3. Trasferimento di materia tra le fasi

3.
TRASFERIMENTO DI MATERIA TRA LE FASI
Molti sistemi biomedici o biologici, tra cui il corpo umano, possono essere visti come sistemi
eterogenei, ovvero costituiti da diverse fasi distinte tra loro. In questi sistemi il trasporto di materia
avviene per convezione e/o diffusione sia all’interno di una singola fase sia tra le diverse fasi.
Infatti, se due fasi distinte, termodinamicamente non in equilibrio tra loro, vengono messe a
contatto, tra di esse si stabilirà un flusso di materia delle specie chimiche presenti nelle due fasi. In
particolare, supponiamo di mettere a contatto una soluzione liquida omogenea costituita da m
componenti con una miscela gassosa costituita da n componenti. Ciascuna delle specie chimiche
presenti nella fase gassosa tenderà a disciogliersi nella fase liquida mentre ciascuno degli m
componenti presenti nella fase liquida tenderà a trasferirsi nella fase gassosa. Analogamente,
mettendo a contatto un solido (o una soluzione solida) con un liquido (o una soluzione liquida) o
con un gas (o una miscela gassosa), si osserverà un flusso di materia di ciascun componente
(trasferimento) tra le diverse fasi sino al raggiungimento di una determinata composizione. A questo
punto, tutti i flussi di materia si annulleranno e la composizione delle diverse fasi rimarranno
costanti, sino a che la temperatura, la pressione o la composizione globale del sistema rimarranno
immutate. Allora si dice che il sistema ha raggiunto l’equilibrio, e i corrispettivi valori di
temperatura e pressione, unitamente alla composizione delle fasi risultante dal trasferimento di
materia vengono denominate condizioni di equilibrio. Pertanto, la descrizione del trasferimento di
materia tra le fasi richiede la conoscenza oltre che del meccanismo di trasporto all’interno di
ciascuna fase, anche delle condizioni di equilibrio. Ci occuperemo ora di ricavare delle relazioni che
leghino la temperatura e la pressione di un sistema con la composizione di equilibrio di ciascuna
fase che lo costituisce.
3.1
Equilibri di fase
Lo stato fisico della materia può essere solido, liquido o gassoso e, dal punto di vista
termodinamico, ciascuno di questi stati fisici viene considerata una fase, la quale può essere definita
come una porzione di materia omogenea in ogni sua parte (ovvero le sue proprietà chimiche e
fisiche non dipendono dal punto in cui vengono misurate), fisicamente distinguibile e separata dalle
altre porzioni di materia costituenti il sistema in esame. In generale, un sistema eterogeneo può
contenere più componenti solidi, liquidi o gassosi. In particolare, i componenti solidi
completamente miscibili tra loro formeranno una soluzione solida che può essere considerata come
una singola fase solida. Viceversa, i componenti solidi non miscibili o parzialmente miscibili
costituiranno fasi solide distinte. Analogamente, i componenti liquidi capaci di miscelarsi
completamente per dar luogo ad una soluzione liquida costituiranno una singola fase liquida
omogenea, mentre ognuno dei componenti liquidi parzialmente miscibili tra loro darà luogo a
diverse fasi liquide ognuna distinta dalle altre. Discorso a parte meritano i gas, i quali sono sempre
completamente miscibili tra loro e pertanto puri o in miscela costituiscono sempre una singola fase
gassosa avente composizione uniforme. E’ utile precisare che due specie chimiche si dicono
completamente miscibili tra loro quando messe a contatto danno luogo ad una singola fase
omogenea qualunque siano le proporzioni con cui vengono mescolate. Due specie chimiche si
diranno invece parzialmente miscibili quando danno luogo a una singola fase solo se mescolate in
determinate proporzioni. Infine, due specie chimiche sono completamente immiscibili quando la
solubilità dell’una nell’altra è nulla, ovvero quando la quantità di una specie chimica che può
disciogliersi nell’altra è praticamente uguale a zero.
In generale, è possibile trasformare una fase in un altra variando la pressione e/o la
temperatura e quando ciò avviene si parla di transizione di fase. Le principali sono:
Una ulteriore e particolare categoria di transizione di fase sono le cosiddette trasformazioni
allotropiche tipiche di quei composti solidi che possono esistere in diverse forme cristalline.
In Figura 3.1, è riportato un tipico diagramma di stato per un sistema costituito da un solo
componente. Esso, data la pressione e la temperatura, individuerà il corrispondente stato fisico di
equilibrio. Lungo le linee continue mostrate nella figura si avrà la coesistenza di due fasi mentre nel
cosiddetto punto triplo, si avrà la coesistenza delle fasi solida, liquida e gassosa.
Nel caso di sistemi eterogenei a più componenti, è necessario definire oltre alla temperatura
e la pressione, anche la composizione globale. In un sistema eterogeneo, quando le diverse fasi che
lo costituiscono sono messe a contatto, si avrà un trasferimento di materia tale che ciascun
componente si ripartirà tra le diverse fasi presenti sino al raggiungimento dell’equilibrio.
Figura 3.1
Tipico diagramma di stato per un sistema mono-componente.
Dal punto di vista termodinamico, ciascuna fase può essere caratterizzata mediante l’energia
libera di Gibbs, G. La variazione dell’energia libera di Gibbs di una singola fase costituita da n
componenti dovuta ad una variazione di temperatura, pressione o composizione può essere scritta
come:
n
dG   SdT  VdP    i dni
(3.1)
i 1
dove S, T, V, P sono rispettivamente l’entropia, la temperatura, il volume e la pressione della fase in
esame, mentre i e ni sono invece il potenziale chimico e il numero di moli della specie chimica iesima presente nella fase. Si noti che il simbolo d indica una variazione infinitesima della grandezza
specificata. Il potenziale chimico del componente i-esimo nella fase j-esima può essere definito
come la variazione di energia libera della fase j-esima rispetto al numero di moli della specie iesima quando la temperatura, la pressione e il numero di moli degli altri componenti rimangono
costanti:
 G j 

 i j  
 ni T , P ,n
k i
(3.2)
Se nel sistema in esame sono presenti più di una fase, l’Eq. (3.1) può essere scritta per tutte le fasi
costituenti il sistema:
n
dG j   S j dT  V j dP    i j dnij
j  a, b, c,......
(3.3)
i 1
Si noti che, mentre la composizione è in generale diversa per ogni singola fase, la pressione e la
temperatura sono le stesse in ogni fase del sistema, ovvero che il sistema può essere considerato in
equilibrio rispetto a queste due variabili. Considerando un sistema in cui la temperatura e la
pressione vengano mantenute costanti si ha che:
dT  0
(3.4)
dP  0
(3.5)
e
e pertanto l’Eq. (3.3) diventa:
n
dG j    i j dnij
j  a, b, c,......
(3.6)
i 1
Supponiamo ora che una piccola quantità (infinitesima) dni del componente 1 si trasferisca dalla
fase a alla fase b. La variazione di energia libera delle diverse fasi sarà:
dG a  1a dn1a
(3.7)
dG b  1b dn1b
(3.8)
dG j  0
(3.9)
j  c, d , e,......
La variazione di energia libera totale del sistema (costituito da un numero m di fasi) è data da:
m
dG   dG j
(3.10)
j 1
e nel caso che stiamo trattando
dG  dG a  dG b
(3.11)
dG  1a dn1a  1b dn1b
(3.12)
ovvero
Poiché il numero di moli del componente 1 che lasciano la fase a è uguale al numero di moli che
arrivano nella fase b, adottando la convenzione di dare segno positivo ai termini entranti e negativi
a quelli uscenti, si ha che
 dn1a  dn1b
(3.13)
e sostituendo nella (3.12) si ottiene:
dG  1a dn1a  1b dn1a
(3.14)
dG  ( 1a  1b )dn1b
(3.15)
Ricordando che un sistema all’equilibrio a pressione, temperatura e composizione globale costanti è
caratterizzato dal fatto che la variazione di energia libera di Gibbs è nulla:
dG  0
(3.16)
la (3.15) diventa:
( 1a  1b )dn1b  0
e semplificando
(3.17)
(1a  1b )  0
(3.18)
1a  1b
(3.19)
ovvero
Il risultato ottenuto è generalizzabile a tutte i componenti e tutte le fasi:
1a  1b  1c  .......
 2a   2b   2c  .......
.......
(3.20)
 na   nb   nc  .......
Le equazioni (3.20) stabiliscono che in un sistema eterogeneo il potenziale chimico di ciascun
componente ha lo stesso valore in ciascuna fase. Da questa relazione discende il fatto che in un
sistema non in equilibrio, si avrà un trasferimento di materia ovvero un flusso delle diverse specie
chimiche dalle fasi in cui il corrispondente potenziale chimico è più alto verso le fasi in cui il
potenziale chimico del componente che si trasferisce è più basso. E’ importante sottolineare che la
condizione di equilibrio è la condizione di uguaglianza dei potenziali chimici e non di uguaglianza
delle composizioni. Cosi, tra due fasi, il trasferimento di materia non avviene in generale dalla fase
in cui il componente ha una concentrazione maggiore alla fase in cui il componente si trova a
concentrazione più bassa, ma dalla fase in cui il potenziale chimico del componente è maggiore
verso la fase in cui il potenziale chimico del componente è minore. In generale, il potenziale
chimico del componente i-esimo nella fase j-esima è una funzione della temperatura, della pressione
e della concentrazione del componente i-esimo nella fase j-esima. Specificato il sistema in esame, le
Eq. (3.20) si tradurranno in una relazione che lega la temperatura, la pressione e la composizione
delle diverse fasi. Nel seguito verranno illustrati alcuni tra gli equilibri di fase più comuni in campo
biomedico.
3.2
Equilibrio tra le fasi in sistemi ad un solo componente
Per questo tipo di sistemi, l’equilibrio tra le diverse fasi in cui può esistere il solo componente
che costituisce il sistema, è descritto dalla seguente equazione:
  (T , P)    (T , P)
(3.21)
dove con  e  si sono indicate due generiche fasi. Inoltre, è stato posto in evidenza che in questo
caso il potenziale chimico dipende solo dalla temperatura e dalla pressione. Con passaggi che in
questa sede omettiamo, l’Eq. (3.21) conduce alla equazione di Clapeyron:
dP H  

dT T V 
(3.22)
dove H    e V   , i quali in generale dipendono dalla temperatura e dalla pressione,
rappresentano la variazione di entalpia e di volume associate alla transizione di fase . L’Eq.
(3.22) ha validità generale e nessuna assunzione è stata applicata durante la sua derivazione.
Pertanto, essa può essere utilizzata per la descrizione di qualunque equilibrio in un sistema
costituito da un solo componente (cfr. Figura 3.1). Forme semplificate dell’Eq. (3.22) possono
essere trovate nei testi di termodinamica.
3.3
Equilibrio liquido-vapore e gas-liquido in sistemi multi-componente
Consideriamo una soluzione liquida contenente l componenti a contatto con una miscela
gassosa contenente m specie chimiche. Denotiamo con xi la frazione molare del componente iesimo della fase liquida e con yi la frazione molare del componente i-esimo della miscela gassosa.
Una volta raggiunto l’equilibrio, sia i componenti inizialmente presenti solo nella miscela gassosa,
sia quelli inizialmente presenti nella soluzione liquida, oltre che quelli inizialmente presenti in
entrambe le fasi, si saranno ridistribuiti tra le due fasi liquida e gassosa, in modo tale che per ogni
componente del sistema valga l’uguaglianza dei potenziali chimici:
 i( gas) (T , P, yi )   i(liq) (T , P, xi ) i  1,2,....., n
(3.23)
Si noti che una volta raggiunto l’equilibrio, tutte le specie chimiche che costituiscono il sistema nel
suo complesso (fase liquida + fase gas) saranno presenti sia nella fase liquida sia nella fase gassosa.
Pertanto il numero n di componenti per i quali vale la (3.23) è in generale diverso (e sempre
maggiore o uguale) da l e m.
L’espressione del potenziale chimico nei sistemi liquido-gas dipende da molti fattori, quali
la temperatura, la pressione e la natura delle specie chimiche coinvolte nell’equilibrio. Una
importante forma dell’Eq. (3.23) è data dalla legge di Raoult:
yi P  xi Psi
i  1,2,....., n
(3.24)
dove Psi rappresenta la pressione di vapore del componente i-esimo presente nella soluzione
liquida, la quale è una funzione della temperatura. Il prodotto yiP definisce la pressione parziale pi
del componente i-esimo nella miscela.
E’ importante sottolineare che la (3.24) ha validità solo per quei sistemi in cui i componenti
hanno comportamento ideale e la pressione è bassa. Inoltre, la temperatura del sistema deve essere
inferiore alla temperatura critica del i-esima specie chimica, dove per temperatura critica si intende
la temperatura al di sopra della quale un gas non è più possibile liquefarlo qualunque sia la
pressione applicata. Quando si vuole evidenziare il diverso comportamento di una specie chimica
con riferimento alla temperatura critica, tipicamente viene adottata la dizione vapore per quei
componenti la cui temperatura del sistema è inferiore alla loro temperatura critica mentre si riserva
la dizione gas a quei componenti la cui temperatura del sistema è superiore alla temperatura critica.
In quest’ultimo caso non è più definibile una pressione di vapore e quindi la (3.24) non è più
applicabile.
Per i gas definiti come sopra, la condizione di equilibrio (3.23) viene espressa dalla legge di
Henry:
yi P  xi H i
i  1,2,....., n
(3.25)
dove la costante di Henry Hi è una funzione della temperatura e della pressione. La relazione (3.25)
vale per basse pressioni e per basse solubilità nella fase liquida (xi). In generale, la solubilità dei gas
diminuisce all’aumentare della temperatura e aumenta all’aumentare della pressione.
3.4
Equilibrio liquido-liquido
Esistono situazioni in cui due soluzioni liquide messe a contatto tra di loro risultano solo
parzialmente miscibili. Al fine di raggiungere l’equilibrio termodinamico rappresentato
dall’espressione:
 i(liquido ) (T , P, xi( ) )   i(liquido ) (T , P, xi(  ) ) i  1,2,....., n
(3.26)
gli n componenti presenti nel sistema, si ridistribuiranno nelle due fasi liquide. Se indichiamo con
xi( ) e xi(  ) le composizioni del componente i nelle due fasi  e , le composizioni all’equilibrio
saranno date dalle relazioni:
xi( )
 K i (T , P) i  1,2,...n
xi(  )
(3.27)
dove Ki è il cosiddetto coefficiente di ripartizione, che dipende dalla temperatura, dalla pressione ed
è diverso per ogni componente del sistema.
3.5
Equilibrio solido-liquido (dissoluzione)
Consideriamo una fase solida pura (soluto) cioè costituita da un solo componente messa a
contatto con una soluzione liquida (solvente). Se limitiamo la nostra analisi a quei sistemi in cui il
solido si discioglie nella fase liquida mentre nessun componente della soluzione liquida passa nella
fase solida, l’uguaglianza dei potenziali chimici per il componente solido nelle due fasi può essere
scritta nella forma:
 s( solido puro) (T , P)   s( soluzione) (T , P, xs )
(3.28)
dove con il pedice s si indica il composto solido che si discioglie. Assumendo un comportamento
ideale per il soluto e per la soluzione liquida, con opportuni passaggi che qui omettiamo, si ottiene
la relazione:
 1  H fusione  Ttriplo  C p

ln   
 1 
x
RT
T
R

triplo 
 s
 Ttriplo  C p  Ttriplo 


 1 
ln 
T
R
T




(3.29)
dove xs è la frazione molare del solido che all’equilibrio si è disciolto nella soluzione liquida
(solubilità o frazione molare di saturazione), Ttriplo è la temperatura del punto triplo, Hfusione
rappresenta il calore latente di fusione del solido s alla temperatura Ttriplo, e Cp è la differenza tra il
calore specifico di s allo stato solido e allo stato liquido, sempre a Ttriplo. Da questa equazione è
possibile osservare come la solubilità di un solido in un liquido aumenta all’aumentare della
temperatura e dipende solo dalle proprietà del solido che si discioglie. Quest’ultima osservazione
potrebbe apparire priva di senso, ma discende dall’aver assunto un comportamento ideale sia per il
solido che si discioglie sia per la soluzione liquida. In ogni caso, la (3.29) ha mostrato una buona
accuratezza nella valutazione della solubilità in sistemi in cui il soluto e il solvente sono
chimicamente simili.
E’ inoltre opportuno menzionare il fatto che la (3.29) vale sotto le ipotesi che il solido non
subisca nessuna trasformazione allotropica nell’intervallo di temperatura compresso tra la
temperatura T del sistema e quella del punto triplo e che la pressione abbia un effetto trascurabile
sulle proprietà di s. Quest’ultima ipotesi è ragionevole quando le pressioni considerate sono
relativamente basse. Oltre che mediante la relazione (3.29) o similari, la solubilità di una sostanza in
una soluzione liquida può essere ottenuta anche da tabelle o relazioni specifiche per determinate
sostanze riportate nei libri o nei manuali.
L’equilibrio solido-liquido e quindi la determinazione della solubilità di un solido in una fase
liquida è di fondamentale importanza nella assorbimento, distribuzione ed eliminazione dei farmaci.
Infatti, i farmaci molto idrofili (solubili in acqua) sono scarsamente assorbiti dall’organismo a causa
della loro incapacità di attraversare le membrane cellulari ricche di lipidi. Paradossalmente, anche i
farmaci estremamente idrofobi sono assorbiti scarsamente, poiché sono completamente insolubili
nei liquidi acquosi dell’organismo e, perciò, non possono raggiungere la superficie delle cellule.
Perché si assorba rapidamente, un farmaco deve essere ampiamente idrofobo ma deve avere una
certa solubilità in soluzione acquosa.
3.6
Coefficiente di trasferimento di materia
Con riferimento alla Figura 3.2, si considerino due fasi distinte a contatto tra di loro e separate
da una superficie detta interfaccia. Limitiamo la nostra analisi a quei sistemi in cui una della due
fasi a contatto tra loro, indicata con 1, sia composta da un singolo componente A mentre l’altra fase,
indicata con 2, sia in generale una miscela o una soluzione di più componenti, i quali siano inoltre
insolubili in A. In questo caso infatti, si avrà solo un trasferimento di materia della specie chimica A
dalla fase 1 alla fase 2, mentre non si avrà un trasferimento delle specie chimiche diverse da A dalla
fase 2 verso la fase 1. Nel caso di una fase solida pura A a contatto con una fase fluida (miscela
gassosa o soluzione liquida), l’interfaccia è una vera è propria superficie solida. L’interfaccia è
invece una superficie nel senso geometrico del termine quando separa un liquido puro A da una
soluzione liquida, mentre coincide con la superficie libera che separa la fase liquida da quella
aeriforme costituita dal gas o dal vapore A.
Sia, quindi, C A* la concentrazione del generico componente A all’interfaccia tra le due fasi e
CA la concentrazione media del componente A nella fase 2. Prima di proseguire è utile fare qualche
precisazione sulla concentrazione C A* all’interfaccia. Infatti, quando il trasferimento di materia
avviene tra fasi diverse e non all’interno di una singola fase, si assume che all’interfaccia si
stabiliscano le condizioni di equilibrio termodinamico, ovvero che la concentrazioni C A* sia quella
che si avrebbe nella fase 2 se questa fosse in equilibrio con la fase 1. Ricordiamo che le condizioni
di equilibrio, e quindi C A* , dipendono dalla natura delle due fasi a contatto, dalla loro composizione
e dalle condizioni operative (temperatura e pressione). In Tabella 3.1 sono riportate le
concentrazioni di equilibrio per i diversi casi mostrati in Figura 3.2.
b)
a)
Solido
puro A
Miscela
gassosa
C A*
fase 1
Solido
puro A
C A*
CA
C A*
fase 2
fase 1
c)
CA
C A*
fase 2
d)
Liquido
puro A
fase 1
Liquido
puro A
Miscela
gassosa
C A*
CA
C A*
fase 2
Gas puro
A
fase 1
Soluzione
liquida
C A*
fase 1
Trasferimento di materia tra le fasi.
Soluzione
liquida
C A*
e)
Figura 3.2
Soluzione
liquida
fase 2
CA
C A*
fase 2
CA
C A*
Quando le fasi 1 e 2 vengono messe a contatto, se CA è diverso da C A* significa che le due fasi
non sono in equilibrio tra loro, e quindi si produrrà un flusso diffusivo dalle zone in cui la
concentrazione è più alta verso quelle a concentrazione più bassa. In particolare, la Figura 3.3
mostra che se la concentrazione media CA è minore della concentrazione C A* , il sistema tenderà al
raggiungimento delle condizioni di equilibrio instaurando un flusso diffusivo dall’interfaccia verso
la fase 2 in modo da aumentare la concentrazione media del componente A nella fase 2. Viceversa,
quando la concentrazione media della fase 2 è maggiore della concentrazione di equilibrio, si
instaurerà un flusso diffusivo dalla fase 2 verso la superficie di separazione tra le fasi fino
all’instaurarsi dell’equilibrio termodinamico.
A questo punto è utile introdurre il coefficiente di trasferimento di materia, kc, che lega il
flusso diffusivo del componente A che avviene all’interno della fase 2, JA, e la differenza di
concentrazione che esiste tra l’interfaccia e quella media all’interno della fase 2:

J A  kc C A*  C A

(3.30)
La differenza di concentrazione che appare nella (3.30) viene indicata anche con la dizione salto
motore o più impropriamente forza motrice. Infatti, è proprio l’esistenza di questa differenza di
concentrazione, la quale rispecchia un non-equilibrio del sistema, che determina un trasferimento di
materia tra le diversi fasi. E’ importante sottolineare ancora una volta che ciò che determina il
trasferimento di una specie chimica tra due fasi non è la differenza di concentrazione nelle due
diverse fasi, ma la differenza tra la concentrazione della specie all’interno di una fase e la
corrispondente concentrazione di equilibrio.
Ricordiamo che la concentrazione di una specie chimica può essere espressa oltre che in
termini molare, anche in termini massici e in termini di frazione molare o massica. Inoltre, nel caso
di fasi gassose o vapori, spesso la composizione viene espressa anche in termini di pressione
parziale del componente. Conseguentemente, vengono espressi in modo diverso i salti motori che
inducono il flusso di materia e conseguentemente il coefficiente di trasferimento di materia assume
unità di misura diverse. In particolare, si ha:

J A  k x x*A  x A


J A  k p p*A  pA
(3.31)

(3.32)
j A  kc'  *A   A


(3.33)


(3.34


(3.35)
j A  k x'  *A   A
j A  k p' p*A  p A
E’ importante osservare che il coefficiente di trasferimento di materia non è una proprietà della
specie che diffonde o del fluido, ma dipende anche dalle condizioni di moto che si stabiliscono nel
sistema.
Tabella 3.1.
Concentrazioni di equilibrio.
Sistema
Concentrazione di equilibrio
C A*  y *ACt con la frazione molare di equilibrio in fase gassosa pari a
Solido puro A a contatto
con una miscela gassosa
y *A 
Ps A
P
dove Ps A è la tensione di vapore del specie chimica solida A e P
la pressione del sistema
Solido puro A a contatto
con una soluzione
liquida
Liquido puro A a
contatto con una
miscela gassosa
Solubilità (concentrazione di saturazione) del specie chimica solida A
nella soluzione liquida, C A*  x*ACt dove x *A indica la frazione molare di
equilibrio in fase liquida
C A*  y *ACt con la frazione molare di equilibrio in fase gassosa pari a
y *A 
Ps A
P
dove Ps A è la tensione di vapore del specie chimica liquida A e P
la pressione del sistema
Liquido puro A a
contatto con una
soluzione liquida
Solubilità (concentrazione di saturazione) del specie chimica liquida A
nella soluzione liquida, C A*  x*ACt dove x *A indica la frazione molare di
equilibrio nella soluzione liquida
Gas puro A a contatto
con una soluzione
liquida
C A*  x*ACt con la frazione molare di equilibrio in fase liquida pari a
H
x *A  dove H è la costante di Henry della specie chimica gassosa A alla
P
pressione P e temperatura del sistema
Poiché comunque il flusso JA espresso dalle equazioni (3.30)-(3.32) deve essere lo stesso,
uguagliando le espressioni tra loro si trova il legame tra i diversi coefficienti di trasferimento di
materia. In particolare, si ha che
kc 
kx
 k p RT
Ct
(3.36)
dove Ct indica la concentrazione totale della fase fluida 2, R è la costante universale dei gas mentre
T indica la temperatura del sistema. E’ importante sottolineare che l’ultima uguaglianza vale solo
per fasi gassose il cui comportamento può essere assunto ideale.
Miscela gassosa
o soluzione
liquida
contenente A
A puro
C
*
A
C
JA
fase 1
CA
C A*
fase 2
C A  C A*
Figura 3.3
Miscela gassosa
o soluzione
liquida
contenente A
A puro
CA
C A*
*
A
JA
fase 1
fase 2
C A  C A*
Flusso diffusivo della specie chimica A.
Con considerazioni analoghe, l’uguaglianza del flusso jA espresso dalle equazioni (3.33)(3.35) conduce alle relazioni:
k 
'
c
k x'
t

k p' RT
PM A
(3.37)
dove t indica la densità totale della fase 2 e PMA il peso molecolare della specie chimica A. Anche
in questo caso l’ultima uguaglianza vale solo per fasi gassose il cui comportamento può essere
assunto ideale. In Tabella 2 sono riportate le unità di misura nel Sistema Internazionale (S.I.) dei
coefficienti di trasferimento di materia per le diverse espressioni dei salti motore.
L’utilizzo kc , k x , kc' , o k x' è assolutamente equivalente e dipende solo dalla convenienza nei calcoli.
L’utilizzo di k p o k p' e invece limitato a quei sistemi in cui la specie che passa da una fase all’altra è
un gas o un vapore.
Tabella 3.2.
Unità di misura dei coefficienti di trasferimento di materia.
Coefficiente Unità di misura
kc
m s-1
kx
mol m-2 s-1
kp
mol s m-1 kg-1
kc'
m s-1
k x'
kg m-2 s-1
k p'
s m-1
E’ bene precisare che nella trattazione sin qui esposta sono state implicitamente adoperate
alcune semplificazioni al fine di rendere più semplice l’esposizione dell’argomento. È utile
comunque tener presente che, in generale, anche il moto d’insieme e non solo la diffusione
contribuisce al trasferimento di materia tra fasi distinte, così come nell’analisi del trasporto del
componente A non si può prescindere dal considerare anche la modalità di trasporto degli altri
componenti presenti nella fase 2. Solo nel caso in cui la miscela gassosa o la soluzione liquida che
costituisce la fase 2 possa considerarsi diluita, è possibile trascurare il contributo al trasporto di A
determinato dal moto d’insieme e dal trasporto di materia degli altri componenti. Inoltre, il
coefficiente di trasferimento di materia può dipendere dalla concentrazione stessa. Per eliminare
questa complicazione è utile limitarsi a situazioni in cui è ragionevole supporre che sia abbiano
piccole velocità di trasferimento di materia. Nel seguito si farà pertanto riferimento solo a sistemi
diluiti in cui si abbiano piccole velocità di trasferimento di materia tra le fasi.
4.7
Relazioni per la valutazione dei coefficienti di trasferimento di materia
Nella maggior parte dei casi di interesse applicativo, il coefficiente di trasferimento di materia
viene ricavato da correlazioni del tipo:
Sh  f (Re, Sc)
(3.38)
dove il numero di Sherwood Sh, il numero di Reynolds Re, e il numero di Schmidt Sc sono espressi
come segue:
Sh 
kc L*
DA
(3.39)
Re 
 v L*

(3.40)
Sc 

DA
(3.41)
Nelle Eq. (3.39)-(3.41), , , e v rappresentano rispettivamente la densità, la viscosità e la velocità
della fase fluida in cui avviene il trasferimento di materia, mentre DA è la diffusività del
componente A nella fase fluida. L* invece rappresenta la lunghezza caratteristica del sistema in
esame. Il numero di Reynolds tiene conto in qualche modo delle condizioni di moto del fluido
mentre il numero di Schmidt dipende solo dalle proprietà del fluido in cui avviene il trasferimento
di materia e non dal regime del moto. Noto quindi Sh, è possibile ricavare il coefficiente di
trasferimento di materia dall’Eq. (3.39). Si noti che il tipo di correlazione che espressa dall’Eq.
(3.38) dipende dal sistema in esame. Nella maggior parte dei casi, non è possibile ricavare
teoricamente la dipendenza funzionale espressa dall’Eq. (3.39), pertanto si ricorre alla
sperimentazione per ottenere l’appropriata correlazione per il numero di Sherwood. In letteratura
esistono moltissime correlazioni e nella tabella allegata vi sono riportati alcuni esempi. E’ bene far
osservare che tipicamente le correlazioni riportate in letteratura consentono di ricavare il
coefficiente di trasferimento di materia kc avente quindi come unità di misura m/s. Pertanto per
ottenere i coefficienti di trasferimento nelle altre unità di misura si deve ricorrere alle Eq. (3.36)(3.37).