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Segnalazioni e Recensioni
SEGNALAZIONI E
RECENSIONI
A cura di Michele Aglieri
A. Caro
Comprendere la pubblicità
Franco Angeli, Milano 2013
Questo non è un altro libro sulla pubblicità, ma un libro importante
sulla pubblicità, frutto del lavoro dei lunghi anni durante i quali Antonio
Caro si è dedicato con pervicacia alla comprensione di un fenomeno del
quale lui stesso è stato protagonista come professionista e come docente.
La proposta dell'Autore è audace, intellettualmente robusta,
autorevolmente critica, non priva di accenti ironici, e inoltre si discosta
dalle consuete prospettive di studio del fenomeno pubblicitario. In effetti,
Caro lancia così tante idee innovative che possiamo considerare senza
dubbio questa opera una nuova teoria della pubblicità, o persino una
dottrina.
Comprendere la pubblicità è un punto di riferimento ricco di idee nuove
per chi voglia immergersi nella realtà pubblicitaria in modo serio e
approfondito.
MEDIA EDUCATION – Studi, ricerche, buone pratiche
© Edizioni Centro Studi Erickson S.p.a.
ISSN 2038-3002- Vol. 4, n. 2, anno 2013, pp. 214-222
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Segnalazioni e Recensioni
F. Giuliano, J. Lloyd
Eserciti di carta. Come si fa informazione in Italia
Feltrinelli, Milano 2013
Lo stato di salute del giornalismo italiano è una delle questioni più
dibattute degli ultimi anni. Ferdinando Giuliano e John Lloyd, due
giornalisti del Financial Times, hanno cercato di esaminare con distacco,
profondità e competenza il panorama del nostro giornalismo,
tracciandone la cartografia e provando a individuarne i pregi, i problemi,
le tare ereditarie e le prospettive di cambiamento. Come funziona
l’informazione in Italia? Unendo la loro esperienza di giornalisti, il distacco
di chi osserva da lontano e un puntiglioso lavoro di ricerca, fatto di decine
d’interviste ai protagonisti del nostro giornalismo (da Ezio Mauro a
Vittorio Feltri, da Marco Travaglio ad Augusto Minzolini), Giuliano e Lloyd
riescono a illuminare le caratteristiche – e i vizi – di fondo del giornalismo
italiano.
J. Gleick
L’informazione. Una storia. Una teoria. Un diluvio
Feltrinelli, Milano 2012
Ancora alla soglia degli anni quaranta Claude Shannon usava
intelligence per parlare di informazione, un termine che avrebbe
cominciato davvero a diffondersi solo qualche anno più tardi, con la sua
Teoria matematica delle comunicazioni, insieme a una parolina, bit,
destinata a diventare una delle più pervasive dell'ultimo mezzo secolo.
Amata e vituperata, quella parolina segna un punto di passaggio
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fondamentale: quando l'informazione diventa una grandezza
quantificabile e misurabile. Difficile valutarne davvero l'importanza, ma
James Gleick ci prova, raccogliendo i fili sparsi di una storia che parte da
lontano, dai poemi omerici e dall'invenzione della scrittura e dell'alfabeto,
passando per la lessicografia e i dizionari, i codici crittografici e le
moderne tecnologie della comunicazione. E lungo la strada si incontrano
figure chiave, talora insospettate: i compilatori di antichi dizionari o i
curatori dell'Oxford English Dictionary; l'inventore del primo calcolatore,
Charles Babbage; la sua musa, Ada Byron, figlia dell'illustre poeta; e una
serie di altre personalità fondamentali come Samuel Morse con il suo
codice telegrafico, il matematico Alan Turing, il creatore della teoria
dell'informazione Claude Shannon o il fondatore della cibernetica Norbert
Wiener. Conclude con la vera e propria epoca dell'informazione, il mondo
contemporaneo dove tutti sono, volenti o nolenti, esperti di bit e byte.
Sotto un diluvio di segni e segnali, notizie e immagini, blog e tweet.
K. Losse
Dentro Facebook. Quello che non vi hanno mai
raccontato
Fazi, Roma 2012
Perché vogliamo sapere quali dei nostri ‘amici’ sono usciti insieme nel
fine settimana e quello che hanno fatto? Perché abbiamo autorizzato
Facebook a mediare la nostra vita privata? Sono alcune delle domande che
Katherine Losse ci pone in questa ironica autobiografia raccontandoci i
suoi cinque anni trascorsi nel cuore del social network. In fuga da un
dottorato in Letteratura Inglese alla Johns Hopkins di Baltimora, Losse, al
verde e senza prospettive di carriera accademica, arriva in California e sale
per caso a bordo della squadra di Facebook. Nel 2005 il sito era una
giovane startup di Silicon Valley, e Losse, all'epoca carica di speranze, era
l'unica donna in una compagnia di informatici nerd a loro agio solo tra
algoritmi ed entità scalari. Eppure riesce inaspettatamente a bruciare le
tappe di una brillante carriera che la porta dal dipartimento di assistenza
clienti a diventare l'autrice dei testi di Mark Zuckerberg. Intanto la
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compagnia accumula milioni di utenti e si lancia alla conquista del mondo.
Ma gli uffici di Facebook assomigliano a una confraternita di Harvard: gli
informatici pensano solo a raccogliere dati nel disprezzo della sensibilità
degli utenti e, mentre la missione dichiarata del sito è quella di connettere
la gente, i suoi dipendenti sono sempre più soli e alienati. Su tutto, un
fiume di soldi sembra fugacemente materializzare il sogno americano. Ma
Losse è sempre più convinta di essere finita in un incubo.
F. Macluso
E Mozart finì in una fossa comune
Egea, Milano 2013
Che cosa c’entra Kant con Woody Allen, Amartya Sen con Topolino? E
perché un genio come Mozart finì sepolto in una fossa comune del
cimitero di Vienna? Il filo che lega questi personaggi – e congiunge le
risposte a queste domande – si chiama «copyright». È un tema che tocca da
sempre questioni universali come lo sviluppo delle attività creative, la
libertà di espressione, il diritto alla fruizione del sapere e dell’arte. Ma la
rapida diffusione dei contenuti d’autore sul web lo rende oggi ancora più
delicato e controverso. In questo brillante saggio se ne parla in modo
nuovo e senza posizioni pregiudiziali a sostegno di schieramenti ideologici
o corporativi. Il diritto d’autore viene setacciato nelle sue diverse
manifestazioni per estrarne virtù, vizi, vantaggi e rischi. Viene messo
faccia a faccia con la sua principale nemica, la pirateria. E infine ne viene
proposta una ‘rifondazione’ in linea con le esigenze della società della
comunicazione e dei diversi interessi che vi confluiscono, ma tenendo
sempre al centro l’autore, vero fulcro dell’avanzamento del pensiero
umano. E Mozart finì in una fossa comune è un libro chiaro e accattivante,
utile non solo agli ‘addetti ai lavori’ ma a tutti i quotidiani consumatori (e
produttori) di contenuti creativi, culturali o tecnici, dentro e fuori la rete.
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A. Tursi
Non solo cyber. Frammenti di un discorso mediologico
Mimesis, Milano 2013
Non solo cyber dipana una serie di fili che mostrano l’ordito e la trama
del nostro tempo. Mostrano come alcune fondamentali dimensioni
(piattaforme, soggettività, forme politiche ed espressive, spazi e tempi)
siano state ridefinite all’interno di quel nuovo orizzonte aperto dalla
diffusione di dispositivi digitali di comunicazione. Come ha insegnato
McLuhan, «per lo studioso dei media ogni particolare del mosaico del
mondo contemporaneo è carico di vita e di significato», anche quei
particolari che spesso vengono trascurati e confinati nel banale e
superficiale. Questo testo, attraverso l’esplorazione di piccoli frammenti di
immaginario (Wikipedia, 3D, iPad, fughe di privacy, Pistorius, scambi di
file, Grillo, Pd, Ikea, shopping malls), rivela la profondità della superficie
del nostro mondo. E lo rivela con un linguaggio destinato non solo allo
studioso ma a ogni cittadino del presente inquieto e accelerato. Perché
ogni cittadino, oggi più che mai, con la sua piccola narrazione è centro di
storia. E solo cogliendo il complesso intreccio di ordito e trama di questa
storia si può sperare di cambiarla anche attraverso tante piccole
narrazioni.
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G. Debord
La società dello spettacolo
Baldini & Castoldi, Milano 2013 (nuova edizione)
Qualche volta i media educator non ‘di primo pelo’ – quelli per
intenderci che quando di media education non si parlava ancora
esperivano e sperimentavano percorsi di alfabetizzazione mediale nelle
scuole perché ne intravedevano un importante investimento per la libertà
delle giovani generazioni – ancora oggi suggeriscono di fare lo sforzo di
‘tornare indietro’, lasciar perdere per un attimo i progetti, gli strumenti e
la ricerca di risorse economiche per dedicarsi ai testi di base del pensiero.
Loro che, prima di occuparsi di radio e tv, avevano letto libri di semiotica,
sociologia della comunicazione e qualche buon testo di pedagogia. La
presente recensione va in questa direzione: come direbbero loro (i primi
media educator) ogni tanto è opportuno ‘perdere un po’ di tempo’ per
crescere nella propria consapevolezza professionale.
Baldini & Castoldi ha recentemente ripubblicato il noto testo di Guy
Debord, seguito dai suoi Commentari sulla società dello spettacolo, la cui
nuova edizione è stata curata (e introdotta da un corposo saggio
introduttivo) da Carlo Freccero e Daniela Strumia. Espressione della
filosofia situazionista, il volume – di stile aforismico e pubblicato per la
prima volta in Francia nel 1967 – concorse a vitalizzare un’epoca
connotata da testi critici di grande lungimiranza e portati in auge dai
movimenti del Sessantotto. Oggi si propone, insieme ad altri ‘classici’,
come un libro tutt’altro che sorpassato ma, anzi, finalmente (non senza
qualche preoccupazione) attuale.
Come spiegato dai due Curatori, Debord, in una chiave coerente al
pensiero marxista occidentale, valorizza alcuni concetti come quello di
«proletariato», allontanando però l’idea di una classe lavoratrice salariata
e disprezzata dal potere perché il nuovo proletario, quando «il ruolo del
lavoratore diventa sempre più il consumo anziché la produzione”, “si
ritrova ogni giorno al di fuori di essa apparentemente trattato come una
persona grande, con una cortesia premurosa, sotto il travestimento del
consumatore». Un testo, come affermano Freccero e Strumia, scritto senza
lo spettro delle ‘armi della rivoluzione’ proprie di molta letteratura
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marxista e le cui previsioni «si sono puntualmente avverate»
(nell’Introduzione).
Se questo è ciò che vedeva Debord agli albori della società cosiddetta
postmoderna, oggi – in tempo di rincorsa all’audience, di internet e del
proliferare di titoli di studio legati alla comunicazione – il discorso si fa di
sicuro ben più presente, e più urgente. Quella che oggi potremmo definire
la società dell’intrattenimento, dell’efficacia comunicativa, di un criterio
quantitativo che legittima qualsivoglia scelta qualitativa trova – che si
vogliano o meno ‘ripulire’ le opzioni filosofiche di fondo – una lettura
lucidissima in questo volume. A perdersi è il senso stesso della nostra
esistenza, percepito ma non più realmente vissuto nella bontà delle nostre
esperienze, dei nostri strumenti, dei nostri consumi: «il divenir-mondo
della merce, che è altrettanto il divenir-merce del mondo; così, per
un’astuzia della ragione mercantile, il particolare della merce si logora
combattendo, mentre la forma-merce va verso la sua realizzazione
assoluta» (p. 83) e «tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato
in una rappresentazione» (p. 53) fatta di immagini.
Un invito a leggere o rileggere, dunque, e una provocazione: la libreria
del buon media educator non è fatta solo di strumenti e letture aggiornate,
ma anche di classici che a questa disciplina danno un senso e una cultura.
Un ‘ritorno alla base’, talvolta, è utile. Perdiamo un po’ di tempo e leggiamo
questo e altri libri.
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M. Ranieri e S. Manca
I social network nell’educazione. Basi teoriche, modelli
applicativi e linee guida
Erickson, Trento 2013
Finalmente un testo sui social network con taglio educativo. Di
Facebook e Twitter si parla moltissimo, in special modo quando i giornali
e le Tv citano i drammi della cronaca che vedrebbero questi ambienti in
qualche modo responsabili degli accadimenti e, soprattutto, quando
raccontano i tweet di personaggi sportivi o dello spettacolo: cronaca nera e
gossip, i due motori principali della comunicazione oggi. Ciò è quello che i
media ci restituiscono. In verità, sappiamo bene quanto i social network
possano rappresentare una grande opportunità per i nostri ragazzi e non
solo essere passatempo per le loro giornate governate apparentemente
dalle difficoltà e dalla noia. Questo volume rimette a posto le cose,
ricostituisce un po’ di ordine, facendo emergere pregi e limiti di strumenti
a disposizione soprattutto di chi riceve e progetta formazione.
Dalle definizioni alle origini e all’individuazione di tipologie, il testo
giunge presto alle questioni prioritarie, cioè all’uso consapevole delle reti,
al tema dell’identità dei fruitori, al senso della cultura partecipativa
(chiamata anche e-engagement, in riferimento all’impegno correlato al
senso civico), alla privacy sino a questioni solitamente omesse dalle
ricerche di pedagogisti e sociologi, ovvero gli aspetti legati alla fiducia
nella relazione e alla messa in campo di emozioni ed affetti che vengono in
parte ripresi quando, in relazione alle literacies, si parla di
alfabetizzazione tecnologica, cognitiva, etica e sociale.
La forma ad imbuto del libro, che poco per volta, dalle teorie procede
verso gli interrogativi concreti, si concentra poi sulle modalità di
insegnamento e apprendimento, divenendo guida pragmatica sia per gli
educatori tout court che per un genitore particolarmente attento a queste
implicazioni. I social network possono essere aperti o chiusi e gestiti con
numerose funzioni, sono ‘disegnati’ in modo differente a seconda delle
tipologie e quindi possono entrare a far parte, a pieno titolo, di un
ventaglio di strumenti che gli insegnanti possono utilizzare soprattutto
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nella scuola secondaria, ma certamente senza escludere percorsi
mediaeducativi anche nei primi gradi di scuola.
In tal senso i social network possono divenire ambienti
straordinariamente interessanti anche per le comunità informali (che si
formano spontaneamente intorno a temi e problemi) e per gruppi
professionali (sono numerosi quelli che si affacciano ogni giorno su
Facebook e Linkedin).
Alcuni suggerimenti chiudono la parte principale del testo che, in
seguito, lascia spazio alle schede pratiche e a un’ampia bibliografia.
La prefazione di Trentin, grande pioniere e studioso delle tecnologie
educative, impreziosisce l’opera e conferma la bontà dell’intreccio delle
competenze complementari delle due autrici che provenendo da
istituzioni differenti (l’Università di Firenze la prima, l’ITD-CNR di Genova
la seconda) sfoderano un testo che contempla la presenza contemporanea
di metodologie sia della ricerca cosiddetta ‘hard’ sia di quella umanistica,
unite e dialoganti in un insieme efficace e, allo stesso tempo, portatore di
riflessioni che spaziano negli ambiti della psicologia e della filosofia.
Alberto Parola
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