Jona che visse nella balena Sinossi Genere Regia Distribuzione Età Durata Audio Anno Drammatico Roberto Faenza Mikado – San Paolo Audiovisivi Da 12 anni 85 min. - colore Italiano/ francese 1993 A quattro anni, Jona Oberski, che vive ad Amsterdam con i genitori ebrei Max e Hanna, a causa dell’occupazione nazista della città, è costretto con la sua famiglia a trasferirsi in un campo di smistamento. Gli Oberski sono destinati a passare da un campo di raccolta all’altro, per essere poi scambiati con prigionieri tedeschi. A 7 anni, Jona ha già subito freddo, fame, paure e sofferenze: sempre insieme per sua fortuna ai genitori (in baracche comunque diverse), il bambino è obbligato a farsi un mondo suo, subendo anche momenti umilianti o angherie anche dagli altri ragazzi più grandi, abituandosi al filo spinato e alle voci minacciose. Rarissimamente ottiene un gesto gentile nei suoi confronti (l’anziano cuoco di un lager). Assiste all’ultimo incontro amoroso dei genitori, alla morte del padre stremato nel fisico. Dopo la liberazione da parte dei soldati sovietici e la morte della madre nell’ospedale dove era stata ricoverata, Jona è affidato alle cure di una ragazza di nome Simona. Nel 1945 i Daniel, una matura coppia abitante ad Amsterdam, presso i quali il padre aveva lavorato, si prende cura di Jona adottandolo. Analisi della struttura Tratto dal libro autobiografico dello scienziato Jona Oberski, intitolato “Anni d’infanzia.- Un bambino nel lager”, il film racconta la tragedia del lager e la follia dell’antisemitismo nazista, ricostruite attraverso lo sguardo di un bimbo ebreo olandese. La scena iniziale presenta uno scorcio della città di Amsterdam, accompagnato da una musica che evoca i ricordi del protagonista. Jona rammenta le volte in cui ascoltava quella stessa canzone e la madre gli raccontava la storia biblica di Jona che visse nella balena. Protetto e rassicurato dal calore della sua famiglia, questo bambino di quattro anni, vede e sente, ma non comprende il vero significato degli eventi che si svolgono intorno a lui. Jona è troppo piccolo per capire quello che accade (non sa perché un bambino gli distrugge i giocattoli, non vuole portare la stella gialla sugli abiti, non sa spiegarsi il comportamento del negoziante che rifiuta alla mamma di vendere i prodotti da lei richiesti, si ribella all’idea di abbandonare la casa in cui abita). Il suo è lo sguardo dell’innocenza che non è in grado di indignarsi per l’ingiustizia che vede e subisce, ma che può solo stupirsi. La sua visione del mondo è quella di chi è sensibile al dolce incanto di una nevicata, una visione della realtà che tende alla rimozione o alla rielaborazione fantastica di ciò che succede: come nella scena di ingresso nel campo di Bergen-Belsen, in cui dei signori, tutti vestiti allo stesso modo, accolgono gli Ebrei manovrando delle strane macchine. Jona non può sapere che sono delle cineprese con cui i tedeschi riprendono i deportati ebrei per fornire materiale cinematografico alla propaganda interna. Attraverso questa originale percezione i comportamenti e le azioni discriminanti e violente nei confronti degli ebrei sono avvolti in un’atmosfera che li rende ancora più assurdi e privi di senso. Il campo di concentramento è l’ambiente in cui Jona vive il proprio percorso di formazione; assecondando la sua curiosità, ogni angolo diventa un’occasione per realizzare delle scoperte, cercando dentro di sé le Scheda scaricabile su www.scuoladecs.ti.ch/vdq ©CDC 2013 risposte agli avvenimenti strani che capitano. In una tale prospettiva, questo luogo abitualmente rappresentato come mostruoso e abnorme, acquista la forma della consuetudine e della normalità. Sullo sfondo non ci sono le camere a gas, perché nel campo sono rinchiusi solo quegli ebrei che, provvisti di un visto per emigrare in Palestina, attendono lì la fine del conflitto, pronti, in qualche caso, ad essere scambiati con dei tedeschi prigionieri degli alleati. I patimenti e gli stenti sono sempre in primo piano, l’accento, però, proprio perché è il bambino a ricordare e a narrare, è molto spesso su cose minute: il cibo, il sonno, i carcerieri visti sempre all’altezza degli stivali, le baracche, la gente pietosa, qualche rimprovero, qualche momento di solidarietà dopo la perdita del padre. Nel film si intravede anche una grande forza d’animo, il desiderio di combattere per la vita e di non disprezzare mai nessuno, presente nel cuore di alcuni ebrei. Lo si nota infatti quando la madre del protagonista, ormai in fin di vita, continua a ripetere al figlio di “guardare sempre in alto e non odiare mai nessuno”. Asciutto e intenso, il film coinvolge, perché è attraverso l’occhio di un bambino che lo spettatore vede gli orrori quotidiani a cui ha assistito il protagonista. Proposte didattiche • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Sapresti spiegare il titolo del film? Chi era Jona? Come sono rappresentati i genitori di Jona? Quale significato assume la nevicata? Che cosa vuole rappresentare il bambino tedesco che rompe il giocattolo a Jona? Descrivi il campo di smistamento di Westerbork Che cosa rappresentano il cavallo e il cavaliere osservati da Jona? Perché i soldati tedeschi tagliano la barba agli anziani ebrei? Come gli Ebrei mantenevano il legame con le tradizioni? Quale valore assumono i sigari? Perché venivano recuperate le scarpe dei morti? Come venivano trattati gli Ebrei anche da morti? Perché a Bergen Belsen i bambini rifiutavano Jona? Perché il regista sottolinea questo loro comportamento? Analizza il personaggio del cuoco Perché Jona non piange alla morte del papà? Perché il soldato tedesco obbliga Simona e Jona a cantare una canzone tedesca? Perché Jona rifiuta il cibo nella casa della famiglia adottiva? In quale periodo storico si svolge la vicenda narrata? Che importanza ha la luce in questo film? Quale messaggio trasmette il film? Jona che visse nella balena Scheda scaricabile su www.scuoladecs.ti.ch/vdq ©CDC 2013