RELAZIONE CLINICO-SCIENTIFICA CASA DI CURA SANTA MARIA, CASTELLANZA (VA) GRUPPO MULTIMEDICA ANNI 2007-2009 Premessa La Casa di Cura Santa Maria di castellana (VA), afferente al Gruppo MultiMedica, in questo triennio ha realizzato un’attività di ricerca scientifica biomedica insieme alle prestazioni di ricovero e cura in campo Oncologico. Sin dall’inizio, la Casa di Cura Santa Maria ha fatto del paziente il perno della sua attività, attorno al quale ruota il lavoro assistenziale e scientifico dei suoi operatori, che rispondono ad una filosofia basata sul concetto di gruppo, di collaborazione, di squadra e di presenza sul territorio. In questa ottica possiamo distinguere l’attività scientifica delle Unità Operative (UO) presenti nella struttura in tre macroaree: 1) Ricerca epidemiologica e screening 2) Ricerca di base, traslazionale e clinica 3) Diagnosi e terapia, inclusa la gestione delle complicanze Questa suddivisione è indicativa e organizzativa in quanto l’attività scientifica di molte UO si pone trasversalmente e copre aspetti complementari delle macroaree individuate. 1) Ricerca epidemiologica e screening La ricerca epidemiologica si occupa prevalentemente dell'individuazione e dello studio dei fattori determinanti le neoplasie nell'uomo con finalità soprattutto di prevenzione primaria, ma anche dell’individuazione di gruppi a rischio per eventuali interventi di prevenzione secondaria. A questi studi si associano i programmi di screening. In Regione Lombardia, a partire dal 2000, sono stati progressivamente attivati nelle diverse Aziende Sanitarie Locali, in collaborazione con le Aziende Ospedaliere del territorio, programmi di prevenzione oncologica secondaria. La Casa di Cura S. Maria fa parte della rete di strutture sanitarie operanti sul territorio che si occupano di ricerca epidemiologica e offrono programmi di screening per - Tumori del colon-retto Tumori della mammella Tumori cutanei Tumori della prostata 1 Queste attività sono gestite dalle UO di Chirurgia Generale, UO di Oncologia Senologica Medica, UO di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, UO di Urologia e dal Servizio di Diagnostica per Immagini. Queste strutture operano in collaborazione con la ASL Provincia di Varese, il Dipartimento Oncologico Provinciale di Varese, le Aziende ospedaliere di Gallarate, Busto Arsizio, Varese, l’Ospedale di Saronno ed altre UO delle strutture afferenti al Gruppo MultiMedica quali, ad esempio, il Servizio di Medicina di Laboratorio. Alcuni programmi sono svolti in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria (VA) e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. Di seguito le schede di progetto della macroarea 1. 2 Tumori del colon-retto Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Screening del cancro colorettale nella provincia di Varese. Fattibilità e risultati della pancolonscopia UO di Chirurgia Generale-Prof. Angelo Benevento Su pazienti con diagnosi di tumore colon-rettale negli anni 2007-2008 e nel primo semestre 2009 sono stati monitorati: - le diagnosi di cancro del colon retto, - gli interventi chirurgici condotti con tecnica aperta e laparoscopica, - le eventuali terapie mediche adiuvanti. Con un follow up di 5 anni i risultati clinici sono analizzati in termini di: - percentuali di recidiva locale e sopravvivenza a distanza dividendo i pazienti in due gruppi di 40 soggetti ognuno in base al tipo di trattamento chirurgico (open vs laparoscopico) - efficacia del programma di screening e della tecnica mininvasiva in termini di maggiore sopravvivenza a distanza dei pazienti oggetto di studio. Il carcinoma del colon-retto (CCR) è una delle neoplasie più frequenti per incidenza e mortalità nei Paesi industrializzati: in Italia sono circa 28.000 i nuovi casi diagnosticati ogni anno e 18.000 i morti per questa neoplasia. Secondo i dati dell'Atlante della Mortalità in Lombardia 89-93, i morti per questa causa di tumore sono circa 3.000 all'anno. Il dato relativo all'andamento dell'incidenza desunto dal Registro Tumori della provincia di Varese mostra una lieve riduzione di casi in entrambi i sessi. Si è infatti passati da un tasso del 43,5 per 100.000 del periodo 88-92 al 40,4 del periodo 93-97 per i maschi e dal 26,9 al 25,6 per le femmine. Il 90% dei casi diagnosticati su base clinica riguarda individui sopra i 55 anni dove la malattia è localizzata soprattutto nel sigma e nel retto. La sopravvivenza a 5 anni dipende dallo stadio alla diagnosi; infatti, è del 90% quando la malattia è limitata alla parete intestinale, scende al 35-60% in caso di coinvolgimento dei linfonodi regionali ed è meno del 10% in soggetti con malattia metastatica. Si ritiene oggi che la maggior parte dei carcinomi colo-rettali si sviluppi a partire da polipi adenomatosi, attraverso un processo "multistep" che coinvolge fattori genetici e ambientali. Il tempo di trasformazione in cancro è stimato nell'ordine di l0-l5 anni. La prevenzione per CCR può essere esercitata in due modi: -Prevenzione primaria, che si basa sul tipo di alimentazione seguita, con riduzione del consumo di cibi e bevande ad alto contenuto calorico, abolizione o forte limitazione dell’alcool, riconosciuti fattori di rischio ed incremento di alimenti ricchi in fibre. -Prevenzione secondaria, effettuata tramite lo screening oncologico della popolazione bersaglio e che si basa sull'identificazione precoce di CCR o dei polipi adenomatosi, che sono i precursori del CCR, dando quindi la possibilità di interrompere la sequenza adenoma-carcinoma mediante la loro 3 asportazione endoscopica. Dal 1995 è in corso in Italia, promosso dall’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) uno studio randomizzato e controllato, cui l’Università degli Studi dell’Insubria ha aderito con il Prof. Benevento come Responsabile Locale, di valutazione di efficacia dello screening del CCR mediante sigmoidoscopia una sola volta nella vita, tra i 55 e i 64 anni, in soggetti asintomatici di entrambi i sessi. I risultati indicano che la sigmoidoscopia è in grado di identificare più adenomi avanzati, confermando che, poiché non tutti gli adenomi avanzati si trasformano in cancro, la loro rimozione tramite endoscopia, può prevenire l'insorgenza del cancro e quindi ridurne l'incidenza. La popolazione bersaglio del programma di screening (RSO) è costituita dall'insieme delle donne e degli uomini nella fascia d'età 50-69 anni, residenti nei Comuni di riferimento dell' ASL della Provincia di Varese, rappresentata da circa 207.204 persone (dati ISTAT Censimento 2001). Il programma di screening è stato attivato nel settembre 2006. Presso la Casa di Cura Santa Maria - sede convenzionata con l'Università dell'Insubria per le Scuole di Specializzazione in Chirurgia Generale e in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva - vengono eseguite per il programma di screening 14 esami colonscopici alla settimana (350 annui). 4 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Programma di screening endoscopico della patologia neoplastica colica. Servizio di Endoscopia Digestiva-Dr Giancarlo Toti Prevenzione oncologica. Prevenzione che passa dalla qualità dell’esame, dalla trasparenza delle agende, dalla professionalità delle figure preposte all’attività endoscopica, dal tema della patologia scelta. I dati epidemiologici in nostro possesso ci hanno spinto verso la tematica principale della nostra attività- la patologia neoplastica colica. L’attività routinaria svolta nel triennio 2006-2008 su due sale endoscopiche con due figure mediche dedicate e tre figure paramediche sempre dedicate ha visto un passaggio da 2542 prestazioni a 3127 e 3122, rispettivamente, nel 2008. Il dato più significativo è, però, l’aumento percentuale di esami colonscopici che sono passati da 1106 nel 2006 a 1285 nel 2007 a 1421 nel 2008 arrivando quindi a circa la metà degli esami eseguiti. Proprio perché stiamo parlando di prevenzione è fondamentale il ruolo svolto dall’attività di polipectomia colica, in quanto abbiamo già sottolineato come oggi rappresenti l’unica manovra che può evitare l’insorgenza di un cancro colo-rettale. Siamo passati da 90 pazienti sottoposti a polipectomia nel 2006 con una percentuale dell’8% sul numero di colonscopie eseguite a 325 pazienti nel 2007 con una percentuale del 25% a 326 pazienti nel 2008 con un tasso del 23%. Nel 2006 il Servizio di Endoscopia Digestiva è entrato a far parte del programma di screening del carcinoma colo-rettale avviato dall’ ASL di Varese secondo le linee guida elaborate dalla Regione Lombardia, dedicando parte dell’attività ai pazienti fobt positivi. Nel 2006 abbiamo eseguito in pazienti fobt positivi n. 250 colonscopie, nel 2007 n. 336 e nel 2008 n. 379. E’ molto importante valutare il numero di colonscopie completate sino al cieco: esse sono state nel 2006 n. 215 pari al 88%, nel 2007 n. 302 pari al 90%, nel 2008 n. 349 pari al 92%; questi sono ottimi valori se confrontati con il valore medio della Regione Lombardia: 2006-80.6%, 2007-90.6%. In pazienti con patologia neoplastica colica, nel 2006, sono state eseguite n. 152 polipectomie pari al 62% delle colonscopie completate, nel 2007 n. 181 polipectomie pari al 60%, nel 2008 n. 227 polipectomie pari al 65%. Ne risulta quindi che in tre anni sono state eseguite bonifiche di polipi in 560 pazienti su 966 che si sono presentati per lo screening. Questo è il dato che deve fare riflettere perché la prevenzione rappresenta una strategia efficace contro il tumore e che dimostra come l’endoscopia sia oggi l’arma più efficace nel fermare la crescita epidemiologica del carcinoma colo-rettale. Sempre in questa popolazione fobt positiva abbiamo diagnosticato 13 carcinomi nel 2006 nella percentuale del 5% rispetto alle colonscopie complete, 18 carcinomi nel 2007 nella percentuale del 6%, 25 carcinomi nel 2008 nella percentuale del 7%. 5 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Programma di screening del tumore del colon retto Servizio di Diagnostica per Immagini - Dr.ssa Rosanna Vezoli • Ottimizzazione della qualità delle immagini al fine di implementare la capacità di screening e la diagnostica dei tumori del colon retto. • Implementare la collaborazione con i medici del territorio e delle altre UO della Casa di Cura S. Maria Da tempo il nostro servizio si è impegnato a migliorare le tecniche e le qualità degli esami e delle immagini, portando avanti il colloquio sia con i pazienti sia con i medici, di base, interni alla clinica, e del territorio. L’aiuto al paziente parte dal momento dell’appuntamento continua fino alla prestazione e alla consegna del referto, guardando le esigenze anche sul piano del trattamento clinico e chirurgico e sviluppando il contatto con medici di altri ospedali (Legnano, Busto, Saronno, Niguarda, San Raffaele) onde facilitare i pazienti portatori di determinate patologie e l’accesso di pazienti seguiti anche in altre strutture (vedi Ospedale di Saronno Dott.Verusio). I casi vengono man mano studiati secondo gli esami eseguiti in precedenza dal paziente e completati secondo l’iter diagnostico della Regione Lombardia e secondo il criterio di abbinare l’urgenza all’eventuale intervento e la sopravvivenza e le condizioni di vita del paziente. Nel nostro servizio oltre all’attività di routine legata ad esami tradizionali radiografici, contrastografici TC e RMN ed ecografici, si svolge un importante “lavoro” oncologico attraverso la partecipazione a programmi di screening, tra i quali lo screening del carcinoma del colon retto della Provincia di Varese per il potenziamento dei percorsi di diagnosi precoce, in collaborazione con l’UO di Oncologia ed il Servizio di Radioterapia. 6 Tumori della mammella Titolo: Unità Operativa Obiettivi: Descrizione: Programma di screening del tumore alla mammella Servizio di Diagnostica per Immagini - Dr.ssa Rosanna Vezoli - Migliorare le tecniche e la qualità degli esami e delle immagini in senologia. - Contribuire alla sensibilizzazione della popolazione allo screening precoce dei tumori della mammella In senologia il rapporto medico paziente è ininterrotto durante tutta la settimana sia per controlli mammografici, ecografici o in RMN o per valutazione di pazienti in trattamento chemioterapico e radioterapico in TC. Nel nostro servizio vengono eseguite biopsie su guida ecografica (noduli mammari). Per migliorare ed approfondire nell’ambito del proprio servizio la valutazione dello screening mammografico, la Dr.ssa Vezoli ha preso parte ai corsi di formazione organizzati dall’ASL Provincia di Varese Coordinatore Dr.ssa Nadia Bianchi Responsabile Fisica dell’ASL – facendo proprie le linee guida da seguire a livello di apparecchiature ecografiche radiografiche e a livello di monitor per la refertazione ed i parametri tecnici di valutazione delle varie strumentazioni. Il risultato è che il Servizio è stato accreditato come Centro di Senologia Diagnostica e abilitato ad entrare nello screening mammografico. Dal 2006 al 2008 abbiamo partecipato allo screening mammografico della Provincia di Varese per il potenziamento dei percorsi di diagnosi precoce, in collaborazione con l’UO di Senologia. 7 Tumori cutanei Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Prevenzione, diagnosi precoce e screening dei tumori cutanei Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica – Dr. Angelo Longoni • Validare e ampliare le nostre conoscenze in materia di rischio e d’incidenza dei tumori cutanei nel territorio di pertinenza • Cercare fattori eredo familiari (fototipo, predisposizione soggettiva, familiare) che rendono suscettibili al cancro cutaneo PREVENZIONE: Ci impegniamo a validare e ampliare le nostre conoscenze in materia di rischio e d’incidenza dei tumori cutanei nel territorio di pertinenza Sono state date, alla popolazione, informazioni accurate sulla prevenzione dei tumori cutanei insieme alla comunicazione di importanti misure di prevenzione (stile di vita, esposizione solare, autoesame della cute). Vengono consigliati nuovi agenti chemopreventivi che possano prevenire il cancro in prevenzione primaria o secondaria sia ad uso sistemico che, soprattutto locale (fotoprotezione solare); Abbiamo cercato fattori eredo familiari (fototipo, predisposizione soggettiva, familiare) che rendono suscettibili al cancro cutaneo. DIAGNOSI PRECOCE E SCREENING: Abbiamo evidenziato gli aspetti clinico/strumentali che aiutano a individuare il cancro della cute in fase precoce. Abbiamo rafforzato la diagnostica clinica e di immagini (NMR, ecografia, PET, TAC, ecc) per la diagnosi precoce della invasività della malattia e per i programmi di screening. Forte la collaborazione interdisciplinare con: - UO Chirurgia Generale, - Dermatologia - Anatomia Patologica 8 Tumori prostatici Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Programma di screening del tumore alla prostata Servizio di Diagnostica per Immagini - Dr.ssa Rosanna Vezoli • Implementazione delle tecniche e della qualità delle immagini per ottenere una migliore capacità di screening e diagnosi. • Incremento dello screening precoce del tumore prostatico nella popolazione tramite collaborazione costante con i medici di base e degli altri presidi presenti sul territorio. Miglioriamo gli standard diagnostici e la diagnosi per immagine per i tumori urologici. Siamo impegnati ad abbreviare i tempi di esecuzione degli esami a volte in estemporanea, onde agevolare i pazienti ad un trattamento radioterapico più veloce, naturalmente ogni caso va valutato separatamente ed adeguatamente seguito. I casi vengono man mano studiati secondo gli esami eseguiti in precedenza dal paziente e completati secondo l’iter diagnostico della Regione Lombardia e secondo il criterio di abbinare l’urgenza all’eventuale intervento e la sopravvivenza e le condizioni di vita del paziente. In collaborazione con l’UO di Urologia, nel 2008 il servizio di radiologia ha organizzato un corso sull’importanza dell’RM pelvica in caso di carcinoma prostatico. 9 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Screening per la diagnosi precoce del tumore prostatico Unità Operativa di Urologia-Dr Giancarlo Comeri Identificazione delle forme precoci di tumore alla prostata e discriminazione fra tumori evolutivi e tumori a basso rischio associando alla determinazione del PSA, della DRE e dell’ecografia prostatica trans-rettale anche la valutazione nelle urine del prodotto genico PCA3. Un’attenzione del tutto particolare è riservata nella nostra UO allo screening diagnostico del carcinoma prostatico, nell’intento di pervenire ad una diagnosi sempre più precoce ma anche alla differenziazione delle forme che possono beneficiare di interventi sempre meno invasivi onde preservare al massimo la qualità della vita dei soggetti interessati. L’ecografo oggi in dotazione alla UO consente uno studio accurato della prostata e un’attività bioptica di ottimo livello, grazie anche allo svolgimento di tale pratica da parte di un Aiuto Primario nel nostro staff che risulta fra gli estensori delle linee guida italiane sulla biopsia prostatica. E’ in arrivo un ecografo ancora più aggiornato che supporta l’<<Histoscanning>>, nuovissima procedura che consente di distinguere ecograficamente con buona attendibilità il tessuto prostatico sano da quello tumorale. La nostra casistica si basa su circa 220 biopsie ogni anno, e con una “detection rate” fra le più alte di quelle riportate in letteratura, superiore al 40% delle biopsie effettuate. La pratica della biopsia, è condotta con un occhio di riguardo al paziente, che viene sottoposto a biopsia in anestesia locale ed analgesia per via endovenosa, quindi in modo indolore, e si avvale oltretutto della possibilità, fornita dal nostro servizio di anatomia patologica, di processare il materiale bioptico con una procedura ultrarapida che consente la refertazione in poche ore, consegnata al paziente prima della dimissione. E sempre allo scopo di ottimizzare le biopsie, è stato introdotto da noi il primo test genetico (PCA3) sull’urina emessa dopo massaggio prostatico, praticato in soli altri 4 centri nel nostro Paese, che consente fra l’altro di escludere dalla procedura della biopsia, che riserva anche aspetti di rischio per il paziente, circa il 35% dei soggetti che, sulla semplice scorta del PSA e dei suoi derivati, andrebbero incontro a biopsia. Si sta valutando inoltre il valore del PCA3 nel pronosticare l’aggressività del cancro a diagnosi acquisita, aprendo la strada ad una più accurata selezione dei pazienti suscettibili di “sorveglianza attiva” piuttosto che di terapia focale. 10 2) Ricerca di base, traslazionale e clinica Il rapido progresso delle scienze biomediche, alimentato da nuove tecnologie e strumenti per la ricerca medica di base e clinica è stato possibile grazie al continuo aggiornamento e alla scoperta di procedure diagnostiche e terapeutiche che contengono ed integrano elementi provenienti da diversi settori scientifici. La ricerca traslazionale in medicina è definita come il trasferimento dei risultati della ricerca di base in impieghi clinici. Sotto quest’ampia definizione possono essere descritte le attività scientifiche oncologiche svolte dai Laboratori, Servizi e UO afferenti alla Casa di Cura Santa Maria riguardanti in particolare: - Studio dei meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: effetti condizionanti del microambiente tumorale, con particolare attenzione all’angiogenesi; Studio dei meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: tumore mammario; Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori; in particolare: Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori gastrointestinali-tumore del colon-retto; Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori urologici: tumori prostatici; Ricerca di biomarcatori per l’identificazione precoce di effetti collaterali avversi delle terapie antitumorali, con particolare attenzione agli effetti cardiotossici. Questi studi sono principalmente svolti dal Laboratorio di Oncologia Traslazionale, dal Servizio di Anatomia Patologica, dal Servizio di Medicina di Laboratorio e dall’UO di Chirurgia Generale in collaborazione con altre UO della Casa di Cura S. Maria e Centri di Ricerca nazionali ed internazionali. In particolar modo si segnalano le collaborazioni con gli Ospedali Riuniti di Bergamo, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, la Struttura Semplice di Genomica Funzionale dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, l’Università degli Studi dell’Insubria, Varese, il Laboratorio di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana, l’Anatomia Patologica dell’Ospedale di Varese, l’Istituto Nazionale per le Malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e .l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Di seguito le schede di progetto della macroarea 2. 11 Meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: effetti condizionanti il microambiente tumorale, con particolare attenzione all’angiogenesi Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio di senescenza della cellula endoteliale: possibili implicazioni in patologie oncologiche e cardiovascolari Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Dott.ssa Adriana Albini • Messa a punto di un modello di senescenza dell’endotelio in vitro • Analisi dell’espressione genica dell’endotelio durante l’invecchiamento • Identificazione dei geni modulati durante il processo di senescenza • Studi sull’espressione dei microRNA durante lo stesso processo di senescenza in vitro • Studio della variazione nell’espressione dei microRNA analizzati • Identificazione di nuovi target molecolari nelle cellule endoteliali • Analisi della correlazione tra valore di espressione genica e comportamento clinico del tumore • Identificazione delle possibili implicazioni del processo di senescenza dell’endotelio in patologie cardiovascolari La cellula endoteliale svolge un ruolo essenziale nell’omeostasi dell’organismo e nella progressione tumorale. Normalmente l’endotelio è in uno stato quiescente, ma nei tumori viene attivato nell’ambito del processo di angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni che danno supporto alla progressione tumorale. Nonostante la sua centralità in questo processo, ci sono ancora molti quesiti su come il fenotipo endoteliale si alteri nei tumori e come ciò correli con l’età dell’organismo e della cellula stessa. I nostri precedenti studi, effettuati analizzando il trascrittoma dell’endotelio esposto a diversi inibitori dell’angiogenesi, hanno dato luogo all’ipotesi che questi composti inducano l’endotelio tumorale in uno stato di quiescenza forzata, ovvero di senescenza. Dati ottenuti con analisi Microarray e Real Time PCR hanno già evidenziato come alcuni geni vengono down-regolati in seguito all’invecchiamento cellulare in vitro, mentre altri up-regolati; tra i geni che subiscono una maggior riduzione di espressione vi sono: E-selectina, CCL2 e Angiopoietina 2 (ANG2), molecole coinvolte nel reclutamento di cellule infiammatorie a livello endoteliale e nell’attivazione dell’endotelio stesso. Queste analisi hanno rilevato un’importante serie di geni modulati in modo simile in seguito a trattamento con farmaci anti-angiogenici e durante il processo di senescenza. Tra i geni che invece subiscono un incremento di espressione riveste particolare importanza il TGF βInduced (TGFBI), molecola fortemente indotta dal 4° al 28° passaggio in coltura e coinvolta nel pathway di attivazione del TGFβ, recentemente associato a proprietà antiangiogeniche. Inoltre, studi sull’espressione dei microRNA durante lo stesso processo di senescenza in vitro, effettuati tramite il Cancer MicroRNA qPCR Array (System Biosciences), hanno 12 rilevato una notevole variazione nell’espressione di alcuni microRNA. Il nostro obiettivo è indagare le progressive modificazioni molecolari cui va incontro la cellula endoteliale durante l’invecchiamento, in termini di espressione genica (mRNA e microRNA), al fine di comprendere i meccanismi che portano a favorire malattie cardiovascolari o ad inibire l’angiogenesi tumorale. Il nostro studio potrebbe portare da una parte all’identificazione di nuovi target molecolari nelle cellule endoteliali, dall’altra alla spiegazione del meccanismo d’azione di molecole anti-angiogeniche, permettendo la messa a punto di nuovi protocolli terapeutici come supporto alla terapia antitumorale. Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Ruolo della risposta innata nell’angiogenesi tumorale: Interleukina 12 (IL12) come mediatore dell’attività anti- angiogenica dell’angiostatina Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Prof. Douglas Noonan • Identificare il dominio dell’angiostatina con proprietà antiangiogeniche • Disegnare specifici peptidi anti-angiogenici derivanti dall’angiostatina • Testare il loro effetto su cellule endoteliali umane (HUVEC) • Investigare il ruolo di IL12 nelle risposte cellulari mediate dall’angiostatina • Dimostrare il ruolo del sistema immunitario nella modulazione dell’angiogenesi tumorale L’angiostatina (AST), un endogeno inibitore dell’angiogenesi, è un frammento del plasminogeno prodotto in seguito all’azione di diverse proteasi, come le metalloproteasi (MMP2, MMP12, MMP9) e le serine proteasi (PSA). Numerosi studi dimostrano l’attività anti-tumorale in vivo dell’angiostatina e il suo effetto in vitro sulle cellule endoteliali. In questo caso, AST induce una serie di eventi che vanno dall’apoptosi/attivazione dell’endotelio fino all’inibizione della migrazione e formazione di strutture simil-capillari da parte delle cellule endoteliali. Alla luce delle attuali conoscenze circa le proprietà inibitorie dell’angiostatina, abbiamo identificato uno specifico frammento responsabile della sua attività antiangiogenica e abbiamo disegnato un peptide che ha dimostrato avere proprietà maggiori rispetto all’intera proteina. Nel modello di angiogenesi in vivo, che prevede l’utilizzo delle spugne di matrigel, il peptide riduce la locale infiltrazione cellulare, prevenendo così la neo-vascolarizzazione. L’effetto inibitorio del peptide sulla crescita tumorale è stato dimostrato attraverso l’inoculo di cellule tumorali umane in topi immunodepressi in seguito ad un singolo trattamento con il peptide rispetto alla somministrazione continua richiesta per l’angiostatina. Il nostro peptide risulta essere più stabile, mostra una maggiore biodisponibilità e una 13 migliore distribuzione tissutale; può essere facilmente prodotto con alta purezza e a bassi costi. L’evidenza che l’attività inibitoria del peptide può essere revertita utilizzando anticorpi anti-IL12, suggerisce che altri tipi cellulari mediano la sua attività antiangiogenica. Abbiamo quindi investigato il ruolo del sistema immunitario nelle risposte cellulari mediate da AST e abbiamo dimostrato che IL12 è un mediatore dell’attività dell’angiostatina. Il trattamento in vitro di macrofagi umani con AST induce la sintesi di IL12, suggerendo che queste cellule dell’immunità innata potrebbero essere i principali mediatori dell’angiogenesi infiammatoria. Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Immunità innata e interazioni immuno-endoteliali come bersaglio della terapia del cancro Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Prof. Douglas Noonan • Esaminare il ruolo delle cellule Natural Killer (NK) nel mediare gli effetti dell’IL12 nel processo angiogenico utilizzando diversi approcci in vitro e in vivo • Esaminare l’infiltrazione delle cellule NK in tumori umani e in modelli murini e valutare il fenotipo di queste cellule e la loro potenzialità nella regolazione dell’angiogenesi. • Valutare la produzione di citochine tipiche delle NK nelle cellule CD56 positive L’IL12 è una citochina eterodimerica prodotta prevalentemente dalle cellule presentanti l’antigene (APCs). Essa lega e attiva i recettori nelle cellule T e NK, promuovendo l’induzione della risposta Th1 in vitro e in vivo. L’IL12 ha una ben nota attività anti-angiogenica, nonostante non abbia alcun effetto biologico diretto sulle cellule endoteliali, in quanto prive del recettore per l’IL12. Studi precedenti hanno dimostrato che l’effetto anti-angiogenico dell’IL12 è legato alla secrezione da parte delle cellule NK e delle cellule T di INFγ; quest’ultimo è responsabile della produzione di chemochine antiangiogeniche che agiscono tramite il recettore CXCR3. Altri studi hanno dimostrato che l’attività anti-angiogenica della terapia genica con IL12 rimane inalterata in modelli murini deficitari per IFNγ e CXCR3. Abbiamo recentemente osservato che la nostra terapia genica antiangiogenica, basata sull’utilizzo di un costrutto di DNA nudo IL12, inibisce efficacemente la crescita tumorale in topi SCID, ma perde efficacia, quando applicata a modelli murini che presentano bassi livelli di NK, quali i topi SCID KO per la catena gamma comune e i topi NOD-SCID. Questi dati suggeriscono che le cellule NK o i segnali mediati dalla via della catena gamma comune sono critici per l’inibizione della crescita tumorale mediante IL12. Per meglio comprendere il ruolo delle cellule NK quali mediatori degli effetti dell’IL12 nel processo angiogenico, abbiamo sviluppato un modello 14 murino presentante la sola ablazione delle cellule NK (topi trasgenici NKDTR-EGFP.) In questo modello il promotore del gene NKp46 è sotto il controllo della tossina difterica responsabile della deplezione di tutte le cellule che esprimono il recettore NKp46 e quindi delle NK. Mediante tecniche citofluorimetriche, analizzeremo in questi modelli l’infiltrazione delle cellule NK, il loro fenotipo e le loro potenzialità nella regolazione dell’angiogenesi. Come molte altre cellule immunitarie, le cellule NK infiltranti i tumori potrebbero esprimere un pattern di funzioni caratteristico e favorire l’angiogenesi tumorale. Numerosi studi ha hanno dimostrato la presenza in tumori umani di cellule NK CD56brightCD16-. Nonostante le NK CD56brightCD16- siano generalmente considerate precursori delle NK citotossiche, l’osservazione che le cellule NK periferiche esposte al TGFβ (citochina immunosoppressiva spesso associata al cancro) si dirigano verso un fenotipo CD56brightCD16-, suggerisce un loro possibile ruolo nel processo angiogenico. A tal proposito stiamo analizzando il fenotipo delle cellule NK infiltranti tumori umani e valutando il pannello di citochine da esse secrete. 15 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Caratterizzazione biologica e molecolare delle cellule staminali tumorali Laboratorio di Oncologia Molecolare -Prof. Cesare Peschle • Definire le differenze biologiche e molecolari tra cellule staminali e cellule staminali tumorali; • Studiare il ruolo della quiescenza cellulare nel mantenimento del clone neoplastico ed in risposta alla terapia; • Analizzare la regolazione del ciclo di divisione cellulare, l’interazione con il microambiente tumorale e la sensibilità di queste cellule al trattamento farmacologico. I tumori sono stati tradizionalmente indicati come costituiti da una popolazione omogenea di cellule clonalmente trasformate con un’alta capacità proliferativa. Questo concetto sta progressivamente cambiando con la scoperta che molti, se non tutti, tessuti neoplastici contengono una piccola percentuale di cellule che condividono la capacità di “self-renewal” delle cellule staminali normali e che sarebbero responsabili del mantenimento della massa tumorale. Per questo motivo, l’identificazione delle cellule staminali tumorali e del loro comportamento biologico è di grande impatto nella definizione di nuove strategie terapeutiche. In questo studio viene investigato il comportamento di cellule provenienti da quattro distretti tissutali: midollo osseo, ghiandola mammaria, ovaio e cellule della linea melanocitaria. Sperimentalmente vengono usati sia tessuti umani che murini. Per l’analisi molecolare e’ stato adottato sia un approccio di studio “unbiased” (studio dei profili di espressione di RNA e micro-RNA) che di tipo mirato studiando specifici geni candidati (Terc, p19-p53, p16-Rb, p21, RaLP, Nanog, Notch-Numb). E’ stata data particolare enfasi a: • Generazione di modelli murini appropriati per lo studio di cellule staminali tumorali umane per studi pre-clinici (xenotrapianti di cellule staminali tumorali umane in topi immunocompromessi; trapianti di cellule staminali murine ingegnerizzate con oncogeni umani in topi singenici); • Analisi della cinetica delle cellule staminali tumorali e le loro proprietà biologiche in tessuti provenienti da pazienti durante terapie convenzionali. In dettaglio, al termine di questo progetto verranno identificati: • Protocolli per l’isolamento di cellule staminali normali e tumorali, basati sulla capacità di queste cellule di dividersi infrequentemente; • Metodiche e protocolli per l’espansione di cellule staminali normali e trasformate, umane e murine; • Modelli murini di xenotrapianti di cellule staminali tumorali umane in topi immunocompromessi; trapianti di cellule staminali murine 16 • • • • • • • • ingegnerizzate con oncogeni umani in topi singenici (proteine di fusione PML-RAR e AML1-ETO, mutanti di NPM e PRDM16, inattivazione di p53, mutanti di Ras, overespressione di erbB2, mutanti di B-Raf e inattivazione di p16); Saggi di ricostituzione tissutale in topi per la caratterizzazione biologica in vivo delle cellule staminali normali e trasformate; Proprietà di “self-renewal” delle cellule staminali normali e trasformate, con particolare attenzione al ruolo di p53-Nanog e Numb; Sensitività delle cellule staminali tumorali alle terapie antineoplastiche; Effetti degli oncogeni Ras, Wnt, erbB2 e telomerasi sul programma di senescenza delle cellule staminali ed il ruolo di inattivazione dei meccanismi di controllo del ciclo cellulare nelle fasi iniziali della trasformazione neoplastica (p19, p16, Rb e p53); Ruolo di p21 nel mantenimento della quiescenza delle cellule staminali tumorali, crescita neoplastica e risposta alla terapia; Ruolo di varie molecole di adesione nell’interazione con il microambiente tumorale; Differenze nel profilo di espressione genica e di micro-RNA fra cellule staminali tumorali e normali; Cinetica delle cellule staminali tumorali durante la terapia neoadiuvante. 17 Studio dei meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: tumore mammario Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Genomica funzionale e Farmacogenomica del tumore al seno Laboratorio di Oncologia Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini • Identificare profili di espressione genica associati agli eventi di metastatizzazione delle cellule del tumore alla mammella • Individuare profili di espressione di microRNA predittivi del fenomeno di metastatizzazione • Studio dei profili di espressione genica delle componenti del microambiente tumorale e loro interazioni con i fenomeni di metastatizzazione in presenza o assenza di agenti antiangiogenici /chemopreventivi I profili di espressione genica di cellule tumorali sono determinati da diversi fattori quali: 1) Genotipo del paziente, 2) Eventuali mutazioni somatiche e alterazioni genomiche della cellula tumorale, 3) La cellula da cui ha origine il tumore (cancer stem cell), 4) Fattori permissivi delle componenti dello stroma tumorale, il “microambiente” tumorale. E’ ragionevole pensare che le discrepanze tra lo stato fisiopatologico di due tumori possano essere rappresentate da alcune differenze nei rispettivi profili di espressione genica. Nell’ambito di questo progetto vengono analizzati tumori della mammella primari e tessuti metastatici provenienti dalla stessa paziente. Viene estratto RNA totale e microRNA (miRNAs) dai sopramenzionati tessuti. I profili di espressione genica e di miRNAs sono generati utilizzando una piattaforma Affymetrix o altre disponibili. La validazione dei dati ottenuti mediante microarray viene effettuata con PCR quantitativa e altre metodiche quali citofluorimetria e immunoistochimica. L’isolamento delle diverse componenti cellulari del parenchima tumorale e dello stroma rende fattibile il loro trattamento in vitro con agenti antiangiogenici/chemoterapici. Da qui la possibilità di effettuare una successiva analisi differenziale dei loro profili di espressione genica in presenza o assenza di trattamento farmacologico. Questo studio può produrre la base scientifica su cui potranno essere sviluppati eventuali futuri protocolli clinici di screening per tumore alla mammella metastatico e di chemoprevenzione. 18 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Interazione tra c-erbB-2 e recettore degli androgeni nei carcinomi mammari ER e PgR negativi, correlazione clinicopatologica Servizio Anatomia Patologica-Prof Fausto Sessa Oggetto dello studio è l’analisi di una casistica di carcinomi mammari con negatività immunoistochimica per i recettori degli estrogeni e del progesterone con lo scopo di: • definire il profilo anatomo-clinico e morfologico delle neoplasia e valutare l’andamento clinico della malattia • studiare l’espressione immunoistochimica del recettore degli androgeni e confrontare l’AR status con l’immunoespressione del cerbB-2 delle neoplasie. • analizzare l’espressione di AR nei due sottogruppi tumorali definiti come tripli negativi e c-erbB-2 positivi Il progetto in corso prevede la raccolta di una casistica di 500 neoplasie mammarie ER e PgR negative diagnosticate presso i Servizi di Anatomia Patologica PST e dell’Università degli Studi dell’Insubria Varese, ove d oggi sono state raccolte circa 300 neoplasie mammarie ER e PgR negative. Tali neoplasie sono suddivise in base all’espressione immunoistochimica di c-erbB-2 in due gruppi principali: - carcinomi mammari ER e PgR negativi c-erbB-2 positivi - carcinomi mammari ER, PgR e c-erbB-2 negativi (tripli negativi) Lo studio immunoistochimico dell’AR è effettuato mediante coloratore automatico (Beuch MARK.XT, Ventana) usando l’anticorpo Anti-AR clone AR27, della ditta Novocastra, alla diluizione di 1/20 con smascheramento antigenico ad alta temperatura per 30’ e sistema di amplificazione polimerico (ULTRAVIEW, Ventana) e la diaminobenzidina come cromogeno. La positività immunoistochimica è assegnata ai casi con immunoreattività in almeno il 10% delle cellule neoplastiche. Pochi studi di immunoistochimica hanno focalizzato l’attenzione su una possibile relazione tra l’espressione di AR e di c-erbB-2 nel carcinoma mammario con risultati contrastanti. Nessuna correlazione è stata riportata da alcuni autori (Narita e coll., 2006; Bieche e coll., 2001; Isola, 1993), mentre altri hanno riportato un’iperespressione di c-erbB-2 in carcinomi mammari G3, AR-positivi, secondo altri (Agoff e coll., 2003; Moinfar e coll., 2003; Liegl e coll., 2005). Confrontando tutti i risultati ottenuti l’obiettivo è stabilire l’espressione di AR nei carcinomi mammari scarsamente differenziati ER e PgR negativi, mentre le valutazioni statistiche verranno effettuate nella prospettiva di poter individuare dei marcatori prognostici in questo gruppo di neoplasie. Dal confronto tra l’espressione di AR e del c-erbB-2, ci proponiamo di stabilire il rapporto fra i due recettori e di identificare possibili differenze di espressione nei due sottogruppi tumorali, a sostegno delle ipotesi scaturite da evidenze precliniche, secondo le quali esisterebbe una cooperazione dei due recettori nella patogenesi del carcinoma mammario, poiché il c-erbB-2 19 controllerebbe l’attività trascrizionale di AR. Questo potrebbe suggerire nuove prospettive terapeutiche nei carcinomi ER e Pgr negativi. 20 Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Ricerca di biomarcatori di diagnosi e prognosi tumorale in Medicina di Laboratorio Servizio Medicina di Laboratorio- Dr Ermanno Longhi I biomarcatori indicati nella tabella sono utilizzati per la valutazione delle diverse fasi della malattia: - Screening - Tumore primitivo - Tumore avanzato - Bilancio del tumore già diagnosticato - Monitoraggio post operatorio - Monitoraggio lungo termine post terapia - Monitoraggio della terapia della malattia avanzata - Biomarcatori in materiali diversi dal sangue (PCA3) Tabella 1: marcatori analizzati Analita Neoplasia Calcitonina CA Tiroide NSE CA Polmone CEA CA Colon retto CA 19.9 CA Colon retto - CA Stomaco – CA Pancreas – CA Vie Biliari AFP CA Fegato FERRITINA CA Fegato hCG CA Ovaio - Testicolo CA 125 CA Ovaio – Utero CA 15.3 CA Mammella PSA CA Prostata PCA3 CA Tumore specifico prostata CROMOGRANINA A Carcinoidi 21 Descrizione: L’attività di Medicina di Laboratorio è estesa ad un notevole numero di marcatori tumorali che vengono quotidianamente analizzati nella pratica clinica. Tabella 2: Numero di marcatori analizzati negli anni 2006-2008 ANALITA 2006 2007 2008 CEA 6303 6760 7322 PSA 11687 12252 13189 PSA free 5665 6337 6997 AFP 2247 2070 2317 BETA 2 Glob 1150 1197 1104 CA 15,3 2634 2703 3211 CA 19,9 4043 4213 4614 CA 125 2829 3007 3428 FERRITINA 8943 9348 10145 I marcatori vengono analizzati in funzione della appropriatezza clinica e dell’obiettivo clinico. Per lo studio di questi marcatori viene utilizzata una strumentazione all’avanguardia della Ditta ABBOTT leader nel campo delle determinazioni immunoenzimatiche. Lo strumento ABBOTT ARCHITECT utilizza una tecnologia avanzata rappresentata da un dosaggio immunologico in chemioluminescenza a cattura di micro-particelle (CMIA) paramagnetiche rivestite di una molecola di cattura (antigene, anticorpo, o particella virale) specifica per l’analita da misurare. Sono in corso ulteriori sviluppi nel campo della genomica/proteomica applicata alla diagnosi. L’applicazione clinica della nuova piattaforma ArrayCGH (Comparative Genomic Hybridization ) per la rilevazione di sbilanciamenti cromosomici ci consentirà un nuovo approccio alla diagnosi di patologie nell’ambito dell’oncoematologia. In quest’ultimo ambito, infatti, l’aCGH genomico trova un utilizzo sia nella caratterizzazione di eventuali anomalie cromosomiche anche in mancanza di marcatori citogenetici (come nel caso di leucemie con cariotipo normale) sia nell’analisi di alterazioni cromosomiche complesse comuni nei tumori solidi per i quali l’analisi citogenetica convenzionale è resa molto difficile dalla tipologia del campione. Lo sviluppo inoltre di MicroArrays mirati per determinate applicazioni (per esempio chip specifici per l’ematologia) può essere uno strumento molto valido per implementare la diagnosi consentendo la valutazione di numerose anomalie note in un’unica analisi. 22 Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori gastrointestinali-tumore del colon-retto Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Marcatori di infiammazione del carcinoma del colon retto Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Dott.ssa Adriana Albini • Studiare l’interazione tra il microambiente colico interstiziale e la neoplasia colica nella sua genesi e trasformazione da benigna a maligna con particolare attenzione all’effetto dell’infiammazione e dell’angiogenesi loco-regionale. • Individuare la correlazione tra i dati istologici ottenuti e i dati clinici Per poter scoprire nuovi bersagli terapeutici è necessario conoscere tutti i meccanismi patogenetici che determinano lo sviluppo di una malattia. Nell’ambito dello studio sui tumori, abbiamo riscontrato una stretta relazione tra il fenomeno di trasformazione della cellula tumorale e il microambiente che la circonda e ne influenza importanti processi, quali l’angiogenesi. Prima fra tutti, la flogosi riveste un importante ruolo nel fornire segnali proangiogenici che favoriscono la crescita e disseminazione tumorale. Nostro interesse era quello di verificare i meccanismi che hanno determinato il coinvolgimento dell’infiammazione e della correlata angiogenesi nella progressione del tumore del colon-retto, neoplasia la cui patogenesi è spesso associata al processo d’infiammazione cronica. Dall’analisi di mediatori dell’infiammazione, staminalità e trasformazione neoplastica, su tessuti paraffinati di colon umano, risulta evidente come la progressione da stadio benigno a stadio maligno del tumore correli con la maggior espressione di marker pro-infiammatori e pro-angiogenici. Abbiamo preso in considerazione i seguenti marker: 1. cellule infiammatorie: CD68 (espresso durante la differenziazione dei monociti), CD15 (espresso dai granulociti neutrofili, utile per l’adesione cellulare), CD20 (espresso dai linfociti B attivati), CD3 (espresso sulla superficie dei linfociti T), Ciclossigenasi-2 (espresso in caso di infiammazione), Interleuchina 6 (citochina pleiotropica prodotta da molti tipi cellulari tra cui monociti/macrofagi, fibroblasti, cellule endoteliali) e Toll Like Receptor 4 (recettore per LPS) 2. cellule appartenenti ai differenti tessuti: CD31 (espresso dalle cellule endoteliali), CD117 (espresso dai progenitori ematopoietici), CD133 (espresso dalle cellule progenitrici), Citocheratine AE1-AE3 (espresse dalle cellule di origine epiteliale), Actina muscolo liscio (espressa dalle cellule muscolari e mioepiteliali), Ki-67 (indice di proliferazione cellulare) e Single strand-DNA (espresso dalle cellule in apoptosi). 3. fattori di crescita: Fattore di crescita per gli epatociti (stimola la crescita degli epatociti), c-Met (recettore del Fattore di crescita per gli epatociti) e il Fattore di crescita per l’endotelio vascolare ed 23 endoteliale (VEGF) (indispensabile per l’angiogenesi) Questo progetto ha visto l’analisi di circa 150 blocchi di tessuto fissato appartenenti a cinque diversi stati di progressione neoplastica (tessuto sano, rettocolite ulcerosa, adenocarcinoma insorto su adenoma, adenoma ed adenocarcinoma) ed ha rivelato un ruolo chiave della molecola dell’infiammazione acuta, Interleuchina 6 (IL6), nella trasformazione neoplastica. Se si confrontano tra loro i vari stadi clinici a partire dalla lesione pre-neoplastica (rettocolite ulcerosa), passando per la lesione benigna (adenoma), per arrivare infine alla forma maligna (adenocarcinoma), si evidenzia che la risposta infiammatoria attivata dal microambiente tumorale diventa via via più specifica e selettiva con un incremento significativo di cellule esprimenti i marker CD15 ed IL6 in tessuti di adenocarcinoma metastatico. Dal nostro studio risulta, quindi, evidente che il microambiente tumorale non solo supporta il fenomeno di carcinogenesi, ma anche contribuisce alla progressione tumorale e alla disseminazione metastatica. Al momento attuale si è conclusa la parte sperimentale iniziale del progetto e si sta effettuando l’analisi dei dati clinici per confermarne l’eventuale correlazione con il grado di malattia, riservandosi di procedere ad ulteriori colorazioni di conferma. Si sta inoltre procedendo alla stesura del manoscritto da sottomettere ad una rivista scientifica internazionale “peer-reviewed” ai fini di pubblicazione e dunque mettere i nostri dati a disposizione della comunità scientifica. 24 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Dosaggio del DNA libero circolante nei pazienti affetti da neoplasie del colon-retto come fattore prognostico e markers precoce di recidiva Unità Operativa di Chirurgia Generale - Prof Angelo Benevento - Dosare il DNA libero circolante nei pazienti affetti da neoplasie del coloretto sottoposti a trattamento chirurgico, - Valutare l’entità di DNA circolante in relazione allo stadio della malattia, - Identificare l’eventuale incremento del DNA circolante libero in caso di recidiva in corso di follow-up post-operatorio. Il tumore del colon-retto è al primo posto come causa di morte in uomini e donne non fumatori. In Italia i pazienti colpiti da tumore del colon e del retto sono 36 mila e lo scorso anno questa patologia ha provocato 18 mila morti. Nel 1948 è stata scoperta per la prima volta la presenza di acidi nucleici circolanti nel sangue di persone sane e malate. Solo trent’anni dopo è stato dimostrato che la quantità di DNA circolante nel plasma o nel siero di individui malati di cancro era maggiore rispetto agli individui sani o ai pazienti con altre patologie. Altri studi hanno dimostrato che, non solo la quantità di DNA circolante è maggiore nei pazienti oncologici rispetto alle persone sane, ma anche che questa quantità è maggiore nei tumori più invasivi e diminuisce in risposta ad un trattamento antitumorale efficace. Dato che in altre neoplasie, come il carcinoma polmonare a non piccole cellule, è stato dimostrato che il livello di DNA liberamente circolante nel plasma è predittivo di una ripresa di malattia o dell'insorgenza di metastasi a distanza, si è ipotizzato che questo possa essere valido anche per altri tumori come in quelli del grosso intestino. Inoltre, un'analisi qualitativa di questo DNA può fornire uno strumento anche per una diagnosi precoce della malattia. La metodica da noi applicata prevede il dosaggio del DNA libero circolante mediante Real Time Polymerase Chain Reaction (PCR) multi array eseguita su plasma di sangue periferico. Il protocollo prevede che il campione di sangue (circa 4 cc) sia prelevato prima della procedura chirurgica e al momento della dimissione per i pazienti che devono essere ancora sottoposti ad intervento recettivo, mentre, per i pazienti attualmente seguiti in follow up, si esegue il prelievo ad ogni controllo secondo scadenze fissate dai controlli ordinari sino a un massimo di 5 anni dall’intervento. Una volta prelevati, i campioni di sangue sono immediatamente centrifugati a freddo a 6000rpm per 15 minuti, in modo da ottenere una quantità sufficiente di plasma, che viene immediatamente messo in frigorifero a 4C e, quindi, conservato in frigo a 80 sino alla esecuzione della analisi via Real Time PCR. Il dosaggio del DNA viene quindi eseguito a termini stabiliti a gruppi di 20 campioni alla volta e quindi inserito in un data base computerizzato. 25 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Marcatori diagnostici e predittivi del tumore colorettale Servizio Anatomia Patologica - Prof. Fausto Sessa • Identificare l’interazione tumore-tessuto ospite nelle neoplasie colorettali. • Valutare l’espressione e distribuzione di citochine coinvolte nell’infiammazione e di marcatori vasali; • Descrivere qualitativamente e quantitativamente il coinvolgimento delle cellule dell’immunità e dell’angiogenesi nei carcinomi con e senza instabilità dei microsatelliti (MSI e MSS) Il carcinoma colorettale rimane a tutt’oggi una delle neoplasie con tassi di mortalità più elevati in tutto il mondo. La definizione della prognosi si basa sullo stadio tumorale così come definito dall’UICC e dall’AJCC(TNM). Tuttavia alcuni recenti parametri come la presenza di gemmazione tumorale (Budding) e la presenza di instabilità dei microsatelliti (MSI) sembrano rivestire un ruolo rilevante nella definizione dell’andamento di malattia. Proprio quest’ultimo sottogruppo di tumori (carcinomi colorettali con MSI) mostra delle caratteristiche morfologiche specifiche ed un comportamento meno aggressivo. Le cellule neoplastiche con instabilità dei microsatelliti potrebbero interagire con il tessuto ospite innescando un’imponente risposta immunologica tale da contenere e limitare l’estensione e diffusione di malattia. Inoltre recenti studi hanno evidenziato la presenza di anticorpi specifici nel siero di pazienti con neoplasie, ma assenti nei tessuti normali ad eccezione del testicolo. Gli antigeni in grado di evocare una tale produzione di anticorpi sono stati definiti come antigeni testicolari del cancro (cancer testis (CT) antigen). Nelle neoplasie colorettali e nelle neoplasie con instabilità dei microsatelliti è stata descritta la presenza sia del DNA che degli anticorpi contro gli antigeni CT. L’espressione di tali antigeni sembra possa evocare una risposta immune attraverso il reclutamento dei linfociti CD4 helper e dei CD8 citotossici. Perciò abbiamo deciso di studiare in una casistica non selezionata di pazienti sottoposti a resezione (parziale o completa) di colon una serie di marcatori coinvolti nell’attivazione della risposta immunologica (MAGE-4, NY-ESO1), nell’infiammazione (IL2, IL4, IL6, IL8, IL1) e nell’angiogenesi (TNFα, VEGF, VEGFR1, VEGFR2, CD31, D2-40). Sezioni istologiche ottenute da pezzi operatori sono sottoposte dopo fissazione ed inclusione allo studio morfologico e immunoistochimico. L’obiettivo, quindi, è stato ed è di valutare l’espressione di marcatori nei due sottogruppi di tumori, verificando se esiste un differente profilo e se esistano delle correlazioni con i parametri anatomo-clinici o con la prognosi. L’identificazione di tali profili ha lo scopo di aprire nuove ipotesi ed applicazioni per lo sviluppo di terapia mirata con bersagli specifici. 26 Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori urologici: tumori prostatici Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Marcatori diagnostici e prognostici del tumore prostatico Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Identificare gli indicatori precoci di tumore alla prostata e delineare le principali fasi del processo tumorigenico; • Quantificare la concentrazione nel siero di citochine coinvolte nell’infiammazione; • Descrivere qualitativamente e quantitativamente il coinvolgimento delle cellule dell’immunità nella formazione e progressione del tumore prostatico Nello studio denominato “Prostatest” sono stati coinvolti sia pazienti degenti dell’UO di Urologia, sia soggetti che accedevano alla Casa di Cura S. Maria per effettuare esami di controllo. Per la raccolta dei campioni sierici è stato richiesto il consenso informato. Ad oggi sono stati raccolti più di 280 sieri di degenti e più di 460 sieri tra gli utenti esterni dell’ambulatorio di urologia . Si è provveduto a formulare un nuovo modulo/questionario da compilare a cura del medico incaricato, al fine di aiutare lo stesso nella scelta dei soggetti eleggibili all’arruolamento nello studio; sono stati ad esempio esclusi soggetti con un’età inferiore ai 45 anni e affetti da disturbi a carico del sistema immunitario o sindromi infiammatorie. Quasi 200 sieri sono stati analizzati tramite ELISA a chemioluminescenza per quantificare contemporaneamente 12 citochine/fattori di crescita. Parte di questi dati sono stati forniti in cieco al Laboratorio di Genomica Funzionale presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova che, con la supervisione del Dott. Pfeffer, ha provveduto ad effettuare una prima analisi di “hierarchical clustering”, ossia il raggruppamento dei campioni in base a profili di espressione delle citochine. Contemporaneamente sono stati affidati alla Prof.ssa Gelfi del Dipartimento di Scienze a Tecnologie Biomediche, presso l’Università degli Studi di Milano, campioni di siero per la comparazione dei profili proteici tra soggetti affetti da tumore alla prostata e sani; l’obiettivo iniziale è quello di trovare differenze tra le due categorie, mentre in un secondo momento si provvederà a identificare le proteine con la differenza più significativa. Sezioni istologiche ottenute da biopsie sia positive sia negative per il tumore prostatico saranno sottoposte a valutazione morfologica e citologica. Confrontando tutti i risultati ottenuti si stanno rilevando le correlazioni tra i dati, e stabilendo un rapporto causa-effetto tra le varie fasi del processo tumori genico. E’ in corso l’identificazione di marcatori precoci che consentano di delineare una diagnosi e una prognosi più precise e contemporaneamente di monitorare in modo più efficiente l’evoluzione della patologia e l’efficacia della terapia. 27 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Marcatori prognostici del tumore prostatico Servizio Anatomia Patologica - Prof. Fausto Sessa • Identificare fattori prognostici di progressione del carcinoma prostatico con particolare riferimento all’espressione di c-erbB2, EGFR e CTSP-1 • Analisi dei meccanismi patogenetici del carcinoma prostatico con particolare riferimento ai fattori di trascrizione ETS Il carcinoma prostatico è la neoplasia più frequente nel sesso maschile e la seconda causa di mortalità per cancro. Il trattamento dei pazienti con malattia localizzata prevede la prostatectomia radicale o la radioterapia. Lo stadio patologico ed il grado di differenziazione secondo Gleason rappresentano i principali fattori prognostici attualmente a disposizione per i pazienti sottoposti a prostatectomia. Circa il 25% dei pazienti in stadio iniziale sviluppa una recidiva tumorale entro 5 anni e viene trattato con terapia anti-androgenica. Nella maggior parte di questi pazienti si verifica una progressione verso una malattia androgeno-indipendente, refrattaria al trattamento. Questi dati suggeriscono la necessità di definire fattori prognostici in grado di identificare i pazienti in stadio iniziale con elevato rischio di progressione tumorale. In particolare i fattori responsabili della progressione verso una malattia androgeno-indipendente sono ancora poco conosciuti. Recenti studi hanno evidenziato la correlazione tra iperespressione di EGFR e c-erbB2 e progressione verso una malattia androgeno-indipendente. Se questi risultati venissero confermati, la determinazione di espressione di questi marcatori potrebbe permettere di identificare pazienti in stadio iniziale ad alto rischio di recidiva dopo prostatectomia radicale. Questi pazienti potrebbero beneficiare di un trattamento adiuvante con agenti anti-EGFR e/o anti-c-erbB2 in associazione con ormono-terapia. CTSP-1 è una proteina della famiglia Cancer-testis antigens che viene espressa dal carcinoma prostatico ed è in grado di evocare una risposta anticorpale nei pazienti affetti da questa neoplasia. Un recente studio ha suggerito un possibile ruolo di questo antigene come fattore prognostico del carcinoma prostatico. Il nostro studio in corso ha come obiettivo valutare con metodica immunoistochimica l’espressione di EGFR, c-erbB2 e CTSP-1 in una serie retrospettiva di pazienti affetti da carcinoma prostatico sottoposti a prostatectomia radicale provenienti dall’UO di Urologia della Casa di Cura S. Maria. In particolare si vuole stabilire l’eventuale associazione tra l’espressione di EGFR, c-erbB2 e CTSP-1 con alcuni parametri clinico-patologici quali lo stadio, il grado di Gleason, l’indice di proliferazione (Ki67), l’espressione di molecole di adesione come E-caderina ed il possibile ruolo prognostico di questi marcatori. I meccanismi molecolari implicati nello sviluppo del carcinoma prostatico sono molto complessi ed ancora in parte sconosciuti. Recenti studi hanno 28 suggerito il possibile ruolo oncogeno di alcuni geni della famiglia di fattori di trascrizione ETS, sulla base della loro capacità di attivare o inibire l’espressione di geni implicati nella proliferazione, differenziazione e sopravvivenza cellulare. In particolare è stato ipotizzato un ruolo patogenetico dei fattori di trascrizione ETS specifici per le cellule epiteliali nel carcinoma prostatico. Circa il 50% dei tumori della prostata presenta traslocazioni cromosomiche che coinvolgono i geni ETS. Un recente studio ha evidenziato una ridotta espressione del gene ESE-3 implicato nei meccanismi di apoptosi cellulare nel carcinoma prostatico rispetto al tessuto prostatico normale, suggerendo quindi un suo possibile ruolo di gene oncosoppressore. In questo senso, il nostro studio si propone di esaminare l’espressione immunoistochimica di alcuni fattori di trascrizione della famiglia ETS, quali ESE-3, ESE-1 ed ERG su campioni di tessuto prostatico normale, neoplastico e con PIN in una serie retrospettiva di pazienti affetti da carcinoma prostatico sottoposti a prostatectomia radicale provenienti dall’UO di Urologia della Casa di Cura S. Maria. In particolare si vuole stabilire l’eventuale associazione tra l’espressione di questi fattori ed alcuni parametri clinico-patologici quali lo stadio, il grado di Gleason e la sopravvivenza libera da malattia. 29 Ricerca di biomarcatori per l’identificazione precoce di effetti collaterali avversi delle terapie antitumorali, con particolare attenzione agli effetti cardiotossici Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Ricerca di biomarker sierici per una valutazione precoce di cardiotossicità indotta da farmaci chemioterapici Laboratorio di Oncologia Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini • Identificare un eventuale profilo proteico predittivo dello stadio di malattia cardiaca associata alla concomitante somministrazione di farmaci antitumorali • Studiare la cardiotossicità della capecitabina e di inibitori tirosinchinasici usati in chemioterapia In caso di trattamenti antitumorali e chemiopreventivi mirati all’endotelio ed al microambiente tumorale si verificano effetti collaterali anche importanti a carico dei vasi e del cuore. Ad esempio l’uso di inibitori selettivi di COX-2 per prevenire gli adenomi del colon ha determinato l’aumento, in soggetti predisposti, del rischio di complicanze cardiovascolari, tra cui l’infarto del miocardio. Diversi inibitori tirosinchinasici sono stati recentemente introdotti nel trattamento di un ampio spettro di neoplasie: anticorpi umanizzati diretti verso i recettori tirosinchinasici o verso i loro ligandi e piccole molecole in grado di inibire le tirosinchinasi. E’ emerso che alcuni di questi agenti possono essere responsabili di cardiotossicità e possono indurre in alcuni pazienti alterazioni della funzione ventricolare sinistra (sintomatica o asintomatica). La frequenza di questi eventi non è a tutt’oggi chiara, poiché gli studi clinici non hanno previsto, nella maggior parte dei casi, una valutazione prospettica dei parametri di funzionalità cardiaca ed hanno spesso escluso pazienti con comorbidità di tipo cardiovascolare. Dai dati disponibili sembra possibile classificare gli inibitori tirosinchinasici in un gruppo a basso rischio di cardiotossicità (gefitinib, erlotinib, cetuximab, panitumumab, lapatinib) ed un gruppo con nota o probabile cardiotossicità: trastuzumab, imatinib, sunitinib, sorafenib e bevacizumab. Il nostro gruppo ha sviluppato tre protocolli che prevedono una valutazione completa e approfondita di alcuni parametri di laboratorio in tutti i pazienti si sottopongono, nelle nostre strutture, ad un trattamento con i seguenti antineoplastici: 1. Capecitabina, un profarmaco del 5-Fluoruracile 2. Inibitori tirosinchinasici (trastuzumab, sunitinib, sorafenib, imatinib) 3. Bevacizumab, un anticorpo monoclinale Lo studio è stato valutato per la fattibilità ed è stato sottoposto ad approvazione del comitato etico. Nello studio sono inclusi pazienti che iniziano per la prima volta un trattamento con capecitabina sulla base delle indicazioni registrative del 30 farmaco, ovvero carcinoma del colon-retto in fase adiuvante o metastatica, carcinoma mammario in fase avanzata, neoplasie maligne del pancreas e delle vie biliari. Lo studio prosegue con una valutazione basale (immediatamente prima dell’inizio del trattamento), ed in seguito gli stessi parametri vengono valutati periodicamente durante tutto il corso del trattamento e sino a 2-3 anni oltre il termine del trattamento. In particolare oggetto di analisi è il dosaggio di citochine pro o antiinfiammatorie e marker cardiaci (Troponina I, Mioglobina, Creatin-chinasi MB, Anidrasi Carbonica III, Glicogeno fosforilasi BB, Proteina legante gli acidi grassi) al fine di identificare un profilo proteico predittivo dello stadio di malattia cardiaca associata alla concomitante somministrazione di farmaci antitumorali. Le citochine sono proteine solubili a basso peso molecolare e funzionano come molecole di segnalazione intercellulare nella regolazione dei sistemi immunitari; sembrano essere implicate in varie condizioni patologiche. L’analisi delle suddette potrebbe quindi fornire un utile approccio prognostico. A questo scopo si impiega una tecnologia che combina l’uso di vari anticorpi su chip. La tecnologia da noi utilizzata, Biochip Array, permette di valutare simultaneamente ed in maniera quantitativa più analiti da un unico campione di paziente. Il Biochip Randox è un supporto solido sul quale sono immobilizzati anticorpi specifici per differenti classi di citochine e fattori di crescita (IL1α, IL1β, IL2, IL4, IL6, IL8, IL10, VEGF, TNFα, IFNγ, EGF, MCP1) identificabili come regioni discrete per specifici test. Si tratta di un immunodosaggio sandwich in chemioluminescenza. Un aumento dei livelli di citochine in un campione porta ad un aumento di legami con anticorpi marcati con perossidasi di rafano (HRP) e quindi ad un aumento del segnale chemioluminescente emesso. Il segnale di luce generato da ognuna delle regioni del test sul biochip è quantificato simultaneamente utilizzando una tecnologia di digitalizzazione dell’immagine (Charge Couple Device, CCD) ed è comparato a quello di una curva di calibrazione archiviata. La concentrazione dell’analita presente nel campione è calcolata sulla curva di calibrazione analita specifica. Lo scopo di questo progetto è quello di approfondire le possibili tossicità cardiache dei farmaci antineoplastici e giungere ad individuare le alterazioni che precedono l’eventuale comparsa di sintomi clinici in modo da intervenire tempestivamente ed evitare l’instaurarsi della cardiotossicità. Questi studi rivestono particolare importanza, in quanto potrebbero permettere di chiarire la tossicità correlata all’utilizzo di farmaci antitumorali, e la messa a punto di nuovi protocolli terapeutici. 31 3) Diagnosi e terapia, inclusa la gestione delle complicanze Se lo screening e la ricerca di base rappresentano capisaldi dell’attività a carattere scientifico delle UO e dei Servizi della Casa di Cura S. Maria di Castellanza, sul fronte terapeutico ci si è impegnati nell’individuazione ed implementazione di nuove strategie per trattare i tumori individuati in fase iniziale con metodi di cura più efficaci e meno tossici. In questa macroarea vengono incluse tutte le attività di sperimentazione clinica di approcci diagnostici e terapeutici innovativi, sia nella fase di studio preclinico che di applicazione corrente. Inoltre, un’enfasi particolare viene data allo studio e alla gestione delle complicanze e degli eventi collaterali alle terapie che costituiscono elementi fondamentali nella valutazione completa del paziente. Gli studi qui descritti sono effettuati presso la Casa di Cura S. Maria di Castellanza in collaborazione con altre UO, Servizi e Laboratori del Gruppo MultiMedica. Finanziamenti a supporto di alcuni di questi studi provengono dall’AIFA, dalla Regione Lombardia, dal FAR Insubria e dai Ministeri della Salute e MIUR. In dettaglio verranno descritte: - Strategie Diagnostiche - Terapia di eccellenza, nell’ambito di: Tumori della mammella Tumori polmonari Tumori gastrointestinali Tumore urologici Separatamente verranno inoltre trattati: - Studio di approcci diagnostici e terapeutici innovativi - Studio e gestione delle complicanze Accanto agli studi descritti di seguito, sono stati proposti ulteriori protocolli e percorsi diagnosticoterapeutici attualmente in via di approvazione: • Studio in doppio cieco di pazienti che presentano flogosi prostatica asintomatica di tipo IV alla biopsia prostatica, con l’intento di confrontare un trattamento con farmaci tradizionali antiflogistici (Cardioaspirina) con antiflogistici vegetali (Curcumina) nell’ottica della prevenzione primaria del cancro prostatico. • Quantificazione delle cellule tumorali circolanti nel carcinoma prostatico dopo TURP piuttosto che dopo Vaporizzazione prostatica con laser a luce verde. • Studio pilota sull’utilizzo degli Ultrasuoni Focalizzati ad alta intensità (HIFU) nel trattamento “focale” dei carcinomi prostatici monolocali o monolobari a basso rischio di progressione. • Percorso clinico colon-retto • Cardiotossicità, con proposte di protocolli di “cardioncologia” per la prevenzione degli effetti cardiovascolari dei farmaci antineoplastici Di seguito le schede di progetto della macroarea 3. 32 Strategie diagnostiche Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Approcci combinati di tecniche di imaging funzionale, genomica e proteomica per lo sviluppo di strategie innovative per la prevenzione diagnosi e terapia dei tumori. Servizio di Medicina Nucleare - Dr Andrea Bruno 1. Studio e messa a punto di sistema di screening e di diagnosi preclinica innovativo basato sull’espressione genica e PET-CT, tecnica non invasiva in grado di rilevare, localizzare e caratterizzare precocemente e simultaneamente più sedi tumorali. Viene studiata sia una popolazione a rischio (counseling genetico), sia una popolazione affetta da neoplasia. 2. Analisi dell’espressione genica a livello genomico e proteomico per identificazione e studio di geni coinvolti nel processo neoplastico 3. Studio in vitro ed in vivo (topi knock out) dell’effetto di nuovi farmaci e della localizzazione diagnostica di composti radiomarcati. 4. Sviluppo di sensori matriciali ad alta granularità per l’imaging di campioni radiomarcati e dosimetria in vivo. 5. Sviluppo sia di strumentazione sia di metodi d’impiego, con particolare riferimento all’imaging di matrici di proteine radiomarcate (protein arrays) e alla dosimetria in vivo. 6. Analisi di nuovi radioisotopi per l’imaging funzionale e messa a punto di nuove metodologie per l’high throughput screening e medicina personalizzata. 7. Sviluppo di anticorpi monoclinali (mAbs) come veicolo di farmaci e di radioisotopi per il tissue targeting a scopo diagnostico e terapeutico 8. Combinazione degli studi di biomarcatori e di imaging molecolare sopra descritti al fine di sviluppare protocolli diagnostici e di terapia personalizzata, sia farmacologica che radioterapica. 9. Sviluppo di software applicativo multimodale in grado di gestire immagini provenienti dalle diverse modalità diagnostiche rilevate dall’acceleratore (immagini portali 3D) per l’ottimizzazione del trattamento radioterapico con tecnica ART 4D (Radioterapia Adattiva 4D) finalizzata all’ottimizzazione del controllo loco–regionale del tumore, che adatta il trattamento in tempo reale in relazione a movimenti dovuti alla respirazione ed eventuale cambio di configurazione, dimensione e posizione dell’organo bersaglio. 10. Sviluppo di sistema di dosimetria portale in tempo reale mediante immagini portali e trasformandole in immagini di dose portale erogata da cui sia possibile misurare la distribuzione della dose ai tessuti confrontata con la dose pianificata. 11. Sviluppo di protocolli clinici di trattamento radioterapico con tecnica ART. 12. Studio di dosimetria e quality assurance in analisi PET-CT, anche con nuovi marcatori. Le indagini con sistemi PET-CT comportano una dose 33 al paziente non trascurabile, da esposizione interna ed esterna. In una attivita’ di screening, la misura della dose e dei rischi, unitamente alla valutazione della qualità delle immagini è essenziale. 13. Messa a punto di sistemi di produzione di traccianti radioattivi (dal FDG a nuovi composti per imaging molecolare) per la distribuzione sul territorio. Descrizione: Il progetto di ricerca si articola in 5 Obiettivi Realizzativi che a loro volta prevedono diverse fasi intermedie di svolgimento lungo l’arco di 36 mesi di durata del progetto. Messa a punto di nuovi protocolli di prevenzione secondaria (screening biochimici, genetici e di imaging) e terziaria (imaging: stadiazione e follow-up) Fase I – durata 1-18 mesi: a. Attivazione di ambulatorio di genetica medica per visite ambulatoriali su popolazione affetta da neoplasia e a rischio di neoplasia. b. Selezione e arruolamento pazienti (malati e a rischio) sulla base della valutazione delle schede anamnestiche compilate. c. Attivazione diagnostica PET-CT per screening neoplasie in soggetti a rischio e affetti da neoplasia e per studio cardiotossicità da chemioterapici/radioterapia in popolazione affetta da cancro della mammella, del colon-retto e della prostata. d. Attivazione diagnostica DSCT per valutazione sensibilità e specificità della metodica nello studio delle coronarie, della perfusione e funzione miocardica in pazienti affetti da adenocarcinoma del colon e da adenocarcinoma della ghiandola prostatica con rischio cardiovascolare definito e in pazienti già scrinati apparentemente sani. e. Attivazione e utilizzo di un laboratorio di anatomia patologica, genomica e proteomica per lo studio dell’espressione genica della popolazione a rischio e affetta da neoplasia; ricerca di marcatori tumorali specifici utilizzabili anche per sintesi di radiofarmaci ad impiego oncologico. f. Risultati dello studio dell’espressione genica in popolazione affetta da neoplasia e a rischio e della valutazione di cardiotossicità. Fase II – durata 18-36 mesi: g. Ricerca di marcatori tumorali specifici (utilizzabili anche per la sintesi di radiofarmaci ad impiego oncologico), ottenuti con tecnologie post-genomiche (analisi del trascrittoma) e basati sullo studio di moduli funzionali (network biology). h. Catalogazione funzionale dei geni per funzione molecolare o per processo biologico come proposto dal Gene Ontology Consortium 34 o per i sistemi Affymetrix da NetFX. i. Analisi di espressione accurata dei geni caratterizzati per ciascuna tipologia tumorale, al fine di mettere in evidenza specifici profili molecolari e correlazione dei dati del trascrittoma nei vari contesti tumorali con l’outcome clinico. Fase III – durata 24-36 mesi: j. Sviluppo e validazione di nuovi protocolli di prevenzione secondaria (screening biochimici e di imaging) e terziaria (imaging: stadiazione e follow-up). Sviluppo e produzione di set di biomarcatori (chips diagnostici) utili alla stadiazione, follow-up e monitoraggio della terapia delle neoplasie Fase I – durata 1-24 mesi: a. Genomica: marcatori tessuto-specifici; microarrays dedicati alla tipizzazione di tumori solidi. b. Glicomica: set di marcatori tessuto utili alla stadiazione del tumore (eparansolfati, acido ialuronico). c. Proteomica: pannello di proteine differenzialmente espresse a livello periferico per la diagnosi precoce e lo screening ad ampio raggio dei tumori; realizzazione di un antibody array a scopo diagnostico; pannelli di proteine tumorali e/o periferiche associabili alla prognosi e alla risposta terapeutica del tumore; realizzazione di antibody arrays da utilizzare a supporto della definizione della prognosi e della terapia; pannelli di proteine tumorali, prevalentemente espresse sulla superficie cellulare, che permettano la messa a punto di strumenti terapeutici (vaccini) e diagnostici (imaging molecolare) selettivi. d. Immunomica: Realizzazione di anticorpi monoclonali “tumorespecifici” per immunodiagnostica e immunoterapia; nuovi “nanokits” diagnostici; coniugati di probes monoclonali con biofarmaci o farmaci di sintesi per approcci di immunoterapia. e. Vaccino profilassi e immunoterapia: Studi preclinici con linee autologhe di linfociti T tumore-specifiche per immunoterapia adottiva. f. Biostrumentazione: Ottimizzazione delle procedure di marcatura e rivelazione in fluorescenza/chemioluminescenza: realizzazione di un “dimostratore”; analisi economica di metodi e tecnologie; analisi comparata con le metodiche esistenti. Fase II – durata 24-36 mesi: g. Set di chips diagnostici per l’identificazione e lo studio dei geni coinvolti nel processo neoplastico: nuovi kits derivati dall’analisi dell’espressione genica a livello genomico e proteomico con ricadute per l’industria delle biotecnologie. 35 Produzione e commercializzazione di FDG e di nuovi radiofarmaci positrone-emittenti marcati con 18F Fase I – durata 1-18 mesi: a. Attivazione ciclotrone biomedicale per produzione isotopi positrone emittenti. b. Attivazione laboratorio di radiochimica/radiofarmacia a norma GMP (Good Manufacturer Practice) per la sintesi di radiofarmaci isotopi positrone emittenti prodotti da ciclotrone autorizzato alla commercializzazione distributiva sul territorio. farmaceutico (classe A). Poiché è caratteristica innovativa del Laboratorio la progettazione, realizzazione e distribuzione di nuovi radiofarmaci marcati con 18F e altri isotopi positrone emittenti, al di là del tradizionale18F-FDG e dato il carattere sperimentale delle radiosintesi, si dovrà necessariamente tener conto delle esigenze farmaceutiche (dall’automazione, ai materiali monouso e di grado farmaceutico, alla minimizzazione dei contatti tra atmosfera esterna e composti chimici e di radiochimica ecc.). Fase II – durata 18-36 mesi: c. Sintesi e validazione di nuovi radiofarmaci positrone emittenti marcati con 18F basati sullo studio dell’espressione genica e sulla ricerca di marcatori tumorali specifici. d. Eventuale inizio attività distributiva di radiofarmaci innovativi a scopo diagnostico marcati con 18F. Studio di innovativi algoritmi diagnostici e di terapia mirata (farmacologica e radioterapica) delle neoplasie Fase I – durata 1-18 mesi: a) Selezione di soggetti ad alto rischio, prevalentemente su base genetica, per una prevenzione/diagnosi precoce. b) Selezione di soggetti con malattia già nota che possono giovarsi in fase iniziale o nel follow-up di terapie mirate. c) Definizione dei profili molecolari delle neoplasie in studio a fini diagnostici, prognostici e di personalizzazione della terapia. d) Classificazione clinica dei pazienti sulla base di specifiche alterazioni metaboliche (metabolismo glucidico, ipossia, angiogenesi, proliferazione tessutale) basate su tecniche di imaging molecolare ad elevato valore prognostico (PET CT) e individuazione a livello tessutale della presenza di espressione dei marcatori molecolari (tecniche di proteomicagenomica). e) Valutazione combinata e integrata dei risultati ottenuti con tecniche di genomica-proteomica e tecniche di imaging molecolare (PET CT) per la caratterizzazione della malattia neoplastica nel singolo paziente (aspetti biologici e funzionali). Fase II – durata 18-36 mesi: 36 f) Studio dei meccanismi biomolecolari di risposta delle cellule alle radiazioni. g) Definizione dei volumi di trattamento mediante tecniche di imaging morfologico e funzionale/metabolico. h) Disegno di nuovi e più precisi piani di trattamento farmacologico e mediante apparecchiature di radioterapia ad alta precisione. i) Studio con scanner PET ad elevata risoluzione spaziale dedicato al piccolo animale (micro-PET): imaging non invasivo di eventi e interazioni molecolari nel piccolo animale vivente su molecole in fase iniziale di sviluppo allo scopo di caratterizzare le proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche di nuovi farmaci in modo da poterle trasferire rapidamente su volontari sani e ad uno studio clinico. Sviluppo di software applicativo multimodale e per imaging e dosimetria portale Fase I – durata 1-12 mesi a) Implementazione di due acceleratori lineari prototipali (ad esempio Artist Siemens) dotati di hardware adeguato all’acquisizione di immagini 4D in fase di trattamento; b) Definizione di protocolli clinici di trattamento radioterapico con tecnica ART. c) Registrazione di immagini portali: completa caratterizzazione del sistema di imaging. (definizione di diversi parametri legati alla qualità dell’immagine, come il contrasto o la risoluzione spaziale, all’affidabilità del sistema, come robustezza e risposta temporale). d) Protocollo di posizionamento del paziente e creazione di software di ricostruzione/proiezione geometrica. e) Calibrazione in termini di dose dei dispositivi per Portal Imaging f) Determinazione della dose rilasciata al paziente a partire dalla misura della dose portale. g) Definizione di algoritmi di calcolo dedicati che permettano di valutare anche il contributo nel paziente della dose scatterata. h) Definizione della procedura di acquisizione dei profili e effettuazione di misure real-time i) Sviluppo di software di analisi dosimetrica a partire dalle immagini portali acquisite dall’acceleratore in fase di trattamento del paziente con lo scopo di adattare la prescrizione dosimetrica in tempo reale (Dose Guided Radiation Therapy); j) Implementazione del software di analisi dosimetrica portale con retroproiezione della dose rilasciata al paziente durante il trattamento Fase II – durata 12-24 mesi: k) sviluppo di un tool software multimodale in grado di gestire immagini provenienti dalle diverse modalità diagnostiche quali TC, MR, PET/CT 37 e provenienti dall’acceleratore (immagini portali 3D) per l’ottimizzazione del trattamento radioterapico con tecnica ART. l) integrazione di dati dosimetrici direttamente provenienti dall’acceleratore lineare, di dati clinici provenienti da modalità diagnostiche (imaging molecolare), di dati di laboratorio e dati molecolari (genomica/proteomica). m) Sviluppo di software di analisi dei dati di imaging molecolare e informazioni molecolari (genomica e proteomica) che consenta di ottimizzare ed adattare la prescrizione dosimetrica del trattamento (Biological Radiation Therapy). n) implementazione del software multimodale di analisi dei dati biologici del paziente con feedback di ottimizzazione della prescrizione del trattamento utilizzando parametri radiobiologici. Fase III – durata 24-30 mesi: o) sviluppo del prototipo funzionale. p) personalizzazione e adattamento del trattamento radioterapico sulla base delle specifiche informazioni biologiche del paziente raccolte prima e durante il corso di trattamento radioterapico. Fase IV – durata 30-36 mesi: q) valutazione clinica del software sviluppato. 38 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio dei meccanismi di captazione miocardica del [F18]Fluorodesossiglucosio in pazienti oncologici mediante correlazione dei dati clinico-anamnestici dei pazienti con quelli dei marcatori ematici di infiammazione. Servizio di Medicina Nucleare-Dr Andrea Bruno Obiettivo dello studio è analizzare la captazione miocardica di 18F-FDG in un gruppo consecutivo di 100 pazienti oncologici , nei quali è indicato lo studio PET per stadiazione, con anamnesi cardiologia negativa, non sottoposti a precedente trattamento chemio o radioterapico. In tutti i pazienti viene eseguito prelievo ematico per il dosaggio di insulina, glucagone, cortisolo, catecolamine, indici infiammatori (PCR e interleuchine). E’ prevista inoltre accurata anamnesi cardiologica e controllo cardiologico ambulatoriale a sei mesi e un anno. Risultati : 1) stima della percentuale di pazienti oncologici nei quali è presente una captazione di FDG da parte del miocardio ‘inattesa’ per clinica e dati epidemiologici del paziente, 2) valutazione della correlazione di tale positività con vari parametri clinici, particolarmente indici infiammatori, indici di metabolismo glucidico ed indici di stress, 3) valutazione se tale positività possa essere considerata un marcatore di un evento preclinico di malattia. I compiti del Servizio di Medicina Nucleare sono: selezione dei pazienti, esecuzione degli studi PET /TC con 18F-FDG, valutazione immagini captazione miocardica, raccolta dati clinico-anamnestici e dati di biochimica, correlazione dei dati di imaging con quelli di clinica-biochimica, follow-up clinico. 39 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Genomica funzionale e farmacogenomica dell’endotelio. Profili di espressione di cellule endoteliali trattate. Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Trattamento delle cellule endoteliali umane (HUVEC) con molecole anti-infiammatorie e antiangiogeniche naturali, o di sintesi (chemiopreventivi, inibitori di vie di trasduzione dei segnali di sopravvivenza cellulare e infiammazione). • Valutazione della risposta cellulare in seguito al trattamento. • Valutazione dei cambiamenti nei profili di espressione genica • Analisi dei cambiamenti a livello di proteoma. • Selezione di bersagli specifici e comuni dell'attività antinfiammatoria /antiangiogenica. • Identificazione di biomarcatori intermedi di risposta al trattamento. Mediante genomica funzionale è stata analizzata l’espressione genica di cellule endoteliali umane (HUVEC) sottoposte a trattamento con diversi composti chemopreventivi. Tra gli agenti aventi caratteristiche chemiopreventive vi sono: N-acetilcisteina (NAC), un aminoacido precursore del glutatione, in grado di inibire la crescita tumorale di cellule di sarcoma di Kaposi e di agire come agente chemiopreventivo antiossidante; Epigallocatechinagallato (EGCG), un flavonoide del tè verde, in grado di inibire le gelatinasi e quindi l’invasione tumorale; Xantumolo, un flavonoide in grado di indurre la morte per apoptosi delle cellule leucemiche e di interferire con le cellule endoteliali, inibendo l’angiogenesi; Retinoidi, sia nelle forme naturali di acido retinoico all-trans (at-RA), 9-cis e 13-cis, che nella forma sintetica di N-(4idrossifenil)retinamide (4HPR), in grado di promuovere l’apoptosi di cellule tumorali; Triterpenoidi, agenti derivanti dall’acido oleanoleico, presente in numerosi agrumi; Deguelina, un flavonoide in grado di inibire la proteina Akt, implicata in pathway replicativi; Curcumina, un polifenolo contenuto nel curry, in grado di inibire la disseminazione metastatica in modelli di carcinoma mammario; Interferone γ (INFγ), una citochina proinfiammatoria. Abbiamo studiato gli effetti del trattamento sull’endotelio analizzando i profili di espressione genica mediante Microarrays e Real Time PCR. I dati ottenuti hanno evidenziato come alcuni geni vengono down-regolati in seguito al trattamento con i farmaci anti-angiogenici, mentre altri upregolati. Il trattamento con la NAC e i flavonoidi induce una riduzione dell’espressione di molti geni target di NF-kappaB; l’ interferone alfa (IFN γ) incrementa l’espressione della proteina guanylate binding protein-1 (GBP-1); le molecole antiossidanti NAC e EGCG inducono una ridotta attivazione endoteliale. Queste ultime sono responsabili dell’alterazione dell’espressione di diversi geni coinvolti nel pathway della citochina 40 infiammatoria TNFα. I nostri studi portare sono mirati alla selezione di bersagli specifici e comuni dell'attività antinfiammatoria/antiangiogenica dei composti chemopreventivi e alla successiva identificazione di biomarcatori intermedi di risposta al trattamento. 41 Terapia di eccellenza Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Identificazione dei meccanismi d’azione di fitoestrogeni chemopreventivi Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Valutare gli effetti di diversi composti con potenziale attività chemiopreventiva, in vitro ed in vivo. • Individuare il loro meccanismo d’azione molecolare I fitoestrogeni sono composti non steroidei prodotti da organismi vegetali, con una struttura simile agli ormoni steroidei, dei quali sono in grado di riconoscere i recettori. Essi modulano l’attività estrogenica, sia legandosi al recettore degli estrogeni e producendo un effetto molto più debole, sia influenzando l’attività degli enzimi deputati alla sintesi e al metabolismo degli ormoni stessi. Uno dei campi d’impiego dei fitoestrogeni è la terapia ormonale sostitutiva nelle donne in menopausa, una fase della vita in cui la produzione di estrogeni e progesterone si riduce con conseguenze importanti (ad esempio osteoporosi e alterazioni a livello vasomotorio). Studi epidemiologici hanno evidenziato che nei paesi asiatici in cui i fitoestrogeni vengono già assunti in grandi quantità attraverso la dieta, questi disturbi sono molto meno frequenti. Fonti alimentari di fitoestrogeni sono ad esempio la soia, i cereali, le noci, i legumi e le crocifere. È interessante notare che in questi stessi paesi l’incidenza delle patologie cardiovascolari e dei tumori dell’utero, della mammella e del colon è significativamente inferiore rispetto ai paesi occidentali. I fitoestrogeni, infatti, esplicano anche un effetto antitumorale dovuto all’inibizione di diverse fasi del processo tumorigenico, tra le quali ad esempio la proliferazione delle cellule tumorali ed il reclutamento di cellule endoteliali in sede tumorale. Tra i fitoestrogeni figurano i seguenti composti da noi studiati: genisteina epigallo-catechina gallato xantumolo resveratrolo iperforina curcumina deguelina La traslocazione (t9;22) che determina la produzione della proteina di fusione Bcr/Abl è alla base della patogenesi della leucemia mieloide cronica (CML). L’espressione dell’oncogene si traduce in una proteina in grado di attivare a valle cascate di fosforilazione, come ad esempio quelle di Akt e GSk3. Patologie ematologiche come CML, leucemia mieloide acuta (AML), la leucemia linfoide acuta (ALL) e la sindrome mielodisplastica (MDS), così come altri tumori solidi, necessitano di angiogenesi per crescere. Nuovi vasi 42 forniscono nutrienti ed ossigeno e costituiscono una via di disseminazione metastatica. Lo xantumolo (XN), principale flavonoide della pianta del luppolo, ha dimostrato nei nostri laboratori attività chemiopreventiva sia in vitro che in vivo. Il principale meccanismo d’azione è risultato l’inibizione del pathway Akt/NF-kB sia in cellule di sarcoma di Kaposi (KS-Imm) che in cellule endoteliali (HUVEC). L’effetto antiangiogenico osservato ha motivato il nostro interesse a valutare l’effetto su cellule K562 di CML. In vitro XN riduce la vitalità cellulare favorendo l’apoptosi; saggi ELISA e di western blotting hanno rivelato che l’inibizione della migrazione di NF-kB nel nucleo avviene a livello di IKK. Per approfondire il meccanismo di induzione dell’apoptosi, sono stati osservati gli effetti su Bcr/Abl. Le cellule K562, che normalmente esprimono alti livelli di questa proteina, una volta trattate con XN presentano bassi livelli sia di mRNA, sia di proteina, e contemporaneamente secernano minori quantità del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF) rispetto a cellule non trattate. Inoltre queste cellule sono caratterizzate da un incremento della sintesi della proteina p21, coinvolta nell’arresto del ciclo cellulare. Il trattamento delle K562 con XN determina un’inferiore invasività e capacità di adesione alle HUVEC. I risultati positivi ottenuti utilizzando questa molecola come angiopreventivo hanno supportato l’idea di un suo possibile utilizzo nel trattamento delle leucemie mieloidi croniche (LMC). Un altro composto interessante testato nei nostri laboratori è la curcumina, un polifenolo contenuto nel curry. La curcumina è stata testata sulla linea cellulare umana di tumore alla mammella MDA-MB-231, sia in vitro che in vivo. Le cellule trattate presentano un alto tasso di apoptosi che correla con una ridotta attivazione di NF-kB. Inoltre si assiste al decremento delle metalloproteasi che degradano la matrice e alla repressione del fattore di trascrizione AP-1. Questi effetti sono stati confermati in vivo, dove il 68% dei topi trattati con curcumina non presenta metastasi al polmone, contro il 17% nei non trattati. Tra i composti fitoterapici figura anche un altro composto polifenolico, l’Iperforina (Hyp), il composto più lipofilico estratto dall’erba di S. Giovanni. Hyp è già conosciuta per le sue proprietà antidepressive ed antibatteriche. In laboratorio abbiamo valutato i suoi effetti sulle cellule del sistema immunitario, normalmente reclutate in sede tumorale. I risultati sono incoraggianti e mostrano che la molecola in esame riduce l’attività migratoria ed invasiva delle cellule, senza alterarne la vitalità. Nelle cellule trattate si osserva la riduzione della molecola d’adesione CD11b e della metalloproteasi della matrice di tipo 9. Concentrazioni non tossiche di iperforina riducono la migrazione delle HUVEC e la loro capacità di formare capillari. Le cellule endoteliali trattate con Hyp esibiscono una ridotta traslocazione della proteina NF-kB dal citoplasma al nucleo, dove altrimenti attiverebbe 43 segnali di sopravvivenza e proliferazione. In vivo, in modelli di angiogenesi indotta da IL8 o MCP1, la somministrazione intraperitoneale del composto ha inibito la vascolarizzazione nel metodo delle spugne di matrigel, da noi messo a punto in passato. In esperimenti di crescita del sarcoma di Kaposi in vivo, la riduzione dell’angiogenesi nel tumore correla con una ridotta dimensione della massa primaria rispetto ai controlli. Questi risultati sottolineano il potenziale dell’Iperforina come agente angiopreventivo e anti-infiammatorio. 44 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Valutazione dell’attività chemiopreventiva dei triterpenoidi sintetici CDDO-Me e CDDO-Im Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Valutare la/e popolazione/i cellulari bersaglio dei triterpenoidi in vitro. • Valutare gli effetti dei triterpenoidi e dell’iperforina in modelli murini di xenograft e di angiogenesi. • Identificare il bersaglio molecolare ed il meccanismo d’azione dei composti. I due triterpenoidi sintetici CDDO-Me e CDDO-Im sono stati testati in vitro su diverse popolazioni cellulari: cellule endoteliali umane della vena ombelicale (HUVEC), monociti e neutrofili isolati da sangue periferico, cellule isolate da sarcoma di Kaposi e linee tumorali prostatiche. I risultati ottenuti dimostrano che il CDDO-Me è in grado di alterare il normale comportamento cellulare. Nostro scopo è l’identificazione di nuove strategie terapeutiche facilmente traducibili in un’applicazione clinica, non tossiche per il sistema cardiovascolare. La nostra attenzione è rivolta a composti derivanti dalla dieta; in particolare, abbiamo valutato l’attività di analoghi del triterpenoide CDDO (2-cyano-3,12-dioxoolean-1,9-dien-28-oate) che mimano la struttura di un olio essenziale presente nella buccia degli agrumi. Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Farmacologia della Dartmouth Medical School del New Hamsphire (US) guidato dal Prof. Michael Sporn, il nostro studio ha potuto spaziare da tests in vitro a modelli murini di angiogenesi e crescita tumorale. Sono stati condotti esperimenti per valutare la vitalità cellulare, le capacità di migrazione, invasione e organizzazione delle HUVEC in strutture capillariformi. Entrambi i triterpenoidi hanno dimostrato una potente attività anti-angiogenica, sia inibendo la crescita sia la migrazione di cellule endoteliali e la formazione di nuovi tubuli. In collaborazione con il Laboratorio di Oncologia Molecolare e Angiogenesi, presso l’IST di Genova, il CDDO-Me è stato testato su linee cellulari di tumore prostatico sia ormone-dipendente (LNCaP), sia ormoneindipendente (PC3 e DU145), con risultati interessanti e incoraggianti già a basse concentrazioni in termini d’induzione dell’apoptosi (morte cellulare programmata) nelle cellule d’interesse. I due triterpenoidi hanno dimostrato anche attività angiopreventiva, in quanto sono in grado di prevenire la formazione di nuovi vasi, come è stato dimostrato da saggi di angiogenesi e crescita tumorale condotti nel modello murino. La molecola è attualmente in fase I-II di studio clinico negli USA e sembra possa agire sul tumore del pancreas. 45 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Angioprevenzione con retinoidi di sintesi Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Identificare i bersagli cellulari della fenretinide (4HPR) • Studiare i meccanismi molecolari alla base della sua azione antiangiogenica • Valutare la modulazione dell’espressione genica indotta dal 4HPR Diversi agenti chemiopreventivi hanno dimostrato di esercitare un’azione antiangiogenica. Prevenire o arrestare l’angiogenesi tumorale costituisce un approccio interessante sia per la terapia del cancro sia per la sua prevenzione in quanto consente non solo di limitare l’espansione della massa tumorale, ma anche il processo di metastatizzazione. L’angiogenesi è uno dei bersagli chiave di molti composti chemiopreventivi, concetto racchiuso e spiegato dal termine angioprevenzione da noi coniato ed oggi riconosciuto dal mondo scientifico. Uno dei composti correntemente utilizzato nel nostro laboratorio, di derivazione sintetica, l’ N-(4-hydroxyphenyl)retinamide (4HPR), è una molecola che trova già applicazione nella terapia del tumore alla mammella. Il 4HPR è stato testato in vitro su cellule endoteliali (HUVEC) per valutare i suoi effetti sul comportamento cellulare. È risultato che le cellule trattate con questa molecola presentano riduzione dell’attività migratoria, invasiva e della capacità di organizzarsi in strutture capillariformi tridimensionali. Dal punto di vista biochimico, associata alla riduzione delle principali funzioni biologiche, si osserva una ridotta attività della metalloproteasi della matrice 2 e di CD13/APN. In parallelo, è stata inoltre effettuata l’analisi della modulazione dell’espressione genica da parte del 4HPR ed è risultato che, in cellule endoteliali, queste due molecole che regolano l’angiogenesi sono sovraespresse rispetto alle cellule non trattate. In vivo il 4HPR è stato in grado di inibire l’angiogenesi nel saggio che prevede l’inoculo di una spugna di matrigel sottocute e di inibire la crescita del sarcoma di Kaposi in un modello di xenograft murino. Il 4-HPR è risultato dunque un composto chemiopreventivo con buone capacità anti-angiogeniche. 46 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio dell’attività antiangiogenica del rexinoide LG100268 Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Valutare l’efficacia del rexinoide LG100268 • Testare la combinazione con altri agenti chemopreventivi in modelli tumorali murini Durante questo progetto abbiamo esaminato l’azione angiopreventiva del Rexinoide LG100268, un derivato dell’acido retinico, che rispetto ai retinoidi causa una ridotta tossicità dovuta all’interazione selettiva con i recettori nucleari dei fattori trascrizionali di tipo RXR. In particolare abbiamo studiato l’attività di LG100268 sia in modelli in vivo che in vitro. Nel saggio di morfogenesi in vitro, una concentrazione di 500nM di LG100268 è in grado di bloccare la formazione di strutture simili a capillari da parte delle HUVEC. Tuttavia abbiamo riscontrato che LG100268 non influenza la crescita cellulare, né mostra tossicità o induce apoptosi nelle stesse cellule. In vivo, nel saggio di angiogenesi che prevede l’inoculo sottocute, nei fianchi del topo, di spugne di matrigel, una concentrazione di 200nM di LG100268 riduce la formazione di vasi sanguigni. Anche la somministrazione sistemica mediante iniezione intraperitoneale di 1µM di LG100268 inibisce considerevolmente l’angiogenesi. Oltre a testare l’efficacia di composti somministrati singolarmente, è stato ed è nostro interesse valutare la possibilità di effettuare trattamenti combinati. In particolare è stata provata la combinazione di LG100268 e del CDDO-Me in vivo. In esperimenti di angiogenesi, la combinazione equimolare dei due composti aggiunti al matrigel prima dell’iniezione sub-cutanea, si è dimostrata in grado di prevenire la neo-vascolarizzazione. In un modello murino transgenico di tumore mammario negativo per il recettore degli estrogeni, i due composti sono stati mescolati alla dieta e somministrati per diverse settimane, alternativamente da prima della comparsa del tumore oppure solo dopo che esso è risultato palpabile. Entrambe le soluzioni, come prevenzione e come terapia, hanno mostrato un incremento dell’efficacia antitumorale, già dimostrata dai composti singolarmente. Questo risultato è molto interessante, soprattutto per il trattamento dei tumori della mammella recettore estrogeno-negativi, che attualmente sono associati ad una prognosi peggiore e deficitano di una terapia farmacologia efficace. 47 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Effetti antiangiogenici e preventivi in oncologia dell’agente ipoglicemizzante Metformina Laboratorio di Oncologica Traslazionle - Dott.ssa Adriana Albini; Giuseppina Pennesi • Inibizione dell’angiogenesi tumorale e conseguente riduzione della crescita tumorale mediante l’utilizzo di Metformina. • Prevenzione del processo di carcinogenesi. La terapia antiangiogenica ha come scopo quello di colpire selettivamente le cellule endoteliali proliferanti ma geneticamente stabili, piuttosto che la cellula cancerosa geneticamente instabile. Pertanto l’inibizione dell’angiogenesi tumorale mira al blocco dell’espansione ed accrescimento della massa neoplastica piuttosto che alla sua completa eradicazione. L’obiettivo del progetto è quello di individuare e testare le potenzialità terapeutiche di possibili composti da utilizzare nel trattamento di patologie associate all’endotelio. In particolare stiamo effettuando studi in vitro ed in vivo su un farmaco ipoglicemizzante: la Metformina. La Metformina è un farmaco potenzialmente utilizzabile come preventivo per alcune linee tumorali poiché un recente studio preclinico ha evidenziato un suo possibile il ruolo nell’inibizione della proliferazione di cellule tumorali della prostata. L’obiettivo del nostro progetto è stato quello di tentare un approccio sperimentale su cellule endoteliali (HUVEC) e su cellule tumorali derivanti da tumori altamente vascolarizzati (Sarcoma di Kaposi). Abbiamo valutato la capacità della Metformina di interferire con i processi di migrazione cellulare, attraverso l’allestimento di saggi di chemiotassi in camere di Boyden. L’effetto sulla proliferazione cellulare l’eventuale tossicità, è stata testata su cellule endoteliali umane coltivate per diversi giorni e trattate con tale composti. Abbiamo valutato in vitro la capacità di specifici fattori di modulare la neo-vascolarizzazione mediante il saggio di morfogenesi. E’ stata quindi valutata la possibilità che la Metformina sia in grado di inibire la formazione di tubuli di cellule endoteliali immerse in una matrice di Matrigel. Per sviluppare nuovi approcci utili ad inibire la crescita neoplastica e lo sviluppo metastatico è necessario acquisire maggiori informazioni sui meccanismi d’azione alla base dei composti attivi e sull’individuazione dei loro target biologici. A questo proposito si stanno mettendo a punto test biologici atti a fornire informazioni sul possibile meccanismo d'azione ed i potenziali target del nostro composto, nonché analisi in vivo. Inoltre stiamo procedendo alla valutazione degli effetti sulla crescita tumorale in modelli murini e cellulari di tumori ampiamente vascolarizzati. I risultati delle ricerche svolte contribuiranno a fornire informazioni riguardo l’effetto terapeutico del farmaco su cellule endoteliali e su modelli tumorali. 48 I risultati attesi potrebbero contribuire allo sviluppo di una terapia antitumorale che abbia un duplice effetto soprattutto a beneficio dei pazienti diabetici. Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Sviluppo di terapie antiangiogeniche innovative: analisi dell’effetto anti-angiogenico di peptidi inibitori del recettore del fattore di crescita HGF Laboratorio di Oncologica Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini • Individuare nuovi peptidi inibitori di sintesi del recettore c-Met • Testare le loro potenzialità inibitorie su cellule endoteliali umane (HUVEC) e cellule tumorali • Allestire test in vitro ed in vivo per valutare il loro effetto antiangiogenico • Sviluppare terapie anti-angiogeniche per il trattamento di patologie tumorali e non tumorali associate all’endotelio Negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi approcci terapeutici che hanno come bersaglio l’endotelio. Attualmente, a livello clinico, le strategie che hanno dato risultati più apprezzabili sono quelle dirette contro i fattori di crescita e le proteine intracellulari che mediano la loro funzione. In questo contesto, uno dei nostri scopi è stato quello di identificare e testare le potenzialità terapeutiche di peptidi inibitori del recettore Met del fattore di crescita HGF. Sono stati testati peptidi in cui un dominio funzionale è stato accoppiato a una sequenza “cell-penetrating” della proteina Antennapedia. Abbiamo valutato in vitro la capacità di questi peptidi di fusione di interferire con i processi di migrazione cellulare, attraverso l’allestimento di saggi di chemiotassi in camere di Boyden. L’effetto dei peptidi sulla proliferazione cellulare e la loro tossicità, è stato testato su cellule coltivate per diversi giorni e trattate con tali composti. Un parametro rilevante per la valutazione in vitro della capacità di specifici fattori di modulare la neovascolarizzazione è l’attività tubulo-formativa delle cellule endoteliali. È stata quindi valutata la possibilità che i peptidi siano in grado di inibire la formazione di tubuli di cellule HUVEC immerse in una matrice di Matrigel. Le analisi in vivo condotte su modelli murini, hanno dimostrato la capacità di questi composti di inibire la crescita tumorale in topi immunodepressi e di ridurre l’angiogenesi indotta mediante l’utilizzo di spugne di Matrigel. Abbiamo disegnato anche nuovi peptidi inibitori di sintesi ed abbiamo rivelato la loro attività antiangiogenica. I risultati ottenuti finora ci incoraggiano a considerare questi peptidi come composti di interesse per la duplice proprietà di inibire la migrazione cellulare e di inibire la neo-vascolarizzazione. I peptidi per la nuova applicazione sono stati depositati come brevetti. Le fasi successive di questo studio prevedono l’identificazione dei meccanismi d’azione dei composti, nonché dei pathways bersaglio che 49 possano spiegare gli effetti osservati. Abbiamo anche disegnato nuovi peptidi in corso di deposito. Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio di drug delivery con nanotubi di carbonio (CNT): caratterizzazione di nuove molecole carrier aventi come target la cellula endoteliale Laboratorio di Oncologica Translazionale-Dott.ssa Adriana Albini • Studio della biocompatibilità dei nanotubi di carbonio a singola parete in modelli biologici in vitro e in vivo • Funzionalizzazione multi molecolare della parete dei SWCNTs per il targeting ed il delivery farmacologico • Valutazione delle proprietà angioinibitorie dei nanocarrier funzionalizzati Nell’ambito dello studio di nuovi meccanismi antiangiogenici, la nostra attenzione si è focalizzata sulla caratterizzazione di nuove molecole carrier, allo scopo di agire selettivamente sulle cellule endoteliali e di diminuire la dose minima efficace dei principi attivi terapeutici. I nanotubi di carbonio (CNT) a singola parete (SWNT), utilizzati per i nostri studi, sono stati caratterizzati in collaborazione con il laboratorio Nanomed (CBA, Genova) e l’Università di Genova, mediante spettroscopia infrarossa a trasformazione di Fourier (FTIR) e spettroscopia Raman. In esperimenti di sopravvivenza cellulare, migrazione e morfogenesi, i nanotubi di carbonio hanno mostrano una ridotta tossicità per l’endotelio. È stata analizzata l’interazione delle nanoparticelle con le cellule endoteliali ed è risultato che i nanotubi vengono internalizzati nel compartimento lisosomiale per poi essere successivamente espulsi secondo il fisiologico fenomeno di transcitosi. Si osserva, infatti, un incremento del compartimento vescicolare, probabilmente dovuto all’accumulo intracellulare dei nanotubi nei lisosomi. Le nostre osservazioni sulle interazioni tra le cellule endoteliali e le nanoparticelle suggeriscono che i nanotubi, opportunamente funzionalizzati, ovvero coniugati a sequenze peptidiche o anticorpi in grado di direzionarle verso le cellule endoteliali anche in vivo, potrebbero rappresentare una nuova terapia a target per l’endotelio. La valutazione della tossicità dei nanotubi ossidati nel nostro laboratorio (per creare gruppi ossidrilici attivi in grado di formare legami peptidici), non ha rilevato alcun effetto negativo addizionale sulla vitalità cellulare. Inoltre, esperimenti cronici in vivo tramite l’iniezione endovenosa. di nanotubi ossidati in cavie BALB/C, sembrano allinearsi con i dati ottenuti in vitro. Il passo successivo in corso di realizzazione è quello di funzionalizzare i nanotubi, mediante condensazione con peptidi. I peptidi che andremo a 50 testare avranno lo scopo di mimare sequenze in grado di legarsi a cellule endoteliali, in quanto possiedono proprietà di interazione con recettori coinvolti nell’angiogenesi. I peptidi individuati verranno condensati, attraverso il loro gruppo amminico, al gruppo carbossilico dei nanotubi a singola parete, caratterizzati con tecniche di spettroscopia e quantificati con analisi termica gravitometrica (TGA). Al fine di localizzare i nanotubi funzionalizzati nelle cellule endoteliali, si utilizzeranno tecniche di microscopia elettronica a trasmissione (TEM) e a scansione (SEM). Ci proponiamo di valutare anche la tossicità e l’interazione dei nanotubi funzionalizzati con le cellule endoteliali mediante saggi in vitro ed in vivo; a tal scopo i nanotubi verranno marcati con molecole fluorescenti per consentirne una facile localizzazione sia nei compartimenti cellulari che nel modello in vivo. Infine le nanoparticelle saranno coniugate a farmaci anti-neoplastici o anti-angiogenici da veicolare all’endotelio tumorale; tra questi verranno utilizzati farmaci antiangiogenici sia di tipo chemioterapico che chemiopreventivo, come il taxolo, una molecola con note proprietà antitumorali e antiangiogeniche. 51 Terapia-Tumori della mammella Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Trial clinico: Utilizzo nel trattamento del carcinoma mammario in stadio iniziale di una nuova tecnica di Brachiterapia che utilizza un applicatore denominato MAMMOSITETM Servizio di Radioterapia - Dr Gianpiero Catalano Partedipiamo a uno studio multicentrico non randomizzato che ha l’obiettivo principale di raccogliere l’esperienza con MammositeTM nei centri Italiani che lo utilizzano, e di valutarne l’efficacia e la tossicità in tempi brevi rispetto alla terapia standard (radioterapia a fasci esterni). L’obiettivo principale è quindi la valutazione dell’efficacia di un trattamento di irradiazione parziale della mammella (Partial Breast Irradiation - PBI) limitata al solo letto tumorale, nella strategia di trattamento conservativo del carcinoma mammario in stadio iniziale. In particolare, si propone di valutare l’efficacia di una nuova tecnica di brachiterapia in cui l’erogazione delle radiazioni avviene tramite un catetere con palloncino gonfiabile inserito nella sede del tumore al termine dell’intervento chirurgico e il suo collegamento con una sorgente di Iridio 192 (Applicatore MammositeTM). L’Obiettivo scientifico dello studio è di valutare l’efficacia della Partial Breast Irradiation con MammositeTM nell’ottenere il controllo locale del carcinoma mammario mantenendo al tempo stesso l’integrità corporea della paziente e rendendo più accessibile e meglio tollerabile il trattamento postoperatorio, attualmente gravato da lunghi tempi di esecuzione e, in alcune realtà, da lunghi mesi di attesa. End-point: valutare il tasso di recidive rispetto ai tassi storici della classica radioterapia in ambito QUART, il risultato cosmetico, gli effetti collaterali, le reazioni avverse e le sequele di tale tecnica. Aggregando i centri italiani che utilizzano questa procedura è auspicabile ottenere in tempi brevi dati sufficienti a migliorare la conoscenza scientifica e valutare l’impatto sulla qualità di vita di questo trattamento rispetto alla terapia standard. Studio multicentrico di fase II. Disegno dello studio 100 pazienti totali. Contributo della Unità: 10 pazienti/anno. E’ in corso la fase autorizzativa. 52 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Trial clinico: Carcinoma mammario a basso rischio di recidiva locale: irradiazione parziale mammaria accelerata con radioterapia conformazionale tridimensionale (3DCRT) vs. radioterapia standard, dopo chirurgia conservativa (Studio IRMA). Servizio di Radioterapia - Dr Gianpiero Catalano Valutare se l’impatto sul controllo locale di un trattamento radiante postoperatorio con modalità ipofrazionata e accelerata su un volume mammario parziale, in pazienti a basso rischio di recidiva sottoposte a chirurgia conservativa, risulti non inferiore rispetto ad un trattamento sulla intera mammella eseguito con frazionamento convenzionale. Il razionale alla base dello studio risiede nella evidenza di una maggiore incidenza delle recidive locali, dopo chirurgia conservativa, nel quadrante mammario sede della neoplasia primitiva, indipendentemente dal fatto che la paziente venga sottoposta o meno a radioterapia post-operatoria; di fatto, la storia naturale della malattia suggerisce che la ricomparsa della neoplasia al di fuori del quadrante interessato sia da considerarsi con maggiore probabilità come un secondo tumore piuttosto che una recidiva locale. Poiché il tasso di recidive insorte in un quadrante diverso da quello originario non differisce tra le pazienti sottoposte o meno a radioterapia, il reale effetto preventivo della radioterapia sulle microlesioni occulte tumorali eventualmente presenti al di fuori del quadrante originario appare dubbio. Numerose evidenze sperimentali supportano l’efficacia, in pazienti selezionati, di una tecnica radioterapica mirata ad ottenere la sterilizzazione del solo letto tumorale. In tal modo, è possibile diminuire il volume di irradiazione e, di conseguenza, il numero delle frazioni somministrate attraverso l’incremento della dose per frazione. L’aumento della dose per frazione e la diminuzione della durata del trattamento verrebbero così ottenuti con una prevedibile minor tossicità, oltre che con tutti i benefici in termini di “economia globale” e di logistica del trattamento stesso. Lo studio è multicentrico randomizzato di fase III. Disegno dello studio 3302 pazienti totali. Contributo della Unità: 20 pazienti/anno. E’ in corso la fase autorizzativa. 53 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio interno: Sviluppo di un programma di irradiazione parziale della mammella (PBI) con radioterapia intra-operatoria (IORT) nella strategia terapeutica conservativa del carcinoma mammario in stadio iniziale Servizio di Radioterapia - Dr Gianpiero Catalano Implementazione di un programma di IORT in ambito clinico. Valutazione della tossicità a breve e lungo termine, delle criticità, degli aspetti organizzativi, logistici, dosimetrici, nonché valutazione del rischio di recidive loco-regionali, rispetto a trattamenti convenzionali. Il razionale clinico si basa sulla evidenza di un’indicazione ad un trattamento limitato e parziale, in situazioni selezionate di neoplasia mammarie a minore rischio di recidiva loco-regionale e sistemica. La PBI si inserisce in questa filosofia, mirando a controllare la malattia tumorale a livello della sede iniziale e nelle immediate vicinanze, nelle sedi cioè a più elevato rischio di recidiva. La IORT è una tecnica che permette l’erogazione di una dose di radiazioni durante l’intervento chirurgico, subito dopo l’exeresi, direttamente sull’area anatomica nella quale risiedeva la neoplasia; nelle premesse radiobiologiche, la IORT dovrebbe permettere di migliorare l’efficacia dell’associazione tra chirurgia e RT. Infatti, l’effetto di una dose singola elevata ha un valore radiobiologico superiore rispetto alla stessa dose frazionata in modo convenzionale; inoltre la precocità dell’irradiazione e la precisa visualizzazione e delimitazione del letto operatorio dovrebbero migliorare il controllo locale della neoplasia a fronte di una tossicità comparabile o addirittura ridotta rispetto alla tecnica tradizionale di irradiazione a fasci esterni. Non sono previsti limiti al numero di pazienti includibili. I criteri di selezione e di arruolamento riguardano pazienti in età adulta, con malattia mammaria in stadio iniziale, suscettibili di una chirurgia conservativa sul volume mammario, per la quale sia indicato un trattamento radiante post-operatorio a titolo precauzionale. In tali pazienti, previa acquisizione di adeguato consenso, viene proposta la irradiazione intra-operatoria sul letto chirurgico (area della neoplasia primitiva) come sede a maggiore rischio di recidiva locale. Tale irradiazione, eseguita con Acceleratore Lineare dedicato, con emissione di fasci di elettroni ad alta energia, costituisce una parte della dose di radiazioni necessaria per garantire un accettabile rischio di recidiva locale. La restante parte della dose di radiazioni viene eseguita dopo l’intervento con tecnica standard (radioterapia conformazionale). In una fase successiva, come attuato in altre Istituzioni, è previsto che il trattamento IORT sostituisca in toto il trattamento postoperatorio. Il programma ha previsto l’implementazione della Unità con un Acceleratore Lineare dedicato; ad oggi è in corso la implementazione della apparecchiatura per la verifica della stabilità. 54 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio prospettico randomizzato di terapia sequenziale adiuvante o primaria nel carcinoma mammario operabile. UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi OBIETTIVO PRIMARIO: Testare il ruolo del paclitaxel vs la vinorelbina combinati con antracicline nei primi 4 cicli e della combinazione CMF vs paclitaxel negli ultimi 4 cicli di terapia. OBIETTIVI SECONDARI: Comparazione dei tre trattamenti previsti nelle tre braccia sperimentali dello studio per Sopravvivenza libera da recidiva (Relapse-Free Survival-RFS) Braccio B vs Braccio A RFS Braccio B vs Braccio C Nell’ambito di questo studio multicentrico sono stati globalmente arruolate 1355 pazienti con diagnosi di tumore alla mammella operabile. Le pazienti sono state randomizzate in 3 braccia: BRACCIO A: Intervento chirurgico seguito da terapia adiuvante con doxorubicina (75mg/m2) seguita da CMF. BRACCIO B: Intervento chirurgico seguito da terapia adiuvante con paclitaxel (200mg/m2) più doxorubicina (60mg/m2), indi CMF. BRACCIO C: Paclitaxel (200mg/m2) più doxorubicina (60mg/m2) seguito da CMF e alla fine intervento chirurgico. 55 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio Taxit 216 multicentrico randomizzato di terapia sequenziale epirubicina-CMF vs epirubicina-docetaxel-CMF come terapia adiuvante di carcinoma mammario in fase precoce con linfonodi ascellari positivi UO di Oncologia e Cure Palliative - Dott.ssa Ornella Gottardi OBIETTIVO PRIMARIO: Valutazione dell’efficacia e della tollerabilità del regime sequenziale contenente docetaxel OBIETTIVI SECONDARI: Valutazione comparativa dei trattamenti riguardo: • Tossicità • Sopravvivenza libera da malattia (Disease Free Survival-DFS) • Sopravvivenza libera da recidiva di malattia (Relapse Free Survival-RFS) • Tasso di sopravvivenza (Overall Survival-OS) La somministrazione sequenziale di antracicline seguita da CMF rappresenta il trattamento standard per il tumore alla mammella allo stato precoce con linfonodi positivi. L’aggiunta di docetaxel alla sequenza potrebbe aumentare l’efficacia dei singoli farmaci usati a dosaggi ottimali. La Casa di Cura Santa Maria partecipa allo studio che globalmente prevede il reclutamento di 972 secondo i seguenti criteri di inclusione: • Tumore alla mammella con linfonodi positivi alla diagnosi • Età >18 anni e <65 anni • Mastectomia o chirurgia conservativa della mammella con asportazione dei linfonodi ascellari (T1-3, N1, M0) • Intervento chirurgico completato 4-6 settimane prima della randomizzazione • LVEF normale. Le pazienti sono randomizzate in due braccia: BRACCIO A: trattamento con Epirubicina (120 mg/m2, d1 q21 d) e CMF (600/40/600 mg/m2, d1,8 q28 d) (E→CMF) BRACCIO B: Trattamento con trattamento con Epirubicina (120 mg/m2, d1 q21 d), Docetaxel (100 mg/m2, d1 q21 d) e CMF (600/40/600 mg/m2, d1,8 q28 d) (E→T→CMF) 56 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Efficacia e tollerabilità di trastuzumab alla dose di mantenimento di 1mg/kg/settimana vs la dose standard di 2mg/kg/settimana in combinazione con la chemioterapia nel tumore della mammella metastatico. Studio multicentrico di fase III (GIM7) UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi OBIETTIVO PRIMARIO: confrontare in termine di Progression Free Survival (PFS) l’efficacia del trastuzumab alla dose di mantenimento di 1mg/kg/settimana o 3mg/kg/trisettimanale vs la dose standard di 2mg/kg/settimana o di 6mg/kg/trisettimanale nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico HER2+ candidate ad una prima linea di trattamento con chemioterapia + trastuzumab OBIETTIVI SECONDARI: confrontare fra le due braccia di trattamento • il tasso di sopravvivenza (Overall Survival-OS) • il tasso di risposta (Overall Response Rate-ORR) • la tossicità • la cardiotossicità • la farmacocinetica. Il trastuzumab (anticorpo monoclonale diretto contro HER2) alla dose di 2mg/Kg/settimana (dose di mantenimento), in combinazione con il trattamento chemioterapico convenzionale rappresenta la prima linea nella terapia dei tumori metastatici della mammella che esprimono alti livelli della proteina HER2. A causa della lunga emivita di queste quantità del trastuzumab somministrato in multiple dosi, la minima concentrazione plasmatica ottenuta è circa 2.5-5 volte superiore alla quantità di farmaco considerata attiva nella terapia trisettimanale e 4-8 volte superiore nella terapia settimanale. E’ possibile che la somministrazione di trastuzumab ad una dose inferiore di quella attualmente prevista nei protocolli terapeutici possa essere efficace e presentare minori effettici tossici. Questo studio multicentrico di fase III prevede di reclutare globalmente 750 pazienti secondo i seguenti criteri di inclusione: • età >18 anni • ECOG performance status 0-1 • Diagnosi istologica di tumore alla mammella con evidenze di patologia ricorrente o metastatica. Le lesioni non dovrebbero essere curabili con terapia chirurgica o radiologica. • LVEF di base >50 misurata ecograficamente o mediante MUGA scan • Espressione di alti livelli di HERB2 • Indicazione al trattamento chemioterapico+Trastuzumab • E’ permessa una precedente terapia ormonale sia come adiuvante sia per la patologia metastatica • E’ permessa un precedente trattamento adiuvante e/neo-adiuvante • E’ permesso un precedente trattamento con Trastuzumab • Stima dell’aspettativa di vita di almeno12 settimane 57 • • • Adeguata funzionalità renale, epatica e del midollo osseo Firma del consenso informato Pazienti in età riproduttiva devono usare un trattamento contraccettivo quando appropriato (eccetto in caso di terapia ormonale sostitutiva) durante il periodo dello studio fino a 3 mesi dopo la fine del trattamento sperimentale. Le pazienti verranno randomizzate in due braccia: BRACCIO A (sperimentale): trastuzumab endovena alla dose di carico di 8mg/kg giorno 1 (regime trisettimanale) o 4mg/kg giorno 1 (regime settimanale), seguito da una dose di mantenimento di 1mg/kg/settimana o 3mg/kg/trisettimanale. BRACCIO B (di controllo): trastuzumab ev alla dose di carico di 8mg/kg giorno 1 (regime trisettimanale) o 4mg/kg giorno 1 (regime settimanale), seguito da una dose di mantenimento di 2mg/kg/settimana o 6mg/kg/trisettimanale. 58 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio randomizzato di chemioterapia precauzionale a basse dosi, dopo una chemioterapia standard, secondo regime metronomico a potenziale effetto anti angiogenesi, versus sola osservazione, in pazienti con carcinoma mammario con recettori estrogenici e progestinici negativi (Studio IBCSG 22-00) UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani Valutare l'efficacia di una chemioterapia a basse dosi, somministrata per os per un anno, dopo una chemioterapia standard, rispetto alla sola osservazione, in pazienti ad alto rischio di recidiva per le caratteristiche biologiche di malattia. L’interesse scientifico dello studio è rappresentato dall’ipotesi che una chemioterapia precauzionale prolungata possa rappresentare un vantaggio in donne con carcinoma mammario non suscettibile di un trattamento antiormonale per la assenza di espressione nel tumore primario di recettori sia estrogenici che progestinici I seguenti parametri sono analizzati z Sopravvivenza libera da malattia z Sopravvivenza globale z Sopravvivenza libera da malattia sistemica z Tossicità 59 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio randomizzato di dissezione ascellare verso osservazione, in pazienti con carcinoma mammario in fase precoce e micrometastasi nel linfonodo sentinella (Studio IBCSG 23-01) UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani Verificare il significato prognostico in relazione al trattamento chirurgico (biopsia del linfonodo sentinella verso dissezione ascellare). Saranno analizzati i seguenti parametri: • Sopravvivenza libera da malattia; • Sopravvivenza libera da malattia sistemica; • Complicazioni chirurgiche a breve e lungo termine; • Qualità di vita; • Incidenza di recidiva nell’ascella non operata; • Sede della prima recidiva L’interesse scientifico dello studio è rappresentato dalla ipotesi che la presenza di micrometastasi (≤ 2 mm) nel linfonodo sentinella non comprometta la sopravvivenza libera da malattia in caso di mancato svuotamento ascellare completo. I dati disponibili sul valore predittivo delle micrometastasi nell’insorgenza di ulteriori localizzazioni ascellari ed il significato prognostico in termini di sopravvivenza globale sono tuttora oggetto di studio e la presenza di micrometastasi a livello del linfonodo sentinella richiede tuttora, al di fuori di studi clinici randomizzati, un approccio chirurgico radicale. 60 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Aiutare se stesse per aiutare gli altri: studio sul tumore mammario nelle donne giovani. UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani Identificare in alcuni Istituti in Europa (Svizzera e Nord Italia) una coorte prospettica di giovani donne (età 40 o più giovani) con nuova diagnosi di tumore al seno per valutare una vasta gamma di variabili al momento della diagnosi e nei successivi 10 anni che consentano di caratterizzare la malattia e l’impatto psicosociale (ad esempio l’impatto globale del trattamento, problemi di fertilità e menopausa). Si tratta di uno studio longitudinale basato su un progetto sviluppato al Dana Farber Cancer Institute (DFCI) di Boston e attualmente in corso nel Massachussetts in una popolazione di donne con le stesse caratteristiche. L’obiettivo dello studio è identificare, nell’arco di tre anni, all’interno di Istituzioni selezionate dell’Italia settentrionale e della Svizzera, almeno 800 donne di età non superiore a quaranta anni, con prima diagnosi di carcinoma mammario, cui sottoporre periodicamente dei questionari per valutare i diversi aspetti medici e personali al momento della diagnosi e nel corso dei dieci anni successivi. E’ prevista la partecipazione di circa 300 donne. Lo studio si propone di caratterizzare questa popolazione alla diagnosi e di monitorarne l’andamento nel tempo con riferimento specifico agli aspetti medici della malattia e ai risvolti psico-sociali ad essa legati. Saranno analizzati gli aspetti riguardanti la malattia, inclusi i trattamenti antitumorali, così come le preoccupazioni delle pazienti circa la fertilità e i disturbi legati a un’eventuale menopausa precoce. I dati ottenuti con questo studio potranno aumentare le informazioni disponibili, consentendo di sviluppare interventi mirati per migliorare la qualità di vita di future pazienti e di donne già guarite da questa patologia. Le informazioni raccolte saranno anche d’aiuto al personale curante (medici, infermieri) nella complessa gestione delle giovani pazienti confrontate con questa malattia. 61 Terapia-Tumore polmonare Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: TAILORAIFA [TArceva Italian Lung Optimization tRial] Ottimizzazione di erlotinib per il trattamento di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule: uno studio italiano randomizzato UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi Scopo dello studio è la valutazione della possibilità di ottimizzare un trattamento di seconda linea nel tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) utilizzando marcatori biologici e clinici. Studio di fase III, italiano, multicentrico, in aperto, randomizzato per valutare l’efficacia di terapie di seconda linea in differenti sottogruppi di pazienti con NSCLC, definiti in base a valutazioni molecolari. Al fine di definire la popolazione appropriata per entrare nello studio, sono previste le seguenti 3 differenti fasi: Fase 1: Registrazione e raccolta dei campioni tissutali In questa fase sono presi in esame pazienti con NSCLC prima o durante una prima linea di chemioterapia a base di platino oppure pazienti ricaduti dopo una prima linea di chemioterapia adiuvante a base di platino saranno registrati, dopo aver fornito la propria disponibilità a fornire il materiale per le analisi molecolari. I campioni tissutali ed ematici saranno raccolti per effettuare le analisi genomiche ed immunoistochimiche al fine di identificare le caratteristiche molecolari del tumore. Fase 2: Randomizzazione delle terapie di seconda linea Alla progressione dopo la prima linea di trattamento, i pazienti con mutazioni EGFR 19-21 saranno trattati con erlotinib e seguiti in follow-up, mentre i pazienti senza mutazioni EGFR saranno randomizzati ad un trattamento consistente di: - erlotinib 150 mg/die fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile - docetaxel 75 mg/m2 il giorno 1 ogni 21 giorni (schedula ogni 3 settimane) o 35 mg/m2 i giorni 1, 8 e 15 ogni 28 giorni (schedula settimanale) fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile Fase 3: Valutazione clinica e ulteriori trattamenti Durante il trattamento e nel corso della fase di follow-up, la valutazione clinica dei pazienti sarà effettuata su base regolare, al fine di raccogliere i dati per confrontare l’efficacia e la sicurezza. In caso di ulteriore progressione, a giudizio dello sperimentatore, i pazienti potranno ricevere una terapia di terza linea standardizzata con pemetrexed, 500 mg/m2 il giorno 1 ogni 21 giorni supplementato da acido folico e vitamina B12, fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile. 62 Terapia-Tumori gastrointestinali Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Identificazione delle micrometastasi peritoneali da neoplasie del tratto gastro-enterico mediante laparoscopia diagnostica a fluorescenza Unità Operativa di Chirurgia Generale - Prof Angelo Benevento Lo studio permette di valutare: - Incidenza d’impianto peritoneale/pleurico di macro- e micro-metastasi da tumori maligni. - Ll’impianto preferenziale delle cellule neoplastiche nelle sierose: peritoneo pelvico, sottodiaframmatico, paracolico, mesenterico etc. -Ll’impianto preferenziale delle cellule neoplastiche in sede linfonodale locoregionale e non-locoregionale o a distanza (fegato, polmone, encefalo, ferita chirurgica), rispetto alla localizzazione celomatica. -Modalità (multifocale o unico) d’impianto delle cellule neoplastiche in quelle sierose. - Relazione tra la sede del tumore primitivo la sede di impianto delle cellule tumorali (cinetica della esfoliazione tumorale). I dati più recenti della letteratura dimostrano che i tumori polmonari maligni e quelli del tratto gastro-enterico rappresentano le neoplasie più frequenti in assoluto. In particolare il carcinoma del polmone e del colon-retto rappresentano rispettivamente la prima e la seconda causa di morte per cancro nel sesso maschile; mentre nella donna tali tumori sono secondi solo al carcinoma mammario. La presenza di carcinosi peritoneale e/o pleurica rende l’intervento chirurgico un atto esclusivamente palliativo e/o, allorché indicato, citoriduttivo. Nonostante i notevoli progressi ottenuti nel campo della diagnostica e della stadiazione pre-operatoria mediante tecniche di “imaging” sempre più sofisticate e precise (es. Ecografia, Eco-Endoscopia, Tomografia Computerizzata spirale, Risonanza Magnetica Nucleare, Tomografia ad Emissione di Positroni, Scintigrafia etc.), numerosi studi hanno dimostrato che, per la maggior parte delle neoplasie del tratto gastroenterico e respiratorio, esiste una significativa “disparità”, tra i risultati dei suddetti accertamenti ed il riscontro clinico intra-operatorio, soprattutto per quel che riguarda l’identificazione di depositi peritoneali. La natura microscopica delle lesioni pleuriche e/o peritoneali e l’impossibilità pratica alla loro identificazione pre-operatoria, determina l’esecuzione di un certo numero di così dette laparotomie/toracotomie “non terapeutiche”, che sono pur sempre gravate da un certo numero di complicanze post-operatorie e possono determinare un non irrilevante grado di stress psichico, in pazienti affetti da neoplasie allo stadio avanzato. L’impiego della laparoscopia e della toracoscopia diagnostica per lo staging pre-operatorio di numerose neoplasie, sia gastro-intestinali che polmonari, è andato progressivamente aumentando nel corso degli anni. Per tale motivo Herfarth e collaboratori hanno proposto l’impiego della laparoscopia a fluorescenza per 63 l’identificazione delle micro-metastasi peritoneali “invisibili” con tecnica tradizionale. La laparoscopia a fluorescenza si basa sulla somministrazione sistemica o locale, intraperitoneale, di una sostanza non fluorescente, l’acido δ-amminolevulenico (ALA), che costituisce il precursore naturale della protoporfirina IX (PpIX), prodotto terminale della sintesi dell’EME. Quando l’ALA viene somministrata per via sistemica o locale, determina, mediante un meccanismo di inibizione del suo metabolismo, un accumulo intra-cellulare di PpIX. E’ stato dimostrato che tale fenomeno si verifica prevalentemente nelle cellule a rapida divisione, come quelle neoplastiche che, osservate mediante una speciale luce dotata di una lunghezza d’onda pari a 400nm, appaiono tipicamente fluorescenti di un color “rosso vivo”. Lo studio si propone di valutare l’efficienza della laparoscopia e della toracoscopia diagnostica a fluorescenza nell’identificazione di depositi tumorali peritoneali e pleurici microscopici, nei pazienti affetti da neoplasie dell’apparato gastro-intestinale e respiratorio. 64 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio multicentrico randomizzato di fase III di chemioterapia preoperatoria con 5-Fluorouracile infusionale (5FU) vs 5FU + oxaliplatino in combinazione con radioterapia pelvica nel carcinoma del retto localmente avanzato UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi OBIETTIVO PRIMARIO: Confrontare la sopravvivenza globale tra i pazienti trattati con 5-FU e quelli con 5-FU+Oxaliplatino in associazione a radioterapia pelvica standard. OBIETTIVI SECONDARI: Confrontare i due bracci di trattamento per: • Tassi di risposte patologiche complete (pCR’s) • Sopravvivenza libera da malattia • Tassi di down-staging patologico (yp T0-T2N0) e di resezioni R0 • Percentuali di interventi di salvataggio sfinteriale • Tossicità: tossicità acuta, complicanze chirurgiche nel primo mese dopo l’intervento, compliance al trattamento e tossicità tardiva Nell’ambito di questo studio multicentrico randomizzato di fase III sono globalmente arruolati 690 pazienti selezionati secondo i seguenti criteri di inclusione: • Pazienti con diagnosi confermata istologicamente di adenocarcinoma localmente avanzato (stadio clinico II-III: cN+ e/o cT3-cT4) candidati ad un trattamento combinato chemioradioterapico preoperatorio. • Tumore resecabile sulla base della valutazione clinica: resezione R0 altamente probabile (tumori fissi/infiltranti la parete pelvica, la prostata o la vescica sono considerati non resecabili in quanto una resezione R0 non può essere ottenuta) • Pazienti considerati localmente avanzati all’ecografia rettale e/o TAC pelvica: neoplasia penetrante nel grasso perirettale; linfonodi perirettali >5mm. • Assenza di metastasi a distanza • Età >18 e <75 anni. • Pazienti ambulatoriali con ECOG PS 0-2 • Funzionalità epatica, renale ed emopoietica nella norma • Volontà di rispettare il protocollo e follow up come programmato • Consenso informato scritto I pazienti sono randomizzati in due braccia: BRACCIO A: di controllo. 5-FU 225mg/m2/die in infusione continua consecutivamente per 5.5 settimane dal primo all’ultimo giorno di trattamento radioterapico più radioterapia 50.4 Gy totali somministrati in 28 frazioni distribuite in un periodo di 5.5 settimane (dose giornaliera 1.8 Gy). BRACCIO B: sperimentale: Oxaliplatino somministrato in 2h alla dose di 65 60mg/m2/settimana nel primo giorno di ogni settimana di FU infusionale per l’intera durata della radioterapia. In aggiunta, 5-FU 225mg/m2/die in infusione continua consecutivamente per 5.5 settimane dal primo all’ultimo giorno di trattamento radioterapico più radioterapia 50.4 Gy totali somministrati in 28 frazioni distribuite in un periodo di 5.5 settimane (dose giornaliera 1.8 Gy). 66 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio PETACC-3 multicentrico randomizzato di fase III di terapia infusionale con Fluorouracile/acido folinico (5FU/FA) vs 5FU/FA + irinotecan nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon in stadio III UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi OBIETTIVO PRIMARIO: Confronto del tasso di sopravvivenza libera da malattia (Disease Free Survival-DFS) nei due gruppi di studio, in pazienti con tumore del colon allo stadio III trattato con il regime terapeutico LV5-FU2 (regime de Gramont) OBIETTIVI SECONDARI: Valutare • Tasso di sopravvivenza libera da ricaduta (Relapse Free Survival-RFS) nei due gruppi di studio in pazienti con tumore del colon allo stadio III trattato con il regime terapeutico LV5-FU2 (regime de Gramont) • DFS cumulativo nei pazienti con tumore del colon di stadio III trattati con regime de Gramont e AIO. • DFS cumulativo in pazienti con tumore del colon di grado II e III • Tasso di sopravvivenza (Overall Survival-OS) • Tossicità • Tasso di sopravvivenza aggiustato per qualità di vita dei pazienti in ciascun braccio di trattamento (analisi Q-TWiST) Il regime terapeutico IF (irinotecano/5-FU/FA) si è dimostrato efficace nel prolungare il tasso di sopravvivenza in pazienti con tumore metastatico del colon-retto. Lo studio PETACC-3 è un trial multicentrico internazionale randomizzato di fase III per il quale sono globalmente arruolati 2094 pazienti con tumore del colon-retto di stadio II e III. I pazienti sono stati randomizzati in due braccia: BRACCIO A: IF o F per 6 mesi + irinotecano 180mg/m2 q2 (protocollo de Gramont). BRACCIO B: IF o F per 6 mesi + irinotecano 80mg/m2 settimanalmente (protocollo AIO). 67 Titolo: Studio randomizzato per valutare la durata del trattamento con il regime FOLFOX-4 (3 verso 6 mesi) +/- bevacizumab come terapia adiuvante per pazienti con tumore del colon in stadio II ad alto rischio/III (TOSCA) Unità Operativa: UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi Obiettivi: OBIETTIVO PRIMARIO: valutare se il regime FOLFOX-4 condotto per 3 mesi (6 somministrazioni) è in grado di ottenere una sopravvivenza libera da ricaduta (RFS) non inferiore a quella ottenibile con FOLFOX-4 per 6 mesi in pazienti affetti da tumore del colon in stadio II ad alto rischio/III operato radicalmente 2) valutare se il Bevacizumab associato al regime FOLFOX-4 è superiore alla sola chemioterapia con FOLFOX-4 in termini di RFS in pazienti affetti da carcinoma del colon in stadio III ad alto rischio (T4, N+, M0 - ogni T, N2, M0). OBIETTIVI SECONDARI: • • • Descrizione Valutare se il regime FOLFOX-4 condotto per 3 mesi (6 somministrazioni) è in grado di ottenere una sopravvivenza globale (OS) non inferiore a quella ottenibile con FOLFOX-4 per 6 mesi (12 somministrazioni) in pazienti affetti da tumore del colon in stadio II ad alto rischio/III operato radicalmente. Valutare se il Bevacizumab associato al regime FOLFOX-4 è superiore alla sola chemioterapia con FOLFOX-4 in termini di OS in pazienti affetti da carcinoma del colon in stadio III ad alto rischio (T4, N+, M0 - ogni T, N2, M0). Valutare il profilo di sicurezza dei trattamenti in studio. Questo protocollo consiste in due studi indipendenti tra loro che seguono differenti schemi di randomizzazione e specifici criteri di eleggibilità, definiti” studio di durata” e “studio BEV”. Il paziente che viene randomizzato nello studio di durata, se soddisfa i criteri di eleggibilità per lo studio BEV, potrà essere randomizzato a ricevere o non ricevere Bevacizumab in aggiunta alla chemioterapia con FOLFOX-4. Essendo entrambi gli studi in aperto, l’assegnazione al trattamento non è in cieco. Randomizzato, in aperto, di fase III, multicentrico con l’obiettivo di ottimizzare la durata del trattamento con il regime FOLFOX-4, mediante confronto dell’efficacia e della tollerabilità del regime FOLFOX-4 somministrato per 3 mesi vs la stessa terapia per 6 mesi nel trattamento adiuvante in pazienti radicalmente operati per carcinoma del colon in stadio II ad alto rischio/III. Lo schema di trattamento per lo studio di durata prevede: 68 Braccio A: (FOLFOX-4 x 3 mesi) Oxaliplatino, leucovorin, 5-fluorouracile Braccio B: (FOLFOX-4 x 6 mesi) Oxaliplatino, leucovorin, 5-fluorouracile La chemioterapia FOLFOX-4 verrà somministrata sia per 3 mesi per un totale di 6 cicli (braccio A) o per 6 mesi per un totale di 12 cicli (braccio B) Verrà applicata una randomizzazione di 1: 1 (3 mesi FOLFOX-4: 6 mesi FOLFOX-4). I pazienti saranno seguiti per la valutazione dell’insorgenza di recidive/nuove insorgenze di tumore del colon e per la sopravvivenza fino alla fine del periodo di follow-up previsto dal protocollo. Dopo l’arruolamento dell’ultimo caso, il periodo di osservazione dei pazienti in studio terminerà al raggiungimento del numero richiesto di eventi. Una volta randomizzati per lo studio di durata, i pazienti che rientrano nei criteri di esigibilità dello studio BEV saranno randomizzati per ricevere o meno il trattamento con Bevacizumab. Nel corso della sperimentazione, un Comitato di valutazione indipendente (DSMC) informerà lo Steering Committee sull’efficacia e la sicurezza dei trattamenti in studio. 69 Terapia:Tumore urologici Titolo: Diagnosi e terapie innovative per il tumore vescicale Unità Operativa: UO di Urologia-Dr Giancarlo Comeri Obiettivi: Implementazione di nuove tecniche chirurgiche per la terapia del tumore vescicale con particolare attenzione al paziente compromesso o molto anziano. Descrizione: Una delle patologie neoplastihea più ricorrenti nel nostro Centro è quella vescicale (con oltre 300 casi trattati nel triennio), con estrema prevalenza delle forme superficiali rispetto a quelle infiltranti. La resezione endoscopica è perseguita con intento terapeutico radicale tutte le volte che è possibile e con intento palliativo nelle forme infiltranti in età avanzata o in presenza di comorbidità importanti, lasciando gli interventi più invasivi di cistectomia radicale, con le varie derivazione urinarie di volta in volta più indicate, alle forme infiltranti che si manifestano in soggetti più giovani. La morbilità è discreta, in linea con quella riportata in letteratura per questo tipo di interventi, ma la mortalità immediata è assente, a conferma della accuratezza delle indicazioni. Da sottolineare come il ricorso a soluzioni chirurgiche particolari, come la “nerve and seminal sparing” con ileocapsulectomia post cistectomia radicale, realizzata da noi e in pochi altri centri di eccellenza, consenta ai nostri pazienti il risparmio delle funzioni di continenza e sessualità che normalmente vanno perdute con gli interventi radicali classici, senza aggiunta di rischi dal lato oncologico. Per le forme infiltranti che si manifestano in soggetti compromessi o molto anziani si sta avviando un trial pilota con l’utilizzo della RT intraoperatoria (IORT), resasi disponibile nel corso di quest’anno nel nostro blocco operatorio. La stessa IORT, sulla scorta di contatti con l’Istituto Tumori di Roma, dove è attivato un protocollo per l’irradiazione intra-operatoria delle forme neoplastiche prostatiche localmente avanzate sottoposte a prostatectomia radicale a cielo aperto, ci consentirà di essere partners in questa ricerca clinica di estremo interesse per il controllo di questi casi clinici particolarmente complessi che attualmente, come da Linee Guida Internazionali e nazionali, vengono avviati alla RT complementare a fasci esterni nel post-operatorio, con qualche problema. Le forme di carcinoma vescicale superficiali che vengono sottoposte ad intervento conservativo endoscopico (TURBT) sono seguite meticolosamente nel tempo, a livello ambulatoriale, all’interno di protocolli attivati da molti anni e aggiornati annualmente sulla scorta delle linee guida internazionali (EAU e AUA) e che prevedono la terapia endovescicale con chemioterapici o con BCG, con controlli strumentali puntuali a scadenza predeterminata fino a 10 anni dall’esordio. La diagnostica citologica è resa più fine dal ricorso alla diagnostica molecolare 70 di cui si è dotato da tempo il nostro dipartimento di ricerca in collaborazione con il servizio di laboratorio funzionante con struttura dipartimentale a Milano. E’ infine in via di acquisizione per la nostra UO la diagnostica endoscopica in immunofluorescenza (PDD), metodica che consente anche la realizzazione di interventi di resezione trans uretrale più radicali per la possibilità data dalla PDD di individuare neoformazioni invisibili con la normale luce bianca.( + 25% di accuratezza). 71 Titolo: Diagnosi e terapie innovative per il tumore prostatico Unità Operativa: UO di Urologia-Dr Giancarlo Comeri Obiettivi: Introduzione di metodiche innovative di screening e terapia del tumore prostatico Descrizione: Un’attenzione del tutto particolare è riservata nella nostra UO alla diagnostica ed alla terapia del carcinoma prostatico, nell’intento di pervenire sì ad una diagnosi sempre più precoce ma nella differenziazione delle forme che possono beneficiare di interventi sempre meno invasivi onde preservare al massimo la qualità della vita dei soggetti interessati. L’ecografo oggi in dotazione alla UO consente uno studio accurato della prostata e un’attività bioptica di ottimo livello, essendo uno degli aiuti che praticano tale attività fra gli estensori delle linee guida italiane sulla biopsia prostatica, ma è in arrivo un ecografo ancora più aggiornato che supporta l’”Histoscanning”, nuovissima procedura che consente di distinguere ecograficamente con buona attendibilità il tessuto prostatico sano da quello tumorale. La nostra è una casistica discreta, con circa 220 biopsie ogni anno, e con una “detection rate” fra le più alte di quelle riportate in letteratura, superiore al 40% delle biopsie effettuate. L’analisi istologica del materiale bioptico, prelevato da paziente in maniera indolore, mediante anestesia locale + analgesia per via endovenosa, viene effettuata con una procedura ultra rapida dal nostro Servizio di Anatomia Patologica. Questa procedura consente la refertazione del risultato in poche ore ed il referto viene consegnato al paziente prima della dimissione. E sempre allo scopo di ottimizzare le biopsie, è stato introdotto da noi il primo test genetico (PCA3) sull’urina emessa dopo massaggio prostatico, praticato in soli altri 4 centri nel nostro Paese, che consente fra l’altro di escludere dalla procedura della biopsia, che riserva anche aspetti di rischio per il paziente, circa il 35% dei soggetti che, sulla semplice scorta del PSA e dei suoi derivati, andrebbero incontro a biopsia. Si sta valutando inoltre il valore del PCA3 nel pronosticare l’aggressività del cancro a diagnosi acquisita, aprendo la strada ad una più accurata selezione dei pazienti suscettibili di “sorveglianza attiva” piuttosto che di terapia focale. Un aspetto del tutto innovativo del Ca prostatico è, infatti, la possibilità di trattare i focolai unici o la sola “Index lesion”, vale a dire il tumore più voluminoso e significativo in caso di multifocalità, garantendo l’integrità funzionale del paziente dopo il trattamento, senza pregiudicare ulteriori trattamenti qualora negli anni successivi se ne ravvisi la necessità. A questo proposito l’utilizzo nel nostro centro dell’HIFU (Ultrasuoni Focalizzati ad alta Intensità), a fianco della terapia chirurgica radicale e della RT a fasci esterni, costituisce un valore aggiunto non solo per le forme che si manifestano in pazienti anziani o compromessi per altre patologie concomitanti, ma anche per le recidive dopo RT o chirurgia radicali con 72 risultati molto buoni, minimizzando le complicanze appannaggio di altri tipi di intervento. Le ultime ricerche nel campo della “terapia focale” assegnano un ruolo di primaria importanza all’HIFU e su questa strada ci siamo già avviati. Le indicazioni all’utilizzo dell’HIFU sono: Carcinoma prostatico confinato alla ghiandola o localmente avanzato. Età > ai 70 anni. Età anche inferiore ai 70 anni in presenza di comorbidità importanti. Ripresa locale di malattia accertabile con ECO TR dopo RT o Prostatectomia radicale. Rifiuto da parte del paziente degli altri trattamenti previsti dalle linee guida internazionali (RT, Prostatectomia Radicale, Sorveglianza Attiva). Allorché il paziente denunci disturbi delle basse vie urinarie (LUTS) prima dell’intervento o quando comunque il flusso massimo determinato con la flussometria sia inferiore ai valori normali minimi è preferibile, soprattutto se è previsto un trattamento esteso ai 2 lobi, una vaporizzazione prostatica con Laser Greenlight prima dell’intervento che può essere effettuata nella stessa seduta. La durata dell’intervento dipende dall’estensione del trattamento e può variare dai 90’ ai 150’. Nel caso di trattamento PVP nella stessa seduta va previsto un allungamento dei tempi operatori di 1 ora circa. Le statistiche sul trattamento del Ca prostatico con HIFU, cioè con termoablazione dell’intera ghiandola in soggetti non precedentemente trattati con intento radicale (RT o RRP), sono sovrapponibili, a 8 anni di follow-up, con le migliori statistiche della Radioterapia esterna. Connesso con la necessità di selezionare quei quadri patologici che maggiormente si prestano ad una terapia focale del carcinoma prostatico (focolai significativi limitati ad un solo lobo della prostata) è stata richiesto un aggiornamento della RMN in quanto gli sviluppi più avanzati della diagnostica per immagini sono stati ottenuti con la RMN con bobina endorettale cui è possibile associare una serie di software fra cui la spettroscopia con 11-Colina, particolarmente utile per localizzare il tumore. Bobina e spettroscopia sono in via di acquisizione. La chirurgia radicale prostatica viene da sempre attuata, nel rispetto delle linee guida internazionali, con risultati in linea con quello dei migliori Centri, anche se negli ultimi 2 anni ha visto una certa contrazione del numero degli operati in concomitanza con l’avvio dell’utilizzo dell’HIFU. Nella prospettiva di migliorare i risultati ottenuti con la RT complementare postoperatoria, abbiamo contatti con l’Istituto Tumori di Roma, dove è attivato un protocollo per l’irradiazione intraoperatoria (IORT) delle forme neoplastiche prostatiche localmente avanzate sottoposte a prostatectomia radicale a cielo aperto, nell’ottica di partecipare con la nostra IORT a questa 73 ricerca clinica di estremo interesse per il controllo di queste forme senza i danni collaterali della RT tradizionale. Recentemente è stata iniziata una ricerca denominata “PROSTATEST” sui pazienti giunti nel nostro laboratorio per eseguire lo PSA o ricoverati per eseguire la biopsia prostatica in collaborazione con il gruppo della Dott.ssa Albini e avente come obiettivi: l’identificazione di indicatori precoci di tumore prostatico, la quantificazione nel siero della concentrazione di Citochine coinvolte nell’infiammazione e la descrizione del coinvolgimento delle cellule dell’immunità nella formazione e progressione del tumore prostatico. Tale ricerca è tuttora in corso e ad oggi sono stati raccolti > 280 sieri di degenti e > 460 sieri tra gli utenti dell’ambulatorio dell’UO. 74 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Diagnosi e terapie innovative delle neoplasie renali e dell’apparato genito-urinario maschile UO di Urologia-Dr Giancarlo Comeri Tecniche innovative di terapia delle patologie oncologiche renali e dell’apparato genito-urinario maschile L’altro grande capitolo della patologia oncologica urologica è costituito dalle Neoplasie Renali, con l’adenocarcinoma a cellule chiare che ne costituisce la forma più ricorrente. Lo sviluppo di molecole molto interessanti per la “targeted therapy” di queste forme, che fino a pochissimi anni fa erano considerate non responsiva alla chemioterapia, ha aperto nuovi interessanti scenari per la ricerca traslazionale e clinica. La collaborazione molto stretta con i nostri Oncologi favorisce il ricorso a tali terapie ogni volta che la discussione collegiale dei casi ne faccia emergere l’indicazione. A livello chirurgico si è assistito negli ultimi 15 anni al passaggio dalla terapia radicale a quella conservativa (enucleo-resezioni) grazie ai progressi nella diagnosi precoce, affidata oggi esclusivamente alla diagnostica per immagini nell’attesa di qualche marcatore serico di cui si sente la mancanza. Su questa strada della terapia “nephron sparing” ci siamo avviati fin dalla fine degli anni ‘90, allorché tale modalità di trattamento conservativo suscitava qualche perplessità, oggi fugata dai risultati. Almeno il 50% dei casi di tumore renale visti e trattati nella nostra UO negli ultimi 3 anni (10 per anno in media), si sono avvalsi di questa modalità di terapia conservativa di enucleo-resezione dei tumori non eccedenti i 4 cm di diametro, senza recidive. Ma negli ultimi tempi viene sempre più alla ribalta la possibilità di trattare addirittura per via percutanea, con crioterapia o con Radiofrequenza, le lesioni renali circoscritte. I risultati sembrano sovrapponibili a quelli ottenibili con la chirurgia conservativa per cui nella nostra U.O. ci si è orientati, anche in questo campo, ad attuare la crioablazione percutanea delle piccole masse neoplastiche renali sotto guida TC, grazie alla collaborazione del servizio di Radiologia, come forma di terapia mininvasiva altamente innovativa. L’approccio infine ai tumori del testicolo e del pene seguono i dettami delle linee guida internazionali, affidando alla chirurgia tradizionale affiancata dalla RT e dalla Chemioterapia la possibilità di successo che è aumentata in questi anni grazie soprattutto ai progressi della ricerca in campo oncologico. 75 Terapia-Altri tumori Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Angiogenesi tumorale ed infiammazione come bersagli terapeutici nei tumori oculari Laboratorio Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini • Studiare il ruolo del microambiente tumorale sulla patogenesi e la progressione dei tumori oculari con particolare attenzione alla neovascolarizzazione tumorale e all’infiammazione. • Valutare in vitro e in vivo l’efficacia di molecole anti-angiogeniche e anti-infiammatorie. Le neoplasie oculari quali il melanoma uveale e il retinoblastoma hanno un effetto devastante sulla vista. Il melanoma del tratto uveale è il tumore oculare più diffuso nell’adulto con 7 nuovi casi annui per milione di abitanti. Questa neoplasia, con caratteristiche altamente maligne, tende a metastatizzare al livello epatico con prognosi infausta per i pazienti. Sebbene siano in atto numerosi sforzi per trovare una terapia adeguata, ancora oggi il 30% dei pazienti sviluppa mestatasi entro il decimo anno dalla cura del tumore primario intraoculare. Il retinoblastoma è il tumore oculare pediatrico più diffuso e colpisce 1 bambino ogni 15000-20000 nati vivi. Sebbene il tumore sia causato dalla mutazione genica di RB, il microambiente potrebbe avere un ruolo fondamentale nella progressione tumorale e nella disseminazione metastatica. Queste due neoplasie hanno catturato il nostro interesse a causa della loro elevata vascolarizzazione e quindi risultano essere bersagli promettenti per composti anti-angiogenici. Il nostro obiettivo è stato quello di definire il ruolo dell’angiogenesi e dell’infiammazione attraverso modelli murini, cellulari e campioni umani. Mediante modelli in vivo ed in vitro abbiamo valutato i pathway cellulari e molecolari coinvolti nell’escape tumorale al fine di identificare nuovi composti in grado di inibire il processo di proliferazione e disseminazione delle cellule tumorali; in particolare lo studio effettuato utilizzando come molecole chemiopreventive 4-HPR (retinoide sintetico) e CDDO-Me (triterpenoide) ha fornito risultati promettenti per eventuali applicazioni in clinica. Inoltre abbiamo dimostrato che l’insulin-like growth factor 1 (IGF-1), responsabile della sopravvivenza delle cellule umane di retinoblastoma, non è in grado di garantire la sopravvivenza delle stesse in presenza di 4-HPR. Per valutare come il microambiente tumorale possa essere un target per il controllo della crescita tumorale, si è proceduto con un approccio di terapia genica usando una potente citochina TH1, associata ad una forte attività anti-angiogenica, l’Interleuchina 12 (IL12). Il trasferimento di IL12 in cellule murine 99E1 di tumore oculare, pur non avendo effetti sulla crescita in vitro, ha portato ad un blocco della crescita dei tumori vascolarizzati in vivo, senza evidenti segni di tossicità. L’analisi 76 istologica ha rivelato una maggiore crescita tumorale invasiva ed angiogenica nei controlli rispetto ai trattati con IL12, i quali hanno mostrano una crescita poco vascolarizzata, a conferma dell’effetto anti-angiogenico della molecola in questione. Prevediamo inoltre di individuare nuovi agenti terapeutici che abbiano come target il microambiente tumorale e che inducano una ridotta tossicità a livello sistemico. Nell’evoluzione futura della terapia oncologica lo sviluppo di protocolli che prevedano la combinazione di terapie convenzionali con tecniche innovative di trasferimento genico di molecole antiangiogeniche e/o immunostimolanti, potrà prevenire con effetto sinergico il rischio di recidive della malattia, con una notevole ricaduta economica sulla spesa pubblica, con l’ambizione e la speranza di ottenere esiti ancor più positivi e incoraggianti nel trattamento e nella cura del cancro. Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Neoangiogenesi nell’epatoma ed in altri tumori: approcci terapeutici innovativi di targeting dei precursori endoteliali Laboratorio di Oncologica Molecolare-Prof. Cesare Peschle Caratterizzazione e sviluppo di nuovi approcci terapeutici basati sull’inibizione dell’espressione di alcuni micro-RNA da parte dei precursori delle cellule endoteliali, modificando l’espressione dei rispettivi geni bersaglio e delle loro relative proteine potenzialmente importanti nella promozione dell’angiogenesi tumorale. Micro-RNA sono corte sequenze di RNA non codificante che regolano l’espressione genica mediante repressione della traslazione. In colture eritropoietiche di cellule progenitrici CD34+ del cordone ombelicale, il livello di miR-221 e 222 e’ gradualmente e bruscamente ridotto. Questo declino promuoverebbe l’eritropoiesi sbloccando l’espressione di proteine con un ruolo funzionale chiave: nello specifico, miR-221 e 222 sono diretti verso il recettore di c-kit che gioca un ruolo fondamentale nella proliferazione, differenziamento e sopravvivenza dei precursori eritropoietici. Inoltre, miR221 e 222 modulano le proprieta’ angiogeniche delle cellule HUVEC andando a colpire l’espressione di c-kit e le proprieta’ angiogeniche del suo ligando, lo Stem Cell Factor. E’ stato anche dimostrato da analisi bioinformatiche che altri fattori chiave del processo neoangiogenico, quali il corecettore Nrp, Tie2, KDR e Flt1, sono bersagli di questa stessa classe di micro-RNA. Questo lavoro si propone quindi lo studio dell’espressione di questi micro-RNA al fine di sviluppare approcci terapeutici innovativi diretti verso i precursori endoteliali. 77 Studio di approcci diagnostici e terapeutici innovativi Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Creazione di un Sito certificato GMP per la produzione di linee cellulari autologhe Sito di Produzione Terapie Avanzate-Officina Farmaceutica-Dott.ssa Liliana DiCiano Produrre linee cellulari con un processo di produzione identificabile, ripetibile e riproducibile nel tempo, in una struttura GMP Premesse Il mondo scientifico ha dimostrato negli ultimi anni una crescente consapevolezza per i temi della qualità del materiale biologico utilizzato in laboratorio e delle linee cellulari stabilizzate, anche perché é sempre più indispensabile documentare la qualità dei materiali che sono alla base dei dati scientifici: le riviste scientifiche hanno, infatti, intrapreso una politica di selezione dei lavori anche in funzione di tale parametro. Per questa ragione alla domanda di authentication (certificazione in termini di identità e assenza di contaminazioni) del materiale utilizzato nell'ambito della ricerca biomedica, MultiMedica ha risposto con la creazione di un Centro a contaminazione controllata, dove le linee cellulari, importante strumento di lavoro nella ricerca medica garantiscono al ricercatore l’accesso a materiali sicuri e con la garanzia costante che il materiale oggetto della sua ricerca è correttamente identificato rintracciabile e libero da contaminazioni. In quest’ambito il laboratorio GMP svolge diverse attività: servizio di produzione - per i ricercatori dell'istituto, per le unità Operative del Policlinico IRCCS di MultiMedica e in prospettiva per conto terzi - di cellule e vettori clinical grade per uso in vivo. Al servizio di produzione si affianca un servizio di controllo di qualità per il monitoraggio continuo delle colture in termini di efficacia e sicurezza. Dopo una fase iniziata nel settembre 2006 sono continuati nel corso del 2007 e 2008 i grandi investimenti rivolti alla realizzazione di un Centro GMP per la coltura, espansione, tipizzazione e controllo di qualità di materiale cellulare per re-infusione in vivo. Razionale La possibilità di isolare, coltivare, espandere, differenziare, manipolare in vitro cellule umane è una grande risorsa per lo sviluppo di terapie efficaci per la cura di malattie croniche. La terapia cellulare implica una fase di ricerca (di base e pre-clinica), che rientra nel ruolo istituzionale di un Ente di ricerca, ma implica anche la reinfusione / trapianto di cellule, che diventano un farmaco a tutti gli effetti; questo impone di operare nel rispetto di norme proprie della gestione industriale di processi produttivi, sia dal punto di vista organizzativo (Sistema Qualità) che della sicurezza del prodotto (GMP). Per raggiungere l’obiettivo di fornire un servizio (all’interno di Multimedica e in prospettiva anche ad utenti esterni) conforme a queste norme, è necessario tenere sotto controllo le diverse fasi dell’allestimento e della gestione 78 dell’area GMP, a partire dalla costruzione, regolata dalla Norma UNI ENV 1631 (Progettazione, costruzione e funzionamento delle camere sterili e dei dispositivi di depurazione dell’aria, 1998). Fondamentali sono poi il controllo della struttura (convalida del sistema di areazione, delle procedure di taratura degli strumenti, di conteggio delle particelle in assenza e in presenza del personale, di smaltimento dei rifiuti, ecc.), l’addestramento del personale e il controllo del processo (monitoraggio biologico, verifica dell’identità e dell’efficacia del materiale, valutazione di eventuali contaminazioni da microrganismi, ecc.). L’ applicazione delle Direttive 2004/23/CE, 2006/17/CE e 2006/86/CE consentono al Laboratorio di essere all’avanguardia per quanto riguarda le norme di qualità e sicurezza per l’approvvigionamento, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane nonché per il rispetto delle norme tecniche per il trattamento di tessuti e cellule umane ed infine per le prescrizioni relative alla rintracciabilità di tutti i materiali impiegati. Una struttura di questo tipo è anche in grado di collaborare con il ricercatore nella stesura della documentazione per i protocolli clinici di terapia cellulare valutando insieme il rischio beneficio per i pazienti ai quali è rivolta la terapia. Per realizzare l’obbiettivo finale si sono dovuti attivare dei processi che sono ancora in corso. A) Primo importante step è stato quello di accogliere la 1° Visita Ispettiva da parte degli Ispettori di AIFA e dell’ISTITUTO SUPERIORE DELLA SANITA.’ La visita si è svolta nei giorni del 14 15 1 6 Luglio 2008 A fronte di alcune deviazioni riscontrate si sono attivate una serie di correttivi da implementare. B) Si è continuata la convalida degli ambienti e si è proceduto a realizzare i relativi Protocolli e Rapporti di convalida. C) Si è continuato a realizzare i relativi Protocolli e Rapporti di Convalida di Produzione. D) Sono stati definiti i protocolli di base ed alternativi per le colture cellulari di Fibroblasti e di Condrociti e di Mesenchimali da Adipociti. Sono in via di definizione i protocolli per i Cheratinociti E) Sono state isolate e coltivate cellule da tessuto cartilagineo ( n campioni 11 ); da epidermide ( n campioni 15 dai quali sono stati derivati 15 campioni di fibroblasti e 7 di Cheratinociti ) e da tessuto adiposo ( n campioni 10 ) propedeutici al consolidamento dei Processi produttivi per l’Officina di produzione F) E’ stato creato il protocollo per isolare e produrre dei Miociti cardiaci da tessuto adulto proveniente da diversi distretti cardiaci ( Sono state ricavate cellule da 10 campioni in particolare da 6 auricole cardiache 2 ventricoli 1 79 setto interstiziale 1 setto intraventricolare ). G) Sono state attivate delle colture cellulari provenienti da muscoli addominali per poterne testare la capacità riproduttiva su scaffold utilizzati nella riparazione delle ernie al fine di creare delle matrici biologiche per la riparazione delle ernie inguinali ( sono stati espansi 16 campioni ) H) Sono stati testati Scaffold tridimensionali biocompatibili In particolare sono stati utilizzati. o Gingistat, a base di collagene equino (GabaVebas) o Paroguide, a base di collagene equino e condroitinsolfato (GabaVebas) sui quali sono state coltivate le cellule di- 5 campioni di Cartilagine testati su Gingistat e Paroguide 1 campione di Fibroblasti su Gingistat e Paroguide 1 campione di Mesenchimali da adiposo su Gingistat I) Uno Scaffold tridimensionale su cui sono stati coltivati fibroblasti o Hydrogel (BioPharma) L) Due scaffold tridimensionali In particolare o Surgisis Gold a base di collagene porcino (Cook Medical) o Strattice, a base di derma porcino (Life Cell) Sui quali sono stati coltivati 1 campione di fibroblasti su Surgisis Gold e Strattice e 7 campioni di cellule isolate da muscolo su Surgisis Gold e Strattice M) Sono state tipizzate (caratterizzate) le cellule. Sono stati disegnati, testati e standardizzati i primers molecolari per amplificare geni tessuto-specifici per condrociti, fibroblasti, cheratinociti, cardiomiociti ed attualmente sono stati caratterizzati in RT-PCR (Retro Transcription – Polymerase Chain Reaction): • Tre campioni di condrociti (caratterizzati con marcatori per cartilagine). • Sette campioni di fibroblasti (caratterizzati con marcatori per fibroblasti). • Un campione di mesenchimali da tessuto adiposo (caratterizzato con marcatori per cartilagine). • Un campione di auricola da cuore (caratterizzato con marcatori per fibroblasti). • Due campioni di muscolo (caratterizzati con marcatori per fibroblasti). N) E’ stata messa a punto la metodica Western-blot per cartilagine e fibroblasti mediante due anticorpi monoclinali (Collagen type II antibody e Fibroblast surface protein antibody O) Si è realizzata la prima fase del Programma formativo del Personale con la partecipazione ad 8 eventi formativi ed alla scuola di specializzazione in microbiologia presso l’Università degli Studi di Pavia P) Si è continuato a fornire il supporto ai servizi dell'Istituto, impegnati in progetti di terapia cellulare, per la presentazione dei protocolli clinici. 80 Studio e gestione delle complicanze Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Complicanze cardiovascolari dei farmaci antineoplastici e loro meccanismi Laboratorio di Oncologia Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini • Valutazione dell’effetto tossico di farmaci anti-neoplastici sui cardiomiociti e confronto con cellule endoteliali. • Associazione al trattamento in vitro con chemioterapici di molecole con note proprietà antiossidanti e chemiopreventive, al fine di indagare il loro possibile effetto protettivo. E' sempre più accertato che alcuni importanti farmaci antitumorali comportano un danno di tipo cardiovascolare, che può essere in alcuni casi letale. Tra questi si annoverano sia chemioterapici antineoplastici come le antracicline che molecole biologiche di nuova generazione e altamente promettenti, tra cui il trastuzumab-herceptin e molti anti-tirosinchinasici. Ad esempio è stato riscontrato che la combinazione doxorubicina-trastuzumab comporta seri effetti collaterali cardiovascolari additivi. Il nostro gruppo sta analizzando le alterazioni che le cellule cardiache ed endoteliali subiscono in seguito a trattamento con farmaci chemioterapici come il 5-Fluorouracile (5-FU), al fine di valutare l’effetto tossico a livello cardiovascolare. Da un’analisi preliminare risulta evidente come questa molecola sia in grado di esercitare un effetto citotossico a livello cellulare, paragonabile a quello indotto dall’utilizzo con Doxorubicina (DOX), un’altra nota molecola antitumorale. Questi studi hanno inoltre dimostrato come questa tossicità si esplichi attraverso un aumento dell’apoptosi cellulare e danni mitocondriali. In parallelo la clinica di Castellanza sta valutando i casi clinici di tossicità cardiovascolare da Capacetabina, un omologo del 5-FU. Obiettivo futuro è quello di associare al trattamento in vitro con chemioterapici una molecola con note proprietà antiossidanti e chemiopreventive, al fine di indagare il possibile effetto protettivo di quest’ultima. Questo studio riveste particolare importanza, in quanto potrebbe permettere di chiarire la tossicità correlata all’utilizzo di farmaci antitumorali, e la messa a punto di nuovi protocolli terapeutici. 81 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Studio osservazionale prospettico per valutare la gestione del rischio di neutropenia e anemia in pazienti con tumori solidi che ricevono chemioterapia mielotossica. UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani Valutare l’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti con tumori solidi (in particolare della mammella, dell’ovaio e del polmone) che ricevono una chemioterapia mielotossica con un rischio calcolato di neutropenia febbrile superiore o uguale al 20%, in base alla somministrazione (profilattica o terapeutica) o meno di fattori di crescita. Altri obiettivi (secondari), sono descrivere: • La gestione di pazienti che ricevono chemioterapia mielotossica, in particolare l’utilizzo di G-CSF, di agenti di stimolo della eritropoiesi, di antibiotici, le trasfusioni e le ospedalizzazioni; • La pratica clinica di somministrazione della chemioterapia; • L’esito della chemioterapia mielotossica. Il presente studio si prefigge di raccogliere informazioni dettagliate riguardo alla gestione standard, nei singoli centri, della terapia di supporto in pazienti sottoposti a regimi chemioterapici mielotossici con rischio significativo di neutropenia febbrile e/o di anemia. 82 Titolo: Unità Operativa: Obiettivi: Descrizione: Complicanze neurologiche delle patologie tumorali e delle terapie antineoplastiche UO di Neurologia - Dr Massimo Franceschi • Diagnosi dei tumori neurologici • Gestione delle complicanze neurologiche e psichiatriche delle patologie neoplastiche e dei loro trattamenti. Nel triennio 2006-2008 sono stati valutati in sede diagnostica mediante ricovero: 1. Meningiomi (ICD9=192): 4 casi 2. Neoplasie cerebrali maligne (ICD9=191): 4 casi 3. Metastasi cerebrali (ICD9=198): 4 casi 4. Altri tumori encefalici (ICD)=225,237): 1 caso Occorre tuttavia ricordare l’attività di consulenza svolta dall’UO di Neurologia a favore del reparto di Oncologia della struttura per quanto riguarda le complicanze neurologiche e psichiatriche delle neoplasie. 83 Pubblicazioni Scientifiche Albini A, Benelli R. The chemoinvasion assay: a method to assess tumor and endothelial cell invasion and its modulation. Nat Protoc. 2:504-11; 2007. IF: 4,17. Albini A, Fassina G, Nicolo M, Dell'Eva R, Vene R, Cammarota R, Barberis M, Noonan DM. Inhibition of a vascular ocular tumor growth by IL-12 gene transfer. Clin Exp Metastasis. 24:485-93; 2007. IF: 2,811. Albini A, Noonan DM, Ferrari N. Molecular pathways for cancer angioprevention. Clin Cancer Res. 13:4320-5; 2007. IF: 7,616. Albini A, Sporn MB. The tumour microenvironment as a target for chemoprevention. Nat Rev Cancer. 7:139-47; 2007. IF: 31,694. 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