Le emozioni e il nostro corpo La colecisti e le vie

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18
marzo2003
OMEOPATIAOMOTOSSICOLOGIA
DENTISTA
Le emozioni
e il nostro corpo
Nuovi paracolpi
su misura
Esiste un legame strettissimo fra psiche, cervello e organi
Il nostro organismo è un qualcosa di molto complesso ed ancora
poco compreso. L’essere umano
è un “sistema aperto”, che interagisce sia con l’ambiente esterno
che con quello interno; il nostro
corpo è fatto di cellule, di organi,
di tessuti, ma anche di emozioni.
Che legame esiste fra emozioni e
corpo fisico? È possibile che una
o più emozioni negative o positive
possano avere una influenza sui
nostri organi e viceversa? Quali
sono, allora le malattie psicosomatiche? Queste e mille altre domande affollano la mente di
scienziati che cercano di avere
una visione dell’essere umano a
360 gradi.
Al giorno d’oggi, il mondo emozionale viene facilmente banalizzato, talvolta ridicolizzato; sentiamo spesso frasi come non si può
piangere, bisogna nascondere le
emozioni, bisogna essere forti, ed
altre frasi stupide e folli che feriscono migliaia di esseri umani e
rovinano altrettanti bambini per il
resto della loro vita. Talvolta ci
troviamo di fronte a persone che
sembra che non “sentano” niente, che siano prive di emozioni: in
realtà esse le hanno, ma non ne
hanno più la consapevolezza, poiché in un certo momento della
loro vita hanno avuto un danno
mentre le stavano esprimendo.
Uno dei più grandi pionieri di
questo settore della Medicina,
cioè del rapporto fra emozioni e
malattie, è stato il dr. Ryke Geerd
Hamer. Egli, dopo molte sofferenze personali, è riuscito a dimostrare che esiste un legame strettissimo fra psiche, cervello e organi. Sulla sua scia, alcuni personaggi importanti come Marc Fréchet, Christian Fleche ed altri
hanno dato e stanno dando un
grandissimo contributo alla
scienza medica per comprendere
come un determinato fatto emozionale accaduto nella vita di una
p erso na p o ssa scat enare
l’insorgenza di una determinata
malattia sia psichica sia fisica.
Quante volte sentiamo dire dopo
quell’episodio la mia vita è cambiata; da quel momento in poi,
non sono stato più bene, ecc..
Ma tutte le emozioni negative
possono creare malattie? Beh,
evidentemente e fortunatamente
no. Secondo questi Autori,
all’origine di molti (anche se ovviamente non di tutti) sintomi fisici organici o funzionali esiste un
avvenimento esterno percepito
dai nostri cinque sensi, uno choc
che ha quattro criteri: è drammatico (in misura minore o maggiore), è inatteso (cioè, prende la
persona in contropiede), viene
vissuto nell’isolamento (il paziente non ne parla o non parla di ciò
che ha sperimentato emozionalmente) ed è senza soluzione durevole soddisfacente.
Quando lo choc ha queste caratteristiche, si parla di conflitto biologico.
Ciò che sembra essere important e, no n è t anto la gravità
dell’avvenimento, ma come viene
vissuto dalla persona. Per esempio, un licenziamento improvviso
può essere vissuto con varie modalità di “sentire” da parte di persone diverse. Analizziamo il fatto:
può essere improvviso (quindi
inatteso) e una persona lo può vivere come mancanza di nutrimento (non posso avere più il denaro, quindi non posso più man-
giare), oppure uno lo può vivere
come una devalorizzazione di sé
o come una perdita di territorio, o
come una lordura che ferisce la
persona.
Nei bambini si possono avere
conflitti per fatti che per un adulto
possono apparire privi di significato emotivo: un trasloco improvviso e mal vissuto (conflitto di territorio), la visione di un piccolo
trauma del genitore con perdita
di sangue, il distacco dalla famiglia al momento del primo giorno
di scuola o di asilo, ecc. possono
essere fonti di conflitti biologici.
È logico che tutti questi fatti possono provocare niente di particolare, oppure piccole disfunzioni
che l’organismo riequilibra da
solo (ricordo che il corpo umano
ha delle capacità di autoguarigione impressionanti). Ma talvolta
possono essere il punto di partenza anche di malattie croniche:
una dermatite cronica potrebbe
essere legata ad un conflitto biologico di “distacco”, di “allontanamento” da un qualcosa o da una
persona emozionalmente importante. Vedremo il prossimo mese
che ad ogni organo è stata associata dagli Autori prima citati una
determinata emozione; stiamo
parlando di un argomento che in
Francia ed in Belgio è molto in
voga: il significato psicobiologico
delle malattie.
(1ª parte)
dott. Danilo Vaccai
medico-chirugo
omeopata-omotossicologo
specialista in reumatologia
Gli interessati a maggiori informazioni
possono rivolgersi alla nostra redazione
il lunedì e il martedì,
tel. 055340811, fax 055340814
e-mail: [email protected]
CHIRURGIA
La colecisti
e le vie biliari
Cominciamo la trattazione di questo nuovo argomento
Cominciamo oggi la trattazione
di un nuovo argomento: la patologia legata alla colecisti e alle vie
biliari. Il suo trattamento ha subìto in questi ultimi anni una notevole modernizzazione grazie
all’introduzione della videolaparochirurgia che in verità rappresenta oggi l’approccio preferito
alla risoluzione anche di altre patologie chirurgiche. Per comprendere a fondo l’argomento è
necessaria una introduzione
sull’anatomia e sulla fisiologia
delle vie biliari e della colecisti.
Solo così potremo in seguito comprendere, per esempio, il moderno trattamento mediante videolaparocolecistectomia della calcolosi della colecisti. Vi anticipo
solo che questo tipo di intervento
ha subìto una diffusione così importante ed un perfezionamento
di esecuzione tale da renderlo
estremamente sicuro e così vantaggioso in termini di decorso
post operatorio da soppiantare
pressoché totalmente la chirurgia tradizionale nel trattamento in
elezione della calcolosi della colecisti.
Cominciamo con alcuni accenni
di fisiologia. Le vie biliari sono dei
“condotti” che hanno origine dal
fegato (i dotti più rappresentativi
sono la via biliare principale destra e sinistra) e sono deputate al
trasporto della bile nell’intestino
tenue. La bile è un fluido secreto
dal fegato costituito da acqua
(80%), sali biliari coniugati (10%),
fosfolipidi (4%), colesterolo (1%),
bilirubina diglicuroide ed elettroliti. La bile è alcalina (basica) a causa del contenuto di bicarbonato
e ha un colore che varia dal marrone dorato al giallo verdastro
con un sapore amaro (la famosa
bocca amara riferita da certi pazienti). La sua formazione dipen-
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de dalla secrezione attiva delle
cellule epatiche nei canalicoli biliari che convergono via via in
condotti di dimensioni maggiori
sino appunto alle vie biliari principali. La bile è prodotta in risposta
a stimoli ormonali. Ad esempio in
risposta alla “secretina” un ormone polipeptidico basico secreto
dal duodeno e dal digiuno in risposta al chimo acido.
La bile finisce nella porzione alta
dell’intestino tenue ed è responsabile dell’alcalinizzazione del
contenuto intestinale, mentre i
sali biliari giocano un ruolo essenziale nell’assorbimento degli
acidi grassi e dei monogliceridi
che vengono “trasformati” in micelle idrosolubili. Ha quindi una
funzione estremamente importante nella digestione alimentare.
Inoltre svolge una funzione
emuntoria in quanto assicura la
clearance (l’eliminazione) di bilirubina, colesterolo e metaboliti di
ormoni steroidei (ormoni sessuali, ormoni tiroidei, catecolamine)
e di alcuni farmaci e veleni. Potremmo dire che le sostanze
escrete attraverso la bile sono in
parte sostanze macromolecolari
che proprio per le loro notevoli dimensioni non seguono la via renale di espulsione ma una via di
metabolizzazione che le porta appunto a finire nella bile e quindi
nell’intestino. Il flusso medio
complessivo quotidiano nell’uomo è di circa 500-600 ml ed in pratica è continuo; in certi momenti
della giornata il suo flusso aumenta in relazione agli stimoli
che riceve (il più classico degli
stimoli è evidentemente quello
che sopraggiunge durante i pasti). La bile può in parte essere
immagazzinata in una specie di
sacchetto detto colecisti (o cistifellea). Da un punto di vista anato-
mico nella colecisti si distingue
un fondo, un corpo e un infundibolo dal quale emerge un condotto, il dotto cistico, che mette in comunicazione il lume della cistifellea con le vie biliari principali.
L’ultimo tratto delle vie biliari è il
coledoco che termina nell’ampolla duodenale del Vater con
una struttura sfinteriale vera e
propria. Un naturale restringimento dotato di fibre circolari capaci di contrarsi o di rilassarsi,
nel quale sfocia anche (salvo anomalie anatomiche) il dotto pancreatico del Wirsung. È chiara
quindi la funzione di riserva della
colecisti; la bile in essa contenuta
viene secreta anche grazie alla
contrazione della sua parete dotata di una struttura muscolare capace appunto di contrarsi facendo riversare il suo contenuto
nell’intestino. Questo accade in
genere in risposta ad un pasto
completo ma anche in risposta
alla singola ingestione di generi
alimentari particolari. Il suo svuotamento e riempimento avviene
ciclicamente durante il giorno e
in funzione evidentemente delle
richieste.
Per un corretto funzionamento
del sistema è necessario che la
parete della colecisti non presenti
alterazioni e che dunque la sua
contrazione non sia impedita, che
la bile abbia una corretta composizione e fluidità, che non ci siano
ostacoli al deflusso sia dal dotto
cistico che lungo le vie biliari.
Una alterazione a ciascuno di
questi livelli comporta l’insorgenza di patologie talvolta estremamente gravi e importanti.
Quando ad esempio si parla di ittero in un adulto si individua generalmente un impedimento al
deflusso di bile lungo le vie biliari. Le cause possono essere mol-
teplici ma l’effetto sarà unico:
l’impossibilità di smaltire la bile
che inevitabilmente rimane a livello sistemico e con il passare
del tempo determina il tipico
aspetto del soggetto itterico (la
colorazione gialla della cute, delle
mucose e delle sclere). Nel momento in cui invece si determina
uno ostacolo al deflusso della bile
dalla cistifellea, non si creerà un
ittero perché si tratta di bile
esclusa, ma si manifesteranno
delle coliche biliari. Questo è il
più classico dei casi ed è generalmente legato alla presenza di calcoli nella colecisti (calcolo singolo o multiplo e indipendentemente dalla sua natura) che agiscono
come tappi incune andosi
nell’infundibolo ed impedendo lo
svuotamento della bile. È in genere la prima avvisaglia di una condizione morbosa iniziata da tempo (con la formazione lenta del
calcolo) che spesso è asintomatica e che si manifesta per la prima
volta con questo meccanismo:
l’ostruzione al deflusso biliare. In
realtà i calcoli possono ugualmente essere responsabili di coliche per il semplice effetto di contatto e irritazione della parete della colecisti, dando vita cioè a quel
quadro clinico definito di colecistite cronica.
Vedremo meglio nel prossimo incontro questi aspetti adesso solo
accennati e le terapie mediche e
chirurgiche a questa vasta patologia.
dott. Marco Marranci
medico chirurgo
specialista in chirurgia
dell’Apparato Digerente
ed Endoscopia Chirurgica Digestiva
e-mail: [email protected]
Informazioni presso la redazione
Tel. 055340811 fax 055340814
e-mail: [email protected]
La causa più frequente di rottura o perdita dei denti
anteriori nei giovani è un trauma durante un evento
sportivo, sia durante gli allenamenti che in gara.
Perdere un incisivo a 14 anni significa condizionare la nostra
vita per anni e anni oltre cure noiose per inserire un dente
sostitutivo. Magari provvisorio fino a 18 anni e poi
definitivo. Le terapie definitive possibili sono varie. Per
esempio si può utilizzare un impianto che sorregge un
nuovo dente in ceramica oppure un ponte dopo aver limato
i denti adiacenti. Quando è possibile si può anche rimediare
con un nuovo dente “incollato” a quelli accanto, senza che
questi debbano essere limati (Maryland bridge).
Inevitabilmente però ogni 10 anni circa la soluzione scelta,
che sia un dente su impianto, un ponte tradizionale o un
Maryland, andrà adattata alla nuova estetica del sorriso, che
col passare degli anni si è certamente modificata.
Cosa si può fare per evitare questo danno e le ingenti spese
conseguenti?
Una soluzione molto interessante è rappresentata dai nuovi
tipi di paracolpi, fatti su misura dei propri denti dal dentista.
Vengono realizzati con una materia morbida al cui interno
invece è possibile includere un rinforzo della durezza
necessaria.
Sport di contatto come il karate sicuramente richiedono
paracolpi dotati di rinforzi più forti di quelli necessari per
giocare a basket o a calcio.
Questi paracolpi rimangono in posizione, ben aderenti ai
denti superiori, permettendo all’atleta di aprire la bocca,
parlare, urlare, bere, respirare a bocca aperte.
Insomma di vivere
liberamente la sua
carica agonistica.
In caso di urto il
colpo è distribuito
su tutta la superficie
e quindi fortemente
attutito.
Anche durante un
forte trauma i denti
non sono più
danneggiati.
Il costo del
paracolpi è in
genere modesto e
comunque
assolutamente irrisorio se confrontato a quali costi ben
maggiori il giovane atleta può andare incontro in caso di
perdita anche di un solo dente…
Comunque è il dentista di fiducia o il medico sportivo che
deve valutare durante le annuali visite di controllo se l’atleta
ha i denti sporgenti e quindi più esposti a traumi o meno. La
valutazione se è necessario o meno un paracolpi ed
eventualmente di quale tipo di rinforzo utilizzare, dipende
infatti sia dallo sport praticato sia dalla conformazione della
bocca.
Un atleta con i denti sporgenti deve infatti sapere che
qualsiasi colpo, anche solo una gomitata involontaria in un
contrasto di gioco “corretto”, per lui sarà comunque una
grave minaccia alla salute dei propri denti incisivi.
Questi paracolpi inoltre possono avere il nome dell’atleta ed
i colori della squadra incisi sopra: quando l’atleta sorriderà
all’avversario sarà come sventolare le bandiere della propria
tifoseria…
dott. Cesare Paoleschi
QUELLOCHEL’HUMANITASPROPONE
Quando ci vogliono
le stampelle
Un servizio molto apprezzato dai soci dell’Humanitas è il
prestito gratuito di ausili ortopedici e medicali.
La Pubblica Assistenza dispone di molte coppie di stampelle,
ma anche carrozzine, letti ortopedici, ausili vari, che essa
acquista o riceve in dono da chi di questi strumenti, dopo
averli usati per un periodo di tempo, non ha più bisogno.
Chi ha bisogno di avvalersene per sé o per un proprio
familiare, essendo socio Humanitas, risparmierà il costo del
noleggio usando questa opportunità.
Basta recarsi nella nostra sede di via San Bartolo a Cintoia
20, angolo via Signorelli.
Alla consegna sarà richiesta una modesta cifra di cauzione,
per evitare, soprattutto, che il fruitore non scordi la
provenienza dello strumento che ha in uso, ma si preoccupi
di restituirlo quando cessa il bisogno.
All’atto della restituzione ritirerà la cauzione versata e, a
quel punto, se vorrà lasciare un’offerta alla Pubblica
Assistenza potrà farlo, senza comunque avere alcun
obbligo.
Va ricordato, per altro, che le offerte fatte all’Humanitas,
essendo una organizzazione che non ha scopo lucro ma di
utilità sociale (si dice Onlus), possono essere portate in
deduzione nella dichiarazione dei redditi.
Vedete quanti vantaggi ci sono ad essere soci
dell’Humanitas? Il vantaggio principale resta comunque
nell’essere “azionisti” di una realtà che opera per la
solidarietà e l’aiuto fra gli individui. Con i tempi che corrono
non è un vantaggio da poco...
P.F.
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