis della legge 488/1996) stabiliva la destinazione dei proventi alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento dei complessi edilizi compresi nei centri storici, all’acquisizione di aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali nonché nel limite del 30% a spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. Lo stesso articolo disponeva in termini di cassa che tali fondi fossero versati in conto corrente vincolato presso la tesoreria del comune. Successivamente l’art. 49, comma 7 della legge 27 dicembre 1997, n. 1708 449 stabiliva che i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni possono essere destinati anche al finanziamento di spese di manutenzione del patrimonio comunale. Orbene l’art. 12 della legge n. 10/1977 che disciplinava la destinazione dei proventi delle concessioni è stato abrogato dall’art. 136 del D.Lgs. n. 378/2001 e dall’art. 136 del D.P.R. n. 380/2001 mentre l’art. 43 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” aggiornato ai sensi del D.Lgs. n. 301/2002 stabilisce che i contributi, le sanzioni e le spese di cui al Titoli II e IV della parte prima del Testo unico sono accertati e riscossi secondo le norme vigenti in materia di riscossione coattiva delle entrate dell’ente procedente. Salvo quanto disposto dall’art. 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione va corrisposta al comune all’atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell’interessato può essere rateizzata. Mentre la quota di contributo relativa al costo di costruzione è corrisposta in corso d’opera, non oltre 60 giorni dalla ultimazione della costruzione. Al riguardo l’art. 16 del Testo unico, al comma 7, esplicita le tipologie degli oneri di urbanizzazione primaria: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione spazi a verde attrezzato. Sempre lo stesso art. 16, comma 8, prevede invece gli interventi riguardanti gli oneri di urbanizzazione secondaria: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali, attrezzature culturali, ecc. Facendo una disamina delle norme che sono state abrogate dalle leggi recenti si può dedurre sull’utilizzo dei fondi in termini di competenza la sintesi che segue: il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Norma di riferimento Riferimento al bilancio Urbanizzazione primaria Strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione, energia elettrica e gas, pubblica illuminazione, spazi a verde attrezzato Urbanizzazione secondaria Manutenzione ordinaria Asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo, mercati di quartiere, chiese ed altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie Commi 7 e 8 del D.Lgs. 378/2001 Titolo II - Spesa in conto capitale Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 49, comma 7 Titolo I - Spesa corrente Per la manutenzione ordinaria del patrimonio Art. 2, comma 48, legge 662/1996 Titolo IV di entrata - costi di istruttoria delle domande di concessione in sanatoria; - anticipazione dei costi di demolizione delle opere di cui agli artt. 32 e 33 della legge 47/1985 Quindi è implicito che i proventi debbano essere destinati alla spesa in conto capitale a finanziamento degli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria come sopra esplicitato. È possibile altresì l’utilizzo in parte corrente essendo venuto meno il vincolo di specifica destinazione che ne caratterizzava la gestione precedente in base alla legge 28 gennaio 77, n. 10. I proventi sono destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all’acquisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali di cui all’art. 13 nonché alle spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. La legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha stabilito che per gli anni 2016 e 2017 i proventi da concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal T.U. n.380/2001, fatta eccezione per le sanzioni di cui all’art. 31, c. 4-bis, possono essere utilizzati per una quota pari al 100% per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione delle opere pubbliche. Ai sensi del comma 460 della legge n. 232/2016 a decorrere dal 1º gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni previste dal D.P.R. n. 380/2001, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urba- nizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all’acquisizione e alla realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a inter-venti volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano. Per la contabilizzazione dei proventi da permessi da costruire trova applicazione dal 1° gennaio 2015 il principio contabile applicato della contabilità finanziaria, punto 3.11. 2. Opere eseguite a scomputo Con determinazione n. 7 del 16 luglio 2009 l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha affrontato l’argomento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione. La necessaria urbanizzazione delle aree in funzione delle costruzioni edilizie costituisce un principio fondamentale che la normativa urbanistica italiana ha progressivamente consolidato (legge 1150/1942; legge 765/1967; legge 10/1977, D.P.R. 380/2001); nello stesso senso hanno disposto le leggi regionali. 1709 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile L’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è sorto con la legge 6 agosto 1967, n. 765 (art. 8), al quale si è aggiunto quello inerente il contributo commisurato al costo di costruzione con l’art. 6 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (la cosiddetta legge Bucalossi). Le disposizioni sono state tutte trasfuse nell’art. 16 del Testo unico sull’edilizia che, ai commi 7, 7-bis e 8 del D.P.R. n. 380/2001, stabilisce la suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. Il rilascio del permesso di costruire da parte di una amministrazione comporta, pertanto, per il privato “la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” (art. 16, comma l, del D.P.R. n. 380/2001). Come sostenuto dalla giurisprudenza, gli oneri di urbanizzazione sono dovuti “in ragione dell’obbligo del privato di partecipare ai costi delle opere di trasformazione del territorio” (Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2006, n. 159). L’art. 16, comma 2 del Testo Unico dell’edilizia, ha previsto la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il titolare del permesso di costruire o attuatore del piano si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l’operatore privato e l’amministrazione viene stipulata una convenzione che contiene e disciplina tutti i termini del rapporto. Lo stesso art. 16 stabilisce, poi, che le opere così realizzate sono acquisite al patrimonio indisponibile del Comune. Sulla materia è intervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza l2 luglio 2001C399/1998, “Scala 2001” che così conclude: “la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un “appalto pubblico di lavori” ai sensi della direttiva» (punto 97). In sostanza, la Corte ha sostenuto che le opere di urbanizzazione sono da ritenere pubbliche sin dalla loro origine (quindi anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente di proprietà privata prima del passaggio al patrimonio pubblico); la realizzazione delle opere in luogo del loro pagamento conferma la natura patrimoniale del contratto, con riflessi sui pubblici interessi”. L’art. 1 del D.Lgs. 50/2016, comma due, lett. e), recante il riordino della disciplina della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture prevede quanto segue: “lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta 1710 l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell’art. 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione. L’amministrazione che rilascia il permesso di costruire o altro titolo abilitativo, può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l’avente diritto a richiedere il titolo presenti all’amministrazione stessa, in sede di richiesta del suddetto titolo, un progetto di fattibilità tecnica ed economica delle opere da eseguire, con l’indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. L’amministrazione, sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, indice una gara con le modalità previste dall’art. 60 o 61. Oggetto del contratto, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori. L’offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione esecutiva, per l’esecuzione dei lavori e per i costi della sicurezza”. In applicazione del nuovo principio applicato della contabilità finanziaria gli scomputi di oneri devono essere previsti nel bilancio autorizzatorio ed essere gestiti contabilmente come prevede il principio stesso: “Le transazioni possono essere monetarie, nel caso di scambio di mezzi di pagamenti o altre attività o passività finanziarie, o non monetarie (trasferimenti o conferimenti di beni, permute, ecc.). Non sono considerate transazioni le calamità naturali, il furto, ecc. La rilevazione delle transazioni da cui non derivano flussi di cassa è effettuata al fine di attuare pienamente il contenuto autorizzatorio degli stanziamenti di previsione. La registrazione delle transazioni che non presentano flussi di cassa è effettuata attraverso le regolarizzazioni contabili, costituite da impegni cui corrispondono accertamenti di pari importo e da mandati versati in quietanza di entrata nel bilancio dell’amministrazione stessa. Le regolazioni contabili sono effettuate solo con riferimento a transazioni che riguardano crediti e debiti o che producono effetti di natura economicopatrimoniale. Sono escluse le regolazioni contabili che registrano movimenti interni di risorse tra le articolazioni organizzative di un ente prive di autonomia contabile e di bilancio”. il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 Cap. IX Gli obblighi di comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze L’art. 2 comma 222 della legge finanziaria 2010 prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2010, le amministrazioni dello Stato di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, incluse la Presidenza del Consiglio dei ministri e le agenzie, anche fiscali, comunicano annualmente all’Agenzia del demanio, entro il 31 gennaio, la previsione triennale: a) del loro fabbisogno di spazio allocativo; b) delle superfici da esse occupate non più necessarie. L’Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica di cui agli artt. 1, commi 204 e seguenti, della legge 27dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nonché 74 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni: a) accerta l’esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi comuni d’investimento immobiliare di cui all’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni; b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, ai sensi dell’art. 1, comma 479, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato; c) stipula i contratti di locazione ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni e, salvo quanto previsto alla lett. d), adempie i predetti contratti; d) consegna gli immobili locati alle amministrazioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne assumono ogni responsabilità e onere. A decorrere dal 1 gennaio 2011, è nullo ogni contratto di locazione di immobili non stipulato dall’Agenzia del demanio, fatta eccezione per quelli stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo unico destinato alle spese per canoni di locazione di immobili assegnati alle predette amministrazioni dello Stato. Per la quantificazione delle risorse finanziarie da assegnare al fondo, le predette amministrazioni comunicano annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze l’importo dei canoni locativi. Le risorse del fondo sono impiegate dall’Agenzia del demanio per il pagamento dei canoni di locazione. A decorrere dal 1° gennaio 2010, fermo restando quanto previsto dall’art. 2, commi 618 e 619, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, le amministrazioni interessate comunicano semestralmente all’Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l’ammontare dei relativi oneri. Gli stanziamenti delle singole amministrazioni per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, a decorrere dall’esercizio finanziario 2011, non potranno eccedere gli importi spesi e comunicati all’Agenzia del demanio, fermi restando i limiti stabiliti dall’art. 2, comma 618, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Tutte le amministrazioni pubbliche di cui al citato art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, che utilizzano o detengono, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà dei medesimi soggetti pubblici, (dovevano entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge) devono trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro l’elenco identificativo dei predetti beni ai fini della redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato previsto dall’art. 6, comma 8, lett. e), del regolamento di cui al D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43, e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all’art. 14 del D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279. L’obbligo è peraltro mantenuto per ciascun esercizio, in quanto entro il 31 gennaio di ciascun anno le stesse amministrazioni sono tenute a comunicare le eventuali variazioni intervenute. Qualora emerga l’esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell’Agenzia del demanio, gli stessi rientrano nella gestione dell’Agenzia. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali. In caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione e di trasmissione, l’Agenzia 1711 area IV - l’ordinamento finanziario, tributario e contabile del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti. La ricognizione è effettuata con le modalità previste con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del demanio sono stabilite le modalità delle comunicazioni e delle trasmissioni previste dal presente comma. Qualora nell’attuazione dei piani di razionalizzazione di cui al comma 222, periodo nono, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, l’amministrazione utilizzatrice, per motivi ad essa imputabili, non provvede al rilascio degli immobili utilizzati entro il termine stabilito, su comunicazione dall’Agenzia del demanio il Ministero dell’economia e finanze Dipartimento della ragioneria generale dello Stato effettua una riduzione lineare degli stanziamenti di spesa dell’amministrazione stessa pari all’8 per cento del valore di mercato dell’immobile rapportato al periodo di maggior permanenza. Gli obblighi di comunicazione previsti dall’art. 2, comma 222, periodo dodicesimo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono estesi alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La violazione degli obblighi di comunicazione stabiliti dall’art. 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, e successive modificazioni, e dai decreti di cui al medesimo comma, quindicesimo periodo, è causa di responsabilità amministrativa. Le amministrazioni soggette ai suddetti obblighi individuano, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione stessa, trasmettendoli al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, tramite registrazione sul portale. Per la comunicazione delle unità immobiliari e dei terreni, delle concessioni e delle partecipazioni, prevista dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 30 luglio 2010, il termine per l’adempimento è il 31 gennaio 2012. All’art. 2, comma 222, dodicesimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: “rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato previsto dall’articolo 6, comma 8, lettera e), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 gennaio 2008, n. 43 e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279” sono sostituite dalle seguenti: “rendi1712 conto patrimoniale delle Amministrazioni pubbliche a valori di mercato”. All’art. 2, comma 222, sedicesimo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le parole: “l’Agenzia del demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei conti” sono sostituite dalle seguenti: “l’Agenzia del demanio e il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro ne effettuano la segnalazione alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza”. Cap. X La legge di stabilità 2014 - Legge 27 dicembre 2013, n. 147 La legge di stabilità 2014 ricomprende alcune norme di interesse concernenti la gestione patrimoniale. Il comma 388 prevede che anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di contenimento della spesa, i contratti di locazione di immobili stipulati dalle amministrazioni individuate ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e s.m., non possono essere rinnovati, qualora l’Agenzia del demanio, nell’ambito delle proprie competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della data entro la quale l’amministrazione locataria può avvalersi della facoltà di comunicare il recesso dal contratto. Nell’ambito della propria competenza di monitoraggio, l’Agenzia del demanio autorizza il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell’applicazione di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che non sussistano immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati in violazione delle disposizioni del presente comma sono nulli. Il successivo comma prevede che le disposizioni del comma 388 non si applicano per i contratti di locazione di immobili di proprietà dei fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti ai sensi dell’art. 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e s.m., nonché degli immobili di proprietà dei terzi aventi causa da detti fondi, per il limite di durata del finanziamento degli stessi fondi. Il comma 391 prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il Governo definisce, sentite la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, le competenti Commissioni parlamentari e la società di cui all’art. 33 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, un programma straordinario di cessioni di immo- il patrimonio degli enti locali: principi, gestione e valorizzazione - parte 27 bili pubblici, compresi quelli detenuti dal Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali, tale da consentire introiti per il periodo 2014-2016 non inferiori a 500 milioni di euro annui. Il comma 392 interviene sull’art. 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448. I comuni possono cedere in proprietà le aree comprese nei piani approvati a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167, ovvero delimitate ai sensi dell’art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, già concesse in diritto di superficie ai sensi dell’art. 35, quarto comma, della medesima legge n. 865/1971. Le domande di acquisto pervenute dai proprietari di alloggi ubicati nelle aree non escluse, prima della approvazione della delibera comunale, conservano efficacia. Le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e s.m., e precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, per la cessione del diritto di proprietà, possono essere sostituite con la convenzione di cui all’art. 8, commi primo, quarto e quinto, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, alle seguenti condizioni: a) per una durata di 20 anni diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione; b) in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del comma 48. La trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo determinato ai sensi del comma 48. In particolare il comma 48 prevede che il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato dal comune, su parere del proprio ufficio tecnico, in misura pari al 60 per cento di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con la facoltà per il comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie, rivalutati sulla base della variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi tra il mese in cui sono stati versati i suddetti oneri e quello di stipula dell’atto di cessione delle aree. Comunque il costo dell’area così determinato non può essere maggiore di quello stabilito dal comune per le aree cedute direttamente in diritto di proprietà al momento della trasformazione di cui al comma 47. 1713