COME? QUANDO? DOVE? PERCHE'? RISPOSTE PER L’UOMO MODERNO ALLE DOMANDE FONDAMENTALI DELLA VITA COSA DIRE DELLA CHIESA? Abramo Lincoln disse: “Se tutti coloro che si addormentano in chiesa la domenica mattina fossero coricati e ben allineati... sarebbero di gran lunga più comodi.” Sedili troppo duri, melodie stonate, silenzio forzato e straziante noia, sono solamente alcune delle comuni immagini che si hanno della chiesa la domenica. Il tutto è visto come un’esperienza che si deve sopportare stoicamente e a denti stretti fino a che l’aroma del pranzo non illumina di nuovo la giornata. Un ministro di culto stava facendo visitare la chiesa ad un ragazzino, giunti ad una targa commemorativa gli disse: “Questi sono i nomi di coloro morti nel servizio” al che il ragazzino chiese a sua volta “Sono morti nel servizio del mattino o in quello della sera?”. Alcune persone associano la parola “chiesa” con il clero. Ci si riferisce sovente a qualcuno che è entrato nel ministero ecclesiastico dicendo “è entrato nella chiesa”. Coloro che scelgono di lavorare nel ministero cristiano sono spesso visti (in modo equivoco) con sospetto e con la supposizione che siano incapaci di fare altro. Non stupisce perciò l’inserzione trovata scritta in un recente bollettino di chiesa che diceva “Hai 45 anni e non sei arrivato da nessuna parte? Perché non considerare il ministero cristiano?” L’opera del ministero cristiano è spesso percepita come per sei giorni invisibile e per un giorno incomprensibile!! Altri associano la parola chiesa con particolari denominazioni, per esempio la Chiesa d’Inghilterra, la Chiesa Cattolica Romana, i Battisti, i Metodisti. Altri ancora associano la parola chiesa con l’edificio e presumono che chi lavora nel clero (ministero della chiesa) sia interessato alle chiese per la loro architettura, perciò quando vanno in vacanza spediscono al loro ministro di culto cartoline con la fotografia della chiesa del luogo. Ho sentito di un ministro di culto che ha implorato la sua congregazione di non spedirgli più cartoline postali di chiese, dicendo che lui non aveva il minimo interesse nell’architettura eclesiastica. Alcuni invece segnano “chiesa” nella loro lista dei doveri annuali, un impegno che si trova tra il visitare la zia Edna e il preparare la torta per la festa del paese. L’atteggiamento di altri ancora è riassunto bene nella canzonetta che dice: “Così quando non ho niente altro da fare. Penso che in chiesa dovrò andare. Perché alla fine quando sarò portato dentro. Il Signore non dica: chi è questo elemento?” Ci possono essere elementi di verità in alcune di queste vedute della chiesa, tuttavia molti cristiani stanno cercando di seppellire questa immagine della chiesa che è totalmente inadeguata a confronto dell’immagine della chiesa del Nuovo Testamento. In molte chiese si vengono a formare delle “famiglie cristiane” meravigliosamente calde ed aperte, molto più simili all’immagine biblica. Nel Nuovo Testamento ci sono oltre 100 immagini o analogie della chiesa e in questo capitolo voglio guardare a cinque che sono centrali per una buona comprensione di cos’è la chiesa. Il popolo di Dio. La chiesa è fatta di persone. Il termine greco per chiesa, ekklesia, ha il significato di “assemblea” o “incontro di persone”. A volte il Nuovo Testamento si riferisce anche alla chiesa universale (es. Efesini 3:10-21; 5:23-25, 27, 29, 32). La chiesa universale è formata da tutti coloro che nel mondo professano il nome di Cristo. Il battesimo è il segno visibile di essere parte della chiesa; è anche un segno visibile di cosa significhi essere un cristiano; significa essere lavati dal peccato (1 Corinzi 12:13), morire e risorgere con Cristo ad una nuova vita ( Romani 6:3-5; Colossesi 2:12) e ricevere l’acqua viva che lo Spirito Santo porta nella nostra vita ( 1 Corinzi 12:13). Gesù stesso comandò ai suoi seguaci di andare, fare discepoli e battezzarli (Matteo 28:19). La Chiesa Cristiana Universale è vasta. Secondo l’enciclopedia Britannica essa ha 1.700.000.000 aderenti da 254 paesi, questo significa il 32,9% della popolazione mondiale. In molte parti del mondo, dove esistono regimi estremi ed oppressivi, la chiesa è perseguitata. In queste parti la chiesa è maggiormente nascosta ma molto forte. Nel terzo mondo sta crescendo rapidamente. In alcuni paesi come il Kenia si stima che l’80% della popolazione si professi cristiana. Dall’altro lato, nel mondo libero, la chiesa è in declino. Secondo il manuale cristiano inglese, la chiesa cristiana nella Gran Bretagna ha perso mezzo milione di membri nei primi cinque anni del 1980. C’era un tempo in cui l’occidente mandava missionari nel terzo mondo. Comunque mi ricordo che quando ero all’università di Cambridge, tre missionari erano venuti dall’Uganda per predicare lì il vangelo. Sono rimasto colpito da quanto era cambiato il mondo negli ultimi 150 anni e che l’Inghilterra avesse bisogno di missionari tanto quanto gli altri paesi. Nel Nuovo Testamento Paolo parla di chiese locali, per esempio la chiesa dei Galati (1 Corinzi 16:1), le chiese della provincia dell’Asia ( 1 Corinzi 16:19) e tutte le chiese di Cristo ( Romani 16:16). Sembra persino che queste chiese locali in alcune occasioni avessero formato dei gruppi più piccoli che si incontravano nelle case ( Romani 16:5; 1 Corinzi 16:19). In effetti sembra ci fossero tre tipi di incontri nel Nuovo Testamento: quelli larghi e grandi, quelli medi e quelli piccoli. Coloro che scrivono riguardo alla crescita della chiesa parlano spesso di una triplice e congiunta struttura, celebrazione, congregazione e cellula. Tutte tre sono importanti e complementari. La celebrazione è l’incontro più grande dei credenti cristiani, questo avviene ogni domenica in chiesa oppure quando in alcune piccole chiese ci si trova insieme per adorare. Nel Vecchio Testamento il popolo di Dio si riuniva in atmosfere festose per speciali celebrazioni nei giorni della Pasqua ebraica, della Pentecoste e del Nuovo Anno. Ai nostri giorni i grandi incontri cristiani forniscono momenti d’ispirazione. Attraverso questi incontri molti riacquistano la visione della grandezza di Dio ed un profondo senso di adorazione. Questi incontri di centinaia di cristiani che si ritrovano insieme, possono ripristinare fiducia ed incoraggiamento a coloro che si sono sentiti isolati e provvedere una visibile presenza della chiesa nell’ambiente o società in cui vivono. Tuttavia, da soli questi incontri non sono sufficienti. Non sono l’ambiente in cui profonda amicizia cristiana può facilmente svilupparsi. La congregazione, invece, è un incontro di dimensione media. Questa dimensione rende possibile conoscere ed essere conosciuti dalla maggior parte delle persone. È un luogo dove durature amicizie cristiane possono formarsi. È anche un luogo dove i doni ed i ministeri dello Spirito possono essere esercitati in un’atmosfera d’amore ed accettazione, dove la gente è libera di rischiare e anche di sbagliare. Nella nostra chiesa, noi abbiamo incontri di metà settimana con gruppi che si estendono dalle 12 alle 80 persone dove si può imparare, ad esempio, la comunicazione verbale, guidare l’adorazione, pregare per i malati, sviluppare il dono di profezia ed imparare a pregare ad alta voce. Il terzo livello di incontri è la cellula che poi noi chiamiamo i “piccoli gruppi”. Questi gruppi consistono in un gruppo dalle 2 alle 12 persone che si trovano assieme per pregare e studiare la Bibbia. È in questi gruppi che si formano le più intime amicizie nella chiesa. Esse sono caratterizzate da confidenza (possiamo parlare apertamente senza paura di pettegolezzi); intimità (è un gruppo dove possiamo parlare delle cose che sono più importanti nella nostra vita) e responsabilizzazione, rendere conto gli uni agli altri (vogliamo ascoltare ed imparare gli uni dagli altri). La famiglia di Dio Quando riceviamo Gesù Cristo nelle nostre vite, noi diventiamo Figli di Dio (Giovanni 1:12). Questo è ciò che dà unità alla chiesa. Noi abbiamo Dio come nostro Padre, Gesù Cristo come nostro Salvatore e lo Spirito Santo che dimora in ognuno di noi. Noi tutti apparteniamo alla stessa famiglia. Anche se fratelli e sorelle possono bisticciare e avere dissensi o anche se si allontanano l’uno dall’altro e non si vedono per lunghi periodi di tempo, rimangono comunque fratelli e sorelle. Niente può porre termine a questa relazione. Allo stesso modo la chiesa è una anche se spesso appare divisa. Questo non vuol dire che ci dobbiamo accontentare di essere divisi. Gesù pregò per i suoi discepoli “che essi siano uno”. Paolo dice “preoccupatevi si conservare l’unità dello Spirito” (Efesini 4:3). Come una famiglia divisa, noi dovremmo sempre impegnarci, sforzarci di riconcigliarci. L’incarnazione richiede una visibile espressione di quella che è la nostra invisibile unità. Naturalmente questa unità non deve ottenersi a spese della verità, ma come scrisse lo scrittore medievale Rupertus Meldenius: “ Sui punti essenziali, unità; su quelli trascurabili, libertà; e in ogni cosa amore”. A tutti i livelli noi dobbiamo cercare unità- nei piccoli gruppi, nella congregazione e nella celebrazione, nella nostra denominazione e tra denominazioni. Questa unità si viene a formare mentre teologi e guide della chiesa si trovano insieme a discutere e lavorare attraverso le differenze teologiche. Ma è anche ottenuta, spesso in modo più efficace, dai credenti ordinare che si trovano per lavorare e adorare insieme. Più ci avviciniamo a Cristo, più ci avviciniamo gli uni agli altri. David Watson usò una singolare illustrazione. Egli disse: “ Quando voli e l’aereo si alza da terra, le pareti ed i contorni che possono sembrare grandi ed impressionanti da terra, tutto ad un tratto perdono i rilievi. Allo stesso modo, quando la potenza dello Spirito Santo ci solleva assieme in una cosciente realizzazione della presenza di Gesù, le barriere tra di noi diventano insignificanti. Seduti con Cristo nei luoghi celesti, le differenze tra cristiani possono spesso sembrare marginali e meschine.” Visto che abbiamo lo stesso Padre, siamo fratelli e sorelle e siamo chiamati ad amarci l’un l’altro. Giovanni lo dice molto chiaramente: ‘Se uno dice: io amo Dio, ma odia il suo fratello, è bugiardo; perché chi non ama suo fratello che ha visto, non può amare Dio che non ha visto? Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello. Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama colui che ha generato, ama anche chi è stato da lui generato.’ (1 Giov.4:20-5:1). Il confessore del Papa, Padre Raniero Cantalamessa, parlando ad un migliaio di persone da molte diverse denominazioni, disse: ‘Quando i cristiani discutono, noi diciamo a Dio: scegli tra noi e loro- Ma il Padre ama tutti i suoi figli. Dovremmo dire: -noi accettiamo come fratelli tutti coloro che tu ricevi come figli-‘. Siamo chiamati ad avere comunione gli uni con gli altri. La parola greca Koinonia significa ‘avere in comunione’ o ‘dividere’. È la parola usata per la relazione di matrimonio, la più intima tra esseri umani. La nostra comunione è con Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo - 1 Giovanni 1:3; 2 Corinzi 13:14) e gli uni con gli altri (1 Giovanni 1:7). La comunione cristiana va oltre la razza, il colore, l’educazione, le origini e ogni altra barriera culturale. C’è un livello di amicizia nella chiesa che io non ho mai sperimentato fuori da questa. John Wesley disse: ‘Il Nuovo Testamento non parla mai di religione solitaria’. Siamo chiamati alla comunione gli uni con gli altri. Non è un’opzione extra; ci sono due cose che semplicemente non possiamo fare da soli e non possiamo essere cristiani da soli. Il professor C.E.B.Cranfield lo disse così: ‘Il cristiano indipendente, che vorrebbe essere un cristiano ma è troppo superiore per appartenere alla chiesa visibile su questa terra in una delle sue forme, è semplicemente una contraddizione in termini.’ Lo scrittore agli ebrei dice ai suoi lettori: ‘Facciamo attenzione gli uni agli altri per stimolarci all’amore e alle buone opere, non abbandonando la nostra comune adunanza come alcuni sono soliti fare, ma esortandoci a vicenda; tanto più che vedete avvicinarsi il giorno.’ (Ebrei 10:24-25). Spesso i cristiani perdono il loro amore per il Signore ed il loro entusiasmo per la fede perché trascurano la comunione. Un uomo che si trovò in questa posizione ricevette la visita di un saggio anziano; si sedettero di fronte al camino nel salotto. L’uomo anziano non parlò mai, ma andò vicino al camino, prese un pezzo di brace rossa e lo mise in terra. Continuò a non dir nulla; in pochi minuti la brace perse il suo calore, allora la prese e la rimise nel fuoco e in poco tempo tornò incandescente. L’anziano non disse ancora niente, ma mentre si alzava per andarsene l’altro uomo seppe esattamente perché aveva perso il suo fervore: un cristiano lontano dalla comunione è come una brace fuori dal fuoco. Martin Lutero scrisse in un diario: ‘A casa, nella mia casa non c’è calore o vigore in me solo, ma nella chiesa, quando la moltitudine è riunita, un fuoco si accende nel mio cuore e si fa strada verso l’esterno’. Il corpo di Cristo Paolo perseguitava la chiesa cristiana quando incontrò Gesù Cristo sulla via di Damasco. Gesù gli disse: ‘Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?’ (Atti 9:4). Paolo non aveva mai incontrato Gesù prima, e deve aver realizzato che Egli stava dicendo che, nel perseguitare i cristiani, stava perseguitando anche lui. Può benissimo essere stato da quell’incontro che Paolo realizzò che la chiesa era, in effetti, il corpo di Cristo. ‘Lui chiama la chiesa Cristo’ scrisse il riformatore del 16° secolo, Calvino. Noi cristiani siamo Cristo per il mondo. Come dice un vecchio inno: ‘Lui non ha mani se non le nostre mani per fare il Suo lavoro oggi; a che fare con due atteggiamenti sbagliati. Lui non ha piedi se non i nostri piedi per condurre gli uomini sulla Sua via; Primo, parla a coloro che si sentono inferiori e pensano di non avere nulla da offrire. Per esempio, Paolo dice che il piede può sentirsi inferiore all’orecchio (vv.14-19). Crisostomo, predicando nel quarto secolo, fece un buon commento quando disse: ‘Siamo propensi all’invidia’. È facile guardarsi intorno nella chiesa e sentirsi inferiori, quindi non necessari; come risultato non facciamo niente. In realtà siamo tutti necessari; Dio ha dato doni ‘ad ognuno’ (v.7). Il termine ‘ad ognuno’ è un filo comune in tutta 1 Corinzi 12. Ogni persona ha almeno un dono ed è assolutamente necessario per il funzionamento del corpo; la chiesa non potrà funzionare come dovrebbe, a meno che ognuno faccia la parte che Dio ha studiato per noi. Nei versetti seguenti, Paolo si rivolge a quelli che si sentono superiori (vv.21-25) e dicono agli altri ‘non ho bisogno di te’. Anche questa volta Paolo mette in rilievo la follia di questa posizione; un corpo senza piede non è come dovrebbe Lui non ha voce se non le nostre voci per dire agli uomini come morì; Lui non ha aiuto se non il nostro aiuto per condurli al Suo fianco.’ Paolo sviluppa questa analogia in 1 Corinzi 12. Il corpo è un’unità (v.12), ma questa unità non significa uniformità. ‘Coloro che sono membri gli uni degli altri sono diversi quanto una mano ed un orecchio. Ecco perché i materialisti sono così monotonamente simili se paragonati alla fantastica varietà dei santi. L’obbedienza è la strada della libertà, l’umiltà è la strada per il piacere, l’unità è la strada per la personalità. Ci sono molte parti e sono diverse con diversi tipi di dono e differenti tipi di lavoro’ (vv.4-6). Quale dovrebbe essere allora il nostro atteggiamento verso le altre parti del corpo di Cristo? Paolo ha essere (v.21). Spesso le parti che non si vedono sono persino più importanti di quelle bene in vista. Il giusto atteggiamento è quello che riconosce che siamo dentro la cosa tutti insieme. Siamo tutti parte di una squadra, ogni parte ha un effetto sul tutto. Da Platone in poi, l’Io è stata la personalità che dà unità al corpo. Noi non diciamo ‘La mia testa ha male’. Diciamo: ‘ho il mal di testa’; lo stesso è col corpo di Cristo. ‘Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui; se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui’ (v.26). Ogni cristiano è parte della chiesa; John Wimber venne una volta avvicinato da un membro della sua congregazione che aveva incontrato qualcuno in grave bisogno. Dopo la riunione della domenica, quest'uomo disse a John Wimber della sua frustrazione nel cercare un aiuto per quella persona. ‘Quest’uomo ha bisogno di un posto dove stare, di cibo e di sostegno mentre si rimette in piedi e trova un lavoro disse - io sono davvero frustrato. Ho provato a telefonare all’ufficio della chiesa, ma nessuno poteva ricevermi e non potevano aiutarmi. Alla fine ho dovuto lasciare che stesse con me per la settimana! Non pensi che la chiesa si dovrebbe occupare di persone così?’ John Wimber disse di aver pensato per un momento e di aver detto: ‘Sembra che la chiesa lo abbia fatto’. Come abbiamo visto nel capitolo 8, il problema con la chiesa è che per anni il centro è stato il pulpito o l’altare, a seconda delle nostre diverse tradizioni. In entrambe le situazioni il ruolo dominante era giocato dal pastore o dal prete. Come disse Michael Green, commentando la crescita spettacolare delle chiese Pentecostali in Sud America: ‘ È dovuto a molte cause, e non ultimo è il fatto che sia prevalentemente di laici’ Un tempio santo L’unico edificio di cui si parla come chiesa nel Nuovo Testamento è un edificio fatto da uomini. Paolo dice ‘In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito.’ (Efesini 2:22). Gesù è la pietra angolare; lui è quello che ha fondato la chiesa ed attorno al quale la chiesa è costruita. I fondamenti sono ‘gli apostoli ed i profeti’ ed il risultato è un tempio santo fatto di ‘pietre viventi’. Nel Vecchio Testamento il tabernacolo (e più tardi il tempio) era centrale nella lode di Israele. Questo era il posto in cui le persone andavano per incontrare Dio. A volte la Sua presenza riempiva il tempio (1 Re 8:11) e specialmente il luogo santissimo; l’accesso alla Sua presenza era severamente limitato (vedi Ebrei 9). Attraverso la Sua morte sulla croce per noi, Gesù aprì l’accesso al Padre a tutti i credenti di tutti i tempi; la sua presenza non è più confinata ad un tempio fisico, ora è presente col Suo Spirito in tutti i credenti. La sua presenza è sentita soprattutto quando i credenti si riuniscono (Matteo 18:20). Il suo nuovo tempio è la chiesa che è ‘una dimora in cui Dio vive col suo Spirito’. Sotto il Vecchio Patto (prima di Gesù), l’accesso al Padre avveniva tramite un sacerdote (parola greca hiereus - Ebrei 4:14), che faceva sacrifici a beneficio dei credenti. Ora Gesù, il nostro grande Sommo Sacerdote (hiereus) ha fatto il supremo sacrificio della sua stessa vita a nostro beneficio. Non sono necessari altri sacrifici, né altri sacerdoti. L’unica altra volta in cui la parola hiereus apparve nel Nuovo Testamento è quando viene usata in riferimento a tutti i cristiani come ‘un reale sacerdozio’ (1 Pietro 2:9). Questo è quello che i Riformatori chiamano ‘il sacerdozio di tutti i credenti’. Tutti i credenti sono sacerdoti nel senso che tutti hanno accesso a Dio, possiamo tutti rappresentare gli uomini davanti a Dio quando preghiamo per gli altri e tutti possiamo rappresentare Dio davanti agli uomini quando andiamo fuori nel mondo. La parola ‘sacerdote’ ha un altro significato. La parola ‘presbitero’ (greco presbiteros), che significa ‘anziano’, diventa ‘prevosto’ in italiano arcaico e da questo ‘sacerdote’. Sacerdote, in questo senso, non è un sacerdote che fa sacrifici come uno del Vecchio Testamento, ma è una guida nella chiesa. Ci sono ancora sacerdoti (presbiteroi) oggi. Ogni cristiano è un sacerdote (nel senso di hiereus) ed ogni sacerdote (presbiteros) è un laico nel senso che lui e tutti noi siamo parte del popolo di Dio. Oggi non c’è bisogno di sacerdoti che facciano dei sacrifici perché non c’è bisogno di ulteriori sacrifici. Gesù ‘In questo caso, egli avrebbe dovuto soffrire più volte dalla creazione del mondo; ma ora, una volta sola, alla fine dei secoli, è stato manifestato per annullare il peccato col suo sacrificio’ (Ebrei 9:26). Non dobbiamo fare altri sacrifici per i nostri peccati; veramente non possiamo. Invece, ci deve essere costantemente ricordato il suo sacrificio per noi. Alla Santa Cena, o Cena del Signore, o Eucarestia, ricordiamo il suo sacrificio con ringraziamento e prendendo parte ai suoi benefici. Quando prendiamo il pane ed il vino guardiamo in quattro direzioni: Guardiamo indietro con gratitudine. Il pane e il vino ci ricordano il corpo spezzato, ed il sangue di Gesù sparso sulla croce. Quando riceviamo la Cena guardiamo indietro alla croce con riconoscenza perché è morto per noi cosicché i nostri peccati potessero essere perdonati e la nostra colpa rimossa (Matteo 26:26-28). Guardiamo avanti con aspettativa. Gesù avrebbe potuto lasciarci altri modi per ricordarci la sua morte, ma scelse di lasciarci un pasto. Un pasto è un modo con cui spesso celebriamo grandi occasioni. Un giorno, in cielo, parteciperemo per l’eternità alla celebrazione del ‘pranzo nuziale’ di Gesù Cristo (Apocalisse 19:9). Il pane ed il vino sono un assaggio di questo (Luca 22:16; 1 Corinzi 11:26). Guardiamo intorno, alla famiglia cristiana. Bere lo stesso vino e mangiare lo stesso pane simbolizza la nostra unità in Cristo. ‘Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane’ (1 Corinzi 10:17). Ecco perché non prendiamo il pane e il vino da soli. Mangiare e bere insieme in questo modo non dovrebbe ricordarci solo la nostra unità, dovrebbe rafforzare questa unità, mentre guardiamo attorno a noi i nostri fratelli e le nostre sorelle, per ognuno dei quali Gesù morì. Guardiamo in alto con aspettativa. Il pane e il vino rappresentano il corpo e il sangue di Gesù. Gesù ci promise di essere con noi tramite il suo Spirito dopo la sua morte, specialmente dove i cristiani si incontrano insieme: ‘Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, qui sono io in mezzo a loro’ (Matteo 18:20). Così, quando riceviamo la Cena guardiamo a Gesù con aspettativa. Nella nostra esperienza, abbiamo visto che in queste occasioni ci sono a volte conversioni, guarigioni o potenti incontri con la presenza di Cristo. La sposa di Cristo. Questa è una delle più belle analogie della chiesa nel Nuovo Testamento. Nel suo discorso sulla relazione tra marito e moglie, Paolo dice: ‘Questo mistero è grande; dico questo riguardo a Cristo e alla chiesa’ (Efesini 5:32). Come il Vecchio Testamento parla di Dio come sposo di Israele (Isaia 54:1-8), così nel Nuovo Testamento Paolo parla di Cristo come sposo della chiesa e modello per ogni matrimonio umano. Così egli dice ai mariti di amare le loro mogli come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola’ (Efesini 5:25-27). Questa immagine della chiesa santa e radiosa può non accordarsi interamente con la presente condizione della chiesa, ma qui abbiamo un’idea di ciò che Gesù intende per la sua chiesa. Un giorno Gesù ritornerà in gloria; nel libro dell’Apocalisse, Giovanni ha una visione della chiesa, ‘E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo da presso a Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo (Apocalisse 21:2). Oggi la chiesa è piccola e debole; un giorno vedremo la chiesa come Gesù intende che sia, nel frattempo dobbiamo provare e portare la nostra esperienza più vicino possibile alla visione del Nuovo Testamento. La nostra risposta all’amore di Cristo per noi dovrebbe essere di amore per Lui.; il modo in cui mostriamo il nostro amore per Lui è vivendo in santità e purezza - essere una sposa adatta a Lui e compiere il suo proposito per noi. Questa è la sua intenzione per noi. Questo è come il suo proposito per noi sarà adempiuto; dobbiamo essere cambiati e resi bellissimi fino a che non saremo adatti ad essere sua sposa. Ancora di più, il suo proposito per la chiesa è: ‘Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate la potenza di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa’ (1 Pietro 2:9). Proclamare le sue lodi significa sia adorazione che testimonianza. La nostra lode è l’espressione del nostro amore e della nostra reverenza per Dio con tutto il nostro essere - cuore, mente e corpo. Questo è lo scopo per cui siamo stati creati. Come dice il catechismo di Westminster: ‘Lo scopo principale dell’uomo è di glorificare Dio e godere di Dio per sempre’. La testimonianza è la nostra risposta d’amore verso gli altri; lui ci ha chiamati a dire agli altri le buone notizie e portarli nella sua chiesa - dichiarare le sue meravigliose azioni alle persone intorno a noi. Sia nella nostra lode che nella nostra testimonianza dobbiamo trovare un’espressione attuale per le verità eterne. Dio non cambia, e nemmeno il vangelo; non possiamo cambiare la nostra dottrina o il nostro messaggio solo per adeguarci a mode passeggere, ma il modo in cui lodiamo e il modo in cui comunichiamo il vangelo deve essere comprensibile agli uomini e le donne moderni. Per molti questo vorrà dire musica contemporanea e linguaggio contemporaneo; se la chiesa fosse più vicina all’immagine del Nuovo Testamento, le riunioni sarebbero tutt’altro che piatte e noiose, dovrebbero essere molto eccitanti ed a volte lo sono. La chiesa è fatta da persone che appartengono a Dio, che sono unite insieme con amore come una famiglia, rappresentando Cristo al mondo con la sua presenza nella loro nebbia ed amando il loro Signore come una sposa ama lo sposo, ed essendo amati da Lui come una sposa è amata dallo sposo. Un posto in cui essere - dovrebbe essere - vicino al paradiso sulla terra. 1. Che definizione daresti alla parola Chiesa? Una giovane coppia che recentemente ha messo la sua fede in Cristo scrive: “È un anno che veniamo in chiesa ormai e ci sentiamo già a casa. L’atmosfera di amore, amicizia ed eccitazione è impossibile da trovare altrove. La gioia di questo supera di gran lunga qualsiasi serata in un bar, ad una festa o al ristorante... mi sorprende dirlo (anche se continuano a piacermi tutti e tre). Entrambi pensiamo che le riunioni della domenica e gli incontri del mercoledì siano i momenti migliori della settimana. A volte è come prendere una boccata d’aria, specialmente il mercoledì quando è facile sentirsi annegare nelle acque profonde della vita lavorativa! Se ne manchiamo una ci sentiamo in qualche modo “indeboliti”. Certo, possiamo parlare a Dio insieme o da soli, ma sento che l’atto di incontrarci insieme è il mantice che tiene vive le fiamme della nostra fede.” 2. In che modo la parola greca ecclesia ci aiuta a spiegare che cos'è la Chiesa? 3. Quali sono i tre tipi di aggregazione cristiana di cui si parla nel NT? Quali sono i ruoli particolari di ciascuna di esse? 4. La Chiesa è una, anche se spesso sembra divisa. Che cosa si può fare riguardo alle cose che ci dividono? 5. «(. .. ) non possiamo essere dei cristiani soli». Sei d'accordo? Perché? 6. Per che cosa hai bisogno dei tuoi fratelli cristiani? Sotto quali precisi aspetti ne avverti la necessità? 7. Che cosa significa, effettivamente, «il sacerdozio di tutti i credenti»? 8. In che modo si deve partecipare più consapevolmente alla Cena del Signore? 9. Sotto quali aspetti pensi che la Chiesa non sia all'altezza del modello descritto nel NT? Che cosa potresti fare per migliorare le cose?