Eugenia Arru FISIOPATOLOGIA 11-10

Eugenia Arru
FISIOPATOLOGIA
11-10-2012
PRIMA PARTE
Con questo corso entriamo nel vivo della patologia. La patologia di cui ci
occupiamo è quella che va a studiare le basi delle malattie. Questo cosa vuol
dire? Vuol di dire che quando faremo l’infiammazione ne vedremo le basi, poi ci
occuperemo delle polmoniti, delle nefriti e delle altre patologie infiammatorie.
Conosceremo le sequele che si attivano, sia che l’infiammazione colpisca il
polmone, sia che colpisca il fegato, sia che colpisca il rene perché sapremo quali
sono gli effetti a livello di organo. È ovvio che una brutta polmonite porterà ad
un’insufficienza respiratoria, che può essere anche molto pericolosa, o
un’infiammazione importante a livello del fegato porterà ad un cattivo
funzionamento del parenchima epatico. Le basi per arrivare ai sintomi devono
essere acquisite con questa materia.
Cosa vuol dire patologia? Vuol dire che c’è qualcosa che non va bene nel nostro
organismo, qualcosa di non fisiologico. Il concetto di salute è l’opposto di
patologia, è stato coniato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità quando chi
lavorava nell’ambito sanitario si è reso conto che per essere sani non è
sufficiente non avere malattie. La salute è lo stato di completo benessere
fisico, psichico e sociale. Questa è stata una grandissima conquista nella
valutazione dello stato di salute.
Ci sono altri concetti che dobbiamo capire.
Il nostro organismo è molto resistente ma andiamo incontro a patologie molto più
frequentemente di quel che si pensi.
Es: nonostante voi facciate uso (si spera non spropositato) di panini dei
“caddozzoni” non è che il giorno dopo siete obesi o avete il colesterolo alto.
Il nostro organismo è in grado di compensare e di rispondere a qualsiasi stress.
Stress è inteso come qualsiasi attività che porta ad un tentativo di
spostamento dell’equilibrio dell’organismo. Attraverso l’adattamento
l’organismo è in grado di superare quel danno.
Es: se si va in palestra cosa succede ai muscoli? Diventano ipertrofici. Facciamo
l’esempio dei culturisti: questi hanno una massa muscolare eccessiva.
Sottopongono l’organismo ad uno stress pazzesco cosicché il cuore e il circolo non
riescono a nutrire bene tutta la massa muscolare, tutto ciò può portare ad un
accorciamento della vita. È vero che l’organismo si è adattato ma fino ad un certo
punto, dopodiché non ce la fa più e ciò che viene utilizzato come adattamento per
supplire allo stress diventa pericoloso. Vedrete in patologia molti casi simili a
questo. Facciamo un altro esempio: cos’è l’ipertensione arteriosa? È un aumento
della pressione sanguigna a livello delle arterie. Ciò che significa? Che c’è
un’aumentata resistenza a livello di apparato vascolare. Cosa deve fare il cuore
per avere una forza di eiezione sufficiente a mandare in circolo la quantità di
sangue che serve? Deve contrarsi con più energia. Quindi il cuore di un iperteso è
ipertrofico, presenta una tipica ipertrofia ventricolare sinistra.
Se questo “debosciato” (-.-) non fa la terapia e il medico, ancora più “debosciato”
di lui (-.- -.- -.-) non gliela fa fare come pensate possa essere il suo cuore dopo un
paio d’anni? Ipertrofico? NO! Cede. Si dilata. Prima riusciva a superare l’aumento
di resistenza da parte delle arterie ma dopo non ce la fa più. Ci sarà il rischio di
un’insufficienza cardiaca con tutto quello che ne consegue.
Il nostro organismo sa adattarsi alle maggiori esigenze ma entro certi limiti,
se non è più in grado di adattarsi avremo un danno.
L’adattamento mira al mantenimento dell’omeostasi.
L’omeostasi è l’insieme dei meccanismi atti a mantenere l’equilibrio
dell’organismo. Per questo motivo, molto spesso, il nostro organismo, i suoi
organi ed apparati possono usufruire di una riserva funzionale, cioè hanno la
possibilità di rispondere, entro limiti fisiologici (perché altrimenti avremo la
malattia), a richieste di maggiori prestazioni attraverso l’aumento dell’attività.
La malattia, come già accennato, è quella condizione in cui c’è una deviazione
dalla normalità e una rottura dell’omeostasi. È ovvio che si ha la malattia quando
l’organismo non è più in grado di rispondere, non ha più riserva funzionale.
Dovete assolutamente avere in testa questi concetti: aumento di richiesta
funzionale  adattamento.
Es: se un apparato muscolare non viene utilizzato come si come si adatta quel
muscolo? Con l’atrofia. Si riducono le dimensioni della cellula, le proteine
contrattili sono molte di meno, viene attivato il sistema di demolizione delle
proteine, etc…Insomma è l’opposto di ciò che accade in caso di ipertrofia. In
entrambi i casi è una risposta cellulare a uno stimolo esterno, in un caso in
eccesso, nell’altro in difetto. Esiste un caso in cui le cellule vanno “per i cavoli
propri” senza rispondere alle richieste dall’esterno. Che cellule sono? Sono quelle
tumorali. In tutti gli altri casi le cellule rispondono agli stimoli esterni. La cellula
e il suo stato funzionale dipendono da quello che l’ambiente esterno
richiede.
L’adattamento deve essere limitato nel tempo, poi ci deve essere il ripristino della
situazione originaria. Affinché questo succeda cosa bisogna fare? Eliminare ciò
che ha spostato l’omeostasi, ciò che ha attivato il meccanismo di adattamento.
Bisogna rimuovere lo stress e ripristinare la normalità. Prendiamo ora il caso
dell’adattamento della richiesta funzionale. Abbiamo detto che l’adattamento
porta ad iperplasia ma anche a ipertrofia, quindi già abbiamo introdotto due
concetti: ipertrofia significa aumento di dimensioni della cellula o del tessuto, cioè
del contenuto, che molto spesso è accompagnato dall’iperplasia, che significa
aumento del numero delle cellule. Tutto ciò porta ad una maggiore risposta
funzionale che consente di rispondere alle richieste del momento, questo è
l’adattamento o danno cellulare reversibile. Abbiamo parlato anche di culturismo,
di miocardio, di ventricolo sinistro che diviene ipertrofico nel caso di ipertensione:
se non si fa una terapia esso si dilata e avremo il danno, che a questo punto non
sarà più reversibile. Un danno molto intenso porta alla morte cellulare. Un
esempio è la necrosi coagulativa, un tipo di morte cellulare molto frequente
nell’uomo (infarto del miocardio) dove lo stress non può essere superato:
l’interruzione brusca di nutrienti e di ossigeno a livello di parenchima cardiaco
non viene superata, anche se pure qui avremo un piccolo meccanismo di
adattamento che vedremo più in la. Il danno comincia sempre dalla cellula. La
cellula è l’organismo autonomo per eccellenza (anche se risponde agli stimoli
esterni) ed è separata dal mondo esterno da una plasmamembrana, costituita da
un doppio strato di fosfolipidi che consente di mantenere fuori ciò che deve essere
mantenuto fuori e dentro ciò che deve essere mantenuto dentro, ma consente
anche delle deroghe nel senso che ci sono soluti che entrano per diffusione
passiva o per trasporto facilitato (attivo) mediato da recettori. Perché la cellula
venga mantenuta integra la membrana deve sapere esattamente cosa far entrare
e cosa far uscire senza che questo porti danno alla cellula. Tutti i meccanismi che
alterano questa capacità della cellula di preservarsi, di rimanere in un ambiente
ostile, portano a danno cellulare. Questo è un aspetto da ricordare sempre nella
patologia.
Cosa provoca patologia? Questo argomento è oggetto di ampio dibattito e non
compare ancora nei libri di patologia. I medici devono saper riconoscere le cause
delle malattie, i cosiddetti agenti eziologici. Le cause di malattia indicate nei libri
di testo sono sempre le stesse: cause chimiche, fisiche, batteriche e metaboliche.
Voi cosa fate? Vi mettete in testa un elenco di possibili cause e quindi davanti a
un paziente andate a cercare se potete rilevare una patologia o se il paziente
rischia una patologia perché è a contatto con un agente eziologico.
Es: fino a non tantissimo tempo fa la medicina si occupava soprattutto di
patologie acute. Si moriva molto spesso di infiammazioni e infezioni acute. La
sorte dei pazienti è cambiata molto con l’avvento “dell’era antibiotica”. Le infezioni
acute sono praticamente state debellate, si muore ancora però prima erano causa
di morte nella donna che partoriva, nel bambino nel primo anno di vita, durante
il corso della vita, etc…La patologia acuta era quella che coinvolgeva di più i
sanitari, soprattutto durante le guerre. Voi pensate di dover soccorrere gente che
è in trincea e di dover curare tante polmoniti acute? Probabilmente lo farete, ma
non sarà la vostra maggiore occupazione. Facciamo l’esempio dell’oncologia,
ovviamente non pensando ad un paziente terminale: la patologia tumorale non è
una patologia acuta che sorge dall’oggi al domani. Il cancro al polmone chi
colpisce? I fumatori cronici incalliti che fumano da decenni un numero
importante di sigarette. Dopo i cinquant’anni di solito sviluppano la patologia
tumorale che è stata preceduta da bronchite, da catarro, da tutta una serie di
situazioni in cui i bronchi e i polmoni di quel soggetto hanno cercato di
rispondere al danno, di eliminare le cellule danneggiate. L’aumento della
produzione di catarro serve a facilitarne l’espulsione, ma abbiamo addirittura un
blocco dell’apparato vibrattile che di solito porta fuori tutto. Il tumore a livello
polmonare può arrivare a 9 cm, non si è prodotto in un momento: è una patologia
cronica. Voi dovrete essere in grado di identificare subito il danno e di convincere
i pazienti ad eliminarne la causa. L’effetto degli agenti eziologici è sommatorio e a
volte si potenzia. Purtroppo la patologia cronica ha la caratteristica che mentre si
sta sviluppando non da segno di se. Quando si ha la manifestazione della
malattia non c’è più niente da fare. L’aterosclerosi è un altro caso che non da
segno di se. A cosa pensate se parliamo di aterosclerosi? Ai vasi, che diventano
più rigidi, e alle placche lipidiche che si formano all’interno di essi. Il vaso può
essere occluso da queste placche e ciò può portare ad infarto. Il soggetto
probabilmente prima dell’episodio aveva pressione alta, aveva un’iperglicemia,
aveva ipercolesterolemia, che non sono state curate o sono state curate male.
Tutte queste patologie sono insorte decenni prima dell’infarto. È per questo che è
importante la prevenzione, è importante capire che cosa provoca la malattia. A
questo proposito chi farà medicina generale si troverà davanti ad paziente che,
per esempio, ha una glicemia di 115 (non ancora sinonimo di diabete ma è al
limite), una pressione arteriosa di 135 (che è borderline), che fuma una decina di
sigarette al giorno, insomma ha tutta una serie di fattori di rischio che potrebbero
portare ad un infarto del miocardio.
[ Aggiungo questa nota perché la professoressa usa i due termini indistintamente riferendosi in
particolar modo all’aterosclerosi: Spesso, i termini arteriosclerosi ed aterosclerosi sono utilizzati
indifferentemente come sinonimi. In realtà, si tratta di due condizioni differenti e non esattamente
sovrapponibili: con arteriosclerosi si identificano tutte quelle forme di indurimento, ispessimento e
perdita di elasticità della parete arteriosa, quali l'aterosclerosi, l'arteriolosclerosi e la sclerosi
calcifica di Mönckeberg: si tratta quindi di un termine generale. L'aterosclerosi è caratterizzata
dalla formazione di ateromi (placche di materiale lipidico, proteico e fibroso) nelle arterie
muscolari di grande e medio calibro (coronarie, carotidi e femorali) ed in quelle elastiche come
l'aorta o l'arteria polmonare. L'aterosclerosi, dunque, è una specifica tipologia di arteriosclerosi ed
in particolare quella più frequente e clinicamente importante (prima causa morte nel mondo
occidentale). ]
Ritorniamo ora alle cause di malattia. Un’altra mentalità che dovete acquisire è
quella di non cantare mai vittoria nei confronti di nessun agente eziologico che
ritenete di aver combattuto e non dovete mai pensare di conoscere tutte le cause
di patologia. Facciamo un esempio: chi non ha mai sentito parlare di malattia
della mucca pazza? Di prioni (proteine) che infettavano le persone? Questa
patologia è comparsa pochi anni fa, non se ne conosceva l’esistenza. È una
patologia cronica: il soggetto appariva compromesso dopo, magari, dieci anni da
quando aveva mangiato la carne di manzo. Oppure parliamo di Aids: mentre la
malattia si diffondeva, da noi i tossicodipendenti condividevano le siringhe, in
California, dove era più diffusa l’omosessualità, non veniva curato
particolarmente l’igiene perché ancora non si conosceva. Quindi bisogna stare
attenti anche alle malattie che noi non conosciamo, che sono destinate ad
aumentare.