Prof. Vittorio Rocco FLUIDODINAMICA DELLE MACCHINE Università degli Studi di Roma Tor Vergata Ingegneria Meccanica s POSTULATO DEL CONTINUO Il più piccolo volume elementare δv che comprende una quantità elementare di massa contenente un numero sufficientemente grande di molecole per soddisfare il postulato del continuo è definita particella di fluido. P (x,y,z) δv Si consideri un’elevata quantità di massa racchiusa in un volume V ed un punto P (x,y,z) arbitrario all’interno di tale volume. Si assuma che il punto P sia circondato da un volume elementare δv che contiene una massa elementare δm. Sia ρ il valor medio delle densità della massa racchiusa in δv. ρ=δm/δv δm/δv Restringendo δv intorno al punto P e riportando in grafico il rapporto δm/δv in funzione di δv si osserva che δm/δv tende ad un valore asintotico in relazione alla omogeneità della materia. Quando δv diventa molto piccolo ovvero contiene un Numero piccolo di molecole, il valore di δm/δv fluttua ampiamente in relazione al numero di molecole che penetrano nel volume δv e che lo abbandonano. Il valore di δm/δv è quindi indeterminato. Un fluido in una regione di spazio che contiene unicamente punti nei quali la densità è sempre definita (ovvero nell’intorno di tali punti esiste sempre un volume molto piccolo nel quale non vi è fluttuazione delle proprietà) è definito continuo rispetto alla densità. Un fluido che sia continuo rispetto a tutte le altre proprietà di maggior rilievo è inoltre definito continuo senza ulteriori specificazioni. Per quanto concerne i gas in accordo con la teoria cinetica, si deve far riferimento ad un numero elevatissimo di molecole (si ricordi ad esempio il numero di Avogadro = 6,02252*1023 molecole/mole). All’interno di un gas le molecole si muovono molto rapidamente ed in modo casuale. Come risultato si hanno continue collisioni che, considerate elastiche, possono portare ad un trasferimento totale o parziale di energia cinetica tra una molecola ed un’altra. Di conseguenza, come casi estremi, alcune possono aver velocità pressoché nulle ed altre velocità molto elevate e tutte le altre, evidentemente, valori della velocità (energia cinetica) compresi tra questi estremi. Dai metodi della meccanica statistica si sono derivate funzioni in grado di rappresentare la distribuzione di velocità (Maxwell). Per collisioni delle molecole di tipo elastico che hanno distribuzione Maxwelliana della velocità, il libero cammino medio delle molecole è: λ= 2(πNd2) Essendo: N:il numero delle molecole per metro cubo d: Il diametro delle molecole Si calcola, ad esempio, che per l’azoto λ= 7,46*10-8 [m] Per un gas che soddisfi il postulato del continuo, il libero cammino medio λ può essere confrontato con una dimensione fisica caratteristica L relativa ad un campo di moto. Si definisce come numero di Knudsen : Kn= λ / L Molte proprietà, si ricordi, quali la viscosità, la conduttività termica, il coefficiente di diffusione (proprietà di trasporto) sono connesse a λ. Il postulato del continuo è applicabile a quei fluidi per i quali Kn<<0,01 In caso contrario il gas deve essere trattato come un insieme discreto di particelle. DEFINIZIONE DI FLUIDO Un fluido è definito come “continuo” che non può resistere ovvero reagire, se in quiete, equilibrando uno sforzo di taglio. In un solido perfetto, le forze che su di esso agiscono sono bilanciate da quelle interne prodotte da deformazioni elastiche. Pertanto vale la legge di Hook: lo sforzo è proporzionale alla deformazione. In questo caso sia il modulo di rigidezza: τ N= ΔL/L che il modulo di elasticità sono ≠ 0. Il modulo di elasticità è: lim = Δp 0 - Δp = - v dp dv Δv/v Il suo reciproco è il modulo di compressibilità K-1=1/K= - 1 dv v dp Un fluido perfetto ha N=0 e K≠0. Su un fluido perfetto si trasmettono solo sforzi normali. Si definisce un fluido perfetto un fluido perfettamente incomprimibile da cui: K=∞ In un gas perfetto non esistono forze intermolecolari; le interazioni tra molecole derivano unicamente da collisioni elastiche ed istantanee. Un gas perfetto è un “mezzo” omogeneo comprimibile per il quale è N=0. Si definiscono: Modulo volumetrico di elasticità isotermo Kt Modulo volumetrico di elasticità isoentropico Ks da cui: Kt = -v ∂p = p ∂v t e per una trasformazione isoentropica pvk=cost Ks= -v ∂p = Kp ∂v s Essendo K=cp/cv Inoltre Ks/Kt= K è il rapporto delle pendenze delle trasformazioni isoentropiche ed isoterme nel piano p,v. FLUIDI REALI Nei fluidi reali, quando vi sia moto relativo tra le particelle, insorgono sforzi di taglio che persistono fin quando esiste tale condizione di moto. Le forze viscose si manifestano, quindi, come forze di taglio tra linee di corrente adiacenti. Un fluido è definito Newtoniano se: Ft = τ = μ dv dy ovvero quando lo sforzo di taglio τ dipende dalla viscosità μ e dal gradiente normale di velocità. CLASSIFICAZIONE DELLE MACCHINE A FLUIDO DIFFERENTI POSSIBILI CRITERI Secondo lo scambio di energia motrici Secondo le caratt. del fluido idrauliche termiche Secondo il moto degli organi che scambiano energia alternative rotative Secondo l’andamento del flusso del fluido volumetriche Secondo il percorso del fluido Assiali operatrici dinamiche Radiali MACCHINA = ELEMENTO NEL QUALE SI REALIZZA UNO SCAMBIO ENERGETICO TRA UN FLUIDO E GLI ORGANI MOBILI. IMPIANTI MOTORI (FISSI E MOBILI) Motrici: Il fluido che le attraversa trasmette parte della sua energia agli organi mobili della macchina Operatrici: La macchina mossa da adatto motore “opera” sul fluido che la attraversa trasmettendogli parte del lavoro meccanico di cui dispone Idrauliche: Macchine in cui le energie connesse a modifiche termodinamiche dei liquidi che le attraversano sono trascurabili rispetto agli scambi energetici di tipo meccanico. In genere sono caratterizzate da elevate sollecitazioni meccaniche. Assiali: Il fluido percorre un canale fondamentalmente parallelo all’asse di rotazione della macchina Radiali: A flusso prevalentemente radiale motrici centripeta operatrici centrifughe MACCHINE MOTRICI FLUIDO MOTORE MOVIMENTO ORGANO MOTORE TIPO DI FUNZIONAMENTO MACCHINE VOLUMETRICHE ALTERNATIVO ALTERNATIVE IDRAULICHE ROTATIVO ROTATIVE IDRAULICHE (A INGRANAGGI A PALETTE A ECCENTRICI) LIQUIDO ALTERNATIVO MACCHINE DINAMICHE TURBINE IDRAULICHE (ASSIALI RADIALI MISTE) ALTERNATIVE A VAPORE (A STANTUFFI) VAPORE ROTATIVO TURBINE A VAPORE (ASSIALI E RADIALI) ALTERNATIVO MOTORI ALTERNATIVI (A COMBUSTIONE INTERNA/ESTERNA) ROTATIVO MOTORI ROTATIVI (COMBUSTIONE INTERNA TIPO WANKEL) GAS MACCHINE OPERATRICI TURBINE A GAS (ASSIALI, RADIALI) FLUIDO MOTORE MOVIMENTO ORGANO MOTORE TIPO DI FUNZIONAMENTO MACCHINE VOLUMETRICHE ALTERNATIVO POMPE ALTERNATIVE ROTATIVO POMPE ROTATIVE VOLUMETRICHE (A INGRANAGGI A PALETTE ECC) ALTERNATIVO COMPRESSORI ALTERNATIVI (A STANTUFFO) LIQUIDO MACCHINE DINAMICHE TURBOPOMPE (ASSIALI RADIALI MISTE) GAS ROTATIVO COMPRESSORI ROTATIVI VOLUMETRICI (ROOT A PALETTE A ECCENTRICO) TURBOCOMPRESSORI (ASSIALI RADIALI) Termiche: Operano su aeriformi, devono essere considerate le leggi che termodinamicamente condizionano il comportamento del fluido che le attraversa. L’aspetto “termico” prevale nettamente nel comportamento funzionale delle macchine motrici. Nelle operatrici le variazioni termodinamiche sono una conseguenza dello scambio energetico macchina-fluido. Alternative: Macchine che hanno organi che interagiscono con il fluido con un moto alternato tra due posizioni estreme. Rotative: Macchine i cui organi scambiano energia con il fluido durante un moto rotatorio attorno ad un asse (asse della macchina). Volumetriche: Macchine che operano su volumi successivi di fluido: il fluido è introdotto ciclicamente in un certo spazio messo a disposizione dalla macchina per scambiare, poi, con essa lavoro. Dinamiche: Non vi è discontinuità nell’introduzione del fluido nella macchina: esso, infatti, fluisce continuamente attraverso la macchina e durante questo passaggio scambia con continuità lavoro con gli organi della macchina. Gli ultimi due modi di operare hanno una diretta conseguenza sulla potenzialità della macchina essendo il lavoro scambiato in un determinato tempo direttamente legato alla portata di fluido che attraversa la macchina DIFFERENZA DI POTENZIALITA’ TRA TURBOMACCHINE E MACCHINE VOLUMETRICHE. TEORIA DEL CONTINUO Numero di Knudsen Kn= λ/L λ= Libero cammino medio di una molecola L= Dimensione caratteristica IPOTESI DI CONTINUO: Kn< 0.01 SISTEMA VOLUME DI CONTROLLO, SUPERFICIE DI CONTROLLO Si definisce “sistema” un prefissato ed identificabile agglomerato di materia che non scambia massa con l’esterno. Si definisce “volume di controllo” una porzione di spazio (volume) attraverso il quale può passare un fluido, mentre la superficie che lo racchiude è detta superficie di controllo. Si farà, in generale, riferimento a volumi di controllo fissi o inerziali. Avendo definito con N una generica proprietà estensiva di un sistema di massa m, per una sostanza materiale che soddisfi l’ipotesi di continuo la corrispondente generica proprietà specifica è data da: n= lim ∆m 0 ∆N ∆m = dN dm dalla quale si ricava che: N= n dm ovvero sistema N = nρdV Essendo V il volume occupato dal sistema V L’APPROCCIO LAGRANGIANO O DEL SISTEMA Nella dinamica dei corpi rigidi le proprietà di ciascun corpo sono specificate come una funzione del tempo. A causa dell’elevatissimo numero di particelle individuali che costituiscono un flusso di massa quest approccio è impraticabile. Per questo motivo le proprietà del flusso vengono studiate e descritte in termini di posizione nello spazio formando, così, un “campo delle proprietà”. Si assume, in tal modo, che un punto nello spazio, pur costituendo una mera posizione geometrica, attraverso il concetto di “campo delle proprietà” diventa rappresentativo della proprietà del flusso in quel punto. Di conseguenza, ad esempio per la velocità, invece di impiegare equazioni del tipo Vi = Vi(t) per una particella arbitraria di fluido, il concetto di campo di proprietà consente di assegnare un valore di V= V(x,y,z,t) a ciascun punto del regime di spazio considerato. L’approccio Lagrangiano consiste, dunque, nel seguire ciascuna particella lungo la sua traiettoria. Poiché le leggi basilari che governano un flusso sono valide per un sistema di massa prefissata , il criterio lagrangiano deve essere impiegato per ottenere le espressioni delle equazioni di governo di un flusso applicabili a determinate posizioni dello spazio (volume di controllo). APPROCCIO EULERIANO O DEL VOLUME DI CONTROLLO “L’attenzione” è concentrata su una determinata porzione di spazio. Si determinano le proprietà del fluido che istantaneamente occupa tale volume. Poiché non seguiamo le particelle individualmente in funzione del tempo le loro proprietà non vengono ottenute esplicitamente. Se però si conosce il campo di velocità V(x,y,z,t) le traiettorie attraverso tale campo possono essere tracciate rendendo determinabili le proprietà di ciascuna particella. Nella maggior parte dei casi informazioni così dettagliate non sono, tuttavia, richieste per cui l’approccio euleriano è perfettamente soddisfacente. Poiché le leggi basilari sono espresse con riferimento ad un “sistema” occorre ricavare una relazione tra l’approccio euleriano e quello lagrangiano che consenta di esprimere le leggi in termini di variabili applicabili ad un volume di controllo. DERIVATA SOSTANZIALE Per quanto detto la derivata nel tempo della proprietà N di una particella di fluido deve essere espressa in termini di descrizione del campo delle proprietà del flusso. La derivata nel tempo di una proprietà del flusso calcolata lungo la traiettoria di una particella è detta derivata sostanziale. In uno spazio lagrangiano le coordinate x,y,z di una particella sono x= x(t); y=y(t); z z=z(t) t0+Δt (x,y,z) Δx t0 Δz Δy y x Se N è una generica proprietà estensiva in una rappresentazione di campo N=N(x,y,z,t). La variazione di tale proprietà del sistema (particella) durante l’incremento di tempo ∆t può essere approssimata da una serie di Taylor troncata al I ordine come segue: ΔNsistema= N(t0+Δt)-N(t0)= ∂N Δx ∂x t0 + ∂N ∂y Dividendo per ∆t e per ∆t dN dt = sistema a t0 Δy + ∂N Δz + ∂z t0 t0 ∂N ∂t Δt t0 0 si ha lim Δt 0 N(t0+Δt)-N(t0) Δt In uno spazio lagrangiano per il sistema è x=x(t) da cui: (a) lim ∆t 0 ∆x ∆t = sistema dx dt = u(t0) Essendo u(t0) la velocità della particella in direzione x al tempo t0. Similmente si ottengono v(t0) e w(t0) rispettivamente per le direzioni y e z. Da cioè discende che (equazione (a)): dN dt = sistema a t0 ∂N + ∂N u + ∂N v + ∂N w ∂t ∂x ∂y ∂z che è la derivata sostanziale della arbitraria proprietà N che per questo motivo è simbolicamente indicata come DN Dt ∂N Variazione locale ∂t per effetti di non stazionarietà ∂N ; ∂N ; ∂N ∂x ∂y ∂z Variazione di N per variazione di posizione: variazione convettiva associata a: u,v,w Il termine DN che segue la variazione della proprietà N in riferimenDt to al sistema in movimento è stato così espresso in termini di descrizione del campo di proprietà tramite la sua derivata. Poiché il campo di proprietà è direttamente connesso ad una descrizione euleriana del flusso, la derivata sostanziale mette in relazione l’approccio lagrangiano di descrizione del flusso con quello euleriano. ESEMPIO DESCRITTIVO DELLA DERIVATA SOSTANZIALE DELLA VELOCITA’ ∂C dt ∂z CQt CQt+At Q DC CPt P dCt P Cpt Dc = dc + ∂c dt = ∂c dx + ∂c dy + ∂c dz + ∂c dt ∂t ∂x ∂y ∂z ∂t Dc = ax i + ay j + azk ax = dcx = ∂cx + cx ∂cx + cy ∂cx + cz ∂cz dt ∂t ∂x ∂y ∂z ay = dcy = ∂cy + cx ∂cy + cy ∂cy + cz ∂cy dt ∂t ∂x ∂y ∂z az = dcz = ∂cz + cx ∂cz + cy ∂cz + cz ∂cz dt ∂t ∂x ∂y ∂z DERIVATA TOTALE E SOSTANZIALE Derivata totale rispetto al tempo dc/dt dc = ∂c + ∂c dx + ∂c dy + ∂c dz dt ∂t ∂x dt ∂y dt ∂z dt Significato di ∂c/∂t è la derivata nel tempo in una posizione fissa ovvero una derivata locale. Se ci muoviamo lungo la corrente del flusso si può scrivere la “derivata seguendo il movimento” ovvero la derivata sostanziale. Dc = ∂c + vx ∂c + vy ∂c + vz ∂c Dt ∂t ∂x ∂y ∂z In questo caso si ha che rispettivamente: dx dy dz dt dt dt Sono vx, vY e vZ in quanto corrispondono alle componenti delle velocità v della particella nello spazio x,y,z, anzi, in un certo punto dello spazio, sono infatti le componenti delle velocità locale del fluido. Nei corpi rigidi la proprietà di ciascuna particella o del corpo sono specificate come funzione del tempo. Nella meccanica dei fluidi è evidente che tale approccio è impensabile o, quanto meno, poco pratico. Le proprietà del flusso sono quindi descritte in termini di una posizione nello spazio, stabilendo così un campo di proprietà. Le proprietà dello spazio sono quindi quelle del fluido che attraversa tale spazio. Il concetto di campo di proprietà consente quindi di assegnare un valore della proprietà v=v(x,y,z,t) ad ogni posizione nella porzione di spazio considerata. In questo modo V è una funzione di (x,y,z,t) invece che delle particelle di fluido. RELAZIONE GENERALE TRA APPROCCIO LAGRANGIANO (SISTEMA) ED EULERIANO (VOLUME DI CONTROLLO) OBIETTIVO:Come esprimere la velocità di variazione di una arbitraria proprietà estensiva di un sistema in termini di variazione di quella proprietà in un volume di controllo. y V x n z v v(x,y,z,t) Stato del sistema al tempo t I II III Superficie di contorno del volume di controllo V In figura è rappresentato un campo di velocità v(x,y,z,t) misurato rispetto al sistema di coordinate x,y,z. A e V sono rispettivamente la superficie di contorno ed il volume di controllo. All’istante t il sistema costituito dalle sezioni I e II occupa esattamente lo spazio definito dal volume di controllo V. All’istante t+∆t il sistema occupa lo spazio definito dalle regioni II e III. Pertanto al limite la variazione della proprietà arbitraria del sistema si ha: lim ∆N = dN = ∆t 0 ∆tsist dt sist Velocità di variazione della proprietà estensiva N del sistema al tempo t. = Velocità di variazione di N per la massa contenuta nel volume di controllo La variazione di N è calcolata lungo la traiettoria del sistema e dunque si ha: derivata totale dN = dt sistema DN Dt = derivata sostanziale da cui: DN = lim Dt ∆t 0 Nt+∆t + Nt ; essendo dN= nρdV si ha: ∆t (Nt+∆t)sistema = (NII + NIII)t+∆t = nρdV + nρdV II (Nt)sistema = (NI + NII)t = III nρdV I + t+∆t nρdV II t Notando che il limite della somma equivale alla somma dei limiti si ottiene: DN = lim Dt ∆t 0 nρdV II t+∆t ∆t nρdV II lim t + ∆t 0 nρdV - lim nρdV III t+∆t ∆t 0 I t ∆t ∆t Nel limite per ∆t 0 la regione II diventa coincidente con il volume di controllo V e quindi il primo termine a 2° membro ∆ρ∂ ∂ nρdV ∂t v (1) Il valore del secondo termine si può determinare notando che l’integrale esprime la valutazione dell’entità della proprietà N che nell’intervallo ∆t interessa la regione III. Questa corrisponde all’entità della proprietà N che nello stesso intervallo di tempo ha abbandonato il volume di controllo. Si ha quindi = dNIII nρdV t+ ∆t III t+ ∆t Dividendo per ∆t e portando al limite si ottiene la velocità istantanea con la quale N abbandona il volume di controllo. lim nρdV III ∆t t+∆t = dN dt = velocità di efflusso di N Poiché dN= ndm la velocità di efflusso di N è espressa dal prodotto del flusso di massa dmu per il valore specifico di N dN dt = u ndmu Il flusso di massa uscente dal volume di controllo V può essere espresso in termini di ρ e V, nonché dell’area di passaggio di A. Ai fini della valutazione della portata occorre però valutare la componente della velocità ortogonale, localmente, alla superficie di efflusso; si adotta quindi il concetto di superficie orientata di versore n ortogonale e positivo se uscente da detta superficie: dA= ndA, da cui dm= ρVdA = ρV cos α dA si ha quindi: dN = nρV dAu e di conseguenza: lim ∆t nρdV III ∆t 0 = t+∆t dN dt u Au = nρV dA Au Questa espressione trasforma l’originale integrale di volume in un integrale di superficie esteso alla superficie di efflusso. In modo analogo può essere espresso il 3° termine della relazione (1) che esprime il flusso entrante in V della proprietà N. Poiché il verso della velocità forma con il versore normale alla superficie di ingresso un angolo 90° si ha: dmi= - ρV cosα dA; - dN = dt in - lim Δt nρdV 0 I ∆t Ain t nρVdA Ain Dalle due ultime relazioni si ha in definitiva che: dN dt Au u dN dt Ai = nρVdA i A=Au+Ai esprimendo, in tal modo, con il solo ultimo integrale il contributo a DN/Dt dovuto ai flussi di massa uscenti ed entranti. Ad una “accelerazione del sistema” corrisponde, quindi, un incremento di DN/Dt dovuto ad un flusso in uscita ingresso. maggiore del flusso in y n α α<90° v Superficie di controllo A x Flusso di massa in uscita dal volume di controllo y α>90° n v α Superficie di controllo A x Flusso di massa in ingresso al volume di controllo Raggruppando i vari termini si ha: DN Dt = ∂ ∂t nρdV + V nρVdA A La velocità istantanea di variazione di una qualsiasi proprietà estensiva di un sistema al tempo t può essere espressa mediante due effetti: il primo relativo al volume di controllo e l’altro relativo alla superficie di controllo. Il primo termine esprime la velocità di variazione di N all’interno del volume di controllo al tempo t; il secondo termine esprime la velocità netta di efflusso della proprietà N attraverso la superficie di controllo allo stesso istante di tempo. Questa equazione mette, quindi, in relazione, in modo del tutto generale, la variazione della proprietà arbitraria estensiva N di un sistema (caratterizzato da un flusso) con un volume di controllo che, nel caso più frequente di forma invariante nel tempo ed in condizioni inerziali, consente di non tener conto della derivata parziale fuori del segno d’integrale. Si ha cioè (le coordinate del volume di integrazione non variano nel tempo rispetto ad una terna inerziale di riferimento). DN = Dt ∂(nρ)dV + ∂t V nρVdA A Esempio: continuità. Seguendo un sistema che si sposta lungo una traiettoria, la massa non cambia e quindi DN/Dt= D(massa)/Dt =0 (conservazione della massa). PRINCIPALI EQUAZIONI DI BILANCIO MASSA QUANTITA’ DI MOTO ENERGIA MOMENTO DELLA QUANTITA’ DI MOTO I BILANCIO DI MASSA (CONTINUITA’) n n A2 A1 Assegnato il volume di controllo, la proprietà estensiva considerata M è definita, in un certo istante, tramite la sua grandezza specifica da M= ρdV V In assenza di fenomeni relativistici e termonucleari, per un certo fluido, riferendosi al volume di controllo (costante nel tempo) d dt ρdV + ρVdA = 0 V A ∂ ρdV = d ρdV ∂t dt V V Come si ricava dall’equazione generale prima trovata sostituendo M a N ed essendo n=1. Dalla forma integrale dell’equazione di bilancio della massa ricaviamo ora l’espressione in forma differenziale nel caso di moto unidimensionale. Ricordiamo il lemma di Gauss “Un campo vettoriale integrato su una superficie può essere integrato nel volume racchiuso se ad esso si sostituisce la sua divergenza”. Se V è il nostro campo vettoriale (velocità) si avrà che: vdA = A _ (V) dV essendo l’operatore V =i che come è noto applicato ad uno scalare ne fornisce il gradiente (vettore) e applicato a un vettore ne fornisce la divergenza (scalare) Il termine di flusso presente nella continuità diventa allora: ρVdA = A ( ∂ +j∂ +k∂ ∂x ∂y ∂z ρV )dV V Nel caso di moto unidimensionale si ha l’equazione: ∂ ρdV ∂t + V ∂ ρdV ( V + ∂( ρVx )dV = 0 ∂t V ρV )dV = 0 ∂x V diventa: ∂ρ ∂t + ∂( ρVx ) ∂x dV = 0 V “Se l’integrale è = 0 è =0 il suo integrando” ∂ρ ∂t ∂ρ ∂t + + ∂( ρVx ) ∂x ρ ∂Vx ∂x =0 FORMA DIFFERENZIALE (moto unidimensionale non stazionario) + Vx ∂ρ = 0 ∂x IMPORTANZA DELLA FORMA DIFFERENZIALE CASO DI SEZIONE VARIABILE x ∂( ρA ) ∂t + ∂( ρVxA ) = 0 ∂x EQUAZIONE DI CONTINUITA’ Si consideri un elemento di volume stazionario x+Δx, y+Δy, z+Δz z ρVx/x ρVx/x+Δx y Δy Δx velocità di accumulo della materia = velocità di ingresso della materia - x velocità di uscita della materia Portata entrante = (ρVx)/x ∆y ∆z Portata uscente = (ρVx)/x+∆x ∆y ∆z Velocità di accumulo della materia nell’elemento di volume considerato è: (∆x ∆y ∆z) ( ∂ρ/∂t) il bilancio di materia è (∆x ∆y ∆z) ( ∂ρ/∂t)= ∆y ∆z[(ρVx)/x - (ρVx)/x+∆x]+∆x ∆z[(ρVy)/y (ρVy)/y+∆y]+∆x ∆y[(ρVz)/z - (ρVz)/z+∆z] dividendo per ∆x ∆y ∆z e portando al limite ∆x ∆y e ∆z si ha ( ∂ρ/∂t)= - ∂ ( ρVx ) ∂x + ∂ ( ρVy )+ ∂ ∂y ∂z D(dm) = 0 = Dt ( ρVz ) D(ρdV) Dt ( ∂ρ/∂t)= - ρV Δz BILANCIO DELLA QUANTITA’ DI MOTO (volume di controllo costante e fisso o inerziale) N= ρvdV ρv = “densità della proprietà” V Per un sistema e Festerne = DM Dt (M = quantità di moto) VARIAZIONE DELLA GRANDEZZA FLUSSO CONVETTIVO d ρvdV dt V v(ρv dA) A FLUSSO DIFFUSIVO (azione delle forze esterne) τ dA A FLUSSO CONVETTIVO =”convezione della proprietà”= velocità per densità della proprietà FLUSSO DIFFUSIVO= Interazione con le forze esterne escluse quelle di campo (ad. es. interazioni con le pareti di un condotto) τ = tensore degli sforzi= sforzi normali + tangenziali sforzi tangenziali legati dalla viscosità (fluidi newtoniani) al moto del fluido τ = μdv nell’unidimensionale dy v y superficie in movimento è da evidenziare la natura molecolare del processo di trasporto della quantità di moto. Per fluidi non viscosi τ= τij = 0 δ11 0 0 0 δ22 0 0 0 δ33 δ11 = δ22 = δ33 = p Lo sforzo di pressione è orientato in verso opposto alla normale uscente (n) perché bilanciando il fluido si devono considerare come forze esterne quelle che agiscono sul fluido (pareti o fluido esterno). Fesp = - pdA A FORZE ESTERNE DI CAMPO Interessano l’intera massa di fluido. Nel caso considerato si riferiscono alla sola accelerazione di gravità. Fes c = g ρdV V FORZE ESTERNE DI ATTRITO Il principio di Newton applicato ad un fluido che attraversa un volume di controllo. Fesp+ Fesc + Fesa = Fes = DM/Dt Fes = d dt (ρv)dV + v(ρVdA) = DM Dt V A La derivata sostanziale della proprietà indica che un osservatore solidale ad una particella vede cambiare la proprietà per effetti sia locali sia convettivi. Se si considera una direzione xi di versore ui si ha, se si trascurano Fesc ed Fesa che lungo xi: Fes ni pni dA Per il teorema di Gauss ( u i ) dV u i ( v dA) t u ( v dA) ( u v)dV i i A V pni dA p dV xi A V Nel caso di moto 1-D (ui=Vx=Vx) ( Vx2 ) p u V dV pn dA ( ) ; i i V A xi dV x p ( Vx ) ; ( ui )dV x t t Riscrivendo l’equazione di bilancio si ha in definitiva: ( V x ) ( V x ) p t x x 2 esplicitando i termini: V p Vx Vx Vx2 2Vx x da cui: t t x x x Vx ( V V V p Vx x ) Vx x x t x t x x x Nel caso 1-D cioè u sono gradienti lungo y e z ed allora il termine in parentesi rappresenta l’equazione di continuità scritta in 1-D che è D ( dV ) Per cui l’equazione finale è: Ø Dt essendo Vx V Vx x x t Vx V V x 1 p ,ovvero, Vx x x t x la derivata sostanziale della velocità operata lungo x DVx p Ø Dt x A S S Trascurando gli effetti di campo ed in condizioni di moto stazionario si ha essendo Fes= τ (si ricordi che Fesp= -∫A pdA) A ndA ( v) v nds Ø A S s La spinta esercitata dal fluido sulle pareti (A+S)è ndA E quindi vale l’uguaglianza A S ndA A S = ( v) v nds Principio di funzionamento dei turbogetti e degli endoreattori. Sarebbe a rigore da considerare anche il tensore di sforzo normale agente sulla superficie S che, nel caso degli endoreattori può essere considerato se Ps>>Pa Se Ps=Pa il propulsore è detto “adattato”. EQUAZIONE DELL’IMPULSO “La variazione della quantità di motodi un sistema materiale nell’intervallo di tempo τ eguaglia la sommatoria degli impulsi di tutte le forse ad esso applicate” Q I I j f j dt dQ j f j dt dQ j fj dt p1 C1 dm α1 p1 Ω1 C2 α2 Ω2 i Si consideri il sistema materiale costituito dal fluido che attraversa lo spazio controllato di un condotto limitato tra le due sezioni di area Ω1 e Ω2 Ipotesi: moto unidimensionale stazionario Indicata con dm la massa entrante nel condotto nel tempo dt la variazione di quantità di moto associata allo spostamento dell’elemento dm rispetto alla direzione orientata di riferimento i è: dmc2i-dmc1i=dm(c2i-c1i)=dm(c2cosα2i-c1cosα1i) (Σjfj)dt=dm(c2i-c1i) Σjfj=m(c2i-c1i) (II Legge di Newton del moto) FORZE APPLICATE AL SISTEMA -dovute alle pressioni agenti sulle superfici dele sezioni Ω1 e Ω2 e date da: (P1 Ω1)i – (P2 Ω2)i = P1 Ω1cos α1i – P2 Ω2cos α2i -la risultante F di tutte le forse applicate al fluido mediante la superficie laterale del volume di controllo; -la risultante ci di tutte le forze applicate all’interno del volume di controllo (in quanto dovute al campo gravitazionale) Con riferimento alla direzione orientata i l’equazione dell’impulso è : [(P1 Ω1)i – (P2 Ω2)i +Fi + Gi]dt = dm(c2i-c1i) (P1 Ω1)i – (P2 Ω2)i +Fi + Gi = m(c2cosα2i – c1cosα1i) SPINTA IN UN CONDOTTO CURVO Si consideri un condotto curvo rispetto al quale si vogliono calcolare gli sforzi che il fluido che lo attraversa esercita sulle pareti: Ipotesi: Moto unidimensionale stazionario c2 a2x=π/2 F a2y=0 a1x=0 c1 a1y=π/2 F= forza che i vincoli devono esercitare per mantenere il condotto in equilibrio Essendo la vena libera nelle due sezioni si ha: p1=p2=0 Le due componenti nel piano della risultante delle forze applicate al fluido dall’interno sono, in generale: Fx= P2 Ω2cos α2x - P1 Ω1cos α1x + m(c2cosα2x – c1cosα1x) – Gx Fx= P2 Ω2cos α2y - P1 Ω1cos α1y + m(c2cosα2y – c1cosα1y) – Gy Nel caso in esame essendo Gx= 0 Gy= -G cosα2x=0 cosα1y =0 cosα1x=1 cosα2y=1 Si ha: Fx= -mc1 Fy= mc2+G F è l’azione che i vincoli del condotto devono esercitare per mantenerlo in equilibrio. La spinta che il fluido esercita sulle pareti è pari a –F. ESEMPIO APPLICATIVO Spinta assiale in una turbomacchina motrice assiale Sezione al raggio medio y// asse della macchina y p2 C2 p1 C1 X In questo caso non possono essere trascurati i termini relativi all’azione esercitata dalla pressione del fluido. Definita con Ω1y e Ω2y le aree delle superfici anulari, giacenti in piani normali all’asse della macchina, attraverso le quali il fluido entra nella palettatura e ne esce si ha: -Fy = m (c1y – c2y) + p1 Ω1y – p2 Ω2y Spinta su una pala di turbina idraulica tipo Pelton α2 β2 c1 c2 Spinta nella pala “ferma” -Fx= m (c1-c2cos α2) = m (c1+c2cos β2) - Fx = mc (1 + cos ) β ≈10° = Per c1=c2=c c 2 (1 cos ) Se la pala si muove di velocità u=c/2 nel moto relativo la pala vede dimezzata la velocità del getto e quindi la spinta si riduce di circa ¼. BILANCIO DEL MOMENTO DELLA QUANTITA’ DI MOTO In questo caso N ( r v ) dV M Q v ( r v ) = momento della quantità di moto rispetto ad un punto per unità di volume AL n A1 A2 V=volume di controllo A=Superficie di contorno A=A1+A2+AL A1+A2=superfici permeabili alla materia AL=superficie laterale del condotto r O DM Q Dt d ( r v ) dV ( r v )(v dA) dt V A n versore orientato positivo se uscente dalla superficie M Fest DM Q Dt ( r ) dA ( r g ) dV A V Notare che DMQ è ricavabile dalla formulazione generale Dt DN d ndV nv dA Sostituendo a nρ la densità della Dt dt V A proprietà “momento della quantità di moto”). Sia la velocità assoluta v FORMULAZIONE DEL PROBLEMA NEL CASO GENERALE VARIAZIONE DELLA GRANDEZZA NEL VOLUME DI CONTROLLO (TERMINE NON STAZIONARIO) d (r v)dV dt V (r v)(v dA) FLUSSO CONVETTIVO A (r ) dA FLUSSO DIFFUSIVO (MOMENTO DELLE FORSE ESTERNE ESCLUSE QUELLE CAMPO) A (r g )dV MOMENTO DOVUTO ALLE FORZE DI CAMPO V In assenza di viscosità (r ) dA r pdA A In assenza di instazionarietà e supponendo trascurabili le forze di campo DM Q Dt M Fest r pdA ( r v )(v dA) A A EQUAZIONE FONDAMENTALE DELLE TURBOMACCHINE C=W+U (V=C) Girante di macchina operatrice radiale (Ipotesi di moto piano) W2 c2 u2 AL W1 u1 C1 Traiettoria di una particella nel moto assoluto Si suppone di considerare le superfici di ingresso e di uscita del flusso leggermente distanti rispetto a quelle reali della macchina in modo da poter ipotizzare che le velocità assolute siano uniformi. Si noti anche che per ω=cost, nel moto assoluto le condizioni del flusso non sono stazionarie Bilancio del momento della quantità di moto rispetto al volume di controllo (Condotto interpalare) M Fest r pdA r pdA A AL In quanto i soli sforzi normali, rispetto alle superfici di contorno A1 ed A2, non producono momento poiché hanno direzione passante per l’asse di rotazione. FLUSSO CONVETTIVO (r c)(c dA) (r c) (c dA) A1 A 2 Ma ρcdA = m , essendo ρdA la portata volumetrica entrante ed uscente. Nella regione di superficie A1 si ha, essendo dA = ndA (r c)( n dA) m(r c) 1 A1 Nella regione di superficie A2 si ha invece: (r c)(c ndA) m(r c) A2 2 mr c 2 r c 1 Mp r pndA M Fse mr c 2 r c 1 Mp 90- φ φ2 r2 r1 C2 90- φ1 C1 φ1 Si ricorda che le uniche Fes agenti sono gli sforzi normali relativi alle superfici laterali dei condotti intercalari. Ovviamente nel considerare i segni bisogna tener conto della risultante degli sforzi normali così applicati. Nel caso di macchine operatrici è la macchina a fornire energia al fluido e, pertanto, in tal caso la potenza scambiata risulta essere negativa. In definitiva, secondo lo schema rappresentato in figura si ha: r c 2 r c 2 c 2 r2 sen ( 90 2 ) c 2 r2 cos 2 r c 1 c1 r1 sen ( 90 1 ) c1 r1 cos 1 Mp Mp m ( c 2 r2 cos 2 c1 r1 cos 1 ) c 2 cos 2 c 2 u c cos c 1 1u 1 Mp m ( c 2 u r2 c1u r1 ) Potenza trasmessa P = Mp ω = m c2 u r2 c1u r1 r2 u 2 r u 1 1 P mc2 u u 2 c1u u1 EQUAZIONE FONDAMENTALE DELLE TURBOMACCHINE (Operatrici radiali) P/m = Lavoro specifico trasmesso dalle pale = Lp Lp è indipendente dalla natura del fluido anche per distribuzione non uniforme delle velocità assolute se considero il valore medio delle sezioni di ingresso e di uscita. ALTRA FORMULAZIONE DELL’EQUAZIONE FONDAMENTALE DELLE TURBOMACCHINE C=U+W W C α U w 2 u c cos c 2 sen 2 2 w 2 u 2 c 2 cos 2 2uc cos c 2 sen 2 u 2 c 2 cos 2 sen 2 2uc cos u 2 c 2 2uc cos Si considerino i due triangoli di velocità in ingresso ed in uscita (pedici 1 e 2) 2u1c1 cos 1 c12 u12 w12 2u 2 c2 cos 2 c 22 u 22 w22 L p u 2 c 2 cos 2 u1c1 cos 1 c 22 c12 u 22 u12 w12 w22 2 2 2 ESPRESSIONE DELL’EQUAZIONE FONDAMENTALE IN TERMINI DI VARIAZIONE DI ENERGIE CINETICHE SPECIFICHE SPIEGAZIONE ELEMENTARE DELLA AZIONE DINAMICA TRA LA CORRENTE E LE PALE E’ noto dalla meccanica dei fluidi che la forza applicata alle pale si esplica tramite la composizione di una corrente traslatoria e di una corrente circolatoria. Se si escludono le forze derivate dall’attrito le uniche che agiscono sono le forze di massa. Un osservatore solidale ad una girante può individuare le seguenti cause di forze che agiscono sulle pale: 1) La deviazione imposta dalla schiera al fluido. A causa della curvatura delle pale, la velocità relativa del fluido cambia direzione e per effetto della curvatura della traiettoria, si manifestano forze di inerzia le cui componenti nella direzione del moto della schiera danno luogo ad una spinta. 2) La variazione del valore della velocità relativa. Se il condotto si restringe oppure si allarga, per effetto della variazione della quantità di moto, dovuta alla variazione di velocità relativa, nasce una reazione sulle pareti del condotto come in un razzo. Questa reazione si manifesta sia se le pale sono curve, sia se sono rettilinee. 3)La variazione della distanza delle particelle di fluido dall’asse di rotazione. SIGNIFICATO FISICO DEI DIVERSI TERMINI W W 2 2 1 U U 2 2 2 2 2 2 1 C C 2 2 2 2 1 Trasformazione, nel moto relativo, dell’energia cinetica in energia potenziale causata dal rallentamento del fluido Aliquota di energia trasferita dalla macchina al fluido che nel passare da una sezione a raggio minore a quella di uscita a raggio più grande deve vincere la variazione di velocità periferica. Tale termine mostra come sia logico che le macchine radiali operatrici siano di tipo centrifugo. Incremento di energia cinetica nel moto assoluto. Tale energia viene poi convertita in energia potenziale (incremento di pressione) nel diffusore NELLE TURBOMACCHINE OPERATRICI ASSIALI LP = u(C2U-C1U) Essendo per ipotesi (in una sezione cilindrica relativa ad un determinato valore del raggio, ad es. raggio medio) r1=r2 e quindi u1=u2=u si ha anche w12 w22 c 22 c12 Lp 2 2 PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA APPLICATO ALLE MACCHINE V1 Condotto di immissione Q macchina W La macchina raffigurata può scambiare con l’esterno la potenza termica Q e la potenza meccanica W Condotto di scarico V2 Ipotesi: -Assenza di reazioni chimiche o nucleari -Sistema di riferimento assoluto -Moto 1.D nelle sezioni 1 e 2 Per un volume di controllo (compreso tra le sezioni 1 e 2): “La somma delle potenze entranti nel sistema eguaglia la somma delle potenze uscenti, a meno di eventuali accumuli di energia nel volume di controllo” Seguendo l’impostazione generale del problema di bilancio di una grandezza, si può scrivere, in base al I principio della termodinamica riferito ad un valore unitario della massa de Q W che: DE Q W Dt N n Etot ( e)dV Ovvero essendo V Per e=energia per unità di massa = u v2 2 gz v2 v2 DE d u gz dV u gz V dA Q W Dt dt V 2 2 A Il lavoro fatto dal volume di controllo sulla superficie di controllo (pareti che delimitano il volume di controllo) è definito positivo. Tale lavoro è di due tipi: -Lavoro fatto su organo mobile all’interno del volume di controllo Ws -Lavoro effettuato dalla forza di superficie nelle sezioni in cui il fluido attraversa il contorno della superficie. Tale lavoro è detto lavoro di pulsione Wn n v d F pd A (forza esercitata dal fluido sulle pareti contorno) da cui w n p v d A pv v d A Il lavoro totale è quindi wn wn A pv v d A A Il seno del prodotto scalare da il segno al termine Wn di L’equazione dell’energia prima scritta si può quindi, riscrivere: 2 v12 v22 L gz 2 gz1 vdp LW 1 2 2 Questa formulazione che lega il lavoro solo a grandezze di tipo meccanico è di particolare utilità per i fluidi incomprimibili, per i quali, considerando v=cost. il termine 2 vdp v p 2 p1 1 Questo termine non è infatti influenzato se non in piccolissima misura, dalle variazioni di temperatura e, quindi, dall’introduzione di calore nel sistema. Per fluidi comprimibili tale termine è invece notevolmente influenzato dalle variazioni di temperatura dovuta al calore introdotto, o, in trasformazioni adiabatiche al calore sviluppato a causa della viscosità e quindi dell’attrito interno al fluido. In assenza di scambio di lavoro (con riferimento ad un condotto fisso) e di fenomeni di attrito l’equazione dell’energia si può scrivere 2 1 dp 1 2 c 2 c12 g z 2 z1 0 2 Che è la ben nota equazione di Bernoulli, anche attenibile dall’equazione del moto (stazionario) di un fluido attraverso un volume di controllo elementare. Per uno spostamento elementare in condizioni di moto unidimensionale si ha, infatti, in condizioni stazionarie in assenza di attriti 1 dp cdc gdz 0 p+dp i c+dc c p+dp s p Ω z Ω+dΩ z+dz L’equazione del moto prima scritta (detta equazione di Eulero) derivata dalla II legge di Newton, può facilmente essere integrate per un fluido incomprimibile, fornendo 1 Nella quale p0 s p01 g z 2 z1 1 2 p0 p c 2 è detta pressione di ristagno L’equazione di Eulero è ottenibile anche nel modo seguente: si considerino le forze di pressione agenti sia sulle superfici aperte che su quelle laterali lungo la direzione i tg ad s 1)superfici aperte 2)superfici laterali La risultante è p d p dp dp pd dp p d pd dp Considerando l’ascissa curvilinea s, la forze di massa agiscono per una variazione di quota con s pari a dz/ds, da cui Risultante forze di massa Essendo dmg dz ds dm ds Si può allora scrivere dm dz dc dp dmg ds dt (Valida per condotti fissi ed in assenza di sforzi superficiali tangenziali dovuti all’attrito) d c c c ds a dt t s dt Per moto stazionario il modulo di tale accelerazione è dc dc ds dt ds dt Ma nel punto ds c per cui dt dc dc c dt ds Con l’ipotesi di moto stazionario si ha dz dc E quindi dmc dp dmg ds ds dc dp dz dp 1 dz c g g ds dm ds ds ds Da cui cdc dp gdz DEDUZIONE DELL’EQUAZIONE FONDAMENTALE DELLE TURBOMACCHINE DALL’EQUAZIONE DELL’ENERGIA SCRITTA NEL MOTO RELATIVO Ipotesi: flusso adiabatico, stazionario trascurabilità degli effetti gravitazionali Equazione dell’energia nel riferimento assoluto lungo una linea di corrente v 22 v12 L h2 h1 2 (scritta per macchine operatrici) Nel moto relativo l’osservatore solidale con la girante, vede il fluido muoversi con velocità w dal raggio r1 al raggio r2 Una particella di fluido è in tal caso soggetta a: accelerazione centripeta ac accelerazione di Coriolis aco a co 2 w ac w Essendo r il raggio orientato nel sistema (girante) sottoposto a moto rotatorio. L’accelerazione di Coriolis, agendo ortogonalmente al verso del moto w non produce lavoro sul fluido lungo una linea di corrente Nel moto relativo l’equazione dell’energia è nelle ipotesi prima specificate: LR w 22 w 12 h 2 h1 2 In essa LR è il lavoro compiuto sul fluido dovuto alla presenza delle forze centrifughe nel suo spostamento dalla sezione 1 alla sezione 2 nell’intervallo di tempo t2-t1 2 r2 r wdt t2 LR 1 t1 r1 t2 LR 2 rwdt t1 Essendo wdt=dr E ω2=cost LR 2 rdr 2 rdr r22 r12 u 22 u 12 LR 2 2 2 Si ottiene allora: u 22 u12 w12 w22 h2 h1 2 2 Dall’equazione dell’energia scritta rispetto ad un riferimento assoluto è anche come scritto in precedenza: v 22 v12 L h2 h1 2 dalla quale, sostituendo h2-h1, si ottiene in definitiva w12 w22 u 22 u12 v 22 v12 L 2 2 2 Espressione dello scambio di lavoro (operatrice) già ritrovato in precedenza per altra strada. Q=σV=cost è un caso particolare dell’equazione di conservazione della massa che in queste condizioni di definisce equazione di continuità MOTO UNIFORME IN REGIME LAMINARE (MOTO ALLA POISEUILLE, 1846) Lo studioso Navier (1823) attribuì gli sforzi dissipativi al solo effetto della viscosità, per cui dv dy Essendo τ lo sforzo tangenziale in un punto all’interno della massa fluida Il coefficiente dovuto alla viscosità del fluido, in definitiva, caratterizza il maggiore o minore lavoro che occorre disperdere per ottenere un movimento relativo tra due strati di fluido contigui. Se ci riferiamo ad un condotto cilindrico a sezione circolare di raggio r0 e di lunghezza l, si ha un h r0 τ Vmax L dislivello psicrometrico h e, quindi, una pendenza psicrometrica I=h/l. La simmetria del condotto consente di affermare che tutti i punti situati al generico raggio r<r0 abbiano la stessa velocità v. Gli strati posizionati a raggi >r esplicano sul fluido sottostante e per l’intera circonferenza un’azione di contrasto o ritardatrice che per unità di lunghezza è: 2r dv dr La forza agente sul fluido in movimento è, per unità di lunghezza: r 2 4 r 2 I L Essendovi equilibrio in condizioni di moto uniforme si ha: r 2 I 2r dv dV 0 dr I rdr 2 Se si integra si ottiene: v I 2 r cos t 4 La costante di integrazione (integrale particolare) si determina per r=r0, cioè alla parete, ove è per definizione (è fisicamente vero!) v=0 Il valore ottenuto di tale costante è I 2 r0 4 per cui I 2 che fornisce l’andamento della velocità con il (r0 r 2 ) 4 raggio all’interno di un condotto che, stante il grado dell’equazione, v mostra che lungo il diametro la legge di distribuzione della velocità è parabolica. Al centro della condotta si ha v I 2 r0 v max 4 la portata è h r 0 2 2 Q 2rvdr r r rdr 0 2 L 0 0 r0 da cui: La velocità media è r02 essendo V si ha che: Q h 4 4 r0 Ir0 8 L 8 V Q 2 Ir0 8 v max ricordando che 1 v max 2 introducendo ancora il raggio idraulico si ha: termine, V 2 R I 2 2 I 2 r0 4 r02 1 R r0 2r0 2 che, assumendo come valore costante il si può scrivere: V cos t R 2 I che coincide con quanto sperimentalmente trovato da Pouseuille. Conferma cioè che nelle condizioni in cui vennero fatte le esperienze sugli sforzi tangenziali, effettivamente questi ultimi erano determinati da un flusso ben ordinato per il quale le lamine liquide sono ritenute scorrere l’una nell’altra con l’effetto che essendo in reciproco contrasto svolgono una mutua azione di rallentamento ed accelerazione Per un fluido che si muove in moto laminare in cui le traiettorie delle particelle sono rettilinee e parallele esiste la legge di Newton che stabilisce che i fluidi (detti appunto newtoniani) in queste condizioni lo sforzo di taglio su una superficie tangente alla direzione della corrente è proporzionale alla derivata della velocità in una direzione n normale alla superficie su cui si ha lo sforzo. Riguardo alla dipendenza di μ dalla temperatura si verifica che: -Lo sforzo necessario ad allontanare le molecole tra loro vincendo le attrazioni molecolari è predominante nei liquidi e decresce al crescere della temperatura; -Lo scambio di molecole tra gli strati di fluido per effetto dei moti di agitazione predomina nei gas ed aumenta al crescere di T. Da ciò si deduce come la viscosità all’aumentare della temperatura diminuisce nei liquidi ed aumenta nei gas. Nei liquidi, dei due fattori che causano la viscosità predomina quello definito “attrito interno”. F 0 v 0 lim essendo F la forza che si esercita sull’areola .Pertanto τ caratterizza uno sforzo di taglio puntuale V v v+Δv ESPERIENZA DI REYNOLDS (1883) d a b Si hanno due recipienti A e B collegati da un tubo trasparente attraverso il quale passa acqua con un flusso continuo dovuto al dislivello d che viene mantenuto atra A e B. Vi è un altro recipiente contenente un liquido colorato di uguale densità dell’acqua. Il flusso da C ha la stessa velocità di quello tra a e B. Il diametro di d è molto piccolo ed il diametro del tubo che collega A e B è anch’esso non troppo grande, si vede che al suo interno si forma un filetto colorato rettilineo parallelo all’asse. Se si aumenta d si osserva che oltre un certo limite, aumentando la velocità, il filetto non è più rettilineo ma appare fluttuante. Il moto ordinato laminare diventa instabile (moto di transizione). Ad un’ulteriore crescita di d si osserva che l’ondeggiamento del filetto colorato si accentua e il filetto stesso si disperde lungo il suo percorso nel tubo, diffondendosi rapidamente al suo interno. Il regime di moto diventa turbolento e la velocità delle particelle (di ciascuna) cambia in modulo e direzione. Istante per istante per cui le loro traiettorie non sono più rettilinee. In queste condizioni di moto non è possibile identificare le traiettorie mentre può ancora essere definita una velocità media locale Vm data dal fatto che essendovi una componente fluttuante della velocità istantanea, quest’ultima è ad ogni istante fornita dalla somma delle velocità medie e della velocità fluttuante v Vist V m v Il valor medio delle velocità fluttuante nel tempo ha evidentemente modulo nullo. Identificato un periodo di tempo T si ha, quindi, 1 vdt 0 TT Dato il carattere assolutamente casuale dei moti di agitazione, la velocità fluttuante può essere scomposta nelle tre componenti u,v,w i cui valori medi nel tempo sono ancora nulli: 1 ' u dt 0 TT 1 ' v dT 0 TT 1 ' w dt 0 TT L’azione di mescolamento che la turbolenza induce ha per effetto di ridurre le differenze di velocità da punto a punto nella sezione. Ciò significa che vi è tra i diversi punti di una sezione esiste un intenso moto migratorio di massa di fluida e, quindi, un più elevato scambio di quantità di moto rispetto alle condizioni di moto laminare per le quali è la sola viscosità a determinare lo scambio di q.di m. In questo caso alla resistenza viscosa vanno aggiunte anche quelle dovute all’intenso scambio di quantità di moto VmT=VmL Nel moto laminare il rapporto tra la velocità massima e velocità media è,in genere. per una tubazione circolare uguale a 2 mentre nel caso di moto turbolento vale 1.15-1.25. Si desume da ciò che la turbolenza genera sforzi tangenziali molto più elevati di quelli dovuti alla sola viscosità. Quindi, se si confrontano gli sforzi di natura viscosa Fv e quelli di natura turbolenta FT può verificarsi che gli uni possano prevalere rispetto agli altri. Sia U la componente nella direzione del moto della velocità di una particella che si trova direzione del n Ks dδ moto su una areola dδ. Gli sforzi turbolenti giacciono sulla direzione del moto ma sono dovuti alla direzione del moto variazione della quantità di moto trasportata ortogonalmente direzione del moto. Si ha Ft t mu da cui um u m uVn d t Ft mu t alla V Fv d n da cui Ft Vn ud Vn u v v Fv d n n Poiché è molto difficile misurare e calcolare ognuno dei termini che appaiono in quest ultima relazione, si possono fare considerazioni, per riconoscere quando prevalgono gli uni o gli altri sforzi (Tt o Fv), di carattere medio. Si considerano, quindi, le dimensioni dei singoli termini della relazione trovata per formulare il numero di Reynolds Re V 2 V L VL Il numero di Re è, quindi, il parametro che individua il tipo di moto che si ha nella corrente: dato un certo fluido (viscosità cinematica v= μ/ρ) che scorre con una certa velocità media (v) in un condotto di una certa forma e dimensione (L), il moto sarà turbolento o viscoso a seconda che il numero di Re della corrente è maggiore o minore di un valore determinato dalla sperimentazione. Ad esempio, per condotti cilindrici, ad L va sostituito il diametro D e quindi Re quando R>2300 VD , si passa alle condizioni di moto turbolento Per poter generalizzare tale valutazione si può ricorrere al raggio idraulico R=area/perimetro e scrivere Re VD D 2 In questo caso (per una sezione circolare è R 4 /D D / 4 ) il valore critico di Re per il passaggio al moto turbolento è pari a ~500. E’ da sottolineare che per condizioni sperimentali particolarmente curate (tubo molto liscio) si può giungere a valori di Re~40.000 pur rimanendo in perturbazione moto laminare, (condizione di anche moto se una instabile) leggerissima determina un immediato passaggio a condizione di moto turbolento. Sarebbe un controsenso parlare di moto uniforme in regime turbolento in quanto, per definizione, è un regime nel quale la velocità varia da punto a punto e da istante a istante. Facendo però riferimento a valori medi locali della velocità della pressione e delle altre grandezze si può lecitamente parlare di moto uniforme in regime turbolento in quanto i valori medi non mutano nel tempo e nello spazio. Si possono quindi estendere al regime turbolento gli stessi concetti e le medesime formule del moto uniforme in regime laminare. In quest ultimo caso, tuttavia, si deve tener presente che la viscosità (che macroscopicamente consente di valutare gli sforzi di taglio e, puramente, definibile in condizioni di moto laminare) deve essere corretta nelle equazioni del moto per tener conto del fenomeno della turbolenza. CONDIZIONI DI MOTO SVILUPPATO In precedenza ci si è riferiti ad un moto, viscoso o turbolento, completamente sviluppato che si estende, quindi, lungo tutto il condotto. In realtà si deve tener conto delle condizioni di imbocco: Inizialmente, per un condotto ben raccordato, la corrente è quasi uniforme. Successivamente la forma uniforme del profilo di velocità si restringe man mano che gli effetti viscosi si estendono più verso l’asse della corrente. Si stabilisce, infine, una corrente laminare che cresce di spessore fino ad occupare tutta la sezione ad una distanza L dall’imbocco. Ciò si spiega notando che all’imbocco si forma un sottile strato laminare che, appunto, si ispessisce via via.Tale lunghezza stabilisce, quindi, il punto dal quale la corrente è in moto sviluppato. In figura è rappresentato il profilo di velocità che in condizioni di moto sviluppato (che si raggiungono a piccole distanze dall’imbocco, per cui in genere si trascura il tratto di lunghezza L) si realizza per moto laminare e turbolento turbolento laminare In prossimità delle pareti il liquido si muove in caso sotto l’azione della sola presenza degli sforzi viscosi in una zona detta Substrato laminare che è quello in cui il fluido si sposta senza essere disturbato dalla turbolenza. Tale forza è comunque, sempre più sottile al crescere della velocità e, quindi, del numero di Reynolds SCABREZZA INTERNA DI PARETE Se le scabrezze della parete restano all’interno di tale zona (sono ricoperte dal suo spessore), esse non hanno influenza sul movimento ed i caratteri macroscopici della turbolenza Sia in regime di moto laminare che turbolento si verificano perdite di energia. Per lo studio, tuttavia, di un flusso all’interno di una tubazione le perdite di energia che interessano tutto il flusso vengono schematizzate come concentrata alla parete. In pratica si considera che tali perdite siano operanti solo il contorno e non in tutto il fluido fra le particelle a contatto. Tale visione globale delle perdite risiede nella necessità, come si vedrà nel seguito, di valutare le perdite proprio in relazione alla “qualità” della superficie delle pareti interne delle tubazioni. Se si parla di perdita di energia, ricordando il legame tra τ0 e pendenza piezometrica p p z1 1 z 2 2 0 I RI Si può scrivere in forma differenziale non più, quindi, per un valore medio τ0 ma per il generico termine τ, in riferimento all’asse s del condotto p d z ds R Se ai due valori di energia potenziale (di posizione e di pressione, si aggiunge il termine di energia cinetica V2/2g si ha che rappresenta la caduta di energia che si ha nel condotto per unità di peso del fluido, equivalente ad una perdita di quantità di moto. Evidentemente, se il moto è uniforme (v=cost) la caduta piezometrica, è uguale alla perdita di energia per unità di peso. La linea dell’energia è, in questo caso, parallela alla linea piezometrica. d p v2 dE (z ) ds 2g ds E’ da notare che, seppure le perdite di carico vengono considerate come concentrate sulla superficie interna, quando vengono divise per γρ ovvero considerate per unità di peso è come se, da un punto di vista statistico, assegnassimo ad ogni particella una eguale aliquota di “responsabilità” nelle perdite del flusso. Avendo ottenuto che: 0 I R Si può constatare che le perdite di carico sono inversamente proporzionali ad R il che vuol dire che a parità di lunghezza conviene avere valori di R quanto più grandi sia possibile. Ciò significa anche affermare che, per un certo valore della portata m Vm è importante minimizzare il rapporto R ovvero il valore superficie/perimetro, che è infatti la più usata, di tipo circolare REGIME DI MOTO IN UN CONDOTTO Nelle applicazioni tecniche relative a flussi in tubazioni il numero di reynolds è dell’ordine di varie migliaia o decine di centinaia di migliaia per cui si suole definire il regime turbolento nelle applicazioni idrauliche proprio come regime idraulico. In sostanza si ha che nella quasi totalità dei casi lo studio delle correnti fluide viene fatto in condizioni di regime turbolento. Sempre in condizioni di moto uniforme della corrente, ma in regime turbolento, a causa delle velocità fluttuanti che, su una superficie piana, sono n’ e v’ si ha che, con riferimento ad un’area unitaria Au normale al piano se l’elemento y è trasportato con velocità v’ u si ha una stretta correlazione di quest’ultima con il gradiente d U x dy della velocità. Per effetto della componente v’ perverrà nell’elemento di area unitaria normale al piano, un volume di liquido v’Au degli strati vicini che possiede una velocità (dovuta al valore di u’) diverse rispetto allo strato in cui si porta. Se nel successivo intervallo dt tale volume assume la velocità di trasporto delle particelle nello strato in cui è pervenuto, la sua massa quantità di moto pari a v ' Au subisce una variazione di v ' Au u ' , se si ammette che sia proprio u’ la differenza di velocità tra i due strati. Se τ’ è lo sforzo tangenziale dovuto alla turbolenza si ha ' v ' Au u ' Omettendo di scrivere Au (essendo il suo valore unitario), si ha ' (sforzo di Reynolds). Non potendo effettuare valutazioni istantanee si ha ' 1 u 'v 'dt T T v 'u ' Tale espressione afferma che, pur essendo la media nel tempo di u’ e v’ nulla in quanto singolarmente considerati, vi è uno sforzo tangenziale che può aversi se, statisticamente, avviene che u’ e v’ abbiano lo stesso segno e, comunque, non si elidano tra loro. In definitiva nell’interno della massa fluida agisce oltre allo sforzo dU dy laminare lo sforzo 1 u 'v 'dt T T dal che si ha dU 1 u 'v 'dt dy Ovviamente l’uno o l’altro dei due termini a secondo membro T T prevalgono in funzione del regime di moto, viscoso o turbolento e, in definitiva quindi, del numero di Re. Le difficoltà di stabilire la relazione esistente tra ' ' u v dt e le condizioni di moto medio U T possono essere superate sia da osservazioni sperimentali che da altre ipotesi (ordine di grandezza delle velocità fluttuanti rispetto al valore della velocità media) per le quali, sempre per condizioni di moto uniforme della corrente e per un campo di moto piano si ha una dipendenza della velocità u, variabile da punto a punto sul grafico del tipo u 0 f (log y ) Tale funzione può essere meglio espressa da un’analisi dimensionale TURBOMACCHINE OPERATRICI RADIALI ASSIALI Elevati valori di energia trasferiti al fluido: (u22-u12)/2 consente di non raggiungere alti valori delle velocità c e w. Parità di lavoro trasmesso adatte per alte portate Robustezza strutturale (lo spessore dei dischi non interagisce con la fluidodinamica). necessarie quando siano richieste: alta efficienza (gruppi turbogas, turbogetti etc.) elevate portate da smaltire (pompe di circolazione, soffianti di altoforno). Compattezza costruttiva Ampio campo di variazione funzionale rispetto al valore nominale Progetto semplificato per applicazioni che non richiedono alte efficienze Vastissima gamma: da pompe per elettrodomestici a pompe per grossi impianti (ad es. pompe di alimento). Da turboraggianti centrifughe a compressori per elevati rapporti di compressione Portata ed efficienza non elevate. elevata efficienza: perfezione con la quale la palettatura opera sul fluido Per ottenere levate efficienze occorre un progetto accurato della forma della palettatura Non potendosi avere alti valori dell’energia trasferita al fluido sono richiesti più stadi Il campo di funzionamento è limitata dai fenomeni di instabilità che insorgono per eccessive variazioni della portata. PARAMETRI FONDAMENTALI DI UNA TURBOMACCHINA -Portata (volumetrica o massica) -Prevalenza (energia meccanica acquisita dal fluido nell’attraversare la macchina operatrice) POMPE Con riferimento a due sezioni 1 e 2 immediatamente a monte e a valle della macchina ( ad es. flange di collegamento alle tubazioni di aspirazione e di mandata) Lc12 2 c22 c12 vdp g z2 z1 L p1, 2 2 1 L’energia meccanica trasferita al fluido è la prevalenza 2 c22 c12 Y vdp g z2 z1 2 1 Essendo Lp1,2 il lavoro perduto; c22 c12 p2 p1 Y g z2 z1 2 2 Se la flange di collegamento hanno uguale diametro Y p2 p1 g z2 z1 2 se z1=z2 Y p2 p1 Ym PREVALENZA MANONOMETRICA In generale c22 c12 Y Ym g z2 z1 2 S’’ z’’ z2 S’ z1 z’ Nel tratto di tubazione s’-1 c12 c '2 2 g z1 z 0' p 2 p1 gH ' p Nel tratto di tubazione 2-s’’ si ha: c ''2 c 22 p '' p 2 '' g z z2 gH '' p 2 Essendo gH’p e gH’’p la perdita di carico espressa in unità coerenti. Sommando membro a membro e dalla relazione che esprime la prevalenza si ha che: c '2 c '2 p '' p ' '' ' g z z g H'pH'p Y 2 La prevalenza γ generata dalla pompa è spesa: Per accelerare il fluido alla velocità c’’ Per innalzamento del dislivello z’’-z’ sotto la differenza di pressioni p’’-p’ per vincere la resistenza passiva delle tubazioni g(H’’p-H’p). In generale la prevalenza di una pompa è anche espressa in metri di colonna del liquido su cui opera Y=gH COEFFICIENTI DIMENSIONALI (Teoria della similitudine per studio su modelli) numero di giri specifico (formulato da CAMERER per la pompa) portata velocità QcD 2 (proporzionale alla sezione attraversata) c H (proporzionale all’energia potenziale) Q Q1 / 2 D D 1/ 4 c H Per motivi di similitudine cinematica cunD da cui u H D n n Per una famiglia di macchine simili Q1/ 2 / H 1/ 4 A cos t H 1/ 2 / n PARAMETRI CHE CARATTERIZZANO LE PRESTAZIONI DI UNA TURBOMACCHINA (COMPRESSORI DINAMICI) rendimento η salto entalpico totale ∆Htot potenza di compressione P Variabili funzionali ( , N , D, m, 1 , a1 , k ) μ=viscosità N=regime di rotazione D=Diametro esterno della girante m=portata massica ρ1=densità in aspirazione a1=velocità del suono in aspirazione k=esponente della isoentropica Dato l’elevato numero di parametri funzionali è difficile prevedere le prestazioni della macchina in condizioni diverse da quelle del progetto. Per verificare le prestazioni dei componenti al di fuori di tali condizioni si deve tenere una metodologia di confronto dei risultati in gran quantità. La metodologia più seguita è basata sulla teoria della similitudine dinamiche di flusso tra due condizioni tra due condizioni di funzionamento di progetto e di prove. In tal modo si può stabilire in quali condizioni due fluidi, in condizioni diverse, possono considerarsi dinamicamente simili. Note le caratteristiche di progetto si possono ricavare le corrispondenti caratteristiche del flusso similare (prova). Lo studio in similitudine è di fondamentale importanza per l’utilizzo di minime sperimentali ottenute su modelli della macchina. Si verifica la similitudine dinamica del flusso tra due campi di moto quando: Si verifica un rapporto costante tra due velocità in punti corrispondenti delle correnti e tra le velocità in punti corrispondenti e la velocità di uno stesso organo della macchina (ad es. velocità periferica della girante) Le velocità in punti corrispondenti hanno stessa direzione rispetto ad una qualsiasi direzione di riferimento Stessa trasformazione subita dal gas nelle due condizioni di flusso (stesso esponente della trasformazione) Sono uguali nei due sistemi i rapporti di due tipi di forze agenti su masse elementari di fluidi in punti corrispondenti ( forze di inerzia, viscose, gravitazionali, elastiche). Similitudine geometrica delle superfici di contatto del fluido nei due sistemi (cioè rapporto costante tra lunghezze omologhe e angoli omologhi uguali) perché si verifichino queste condizioni, occorre imporre l’uguaglianza di alcune grandezze dimensionali, derivate dalle stesse relazioni funzionali, valide per le due condizioni di flusso. In tal modo è possibile prevedere le prestazioni per una famiglia di macchine simili e funzionanti in similitudine. I parametri prestazionali più ricorrenti possono quindi, in funzione delle variabili più citate, essere espressi dalle relazioni: f1(Δh+0y, , N , D, m, , a, k )=0 f2 f3 , , N , D, m, , a, k 0 P, , N , D, m, , a, k 0 Mediante il teorema di Buckingam, le tre relazioni tra otto grandezze possono essere trasformate in altrettante tra gruppi dimensionali in numero inferiore ad otto. Trattandosi di fenomeni meccanici, descrivibili con le tre grandezze fondamentali L,M,T possiamo ridurre le otto grandezza derivate a cinque gruppi dimensionali e quindi scrivere (in funzione delle tre grandezze fondamentali o altre tre indipendenti e da esse deriva f1’(π1 π2 π3 π4 π5)=0 f2’(----------------)=0 f3’(-----------------------)=0 In cui π1 π2 π3 π4 π5 sono i gruppi dimensionali Esempio per ∆htot in funzione di D,N, ρ π1=DxNy ρ1z(Δhtot) [L,T,M] Dimensionalmente D=[L’ T° M°]; N=[L° T-1M°] htot L2T 2 M 0 1 L3T 0 M 1 Sostituendo si ha L T M L T 1 0 X 0 0 1 M0 L Y 3 T 0M 1 L T Z 2 2 M 0 L0T 0 M 0 Si ha un sistema lineare in tre equazioni e tre incognite x-3z+2=0 -y-2=0 z=0 x=-2 y=-2 z=0 da cui Per cui 1 D 2 N 2 10 (H TOT ) H TOT D2 N 2 Analogamente 2 D N1 2 a1 4 DN ; m 3 3 D N1 ; 5 K Si ha quindi h m a f 2 tot 2 , 2 , 3 , 1 ,K 0 D N D N D N DN ovvero D 2 N D 3 N DN htot f , 1, ,K 2 2 D N a1 m generalizzando le tre espressioni si ha D 2 N D 3 N DN htot P 1 f , , , 1, ,K 2 2 2 5 N D D N a 1 m che esprimono tre relazioni funzionali tra gruppi dimensionali che caratterizzano le prestazioni di una famiglia di macchine funzionanti in similitudine di flusso. Perché si verifichi ciò devono essere uguali htot P , , 2 2 1 N 3 D 5 D N e quindi gruppi adimensionali entro le parentesi D 2 N uD Re V 1wA wm m 3 3 D N1 1D N u ND u Ma a1 a1 Numero di Mach periferico L htot u N 2 D2 2 2 coefficiente di pressione Le relazioni funzionali tra grandezze dimensionali si possono scrivere sinteticamente P , , f (Re, , Ma, K ) 3 5 1 N D e quindi: a parità di ηpol , si ha similitudine di flusso si hanno: -stessi coefficienti di pressione e di portata -stessi esponenti isoentropici e politropici -stessi numeri di Mach periferico -stessi numeri di Re di macchina verificandosi tali condizioni risultano uguali anche i numeri di mach e di Reynolds locali ricordando che (condizione di uguaglianza della trasformazione) s p0 p0 k 1 k k 1 k pol 1 1 e quindi 1/ 2 Q A ns' n 3 / 4 H che in forma dimensionale diventa: nQ1 / 2 ns cos t 3/ 4 (2 gH ) essendo T 1 L3 / 2 T 1 / 2 L3 / 4 T 3 / 2 L3 / 4 L0T 0 ns rappresenta fisicamente il numero di giri al minuto di una macchina operatrice che eroga una portata unitaria trasmettendo al fluido una prevalenza unitaria. E’ un numero che riunendo i principali parametri funzionali e geometrici individua le caratteristiche basilari delle macchine, permettendone n tal modo una classificazione in sua funzione Si individuano, di conseguenza, dei campi di variazione di ns in corrispondenza delle diverse soluzioni costruttive ns è un numero crescente per configurazione di palettatura che varino del tipo radiale al tipo assiale. COEFFICIENTE DI PORTATA φ E’ il rapporto tra una velocità media del fluido in una determinata sezione (in genere la velocità assoluta nella sezione di uscita) ed una velocità di riferimento (in genere la velocità periferica nella sezione di uscita RADIALI c22 u2 ASSIALI c2 a um ca essendo Q D 4 2 a Dr2 Dm Dc Dr um 2 2 ed COEFFICIENTE DI PRESSIONE 2 gH u2 essendo energia potenziale ceduta all’unità di massa del fluido energia cinetica gH dp P 1 2 u 2 p u velocità periferica massima per macchine radiali velocità periferica media per macchine assiali CURVE CARATTERISTICHE DELLE POMPE CENTRIFUGHE Grandezze di esercizio numero di giri n portata volumetrica G prevalenza H rendimento η potenza assorbita p I valori di tali grandezze sono in genere ottenuti per via sperimentale. variabili indipendenti n e Q Q valvola di strozzamento b a z1 Q Fissato il valore di n, si fa variare la portata Q agendo sulla valvola di strozzamento e si misurano: -la portata volumetrica Q -La prevalenza monometrica tra i manometri Ma e Mb posti sulle due flange -la potenza P assorbita dal motore si trascurano in tal caso i termini relativi alla variazione di energia 2 2 c c B A cinetica e posizionale (zB-zA) 2g Si fa, così, coincidere la prevalenza erogata con quella monometrica. La potenza effettivamente trasferita al fluido è: Put gQH 1000 [ KW ] In generale si fa uso dell’equazione Put QH 1000/g 10 essendo 102 La potenza al giunto è invece Fg Felel Pel=Potenza del motore elettrico al Wattmetro ηel=rendimento del motore elettrico pompa Pg Pest Pg essendo pompa i v m 0,75 0,77 gQH 1000 pompa Principali tipi di perdite: m m -perdite per trafilamento v masp -perdite del rotore: -perdite idrauliche -perdite per attrito dei dischi ηi -perdite per attriti meccanici ηm In generale pompa i si può anche definire pompa Put Put perdite 1 Per Q/Qn prevalgono le perdite di ricircolo anche se in 0/0 sono più elevate anche quelle meccaniche e di tra filamento. perdite meccaniche P/Pass trafilamento idrauliche per Q/Qn>1 ricircolo potenza effettivamente trasferita al fluido prevalgono le perdite idrauliche per le elevate velocità non più adeguata alla conformazione geometrica della palettatura. 0.5 0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 Q/Qn H [m] 24 CURVA CARATTERISTICA INTERNA 20 Hm P 10 0.8 12 η PKW 0.78 5 0.7 12 24 36 Q[l/] Ricordiamo (operatrici) l’equazione fondamentale delle turbomacchine w12 w22 u 22 u12 v 22 v12 L gH 2 2 2 TRACCIAMENTO DELLA CURVA CARATTERISTICA INTERNA NEL CASO IDEALE (numero infinito di pale) 1 H (u 2 c 2 cos 2 u1c1 cos 1 ) g 1 H u 2 c 2 cos 2 1 90 g ipotesi: c1 gira nel piano perpendicolare meridiano (piano frontale) girante con infinite pale di spessore infinitesimo completa assenza di perdite moto unidimensionale stazionario. u2 c2 α2 β2 w2 u1 α1 c1 w1 180-β2 w2 β2 c2 α2 u2 c 2 cos 2 c 2u w2 cos 2 w2 cos(180 2 ) c 2u u 2 w2 cos 2 H u2 1 u 2 (u 2 w2 cos 2 ) g D2 n 60 Q w2 rD2 b2 w2 r w2 sen 2 Q w2 sen 2D2b2 H 1 D2 n D2 n Q cos 2 g 60 60 sen 2D2b2 2 1 D n 1 Q cot g 2 H 2 n g 60 g 60b2 ponendo: 1 D K1 2 g 60 K2 2 1 1 g 60b2 La prevalenza teorica di una operatrice centrifuga varia con il quadrato dei numeri di giri linearmente con la portata ed è funzione delle caratteristiche geometriche della girante. H β2<90° β2=90° H=K,n2 β2>90° Q Per un assegnato valore del numero di giri n H∞ decresce con Q se β2>90° (cotg β2<0) H H∞ H c22 c12 Hm H 2g Q Prevalenza teorica H∞>>Hreale GIRANTE CON NUMERO FINITO DI PALE ED ASSENZA DI PERDITE Fluido privo di attrito moto instazionale Il fluido pur trascinato dalla girante nel suo moto di rotazione rispetto all’asse mantiene costante il suo orientamento rispetto allo spazio fisso (condotto chiuso) Si crea un vortice che avrà rispetto al centro di rotazione una velocità angolare uguale ed opposta a quella della girante (effetto inerziale dovuto alle azioni normali di pressione esercitata dalle particelle circostanti) Con il condotto aperto al moto di rotazione si sovrappone quello unidimensionale (corrispondente al condotto aperto e girante ferma) di attraversamento del condotto. Nel caso di girante con condotti chiusi l’accelerazione di coriolis, pur presente non ha efficacia in quanto si bilancia par la simmetria del vortice. Nel caso ideale si produce quindi un vortice che mostra, quindi, come anche in assenza di viscosità del fluido si produca una distribuzione non uniforme della velocità e quindi della pressione all’interno del vano interpalare. Anche nel supporre il fluido ideale, la presenza di un numero finito di pale altera sostanzialmente i triangoli di velocità a causa della formazione del vortice. c2z c2∞ u2 w2∞ w2z u1 w1 c1 w2z c2z w2z c2∞ 1 H u 2 ( c 2 u ) g Hz ∆c2u 1 1 u 2 (c 2uz ) u 2 (c 2u c 2u ) g g Si definisce fattore di scorrimento (SLIP FACTOR) e si indica in genere con δ il rapporto da cui c 2 uz 1 c 2u Hz H Hz k1 n 2 k 2 nQ cot g 2 Per il calcolo di sono proposte molte formule tra le quali è da ricordare quella dovuta al PFLEIDERER z z 1,6 4 2 60 con: z=numero di pale Beta=angolo di uscita (estrattivo) espresso in gradi valori di teta molto discordi si definiscono Beta costruttivo Beta cinematico ANDAMENTO TEORICO DELLA PREVALENZA IN FUNZIONE DELLA PORTATA CON NUMERO FINITO DI PALE Hz=δH∞ Hreale Hmreale Il lavoro trasmesso al fluido è ancora differente da quello relativo al caso di fluido viscoso con assenza di perdite. CURVA CARATTERISTICA REALE Si ricordi che nel caso reale si hanno: perdite di tipo meccanico perdite di tipo idraulico perdite di tipo volumetrico Solo le perdite di tipo idraulico influenzano direttamente il valore della prevalenza totale Le altre perdite sono responsabili soltanto di una riduzione del rendimento complessivo della pompa ma non alterano la caratteristica interna H/Q Le perdite di natura idraulica sono connesse con il moto del liquido della pompa. Sono: -perdite per attrito -perdite localizzate perdite per attrito hp=KaQ2 Perdite localizzate dovute a brusche variazioni dell’angolo beta1 rispetto al valore di progetto detta Q* la portata di progetto hp*=Kb(Q-Q*)2 La variazione di portata Q si traduce infatti in un diverso valore di beta2 e di conseguenza in una brusca variazione che il fluido deve subire all’ingresso β 1’ ’ c1 c1 c1’ c1 u1 β1 w1’ u1 β 1’ u1 w1 β1 Una variazione della portata Q (diminuzione da C1 a c11) determina una variazione dell’angolo di ingresso cinematica di w da beta1 a beta1primo. Il fluido quindi non entra nel condotto nelle stesse condizioni cinematiche calcolati nel punto di progetto e rispetto alle quali sono profilate le pale, generando in tal modo le perdite determinate H H∞ Hz perdite per urto perdite per attrito H Hm Q* andamento perdite totali Q Le perdite localizzate dovute all’ingresso nel rotore di hanno anche in corrispondenza dell’ingresso di un eventuale distributore palettato presente all’uscita della girante per guidare il fluido nel diffusore (elemento statico per la conversione dell’energia cinetica in energia potenziale) Hz hp*=hp1+hp2 ht=hp1+hp2+hp hp Q* Q * Nel punto di progetto corrispondente alla portata Q , per quanto detto in precedenza, si considerano nulle le perdite per “urto” L’andamento delle curve H,q dipende quindi da: Valore della portata di progetto valore dell’angolo β2 ed è influenzato da: -Numero di pale z (da cui dipende β) -Dal tipo e dal disegno del diffusore -forma e dimensione del condotto tra flangia di aspirazione e girante Se la curva presenta un punto di max. la sua posizione è essenzialmente influenzata da β2 e da z. E’ evidente che al diminuire di 180-β2 il punto di max si sposta verso valori più piccoli della portata. In generale la curva presenta un max di H per un valore di Q diverso da Q* per il quale sono considerate nulle le perdite per urto. Considerando diverse coppie di valori β2 e z si possono osservare gli andamenti della curva H,G per i quali può non essere presente un punto di max. 90 Hmax 180-β2 α=HQ=0 Hmax 0.86 60 0.94 30 α HQ=0 1.0 0 5 10 15 Q coppie di valori per β2 per curve sempre crescenti Appare chiaro come per valori crescenti di β2 sia sempre più accentuato il valore di alfa e, quindi, la possibilità di avere curve che non presentano un massimo GRADO DI REAZIONE ED INFLUENZA DEL VALORE DELL’ANGOLO β2 SUL RENDIMENTO DELLA MACCHINA Ricordando che H 1 u 2 c 2u g Q D2 b2 c 2 r e Si vede che per un determinato valore di Q risulta fissato il valore di c2r. Per H∞ invece esiste un grado di libertà in quanto si possono scegliere differenti soluzioni tali da realizzare il valore derivando H∞*. Tali differenti soluzioni dipendono essenzialmente da β2 c2r β2 w2 u2 c2 w2 β2 c2u c2 u2 c2u β2 β2 a) w2 c2 β2 c2u u2 β2 b) c) Supponendo (u2c2u)a,b,c=cost e c2r=cost risulta evidente l’influenza di β2 Si osserva che: A parità di u2 con la soluzione costruttiva c) (β2<90°) la girante è in grado di trasmettere maggiore lavoro al fluido. Il maggior lavoro trasmesso si traduce in un maggior valore dell’energia cinetica da trasformare in energia potenziale nella parte statorica (diffusore) tale trasformazione (rallentamento) nel diffusore può diventare di importanza preponderante rispetto all’incremento di energia potenziale della girante. La tecnologia della girante dipende da u2 Si definisce grado di reazione R il rapporto u 22 u12 w12 w22 2g 2g R H che, definito, in assenza di perdite e rispetto al moto supposto unidimensionale, esprime il rapporto tra il valore dell’incremento di pressione ottenuto nella girante rispetto al totale 1.0 R R Hp0t 0.5 c 22 c12 Hcin= 2g 0 R=Hp0t 1 Hinf c2u 2 u2 Andamento di R in funzione di c2u/u2 (per u2=1) e di Hp0t Hcin nel caso di funzionamento ideale con infinite pale. R 0 .5 c 2u u 2 (β2=90°) pale radiali R 0 .5 c 2u u 2 (β2>90°) pale rivolte all’indietro R 0 .5 c 2u u 2 (β2<90°) pale rivolte in avanti c 2u R 0.5 per 1 u2 u 22 u12 w12 w22 2 2 R gH H 1 1 u 2 c 2u u 22 g g ( R=0.5 β2=90°) se e solo se c1=c2r=w2 infatti: w12 – w22= w12 - c12= u12 u 22 u12 u12 u 22 2 2 R 2 0.5 2 u2 2u 2 Da cui è dimostrato che se il condotto è disegnato in modo da ottenere c2r=c1 la condizione di grado di reazione R=0.5 coincide con il valore unitario del rapporto c2u/u2 Per β2>90° -Angolo di deviazione tra c2 e c1 basso (favorevole ai fini delle perdite nella palettatura rotorica) -Angolo di divergenza del flusso basso (maggior sviluppo in lunghezza del condotto) a parità di rapporto tra le sezioni di uscita e di ingresso -minore importanza dell’incremento di pressione dovuta alla variazione di energia cinetica assoluta nel diffusore e quindi minima importanza delle perdite connessa a questo organo della macchina. Queste considerazioni fanno preferire soluzioni costruttive con angoli (β2>90° e R>0.5) E’ però da rilevare che all’aumentare di R: -Aumenta la differenza di pressione tra valle e monte della girante con conseguente aumento delle perdite per fughe e per ricircolo -Aumenta u2 rispetto a c2 e di conseguenza le perdite per attrito del disco Complessivamente l’aumento di β2 e quindi di R (entro certi limiti) comporta un incremento del rendimento della macchina in quanto il fluido è meglio guidato e si riduce la possibilità di scollamento della vena dalle pareti del condotto mobile. IL DIFFUSORE diffusori: 1. lisci 2. palettati Nei diffusori lisci è demandata alla conformazione naturale che il flusso viene ad assumere alla forte componente tangenziale di velocità che possiede all’uscita della girante. La funzione di rallentamento in un condotto che consiste in uno spazio cilindrico. La non stazionarietà del flusso nel moto assoluto ha un effetto negativo sulla fluidodinamica del diffusore nel quale sono possibili distacchi delle vene. Nei diffusori palettati, il fluido è, invece guidato da adatte canalizzazioni create con palettature fisse che permettono un più efficace e regolabile rallentamento del fluido. LA POMPA INSERITA NEL CIRCUITO DETERMINAZIONE DEL PUNTO EFFETTIVO DI FUNZIONAMENTO Nota la “caratteristica interna della pompa” H,Q è necessario conoscere la curva che rappresenta le perdite di carico del circuito esterno (alla macchina) in funzione della portata detta “caratteristica esterna”. caratteristica interna H punto di funzionamento Hpe HU caratteristica esterna (andamento delle perdite con Q nel circuito esterno) Q siano H u z p 2 p1 e Hpe= perdite di carico del circuito La prevalenza fornita dalla pompa deve essere H=Hm+Hpe. Il rapporto tra la prevalenza utile Hu e la prevalenza complessiva fornita dalla pompa definisce il “rendimento della condotta” c Hu H u H pe CASO DI CIRCUITI COMPLESSI SERBATOIO ALIMENTATO DA CONDOTTE IN PARALLELO H C D Re RD Hu= B QD Qc A Qt=Qc+QD Rc= caratteristica esterna condotta C RD= caratteristica esterna condotta D Rt= caratteristica esterna condotta D+C H Xt punto di effettivo Xt= funzionamento della pompa Qt*= Portata totale Qc= portata condotta C Hm Hu QD= portata condotta D Q Qc QD Qt* Possibili variazioni di funzionamento agendo nelle valvole di strozzamento. Rt DUE SERBATOI ALIMENTATI DALLA STESSA POMPA VR SB CB SA CA B A HuB HuA VR= valvola di strozzamento RB RA XB Htot XA 1 HuB Rt Xt RA RB n HuA QB QA Qtot Se la pompa alimentasse separatamente SA ed SB i punti di funzionamento sarebbero rispettivamente xA ed xB. se la pompa alimenta contemporaneamente i due serbatoi il suo punto di funzionamento diventa xt ottenibile considerando la caratteristica Rt applicata al punto 1 corrispondente ad una portata nella condotta cA per la quale la pompa eroga una prevalenza pari ad HuB, minima indispensabile perché si apra la valvola di ritorno VR. CASO DI DUE SERBATOI A QUOTE DIVERSE E CON UN TRATTO DI TUBAZIONE IN COMUNE H RBC=caratteristica esterna della tubazione di mandata al serbatoio a quota più elevata T RBD= caratteristica esterna della tubazione di mandata al serbatoio a quota inferiore YT ∆REB ∆’REB XT = caso precedente se P REB=0 si somma a MOP O n M REB ∆REB caratteristica esterna del tratto di tubazione in comune ∆’REB Qt Qxt Q QXt=Portata relativa al caso di due serbatoi alimentati da una stessa pompa e senza tubazione in comune Qt=portata del caso in esame LA REGOLAZIONE DELLE POMPE 1) Variazione della caratteristica esterna 2) Variazione della caratteristica interna 3) By-pass Variazione della caratteristica esterna (strozzamento) (si agisce, in genere, sulla mandata per problemi di cavitazione) H D HD HC C B Hu Hmin QD η 1.0 ηi Agendo su V la portata si riduce da Q0c0 a QD mentre la prevalenza richiesta varia da HC ad HD 0.5 0 ηcmin ηgmin Qt Ricordando che il rendimento della condotta c prevalenzautile Hu Hc prevalenzarichiesta e che il rendimento della pompa si assimila in genere al rendimento idraulico (ηi) pompa i prevalenzarichiesta lavoroall ' assedellamacchina Il rendimento complessivo diventa g i c prevalenzautile lavoroall ' assedellamacchina OTTENIMENTO DI ηG IN FUNZIONE DELLA PORTATA Q ( a n=cost) Il rendimento ηi varia al variare del punto di funzionamento in misura non considerevole. Il rendimento ηc varia, invece in misura più ampia Se la prevalenza utile fosse Hmin (punto B corrispondente al minimo valore di Hutile) e la prevalenza erogata fosse Hc (punto C) Hc-HB sarebbero le perdite di carico ed il rendimento della condotta sarebbe (riferita alla presenza del punto B) c HB H c min B HC Hc che è il rendimento della condotta riferito al minimo valore di H. Si traccia quindi la curva ηc1min per tutti i punti di funzionamento. Si possono allora ricavare i valori del rendimento complessivo ηg per tutte le condizioni di funzionamento e, con riferimento ad Hmin si definisce g min i c min Se ci si riferisce ad un punto generico D di funzionamento il rendimento complessivo è g i i Hu Hu i HD H u (H D H u ) H H H H min u i c min u g min u H min ( HD H min ) H min H min H min Ricavato dunque η gmin rispetto ad un punto di riferimento Hmin per tutto il campo di funzionamento e noto ηi, si può facilmente giungere, per le diverse condizioni di utilizzazione definite da Hu, al rendimento complessivo η g dell’impianto che, come si vede, nella regolazione per strozzamento dipende da η gmin che è sensibilmente variabile con il punto di funzionamento così ottenibile. VARIAZIONE DEL NUMERO DI GIRI In questo caso non si altera la caratteristica esterna ma sui agisce modificando la caratteristica interna della macchina. H n3 n1 ηI=cost n2 Hu In questo caso a parità di prevalenza utile richiesta (ad es. il salto geodetico tra due serbatoi) si può ottenere una variazione della portata erogata della macchina variando il suo regime di rotazione. Q1 Q2 Q3 Q La caratteristica esterna resta inalterata e la prevalenza totale richiesta aumenterà solo in funzione delle perdite che si incrementano alfa Q2. La variazione del numero di giri è però legata all’uso di un motore a c.c. o si un sistema con inverter. Il rendimento della condotta dato da Hu/H risulterà sempre decrescente con la portata. La variazione della velocità di rotazione può consentire di mantenere il punto di funzionamento all’interno della curva di massimo rendimento della pompa e quindi di avere in definitiva un rendimento complessivo dell’impianto ηg=ηi*ηc migliore di quello ottenibile nel caso di regolazione con valvola di strozzamento, come è facilmente osservabile sovrapponendo funzionamento che si ottengono con i due metodi. i punti di REGOLAZIONE MEDIANTE BY-PASS H A 1 1a Hu ηi Q2 Q3 Q1 Q La portata elaborata dalla pompa è Q1 “ ricircolata è “ mandata è Q2 Q3 Con esclusione del by-pass la pompa funzionerà con la portata QA e la prevalenza utile Hu con una prevalenza spesa per vincere le perdite nella condotta HA-HU=Hp.a Aprendo le valvole di by-pass, a causa della riduzione della portata nel circuito esterno le perdite complessive saranno pari a H2-Hu=Hp,2 Di conseguenza, non essendo variato il numero di giri della pompa, la portata da essa elaborata sarà Q1 corrispondente alla prevalenza richiesta H1=H1=Hu+Hp,2. La portata da by-passare per ottenere la portata desiderata in mandata Q2 non sarà dunque data dalla differenza QA-Q2 ma sarà Q3=(Q1-Q2)<(QA-Q2) POMPAGGIO Il tratto AC è di funzionamento instabile. Si supponga trascurabile la prevalenza di manica (condotta corta ed ampia) H A 2 T C 1 Hu Va V2 V1 V Confronto tra portata erogata e portata richiesta. Dal punto 1 al punto 2 la portata diminuisce da v1 a v2. Se la pompa eroga una portata maggiore di quella richiesta il livello aumenta ed il punto si sposta verso A, ma se la richiesta è minore di Va il livello dovrebbe salire cosa non possibile perché la prevalenza massima è HA. In queste condizioni la pompa esce dallo stato di equilibrio E A B D e si verifica una brusca inversione del verso della corrente ed il serbatoio tende a svuotarsi e la prevalenza tende ad aumentare (BE) e quindi a riportarsi verso B; da questo punto in poi la prevalenza aumenta da B a C e il flusso si inverte bruscamente, il serbatoio si riempie di nuovo ed il fenomeno si ripete. La durata di un’oscillazione dipende dalla grandezza del serbatoio di accumulo (accumula energia sotto forma di prevalenza statica) Allo scopo di evitare l’insorgere di tale fenomeno molto rischioso per le sollecitazioni che induce nella macchina è di interessere cercare: a) in fase di progetto cercare di ottenere il punto Hmax il più a sinistra possibile; b) In sede di esercizio prevedere il punto di funzionamento il più distante possibile la valore di Hmax per essere sicuri di avere una ampia zona (trattiB-C) di autoregolazione della pompa CAVITAZIONE ALTEZZA DI ASPIRAZIONE ricordando che c 22 c12 w12 w22 u 22 u12 P gH 2 2 2 appare evidente come il deltap ottenibile dalla macchina sia funzione della densità del fluido. Nei casi in sui risulti necessario che la bocca di aspirazione sia collocata ad una quota superiore a quella del pelo libero del serbatoio si ha che se la condotta di aspirazione è, all’avviamento, vuota del liquido da pompare, quest ultima potrà innalzarsi di un’altezza fornita da H ' H a l se ρa= densità dell’aria ρl= densità del liquido che nel caso di aria ed acqua indica che tale altezza si riduce ad 1/800 di quella ottenibile con la condotta di aspirazione ripiena d’acqua. Ne segue di conseguenza, la pratica impossibilità di avviamento o, come si dice, di adescamento autonomo della macchina. Ad evitare tale inconveniente appare indispensabile l’adozione di una valvola di non ritorno inserita nel circuito alla estremità inferiore della tubazione di aspirazione che ne impedisce lo svuotamento all’atto dell’arresto. E’ naturale che tale difficoltà è del tutto superabile quando , ove sia possibile, la pompa viene installata “sotto battente”, e cioè, con il livello del serbatoio più alto di quello di aspirazione della pompa. Quando sia indispensabile sistemare la pompa ad un livello superiore a quello del serbatoio, nasce l’esigenza, oltre al problema di adescamento connesso all’avviamento, di conoscere quale altezza massima di aspirazione può essere adottata. A Ha Pa La pressione pA nella sezione di aspirazione della pompa, calcolata in condizioni di moto permanente è data da 2 c p A p a gH A B gH p 2 Essendo Ha= dislivello tra pelo libero serbatoio e bocca di aspirazione. Ca= velocità del liquido sulla flangia di aspirazione All’aumentare della somme dei tre termini HA, ca2/2, Hp la pressione del liquido può raggiungere il valore corrispondente alla pressione di equilibrio del liquido con il suo vapore alla temperatura esistente all’aspirazione. Hp= altezza perduta per perdite di carico nella tubazione ρ densità del liquido Quando si giunge ad un valore di pressione del liquido inferiore a quella di saturazione a quella temperatura, si sviluppano in seno ad esso bolle di vapore che, modificando le condizioni del flusso e degli scambi energetici con la palettatura (a causa delle densità molto diverse del fluido) può compromettere il funzionamento della macchina. In tali condizioni si dice che la macchina entra in “cavitazione” a)Un primo effetto dovuto all’insorgere della cavitazione è la forte riduzione della portata a causa della formazione di sacche di vapore che ostacolano il passaggio del fluido. b) Un secondo effetto di tipo meccanico molto più grave, è che le bolle di vapore, passando attraverso la girante in zona a più alta pressione collassano (implodendo) causando sollecitazioni estremamente elevate. Se il fenomeno si sviluppa nei pressi di una parete solida, ne consegue un effetto di erosione che può “butterare” la superficie in questione. In genere nelle pompe centrifughe la parte iniziale dell’estradosso della pala dove le velocità sono più elevate e le pressioni più basse. Allo scopo di evitare l’insorgere di tale fenomeno si deve essere sicuri che in qualsiasi punto del circuito (ed in particolare all’ingresso della girante) la pressione assoluta sia maggiore della pressione di saturazione del liquido a quella temperatura. L’analisi deve dunque essere condotta considerando separatamente gli abbassamenti di pressione nel circuito a monte e quelli che si verificano all’ingresso della pompa stessa. Tale analisi porta alla definizione di due parametri : NPSH, richiesto (caratteristica della pompa) NPSH, disponibile (caratteristica del circuito) NPSH,R Nella sezione della flangia di aspirazione il fluido possiede un’energia pari a : c A2 zA 2g PA in cui za indica la quota del baricentro della sezione di aspirazione. In una sezione immediatamente prima dell’imbocco nella girante il fluido ha una velocità c1 ed una pressione p1 per cui l’energia che gli compete è: c12 z1 2g p1 Nel passaggio da A ad 1 si hanno delle perdite di carico pari a ζA,1 per cui c A2 p1 c12 zA z1 A,1 2g 2g pA pA c A2 c12 Z A Z 1 A,1 2 2g p1 L’ingresso del fluido nel condotto mobile, a causa delle deviazione della vena fluida, comporterà un abbassamento di pressione proporzionale a w12/2g per cui la minima pressione statica del fluido px è w12 2 2g px p1 nella quale λ 2 è un coefficiente di proporzionalità. L’abbassamento di pressione tra quella totale rilevata nella flangia e quella statica minima nel corpo della pompa p A c A2 p x c12 w12 A,1 2 z A z1 2g 2g 2g definito NPSH,R ed è un dato caratteristico della pompa. In generale la perdita associata alle velocità c1 vengono anche espresse come c13 c12 c12 A,1 si ha ,per cui, essendo 1 1 2 g 2 g 2g c12 w12 NPSH , R 1 2 z1 z A 2g 2g ed è una grandezza fornita dal costruttore della pompa. VALUTAZIONE DELL’ NPSH,D perché il fluido trattato dalla pompa non evapori nella sezione X nella quale si ha il valore minimo della pressione statica del fluido è necessario che risulti px>ps essendo ps la pressione di saturazione del liquido a quella temperatura. Perché ciò avvenga è necessario che il fluido abbia nella sezione A una sovrappressione rispetto alla pressione di saturazione Ps maggiore dell’abbassamento massimo che si ha nel corpo della pompa. Perché non si abbia evaporazione essendo p A c A2 p x NPSH , R 2g si deve avere p A c A2 p s NPSH , R 2g essendo p A c A2 p s NPSH , D g 2 che rappresenta, nota la pressione di saturazione del liquido alla temperatura di esercizio, l’altezza di aspirazione disponibile che, POMPA AD ASSE ORIZZONTALE A Pc A,1 p A c A2 g 2 NPSH,D 22 NPSH,R 2g c12 2g Ps Px ANDAMENTO DELLA PRESSIONE NEL CORPO POMPA TRA FLANGIA DI INGRESSO E GIRANTE (PRESSIONE DI RISTAGNO) c A2 p A c12 w12 1 2 2g 2g 2g px essendo zA=z1 Perché non ci sia cavitazione deve essere px ps c A2 p A ps c12 w12 p A c A2 p x 1 2 g g g g 2 2 2 2 NPSH,D NPSH,R Se la pompa avesse avuta una disposizione diversa rispetto alla condotto a (ad es. ad asse verticale) si sarebbe dovuto tenere conto anche della variazione di quota nel calcolare NPSH,R. In tal caso il valore di NPSH,R sarebbe stato più grande. .Tra z=0 e A si ha: p atm A c A2 h A p c 2g pA essendo ∆pc la perdita di carico nella tubazione di ammissione alla pompa Ha si ha di conseguenza che Pa p P c 3A p s NPSH , D atm h A Pc s 2g pA Dovendo essere NPSH,D>NPSH,R si ha p atm h A p c ps NPSH , R da cui si ottiene che con patm, ∆pc e ps deve risultare hA p atm ps p c HPSH , R e,quindi, noto il dato fornito dal costruttore per un certo punto di funzionamento il valore di NPSH,R si ricava la massima possibile altezza di aspirazione ESEMPIO: per l’acqua a 20° ps/ γ=0,24m essendo patm/ γ=10,33m si ha che hA<10,33-0,24- ∆pe-NPSH,R in relazione alle caratteristiche dell’impianto e della pompa in genere 2<hA<6-7 [m] COMPRESSORI CENTRIFUGHI DEL TUTTO ANALOGHI NEL COMPORTAMENTO ALLE POMPE CENTRIFUGHE (A MENO DEGLI EFFETTI DELLA COMPRIMIBILITA’ DEL FLUIDO) GRANDEZZE CARATTERISTICHE: a) velocità di rotazione (più elevata rispetto alle pompe centrifughe) b) rapporto monometrico di compressione c) portata di fluido che attraversa la macchina (portata volumetrica o massica) d) tipo di fluido aeriforme caratterizzato da -peso molecolare -rapporto cp/cv -condizioni di pressione e temperatura all’ingresso della macchina La curva caratteristica interna si ricava allo stesso che per le pompe centrifughe Il campo di pratica applicazione del compressore è però delimitato da due linee: a) una linea detta di “pompaggio” che limita, per ogni numero di giri, la minima portata ottenibile da un compressore dinamico in funzionamento stabile b) Una linea detta di “bloccaggio” o di “choking” che limita per un determinato numero di n la massima portata ottenibile senza penalizzare troppo il rendimento. β snaging β=p2/p1=(rapporto di compressione per stadio) 1.9 4000giri/min 1.7 choking 3600 1.5 3240 2650 n 1.3 2520 2160 1.1 2000 6000 10000 14000 18000 22000 Q[m /h] 3 MAPPA DI FUNZIONAMENTO DI UN COMPRESSORE CENTRIFUGO Le curve caratteristiche hanno un andamento che dipende dalle condizioni di ingresso (p e T) del fluido nonché dalla sua natura (peso molecolare, cp/cv=k). La mappa deve essere quindi corredata da: pressione all’aspirazione temperatura all’aspirazione peso molecolare del gas il valore di n il valore del fattore di comprimibilità z C 22 C12 Infatti trascurando i termini cinetico ( ) e gravitazionale 2 ( g[z2-z1]) la prevalenza effettiva , pari al lavoro scambiato tra fluido e girante è dato da: p2 H eff L1, 2 vdp Le p1 o, più convenientemente da H eff L12 h2 h1 Qe che supponendo con buona approssimazione una trasformazione adiabatica, diventa T2 H eff L12 h2 h1 cpdT T1 solo una parte del lavoro fornito ritrova però sotto forma di incremento di energia potenziale termodinamica del fluido ma una aliquota viene spesa per vincere le resistenze passive. PREVALENZA POLITROPICA E RENDIMENTO POLITROPICO pol H pol H eff confronta i due lavori spesi per portare il fluido nelle stesse condizioni finali diversamente da atis. La prevalenza politropica (o carico politropico) è l’energia che si ritrova accumulata nel fluido sotto forma di incremento di energia termodinamica potenziale tra i punti 1 e 2 di inizio e fine del processo di compressione reale. Se n è l’esponente medio della politropica costante tra i punti 1 e 2 si ha (per un gas perfetto) pvn=cost e quindi p n vdp z1 RT1 2 p1 n 1 p1 p2 H pol n 1 n 1 CARICO POLITROPICO essendo z1= fattore di comprimibilità alle condizioni iniziali. Il rendimento politropico è allora: pol H pol H eff nn1 n z1 RT1 1 n 1 h2 h1 che con semplici passaggi diventa pol n k 1 n 1 k che mostra come il rendimento politropico non dipende dal rapporto di compressione p2/p1 ma solo da n e, cioè, dalla “qualità della trasformazione”, attingendo valori via via più elevati quanto più n si avvicina all’esponente k dell’adiabatica reversibile PREVALENZA ISOENTROPICA E RENDIMENTO ISOENTROPICO Prevalenza isoentropica = energia che si immagazzina nel fluido per effetto di un processo di compressione adiabatico reversibile e quindi isoentropico compiuto tra le stesse pressioni p1 e p2 relative alla trasformazione reale p2 H is vdp che per pvk=cost è p1 kk1 p k H is z1 RT1 2 1 p1 k 1 is H is H eff kk1 p k z1 RT1 2 1 p1 k 1 h2 h1 che dipende oltre che della macchina e dalla natura del fluido anche dal rapporto di compressione p2/p1 k 1 k p2 1 p1 n 1 n p2 1 p1 scrivendo pol si ha anche n k 1 n 1 k n 1 k 1 da cui n k pol si dimostra che lim is 1 n k 1 pol n 1 k ηpol (“small stage efficiency”) acquista dunque il significato di limite del rendimento isoentropica per β che tende a 1 e quindi si potrà visualizzare in diagramma l’andamento di ηis al variare di β partendo da punti che per β=1 corrispondono al valore di ηpol ηis 0.9 ηpol=0.9 n=1.465 ηpol=0.8 0.8 ANDAMENTO DEL RENDIMENTO ISOENTROPICO IN FUNZIONE DEL RAPPORTO DI COMPRESSIONE β E DEL VALORE DEL RENDIMENTO POLITROPICO n=1.555 ηpol=0.7 n=1.689 0.7 0.6 1 2 3 4 β 5 ∆Htot=Hc-Ha pB c c 2g 2 2 2 B 2 2 c 2g 2 B M C A Pest A c02 2g 0 p1 p0 h2-ha h2-h1 c12 2g Pest=pressione esterna= pA (di ristagno) p0= pressione ingresso bocca di aspirazione (statica) p1= pressione ingresso girante (statica) p2= pressione uscita girante (statica) pB= pressione uscita diffusore (statica) Hc= entalpia di ristagno Energia del fluido in 2 in B c 22 H c h2 2g c B2 HB hB 2g Tra uscita e ingresso girante (2-1) si ha c12 c 22 c12 c 22 h h2 h1 h2 h1 2g 2g 2g COMPRESSIONE REALE ADIABATICA REALE isoterma p2 2 ds=0 isoentropica 1 p1 Nel piano p,V l’area 1-2-p2-p1 rappresenta il solo lavoro politropico -La trasformazione reale 1-2 da p1 a p2, essendo irreversibile, non può a rigore essere rappresentata con una linea su un piano termodinamico. Una politropica di indice n costituisce una accettabile approssimazione 2 Le vdp LW h2 h1 lavoro adiabatica reale 1 nn1 n RT1 1 Lw n 1 C k n cv 1 n per una politropica di indice n c cp n c cv essendo c il calore specifico lungo la politropica k n nn1 k n nn1 n Lw cT2 T1 cv T2 T1 ; Le RT1 1 cv 1 1 n n 1 1 n PRINCIPALI APPLICAZIONI DEI COMPRESSORI CENTRIFUGHI ACCIAIERIE Nella produzione dell’acciaio sono richiesti circa 50Nm3 di ossigeno compressi a circa 40 bar per ogni tonnellata di acciaio prodotto. DISTRIBUZIONE GAS NATURALE In taluni casi oltre al trasporto vengono impiegati per la reimmissione del gas in pozzi esauriti (quando la domanda dell’utenza è inferiore alla disponibilità) come in un campo petroliero algerino nel quale si iniettano circa 3-4 milioni di Nm3 al giorno RAFFINERIE IMPIANTO DI SINTESI Le prime applicazioni dei compressori centrifughi si ebbero grazie agli studi di BUCHI e RATEAU (1912-18) effettuati nella sovralimentazione di motori alternativi di aviazione. Gli scarsi valori della velocità periferica u2 non consentivano (al massimo 100-150 m/s) il raggiungimento di elevate prestazioni (al massimo valori di 1,2-1,25 di beta). Lo sviluppo successivo ha consentito il raggiungimento di 4-4.5 come valori di beta con velocità periferiche che raggiungono i 460-500 m/s consentendo una notevole riduzione degli stadi richiesti.