Relazione Scientifica 2006-2008- IRCCS Oncologico

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RELAZIONE CLINICO-SCIENTIFICA
CASA DI CURA SANTA MARIA, CASTELLANZA (VA)
GRUPPO MULTIMEDICA
ANNI 2007-2009
Premessa
La Casa di Cura Santa Maria di castellana (VA), afferente al Gruppo MultiMedica, in questo triennio ha
realizzato un’attività di ricerca scientifica biomedica insieme alle prestazioni di ricovero e cura in campo
Oncologico. Sin dall’inizio, la Casa di Cura Santa Maria ha fatto del paziente il perno della sua attività,
attorno al quale ruota il lavoro assistenziale e scientifico dei suoi operatori, che rispondono ad una
filosofia basata sul concetto di gruppo, di collaborazione, di squadra e di presenza sul territorio.
In questa ottica possiamo distinguere l’attività scientifica delle Unità Operative (UO) presenti nella
struttura in tre macroaree:
1) Ricerca epidemiologica e screening
2) Ricerca di base, traslazionale e clinica
3) Diagnosi e terapia, inclusa la gestione delle complicanze
Questa suddivisione è indicativa e organizzativa in quanto l’attività scientifica di molte UO si pone
trasversalmente e copre aspetti complementari delle macroaree individuate.
1) Ricerca epidemiologica e screening
La ricerca epidemiologica si occupa prevalentemente dell'individuazione e dello studio dei fattori
determinanti le neoplasie nell'uomo con finalità soprattutto di prevenzione primaria, ma anche
dell’individuazione di gruppi a rischio per eventuali interventi di prevenzione secondaria. A questi studi
si associano i programmi di screening.
In Regione Lombardia, a partire dal 2000, sono stati progressivamente attivati nelle diverse Aziende
Sanitarie Locali, in collaborazione con le Aziende Ospedaliere del territorio, programmi di prevenzione
oncologica secondaria.
La Casa di Cura S. Maria fa parte della rete di strutture sanitarie operanti sul territorio che si occupano
di ricerca epidemiologica e offrono programmi di screening per
-
Tumori del colon-retto
Tumori della mammella
Tumori cutanei
Tumori della prostata
1
Queste attività sono gestite dalle UO di Chirurgia Generale, UO di Oncologia Senologica Medica, UO
di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica, UO di Urologia e dal Servizio di Diagnostica per
Immagini. Queste strutture operano in collaborazione con la ASL Provincia di Varese, il Dipartimento
Oncologico Provinciale di Varese, le Aziende ospedaliere di Gallarate, Busto Arsizio, Varese, l’Ospedale
di Saronno ed altre UO delle strutture afferenti al Gruppo MultiMedica quali, ad esempio, il Servizio di
Medicina di Laboratorio. Alcuni programmi sono svolti in collaborazione con l’Università degli Studi
dell’Insubria (VA) e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor.
Di seguito le schede di progetto della macroarea 1.
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Tumori del colon-retto
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Screening del cancro colorettale nella provincia di Varese. Fattibilità e
risultati della pancolonscopia
UO di Chirurgia Generale-Prof. Angelo Benevento
Su pazienti con diagnosi di tumore colon-rettale negli anni 2007-2008 e nel
primo semestre 2009 sono stati monitorati:
- le diagnosi di cancro del colon retto,
- gli interventi chirurgici condotti con tecnica aperta e laparoscopica,
- le eventuali terapie mediche adiuvanti.
Con un follow up di 5 anni i risultati clinici sono analizzati in termini di:
- percentuali di recidiva locale e sopravvivenza a distanza dividendo i
pazienti in due gruppi di 40 soggetti ognuno in base al tipo di trattamento
chirurgico (open vs laparoscopico)
- efficacia del programma di screening e della tecnica mininvasiva in termini
di maggiore sopravvivenza a distanza dei pazienti oggetto di studio.
Il carcinoma del colon-retto (CCR) è una delle neoplasie più frequenti per
incidenza e mortalità nei Paesi industrializzati: in Italia sono circa 28.000 i
nuovi casi diagnosticati ogni anno e 18.000 i morti per questa neoplasia.
Secondo i dati dell'Atlante della Mortalità in Lombardia 89-93, i morti per
questa causa di tumore sono circa 3.000 all'anno. Il dato relativo
all'andamento dell'incidenza desunto dal Registro Tumori della provincia di
Varese mostra una lieve riduzione di casi in entrambi i sessi. Si è infatti
passati da un tasso del 43,5 per 100.000 del periodo 88-92 al 40,4 del
periodo 93-97 per i maschi e dal 26,9 al 25,6 per le femmine. Il 90% dei casi
diagnosticati su base clinica riguarda individui sopra i 55 anni dove la
malattia è localizzata soprattutto nel sigma e nel retto. La sopravvivenza a 5
anni dipende dallo stadio alla diagnosi; infatti, è del 90% quando la malattia
è limitata alla parete intestinale, scende al 35-60% in caso di coinvolgimento
dei linfonodi regionali ed è meno del 10% in soggetti con malattia
metastatica. Si ritiene oggi che la maggior parte dei carcinomi colo-rettali si
sviluppi a partire da polipi adenomatosi, attraverso un processo "multistep"
che coinvolge fattori genetici e ambientali. Il tempo di trasformazione in
cancro è stimato nell'ordine di l0-l5 anni. La prevenzione per CCR può
essere esercitata in due modi:
-Prevenzione primaria, che si basa sul tipo di alimentazione seguita, con
riduzione del consumo di cibi e bevande ad alto contenuto calorico,
abolizione o forte limitazione dell’alcool, riconosciuti fattori di rischio ed
incremento di alimenti ricchi in fibre.
-Prevenzione secondaria, effettuata tramite lo screening oncologico della
popolazione bersaglio e che si basa sull'identificazione precoce di CCR o dei
polipi adenomatosi, che sono i precursori del CCR, dando quindi la
possibilità di interrompere la sequenza adenoma-carcinoma mediante la loro
3
asportazione endoscopica.
Dal 1995 è in corso in Italia, promosso dall’Istituto Europeo di Oncologia
(IEO) uno studio randomizzato e controllato, cui l’Università degli Studi
dell’Insubria ha aderito con il Prof. Benevento come Responsabile Locale, di
valutazione di efficacia dello screening del CCR mediante sigmoidoscopia
una sola volta nella vita, tra i 55 e i 64 anni, in soggetti asintomatici di
entrambi i sessi. I risultati indicano che la sigmoidoscopia è in grado di
identificare più adenomi avanzati, confermando che, poiché non tutti gli
adenomi avanzati si trasformano in cancro, la loro rimozione tramite
endoscopia, può prevenire l'insorgenza del cancro e quindi ridurne
l'incidenza. La popolazione bersaglio del programma di screening (RSO) è
costituita dall'insieme delle donne e degli uomini nella fascia d'età 50-69
anni, residenti nei Comuni di riferimento dell' ASL della Provincia di Varese,
rappresentata da circa 207.204 persone (dati ISTAT Censimento 2001).
Il programma di screening è stato attivato nel settembre 2006.
Presso la Casa di Cura Santa Maria - sede convenzionata con l'Università
dell'Insubria per le Scuole di Specializzazione in Chirurgia Generale e in
Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva - vengono eseguite per il
programma di screening 14 esami colonscopici alla settimana (350 annui).
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Programma di screening endoscopico della patologia neoplastica
colica.
Servizio di Endoscopia Digestiva-Dr Giancarlo Toti
Prevenzione oncologica. Prevenzione che passa dalla qualità dell’esame,
dalla trasparenza delle agende, dalla professionalità delle figure preposte
all’attività endoscopica, dal tema della patologia scelta. I dati epidemiologici
in nostro possesso ci hanno spinto verso la tematica principale della nostra
attività- la patologia neoplastica colica.
L’attività routinaria svolta nel triennio 2006-2008 su due sale endoscopiche
con due figure mediche dedicate e tre figure paramediche sempre dedicate
ha visto un passaggio da 2542 prestazioni a 3127 e 3122, rispettivamente, nel
2008. Il dato più significativo è, però, l’aumento percentuale di esami
colonscopici che sono passati da 1106 nel 2006 a 1285 nel 2007 a 1421 nel
2008 arrivando quindi a circa la metà degli esami eseguiti.
Proprio perché stiamo parlando di prevenzione è fondamentale il ruolo
svolto dall’attività di polipectomia colica, in quanto abbiamo già sottolineato
come oggi rappresenti l’unica manovra che può evitare l’insorgenza di un
cancro colo-rettale. Siamo passati da 90 pazienti sottoposti a polipectomia
nel 2006 con una percentuale dell’8% sul numero di colonscopie eseguite a
325 pazienti nel 2007 con una percentuale del 25% a 326 pazienti nel 2008
con un tasso del 23%.
Nel 2006 il Servizio di Endoscopia Digestiva è entrato a far parte del
programma di screening del carcinoma colo-rettale avviato dall’ ASL di
Varese secondo le linee guida elaborate dalla Regione Lombardia, dedicando
parte dell’attività ai pazienti fobt positivi. Nel 2006 abbiamo eseguito in
pazienti fobt positivi n. 250 colonscopie, nel 2007 n. 336 e nel 2008 n. 379.
E’ molto importante valutare il numero di colonscopie completate sino al
cieco: esse sono state nel 2006 n. 215 pari al 88%, nel 2007 n. 302 pari al
90%, nel 2008 n. 349 pari al 92%; questi sono ottimi valori se confrontati
con il valore medio della Regione Lombardia: 2006-80.6%, 2007-90.6%.
In pazienti con patologia neoplastica colica, nel 2006, sono state eseguite n.
152 polipectomie pari al 62% delle colonscopie completate, nel 2007 n. 181
polipectomie pari al 60%, nel 2008 n. 227 polipectomie pari al 65%. Ne
risulta quindi che in tre anni sono state eseguite bonifiche di polipi in 560
pazienti su 966 che si sono presentati per lo screening. Questo è il dato che
deve fare riflettere perché la prevenzione rappresenta una strategia efficace
contro il tumore e che dimostra come l’endoscopia sia oggi l’arma più
efficace nel fermare la crescita epidemiologica del carcinoma colo-rettale.
Sempre in questa popolazione fobt positiva abbiamo diagnosticato 13
carcinomi nel 2006 nella percentuale del 5% rispetto alle colonscopie
complete, 18 carcinomi nel 2007 nella percentuale del 6%, 25 carcinomi nel
2008 nella percentuale del 7%.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Programma di screening del tumore del colon retto
Servizio di Diagnostica per Immagini - Dr.ssa Rosanna Vezoli
• Ottimizzazione della qualità delle immagini al fine di implementare la
capacità di screening e la diagnostica dei tumori del colon retto.
• Implementare la collaborazione con i medici del territorio e delle altre
UO della Casa di Cura S. Maria
Da tempo il nostro servizio si è impegnato a migliorare le tecniche e le
qualità degli esami e delle immagini, portando avanti il colloquio sia con i
pazienti sia con i medici, di base, interni alla clinica, e del territorio.
L’aiuto al paziente parte dal momento dell’appuntamento continua fino alla
prestazione e alla consegna del referto, guardando le esigenze anche sul
piano del trattamento clinico e chirurgico e sviluppando il contatto con
medici di altri ospedali (Legnano, Busto, Saronno, Niguarda, San Raffaele)
onde facilitare i pazienti portatori di determinate patologie e l’accesso di
pazienti seguiti anche in altre strutture (vedi Ospedale di Saronno
Dott.Verusio).
I casi vengono man mano studiati secondo gli esami eseguiti in precedenza
dal paziente e completati secondo l’iter diagnostico della Regione Lombardia
e secondo il criterio di abbinare l’urgenza all’eventuale intervento e la
sopravvivenza e le condizioni di vita del paziente.
Nel nostro servizio oltre all’attività di routine legata ad esami tradizionali
radiografici, contrastografici TC e RMN ed ecografici, si svolge un
importante “lavoro” oncologico attraverso la partecipazione a programmi di
screening, tra i quali lo screening del carcinoma del colon retto della
Provincia di Varese per il potenziamento dei percorsi di diagnosi precoce, in
collaborazione con l’UO di Oncologia ed il Servizio di Radioterapia.
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Tumori della mammella
Titolo:
Unità Operativa
Obiettivi:
Descrizione:
Programma di screening del tumore alla mammella
Servizio di Diagnostica per Immagini - Dr.ssa Rosanna Vezoli
- Migliorare le tecniche e la qualità degli esami e delle immagini in senologia.
- Contribuire alla sensibilizzazione della popolazione allo screening precoce
dei tumori della mammella
In senologia il rapporto medico paziente è ininterrotto durante tutta la
settimana sia per controlli mammografici, ecografici o in RMN o per
valutazione di pazienti in trattamento chemioterapico e radioterapico in TC.
Nel nostro servizio vengono eseguite biopsie su guida ecografica (noduli
mammari).
Per migliorare ed approfondire nell’ambito del proprio servizio la
valutazione dello screening mammografico, la Dr.ssa Vezoli ha preso parte
ai corsi di formazione organizzati dall’ASL Provincia di Varese Coordinatore Dr.ssa Nadia Bianchi Responsabile Fisica dell’ASL – facendo
proprie le linee guida da seguire a livello di apparecchiature ecografiche
radiografiche e a livello di monitor per la refertazione ed i parametri tecnici
di valutazione delle varie strumentazioni.
Il risultato è che il Servizio è stato accreditato come Centro di Senologia
Diagnostica e abilitato ad entrare nello screening mammografico.
Dal 2006 al 2008 abbiamo partecipato allo screening mammografico della
Provincia di Varese per il potenziamento dei percorsi di diagnosi precoce, in
collaborazione con l’UO di Senologia.
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Tumori cutanei
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Prevenzione, diagnosi precoce e screening dei tumori cutanei
Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica – Dr. Angelo Longoni
• Validare e ampliare le nostre conoscenze in materia di rischio e
d’incidenza dei tumori cutanei nel territorio di pertinenza
• Cercare fattori eredo familiari (fototipo, predisposizione soggettiva,
familiare) che rendono suscettibili al cancro cutaneo
PREVENZIONE:
Ci impegniamo a validare e ampliare le nostre conoscenze in materia di
rischio e d’incidenza dei tumori cutanei nel territorio di pertinenza
Sono state date, alla popolazione, informazioni accurate sulla prevenzione
dei tumori cutanei insieme alla comunicazione di importanti misure di
prevenzione (stile di vita, esposizione solare, autoesame della cute).
Vengono consigliati nuovi agenti chemopreventivi che possano prevenire il
cancro in prevenzione primaria o secondaria sia ad uso sistemico che,
soprattutto locale (fotoprotezione solare);
Abbiamo cercato fattori eredo familiari (fototipo, predisposizione
soggettiva, familiare) che rendono suscettibili al cancro cutaneo.
DIAGNOSI PRECOCE E SCREENING:
Abbiamo evidenziato gli aspetti clinico/strumentali che aiutano a
individuare il cancro della cute in fase precoce.
Abbiamo rafforzato la diagnostica clinica e di immagini (NMR, ecografia,
PET, TAC, ecc) per la diagnosi precoce della invasività della malattia e per i
programmi di screening.
Forte la collaborazione interdisciplinare con:
- UO Chirurgia Generale,
- Dermatologia
- Anatomia Patologica
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Tumori prostatici
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Programma di screening del tumore alla prostata
Servizio di Diagnostica per Immagini - Dr.ssa Rosanna Vezoli
• Implementazione delle tecniche e della qualità delle immagini per
ottenere una migliore capacità di screening e diagnosi.
• Incremento dello screening precoce del tumore prostatico nella
popolazione tramite collaborazione costante con i medici di base e degli
altri presidi presenti sul territorio.
Miglioriamo gli standard diagnostici e la diagnosi per immagine per i tumori
urologici.
Siamo impegnati ad abbreviare i tempi di esecuzione degli esami a volte in
estemporanea, onde agevolare i pazienti ad un trattamento radioterapico più
veloce, naturalmente ogni caso va valutato separatamente ed adeguatamente
seguito.
I casi vengono man mano studiati secondo gli esami eseguiti in precedenza
dal paziente e completati secondo l’iter diagnostico della Regione Lombardia
e secondo il criterio di abbinare l’urgenza all’eventuale intervento e la
sopravvivenza e le condizioni di vita del paziente.
In collaborazione con l’UO di Urologia, nel 2008 il servizio di radiologia ha
organizzato un corso sull’importanza dell’RM pelvica in caso di carcinoma
prostatico.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Screening per la diagnosi precoce del tumore prostatico
Unità Operativa di Urologia-Dr Giancarlo Comeri
Identificazione delle forme precoci di tumore alla prostata e discriminazione
fra tumori evolutivi e tumori a basso rischio associando alla determinazione
del PSA, della DRE e dell’ecografia prostatica trans-rettale anche la
valutazione nelle urine del prodotto genico PCA3.
Un’attenzione del tutto particolare è riservata nella nostra UO allo screening
diagnostico del carcinoma prostatico, nell’intento di pervenire ad una
diagnosi sempre più precoce ma anche alla differenziazione delle forme che
possono beneficiare di interventi sempre meno invasivi onde preservare al
massimo la qualità della vita dei soggetti interessati.
L’ecografo oggi in dotazione alla UO consente uno studio accurato della
prostata e un’attività bioptica di ottimo livello, grazie anche allo svolgimento
di tale pratica da parte di un Aiuto Primario nel nostro staff che risulta fra
gli estensori delle linee guida italiane sulla biopsia prostatica.
E’ in arrivo un ecografo ancora più aggiornato che supporta
l’<<Histoscanning>>, nuovissima procedura che consente di distinguere
ecograficamente con buona attendibilità il tessuto prostatico sano da quello
tumorale. La nostra casistica si basa su circa 220 biopsie ogni anno, e con
una “detection rate” fra le più alte di quelle riportate in letteratura, superiore
al 40% delle biopsie effettuate. La pratica della biopsia, è condotta con un
occhio di riguardo al paziente, che viene sottoposto a biopsia in anestesia
locale ed analgesia per via endovenosa, quindi in modo indolore, e si avvale
oltretutto della possibilità, fornita dal nostro servizio di anatomia patologica,
di processare il materiale bioptico con una procedura ultrarapida che
consente la refertazione in poche ore, consegnata al paziente prima della
dimissione. E sempre allo scopo di ottimizzare le biopsie, è stato introdotto
da noi il primo test genetico (PCA3) sull’urina emessa dopo massaggio
prostatico, praticato in soli altri 4 centri nel nostro Paese, che consente fra
l’altro di escludere dalla procedura della biopsia, che riserva anche aspetti di
rischio per il paziente, circa il 35% dei soggetti che, sulla semplice scorta del
PSA e dei suoi derivati, andrebbero incontro a biopsia. Si sta valutando
inoltre il valore del PCA3 nel pronosticare l’aggressività del cancro a
diagnosi acquisita, aprendo la strada ad una più accurata selezione dei
pazienti suscettibili di “sorveglianza attiva” piuttosto che di terapia focale.
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2) Ricerca di base, traslazionale e clinica
Il rapido progresso delle scienze biomediche, alimentato da nuove tecnologie e strumenti per la ricerca
medica di base e clinica è stato possibile grazie al continuo aggiornamento e alla scoperta di procedure
diagnostiche e terapeutiche che contengono ed integrano elementi provenienti da diversi settori
scientifici. La ricerca traslazionale in medicina è definita come il trasferimento dei risultati della ricerca
di base in impieghi clinici.
Sotto quest’ampia definizione possono essere descritte le attività scientifiche oncologiche svolte dai
Laboratori, Servizi e UO afferenti alla Casa di Cura Santa Maria riguardanti in particolare:
-
Studio dei meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: effetti
condizionanti del microambiente tumorale, con particolare attenzione all’angiogenesi;
Studio dei meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale:
tumore mammario;
Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori; in
particolare:
Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori
gastrointestinali-tumore del colon-retto;
Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori
urologici: tumori prostatici;
Ricerca di biomarcatori per l’identificazione precoce di effetti collaterali avversi delle
terapie antitumorali, con particolare attenzione agli effetti cardiotossici.
Questi studi sono principalmente svolti dal Laboratorio di Oncologia Traslazionale, dal Servizio di
Anatomia Patologica, dal Servizio di Medicina di Laboratorio e dall’UO di Chirurgia Generale in
collaborazione con altre UO della Casa di Cura S. Maria e Centri di Ricerca nazionali ed internazionali.
In particolar modo si segnalano le collaborazioni con gli Ospedali Riuniti di Bergamo, il Dipartimento
di Scienze e Tecnologie Biomediche dell’Università degli Studi di Milano, la Struttura Semplice di
Genomica Funzionale dell’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova, l’Università degli
Studi dell’Insubria, Varese, il Laboratorio di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Oncologico della
Svizzera Italiana, l’Anatomia Patologica dell’Ospedale di Varese, l’Istituto Nazionale per le Malattie
infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e .l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.
Di seguito le schede di progetto della macroarea 2.
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Meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: effetti condizionanti il
microambiente tumorale, con particolare attenzione all’angiogenesi
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio di senescenza della cellula endoteliale: possibili implicazioni
in patologie oncologiche e cardiovascolari
Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Dott.ssa Adriana Albini
• Messa a punto di un modello di senescenza dell’endotelio in vitro
• Analisi
dell’espressione
genica
dell’endotelio
durante
l’invecchiamento
• Identificazione dei geni modulati durante il processo di senescenza
• Studi sull’espressione dei microRNA durante lo stesso processo di
senescenza in vitro
• Studio della variazione nell’espressione dei microRNA analizzati
• Identificazione di nuovi target molecolari nelle cellule endoteliali
• Analisi della correlazione tra valore di espressione genica e
comportamento clinico del tumore
• Identificazione delle possibili implicazioni del processo di
senescenza dell’endotelio in patologie cardiovascolari
La cellula endoteliale svolge un ruolo essenziale nell’omeostasi
dell’organismo e nella progressione tumorale. Normalmente l’endotelio è
in uno stato quiescente, ma nei tumori viene attivato nell’ambito del
processo di angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi sanguigni che
danno supporto alla progressione tumorale. Nonostante la sua centralità
in questo processo, ci sono ancora molti quesiti su come il fenotipo
endoteliale si alteri nei tumori e come ciò correli con l’età dell’organismo e
della cellula stessa. I nostri precedenti studi, effettuati analizzando il
trascrittoma dell’endotelio esposto a diversi inibitori dell’angiogenesi,
hanno dato luogo all’ipotesi che questi composti inducano l’endotelio
tumorale in uno stato di quiescenza forzata, ovvero di senescenza. Dati
ottenuti con analisi Microarray e Real Time PCR hanno già evidenziato
come alcuni geni vengono down-regolati in seguito all’invecchiamento
cellulare in vitro, mentre altri up-regolati; tra i geni che subiscono una
maggior riduzione di espressione vi sono: E-selectina, CCL2 e
Angiopoietina 2 (ANG2), molecole coinvolte nel reclutamento di cellule
infiammatorie a livello endoteliale e nell’attivazione dell’endotelio stesso.
Queste analisi hanno rilevato un’importante serie di geni modulati in
modo simile in seguito a trattamento con farmaci anti-angiogenici e
durante il processo di senescenza. Tra i geni che invece subiscono un
incremento di espressione riveste particolare importanza il TGF βInduced (TGFBI), molecola fortemente indotta dal 4° al 28° passaggio in
coltura e coinvolta nel pathway di attivazione del TGFβ, recentemente
associato a proprietà antiangiogeniche. Inoltre, studi sull’espressione dei
microRNA durante lo stesso processo di senescenza in vitro, effettuati
tramite il Cancer MicroRNA qPCR Array (System Biosciences), hanno
12
rilevato una notevole variazione nell’espressione di alcuni microRNA.
Il nostro obiettivo è indagare le progressive modificazioni molecolari cui
va incontro la cellula endoteliale durante l’invecchiamento, in termini di
espressione genica (mRNA e microRNA), al fine di comprendere i
meccanismi che portano a favorire malattie cardiovascolari o ad inibire
l’angiogenesi tumorale.
Il nostro studio potrebbe portare da una parte all’identificazione di nuovi
target molecolari nelle cellule endoteliali, dall’altra alla spiegazione del
meccanismo d’azione di molecole anti-angiogeniche, permettendo la
messa a punto di nuovi protocolli terapeutici come supporto alla terapia
antitumorale.
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Ruolo della risposta innata nell’angiogenesi tumorale: Interleukina 12
(IL12) come mediatore dell’attività anti- angiogenica dell’angiostatina
Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Prof. Douglas Noonan
• Identificare il dominio dell’angiostatina con proprietà antiangiogeniche
• Disegnare specifici peptidi anti-angiogenici derivanti dall’angiostatina
• Testare il loro effetto su cellule endoteliali umane (HUVEC)
• Investigare il ruolo di IL12 nelle risposte cellulari mediate
dall’angiostatina
• Dimostrare il ruolo del sistema immunitario nella modulazione
dell’angiogenesi tumorale
L’angiostatina (AST), un endogeno inibitore dell’angiogenesi, è un
frammento del plasminogeno prodotto in seguito all’azione di diverse
proteasi, come le metalloproteasi (MMP2, MMP12, MMP9) e le serine
proteasi (PSA). Numerosi studi dimostrano l’attività anti-tumorale in vivo
dell’angiostatina e il suo effetto in vitro sulle cellule endoteliali. In questo
caso, AST induce una serie di eventi che vanno dall’apoptosi/attivazione
dell’endotelio fino all’inibizione della migrazione e formazione di strutture
simil-capillari da parte delle cellule endoteliali. Alla luce delle attuali
conoscenze circa le proprietà inibitorie dell’angiostatina, abbiamo
identificato uno specifico frammento responsabile della sua attività antiangiogenica e abbiamo disegnato un peptide che ha dimostrato avere
proprietà maggiori rispetto all’intera proteina. Nel modello di angiogenesi in
vivo, che prevede l’utilizzo delle spugne di matrigel, il peptide riduce la
locale infiltrazione cellulare, prevenendo così la neo-vascolarizzazione.
L’effetto inibitorio del peptide sulla crescita tumorale è stato dimostrato
attraverso l’inoculo di cellule tumorali umane in topi immunodepressi in
seguito ad un singolo trattamento con il peptide rispetto alla
somministrazione continua richiesta per l’angiostatina. Il nostro peptide
risulta essere più stabile, mostra una maggiore biodisponibilità e una
13
migliore distribuzione tissutale; può essere facilmente prodotto con alta
purezza e a bassi costi.
L’evidenza che l’attività inibitoria del peptide può essere revertita utilizzando
anticorpi anti-IL12, suggerisce che altri tipi cellulari mediano la sua attività
antiangiogenica. Abbiamo quindi investigato il ruolo del sistema
immunitario nelle risposte cellulari mediate da AST e abbiamo dimostrato
che IL12 è un mediatore dell’attività dell’angiostatina. Il trattamento in vitro
di macrofagi umani con AST induce la sintesi di IL12, suggerendo che
queste cellule dell’immunità innata potrebbero essere i principali mediatori
dell’angiogenesi infiammatoria.
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Immunità innata e interazioni immuno-endoteliali come bersaglio
della terapia del cancro
Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Prof. Douglas Noonan
• Esaminare il ruolo delle cellule Natural Killer (NK) nel mediare gli
effetti dell’IL12 nel processo angiogenico utilizzando diversi approcci in
vitro e in vivo
• Esaminare l’infiltrazione delle cellule NK in tumori umani e in modelli
murini e valutare il fenotipo di queste cellule e la loro potenzialità nella
regolazione dell’angiogenesi.
• Valutare la produzione di citochine tipiche delle NK nelle cellule CD56
positive
L’IL12 è una citochina eterodimerica prodotta prevalentemente dalle cellule
presentanti l’antigene (APCs). Essa lega e attiva i recettori nelle cellule T e
NK, promuovendo l’induzione della risposta Th1 in vitro e in vivo. L’IL12
ha una ben nota attività anti-angiogenica, nonostante non abbia alcun effetto
biologico diretto sulle cellule endoteliali, in quanto prive del recettore per
l’IL12. Studi precedenti hanno dimostrato che l’effetto anti-angiogenico
dell’IL12 è legato alla secrezione da parte delle cellule NK e delle cellule T di
INFγ; quest’ultimo è responsabile della produzione di chemochine antiangiogeniche che agiscono tramite il recettore CXCR3. Altri studi hanno
dimostrato che l’attività anti-angiogenica della terapia genica con IL12
rimane inalterata in modelli murini deficitari per IFNγ e CXCR3.
Abbiamo recentemente osservato che la nostra terapia genica antiangiogenica, basata sull’utilizzo di un costrutto di DNA nudo IL12, inibisce
efficacemente la crescita tumorale in topi SCID, ma perde efficacia, quando
applicata a modelli murini che presentano bassi livelli di NK, quali i topi
SCID KO per la catena gamma comune e i topi NOD-SCID. Questi dati
suggeriscono che le cellule NK o i segnali mediati dalla via della catena
gamma comune sono critici per l’inibizione della crescita tumorale mediante
IL12. Per meglio comprendere il ruolo delle cellule NK quali mediatori degli
effetti dell’IL12 nel processo angiogenico, abbiamo sviluppato un modello
14
murino presentante la sola ablazione delle cellule NK (topi trasgenici
NKDTR-EGFP.) In questo modello il promotore del gene NKp46 è sotto il
controllo della tossina difterica responsabile della deplezione di tutte le
cellule che esprimono il recettore NKp46 e quindi delle NK. Mediante
tecniche citofluorimetriche, analizzeremo in questi modelli l’infiltrazione
delle cellule NK, il loro fenotipo e le loro potenzialità nella regolazione
dell’angiogenesi.
Come molte altre cellule immunitarie, le cellule NK infiltranti i tumori
potrebbero esprimere un pattern di funzioni caratteristico e favorire
l’angiogenesi tumorale. Numerosi studi ha hanno dimostrato la presenza in
tumori umani di cellule NK CD56brightCD16-. Nonostante le NK
CD56brightCD16- siano generalmente considerate precursori delle NK
citotossiche, l’osservazione che le cellule NK periferiche esposte al TGFβ
(citochina immunosoppressiva spesso associata al cancro) si dirigano verso
un fenotipo CD56brightCD16-, suggerisce un loro possibile ruolo nel processo
angiogenico. A tal proposito stiamo analizzando il fenotipo delle cellule NK
infiltranti tumori umani e valutando il pannello di citochine da esse secrete.
15
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Caratterizzazione biologica e molecolare delle cellule staminali
tumorali
Laboratorio di Oncologia Molecolare -Prof. Cesare Peschle
• Definire le differenze biologiche e molecolari tra cellule staminali e
cellule staminali tumorali;
• Studiare il ruolo della quiescenza cellulare nel mantenimento del
clone neoplastico ed in risposta alla terapia;
• Analizzare la regolazione del ciclo di divisione cellulare,
l’interazione con il microambiente tumorale e la sensibilità di
queste cellule al trattamento farmacologico.
I tumori sono stati tradizionalmente indicati come costituiti da una
popolazione omogenea di cellule clonalmente trasformate con un’alta
capacità proliferativa. Questo concetto sta progressivamente cambiando
con la scoperta che molti, se non tutti, tessuti neoplastici contengono una
piccola percentuale di cellule che condividono la capacità di “self-renewal”
delle cellule staminali normali e che sarebbero responsabili del
mantenimento della massa tumorale. Per questo motivo, l’identificazione
delle cellule staminali tumorali e del loro comportamento biologico è di
grande impatto nella definizione di nuove strategie terapeutiche.
In questo studio viene investigato il comportamento di cellule provenienti
da quattro distretti tissutali: midollo osseo, ghiandola mammaria, ovaio e
cellule della linea melanocitaria. Sperimentalmente vengono usati sia
tessuti umani che murini.
Per l’analisi molecolare e’ stato adottato sia un approccio di studio
“unbiased” (studio dei profili di espressione di RNA e micro-RNA) che di
tipo mirato studiando specifici geni candidati (Terc, p19-p53, p16-Rb, p21,
RaLP, Nanog, Notch-Numb).
E’ stata data particolare enfasi a:
• Generazione di modelli murini appropriati per lo studio di cellule
staminali tumorali umane per studi pre-clinici (xenotrapianti di
cellule staminali tumorali umane in topi immunocompromessi;
trapianti di cellule staminali murine ingegnerizzate con oncogeni
umani in topi singenici);
• Analisi della cinetica delle cellule staminali tumorali e le loro
proprietà biologiche in tessuti provenienti da pazienti durante
terapie convenzionali.
In dettaglio, al termine di questo progetto verranno identificati:
• Protocolli per l’isolamento di cellule staminali normali e tumorali,
basati sulla capacità di queste cellule di dividersi infrequentemente;
• Metodiche e protocolli per l’espansione di cellule staminali normali
e trasformate, umane e murine;
• Modelli murini di xenotrapianti di cellule staminali tumorali umane
in topi immunocompromessi; trapianti di cellule staminali murine
16
•
•
•
•
•
•
•
•
ingegnerizzate con oncogeni umani in topi singenici (proteine di
fusione PML-RAR e AML1-ETO, mutanti di NPM e PRDM16,
inattivazione di p53, mutanti di Ras, overespressione di erbB2,
mutanti di B-Raf e inattivazione di p16);
Saggi di ricostituzione tissutale in topi per la caratterizzazione
biologica in vivo delle cellule staminali normali e trasformate;
Proprietà di “self-renewal” delle cellule staminali normali e
trasformate, con particolare attenzione al ruolo di p53-Nanog e
Numb;
Sensitività delle cellule staminali tumorali alle terapie
antineoplastiche;
Effetti degli oncogeni Ras, Wnt, erbB2 e telomerasi sul
programma di senescenza delle cellule staminali ed il ruolo di
inattivazione dei meccanismi di controllo del ciclo cellulare nelle
fasi iniziali della trasformazione neoplastica (p19, p16, Rb e p53);
Ruolo di p21 nel mantenimento della quiescenza delle cellule
staminali tumorali, crescita neoplastica e risposta alla terapia;
Ruolo di varie molecole di adesione nell’interazione con il
microambiente tumorale;
Differenze nel profilo di espressione genica e di micro-RNA fra
cellule staminali tumorali e normali;
Cinetica delle cellule staminali tumorali durante la terapia neoadiuvante.
17
Studio dei meccanismi patogenetici dello sviluppo e della progressione tumorale: tumore
mammario
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Genomica funzionale e Farmacogenomica del tumore al seno
Laboratorio di Oncologia Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini
• Identificare profili di espressione genica associati agli eventi di
metastatizzazione delle cellule del tumore alla mammella
• Individuare profili di espressione di microRNA predittivi del
fenomeno di metastatizzazione
• Studio dei profili di espressione genica delle componenti del
microambiente tumorale e loro interazioni con i fenomeni di
metastatizzazione in presenza o assenza di agenti antiangiogenici
/chemopreventivi
I profili di espressione genica di cellule tumorali sono determinati da diversi
fattori quali: 1) Genotipo del paziente, 2) Eventuali mutazioni somatiche e
alterazioni genomiche della cellula tumorale, 3) La cellula da cui ha origine il
tumore (cancer stem cell), 4) Fattori permissivi delle componenti dello
stroma tumorale, il “microambiente” tumorale. E’ ragionevole pensare che
le discrepanze tra lo stato fisiopatologico di due tumori possano essere
rappresentate da alcune differenze nei rispettivi profili di espressione
genica.
Nell’ambito di questo progetto vengono analizzati tumori della mammella
primari e tessuti metastatici provenienti dalla stessa paziente. Viene estratto
RNA totale e microRNA (miRNAs) dai sopramenzionati tessuti. I profili di
espressione genica e di miRNAs sono generati utilizzando una piattaforma
Affymetrix o altre disponibili. La validazione dei dati ottenuti mediante
microarray viene effettuata con PCR quantitativa e altre metodiche quali
citofluorimetria e immunoistochimica.
L’isolamento delle diverse componenti cellulari del parenchima tumorale e
dello stroma rende fattibile il loro trattamento in vitro con agenti
antiangiogenici/chemoterapici. Da qui la possibilità di effettuare una
successiva analisi differenziale dei loro profili di espressione genica in
presenza o assenza di trattamento farmacologico.
Questo studio può produrre la base scientifica su cui potranno essere
sviluppati eventuali futuri protocolli clinici di screening per tumore alla
mammella metastatico e di chemoprevenzione.
18
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Interazione tra c-erbB-2 e recettore degli androgeni nei carcinomi
mammari ER e PgR negativi, correlazione clinicopatologica
Servizio Anatomia Patologica-Prof Fausto Sessa
Oggetto dello studio è l’analisi di una casistica di carcinomi mammari con
negatività immunoistochimica per i recettori degli estrogeni e del
progesterone con lo scopo di:
• definire il profilo anatomo-clinico e morfologico delle neoplasia e
valutare l’andamento clinico della malattia
• studiare l’espressione immunoistochimica del recettore degli
androgeni e confrontare l’AR status con l’immunoespressione del cerbB-2 delle neoplasie.
• analizzare l’espressione di AR nei due sottogruppi tumorali definiti
come tripli negativi e c-erbB-2 positivi
Il progetto in corso prevede la raccolta di una casistica di 500 neoplasie
mammarie ER e PgR negative diagnosticate presso i Servizi di Anatomia
Patologica PST e dell’Università degli Studi dell’Insubria Varese, ove d oggi
sono state raccolte circa 300 neoplasie mammarie ER e PgR negative.
Tali neoplasie sono suddivise in base all’espressione immunoistochimica di
c-erbB-2 in due gruppi principali:
- carcinomi mammari ER e PgR negativi c-erbB-2 positivi
- carcinomi mammari ER, PgR e c-erbB-2 negativi (tripli negativi)
Lo studio immunoistochimico dell’AR è effettuato mediante coloratore
automatico (Beuch MARK.XT, Ventana) usando l’anticorpo Anti-AR clone
AR27, della ditta Novocastra, alla diluizione di 1/20 con smascheramento
antigenico ad alta temperatura per 30’ e sistema di amplificazione polimerico
(ULTRAVIEW, Ventana) e la diaminobenzidina come cromogeno. La
positività immunoistochimica è assegnata ai casi con immunoreattività in
almeno il 10% delle cellule neoplastiche. Pochi studi di immunoistochimica
hanno focalizzato l’attenzione su una possibile relazione tra l’espressione di
AR e di c-erbB-2 nel carcinoma mammario con risultati contrastanti.
Nessuna correlazione è stata riportata da alcuni autori (Narita e coll., 2006;
Bieche e coll., 2001; Isola, 1993), mentre altri hanno riportato
un’iperespressione di c-erbB-2 in carcinomi mammari G3, AR-positivi,
secondo altri (Agoff e coll., 2003; Moinfar e coll., 2003; Liegl e coll., 2005).
Confrontando tutti i risultati ottenuti l’obiettivo è stabilire l’espressione di
AR nei carcinomi mammari scarsamente differenziati ER e PgR negativi,
mentre le valutazioni statistiche verranno effettuate nella prospettiva di
poter individuare dei marcatori prognostici in questo gruppo di neoplasie.
Dal confronto tra l’espressione di AR e del c-erbB-2, ci proponiamo di
stabilire il rapporto fra i due recettori e di identificare possibili differenze di
espressione nei due sottogruppi tumorali, a sostegno delle ipotesi scaturite
da evidenze precliniche, secondo le quali esisterebbe una cooperazione dei
due recettori nella patogenesi del carcinoma mammario, poiché il c-erbB-2
19
controllerebbe l’attività trascrizionale di AR. Questo potrebbe suggerire
nuove prospettive terapeutiche nei carcinomi ER e Pgr negativi.
20
Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Ricerca di biomarcatori di diagnosi e prognosi tumorale in Medicina
di Laboratorio
Servizio Medicina di Laboratorio- Dr Ermanno Longhi
I biomarcatori indicati nella tabella sono utilizzati per la valutazione delle
diverse fasi della malattia:
- Screening
- Tumore primitivo
- Tumore avanzato
- Bilancio del tumore già diagnosticato
- Monitoraggio post operatorio
- Monitoraggio lungo termine post terapia
- Monitoraggio della terapia della malattia avanzata
- Biomarcatori in materiali diversi dal sangue (PCA3)
Tabella 1: marcatori analizzati
Analita
Neoplasia
Calcitonina
CA Tiroide
NSE
CA Polmone
CEA
CA Colon retto
CA 19.9
CA Colon retto - CA Stomaco – CA
Pancreas – CA Vie Biliari
AFP
CA Fegato
FERRITINA
CA Fegato
hCG
CA Ovaio - Testicolo
CA 125
CA Ovaio – Utero
CA 15.3
CA Mammella
PSA
CA Prostata
PCA3
CA Tumore specifico prostata
CROMOGRANINA A
Carcinoidi
21
Descrizione:
L’attività di Medicina di Laboratorio è estesa ad un notevole numero di
marcatori tumorali che vengono quotidianamente analizzati nella pratica
clinica.
Tabella 2: Numero di marcatori analizzati negli anni 2006-2008
ANALITA
2006
2007
2008
CEA
6303
6760
7322
PSA
11687
12252
13189
PSA free
5665
6337
6997
AFP
2247
2070
2317
BETA 2 Glob
1150
1197
1104
CA 15,3
2634
2703
3211
CA 19,9
4043
4213
4614
CA 125
2829
3007
3428
FERRITINA
8943
9348
10145
I marcatori vengono analizzati in funzione della appropriatezza clinica e
dell’obiettivo clinico.
Per lo studio di questi marcatori viene utilizzata una strumentazione
all’avanguardia della Ditta ABBOTT leader nel campo delle determinazioni
immunoenzimatiche.
Lo strumento ABBOTT ARCHITECT utilizza una tecnologia avanzata
rappresentata da un dosaggio immunologico in chemioluminescenza a
cattura di micro-particelle (CMIA) paramagnetiche rivestite di una molecola
di cattura (antigene, anticorpo, o particella virale) specifica per l’analita da
misurare.
Sono in corso ulteriori sviluppi nel campo della genomica/proteomica
applicata alla diagnosi. L’applicazione clinica della nuova piattaforma
ArrayCGH (Comparative Genomic Hybridization ) per la rilevazione di
sbilanciamenti cromosomici ci consentirà un nuovo approccio alla diagnosi
di patologie nell’ambito dell’oncoematologia.
In quest’ultimo ambito, infatti, l’aCGH genomico trova un utilizzo sia nella
caratterizzazione di eventuali anomalie cromosomiche anche in mancanza di
marcatori citogenetici (come nel caso di leucemie con cariotipo normale) sia
nell’analisi di alterazioni cromosomiche complesse comuni nei tumori solidi
per i quali l’analisi citogenetica convenzionale è resa molto difficile dalla
tipologia del campione.
Lo sviluppo inoltre di MicroArrays mirati per determinate applicazioni (per
esempio chip specifici per l’ematologia) può essere uno strumento molto
valido per implementare la diagnosi consentendo la valutazione di numerose
anomalie note in un’unica analisi.
22
Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori
gastrointestinali-tumore del colon-retto
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Marcatori di infiammazione del carcinoma del colon retto
Laboratorio di Oncologia Traslazionale -Dott.ssa Adriana Albini
• Studiare l’interazione tra il microambiente colico interstiziale e la
neoplasia colica nella sua genesi e trasformazione da benigna a
maligna con particolare attenzione all’effetto dell’infiammazione e
dell’angiogenesi loco-regionale.
• Individuare la correlazione tra i dati istologici ottenuti e i dati clinici
Per poter scoprire nuovi bersagli terapeutici è necessario conoscere tutti i
meccanismi patogenetici che determinano lo sviluppo di una malattia.
Nell’ambito dello studio sui tumori, abbiamo riscontrato una stretta relazione
tra il fenomeno di trasformazione della cellula tumorale e il microambiente
che la circonda e ne influenza importanti processi, quali l’angiogenesi. Prima
fra tutti, la flogosi riveste un importante ruolo nel fornire segnali proangiogenici che favoriscono la crescita e disseminazione tumorale. Nostro
interesse era quello di verificare i meccanismi che hanno determinato il
coinvolgimento dell’infiammazione e della correlata angiogenesi nella
progressione del tumore del colon-retto, neoplasia la cui patogenesi è spesso
associata al processo d’infiammazione cronica. Dall’analisi di mediatori
dell’infiammazione, staminalità e trasformazione neoplastica, su tessuti
paraffinati di colon umano, risulta evidente come la progressione da stadio
benigno a stadio maligno del tumore correli con la maggior espressione di
marker pro-infiammatori e pro-angiogenici.
Abbiamo preso in considerazione i seguenti marker:
1. cellule infiammatorie: CD68 (espresso durante la differenziazione
dei monociti), CD15 (espresso dai granulociti neutrofili, utile per
l’adesione cellulare), CD20 (espresso dai linfociti B attivati), CD3
(espresso sulla superficie dei linfociti T), Ciclossigenasi-2 (espresso
in caso di infiammazione), Interleuchina 6 (citochina pleiotropica
prodotta da molti tipi cellulari tra cui monociti/macrofagi,
fibroblasti, cellule endoteliali) e Toll Like Receptor 4 (recettore per
LPS)
2. cellule appartenenti ai differenti tessuti: CD31 (espresso dalle cellule
endoteliali), CD117 (espresso dai progenitori ematopoietici), CD133
(espresso dalle cellule progenitrici), Citocheratine AE1-AE3
(espresse dalle cellule di origine epiteliale), Actina muscolo liscio
(espressa dalle cellule muscolari e mioepiteliali), Ki-67 (indice di
proliferazione cellulare) e Single strand-DNA (espresso dalle cellule
in apoptosi).
3. fattori di crescita: Fattore di crescita per gli epatociti (stimola la
crescita degli epatociti), c-Met (recettore del Fattore di crescita per
gli epatociti) e il Fattore di crescita per l’endotelio vascolare ed
23
endoteliale (VEGF) (indispensabile per l’angiogenesi)
Questo progetto ha visto l’analisi di circa 150 blocchi di tessuto fissato
appartenenti a cinque diversi stati di progressione neoplastica (tessuto sano,
rettocolite ulcerosa, adenocarcinoma insorto su adenoma, adenoma ed
adenocarcinoma) ed ha rivelato un ruolo chiave della molecola
dell’infiammazione acuta, Interleuchina 6 (IL6), nella trasformazione
neoplastica. Se si confrontano tra loro i vari stadi clinici a partire dalla
lesione pre-neoplastica (rettocolite ulcerosa), passando per la lesione
benigna (adenoma), per arrivare infine alla forma maligna
(adenocarcinoma), si evidenzia che la risposta infiammatoria attivata dal
microambiente tumorale diventa via via più specifica e selettiva con un
incremento significativo di cellule esprimenti i marker CD15 ed IL6 in
tessuti di adenocarcinoma metastatico. Dal nostro studio risulta, quindi,
evidente che il microambiente tumorale non solo supporta il fenomeno di
carcinogenesi, ma anche contribuisce alla progressione tumorale e alla
disseminazione metastatica. Al momento attuale si è conclusa la parte
sperimentale iniziale del progetto e si sta effettuando l’analisi dei dati clinici
per confermarne l’eventuale correlazione con il grado di malattia,
riservandosi di procedere ad ulteriori colorazioni di conferma. Si sta inoltre
procedendo alla stesura del manoscritto da sottomettere ad una rivista
scientifica internazionale “peer-reviewed” ai fini di pubblicazione e dunque
mettere i nostri dati a disposizione della comunità scientifica.
24
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Dosaggio del DNA libero circolante nei pazienti affetti da neoplasie
del colon-retto come fattore prognostico e markers precoce di recidiva
Unità Operativa di Chirurgia Generale - Prof Angelo Benevento
- Dosare il DNA libero circolante nei pazienti affetti da neoplasie del coloretto sottoposti a trattamento chirurgico,
- Valutare l’entità di DNA circolante in relazione allo stadio della malattia,
- Identificare l’eventuale incremento del DNA circolante libero in caso di
recidiva in corso di follow-up post-operatorio.
Il tumore del colon-retto è al primo posto come causa di morte in uomini e
donne non fumatori. In Italia i pazienti colpiti da tumore del colon e del
retto sono 36 mila e lo scorso anno questa patologia ha provocato 18 mila
morti.
Nel 1948 è stata scoperta per la prima volta la presenza di acidi nucleici
circolanti nel sangue di persone sane e malate. Solo trent’anni dopo è stato
dimostrato che la quantità di DNA circolante nel plasma o nel siero di
individui malati di cancro era maggiore rispetto agli individui sani o ai
pazienti con altre patologie.
Altri studi hanno dimostrato che, non solo la quantità di DNA circolante è
maggiore nei pazienti oncologici rispetto alle persone sane, ma anche che
questa quantità è maggiore nei tumori più invasivi e diminuisce in risposta
ad un trattamento antitumorale efficace.
Dato che in altre neoplasie, come il carcinoma polmonare a non piccole
cellule, è stato dimostrato che il livello di DNA liberamente circolante nel
plasma è predittivo di una ripresa di malattia o dell'insorgenza di metastasi a
distanza, si è ipotizzato che questo possa essere valido anche per altri tumori
come in quelli del grosso intestino.
Inoltre, un'analisi qualitativa di questo DNA può fornire uno strumento
anche per una diagnosi precoce della malattia.
La metodica da noi applicata prevede il dosaggio del DNA libero circolante
mediante Real Time Polymerase Chain Reaction (PCR) multi array eseguita
su plasma di sangue periferico.
Il protocollo prevede che il campione di sangue (circa 4 cc) sia prelevato
prima della procedura chirurgica e al momento della dimissione per i
pazienti che devono essere ancora sottoposti ad intervento recettivo,
mentre, per i pazienti attualmente seguiti in follow up, si esegue il prelievo
ad ogni controllo secondo scadenze fissate dai controlli ordinari sino a un
massimo di 5 anni dall’intervento. Una volta prelevati, i campioni di sangue
sono immediatamente centrifugati a freddo a 6000rpm per 15 minuti, in
modo da ottenere una quantità sufficiente di plasma, che viene
immediatamente messo in frigorifero a 4C e, quindi, conservato in frigo a 80 sino alla esecuzione della analisi via Real Time PCR.
Il dosaggio del DNA viene quindi eseguito a termini stabiliti a gruppi di 20
campioni alla volta e quindi inserito in un data base computerizzato.
25
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Marcatori diagnostici e predittivi del tumore colorettale
Servizio Anatomia Patologica - Prof. Fausto Sessa
• Identificare l’interazione tumore-tessuto ospite nelle neoplasie
colorettali.
• Valutare l’espressione e distribuzione di citochine coinvolte
nell’infiammazione e di marcatori vasali;
• Descrivere qualitativamente e quantitativamente il coinvolgimento
delle cellule dell’immunità e dell’angiogenesi nei carcinomi con e
senza instabilità dei microsatelliti (MSI e MSS)
Il carcinoma colorettale rimane a tutt’oggi una delle neoplasie con tassi di
mortalità più elevati in tutto il mondo. La definizione della prognosi si basa
sullo stadio tumorale così come definito dall’UICC e dall’AJCC(TNM).
Tuttavia alcuni recenti parametri come la presenza di gemmazione tumorale
(Budding) e la presenza di instabilità dei microsatelliti (MSI) sembrano
rivestire un ruolo rilevante nella definizione dell’andamento di malattia.
Proprio quest’ultimo sottogruppo di tumori (carcinomi colorettali con MSI)
mostra delle caratteristiche morfologiche specifiche ed un comportamento
meno aggressivo.
Le cellule neoplastiche con instabilità dei microsatelliti potrebbero interagire
con il tessuto ospite innescando un’imponente risposta immunologica tale
da contenere e limitare l’estensione e diffusione di malattia. Inoltre recenti
studi hanno evidenziato la presenza di anticorpi specifici nel siero di pazienti
con neoplasie, ma assenti nei tessuti normali ad eccezione del testicolo. Gli
antigeni in grado di evocare una tale produzione di anticorpi sono stati
definiti come antigeni testicolari del cancro (cancer testis (CT) antigen).
Nelle neoplasie colorettali e nelle neoplasie con instabilità dei microsatelliti è
stata descritta la presenza sia del DNA che degli anticorpi contro gli antigeni
CT. L’espressione di tali antigeni sembra possa evocare una risposta
immune attraverso il reclutamento dei linfociti CD4 helper e dei CD8
citotossici.
Perciò abbiamo deciso di studiare in una casistica non selezionata di pazienti
sottoposti a resezione (parziale o completa) di colon una serie di marcatori
coinvolti nell’attivazione della risposta immunologica (MAGE-4, NY-ESO1), nell’infiammazione (IL2, IL4, IL6, IL8, IL1) e nell’angiogenesi (TNFα,
VEGF, VEGFR1, VEGFR2, CD31, D2-40).
Sezioni istologiche ottenute da pezzi operatori sono sottoposte dopo
fissazione ed inclusione allo studio morfologico e immunoistochimico.
L’obiettivo, quindi, è stato ed è di valutare l’espressione di marcatori nei due
sottogruppi di tumori, verificando se esiste un differente profilo e se
esistano delle correlazioni con i parametri anatomo-clinici o con la prognosi.
L’identificazione di tali profili ha lo scopo di aprire nuove ipotesi ed
applicazioni per lo sviluppo di terapia mirata con bersagli specifici.
26
Ricerca di biomarcatori per la valutazione diagnostica e prognostica dei tumori urologici:
tumori prostatici
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Marcatori diagnostici e prognostici del tumore prostatico
Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Identificare gli indicatori precoci di tumore alla prostata e delineare
le principali fasi del processo tumorigenico;
• Quantificare la concentrazione nel siero di citochine coinvolte
nell’infiammazione;
• Descrivere qualitativamente e quantitativamente il coinvolgimento
delle cellule dell’immunità nella formazione e progressione del
tumore prostatico
Nello studio denominato “Prostatest” sono stati coinvolti sia pazienti
degenti dell’UO di Urologia, sia soggetti che accedevano alla Casa di Cura S.
Maria per effettuare esami di controllo. Per la raccolta dei campioni sierici è
stato richiesto il consenso informato.
Ad oggi sono stati raccolti più di 280 sieri di degenti e più di 460 sieri tra gli
utenti esterni dell’ambulatorio di urologia .
Si è provveduto a formulare un nuovo modulo/questionario da compilare a
cura del medico incaricato, al fine di aiutare lo stesso nella scelta dei soggetti
eleggibili all’arruolamento nello studio; sono stati ad esempio esclusi soggetti
con un’età inferiore ai 45 anni e affetti da disturbi a carico del sistema
immunitario o sindromi infiammatorie.
Quasi 200 sieri sono stati analizzati tramite ELISA a chemioluminescenza
per quantificare contemporaneamente 12 citochine/fattori di crescita. Parte
di questi dati sono stati forniti in cieco al Laboratorio di Genomica
Funzionale presso l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova
che, con la supervisione del Dott. Pfeffer, ha provveduto ad effettuare una
prima analisi di “hierarchical clustering”, ossia il raggruppamento dei
campioni in base a profili di espressione delle citochine.
Contemporaneamente sono stati affidati alla Prof.ssa Gelfi del Dipartimento
di Scienze a Tecnologie Biomediche, presso l’Università degli Studi di
Milano, campioni di siero per la comparazione dei profili proteici tra
soggetti affetti da tumore alla prostata e sani; l’obiettivo iniziale è quello di
trovare differenze tra le due categorie, mentre in un secondo momento si
provvederà a identificare le proteine con la differenza più significativa.
Sezioni istologiche ottenute da biopsie sia positive sia negative per il tumore
prostatico saranno sottoposte a valutazione morfologica e citologica.
Confrontando tutti i risultati ottenuti si stanno rilevando le correlazioni tra i
dati, e stabilendo un rapporto causa-effetto tra le varie fasi del processo
tumori genico. E’ in corso l’identificazione di marcatori precoci che
consentano di delineare una diagnosi e una prognosi più precise e
contemporaneamente di monitorare in modo più efficiente l’evoluzione
della patologia e l’efficacia della terapia.
27
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Marcatori prognostici del tumore prostatico
Servizio Anatomia Patologica - Prof. Fausto Sessa
• Identificare fattori prognostici di progressione del carcinoma
prostatico con particolare riferimento all’espressione di c-erbB2,
EGFR e CTSP-1
• Analisi dei meccanismi patogenetici del carcinoma prostatico con
particolare riferimento ai fattori di trascrizione ETS
Il carcinoma prostatico è la neoplasia più frequente nel sesso maschile e la
seconda causa di mortalità per cancro. Il trattamento dei pazienti con
malattia localizzata prevede la prostatectomia radicale o la radioterapia. Lo
stadio patologico ed il grado di differenziazione secondo Gleason
rappresentano i principali fattori prognostici attualmente a disposizione per i
pazienti sottoposti a prostatectomia. Circa il 25% dei pazienti in stadio
iniziale sviluppa una recidiva tumorale entro 5 anni e viene trattato con
terapia anti-androgenica. Nella maggior parte di questi pazienti si verifica
una progressione verso una malattia androgeno-indipendente, refrattaria al
trattamento. Questi dati suggeriscono la necessità di definire fattori
prognostici in grado di identificare i pazienti in stadio iniziale con elevato
rischio di progressione tumorale. In particolare i fattori responsabili della
progressione verso una malattia androgeno-indipendente sono ancora poco
conosciuti. Recenti studi hanno evidenziato la correlazione tra
iperespressione di EGFR e c-erbB2 e progressione verso una malattia
androgeno-indipendente. Se questi risultati venissero confermati, la
determinazione di espressione di questi marcatori potrebbe permettere di
identificare pazienti in stadio iniziale ad alto rischio di recidiva dopo
prostatectomia radicale. Questi pazienti potrebbero beneficiare di un
trattamento adiuvante con agenti anti-EGFR e/o anti-c-erbB2 in
associazione con ormono-terapia. CTSP-1 è una proteina della famiglia
Cancer-testis antigens che viene espressa dal carcinoma prostatico ed è in
grado di evocare una risposta anticorpale nei pazienti affetti da questa
neoplasia. Un recente studio ha suggerito un possibile ruolo di questo
antigene come fattore prognostico del carcinoma prostatico. Il nostro studio
in corso ha come obiettivo valutare con metodica immunoistochimica
l’espressione di EGFR, c-erbB2 e CTSP-1 in una serie retrospettiva di
pazienti affetti da carcinoma prostatico sottoposti a prostatectomia radicale
provenienti dall’UO di Urologia della Casa di Cura S. Maria. In particolare si
vuole stabilire l’eventuale associazione tra l’espressione di EGFR, c-erbB2 e
CTSP-1 con alcuni parametri clinico-patologici quali lo stadio, il grado di
Gleason, l’indice di proliferazione (Ki67), l’espressione di molecole di
adesione come E-caderina ed il possibile ruolo prognostico di questi
marcatori.
I meccanismi molecolari implicati nello sviluppo del carcinoma prostatico
sono molto complessi ed ancora in parte sconosciuti. Recenti studi hanno
28
suggerito il possibile ruolo oncogeno di alcuni geni della famiglia di fattori di
trascrizione ETS, sulla base della loro capacità di attivare o inibire
l’espressione di geni implicati nella proliferazione, differenziazione e
sopravvivenza cellulare. In particolare è stato ipotizzato un ruolo
patogenetico dei fattori di trascrizione ETS specifici per le cellule epiteliali
nel carcinoma prostatico. Circa il 50% dei tumori della prostata presenta
traslocazioni cromosomiche che coinvolgono i geni ETS. Un recente studio
ha evidenziato una ridotta espressione del gene ESE-3 implicato nei
meccanismi di apoptosi cellulare nel carcinoma prostatico rispetto al tessuto
prostatico normale, suggerendo quindi un suo possibile ruolo di gene
oncosoppressore. In questo senso, il nostro studio si propone di esaminare
l’espressione immunoistochimica di alcuni fattori di trascrizione della
famiglia ETS, quali ESE-3, ESE-1 ed ERG su campioni di tessuto
prostatico normale, neoplastico e con PIN in una serie retrospettiva di
pazienti affetti da carcinoma prostatico sottoposti a prostatectomia radicale
provenienti dall’UO di Urologia della Casa di Cura S. Maria. In particolare si
vuole stabilire l’eventuale associazione tra l’espressione di questi fattori ed
alcuni parametri clinico-patologici quali lo stadio, il grado di Gleason e la
sopravvivenza libera da malattia.
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Ricerca di biomarcatori per l’identificazione precoce di effetti collaterali avversi delle terapie
antitumorali, con particolare attenzione agli effetti cardiotossici
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Ricerca di biomarker sierici per una valutazione precoce di
cardiotossicità indotta da farmaci chemioterapici
Laboratorio di Oncologia Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini
• Identificare un eventuale profilo proteico predittivo dello stadio di
malattia cardiaca associata alla concomitante somministrazione di
farmaci antitumorali
• Studiare la cardiotossicità della capecitabina e di inibitori
tirosinchinasici usati in chemioterapia
In caso di trattamenti antitumorali e chemiopreventivi mirati all’endotelio
ed al microambiente tumorale si verificano effetti collaterali anche
importanti a carico dei vasi e del cuore. Ad esempio l’uso di inibitori
selettivi di COX-2 per prevenire gli adenomi del colon ha determinato
l’aumento, in soggetti predisposti, del rischio di complicanze
cardiovascolari, tra cui l’infarto del miocardio. Diversi inibitori
tirosinchinasici sono stati recentemente introdotti nel trattamento di un
ampio spettro di neoplasie: anticorpi umanizzati diretti verso i recettori
tirosinchinasici o verso i loro ligandi e piccole molecole in grado di inibire
le tirosinchinasi.
E’ emerso che alcuni di questi agenti possono essere responsabili di
cardiotossicità e possono indurre in alcuni pazienti alterazioni della
funzione ventricolare sinistra (sintomatica o asintomatica).
La frequenza di questi eventi non è a tutt’oggi chiara, poiché gli studi
clinici non hanno previsto, nella maggior parte dei casi, una valutazione
prospettica dei parametri di funzionalità cardiaca ed hanno spesso escluso
pazienti con comorbidità di tipo cardiovascolare.
Dai dati disponibili sembra possibile classificare gli inibitori tirosinchinasici
in un gruppo a basso rischio di cardiotossicità (gefitinib, erlotinib,
cetuximab, panitumumab, lapatinib) ed un gruppo con nota o probabile
cardiotossicità: trastuzumab, imatinib, sunitinib, sorafenib e bevacizumab.
Il nostro gruppo ha sviluppato tre protocolli che prevedono una
valutazione completa e approfondita di alcuni parametri di laboratorio in
tutti i pazienti si sottopongono, nelle nostre strutture, ad un trattamento
con i seguenti antineoplastici:
1. Capecitabina, un profarmaco del 5-Fluoruracile
2. Inibitori tirosinchinasici (trastuzumab, sunitinib, sorafenib,
imatinib)
3. Bevacizumab, un anticorpo monoclinale
Lo studio è stato valutato per la fattibilità ed è stato sottoposto ad
approvazione del comitato etico.
Nello studio sono inclusi pazienti che iniziano per la prima volta un
trattamento con capecitabina sulla base delle indicazioni registrative del
30
farmaco, ovvero carcinoma del colon-retto in fase adiuvante o metastatica,
carcinoma mammario in fase avanzata, neoplasie maligne del pancreas e
delle vie biliari. Lo studio prosegue con una valutazione basale
(immediatamente prima dell’inizio del trattamento), ed in seguito gli stessi
parametri vengono valutati periodicamente durante tutto il corso del
trattamento e sino a 2-3 anni oltre il termine del trattamento.
In particolare oggetto di analisi è il dosaggio di citochine pro o antiinfiammatorie e marker cardiaci (Troponina I, Mioglobina, Creatin-chinasi
MB, Anidrasi Carbonica III, Glicogeno fosforilasi BB, Proteina legante gli
acidi grassi) al fine di identificare un profilo proteico predittivo dello stadio
di malattia cardiaca associata alla concomitante somministrazione di
farmaci antitumorali. Le citochine sono proteine solubili a basso peso
molecolare e funzionano come molecole di segnalazione intercellulare
nella regolazione dei sistemi immunitari; sembrano essere implicate in varie
condizioni patologiche. L’analisi delle suddette potrebbe quindi fornire un
utile approccio prognostico.
A questo scopo si impiega una tecnologia che combina l’uso di vari
anticorpi su chip.
La tecnologia da noi utilizzata, Biochip Array, permette di valutare
simultaneamente ed in maniera quantitativa più analiti da un unico
campione di paziente. Il Biochip Randox è un supporto solido sul quale
sono immobilizzati anticorpi specifici per differenti classi di citochine e
fattori di crescita (IL1α, IL1β, IL2, IL4, IL6, IL8, IL10, VEGF, TNFα,
IFNγ, EGF, MCP1) identificabili come regioni discrete per specifici test. Si
tratta di un immunodosaggio sandwich in chemioluminescenza. Un
aumento dei livelli di citochine in un campione porta ad un aumento di
legami con anticorpi marcati con perossidasi di rafano (HRP) e quindi ad
un aumento del segnale chemioluminescente emesso. Il segnale di luce
generato da ognuna delle regioni del test sul biochip è quantificato
simultaneamente utilizzando una tecnologia di digitalizzazione
dell’immagine (Charge Couple Device, CCD) ed è comparato a quello di
una curva di calibrazione archiviata. La concentrazione dell’analita presente
nel campione è calcolata sulla curva di calibrazione analita specifica. Lo
scopo di questo progetto è quello di approfondire le possibili tossicità
cardiache dei farmaci antineoplastici e giungere ad individuare le
alterazioni che precedono l’eventuale comparsa di sintomi clinici in modo
da intervenire tempestivamente ed evitare l’instaurarsi della cardiotossicità.
Questi studi rivestono particolare importanza, in quanto potrebbero
permettere di chiarire la tossicità correlata all’utilizzo di farmaci
antitumorali, e la messa a punto di nuovi protocolli terapeutici.
31
3) Diagnosi e terapia, inclusa la gestione delle complicanze
Se lo screening e la ricerca di base rappresentano capisaldi dell’attività a carattere scientifico delle UO e
dei Servizi della Casa di Cura S. Maria di Castellanza, sul fronte terapeutico ci si è impegnati
nell’individuazione ed implementazione di nuove strategie per trattare i tumori individuati in fase
iniziale con metodi di cura più efficaci e meno tossici.
In questa macroarea vengono incluse tutte le attività di sperimentazione clinica di approcci diagnostici e
terapeutici innovativi, sia nella fase di studio preclinico che di applicazione corrente.
Inoltre, un’enfasi particolare viene data allo studio e alla gestione delle complicanze e degli eventi
collaterali alle terapie che costituiscono elementi fondamentali nella valutazione completa del paziente.
Gli studi qui descritti sono effettuati presso la Casa di Cura S. Maria di Castellanza in collaborazione
con altre UO, Servizi e Laboratori del Gruppo MultiMedica. Finanziamenti a supporto di alcuni di
questi studi provengono dall’AIFA, dalla Regione Lombardia, dal FAR Insubria e dai Ministeri della
Salute e MIUR.
In dettaglio verranno descritte:
- Strategie Diagnostiche
- Terapia di eccellenza, nell’ambito di:
Tumori della mammella
Tumori polmonari
Tumori gastrointestinali
Tumore urologici
Separatamente verranno inoltre trattati:
- Studio di approcci diagnostici e terapeutici innovativi
- Studio e gestione delle complicanze
Accanto agli studi descritti di seguito, sono stati proposti ulteriori protocolli e percorsi diagnosticoterapeutici attualmente in via di approvazione:
•
Studio in doppio cieco di pazienti che presentano flogosi prostatica asintomatica di tipo IV alla
biopsia prostatica, con l’intento di confrontare un trattamento con farmaci tradizionali
antiflogistici (Cardioaspirina) con antiflogistici vegetali (Curcumina) nell’ottica della prevenzione
primaria del cancro prostatico.
•
Quantificazione delle cellule tumorali circolanti nel carcinoma prostatico dopo TURP piuttosto
che dopo Vaporizzazione prostatica con laser a luce verde.
•
Studio pilota sull’utilizzo degli Ultrasuoni Focalizzati ad alta intensità (HIFU) nel trattamento
“focale” dei carcinomi prostatici monolocali o monolobari a basso rischio di progressione.
•
Percorso clinico colon-retto
•
Cardiotossicità, con proposte di protocolli di “cardioncologia” per la prevenzione degli effetti
cardiovascolari dei farmaci antineoplastici
Di seguito le schede di progetto della macroarea 3.
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Strategie diagnostiche
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Approcci combinati di tecniche di imaging funzionale, genomica e
proteomica per lo sviluppo di strategie innovative per la prevenzione
diagnosi e terapia dei tumori.
Servizio di Medicina Nucleare - Dr Andrea Bruno
1. Studio e messa a punto di sistema di screening e di diagnosi preclinica
innovativo basato sull’espressione genica e PET-CT, tecnica non
invasiva in grado di rilevare, localizzare e caratterizzare precocemente e
simultaneamente più sedi tumorali. Viene studiata sia una popolazione a
rischio (counseling genetico), sia una popolazione affetta da neoplasia.
2. Analisi dell’espressione genica a livello genomico e proteomico per
identificazione e studio di geni coinvolti nel processo neoplastico
3. Studio in vitro ed in vivo (topi knock out) dell’effetto di nuovi farmaci e
della localizzazione diagnostica di composti radiomarcati.
4. Sviluppo di sensori matriciali ad alta granularità per l’imaging di
campioni radiomarcati e dosimetria in vivo.
5. Sviluppo sia di strumentazione sia di metodi d’impiego, con particolare
riferimento all’imaging di matrici di proteine radiomarcate (protein
arrays) e alla dosimetria in vivo.
6. Analisi di nuovi radioisotopi per l’imaging funzionale e messa a punto di
nuove metodologie per l’high throughput screening e medicina
personalizzata.
7. Sviluppo di anticorpi monoclinali (mAbs) come veicolo di farmaci e di
radioisotopi per il tissue targeting a scopo diagnostico e terapeutico
8. Combinazione degli studi di biomarcatori e di imaging molecolare sopra
descritti al fine di sviluppare protocolli diagnostici e di terapia
personalizzata, sia farmacologica che radioterapica.
9. Sviluppo di software applicativo multimodale in grado di gestire
immagini provenienti dalle diverse modalità diagnostiche rilevate
dall’acceleratore (immagini portali 3D) per l’ottimizzazione del
trattamento radioterapico con tecnica ART 4D (Radioterapia Adattiva
4D) finalizzata all’ottimizzazione del controllo loco–regionale del
tumore, che adatta il trattamento in tempo reale in relazione a
movimenti dovuti alla respirazione ed eventuale cambio di
configurazione, dimensione e posizione dell’organo bersaglio.
10. Sviluppo di sistema di dosimetria portale in tempo reale mediante
immagini portali e trasformandole in immagini di dose portale erogata
da cui sia possibile misurare la distribuzione della dose ai tessuti
confrontata con la dose pianificata.
11. Sviluppo di protocolli clinici di trattamento radioterapico con tecnica
ART.
12. Studio di dosimetria e quality assurance in analisi PET-CT, anche con
nuovi marcatori. Le indagini con sistemi PET-CT comportano una dose
33
al paziente non trascurabile, da esposizione interna ed esterna. In una
attivita’ di screening, la misura della dose e dei rischi, unitamente alla
valutazione della qualità delle immagini è essenziale.
13. Messa a punto di sistemi di produzione di traccianti radioattivi (dal FDG
a nuovi composti per imaging molecolare) per la distribuzione sul
territorio.
Descrizione:
Il progetto di ricerca si articola in 5 Obiettivi Realizzativi che a loro volta
prevedono diverse fasi intermedie di svolgimento lungo l’arco di 36 mesi di
durata del progetto.
Messa a punto di nuovi protocolli di prevenzione secondaria
(screening biochimici, genetici e di imaging) e terziaria (imaging:
stadiazione e follow-up)
Fase I – durata 1-18 mesi:
a. Attivazione di ambulatorio di genetica medica per visite
ambulatoriali su popolazione affetta da neoplasia e a rischio di
neoplasia.
b. Selezione e arruolamento pazienti (malati e a rischio) sulla base della
valutazione delle schede anamnestiche compilate.
c. Attivazione diagnostica PET-CT per screening neoplasie in soggetti
a rischio e affetti da neoplasia e per studio cardiotossicità da
chemioterapici/radioterapia in popolazione affetta da cancro della
mammella, del colon-retto e della prostata.
d. Attivazione diagnostica DSCT per valutazione sensibilità e
specificità della metodica nello studio delle coronarie, della
perfusione e funzione miocardica in pazienti affetti da
adenocarcinoma del colon e da adenocarcinoma della ghiandola
prostatica con rischio cardiovascolare definito e in pazienti già
scrinati apparentemente sani.
e. Attivazione e utilizzo di un laboratorio di anatomia patologica,
genomica e proteomica per lo studio dell’espressione genica della
popolazione a rischio e affetta da neoplasia; ricerca di marcatori
tumorali specifici utilizzabili anche per sintesi di radiofarmaci ad
impiego oncologico.
f. Risultati dello studio dell’espressione genica in popolazione affetta
da neoplasia e a rischio e della valutazione di cardiotossicità.
Fase II – durata 18-36 mesi:
g. Ricerca di marcatori tumorali specifici (utilizzabili anche per la
sintesi di radiofarmaci ad impiego oncologico), ottenuti con
tecnologie post-genomiche (analisi del trascrittoma) e basati sullo
studio di moduli funzionali (network biology).
h. Catalogazione funzionale dei geni per funzione molecolare o per
processo biologico come proposto dal Gene Ontology Consortium
34
o per i sistemi Affymetrix da NetFX.
i. Analisi di espressione accurata dei geni caratterizzati per ciascuna
tipologia tumorale, al fine di mettere in evidenza specifici profili
molecolari e correlazione dei dati del trascrittoma nei vari contesti
tumorali con l’outcome clinico.
Fase III – durata 24-36 mesi:
j. Sviluppo e validazione di nuovi protocolli di prevenzione secondaria
(screening biochimici e di imaging) e terziaria (imaging: stadiazione e
follow-up).
Sviluppo e produzione di set di biomarcatori (chips diagnostici) utili
alla stadiazione, follow-up e monitoraggio della terapia delle
neoplasie
Fase I – durata 1-24 mesi:
a. Genomica: marcatori tessuto-specifici; microarrays dedicati alla
tipizzazione di tumori solidi.
b. Glicomica: set di marcatori tessuto utili alla stadiazione del tumore
(eparansolfati, acido ialuronico).
c. Proteomica: pannello di proteine differenzialmente espresse a livello
periferico per la diagnosi precoce e lo screening ad ampio raggio dei
tumori; realizzazione di un antibody array a scopo diagnostico;
pannelli di proteine tumorali e/o periferiche associabili alla prognosi
e alla risposta terapeutica del tumore; realizzazione di antibody
arrays da utilizzare a supporto della definizione della prognosi e della
terapia; pannelli di proteine tumorali, prevalentemente espresse sulla
superficie cellulare, che permettano la messa a punto di strumenti
terapeutici (vaccini) e diagnostici (imaging molecolare) selettivi.
d. Immunomica: Realizzazione di anticorpi monoclonali “tumorespecifici” per immunodiagnostica e immunoterapia; nuovi
“nanokits” diagnostici; coniugati di probes monoclonali con
biofarmaci o farmaci di sintesi per approcci di immunoterapia.
e. Vaccino profilassi e immunoterapia: Studi preclinici con linee
autologhe di linfociti T tumore-specifiche per immunoterapia
adottiva.
f. Biostrumentazione: Ottimizzazione delle procedure di marcatura e
rivelazione in fluorescenza/chemioluminescenza: realizzazione di un
“dimostratore”; analisi economica di metodi e tecnologie; analisi
comparata con le metodiche esistenti.
Fase II – durata 24-36 mesi:
g. Set di chips diagnostici per l’identificazione e lo studio dei geni
coinvolti nel processo neoplastico: nuovi kits derivati dall’analisi
dell’espressione genica a livello genomico e proteomico con
ricadute per l’industria delle biotecnologie.
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Produzione e commercializzazione di FDG e di nuovi radiofarmaci
positrone-emittenti marcati con 18F
Fase I – durata 1-18 mesi:
a. Attivazione ciclotrone biomedicale per produzione isotopi positrone
emittenti.
b. Attivazione laboratorio di radiochimica/radiofarmacia a norma
GMP (Good Manufacturer Practice) per la sintesi di radiofarmaci
isotopi positrone emittenti prodotti da ciclotrone autorizzato alla
commercializzazione distributiva sul territorio.
farmaceutico (classe A). Poiché è caratteristica innovativa del
Laboratorio la progettazione, realizzazione e distribuzione di nuovi
radiofarmaci marcati con 18F e altri isotopi positrone emittenti, al di
là del tradizionale18F-FDG e dato il carattere sperimentale delle
radiosintesi, si dovrà necessariamente tener conto delle esigenze
farmaceutiche (dall’automazione, ai materiali monouso e di grado
farmaceutico, alla minimizzazione dei contatti tra atmosfera esterna
e composti chimici e di radiochimica ecc.).
Fase II – durata 18-36 mesi:
c. Sintesi e validazione di nuovi radiofarmaci positrone emittenti
marcati con 18F basati sullo studio dell’espressione genica e sulla
ricerca di marcatori tumorali specifici.
d. Eventuale inizio attività distributiva di radiofarmaci innovativi a
scopo diagnostico marcati con 18F.
Studio di innovativi algoritmi diagnostici e di terapia mirata
(farmacologica e radioterapica) delle neoplasie
Fase I – durata 1-18 mesi:
a) Selezione di soggetti ad alto rischio, prevalentemente su base genetica,
per una prevenzione/diagnosi precoce.
b) Selezione di soggetti con malattia già nota che possono giovarsi in fase
iniziale o nel follow-up di terapie mirate.
c) Definizione dei profili molecolari delle neoplasie in studio a fini
diagnostici, prognostici e di personalizzazione della terapia.
d) Classificazione clinica dei pazienti sulla base di specifiche alterazioni
metaboliche (metabolismo glucidico, ipossia, angiogenesi, proliferazione
tessutale) basate su tecniche di imaging molecolare ad elevato valore
prognostico (PET CT) e individuazione a livello tessutale della presenza
di espressione dei marcatori molecolari (tecniche di proteomicagenomica).
e) Valutazione combinata e integrata dei risultati ottenuti con tecniche di
genomica-proteomica e tecniche di imaging molecolare (PET CT) per la
caratterizzazione della malattia neoplastica nel singolo paziente (aspetti
biologici e funzionali).
Fase II – durata 18-36 mesi:
36
f) Studio dei meccanismi biomolecolari di risposta delle cellule alle
radiazioni.
g) Definizione dei volumi di trattamento mediante tecniche di imaging
morfologico e funzionale/metabolico.
h) Disegno di nuovi e più precisi piani di trattamento farmacologico e
mediante apparecchiature di radioterapia ad alta precisione.
i) Studio con scanner PET ad elevata risoluzione spaziale dedicato al
piccolo animale (micro-PET): imaging non invasivo di eventi e
interazioni molecolari nel piccolo animale vivente su molecole in fase
iniziale di sviluppo allo scopo di caratterizzare le proprietà
farmacodinamiche e farmacocinetiche di nuovi farmaci in modo da
poterle trasferire rapidamente su volontari sani e ad uno studio clinico.
Sviluppo di software applicativo multimodale e per imaging e
dosimetria portale
Fase I – durata 1-12 mesi
a) Implementazione di due acceleratori lineari prototipali (ad esempio
Artist Siemens) dotati di hardware adeguato all’acquisizione di immagini
4D in fase di trattamento;
b) Definizione di protocolli clinici di trattamento radioterapico con tecnica
ART.
c) Registrazione di immagini portali: completa caratterizzazione del sistema
di imaging. (definizione di diversi parametri legati alla qualità
dell’immagine, come il contrasto o la risoluzione spaziale, all’affidabilità
del sistema, come robustezza e risposta temporale).
d) Protocollo di posizionamento del paziente e creazione di software di
ricostruzione/proiezione geometrica.
e) Calibrazione in termini di dose dei dispositivi per Portal Imaging
f) Determinazione della dose rilasciata al paziente a partire dalla misura
della dose portale.
g) Definizione di algoritmi di calcolo dedicati che permettano di valutare
anche il contributo nel paziente della dose scatterata.
h) Definizione della procedura di acquisizione dei profili e effettuazione di
misure real-time
i) Sviluppo di software di analisi dosimetrica a partire dalle immagini
portali acquisite dall’acceleratore in fase di trattamento del paziente con
lo scopo di adattare la prescrizione dosimetrica in tempo reale (Dose
Guided Radiation Therapy);
j) Implementazione del software di analisi dosimetrica portale con
retroproiezione della dose rilasciata al paziente durante il trattamento
Fase II – durata 12-24 mesi:
k) sviluppo di un tool software multimodale in grado di gestire immagini
provenienti dalle diverse modalità diagnostiche quali TC, MR, PET/CT
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e provenienti dall’acceleratore (immagini portali 3D) per l’ottimizzazione
del trattamento radioterapico con tecnica ART.
l) integrazione
di
dati
dosimetrici
direttamente
provenienti
dall’acceleratore lineare, di dati clinici provenienti da modalità
diagnostiche (imaging molecolare), di dati di laboratorio e dati
molecolari (genomica/proteomica).
m) Sviluppo di software di analisi dei dati di imaging molecolare e
informazioni molecolari (genomica e proteomica) che consenta di
ottimizzare ed adattare la prescrizione dosimetrica del trattamento
(Biological Radiation Therapy).
n) implementazione del software multimodale di analisi dei dati biologici
del paziente con feedback di ottimizzazione della prescrizione del
trattamento utilizzando parametri radiobiologici.
Fase III – durata 24-30 mesi:
o) sviluppo del prototipo funzionale.
p) personalizzazione e adattamento del trattamento radioterapico sulla base
delle specifiche informazioni biologiche del paziente raccolte prima e
durante il corso di trattamento radioterapico.
Fase IV – durata 30-36 mesi:
q) valutazione clinica del software sviluppato.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio dei meccanismi di captazione miocardica del [F18]Fluorodesossiglucosio
in
pazienti
oncologici
mediante
correlazione dei dati clinico-anamnestici dei pazienti con quelli dei
marcatori ematici di infiammazione.
Servizio di Medicina Nucleare-Dr Andrea Bruno
Obiettivo dello studio è analizzare la captazione miocardica di 18F-FDG in
un gruppo consecutivo di 100 pazienti oncologici , nei quali è indicato lo
studio PET per stadiazione, con anamnesi cardiologia negativa, non
sottoposti a precedente trattamento chemio o radioterapico.
In tutti i pazienti viene eseguito prelievo ematico per il dosaggio di insulina,
glucagone, cortisolo, catecolamine, indici infiammatori (PCR e
interleuchine). E’ prevista inoltre accurata anamnesi cardiologica e controllo
cardiologico ambulatoriale a sei mesi e un anno.
Risultati :
1) stima della percentuale di pazienti oncologici nei quali è presente una
captazione di FDG da parte del miocardio ‘inattesa’ per clinica e dati
epidemiologici del paziente,
2) valutazione della correlazione di tale positività con vari parametri clinici,
particolarmente indici infiammatori, indici di metabolismo glucidico ed
indici di stress,
3) valutazione se tale positività possa essere considerata un marcatore di un
evento preclinico di malattia.
I compiti del Servizio di Medicina Nucleare sono: selezione dei pazienti,
esecuzione degli studi PET /TC con 18F-FDG, valutazione immagini
captazione miocardica, raccolta dati clinico-anamnestici e dati di biochimica,
correlazione dei dati di imaging con quelli di clinica-biochimica, follow-up
clinico.
39
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Genomica funzionale e farmacogenomica dell’endotelio. Profili di
espressione di cellule endoteliali trattate.
Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Trattamento delle cellule endoteliali umane (HUVEC) con molecole
anti-infiammatorie e antiangiogeniche naturali, o di sintesi
(chemiopreventivi, inibitori di vie di trasduzione dei segnali di
sopravvivenza cellulare e infiammazione).
• Valutazione della risposta cellulare in seguito al trattamento.
• Valutazione dei cambiamenti nei profili di espressione genica
• Analisi dei cambiamenti a livello di proteoma.
• Selezione di bersagli specifici e comuni dell'attività antinfiammatoria
/antiangiogenica.
• Identificazione di biomarcatori intermedi di risposta al trattamento.
Mediante genomica funzionale è stata analizzata l’espressione genica di
cellule endoteliali umane (HUVEC) sottoposte a trattamento con diversi
composti chemopreventivi. Tra gli agenti aventi caratteristiche
chemiopreventive vi sono: N-acetilcisteina (NAC), un aminoacido
precursore del glutatione, in grado di inibire la crescita tumorale di cellule
di sarcoma di Kaposi e di agire come agente chemiopreventivo
antiossidante; Epigallocatechinagallato (EGCG), un flavonoide del tè
verde, in grado di inibire le gelatinasi e quindi l’invasione tumorale;
Xantumolo, un flavonoide in grado di indurre la morte per apoptosi delle
cellule leucemiche e di interferire con le cellule endoteliali, inibendo
l’angiogenesi; Retinoidi, sia nelle forme naturali di acido retinoico all-trans
(at-RA), 9-cis e 13-cis, che nella forma sintetica di N-(4idrossifenil)retinamide (4HPR), in grado di promuovere l’apoptosi di
cellule tumorali; Triterpenoidi, agenti derivanti dall’acido oleanoleico,
presente in numerosi agrumi; Deguelina, un flavonoide in grado di inibire
la proteina Akt, implicata in pathway replicativi; Curcumina, un polifenolo
contenuto nel curry, in grado di inibire la disseminazione metastatica in
modelli di carcinoma mammario; Interferone γ (INFγ), una citochina
proinfiammatoria.
Abbiamo studiato gli effetti del trattamento sull’endotelio analizzando i
profili di espressione genica mediante Microarrays e Real Time PCR. I dati
ottenuti hanno evidenziato come alcuni geni vengono down-regolati in
seguito al trattamento con i farmaci anti-angiogenici, mentre altri upregolati.
Il trattamento con la NAC e i flavonoidi induce una riduzione
dell’espressione di molti geni target di NF-kappaB; l’ interferone alfa (IFN
γ) incrementa l’espressione della proteina guanylate binding protein-1
(GBP-1); le molecole antiossidanti NAC e EGCG inducono una ridotta
attivazione endoteliale. Queste ultime sono responsabili dell’alterazione
dell’espressione di diversi geni coinvolti nel pathway della citochina
40
infiammatoria TNFα.
I nostri studi portare sono mirati alla selezione di bersagli specifici e
comuni dell'attività antinfiammatoria/antiangiogenica dei composti
chemopreventivi e alla successiva identificazione di biomarcatori intermedi
di risposta al trattamento.
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Terapia di eccellenza
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Identificazione dei meccanismi d’azione di fitoestrogeni
chemopreventivi
Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Valutare gli effetti di diversi composti con potenziale attività
chemiopreventiva, in vitro ed in vivo.
• Individuare il loro meccanismo d’azione molecolare
I fitoestrogeni sono composti non steroidei prodotti da organismi vegetali,
con una struttura simile agli ormoni steroidei, dei quali sono in grado di
riconoscere i recettori. Essi modulano l’attività estrogenica, sia legandosi al
recettore degli estrogeni e producendo un effetto molto più debole, sia
influenzando l’attività degli enzimi deputati alla sintesi e al metabolismo
degli ormoni stessi.
Uno dei campi d’impiego dei fitoestrogeni è la terapia ormonale sostitutiva
nelle donne in menopausa, una fase della vita in cui la produzione di
estrogeni e progesterone si riduce con conseguenze importanti (ad esempio
osteoporosi e alterazioni a livello vasomotorio). Studi epidemiologici hanno
evidenziato che nei paesi asiatici in cui i fitoestrogeni vengono già assunti in
grandi quantità attraverso la dieta, questi disturbi sono molto meno
frequenti. Fonti alimentari di fitoestrogeni sono ad esempio la soia, i cereali,
le noci, i legumi e le crocifere.
È interessante notare che in questi stessi paesi l’incidenza delle patologie
cardiovascolari e dei tumori dell’utero, della mammella e del colon è
significativamente inferiore rispetto ai paesi occidentali.
I fitoestrogeni, infatti, esplicano anche un effetto antitumorale dovuto
all’inibizione di diverse fasi del processo tumorigenico, tra le quali ad
esempio la proliferazione delle cellule tumorali ed il reclutamento di cellule
endoteliali in sede tumorale.
Tra i fitoestrogeni figurano i seguenti composti da noi studiati:
genisteina
epigallo-catechina gallato
xantumolo
resveratrolo
iperforina
curcumina
deguelina
La traslocazione (t9;22) che determina la produzione della proteina di
fusione Bcr/Abl è alla base della patogenesi della leucemia mieloide cronica
(CML). L’espressione dell’oncogene si traduce in una proteina in grado di
attivare a valle cascate di fosforilazione, come ad esempio quelle di Akt e
GSk3. Patologie ematologiche come CML, leucemia mieloide acuta (AML),
la leucemia linfoide acuta (ALL) e la sindrome mielodisplastica (MDS), così
come altri tumori solidi, necessitano di angiogenesi per crescere. Nuovi vasi
42
forniscono nutrienti ed ossigeno e costituiscono una via di disseminazione
metastatica. Lo xantumolo (XN), principale flavonoide della pianta del
luppolo, ha dimostrato nei nostri laboratori attività chemiopreventiva sia in
vitro che in vivo. Il principale meccanismo d’azione è risultato l’inibizione
del pathway Akt/NF-kB sia in cellule di sarcoma di Kaposi (KS-Imm) che
in cellule endoteliali (HUVEC). L’effetto antiangiogenico osservato ha
motivato il nostro interesse a valutare l’effetto su cellule K562 di CML. In
vitro XN riduce la vitalità cellulare favorendo l’apoptosi; saggi ELISA e di
western blotting hanno rivelato che l’inibizione della migrazione di NF-kB
nel nucleo avviene a livello di IKK. Per approfondire il meccanismo di
induzione dell’apoptosi, sono stati osservati gli effetti su Bcr/Abl. Le cellule
K562, che normalmente esprimono alti livelli di questa proteina, una volta
trattate con XN presentano bassi livelli sia di mRNA, sia di proteina, e
contemporaneamente secernano minori quantità del fattore di crescita
dell’endotelio vascolare (VEGF) rispetto a cellule non trattate. Inoltre queste
cellule sono caratterizzate da un incremento della sintesi della proteina p21,
coinvolta nell’arresto del ciclo cellulare. Il trattamento delle K562 con XN
determina un’inferiore invasività e capacità di adesione alle HUVEC. I
risultati positivi ottenuti utilizzando questa molecola come angiopreventivo
hanno supportato l’idea di un suo possibile utilizzo nel trattamento delle
leucemie mieloidi croniche (LMC).
Un altro composto interessante testato nei nostri laboratori è la curcumina,
un polifenolo contenuto nel curry. La curcumina è stata testata sulla linea
cellulare umana di tumore alla mammella MDA-MB-231, sia in vitro che in
vivo. Le cellule trattate presentano un alto tasso di apoptosi che correla con
una ridotta attivazione di NF-kB. Inoltre si assiste al decremento delle
metalloproteasi che degradano la matrice e alla repressione del fattore di
trascrizione AP-1.
Questi effetti sono stati confermati in vivo, dove il 68% dei topi trattati con
curcumina non presenta metastasi al polmone, contro il 17% nei non
trattati.
Tra i composti fitoterapici figura anche un altro composto polifenolico,
l’Iperforina (Hyp), il composto più lipofilico estratto dall’erba di S.
Giovanni. Hyp è già conosciuta per le sue proprietà antidepressive ed
antibatteriche. In laboratorio abbiamo valutato i suoi effetti sulle cellule del
sistema immunitario, normalmente reclutate in sede tumorale. I risultati
sono incoraggianti e mostrano che la molecola in esame riduce l’attività
migratoria ed invasiva delle cellule, senza alterarne la vitalità. Nelle cellule
trattate si osserva la riduzione della molecola d’adesione CD11b e della
metalloproteasi della matrice di tipo 9. Concentrazioni non tossiche di
iperforina riducono la migrazione delle HUVEC e la loro capacità di
formare capillari.
Le cellule endoteliali trattate con Hyp esibiscono una ridotta traslocazione
della proteina NF-kB dal citoplasma al nucleo, dove altrimenti attiverebbe
43
segnali di sopravvivenza e proliferazione. In vivo, in modelli di angiogenesi
indotta da IL8 o MCP1, la somministrazione intraperitoneale del composto
ha inibito la vascolarizzazione nel metodo delle spugne di matrigel, da noi
messo a punto in passato. In esperimenti di crescita del sarcoma di Kaposi
in vivo, la riduzione dell’angiogenesi nel tumore correla con una ridotta
dimensione della massa primaria rispetto ai controlli.
Questi risultati sottolineano il potenziale dell’Iperforina come agente
angiopreventivo e anti-infiammatorio.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Valutazione dell’attività chemiopreventiva dei triterpenoidi sintetici
CDDO-Me e CDDO-Im
Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Valutare la/e popolazione/i cellulari bersaglio dei triterpenoidi in vitro.
• Valutare gli effetti dei triterpenoidi e dell’iperforina in modelli murini di
xenograft e di angiogenesi.
• Identificare il bersaglio molecolare ed il meccanismo d’azione dei
composti.
I due triterpenoidi sintetici CDDO-Me e CDDO-Im sono stati testati in
vitro su diverse popolazioni cellulari: cellule endoteliali umane della vena
ombelicale (HUVEC), monociti e neutrofili isolati da sangue periferico,
cellule isolate da sarcoma di Kaposi e linee tumorali prostatiche. I risultati
ottenuti dimostrano che il CDDO-Me è in grado di alterare il normale
comportamento cellulare.
Nostro scopo è l’identificazione di nuove strategie terapeutiche facilmente
traducibili in un’applicazione clinica, non tossiche per il sistema
cardiovascolare. La nostra attenzione è rivolta a composti derivanti dalla
dieta; in particolare, abbiamo valutato l’attività di analoghi del triterpenoide
CDDO (2-cyano-3,12-dioxoolean-1,9-dien-28-oate) che mimano la struttura
di un olio essenziale presente nella buccia degli agrumi. Grazie alla
collaborazione con il Dipartimento di Farmacologia della Dartmouth
Medical School del New Hamsphire (US) guidato dal Prof. Michael Sporn, il
nostro studio ha potuto spaziare da tests in vitro a modelli murini di
angiogenesi e crescita tumorale. Sono stati condotti esperimenti per valutare
la vitalità cellulare, le capacità di migrazione, invasione e organizzazione
delle HUVEC in strutture capillariformi. Entrambi i triterpenoidi hanno
dimostrato una potente attività anti-angiogenica, sia inibendo la crescita sia
la migrazione di cellule endoteliali e la formazione di nuovi tubuli.
In collaborazione con il Laboratorio di Oncologia Molecolare e
Angiogenesi, presso l’IST di Genova, il CDDO-Me è stato testato su linee
cellulari di tumore prostatico sia ormone-dipendente (LNCaP), sia ormoneindipendente (PC3 e DU145), con risultati interessanti e incoraggianti già a
basse concentrazioni in termini d’induzione dell’apoptosi (morte cellulare
programmata) nelle cellule d’interesse.
I due triterpenoidi hanno dimostrato anche attività angiopreventiva, in
quanto sono in grado di prevenire la formazione di nuovi vasi, come è stato
dimostrato da saggi di angiogenesi e crescita tumorale condotti nel modello
murino.
La molecola è attualmente in fase I-II di studio clinico negli USA e sembra
possa agire sul tumore del pancreas.
45
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Angioprevenzione con retinoidi di sintesi
Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Identificare i bersagli cellulari della fenretinide (4HPR)
• Studiare i meccanismi molecolari alla base della sua azione
antiangiogenica
• Valutare la modulazione dell’espressione genica indotta dal 4HPR
Diversi agenti chemiopreventivi hanno dimostrato di esercitare un’azione
antiangiogenica. Prevenire o arrestare l’angiogenesi tumorale costituisce un
approccio interessante sia per la terapia del cancro sia per la sua prevenzione
in quanto consente non solo di limitare l’espansione della massa tumorale,
ma anche il processo di metastatizzazione. L’angiogenesi è uno dei bersagli
chiave di molti composti chemiopreventivi, concetto racchiuso e spiegato
dal termine angioprevenzione da noi coniato ed oggi riconosciuto dal
mondo scientifico. Uno dei composti correntemente utilizzato nel nostro
laboratorio, di derivazione sintetica, l’ N-(4-hydroxyphenyl)retinamide
(4HPR), è una molecola che trova già applicazione nella terapia del tumore
alla mammella. Il 4HPR è stato testato in vitro su cellule endoteliali
(HUVEC) per valutare i suoi effetti sul comportamento cellulare. È risultato
che le cellule trattate con questa molecola presentano riduzione dell’attività
migratoria, invasiva e della capacità di organizzarsi in strutture capillariformi
tridimensionali. Dal punto di vista biochimico, associata alla riduzione delle
principali funzioni biologiche, si osserva una ridotta attività della
metalloproteasi della matrice 2 e di CD13/APN. In parallelo, è stata inoltre
effettuata l’analisi della modulazione dell’espressione genica da parte del
4HPR ed è risultato che, in cellule endoteliali, queste due molecole che
regolano l’angiogenesi sono sovraespresse rispetto alle cellule non trattate.
In vivo il 4HPR è stato in grado di inibire l’angiogenesi nel saggio che
prevede l’inoculo di una spugna di matrigel sottocute e di inibire la crescita
del sarcoma di Kaposi in un modello di xenograft murino.
Il 4-HPR è risultato dunque un composto chemiopreventivo con buone
capacità anti-angiogeniche.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio dell’attività antiangiogenica del rexinoide LG100268
Laboratorio di Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Valutare l’efficacia del rexinoide LG100268
• Testare la combinazione con altri agenti chemopreventivi in modelli
tumorali murini
Durante questo progetto abbiamo esaminato l’azione angiopreventiva del
Rexinoide LG100268, un derivato dell’acido retinico, che rispetto ai
retinoidi causa una ridotta tossicità dovuta all’interazione selettiva con i
recettori nucleari dei fattori trascrizionali di tipo RXR. In particolare
abbiamo studiato l’attività di LG100268 sia in modelli in vivo che in vitro.
Nel saggio di morfogenesi in vitro, una concentrazione di 500nM di
LG100268 è in grado di bloccare la formazione di strutture simili a capillari
da parte delle HUVEC. Tuttavia abbiamo riscontrato che LG100268 non
influenza la crescita cellulare, né mostra tossicità o induce apoptosi nelle
stesse cellule. In vivo, nel saggio di angiogenesi che prevede l’inoculo
sottocute, nei fianchi del topo, di spugne di matrigel, una concentrazione di
200nM di LG100268 riduce la formazione di vasi sanguigni. Anche la
somministrazione sistemica mediante iniezione intraperitoneale di 1µM di
LG100268 inibisce considerevolmente l’angiogenesi. Oltre a testare
l’efficacia di composti somministrati singolarmente, è stato ed è nostro
interesse valutare la possibilità di effettuare trattamenti combinati. In
particolare è stata provata la combinazione di LG100268 e del CDDO-Me
in vivo. In esperimenti di angiogenesi, la combinazione equimolare dei due
composti aggiunti al matrigel prima dell’iniezione sub-cutanea, si è
dimostrata in grado di prevenire la neo-vascolarizzazione. In un modello
murino transgenico di tumore mammario negativo per il recettore degli
estrogeni, i due composti sono stati mescolati alla dieta e somministrati per
diverse settimane, alternativamente da prima della comparsa del tumore
oppure solo dopo che esso è risultato palpabile. Entrambe le soluzioni,
come prevenzione e come terapia, hanno mostrato un incremento
dell’efficacia antitumorale, già dimostrata dai composti singolarmente.
Questo risultato è molto interessante, soprattutto per il trattamento dei
tumori della mammella recettore estrogeno-negativi, che attualmente sono
associati ad una prognosi peggiore e deficitano di una terapia farmacologia
efficace.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Effetti antiangiogenici e preventivi in oncologia dell’agente
ipoglicemizzante Metformina
Laboratorio di Oncologica Traslazionle - Dott.ssa Adriana Albini;
Giuseppina Pennesi
• Inibizione dell’angiogenesi tumorale e conseguente riduzione della
crescita tumorale mediante l’utilizzo di Metformina.
• Prevenzione del processo di carcinogenesi.
La terapia antiangiogenica ha come scopo quello di colpire selettivamente le
cellule endoteliali proliferanti ma geneticamente stabili, piuttosto che la
cellula cancerosa geneticamente instabile. Pertanto l’inibizione
dell’angiogenesi tumorale mira al blocco dell’espansione ed accrescimento
della massa neoplastica piuttosto che alla sua completa eradicazione.
L’obiettivo del progetto è quello di individuare e testare le potenzialità
terapeutiche di possibili composti da utilizzare nel trattamento di patologie
associate all’endotelio. In particolare stiamo effettuando studi in vitro ed in
vivo su un farmaco ipoglicemizzante: la Metformina.
La Metformina è un farmaco potenzialmente utilizzabile come preventivo
per alcune linee tumorali poiché un recente studio preclinico ha evidenziato
un suo possibile il ruolo nell’inibizione della proliferazione di cellule
tumorali della prostata.
L’obiettivo del nostro progetto è stato quello di tentare un approccio
sperimentale su cellule endoteliali (HUVEC) e su cellule tumorali derivanti da
tumori altamente vascolarizzati (Sarcoma di Kaposi).
Abbiamo valutato la capacità della Metformina di interferire con i processi di
migrazione cellulare, attraverso l’allestimento di saggi di chemiotassi in
camere di Boyden. L’effetto sulla proliferazione cellulare l’eventuale tossicità,
è stata testata su cellule endoteliali umane coltivate per diversi giorni e
trattate con tale composti. Abbiamo valutato in vitro la capacità di specifici
fattori di modulare la neo-vascolarizzazione mediante il saggio di
morfogenesi. E’ stata quindi valutata la possibilità che la Metformina sia in
grado di inibire la formazione di tubuli di cellule endoteliali immerse in una
matrice di Matrigel. Per sviluppare nuovi approcci utili ad inibire la crescita
neoplastica e lo sviluppo metastatico è necessario acquisire maggiori
informazioni sui meccanismi d’azione alla base dei composti attivi e
sull’individuazione dei loro target biologici. A questo proposito si stanno
mettendo a punto test biologici atti a fornire informazioni sul possibile
meccanismo d'azione ed i potenziali target del nostro composto, nonché
analisi in vivo. Inoltre stiamo procedendo alla valutazione degli effetti sulla
crescita tumorale in modelli murini e cellulari di tumori ampiamente
vascolarizzati.
I risultati delle ricerche svolte contribuiranno a fornire informazioni riguardo
l’effetto terapeutico del farmaco su cellule endoteliali e su modelli tumorali.
48
I risultati attesi potrebbero contribuire allo sviluppo di una terapia
antitumorale che abbia un duplice effetto soprattutto a beneficio dei
pazienti diabetici.
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Sviluppo di terapie antiangiogeniche innovative: analisi dell’effetto
anti-angiogenico di peptidi inibitori del recettore del fattore di
crescita HGF
Laboratorio di Oncologica Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini
• Individuare nuovi peptidi inibitori di sintesi del recettore c-Met
• Testare le loro potenzialità inibitorie su cellule endoteliali umane
(HUVEC) e cellule tumorali
• Allestire test in vitro ed in vivo per valutare il loro effetto antiangiogenico
• Sviluppare terapie anti-angiogeniche per il trattamento di patologie
tumorali e non tumorali associate all’endotelio
Negli ultimi anni sono stati sviluppati numerosi approcci terapeutici che
hanno come bersaglio l’endotelio. Attualmente, a livello clinico, le strategie
che hanno dato risultati più apprezzabili sono quelle dirette contro i fattori
di crescita e le proteine intracellulari che mediano la loro funzione. In questo
contesto, uno dei nostri scopi è stato quello di identificare e testare le
potenzialità terapeutiche di peptidi inibitori del recettore Met del fattore di
crescita HGF. Sono stati testati peptidi in cui un dominio funzionale è stato
accoppiato a una sequenza “cell-penetrating” della proteina Antennapedia.
Abbiamo valutato in vitro la capacità di questi peptidi di fusione di
interferire con i processi di migrazione cellulare, attraverso l’allestimento di
saggi di chemiotassi in camere di Boyden. L’effetto dei peptidi sulla
proliferazione cellulare e la loro tossicità, è stato testato su cellule coltivate
per diversi giorni e trattate con tali composti. Un parametro rilevante per la
valutazione in vitro della capacità di specifici fattori di modulare la neovascolarizzazione è l’attività tubulo-formativa delle cellule endoteliali. È stata
quindi valutata la possibilità che i peptidi siano in grado di inibire la
formazione di tubuli di cellule HUVEC immerse in una matrice di Matrigel.
Le analisi in vivo condotte su modelli murini, hanno dimostrato la capacità
di questi composti di inibire la crescita tumorale in topi immunodepressi e di
ridurre l’angiogenesi indotta mediante l’utilizzo di spugne di Matrigel.
Abbiamo disegnato anche nuovi peptidi inibitori di sintesi ed abbiamo
rivelato la loro attività antiangiogenica.
I risultati ottenuti finora ci incoraggiano a considerare questi peptidi come
composti di interesse per la duplice proprietà di inibire la migrazione
cellulare e di inibire la neo-vascolarizzazione.
I peptidi per la nuova applicazione sono stati depositati come brevetti.
Le fasi successive di questo studio prevedono l’identificazione dei
meccanismi d’azione dei composti, nonché dei pathways bersaglio che
49
possano spiegare gli effetti osservati.
Abbiamo anche disegnato nuovi peptidi in corso di deposito.
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio di drug delivery con nanotubi di carbonio (CNT):
caratterizzazione di nuove molecole carrier aventi come target la
cellula endoteliale
Laboratorio di Oncologica Translazionale-Dott.ssa Adriana Albini
• Studio della biocompatibilità dei nanotubi di carbonio a singola
parete in modelli biologici in vitro e in vivo
• Funzionalizzazione multi molecolare della parete dei SWCNTs per
il targeting ed il delivery farmacologico
• Valutazione delle proprietà angioinibitorie dei nanocarrier
funzionalizzati
Nell’ambito dello studio di nuovi meccanismi antiangiogenici, la nostra
attenzione si è focalizzata sulla caratterizzazione di nuove molecole
carrier, allo scopo di agire selettivamente sulle cellule endoteliali e di
diminuire la dose minima efficace dei principi attivi terapeutici.
I nanotubi di carbonio (CNT) a singola parete (SWNT), utilizzati per i
nostri studi, sono stati caratterizzati in collaborazione con il laboratorio
Nanomed (CBA, Genova) e l’Università di Genova, mediante
spettroscopia infrarossa a trasformazione di Fourier (FTIR) e
spettroscopia Raman.
In esperimenti di sopravvivenza cellulare, migrazione e morfogenesi, i
nanotubi di carbonio hanno mostrano una ridotta tossicità per
l’endotelio. È stata analizzata l’interazione delle nanoparticelle con le
cellule endoteliali ed è risultato che i nanotubi vengono internalizzati nel
compartimento lisosomiale per poi essere successivamente espulsi
secondo il fisiologico fenomeno di transcitosi. Si osserva, infatti, un
incremento del compartimento vescicolare, probabilmente dovuto
all’accumulo intracellulare dei nanotubi nei lisosomi.
Le nostre osservazioni sulle interazioni tra le cellule endoteliali e le
nanoparticelle suggeriscono che i nanotubi, opportunamente
funzionalizzati, ovvero coniugati a sequenze peptidiche o anticorpi in
grado di direzionarle verso le cellule endoteliali anche in vivo, potrebbero
rappresentare una nuova terapia a target per l’endotelio.
La valutazione della tossicità dei nanotubi ossidati nel nostro laboratorio
(per creare gruppi ossidrilici attivi in grado di formare legami peptidici),
non ha rilevato alcun effetto negativo addizionale sulla vitalità cellulare.
Inoltre, esperimenti cronici in vivo tramite l’iniezione endovenosa. di
nanotubi ossidati in cavie BALB/C, sembrano allinearsi con i dati
ottenuti in vitro.
Il passo successivo in corso di realizzazione è quello di funzionalizzare i
nanotubi, mediante condensazione con peptidi. I peptidi che andremo a
50
testare avranno lo scopo di mimare sequenze in grado di legarsi a cellule
endoteliali, in quanto possiedono proprietà di interazione con recettori
coinvolti nell’angiogenesi. I peptidi individuati verranno condensati,
attraverso il loro gruppo amminico, al gruppo carbossilico dei nanotubi a
singola parete, caratterizzati con tecniche di spettroscopia e quantificati
con analisi termica gravitometrica (TGA). Al fine di localizzare i nanotubi
funzionalizzati nelle cellule endoteliali, si utilizzeranno tecniche di
microscopia elettronica a trasmissione (TEM) e a scansione (SEM). Ci
proponiamo di valutare anche la tossicità e l’interazione dei nanotubi
funzionalizzati con le cellule endoteliali mediante saggi in vitro ed in vivo;
a tal scopo i nanotubi verranno marcati con molecole fluorescenti per
consentirne una facile localizzazione sia nei compartimenti cellulari che
nel modello in vivo. Infine le nanoparticelle saranno coniugate a farmaci
anti-neoplastici o anti-angiogenici da veicolare all’endotelio tumorale; tra
questi verranno utilizzati farmaci antiangiogenici sia di tipo
chemioterapico che chemiopreventivo, come il taxolo, una molecola con
note proprietà antitumorali e antiangiogeniche.
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Terapia-Tumori della mammella
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Trial clinico: Utilizzo nel trattamento del carcinoma mammario in stadio
iniziale di una nuova tecnica di Brachiterapia che utilizza un applicatore
denominato MAMMOSITETM
Servizio di Radioterapia - Dr Gianpiero Catalano
Partedipiamo a uno studio multicentrico non randomizzato che ha l’obiettivo
principale di raccogliere l’esperienza con MammositeTM nei centri Italiani che lo
utilizzano, e di valutarne l’efficacia e la tossicità in tempi brevi rispetto alla
terapia standard (radioterapia a fasci esterni). L’obiettivo principale è quindi la
valutazione dell’efficacia di un trattamento di irradiazione parziale della
mammella (Partial Breast Irradiation - PBI) limitata al solo letto tumorale, nella
strategia di trattamento conservativo del carcinoma mammario in stadio iniziale.
In particolare, si propone di valutare l’efficacia di una nuova tecnica di
brachiterapia in cui l’erogazione delle radiazioni avviene tramite un catetere con
palloncino gonfiabile inserito nella sede del tumore al termine dell’intervento
chirurgico e il suo collegamento con una sorgente di Iridio 192 (Applicatore
MammositeTM).
L’Obiettivo scientifico dello studio è di valutare l’efficacia della Partial Breast
Irradiation con MammositeTM nell’ottenere il controllo locale del carcinoma
mammario mantenendo al tempo stesso l’integrità corporea della paziente e
rendendo più accessibile e meglio tollerabile il trattamento postoperatorio,
attualmente gravato da lunghi tempi di esecuzione e, in alcune realtà, da lunghi
mesi di attesa. End-point: valutare il tasso di recidive rispetto ai tassi storici della
classica radioterapia in ambito QUART, il risultato cosmetico, gli effetti
collaterali, le reazioni avverse e le sequele di tale tecnica. Aggregando i centri
italiani che utilizzano questa procedura è auspicabile ottenere in tempi brevi dati
sufficienti a migliorare la conoscenza scientifica e valutare l’impatto sulla qualità
di vita di questo trattamento rispetto alla terapia standard.
Studio multicentrico di fase II. Disegno dello studio 100 pazienti totali.
Contributo della Unità: 10 pazienti/anno. E’ in corso la fase autorizzativa.
52
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Trial clinico: Carcinoma mammario a basso rischio di recidiva locale:
irradiazione parziale mammaria accelerata con radioterapia
conformazionale tridimensionale (3DCRT) vs. radioterapia standard,
dopo chirurgia conservativa (Studio IRMA).
Servizio di Radioterapia - Dr Gianpiero Catalano
Valutare se l’impatto sul controllo locale di un trattamento radiante postoperatorio con modalità ipofrazionata e accelerata su un volume mammario
parziale, in pazienti a basso rischio di recidiva sottoposte a chirurgia
conservativa, risulti non inferiore rispetto ad un trattamento sulla intera
mammella eseguito con frazionamento convenzionale.
Il razionale alla base dello studio risiede nella evidenza di una maggiore
incidenza delle recidive locali, dopo chirurgia conservativa, nel quadrante
mammario sede della neoplasia primitiva, indipendentemente dal fatto che la
paziente venga sottoposta o meno a radioterapia post-operatoria; di fatto, la
storia naturale della malattia suggerisce che la ricomparsa della neoplasia al di
fuori del quadrante interessato sia da considerarsi con maggiore probabilità
come un secondo tumore piuttosto che una recidiva locale. Poiché il tasso di
recidive insorte in un quadrante diverso da quello originario non differisce tra le
pazienti sottoposte o meno a radioterapia, il reale effetto preventivo della
radioterapia sulle microlesioni occulte tumorali eventualmente presenti al di
fuori del quadrante originario appare dubbio. Numerose evidenze sperimentali
supportano l’efficacia, in pazienti selezionati, di una tecnica radioterapica mirata
ad ottenere la sterilizzazione del solo letto tumorale. In tal modo, è possibile
diminuire il volume di irradiazione e, di conseguenza, il numero delle frazioni
somministrate attraverso l’incremento della dose per frazione. L’aumento della
dose per frazione e la diminuzione della durata del trattamento verrebbero così
ottenuti con una prevedibile minor tossicità, oltre che con tutti i benefici in
termini di “economia globale” e di logistica del trattamento stesso.
Lo studio è multicentrico randomizzato di fase III. Disegno dello studio 3302
pazienti totali. Contributo della Unità: 20 pazienti/anno. E’ in corso la fase
autorizzativa.
53
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio interno: Sviluppo di un programma di irradiazione parziale della
mammella (PBI) con radioterapia intra-operatoria (IORT) nella strategia
terapeutica conservativa del carcinoma mammario in stadio iniziale
Servizio di Radioterapia - Dr Gianpiero Catalano
Implementazione di un programma di IORT in ambito clinico. Valutazione
della tossicità a breve e lungo termine, delle criticità, degli aspetti organizzativi,
logistici, dosimetrici, nonché valutazione del rischio di recidive loco-regionali,
rispetto a trattamenti convenzionali.
Il razionale clinico si basa sulla evidenza di un’indicazione ad un trattamento
limitato e parziale, in situazioni selezionate di neoplasia mammarie a minore
rischio di recidiva loco-regionale e sistemica. La PBI si inserisce in questa
filosofia, mirando a controllare la malattia tumorale a livello della sede iniziale e
nelle immediate vicinanze, nelle sedi cioè a più elevato rischio di recidiva. La
IORT è una tecnica che permette l’erogazione di una dose di radiazioni durante
l’intervento chirurgico, subito dopo l’exeresi, direttamente sull’area anatomica
nella quale risiedeva la neoplasia; nelle premesse radiobiologiche, la IORT
dovrebbe permettere di migliorare l’efficacia dell’associazione tra chirurgia e RT.
Infatti, l’effetto di una dose singola elevata ha un valore radiobiologico superiore
rispetto alla stessa dose frazionata in modo convenzionale; inoltre la precocità
dell’irradiazione e la precisa visualizzazione e delimitazione del letto operatorio
dovrebbero migliorare il controllo locale della neoplasia a fronte di una tossicità
comparabile o addirittura ridotta rispetto alla tecnica tradizionale di irradiazione
a fasci esterni.
Non sono previsti limiti al numero di pazienti includibili. I criteri di selezione e
di arruolamento riguardano pazienti in età adulta, con malattia mammaria in
stadio iniziale, suscettibili di una chirurgia conservativa sul volume mammario,
per la quale sia indicato un trattamento radiante post-operatorio a titolo
precauzionale. In tali pazienti, previa acquisizione di adeguato consenso, viene
proposta la irradiazione intra-operatoria sul letto chirurgico (area della neoplasia
primitiva) come sede a maggiore rischio di recidiva locale. Tale irradiazione,
eseguita con Acceleratore Lineare dedicato, con emissione di fasci di elettroni ad
alta energia, costituisce una parte della dose di radiazioni necessaria per garantire
un accettabile rischio di recidiva locale. La restante parte della dose di radiazioni
viene eseguita dopo l’intervento con tecnica standard (radioterapia
conformazionale). In una fase successiva, come attuato in altre Istituzioni, è
previsto che il trattamento IORT sostituisca in toto il trattamento postoperatorio.
Il programma ha previsto l’implementazione della Unità con un Acceleratore
Lineare dedicato; ad oggi è in corso la implementazione della apparecchiatura
per la verifica della stabilità.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio prospettico randomizzato di terapia sequenziale adiuvante o
primaria nel carcinoma mammario operabile.
UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi
OBIETTIVO PRIMARIO: Testare il ruolo del paclitaxel vs la vinorelbina
combinati con antracicline nei primi 4 cicli e della combinazione CMF vs
paclitaxel negli ultimi 4 cicli di terapia.
OBIETTIVI SECONDARI: Comparazione dei tre trattamenti previsti nelle tre
braccia sperimentali dello studio per
Sopravvivenza libera da recidiva (Relapse-Free Survival-RFS) Braccio B vs
Braccio A
RFS Braccio B vs Braccio C
Nell’ambito di questo studio multicentrico sono stati globalmente arruolate 1355
pazienti con diagnosi di tumore alla mammella operabile.
Le pazienti sono state randomizzate in 3 braccia:
BRACCIO A: Intervento chirurgico seguito da terapia adiuvante con
doxorubicina (75mg/m2) seguita da CMF.
BRACCIO B: Intervento chirurgico seguito da terapia adiuvante con paclitaxel
(200mg/m2) più doxorubicina (60mg/m2), indi CMF.
BRACCIO C: Paclitaxel (200mg/m2) più doxorubicina (60mg/m2) seguito da
CMF e alla fine intervento chirurgico.
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Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio Taxit 216 multicentrico randomizzato di terapia sequenziale
epirubicina-CMF vs epirubicina-docetaxel-CMF come terapia adiuvante
di carcinoma mammario in fase precoce con linfonodi ascellari positivi
UO di Oncologia e Cure Palliative - Dott.ssa Ornella Gottardi
OBIETTIVO PRIMARIO: Valutazione dell’efficacia e della tollerabilità del
regime sequenziale contenente docetaxel
OBIETTIVI SECONDARI: Valutazione comparativa dei trattamenti riguardo:
• Tossicità
• Sopravvivenza libera da malattia (Disease Free Survival-DFS)
• Sopravvivenza libera da recidiva di malattia (Relapse Free Survival-RFS)
• Tasso di sopravvivenza (Overall Survival-OS)
La somministrazione sequenziale di antracicline seguita da CMF rappresenta il
trattamento standard per il tumore alla mammella allo stato precoce con
linfonodi positivi. L’aggiunta di docetaxel alla sequenza potrebbe aumentare
l’efficacia dei singoli farmaci usati a dosaggi ottimali.
La Casa di Cura Santa Maria partecipa allo studio che globalmente prevede il
reclutamento di 972 secondo i seguenti criteri di inclusione:
• Tumore alla mammella con linfonodi positivi alla diagnosi
• Età >18 anni e <65 anni
• Mastectomia o chirurgia conservativa della mammella con asportazione
dei linfonodi ascellari (T1-3, N1, M0)
• Intervento chirurgico completato 4-6 settimane prima della
randomizzazione
• LVEF normale.
Le pazienti sono randomizzate in due braccia:
BRACCIO A: trattamento con Epirubicina (120 mg/m2, d1 q21 d) e CMF
(600/40/600 mg/m2, d1,8 q28 d) (E→CMF)
BRACCIO B: Trattamento con trattamento con Epirubicina (120 mg/m2, d1 q21
d), Docetaxel (100 mg/m2, d1 q21 d) e CMF (600/40/600 mg/m2, d1,8 q28 d)
(E→T→CMF)
56
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Efficacia e tollerabilità di trastuzumab alla dose di mantenimento di
1mg/kg/settimana vs la dose standard di 2mg/kg/settimana in
combinazione con la chemioterapia nel tumore della mammella
metastatico. Studio multicentrico di fase III (GIM7)
UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi
OBIETTIVO PRIMARIO: confrontare in termine di Progression Free Survival
(PFS) l’efficacia del trastuzumab alla dose di mantenimento di 1mg/kg/settimana
o 3mg/kg/trisettimanale vs la dose standard di 2mg/kg/settimana o di
6mg/kg/trisettimanale nelle pazienti con carcinoma mammario metastatico
HER2+ candidate ad una prima linea di trattamento con chemioterapia +
trastuzumab
OBIETTIVI SECONDARI: confrontare fra le due braccia di trattamento
• il tasso di sopravvivenza (Overall Survival-OS)
• il tasso di risposta (Overall Response Rate-ORR)
• la tossicità
• la cardiotossicità
• la farmacocinetica.
Il trastuzumab (anticorpo monoclonale diretto contro HER2) alla dose di
2mg/Kg/settimana (dose di mantenimento), in combinazione con il trattamento
chemioterapico convenzionale rappresenta la prima linea nella terapia dei tumori
metastatici della mammella che esprimono alti livelli della proteina HER2.
A causa della lunga emivita di queste quantità del trastuzumab somministrato in
multiple dosi, la minima concentrazione plasmatica ottenuta è circa 2.5-5 volte
superiore alla quantità di farmaco considerata attiva nella terapia trisettimanale e
4-8 volte superiore nella terapia settimanale. E’ possibile che la somministrazione
di trastuzumab ad una dose inferiore di quella attualmente prevista nei protocolli
terapeutici possa essere efficace e presentare minori effettici tossici.
Questo studio multicentrico di fase III prevede di reclutare globalmente 750
pazienti secondo i seguenti criteri di inclusione:
• età >18 anni
• ECOG performance status 0-1
• Diagnosi istologica di tumore alla mammella con evidenze di patologia
ricorrente o metastatica. Le lesioni non dovrebbero essere curabili con
terapia chirurgica o radiologica.
• LVEF di base >50 misurata ecograficamente o mediante MUGA scan
• Espressione di alti livelli di HERB2
• Indicazione al trattamento chemioterapico+Trastuzumab
• E’ permessa una precedente terapia ormonale sia come adiuvante sia per
la patologia metastatica
• E’ permessa un precedente trattamento adiuvante e/neo-adiuvante
• E’ permesso un precedente trattamento con Trastuzumab
• Stima dell’aspettativa di vita di almeno12 settimane
57
•
•
•
Adeguata funzionalità renale, epatica e del midollo osseo
Firma del consenso informato
Pazienti in età riproduttiva devono usare un trattamento contraccettivo
quando appropriato (eccetto in caso di terapia ormonale sostitutiva)
durante il periodo dello studio fino a 3 mesi dopo la fine del trattamento
sperimentale.
Le pazienti verranno randomizzate in due braccia:
BRACCIO A (sperimentale): trastuzumab endovena alla dose di carico di
8mg/kg giorno 1 (regime trisettimanale) o 4mg/kg giorno 1 (regime settimanale),
seguito da una dose di mantenimento di 1mg/kg/settimana o
3mg/kg/trisettimanale.
BRACCIO B (di controllo): trastuzumab ev alla dose di carico di 8mg/kg giorno
1 (regime trisettimanale) o 4mg/kg giorno 1 (regime settimanale), seguito da una
dose di mantenimento di 2mg/kg/settimana o 6mg/kg/trisettimanale.
58
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio randomizzato di chemioterapia precauzionale a basse dosi,
dopo una chemioterapia standard, secondo regime metronomico a
potenziale effetto anti angiogenesi, versus sola osservazione, in
pazienti con carcinoma mammario con recettori estrogenici e
progestinici negativi (Studio IBCSG 22-00)
UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani
Valutare l'efficacia di una chemioterapia a basse dosi, somministrata per os
per un anno, dopo una chemioterapia standard, rispetto alla sola
osservazione, in pazienti ad alto rischio di recidiva per le caratteristiche
biologiche di malattia.
L’interesse scientifico dello studio è rappresentato dall’ipotesi che una
chemioterapia precauzionale prolungata possa rappresentare un vantaggio in
donne con carcinoma mammario non suscettibile di un trattamento antiormonale per la assenza di espressione nel tumore primario di recettori sia
estrogenici che progestinici I seguenti parametri sono analizzati
z Sopravvivenza libera da malattia
z Sopravvivenza globale
z Sopravvivenza libera da malattia sistemica
z Tossicità
59
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio randomizzato di dissezione ascellare verso osservazione, in
pazienti con carcinoma mammario in fase precoce e micrometastasi
nel linfonodo sentinella (Studio IBCSG 23-01)
UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani
Verificare il significato prognostico in relazione al trattamento chirurgico
(biopsia del linfonodo sentinella verso dissezione ascellare).
Saranno analizzati i seguenti parametri:
• Sopravvivenza libera da malattia;
• Sopravvivenza libera da malattia sistemica;
• Complicazioni chirurgiche a breve e lungo termine;
• Qualità di vita;
• Incidenza di recidiva nell’ascella non operata;
• Sede della prima recidiva
L’interesse scientifico dello studio è rappresentato dalla ipotesi che la
presenza di micrometastasi (≤ 2 mm) nel linfonodo sentinella non
comprometta la sopravvivenza libera da malattia in caso di mancato
svuotamento ascellare completo.
I dati disponibili sul valore predittivo delle micrometastasi nell’insorgenza di
ulteriori localizzazioni ascellari ed il significato prognostico in termini di
sopravvivenza globale sono tuttora oggetto di studio e la presenza di
micrometastasi a livello del linfonodo sentinella richiede tuttora, al di fuori di
studi clinici randomizzati, un approccio chirurgico radicale.
60
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Aiutare se stesse per aiutare gli altri: studio sul tumore mammario
nelle donne giovani.
UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani
Identificare in alcuni Istituti in Europa (Svizzera e Nord Italia) una coorte
prospettica di giovani donne (età 40 o più giovani) con nuova diagnosi di
tumore al seno per valutare una vasta gamma di variabili al momento della
diagnosi e nei successivi 10 anni che consentano di caratterizzare la malattia
e l’impatto psicosociale (ad esempio l’impatto globale del trattamento,
problemi di fertilità e menopausa).
Si tratta di uno studio longitudinale basato su un progetto sviluppato al Dana
Farber Cancer Institute (DFCI) di Boston e attualmente in corso nel
Massachussetts in una popolazione di donne con le stesse caratteristiche.
L’obiettivo dello studio è identificare, nell’arco di tre anni, all’interno di
Istituzioni selezionate dell’Italia settentrionale e della Svizzera, almeno 800
donne di età non superiore a quaranta anni, con prima diagnosi di carcinoma
mammario, cui sottoporre periodicamente dei questionari per valutare i
diversi aspetti medici e personali al momento della diagnosi e nel corso dei
dieci anni successivi. E’ prevista la partecipazione di circa 300 donne.
Lo studio si propone di caratterizzare questa popolazione alla diagnosi e di
monitorarne l’andamento nel tempo con riferimento specifico agli aspetti
medici della malattia e ai risvolti psico-sociali ad essa legati.
Saranno analizzati gli aspetti riguardanti la malattia, inclusi i trattamenti
antitumorali, così come le preoccupazioni delle pazienti circa la fertilità e i
disturbi legati a un’eventuale menopausa precoce.
I dati ottenuti con questo studio potranno aumentare le informazioni
disponibili, consentendo di sviluppare interventi mirati per migliorare la
qualità di vita di future pazienti e di donne già guarite da questa patologia.
Le informazioni raccolte saranno anche d’aiuto al personale curante (medici,
infermieri) nella complessa gestione delle giovani pazienti confrontate con
questa malattia.
61
Terapia-Tumore polmonare
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
TAILORAIFA [TArceva Italian Lung Optimization tRial]
Ottimizzazione di erlotinib per il trattamento di pazienti con tumore del
polmone non a piccole cellule: uno studio italiano randomizzato
UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi
Scopo dello studio è la valutazione della possibilità di ottimizzare un trattamento
di seconda linea nel tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC)
utilizzando marcatori biologici e clinici.
Studio di fase III, italiano, multicentrico, in aperto, randomizzato per valutare
l’efficacia di terapie di seconda linea in differenti sottogruppi di pazienti con
NSCLC, definiti in base a valutazioni molecolari.
Al fine di definire la popolazione appropriata per entrare nello studio, sono
previste le seguenti 3 differenti fasi:
Fase 1: Registrazione e raccolta dei campioni tissutali
In questa fase sono presi in esame pazienti con NSCLC prima o durante una
prima linea di chemioterapia a base di platino oppure pazienti ricaduti dopo una
prima linea di chemioterapia adiuvante a base di platino saranno registrati, dopo
aver fornito la propria disponibilità a fornire il materiale per le analisi molecolari.
I campioni tissutali ed ematici saranno raccolti per effettuare le analisi genomiche
ed immunoistochimiche al fine di identificare le caratteristiche molecolari del
tumore.
Fase 2: Randomizzazione delle terapie di seconda linea
Alla progressione dopo la prima linea di trattamento, i pazienti con mutazioni
EGFR 19-21 saranno trattati con erlotinib e seguiti in follow-up, mentre i
pazienti senza mutazioni EGFR saranno randomizzati ad un trattamento
consistente di:
- erlotinib 150 mg/die fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile
- docetaxel 75 mg/m2 il giorno 1 ogni 21 giorni (schedula ogni 3 settimane) o 35
mg/m2 i giorni 1, 8 e 15 ogni 28 giorni (schedula settimanale) fino a progressione
di malattia o tossicità inaccettabile
Fase 3: Valutazione clinica e ulteriori trattamenti
Durante il trattamento e nel corso della fase di follow-up, la valutazione clinica
dei pazienti sarà effettuata su base regolare, al fine di raccogliere i dati per
confrontare l’efficacia e la sicurezza.
In caso di ulteriore progressione, a giudizio dello sperimentatore, i pazienti
potranno ricevere una terapia di terza linea standardizzata con pemetrexed, 500
mg/m2 il giorno 1 ogni 21 giorni supplementato da acido folico e vitamina B12,
fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile.
62
Terapia-Tumori gastrointestinali
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Identificazione delle micrometastasi peritoneali da neoplasie del
tratto gastro-enterico mediante laparoscopia diagnostica a
fluorescenza
Unità Operativa di Chirurgia Generale - Prof Angelo Benevento
Lo studio permette di valutare:
- Incidenza d’impianto peritoneale/pleurico di macro- e micro-metastasi da
tumori maligni.
- Ll’impianto preferenziale delle cellule neoplastiche nelle sierose: peritoneo
pelvico, sottodiaframmatico, paracolico, mesenterico etc.
-Ll’impianto preferenziale delle cellule neoplastiche in sede linfonodale
locoregionale e non-locoregionale o a distanza (fegato, polmone, encefalo,
ferita chirurgica), rispetto alla localizzazione celomatica.
-Modalità (multifocale o unico) d’impianto delle cellule neoplastiche in
quelle sierose.
- Relazione tra la sede del tumore primitivo la sede di impianto delle cellule
tumorali (cinetica della esfoliazione tumorale).
I dati più recenti della letteratura dimostrano che i tumori polmonari maligni
e quelli del tratto gastro-enterico rappresentano le neoplasie più frequenti in
assoluto. In particolare il carcinoma del polmone e del colon-retto
rappresentano rispettivamente la prima e la seconda causa di morte per
cancro nel sesso maschile; mentre nella donna tali tumori sono secondi solo
al carcinoma mammario. La presenza di carcinosi peritoneale e/o pleurica
rende l’intervento chirurgico un atto esclusivamente palliativo e/o, allorché
indicato, citoriduttivo. Nonostante i notevoli progressi ottenuti nel campo
della diagnostica e della stadiazione pre-operatoria mediante tecniche di
“imaging” sempre più sofisticate e precise (es. Ecografia, Eco-Endoscopia,
Tomografia Computerizzata spirale, Risonanza Magnetica Nucleare,
Tomografia ad Emissione di Positroni, Scintigrafia etc.), numerosi studi
hanno dimostrato che, per la maggior parte delle neoplasie del tratto gastroenterico e respiratorio, esiste una significativa “disparità”, tra i risultati dei
suddetti accertamenti ed il riscontro clinico intra-operatorio, soprattutto per
quel che riguarda l’identificazione di depositi peritoneali. La natura
microscopica delle lesioni pleuriche e/o peritoneali e l’impossibilità pratica
alla loro identificazione pre-operatoria, determina l’esecuzione di un certo
numero di così dette laparotomie/toracotomie “non terapeutiche”, che sono
pur sempre gravate da un certo numero di complicanze post-operatorie e
possono determinare un non irrilevante grado di stress psichico, in pazienti
affetti da neoplasie allo stadio avanzato. L’impiego della laparoscopia e della
toracoscopia diagnostica per lo staging pre-operatorio di numerose
neoplasie, sia gastro-intestinali che polmonari, è andato progressivamente
aumentando nel corso degli anni. Per tale motivo Herfarth e collaboratori
hanno proposto l’impiego della laparoscopia a fluorescenza per
63
l’identificazione delle micro-metastasi peritoneali “invisibili” con tecnica
tradizionale.
La laparoscopia a fluorescenza si basa sulla somministrazione sistemica o
locale, intraperitoneale, di una sostanza non fluorescente, l’acido δ-amminolevulenico (ALA), che costituisce il precursore naturale della protoporfirina
IX (PpIX), prodotto terminale della sintesi dell’EME. Quando l’ALA viene
somministrata per via sistemica o locale, determina, mediante un
meccanismo di inibizione del suo metabolismo, un accumulo intra-cellulare
di PpIX.
E’ stato dimostrato che tale fenomeno si verifica prevalentemente nelle
cellule a rapida divisione, come quelle neoplastiche che, osservate mediante
una speciale luce dotata di una lunghezza d’onda pari a 400nm, appaiono
tipicamente fluorescenti di un color “rosso vivo”. Lo studio si propone di
valutare l’efficienza della laparoscopia e della toracoscopia diagnostica a
fluorescenza nell’identificazione di depositi tumorali peritoneali e pleurici
microscopici, nei pazienti affetti da neoplasie dell’apparato gastro-intestinale
e respiratorio.
64
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio multicentrico randomizzato di fase III di chemioterapia preoperatoria con 5-Fluorouracile infusionale (5FU) vs 5FU + oxaliplatino
in combinazione con radioterapia pelvica nel carcinoma del retto
localmente avanzato
UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi
OBIETTIVO PRIMARIO: Confrontare la sopravvivenza globale tra i
pazienti trattati con 5-FU e quelli con 5-FU+Oxaliplatino in associazione a
radioterapia pelvica standard.
OBIETTIVI SECONDARI: Confrontare i due bracci di trattamento per:
• Tassi di risposte patologiche complete (pCR’s)
• Sopravvivenza libera da malattia
• Tassi di down-staging patologico (yp T0-T2N0) e di resezioni R0
• Percentuali di interventi di salvataggio sfinteriale
• Tossicità: tossicità acuta, complicanze chirurgiche nel primo mese
dopo l’intervento, compliance al trattamento e tossicità tardiva
Nell’ambito di questo studio multicentrico randomizzato di fase III sono
globalmente arruolati 690 pazienti selezionati secondo i seguenti criteri di
inclusione:
• Pazienti con diagnosi confermata istologicamente di adenocarcinoma
localmente avanzato (stadio clinico II-III: cN+ e/o cT3-cT4)
candidati ad un trattamento combinato chemioradioterapico preoperatorio.
• Tumore resecabile sulla base della valutazione clinica: resezione R0
altamente probabile (tumori fissi/infiltranti la parete pelvica, la
prostata o la vescica sono considerati non resecabili in quanto una
resezione R0 non può essere ottenuta)
• Pazienti considerati localmente avanzati all’ecografia rettale e/o TAC
pelvica: neoplasia penetrante nel grasso perirettale; linfonodi perirettali >5mm.
• Assenza di metastasi a distanza
• Età >18 e <75 anni.
• Pazienti ambulatoriali con ECOG PS 0-2
• Funzionalità epatica, renale ed emopoietica nella norma
• Volontà di rispettare il protocollo e follow up come programmato
• Consenso informato scritto
I pazienti sono randomizzati in due braccia:
BRACCIO A: di controllo. 5-FU 225mg/m2/die in infusione continua
consecutivamente per 5.5 settimane dal primo all’ultimo giorno di
trattamento radioterapico più radioterapia 50.4 Gy totali somministrati in 28
frazioni distribuite in un periodo di 5.5 settimane (dose giornaliera 1.8 Gy).
BRACCIO B: sperimentale: Oxaliplatino somministrato in 2h alla dose di
65
60mg/m2/settimana nel primo giorno di ogni settimana di FU infusionale per
l’intera durata della radioterapia. In aggiunta, 5-FU 225mg/m2/die in
infusione continua consecutivamente per 5.5 settimane dal primo all’ultimo
giorno di trattamento radioterapico più radioterapia 50.4 Gy totali
somministrati in 28 frazioni distribuite in un periodo di 5.5 settimane (dose
giornaliera 1.8 Gy).
66
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio PETACC-3 multicentrico randomizzato di fase III di terapia
infusionale con Fluorouracile/acido folinico (5FU/FA) vs 5FU/FA +
irinotecan nel trattamento adiuvante del carcinoma del colon in stadio
III
UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi
OBIETTIVO PRIMARIO: Confronto del tasso di sopravvivenza libera da
malattia (Disease Free Survival-DFS) nei due gruppi di studio, in pazienti con
tumore del colon allo stadio III trattato con il regime terapeutico LV5-FU2
(regime de Gramont)
OBIETTIVI SECONDARI: Valutare
• Tasso di sopravvivenza libera da ricaduta (Relapse Free Survival-RFS)
nei due gruppi di studio in pazienti con tumore del colon allo stadio
III trattato con il regime terapeutico LV5-FU2 (regime de Gramont)
• DFS cumulativo nei pazienti con tumore del colon di stadio III
trattati con regime de Gramont e AIO.
• DFS cumulativo in pazienti con tumore del colon di grado II e III
• Tasso di sopravvivenza (Overall Survival-OS)
• Tossicità
• Tasso di sopravvivenza aggiustato per qualità di vita dei pazienti in
ciascun braccio di trattamento (analisi Q-TWiST)
Il regime terapeutico IF (irinotecano/5-FU/FA) si è dimostrato efficace nel
prolungare il tasso di sopravvivenza in pazienti con tumore metastatico del
colon-retto. Lo studio PETACC-3 è un trial multicentrico internazionale
randomizzato di fase III per il quale sono globalmente arruolati 2094 pazienti
con tumore del colon-retto di stadio II e III.
I pazienti sono stati randomizzati in due braccia:
BRACCIO A: IF o F per 6 mesi + irinotecano 180mg/m2 q2 (protocollo de
Gramont).
BRACCIO B: IF o F per 6 mesi + irinotecano 80mg/m2 settimanalmente
(protocollo AIO).
67
Titolo:
Studio randomizzato per valutare la durata del trattamento con il
regime FOLFOX-4 (3 verso 6 mesi) +/- bevacizumab come terapia
adiuvante per pazienti con tumore del colon in stadio II ad alto
rischio/III (TOSCA)
Unità Operativa:
UO di Oncologia e Cure Palliative-Dott.ssa Ornella Gottardi
Obiettivi:
OBIETTIVO PRIMARIO: valutare se il regime FOLFOX-4 condotto per 3
mesi (6 somministrazioni) è in grado di ottenere una sopravvivenza libera da
ricaduta (RFS) non inferiore a quella ottenibile con FOLFOX-4 per 6 mesi in
pazienti affetti da tumore del colon in stadio II ad alto rischio/III operato
radicalmente 2) valutare se il Bevacizumab associato al regime FOLFOX-4 è
superiore alla sola chemioterapia con FOLFOX-4 in termini di RFS in
pazienti affetti da carcinoma del colon in stadio III ad alto rischio (T4, N+,
M0 - ogni T, N2, M0).
OBIETTIVI SECONDARI:
•
•
•
Descrizione
Valutare se il regime FOLFOX-4 condotto per 3 mesi (6
somministrazioni) è in grado di ottenere una sopravvivenza globale
(OS) non inferiore a quella ottenibile con FOLFOX-4 per 6 mesi (12
somministrazioni) in pazienti affetti da tumore del colon in stadio II
ad alto rischio/III operato radicalmente.
Valutare se il Bevacizumab associato al regime FOLFOX-4 è
superiore alla sola chemioterapia con FOLFOX-4 in termini di OS in
pazienti affetti da carcinoma del colon in stadio III ad alto rischio
(T4, N+, M0 - ogni T, N2, M0).
Valutare il profilo di sicurezza dei trattamenti in studio.
Questo protocollo consiste in due studi indipendenti tra loro che seguono
differenti schemi di randomizzazione e specifici criteri di eleggibilità, definiti”
studio di durata” e “studio BEV”.
Il paziente che viene randomizzato nello studio di durata, se soddisfa i criteri
di eleggibilità per lo studio BEV, potrà essere randomizzato a ricevere o non
ricevere Bevacizumab in aggiunta alla chemioterapia con FOLFOX-4.
Essendo entrambi gli studi in aperto, l’assegnazione al trattamento non è in
cieco.
Randomizzato, in aperto, di fase III, multicentrico con l’obiettivo di
ottimizzare la durata del trattamento con il regime FOLFOX-4, mediante
confronto dell’efficacia e della tollerabilità del regime FOLFOX-4
somministrato per 3 mesi vs la stessa terapia per 6 mesi nel trattamento
adiuvante in pazienti radicalmente operati per carcinoma del colon in stadio
II ad alto rischio/III.
Lo schema di trattamento per lo studio di durata prevede:
68
Braccio A: (FOLFOX-4 x 3 mesi) Oxaliplatino, leucovorin, 5-fluorouracile
Braccio B: (FOLFOX-4 x 6 mesi) Oxaliplatino, leucovorin, 5-fluorouracile
La chemioterapia FOLFOX-4 verrà somministrata sia per 3 mesi per un
totale di 6 cicli (braccio A) o per 6 mesi per un totale di 12 cicli (braccio B)
Verrà applicata una randomizzazione di 1: 1 (3 mesi FOLFOX-4: 6 mesi
FOLFOX-4).
I pazienti saranno seguiti per la valutazione dell’insorgenza di recidive/nuove
insorgenze di tumore del colon e per la sopravvivenza fino alla fine del
periodo di follow-up previsto dal protocollo.
Dopo l’arruolamento dell’ultimo caso, il periodo di osservazione dei pazienti
in studio terminerà al raggiungimento del numero richiesto di eventi.
Una volta randomizzati per lo studio di durata, i pazienti che rientrano nei
criteri di esigibilità dello studio BEV saranno randomizzati per ricevere o
meno il trattamento con Bevacizumab.
Nel corso della sperimentazione, un Comitato di valutazione indipendente
(DSMC) informerà lo Steering Committee sull’efficacia e la sicurezza dei
trattamenti in studio.
69
Terapia:Tumore urologici
Titolo:
Diagnosi e terapie innovative per il tumore vescicale
Unità Operativa:
UO di Urologia-Dr Giancarlo Comeri
Obiettivi:
Implementazione di nuove tecniche chirurgiche per la terapia del tumore
vescicale con particolare attenzione al paziente compromesso o molto
anziano.
Descrizione:
Una delle patologie neoplastihea più ricorrenti nel nostro Centro è quella
vescicale (con oltre 300 casi trattati nel triennio), con estrema prevalenza delle
forme superficiali rispetto a quelle infiltranti. La resezione endoscopica è
perseguita con intento terapeutico radicale tutte le volte che è possibile e con
intento palliativo nelle forme infiltranti in età avanzata o in presenza di
comorbidità importanti, lasciando gli interventi più invasivi di cistectomia
radicale, con le varie derivazione urinarie di volta in volta più indicate, alle
forme infiltranti che si manifestano in soggetti più giovani.
La morbilità è discreta, in linea con quella riportata in letteratura per questo
tipo di interventi, ma la mortalità immediata è assente, a conferma della
accuratezza delle indicazioni. Da sottolineare come il ricorso a soluzioni
chirurgiche particolari, come la “nerve and seminal sparing” con ileocapsulectomia post cistectomia radicale, realizzata da noi e in pochi altri
centri di eccellenza, consenta ai nostri pazienti il risparmio delle funzioni di
continenza e sessualità che normalmente vanno perdute con gli interventi
radicali classici, senza aggiunta di rischi dal lato oncologico.
Per le forme infiltranti che si manifestano in soggetti compromessi o molto
anziani si sta avviando un trial pilota con l’utilizzo della RT intraoperatoria
(IORT), resasi disponibile nel corso di quest’anno nel nostro blocco
operatorio.
La stessa IORT, sulla scorta di contatti con l’Istituto Tumori di Roma, dove è
attivato un protocollo per l’irradiazione intra-operatoria delle forme
neoplastiche prostatiche localmente avanzate sottoposte a prostatectomia
radicale a cielo aperto, ci consentirà di essere partners in questa ricerca clinica
di estremo interesse per il controllo di questi casi clinici particolarmente
complessi che attualmente, come da Linee Guida Internazionali e nazionali,
vengono avviati alla RT complementare a fasci esterni nel post-operatorio,
con qualche problema.
Le forme di carcinoma vescicale superficiali che vengono sottoposte ad
intervento
conservativo
endoscopico
(TURBT)
sono
seguite
meticolosamente nel tempo, a livello ambulatoriale, all’interno di protocolli
attivati da molti anni e aggiornati annualmente sulla scorta delle linee guida
internazionali (EAU e AUA) e che prevedono la terapia endovescicale con
chemioterapici o con BCG, con controlli strumentali puntuali a scadenza
predeterminata fino a 10 anni dall’esordio.
La diagnostica citologica è resa più fine dal ricorso alla diagnostica molecolare
70
di cui si è dotato da tempo il nostro dipartimento di ricerca in collaborazione
con il servizio di laboratorio funzionante con struttura dipartimentale a
Milano.
E’ infine in via di acquisizione per la nostra UO la diagnostica endoscopica in
immunofluorescenza (PDD), metodica che consente anche la realizzazione di
interventi di resezione trans uretrale più radicali per la possibilità data dalla
PDD di individuare neoformazioni invisibili con la normale luce bianca.( +
25% di accuratezza).
71
Titolo:
Diagnosi e terapie innovative per il tumore prostatico
Unità Operativa:
UO di Urologia-Dr Giancarlo Comeri
Obiettivi:
Introduzione di metodiche innovative di screening e terapia del tumore
prostatico
Descrizione:
Un’attenzione del tutto particolare è riservata nella nostra UO alla diagnostica
ed alla terapia del carcinoma prostatico, nell’intento di pervenire sì ad una
diagnosi sempre più precoce ma nella differenziazione delle forme che
possono beneficiare di interventi sempre meno invasivi onde preservare al
massimo la qualità della vita dei soggetti interessati.
L’ecografo oggi in dotazione alla UO consente uno studio accurato della
prostata e un’attività bioptica di ottimo livello, essendo uno degli aiuti che
praticano tale attività fra gli estensori delle linee guida italiane sulla biopsia
prostatica, ma è in arrivo un ecografo ancora più aggiornato che supporta
l’”Histoscanning”, nuovissima procedura che consente di distinguere
ecograficamente con buona attendibilità il tessuto prostatico sano da quello
tumorale. La nostra è una casistica discreta, con circa 220 biopsie ogni anno,
e con una “detection rate” fra le più alte di quelle riportate in letteratura,
superiore al 40% delle biopsie effettuate. L’analisi istologica del materiale
bioptico, prelevato da paziente in maniera indolore, mediante anestesia locale
+ analgesia per via endovenosa, viene effettuata con una procedura ultra
rapida dal nostro Servizio di Anatomia Patologica. Questa procedura
consente la refertazione del risultato in poche ore ed il referto viene
consegnato al paziente prima della dimissione.
E sempre allo scopo di ottimizzare le biopsie, è stato introdotto da noi il
primo test genetico (PCA3) sull’urina emessa dopo massaggio prostatico,
praticato in soli altri 4 centri nel nostro Paese, che consente fra l’altro di
escludere dalla procedura della biopsia, che riserva anche aspetti di rischio per
il paziente, circa il 35% dei soggetti che, sulla semplice scorta del PSA e dei
suoi derivati, andrebbero incontro a biopsia. Si sta valutando inoltre il valore
del PCA3 nel pronosticare l’aggressività del cancro a diagnosi acquisita,
aprendo la strada ad una più accurata selezione dei pazienti suscettibili di
“sorveglianza attiva” piuttosto che di terapia focale.
Un aspetto del tutto innovativo del Ca prostatico è, infatti, la possibilità di
trattare i focolai unici o la sola “Index lesion”, vale a dire il tumore più
voluminoso e significativo in caso di multifocalità, garantendo l’integrità
funzionale del paziente dopo il trattamento, senza pregiudicare ulteriori
trattamenti qualora negli anni successivi se ne ravvisi la necessità. A questo
proposito l’utilizzo nel nostro centro dell’HIFU (Ultrasuoni Focalizzati ad
alta Intensità), a fianco della terapia chirurgica radicale e della RT a fasci
esterni, costituisce un valore aggiunto non solo per le forme che si
manifestano in pazienti anziani o compromessi per altre patologie
concomitanti, ma anche per le recidive dopo RT o chirurgia radicali con
72
risultati molto buoni, minimizzando le complicanze appannaggio di altri tipi
di intervento. Le ultime ricerche nel campo della “terapia focale” assegnano
un ruolo di primaria importanza all’HIFU e su questa strada ci siamo già
avviati.
Le indicazioni all’utilizzo dell’HIFU sono:
Carcinoma prostatico confinato alla ghiandola o localmente avanzato.
Età > ai 70 anni.
Età anche inferiore ai 70 anni in presenza di comorbidità importanti. Ripresa
locale di malattia accertabile con ECO TR dopo RT o Prostatectomia
radicale.
Rifiuto da parte del paziente degli altri trattamenti previsti dalle linee guida
internazionali (RT, Prostatectomia Radicale, Sorveglianza Attiva).
Allorché il paziente denunci disturbi delle basse vie urinarie (LUTS) prima
dell’intervento o quando comunque il flusso massimo determinato con la
flussometria sia inferiore ai valori normali minimi è preferibile, soprattutto se
è previsto un trattamento esteso ai 2 lobi, una vaporizzazione prostatica con
Laser Greenlight prima dell’intervento che può essere effettuata nella stessa
seduta.
La durata dell’intervento dipende dall’estensione del trattamento e può
variare dai 90’ ai 150’.
Nel caso di trattamento PVP nella stessa seduta va previsto un allungamento
dei tempi operatori di 1 ora circa.
Le statistiche sul trattamento del Ca prostatico con HIFU, cioè con
termoablazione dell’intera ghiandola in soggetti non precedentemente trattati
con intento radicale (RT o RRP), sono sovrapponibili, a 8 anni di follow-up,
con le migliori statistiche della Radioterapia esterna.
Connesso con la necessità di selezionare quei quadri patologici che
maggiormente si prestano ad una terapia focale del carcinoma prostatico
(focolai significativi limitati ad un solo lobo della prostata) è stata richiesto un
aggiornamento della RMN in quanto gli sviluppi più avanzati della
diagnostica per immagini sono stati ottenuti con la RMN con bobina
endorettale cui è possibile associare una serie di software fra cui la
spettroscopia con 11-Colina, particolarmente utile per localizzare il tumore.
Bobina e spettroscopia sono in via di acquisizione.
La chirurgia radicale prostatica viene da sempre attuata, nel rispetto delle
linee guida internazionali, con risultati in linea con quello dei migliori Centri,
anche se negli ultimi 2 anni ha visto una certa contrazione del numero degli
operati in concomitanza con l’avvio dell’utilizzo dell’HIFU.
Nella prospettiva di migliorare i risultati ottenuti con la RT complementare
postoperatoria, abbiamo contatti con l’Istituto Tumori di Roma, dove è
attivato un protocollo per l’irradiazione intraoperatoria (IORT) delle forme
neoplastiche prostatiche localmente avanzate sottoposte a prostatectomia
radicale a cielo aperto, nell’ottica di partecipare con la nostra IORT a questa
73
ricerca clinica di estremo interesse per il controllo di queste forme senza i
danni collaterali della RT tradizionale.
Recentemente è stata iniziata una ricerca denominata “PROSTATEST” sui
pazienti giunti nel nostro laboratorio per eseguire lo PSA o ricoverati per
eseguire la biopsia prostatica in collaborazione con il gruppo della Dott.ssa
Albini e avente come obiettivi: l’identificazione di indicatori precoci di
tumore prostatico, la quantificazione nel siero della concentrazione di
Citochine coinvolte nell’infiammazione e la descrizione del coinvolgimento
delle cellule dell’immunità nella formazione e progressione del tumore
prostatico. Tale ricerca è tuttora in corso e ad oggi sono stati raccolti > 280
sieri di degenti e > 460 sieri tra gli utenti dell’ambulatorio dell’UO.
74
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Diagnosi e terapie innovative delle neoplasie renali e dell’apparato
genito-urinario maschile
UO di Urologia-Dr Giancarlo Comeri
Tecniche innovative di terapia delle patologie oncologiche renali e
dell’apparato genito-urinario maschile
L’altro grande capitolo della patologia oncologica urologica è costituito dalle
Neoplasie Renali, con l’adenocarcinoma a cellule chiare che ne costituisce la
forma più ricorrente. Lo sviluppo di molecole molto interessanti per la
“targeted therapy” di queste forme, che fino a pochissimi anni fa erano
considerate non responsiva alla chemioterapia, ha aperto nuovi interessanti
scenari per la ricerca traslazionale e clinica. La collaborazione molto stretta
con i nostri Oncologi favorisce il ricorso a tali terapie ogni volta che la
discussione collegiale dei casi ne faccia emergere l’indicazione.
A livello chirurgico si è assistito negli ultimi 15 anni al passaggio dalla terapia
radicale a quella conservativa (enucleo-resezioni) grazie ai progressi nella
diagnosi precoce, affidata oggi esclusivamente alla diagnostica per immagini
nell’attesa di qualche marcatore serico di cui si sente la mancanza.
Su questa strada della terapia “nephron sparing” ci siamo avviati fin dalla fine
degli anni ‘90, allorché tale modalità di trattamento conservativo suscitava
qualche perplessità, oggi fugata dai risultati.
Almeno il 50% dei casi di tumore renale visti e trattati nella nostra UO negli
ultimi 3 anni (10 per anno in media), si sono avvalsi di questa modalità di
terapia conservativa di enucleo-resezione dei tumori non eccedenti i 4 cm di
diametro, senza recidive.
Ma negli ultimi tempi viene sempre più alla ribalta la possibilità di trattare
addirittura per via percutanea, con crioterapia o con Radiofrequenza, le
lesioni renali circoscritte. I risultati sembrano sovrapponibili a quelli ottenibili
con la chirurgia conservativa per cui nella nostra U.O. ci si è orientati, anche
in questo campo, ad attuare la crioablazione percutanea delle piccole masse
neoplastiche renali sotto guida TC, grazie alla collaborazione del servizio di
Radiologia, come forma di terapia mininvasiva altamente innovativa.
L’approccio infine ai tumori del testicolo e del pene seguono i dettami delle
linee guida internazionali, affidando alla chirurgia tradizionale affiancata dalla
RT e dalla Chemioterapia la possibilità di successo che è aumentata in questi
anni grazie soprattutto ai progressi della ricerca in campo oncologico.
75
Terapia-Altri tumori
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Angiogenesi tumorale ed infiammazione come bersagli terapeutici
nei tumori oculari
Laboratorio Oncologia Traslazionale - Dott.ssa Adriana Albini
• Studiare il ruolo del microambiente tumorale sulla patogenesi e la
progressione dei tumori oculari con particolare attenzione alla
neovascolarizzazione tumorale e all’infiammazione.
• Valutare in vitro e in vivo l’efficacia di molecole anti-angiogeniche e
anti-infiammatorie.
Le neoplasie oculari quali il melanoma uveale e il retinoblastoma hanno un
effetto devastante sulla vista. Il melanoma del tratto uveale è il tumore
oculare più diffuso nell’adulto con 7 nuovi casi annui per milione di abitanti.
Questa neoplasia, con caratteristiche altamente maligne, tende a
metastatizzare al livello epatico con prognosi infausta per i pazienti. Sebbene
siano in atto numerosi sforzi per trovare una terapia adeguata, ancora oggi il
30% dei pazienti sviluppa mestatasi entro il decimo anno dalla cura del
tumore primario intraoculare.
Il retinoblastoma è il tumore oculare pediatrico più diffuso e colpisce 1
bambino ogni 15000-20000 nati vivi. Sebbene il tumore sia causato dalla
mutazione genica di RB, il microambiente potrebbe avere un ruolo
fondamentale nella progressione tumorale e nella disseminazione metastatica.
Queste due neoplasie hanno catturato il nostro interesse a causa della loro
elevata vascolarizzazione e quindi risultano essere bersagli promettenti per
composti anti-angiogenici.
Il nostro obiettivo è stato quello di definire il ruolo dell’angiogenesi e
dell’infiammazione attraverso modelli murini, cellulari e campioni umani.
Mediante modelli in vivo ed in vitro abbiamo valutato i pathway cellulari e
molecolari coinvolti nell’escape tumorale al fine di identificare nuovi
composti in grado di inibire il processo di proliferazione e disseminazione
delle cellule tumorali; in particolare lo studio effettuato utilizzando come
molecole chemiopreventive 4-HPR (retinoide sintetico) e CDDO-Me
(triterpenoide) ha fornito risultati promettenti per eventuali applicazioni in
clinica.
Inoltre abbiamo dimostrato che l’insulin-like growth factor 1 (IGF-1),
responsabile della sopravvivenza delle cellule umane di retinoblastoma, non
è in grado di garantire la sopravvivenza delle stesse in presenza di 4-HPR.
Per valutare come il microambiente tumorale possa essere un target per il
controllo della crescita tumorale, si è proceduto con un approccio di terapia
genica usando una potente citochina TH1, associata ad una forte attività
anti-angiogenica, l’Interleuchina 12 (IL12).
Il trasferimento di IL12 in cellule murine 99E1 di tumore oculare, pur non
avendo effetti sulla crescita in vitro, ha portato ad un blocco della crescita
dei tumori vascolarizzati in vivo, senza evidenti segni di tossicità. L’analisi
76
istologica ha rivelato una maggiore crescita tumorale invasiva ed angiogenica
nei controlli rispetto ai trattati con IL12, i quali hanno mostrano una crescita
poco vascolarizzata, a conferma dell’effetto anti-angiogenico della molecola
in questione.
Prevediamo inoltre di individuare nuovi agenti terapeutici che abbiano come
target il microambiente tumorale e che inducano una ridotta tossicità a
livello sistemico.
Nell’evoluzione futura della terapia oncologica lo sviluppo di protocolli che
prevedano la combinazione di terapie convenzionali con tecniche innovative
di
trasferimento
genico
di
molecole
antiangiogeniche
e/o
immunostimolanti, potrà prevenire con effetto sinergico il rischio di recidive
della malattia, con una notevole ricaduta economica sulla spesa pubblica,
con l’ambizione e la speranza di ottenere esiti ancor più positivi e
incoraggianti nel trattamento e nella cura del cancro.
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Neoangiogenesi nell’epatoma ed in altri tumori: approcci
terapeutici innovativi di targeting dei precursori endoteliali
Laboratorio di Oncologica Molecolare-Prof. Cesare Peschle
Caratterizzazione e sviluppo di nuovi approcci terapeutici basati
sull’inibizione dell’espressione di alcuni micro-RNA da parte dei
precursori delle cellule endoteliali, modificando l’espressione dei rispettivi
geni bersaglio e delle loro relative proteine potenzialmente importanti nella
promozione dell’angiogenesi tumorale.
Micro-RNA sono corte sequenze di RNA non codificante che regolano
l’espressione genica mediante repressione della traslazione. In colture
eritropoietiche di cellule progenitrici CD34+ del cordone ombelicale, il
livello di miR-221 e 222 e’ gradualmente e bruscamente ridotto. Questo
declino promuoverebbe l’eritropoiesi sbloccando l’espressione di proteine
con un ruolo funzionale chiave: nello specifico, miR-221 e 222 sono
diretti verso il recettore di c-kit che gioca un ruolo fondamentale nella
proliferazione, differenziamento e sopravvivenza dei precursori
eritropoietici.
Inoltre, miR221 e 222 modulano le proprieta’ angiogeniche delle cellule
HUVEC andando a colpire l’espressione di c-kit e le proprieta’
angiogeniche del suo ligando, lo Stem Cell Factor. E’ stato anche
dimostrato da analisi bioinformatiche che altri fattori chiave del processo
neoangiogenico, quali il corecettore Nrp, Tie2, KDR e Flt1, sono bersagli
di questa stessa classe di micro-RNA.
Questo lavoro si propone quindi lo studio dell’espressione di questi
micro-RNA al fine di sviluppare approcci terapeutici innovativi diretti
verso i precursori endoteliali.
77
Studio di approcci diagnostici e terapeutici innovativi
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Creazione di un Sito certificato GMP per la produzione di linee
cellulari autologhe
Sito di Produzione Terapie Avanzate-Officina Farmaceutica-Dott.ssa
Liliana DiCiano
Produrre linee cellulari con un processo di produzione identificabile,
ripetibile e riproducibile nel tempo, in una struttura GMP
Premesse
Il mondo scientifico ha dimostrato negli ultimi anni una crescente
consapevolezza per i temi della qualità del materiale biologico utilizzato in
laboratorio e delle linee cellulari stabilizzate, anche perché é sempre più
indispensabile documentare la qualità dei materiali che sono alla base dei
dati scientifici: le riviste scientifiche hanno, infatti, intrapreso una politica di
selezione dei lavori anche in funzione di tale parametro.
Per questa ragione alla domanda di authentication (certificazione in termini
di identità e assenza di contaminazioni) del materiale utilizzato nell'ambito
della ricerca biomedica, MultiMedica ha risposto con la creazione di un
Centro a contaminazione controllata, dove le linee cellulari, importante
strumento di lavoro nella ricerca medica garantiscono al ricercatore l’accesso
a materiali sicuri e con la garanzia costante che il materiale oggetto della sua
ricerca è correttamente identificato rintracciabile e libero da contaminazioni.
In quest’ambito il laboratorio GMP svolge diverse attività: servizio di
produzione - per i ricercatori dell'istituto, per le unità Operative del
Policlinico IRCCS di MultiMedica e in prospettiva per conto terzi - di
cellule e vettori clinical grade per uso in vivo. Al servizio di produzione si
affianca un servizio di controllo di qualità per il monitoraggio continuo delle
colture in termini di efficacia e sicurezza.
Dopo una fase iniziata nel settembre 2006 sono continuati nel corso del
2007 e 2008 i grandi investimenti rivolti alla realizzazione di un Centro
GMP per la coltura, espansione, tipizzazione e controllo di qualità di
materiale cellulare per re-infusione in vivo.
Razionale
La possibilità di isolare, coltivare, espandere, differenziare, manipolare in
vitro cellule umane è una grande risorsa per lo sviluppo di terapie efficaci
per la cura di malattie croniche. La terapia cellulare implica una fase di
ricerca (di base e pre-clinica), che rientra nel ruolo istituzionale di un Ente di
ricerca, ma implica anche la reinfusione / trapianto di cellule, che diventano
un farmaco a tutti gli effetti; questo impone di operare nel rispetto di norme
proprie della gestione industriale di processi produttivi, sia dal punto di vista
organizzativo (Sistema Qualità) che della sicurezza del prodotto (GMP). Per
raggiungere l’obiettivo di fornire un servizio (all’interno di Multimedica e in
prospettiva anche ad utenti esterni) conforme a queste norme, è necessario
tenere sotto controllo le diverse fasi dell’allestimento e della gestione
78
dell’area GMP, a partire dalla costruzione, regolata dalla Norma UNI ENV
1631 (Progettazione, costruzione e funzionamento delle camere sterili e dei
dispositivi di depurazione dell’aria, 1998). Fondamentali sono poi il
controllo della struttura (convalida del sistema di areazione, delle procedure
di taratura degli strumenti, di conteggio delle particelle in assenza e in
presenza del personale, di smaltimento dei rifiuti, ecc.), l’addestramento del
personale e il controllo del processo (monitoraggio biologico, verifica
dell’identità e dell’efficacia del materiale, valutazione di eventuali
contaminazioni da microrganismi, ecc.).
L’ applicazione delle Direttive 2004/23/CE, 2006/17/CE e 2006/86/CE
consentono al Laboratorio di essere all’avanguardia per quanto riguarda le
norme di qualità e sicurezza per l’approvvigionamento, la lavorazione, la
conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umane
nonché per il rispetto delle norme tecniche per il trattamento di tessuti e
cellule umane ed infine per le prescrizioni relative alla rintracciabilità di tutti
i materiali impiegati.
Una struttura di questo tipo è anche in grado di collaborare con il
ricercatore nella stesura della documentazione per i protocolli clinici di
terapia cellulare valutando insieme il rischio beneficio per i pazienti ai quali è
rivolta la terapia.
Per realizzare l’obbiettivo finale si sono dovuti attivare dei processi che
sono ancora in corso.
A) Primo importante step è stato quello di accogliere la 1° Visita Ispettiva
da parte degli Ispettori di AIFA e dell’ISTITUTO SUPERIORE DELLA
SANITA.’ La visita si è svolta nei giorni del 14 15 1 6 Luglio 2008 A fronte
di alcune deviazioni riscontrate si sono attivate una serie di correttivi da
implementare.
B) Si è continuata la convalida degli ambienti e si è proceduto a realizzare i
relativi Protocolli e Rapporti di convalida.
C) Si è continuato a realizzare i relativi Protocolli e Rapporti di Convalida di
Produzione.
D) Sono stati definiti i protocolli di base ed alternativi per le colture cellulari
di Fibroblasti e di Condrociti e di Mesenchimali da Adipociti. Sono in via di
definizione i protocolli per i Cheratinociti
E) Sono state isolate e coltivate cellule da tessuto cartilagineo ( n campioni
11 ); da epidermide ( n campioni 15 dai quali sono stati derivati 15 campioni
di fibroblasti e 7 di Cheratinociti ) e da tessuto adiposo ( n campioni 10 )
propedeutici al consolidamento dei Processi produttivi per l’Officina di
produzione
F) E’ stato creato il protocollo per isolare e produrre dei Miociti cardiaci da
tessuto adulto proveniente da diversi distretti cardiaci ( Sono state ricavate
cellule da 10 campioni in particolare da 6 auricole cardiache 2 ventricoli 1
79
setto interstiziale 1 setto intraventricolare ).
G) Sono state attivate delle colture cellulari provenienti da muscoli
addominali per poterne testare la capacità riproduttiva su scaffold utilizzati
nella riparazione delle ernie al fine di creare delle matrici biologiche per la
riparazione delle ernie inguinali ( sono stati espansi 16 campioni )
H) Sono stati testati Scaffold tridimensionali biocompatibili In particolare
sono stati utilizzati.
o Gingistat, a base di collagene equino (GabaVebas)
o Paroguide, a base di collagene equino e condroitinsolfato
(GabaVebas)
sui quali sono state coltivate le cellule di- 5 campioni di Cartilagine testati su
Gingistat e Paroguide 1 campione di Fibroblasti su Gingistat e Paroguide 1
campione di Mesenchimali da adiposo su Gingistat
I) Uno Scaffold tridimensionale su cui sono stati coltivati fibroblasti
o Hydrogel (BioPharma)
L) Due scaffold tridimensionali In particolare
o Surgisis Gold a base di collagene porcino (Cook Medical)
o Strattice, a base di derma porcino (Life Cell)
Sui quali sono stati coltivati 1 campione di fibroblasti su Surgisis Gold e
Strattice e 7 campioni di cellule isolate da muscolo su Surgisis Gold e
Strattice
M) Sono state tipizzate (caratterizzate) le cellule. Sono stati disegnati, testati
e standardizzati i primers molecolari per amplificare geni tessuto-specifici
per condrociti, fibroblasti, cheratinociti, cardiomiociti ed attualmente sono
stati caratterizzati in RT-PCR (Retro Transcription – Polymerase Chain
Reaction):
• Tre campioni di condrociti (caratterizzati con marcatori per
cartilagine).
• Sette campioni di fibroblasti (caratterizzati con marcatori per
fibroblasti).
• Un campione di mesenchimali da tessuto adiposo (caratterizzato
con marcatori per cartilagine).
• Un campione di auricola da cuore (caratterizzato con marcatori per
fibroblasti).
• Due campioni di muscolo (caratterizzati con marcatori per
fibroblasti).
N) E’ stata messa a punto la metodica Western-blot per cartilagine e
fibroblasti mediante due anticorpi monoclinali (Collagen type II antibody e
Fibroblast surface protein antibody
O) Si è realizzata la prima fase del Programma formativo del Personale con
la partecipazione ad 8 eventi formativi ed alla scuola di specializzazione in
microbiologia presso l’Università degli Studi di Pavia
P) Si è continuato a fornire il supporto ai servizi dell'Istituto, impegnati in
progetti di terapia cellulare, per la presentazione dei protocolli clinici.
80
Studio e gestione delle complicanze
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Complicanze cardiovascolari dei farmaci antineoplastici e loro
meccanismi
Laboratorio di Oncologia Traslazionale-Dott.ssa Adriana Albini
• Valutazione dell’effetto tossico di farmaci anti-neoplastici sui
cardiomiociti e confronto con cellule endoteliali.
• Associazione al trattamento in vitro con chemioterapici di molecole
con note proprietà antiossidanti e chemiopreventive, al fine di
indagare il loro possibile effetto protettivo.
E' sempre più accertato che alcuni importanti farmaci antitumorali
comportano un danno di tipo cardiovascolare, che può essere in alcuni casi
letale. Tra questi si annoverano sia chemioterapici antineoplastici come le
antracicline che molecole biologiche di nuova generazione e altamente
promettenti, tra cui il trastuzumab-herceptin e molti anti-tirosinchinasici. Ad
esempio è stato riscontrato che la combinazione doxorubicina-trastuzumab
comporta seri effetti collaterali cardiovascolari additivi.
Il nostro gruppo sta analizzando le alterazioni che le cellule cardiache ed
endoteliali subiscono in seguito a trattamento con farmaci chemioterapici
come il 5-Fluorouracile (5-FU), al fine di valutare l’effetto tossico a livello
cardiovascolare. Da un’analisi preliminare risulta evidente come questa
molecola sia in grado di esercitare un effetto citotossico a livello cellulare,
paragonabile a quello indotto dall’utilizzo con Doxorubicina (DOX),
un’altra nota molecola antitumorale. Questi studi hanno inoltre dimostrato
come questa tossicità si esplichi attraverso un aumento dell’apoptosi
cellulare e danni mitocondriali.
In parallelo la clinica di Castellanza sta valutando i casi clinici di tossicità
cardiovascolare da Capacetabina, un omologo del 5-FU.
Obiettivo futuro è quello di associare al trattamento in vitro con
chemioterapici una molecola con note proprietà antiossidanti e
chemiopreventive, al fine di indagare il possibile effetto protettivo di
quest’ultima.
Questo studio riveste particolare importanza, in quanto potrebbe permettere
di chiarire la tossicità correlata all’utilizzo di farmaci antitumorali, e la messa
a punto di nuovi protocolli terapeutici.
81
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Studio osservazionale prospettico per valutare la gestione del rischio
di neutropenia e anemia in pazienti con tumori solidi che ricevono
chemioterapia mielotossica.
UO Oncologia Senologia Medica-Dott.ssa Olivia Pagani
Valutare l’incidenza di neutropenia febbrile in pazienti con tumori solidi (in
particolare della mammella, dell’ovaio e del polmone) che ricevono una
chemioterapia mielotossica con un rischio calcolato di neutropenia febbrile
superiore o uguale al 20%, in base alla somministrazione (profilattica o
terapeutica) o meno di fattori di crescita.
Altri obiettivi (secondari), sono descrivere:
• La gestione di pazienti che ricevono chemioterapia mielotossica, in
particolare l’utilizzo di G-CSF, di agenti di stimolo della eritropoiesi,
di antibiotici, le trasfusioni e le ospedalizzazioni;
• La pratica clinica di somministrazione della chemioterapia;
• L’esito della chemioterapia mielotossica.
Il presente studio si prefigge di raccogliere informazioni dettagliate riguardo
alla gestione standard, nei singoli centri, della terapia di supporto in pazienti
sottoposti a regimi chemioterapici mielotossici con rischio significativo di
neutropenia febbrile e/o di anemia.
82
Titolo:
Unità Operativa:
Obiettivi:
Descrizione:
Complicanze neurologiche delle patologie tumorali e delle terapie
antineoplastiche
UO di Neurologia - Dr Massimo Franceschi
• Diagnosi dei tumori neurologici
• Gestione delle complicanze neurologiche e psichiatriche delle
patologie neoplastiche e dei loro trattamenti.
Nel triennio 2006-2008 sono stati valutati in sede diagnostica mediante
ricovero:
1. Meningiomi (ICD9=192): 4 casi
2. Neoplasie cerebrali maligne (ICD9=191): 4 casi
3. Metastasi cerebrali (ICD9=198): 4 casi
4. Altri tumori encefalici (ICD)=225,237): 1 caso
Occorre tuttavia ricordare l’attività di consulenza svolta dall’UO di
Neurologia a favore del reparto di Oncologia della struttura per quanto
riguarda le complicanze neurologiche e psichiatriche delle neoplasie.
83
Pubblicazioni Scientifiche
Albini A, Benelli R. The chemoinvasion assay: a method to assess tumor and endothelial cell invasion and its
modulation. Nat Protoc. 2:504-11; 2007. IF: 4,17.
Albini A, Fassina G, Nicolo M, Dell'Eva R, Vene R, Cammarota R, Barberis M, Noonan DM. Inhibition
of a vascular ocular tumor growth by IL-12 gene transfer. Clin Exp Metastasis. 24:485-93; 2007. IF: 2,811.
Albini A, Noonan DM, Ferrari N. Molecular pathways for cancer angioprevention. Clin Cancer Res. 13:4320-5;
2007. IF: 7,616.
Albini A, Sporn MB. The tumour microenvironment as a target for chemoprevention. Nat Rev Cancer. 7:139-47;
2007. IF: 31,694.
Bachmeier B, Nerlich AG, Iancu CM, Cilli M, Schleicher E, Vene R, Dell'Eva R, Jochum M, Albini A,
Pfeffer U. The chemopreventive polyphenol Curcumin prevents hematogenous breast cancer metastases in immunodeficient
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Dell'Aica I, Niero R, Piazza F, Cabrelle A, Sartor L, Colalto C, Brunetta E, Lorusso G, Benelli R,
Albini A, Calabrese F, Agostini C, Garbisa S. Hyperforin blocks neutrophil activation of matrix metalloproteinase9, motility and recruitment, and restrains inflammation-triggered angiogenesis and lung fibrosis. J Pharmacol Exp
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Dell'Eva R, Noonan DM, Chieco-Bianchi L, Albini A, Amadori A. Identification of genes selectively regulated
by IFNs in endothelial cells. J Immunol. 178:1122-35; 2007. IF: 6,387.
Larghero P, Vene R, Minghelli S, Travaini G, Morini M, Ferrari N, Pfeffer U, Noonan DM, Albini A,
Benelli R. Biological assays and genomic analysis reveal lipoic acid modulation of endothelial cell
behavior and gene expression. Carcinogenesis. 28:1008-20; 2007. IF: 5,108.
Noonan DM, Benelli R, Albini A. Angiogenesis and cancer prevention: a vision. Recent Results Cancer
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84
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