idattica del Patrimonio e formazione storica

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Sezione parallela C
D
idattica del Patrimonio e
formazione storica
Mettiamo in agenda una nuova politica per la storia!
Riflessioni e proposte sul curricolo verticale
Modena 6 novembre 2006
Mettiamo in agenda una nuova politica per la storia!
Riflessioni e proposte sul curricolo verticale
Sezioni parallele di lavoro.
Voci dalla scuola: esperienze e sperimentazioni.
Didattica del Patrimonio e formazione storica. Beni culturali, formazione
storica, educazione al patrimonio.
Relatori: Adriana Bortolotti, Mario Calidoni (Clio ’92).
Coordina Maria Teresa Rabitti (Clio ’92) .
L’incontro vuole essere una occasione per riflettere su cosa si intenda per patrimonio culturale e per
valore formativo del patrimonio, per comprendere quale relazione vi sia tra insegnamento della storia
ed educazione al patrimonio, quale spazio tale educazione debba avere nel curricolo di una scuola
nuova, adatta al mondo di oggi e del futuro, come sia possibile formare il cittadino consapevole e
responsabile, sensibile al rispetto e alla conservazione del patrimonio della collettività.
I relatori presenteranno esperienze realizzate in alcuni musei storici da scuole e comuni, e le iniziative
di educazione al patrimonio realizzate a Parma in occasione dei 900 anni della cattedrale, per
sollecitare, come ha indicato L’UNESCO già dal 1994 “la partecipazione dei giovani alla
preservazione e promozione del patrimonio mondiale”..
L’associazione Clio ’92, attenta da sempre alla didattica dei beni culturali e alla costruzione della
conoscenza storica con l’uso delle fonti presenti sul territorio, evidenzia nelle Tesi sulla didattica
della storia (che ispirano le proposte di Clio ‘92) una relazione stretta tra la ricerca storico-didattica e
l’uso dei beni culturali con la formazione del cittadino:
“Se la mediazione didattica promuove la costruzione delle conoscenze mediante la ricerca storicodidattica e l’uso di beni culturali (museali, archivistici, territoriali…), allora può formare cittadini
consapevoli delle funzioni e del valore dei beni culturali e delle istituzioni deputate al loro studio e alla
loro consultazione. Se l’insegnamento contempla moduli di apprendimento laboratoriale sulla storia
locale, allora è probabile che negli allievi si formi la consapevolezza della storicità del territorio nel
quale vivono e del rapporto tra il suo presente e il suo passato”.
Relatori
Mario Calidoni, già isp. tec. per l'educazione artistica nella scuola media e insegnante/dirigente.
Si è interessato di innovazione scolastica ed ha effettuato ricerche nell'ambito dell'orientamento
formativo e degli Istituti comprensivi. Per lo specifico disciplinare, coordina vari progetti di educazione
al patrimonio a livello provinciale e regionale ed ha prodotto diversi quaderni operativi in materia. Ora
è attivo per l'introduzione dell'educazione al patrimonio nei curricoli scolastici in continuità: ultimo
saggio pubblicato:
" Educazione al Patrimonio e scuola" in La didattica museale, a cura di L. Zerbini, ed. Aracne, Roma,
2006
Adriana Bortolotti
Conservatore del Museo Storico di Bergamo e socio di Clio’92 nel Gruppo di ricerca sull’educazione al
patrimonio. Laureata in storia moderna con specializzazione in didattica museale, è responsabile di
progetti educativi ed espositivi presso varie istituzioni culturali. Alcune pubblicazioni:
I cimeli nei musei storici: quali strategie ostensive ed educative per una corretta fruizione e
comprensione
pubblicato
nel
marzo
2005
sul
sito
di
Museiscuol@
www.comune.torino.it/museiscuola/index.htm, alla voce Risorse-Riflessioni
Didattiche laboratoriali nei musei storici e Vedere la storia nelle esposizioni museali, in Il fare e il far
vedere nella storia insegnata, Atti della Scuola estiva di Arcevia (giugno 2002-giugno 2003), Vicchio
del Mugello, Casa editrice Polaris, 2004
Il Museo storico di Amsterdam, recensione del percorso in chiave museologica-museografica-educativa
pubblicata nel maggio 2004 sul sito di Clio’92 www.clio92.it , alla voce Strumenti
“Nella memoria per la pace: 1915-1945”: le iniziative del Comune di Agrate Brianza (in
collaborazione con Chiara Canesi), in “Storia in Lombardia”, n. 3, 2003, p. 158-163
Una proposta per l’attività educativa museale e la relativa verifica, in “Museo & storia”, annuario del
Museo storico della città di Bergamo, anno 3° (2001), n. 3
Coordina
Maria Teresa Rabitti insegna Didattica della storia nella Facoltà di Scienze della Formazione Primaria
presso la Libera Università di Bolzano; conduce attività di Laboratorio di didattica della storia nella
SSIS, della stessa Università . Fa parte del direttivo di Clio’92 . Tra le sue pubblicazioni, moduli di
storia per la scuola secondaria nella collana “Clio” della Polari.s Ha collaborato ai cdrom “ Insegnare
storia “ corso ipertestuale per l’insegnamento in didattica della storia a cura di Ivo Mattozzi, (M P I e
Università di Bologna) 2000, “Il ‘900 e la Storia”, a cura di L. Cajani, (M P I, Direzione Generale
Istruzione Secondaria di I° Grado), 2002, alla edizione del corso FAD-Giunti Didattica della storia:
insegnare il primo sapere storico alla produzione di materiali per l’INDIRE, 2005. Ha prodotto molti
materiali didattici di uso delle fonti museali
FORMAZIONE STORICA E EDUCAZIONE AL PATRIMONIO
di Ivo Mattozzi1
"alla fine conserveremo solo ciò che amiamo,
ameremo solo ciò che avremo compreso,
comprenderemo solo ciò che ci è stato insegnato"
[Baba Dion (Senegal)]
La felicità che prova [Camus] a Tipasa nello splendore della primavera deriva
dall'esperienza di un paesaggio in cui le rovine di una città romana, a una
sessantina di chilometri da Algeri, si mescolano così intensamente alla natura che
sembrano
fondersi
con
essa,
appartenervi:
"In questa unione dei ruderi e della primavera, i ruderi sono tornati ad essere
pietra e, perdendo il lustro imposto dall'uomo, sono rientrati nella natura"(1).
[…] Come le rovine, i cantieri hanno passati molteplici, passati indefiniti che
vanno ben al di là dei ricordi del giorno prima, ma che sfuggono al presente del
restauro e della spettacolarizzazione, a differenza delle rovine raggiunte dal
turismo: non vi sfuggiranno senz'altro a lungo, ma almeno sollecitano
l'immaginazione fino a che esistono, fino a che possono suscitare un sentimento
d'attesa.
Hanno bisogno di paesaggi e quindi anche di testi che li ricreano trasformandoli.
La scrittura lega le parole e gli esseri, gli esseri tramite le parole, il lettore
all'autore e i lettori tra loro. Per quanto riguarda invece i paesaggi da essa
generati, anche quando l'origine è una porzione di spazio storico, non cessano di
rinascere da una lettura all'altra. La scrittura e il paesaggio sono simbolici, ci
parlano di ciò che condividiamo e che, per ciascuno di noi, resta diverso.
[Marc Augé, Narrazione, viaggio, alterità, Relazione al seminario presso la
Scuola Superiore di Studi umanistici dell'Università di Bologna ora in
www.golemindispensabile.it/dossier.asp?dossier=2&id=948&num=54#2]
La didattica dei beni culturali: un impegno di “Clio ‘92”
L’associazione “Clio ‘92” fin dalla sua costituzione ha adottato la didattica dei beni culturali come
campo cruciale della sua riflessione e delle sue proposte pragmatiche.
La ricerca storico-didattica con l’uso delle fonti archivistiche, archeologiche, museali, iconografiche,
architettoniche, paesaggistiche … è da sempre una strategia formativa privilegiata nel curricolo delle
operazioni cognitive e delle conoscenze significative sia nella scuola primaria che nella secondaria.
Infatti, nelle Tesi sulla didattica della storia (che ispirano le proposte di “Clio ‘92”) ce n’è una che
mette in relazione la ricerca storico-didattica e l’uso dei beni culturali con la formazione del cittadino:
1
dalla presentazione della XII Scuola Estiva di Arcevia (AN), agosto 2006
9.a. La formazione dei valori e le modalità di organizzazione dei processi di apprendimento
L’insegnamento della storia contribuisce alla formazione del cittadino grazie ai valori
precipui insiti nella storia intesa come processo di costruzione delle conoscenze relative al
passato e grazie alle modalità con le quali si organizzano e promuovono i processi di
apprendimento degli alunni. Se la mediazione didattica promuove la costruzione delle
conoscenze mediante la ricerca storico-didattica e l’uso di beni culturali (museali,
archivistici, territoriali…), allora può formare cittadini consapevoli delle funzioni e del
valore dei beni culturali e delle istituzioni deputate al loro studio e alla loro consultazione.
Se l’insegnamento contempla moduli di apprendimento laboratoriale sulla storia locale,
allora è probabile che negli allievi si formi la consapevolezza della storicità del territorio nel
quale vivono e del rapporto tra il suo presente e il suo passato. Se la mediazione didattica
stimola la formazione di strutture cognitive che rendono i giovani capaci di utilizzare le
conoscenze sul passato, allora esso forma la capacità di criticare l’uso pubblico della storia
e di partecipare con più consapevolezza alla vita sociale e politica.
Inoltre, sin dalla prima edizione della Scuola estiva, Arcevia è stata eletta a città-laboratorio per la
elaborazione di proposte sull’uso didattico dei beni culturali nella formazione storica ed i corsi sono
stati ogni anno l’occasione di ricerca, di riflessioni, di aggiornamento, di produzione di unità di
apprendimento includenti i beni culturali.
Perché, dunque, proporre quest’anno l’educazione al patrimonio invece che la didattica dei beni
culturali? Che differenza tra le due concettualizzazioni?
L’educazione al patrimonio: una missione della scuola
Nel 1994 l’Unesco ha lanciato il progetto:
“La partecipazione dei giovani alla preservazione e promozione del patrimonio mondiale” allo scopo
di sensibilizzare i giovani alla necessità di proteggere il patrimonio culturale e naturale del mondo ed
ha indicato l’obiettivo di trovare i modi per integrare l’educazione relativa al patrimonio nei programmi
scolastici di tutto il mondo.
Dal 1998 “pedagogia del patrimonio” (secondo il lessico francese) o educazione al patrimonio (più
consono all’uso linguistico italiano) sono i termini con i quali viene designata la missione che il
Consiglio d’Europa raccomanda alle istituzioni educative dei 46 paesi che ne fanno parte.
Per chiarirne la definizione possiamo usare le parole di Tim Copeland:
«a. La pedagogia del patrimonio non è una disciplina ma un tipo di educazione simile
all’educazio-ne ai diritti umani.
b. Essa usa un approccio interculturale e cerca di generare negli studenti una comprensione e un
apprezzamento del patrimonio allo scopo di:
¾ identificare e comprendere il passato a diversi livelli: locale, nazionale, internazionale;
¾ riconoscere le somiglianze tra le genti e valorizzare le differenze;
¾ combattere il razzismo, la xenofobia, la violenza, il nazionalismo e l’intolleranza.
c. Dal momento che la pedagogia del patrimonio non è una materia ma un approccio essa
utilizza una varietà di discipline e di abilità;
¾ predilige un metodo costruttivistico e si basa su ricerche personali e su tecniche di
soluzioni di problemi che utilizzano fonti ed esperienze di prima mano,
¾ è spesso intrapresa come un’attività cooperativa, diventando in tal modo socialmente
costruttivistica;
¾ poiché si configura come un processo dinamico ha implicazione su come il patrimonio si
svilupperà nel corso della vita di chi partecipa a tale pedagogia;
¾ ha relazione con l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita;
¾ rispetto agli esiti del curriculum, stimola le percezioni e offre un contesto per lo sviluppo
delle discipline attraverso il curriculum»
Tale definizione porta in evidenza che si consegue l’educazione se i percorsi curricolari riescono a
sviluppare la coscienza
¾ che i beni culturali fanno parte di un insieme che possiamo concepire come patrimonio
culturale locale, regionale, nazionale, europeo, mondiale;
¾ che il patrimonio è il risultato delle attività delle molteplici generazioni passate e che è un
lascito per quelle presenti da trasmettere a quelle future.
La emergenza del concetto di educazione è un monito a pensare che oltre l’inclusione dei b.c. nei
percorsi di insegnamento ed apprendimento occorre il deliberato proposito di attuare processi educativi
che inducano gli allievi a concepire i beni culturali come elementi di un patrimonio e i correlativi valori
e comportamenti.
“Clio ‘92” ha recepito le raccomandazioni, ha organizzato un seminario dedicato nell’Assemblea
nazionale del 2005 ed ha organizzato un gruppo di ricerca per arrivare ad elaborare tesi sull’educazione
al patrimonio che sono in corso di definizione.
Una didattica dei beni culturali per l’educazione al patrimonio
Le Raccomandazioni hanno stimolato la pratica dei progetti, extracurricolari ed interdisciplinari: cfr. le
esperienze recensite nel libro curato da L. Branchesi, Il patrimonio culturale e la sua pedagogia per
l'Europa, Armando, Roma 2006.
Nell’associazione pensiamo
1. che non bastano i progetti ma che è il curricolo di storia che deve essere curvato alla educazione
al patrimonio;
2. che non può esserci educazione senza una didattica dei beni culturali che la sostenga;
3. che la storia può contribuire alla realizzazione di progetti interdisciplinari se ha chiarito i modi
di uso dei beni culturali e di innesco dell’educazione su di esso.
Perciò abbiamo progettato il corso della Scuola estiva di Arcevia L’educazione al patrimonio nel
curricolo delle operazioni cognitive e delle conoscenze significative.
Vogliamo mettere a punto una sequenza curricolare di strategie di uso dei beni culturali che permettano
di sviluppare l’educazione al patrimonio dalla scuola dell’infanzia all’ultima classe della scuola
secondaria nell’educazione degli adulti.
Siamo persuasi che l’educazione al patrimonio possa essere promossa più efficacemente se si trovano
metodi e procedure per l’uso dei beni culturali nei processi di insegnamento e di apprendimento
disciplinari: questo vuol dire pensare la didattica dei beni culturali in funzione della costruzione delle
conoscenze storiche e pensare la storia come un potente mezzo di costruzione del significato e del
valore del patrimonio culturale.
Con le relazioni e i laboratori di Arcevia intendiamo rispondere alle seguenti domande:
¾ come si può profittare del contesto e degli strumenti offerti dal patrimonio culturale per
impostare i processi di insegnamento e di apprendimento in ogni livello scolastico?
¾ come far scoprire i molteplici passati da cui scaturisce il patrimonio culturale con la didattica
dei beni culturali applicata alla storia?
¾ come può essere organizzato un curricolo di storia mirato a formare la coscienza del patrimonio
culturale?
Vorremmo dimostrare che rispetto alle altre discipline la storia ha privilegi e opportunità e
responsabilità maggiori.
I privilegi sono :
¾ quello di avere la possibilità di usare i beni culturali di qualunque tipo come fonti;
¾ quello di poter fare di ogni bene culturale e di ogni complesso di beni gli oggetti di conoscenza
storica;
¾ quello di far scoprire che ogni bene culturale e ogni complesso di beni è portatore e testimone di
passati molteplici;
¾ quello di dover integrare una molteplicità di beni culturali allo scopo di costruire conoscenze
del passato;
¾ quello di rendere più evidente che i beni culturali possono essere strumenti di informazione in
quanto ci sono istituti di tutela e di studio che li rendono disponibili per gli studiosi.
Di conseguenza, l’insegnamento della storia ha opportunità più ampie per educare al patrimonio poiché
può organizzare curricoli in cui la gamma dei beni culturali (archivistici, museali, archeologici, iconici,
sonori, audiovisivi…) e degli istituti può essere inclusa nelle esperienze di apprendimento degli
studenti.
Se ha tali privilegi e opportunità così ampie, l’insegnamento della storia ha la maggiore responsabilità
nel proporre processi di apprendimento che promuovano l’educazione al patrimonio.
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