Organizzazione dei servizi di neuropsichiatria infantile Azienda

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Convegno internazionale
Tratti autistici
Conoscenze attuali e sviluppi
Bolzano, 16 Marzo 2011
Workshop
Organizzazione dei Servizi di Neuropsichiatria
Infantile dell’Azienda Sanitaria di Bolzano.
Offerta attuale e proposte per il futuro
Felicita Scolati1
1. Le linee guida SINPIA
a. linee guida per la diagnosi e la valutazione
b. linee guida per lo screening
c. linee guida per il trattamento
2. Come sono state recepite le linee guida della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile a
livello nazionale e provinciale?
a. Tavolo Nazionale Autismo
b. Tavola Rotonda, Bolzano maggio 2010
c. Carta dei Disturbi dello Spettro Autistico (DSA), documento conclusivo e
programmatico della Tavola Rotonda
d. La situazione nei vari comprensori provinciali
3. Oltre la scuola (dopo i 18 anni)
a. Introduzione
b. le ‘buone prassi’ nazionali
c. le ‘buone prassi’ provinciali (Cortaccia)
1
Servizio di Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva
1
I.
Linee guida per l’autismo
Diagnosi e Interventi - Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile (2005)
Le conoscenze in merito al disturbo autistico si sono modificate in modo drammatico nelle
ultime due decadi, pur tuttavia la definizione di Autismo è sempre quella di una sindrome
comportamentale causata da un disturbo dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio
nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione
sociale, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri.
L’Autismo si configura pertanto come una disabilità “permanente” che accompagna il soggetto nel
suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel
tempo.
I dati epidemiologici portano ad affermare che l’autismo non presenta prevalenze
geografiche e/o etniche; presenta invece una prevalenza di sesso, in quanto sembra colpire i maschi
in misura da 3 a 4 volte superiore rispetto alle femmine. I dati oggi disponibili stimano una
prevalenza di 1 caso su 1.000 (ciò significa che in Alto Adige esisterebbero circa 500 casi di
Autismo). Ma se si considerano i disturbi dello Spettro autistico la stima sale a 10 casi su 1.000.
La prognosi è fortemente condizionata dal grado di funzionamento cognitivo, che è a
tutt’oggi l’indicatore più forte rispetto allo sviluppo futuro. Studi di follow-up evidenziano che un
QI di 70 o più, pur rappresentando un indicatore molto forte per un out come positivo, non protegge
con certezza da uno scarso adattamento sociale in età adulta. Inoltre i bambini che sviluppano il
linguaggio entro i 5 anni sembrano avere prognosi migliore, anche se bisogna ricordare che il
linguaggio è fortemente condizionato dal livello cognitivo. La particolare pervasività della triade
sintomatologica (compromissione qualitativa dell’interazione sociale, compromissione qualitativa
della comunicazione verbale e non verbale, atipie degli interessi e del comportamento) e
l’andamento cronico del quadro patologico determinano attualmente nell’età adulta condizioni di
disabilità, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale. Ancor oggi un’altissima
percentuale di bambini autistici (dal 60 al 90%) divengono adulti non autosufficienti e continuano
ad avere bisogno di cure per tutta la vita.
Le linee guida si distinguono in:
1.
linee guida per la diagnosi e la valutazione
2.
linee guida per lo screening
3.
linee guida per il trattamento.
1. Linee guida per la diagnosi e la valutazione
La diagnosi di Autismo si basa quasi esclusivamente su parametri comportamentali e
prevede un processo molto articolato e complesso, finalizzato a stabilire se il quadro
comportamentale presentato dal bambino in esame soddisfa i criteri diagnostici definiti a livello
internazionale. Le procedure per la formulazione della diagnosi di Autismo consistono in una
valutazione clinica globale, che ha lo scopo di raccogliere le informazioni utili a conoscere il
bambino nel suo complesso, la famiglia e l’intero contesto ambientale. Il processo diagnostico deve
prevedere più incontri, sia per rispettare i tempi necessari all’effettuazione delle varie fasi del
processo, sia per consentire ai genitori e al bambino di familiarizzare con l’ambiente e le figure
2
dell’equipe: neuropsichiatra infantile, psicologo, terapista della neuropsicomotricità, ergoterapista,
logopedista, educatore. In genere è possibile effettuare una diagnosi di autismo all’età di due anni,
anche se spesso in realtà avviene dai 3 anni in su.
ITER DIAGNOSTICO
1) valutazione clinica globale, comprendente
- anamnesi familiare
- anamnesi relativa alla gravidanza ed al parto
- storia dello sviluppo
- storia medica
- definizione precisa dell’età e delle modalità di esordio dei segni e sintomi attuali e
del quadro comportamentale. Qui è utile introdurre la ADI-R2.
- definizione del funzionamento adattivo attuale del bambino (autonomie, gestione del
quotidiano, come il bambino esprime i suoi bisogni...); in questa fase è utile
avvalersi della VABS3.
- esame obiettivo
- esame neurologico
- esame psichiatrico: osservazione, colloquio, somministrazione di reattivi mentali
standardizzati
2) Indagini strumentali e di laboratorio:
- indagini audiometriche
- indagini genetiche
- indagini metaboliche
- EEG
- RM encefalo
- indagini per le intolleranze alimentari.
3) valutazione dei comportamenti con significato diagnostico per l’autismo, come definito dai
criteri del DSM-IV-TR
- compromissione qualitativa dell’interazione sociale
- compromissione qualitativa della comunicazione verbale e non verbale
- atipie del repertorio di interessi e attività per contenuto o perseverazione.
Per i bambini più piccoli e/o non verbali la tecnica di valutazione è sempre basata
sull’osservazione in sedute di gioco; per i bambini più grandi e in grado di interagire verbalmente la
valutazione va completata col colloquio.
Siccome nessuno degli aspetti sopra elencati è sufficiente da solo per formulare una diagnosi
di autismo, viene raccomandato l’uso di strumenti standardizzati con significato diagnostico, in
2
ADI-R (Autism Diagnostic Interview) è un’intervista semistrutturata destinata ai genitori, basata su domande relative
ai comportamenti appartenenti alla triade sintomatologica del DSM-IV e al tipo di gioco).
3
VABS (Vineland Adaptive Behavior Scales) è un’intervista strutturata organizzata su 4 scale: comunicazione,
socializzazione, abilità di vita quotidiana, abilità motorie. La VABS indaga le prestazioni in attività che il soggetto deve
compiere quotidianamente per essere sufficientemente autonomo e per svolgere in modo adeguato i compiti conseguenti
al proprio ruolo sociale.
3
particolare l’ADOS4. I diversi moduli comprendono prove selezionate in base all’età e al livello
linguistico, l’ADI-R, la CARS5.
4) valutazione delle capacità cognitive e linguistiche
5) valutazione dello sviluppo emotivo
6) valutazione del profilo funzionale del bambino: è importante valutare direttamente le aree di
forza e le aree di debolezza del soggetto in esame in alcune attività di vita quotidiana, sia per
completarne la conoscenza, sia - in fase di trattamento - per costruire un programma abilitativo
personalizzato. Qui è utile introdurre la PEP-R6.
Diagnosi differenziale. La diagnosi di autismo, essendo basata esclusivamente su criteri
comportamentali, può sollevare problemi di distinzione da altre patologie diagnosticabili pur esse
attraverso il puro criterio comportamentale. Capita spesso di confrontarsi con una serie di
comportamenti atipici (ad esempio stereotipie, condotte di evitamento sociale, difficoltà linguistiche,
manifestazioni ossessivo compulsive) presenti non solo nell’autismo ma anche in altre categorie
nosografiche. Tali comportamenti si trovano anche in
- Ritardo mentale, dove però le abilità sociali e comunicative sono corrispondenti al
livello di sviluppo globale del bambino;
- Ipoacusia: i problemi uditivi possono tradursi in modalità relazionali e stili
comunicativi atipici. Per questo è indispensabile effettuare precocemente esami
audiometrici specialistici.
- Sindrome di Landau Kleffner, caratterizzata da epilessia ed afasia acquisita con
regressione del linguaggio. Potrebbe creare dubbi con l’autismo regressivo, ma
l’EEG è dirimente.
- Disturbi specifici del linguaggio
- Schizofrenia precoce
- Mutismo selettivo
- Disturbi ossessivo compulsivi.
2. Linee guida per lo screening
Il DSM-IV-TR inserisce tra i criteri diagnostici un esordio prima di 3 anni di vita, che si
esprime con ritardi o atipie nelle aree dell’interazione sociale e/o della comunicazione e/o del gioco
simbolico. Pertanto il quadro clinico si realizza progressivamente nel tempo, con segni e sintomi
che tuttavia sono spesso subdoli, mal definiti e fuorvianti. I bambini autistici non seguono i modelli
tipici dello sviluppo infantile. Per questo le preoccupazioni dei genitori non vanno mai sottovalutate,
quando riferiscono al pediatra dubbi legati allo sviluppo sociale, o allo sviluppo della
comunicazione verbale e non verbale o al modo di comportarsi. Studi di filmati familiari di
bambini che successivamente hanno ricevuto la diagnosi di autismo hanno confermato
l’attendibilità delle descrizioni dei genitori. Perciò è utile che il pediatra faccia più attenzione a
queste osservazioni dei genitori e che in quei casi approfondisca la visita. Nell’ambito dei periodici
4
ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) si basa sull’osservazione diretta e standardizzata del bambino ed è
strutturata in moduli che esplorano il comportamento sociale in contesti comunicativi naturali.
5
CARS (Childhood Autism Rating Scale) è una scala di valutazione del comportamento autistico che esplora 15 aree
dello sviluppo
6
PEP-R (Psycho-Educational Profile) scala di valutazione che indaga importanti funzioni e comportamenti, utile per
tracciare un profilo funzionale del soggetto: imitazione, percezione, motricità fine e grossolana, coordinazione oculomanuale, ecc.
4
bilanci di salute, all’età di 18 mesi e all’età di 24 mesi, dovrebbe essere somministrato un test
screening standardizzato per lo sviluppo comunicativo - sociale come la CHAT7. Nel caso in cui il
pediatra, in base alle sue osservazioni e al test di screening, ritenga che il bambino presenti un
quadro comportamentale riferibile a un disturbo autistico, dovrà richiedere una visita
neuropsichiatrica infantile per l’eventuale conferma diagnostica.
3. Linee guida per il trattamento
Premesso che l’Autismo è un disturbo dello sviluppo biologicamente determinato che si traduce in
un funzionamento mentale atipico che accompagna il soggetto per tutto il suo ciclo vitale,
l’obiettivo a lungo termine del progetto terapeutico è quella di favorire l’adattamento del soggetto
al suo ambiente, il migliore possibile in rapporto alle specifiche caratteristiche del suo essere
autistico. Ciò al fine di garantire una soddisfacente qualità di vita al soggetto e all’intero sistema
familiare.
In questa prospettiva l’intero arco dell’età evolutiva è il periodo durante il quale vengono messi in
atto una serie di interventi finalizzati a:
- facilitare l’emergenza di competenze sociali, comunicativo - linguistiche, cognitive
che possano favorire il futuro adattamento del soggetto all’ambiente in cui vive;
- favorire lo sviluppo di un soddisfacente adattamento emozionale: controllo degli
impulsi, modulazione degli stati emotivi, immagine di sé;
- correggere comportamenti disadattivi.
La complessità del quadro clinico comporta la necessità di individuare obiettivi intermedi, adattati
ai cambiamenti che si verificano durante lo sviluppo. La scelta degli obiettivi intermedi deve tenere
conto di “ciò che è possibile” e di “ciò che è utile” per quel soggetto. Per questo è importante
partire sempre dal profilo funzionale del singolo soggetto che permette di individuare le aree di
forza e le aree di debolezza su cui costruire il progetto.
Il progetto terapeutico deve essere altamente personalizzato, in quanto la letteratura internazionale e
anche la nostra esperienza sono concordi nel ritenere che:
- non esiste un intervento che va bene per tutti i bambini autistici
- non esiste un intervento che va bene per tutte le età
- non esiste un intervento che può rispondere a tutte le molteplici esigenze
direttamente e indirettamente legate all’autismo.
L’età evolutiva è individuata come il periodo in cui vengono messi in atto una serie di interventi
finalizzati a garantire la migliore qualità di vita possibile per l’adulto autistico. La scelta delle
strategie terapeutiche dipende da:
- età
- entità della compromissione funzionale nell’ambito di ciascuna delle aree
considerate per definizione patognomoniche
- livello cognitivo.
Le linee guida individuano quattro fasce di età, a cui corrispondono scelte d’intervento peculiari:
1. percorsi terapeutici in età prescolare. Qui l’intervento deve essere precoce, intensivo e
mirato, individualizzato, centrato sulla facilitazione delle competenze appartenenti
7
CHAT (Checklist for autism in toddlers) è un test di screening largamente in uso in alcuni Paesi europei e in alcune
regioni italiane. E’ effettuato dal pediatra di base a tutti i bambini all’età di 18 mesi. E’ composto da 9 domande fatte ai
genitori e da 5 comportamenti direttamente osservati dal pediatra. Valuta i vari aspetti dell’imitazione, del gioco e
dell’attenzione condivisa.
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all’attenzione condivisa, all’uso dei simboli, alla comunicazione preverbale e alla
modulazione degli stati emotivi. Va coinvolta e sostenuta la famiglia perché in questa prima
fase è ancora disorientata dalla diagnosi. L’asilo nido e la scuola materna rappresentano uno
spazio particolarmente utile per “completare” il progetto; una risorsa importante sono infatti
i coetanei, che con la loro spontaneità, la naturalezza del loro modo di rapportarsi e la
capacità di sintonizzazione empatica si pongono come figure particolarmente idonee ad
attivare sequenze di interazione.
2. percorsi terapeutici in età scolare. Se nell’età prescolare gli interventi terapeutici erano più
centrati sul bambino, con una forte connotazione “abilitativa”, in questa seconda fase il
progetto è centrato sulla famiglia, quindi con finalità ancora abilitative ma anche adattive.
3. percorsi terapeutici in età adolescenziale. Con l’adolescenza molti comportamenti possono
migliorare drasticamente ed altri peggiorare notevolmente. Le tensioni e il senso di
confusione che accompagnano lo sviluppo puberale possono determinare nell’adolescente
autistico un incremento dell’isolamento, di comportamenti stereotipati o la comparsa di
aggressività. Per quelli cognitivamente più dotati può emergere la consapevolezza della
diversità dai coetanei e indurre quindi disturbi dell’umore, che necessitano spesso di
trattamento anche farmacologico.
4. percorsi terapeutici in età adulta. Saranno esposti nella terza parte della relazione (“Oltre la
scuola”).
Gli approcci più comunemente adottati sono di tre tipi:
- comportamentali
- evolutivi
- di presa in carico.
1) Approcci comportamentali: l’analisi del comportamento è lo studio del comportamento, dei
cambiamenti di comportamento e dei fatti che determinano il cambiamento.
I più utilizzati sono i seguenti:
a. L’ABA (Applied Behavior Analysis) è l’area di ricerca finalizzata ad applicare i dati che derivano
dall’analisi del comportamento per capire le relazioni che intercorrono fra determinati
comportamenti e le condizioni esterne. Quindi, chi applica ABA, cerca di capire perché un
determinato comportamento si verifica in un particolare contesto e mette in atto una serie di
interventi finalizzati a modificare il comportamento e/o il contesto. L’ABA prende in
considerazione i seguenti 4 elementi:
- gli antecedenti
- il comportamento in esame
- le conseguenze
- il contesto.
Il programma di intervento utilizza tecniche abituali della terapia del comportamento: la
sollecitazione, la riduzione delle sollecitazioni, il modellamento, l’adattamento e il rinforzo.
b. Ci sono poi altri interventi comportamentali “tradizionali”, finalizzati ad insegnare ai bambini
autistici specifiche competenze con lo scopo di migliorare la socializzazione, la comunicazione ed il
comportamento adattivo.
c. Interventi neocomportamentali: nel corso di questi ultimi anni è stato progressivamente
riconosciuto che un programma eccessivamente strutturato comporta notevoli problemi di
“generalizzazione” delle competenze apprese al di fuori del setting di apprendimento e inoltre che il
bambino autistico può apprendere molto di più in ambienti “naturali”. Per questa ora c’è la tendenza
ad utilizzare il paradigma dell’ABA implementandolo negli ambienti che “naturalmente” il
6
bambino frequenta: famiglia, scuola, tempo libero. Questo comporta ovviamente il coinvolgimento
dei familiari, degli insegnanti e dei coetanei.
2) Approcci evolutivi o interattivi: questi hanno una cornice concettuale completamente differente
dai precedenti, in quanto in questi tipi di programmi è implicita l’importanza della dimensione
emozionale e relazionale in cui si realizza l’agire del bambino. Qui si tiene conto che le diverse aree
dell’emotività, delle funzioni cognitive, delle competenze comunicative e così via evolvono e si
influenzano reciprocamente. L’intervento è centrato sul bambino, per favorire la sua libera
espressione, la sua iniziativa, la sua partecipazione.
Nell’ambito di tali approcci rientra la psicomotricità. Rappresenta una proposta terapeutica con i
seguenti obiettivi:
- favorire la comparsa dei segnalatori sociali: contatto oculare, sguardo referenziale, sorriso, ecc.
- aumentare i tempi di attenzione
- facilitare un uso appropriato degli oggetti
- stimolare la comunicazione
- arricchire il vocabolario
- scoraggiare determinati comportamenti.
La terapia psicomotoria inoltre è in grado di facilitare nel bambino:
- la percezione e la conoscenza di Sé come persona
- la percezione e la conoscenza dell’Altro
- la percezione e la conoscenza delle emozioni che sottendono i vari comportamenti
- la percezione e la conoscenza delle leggi emozionali e sociali che regolano i rapporti
interpersonali.
3) Modelli di presa in carico, come il TEACCH (Treatment of Autistic and related Communication
Handicapped Children). Questo programma prevede un insegnamento strutturato basato
sull’approfondita valutazione di punti di forza e di debolezza di ciascun bambino e su alcuni
principi di carattere generale:
- l’organizzazione dell’ambiente fisico,
- la scansione precisa delle attività,
- la valorizzazione degli ausili visivi,
- la partecipazione della famiglia al programma di intervento.
Gli obiettivi sono
- il potenziamento delle autonomie del soggetto,
- il miglioramento della sua qualità di vita personale, sociale e lavorativa.
Il programma utilizza alcune tecniche comportamentali, ma se ne differenzia, perché piuttosto che
forzare il bambino a modificare il comportamento attraverso la ripetitività e il rinforzo (positivo o
negativo), preferisce modificare l’ambiente in modo che l’apprendimento sia più agevole.
Un quadro temporo-spaziale molto strutturato, comprensibile e prevedibile costituisce il primo
passo per poter impostare un lavoro educativo col bambino autistico.
7
II.
Come sono state recepite le linee guida
della Società Italiana di Neuropsichiatria Infantile
a livello nazionale e provinciale?
Le linee guida promosse dalla SINPIA furono pubblicate nel 2005. Considerando però che
la situazione italiana è una realtà a macchia di leopardo (nel senso che la qualità dell’assistenza,
degli interventi riabilitativi e scolastici, la presenza di strutture per adulti sono molto diversi da
regione a regione), il ministro della salute Livia Turco ha attivato nel 2007-2008 un Tavolo
Nazionale Autismo coinvolgendo associazioni di familiari, professionisti, enti di ricerca ed altri
ministeri coinvolti come quelli della Pubblica Istruzione e della Solidarietà Sociale.
I temi trattati hanno riguardato la diffusione, le cause, i problemi relativi alla presa in carico,
all’assetto dei servizi, all’efficacia dei trattamenti, alla formazione degli operatori, alla necessità di
ricerca scientifica.
Il Tavolo di Lavoro si è concluso con un documento contenente raccomandazioni, in
particolare:
1.
Necessità che tutta la rete sanitaria si organizzi in modo da rendere
efficiente e rapido il raccordo tra i servizi di pediatria e quelli di neuropsichiatria
infantile, fra servizi sanitari o sociosanitari e scuola, in modo che tutta questa rete
sappia organizzarsi a sostegno della famiglia.
2.
Necessità poi di creare un accordo ed un coinvolgimento con i servizi
di salute mentale in modo che il bambino autistico, una volta diventato adulto, non
perda ogni punto di riferimento e di continuità.
Nel mese di maggio 2010 in Provincia di Bolzano ha avuto luogo un’interessante Tavola
Rotonda sul tema “Autismo in Alto Adige” promossa da un gruppo di lavoro per i Disturbi dello
Spettro Autistico (DSA) dell’Associazione Genitori di Persone in Situazione di Handicap. Il gruppo
di lavoro, composto da esperti a vario titolo sui DSA, da insegnanti e da genitori, ha redatto una
carta dei DSA che traccia delle linee guida provinciali per la realizzazione dei progetti relativi ai
DSA.
CARTA DEI DISTURBI DELLO SPETTRO AUTISTICO (DSA)
-
-
-
Istituzione di un servizio specializzato per diagnosi (precoce!), terapia, riabilitazione, ricerca.
Istituzione di un team multiprofessionale ed interdisciplinare di esperti.
Realizzazione di un progetto riabilitativo globale per le età infantile, giovanile ed adulta, in
collaborazione con i servizi socio sanitari, le strutture educative, le associazioni dei genitori
ed i centri privati convenzionati.
Impiego delle linee guida nazionali ed internazionali, con riferimento a modelli terapeutici
ed educativi già impiegati.
Conoscenze fondate delle varie opzioni terapeutiche.
Formazione professionale specializzata ed aggiornamento costante di medici, psichiatri,
psicologi, educatori, terapisti e personale scolastico. Scambi interdisciplinari con centri
specializzati in Italia e all’estero.
Elaborazione di progetti di vita.
Accompagnamento e sostegno nella scuola a partire dalla scuola materna. Preparazione
all’inserimento nel mondo del lavoro.
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-
Predisposizione di adeguati servizi di supporto alle famiglie: alloggi protetti, organizzazione
del tempo libero, pianificazione della vita.
Supervisione periodica dei programmi e misure per stabilire qualità ed efficacia, al fine di
migliorare la qualità di vita.
Allestimento di un portale internet per famiglie e servizi a scopo di informazione e
documentazione.
*******
Il Servizio Sanitario Provinciale è in grado di garantire alla persona affetta da autismo (bambino e
adulto) assistenza, interventi sanitari, riabilitativi e scolastici di buona qualità, che rispettino le linee
guida nazionali? Come nel resto d’Italia, la realtà altoatesina è una realtà a macchia di leopardo.
1. La diagnosi precoce è una prassi in Alto Adige?
2. Esiste ovunque un programma riabilitativo che coinvolga, su obiettivi e strategie
condivisi, la scuola e la famiglia?
3. C’è in Alto Adige un’équipe multidisciplinare che prende in carico precocemente il
bambino?
4. È in grado la scuola di mettere a disposizione operatori formati specificamente per
alunni autistici? O non prevale spesso la logica delle graduatorie, dei diritti ai
trasferimenti, ecc.?
5. Quali ostacoli ci sono a tradurre in pratica le linee di indirizzo?
La situazione nei vari comprensori provinciali
Bolzano
Nel 2000 fu istituito il Servizio di Neuropsichiatria Infantile, annesso al Dipartimento di
Pediatria di Bolzano, con sede in via Guncina (dal dicembre 2001). L’équipe è formata da medici
neuropsichiatri infantili, psicologi, terapisti della riabilitazione (fisioterapisti, logopedisti,
ergoterapisti, psicomotricisti).
Nel 2007 fu deliberata l’istituzione di una Rete Provinciale di Psichiatria Sociale. Il servizio
di neuropsichiatria infantile fu smembrato in un Servizio di Neuroriabilitazione Pediatrica e in un
Centro di Riferimento di Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva.
Nel 2010 fu istituito un Ambulatorio Specialistico (“Fachambulanz”) di Psichiatria e
Psicoterapia dell’Età Evolutiva.
Nel 2011 (verosimilmente aprile) l’ambulatorio specialistico si trasferirà nella nuova sede di
piazza Gries.
Composizione dell’ambulatorio specialistico: nell’ambulatorio specialistico sono previsti
solo medici e psicologi mentre i terapisti dipendono dal Servizio di Neuroriabilitazione Pediatrica in
via Guncina. Esiste la possibilità di continuare a trattare i bambini inviati dall’ambulatorio
specialistico. Non è stata accettata la proposta di istituire un day hospital per la terapia intensiva dei
bambini affetti da autismo, né di trasferire dei terapisti all’ambulatorio specialistico.
A Bolzano l’ambulatorio specialistico svolge le seguenti attività nei confronti dei bambini
affetti da DSA o sospetti di esserlo:
visita da parte di un medico neuropsichiatra infantile
avvio dell’iter diagnostico
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invio ai terapisti (terapista della neuropsicomotricità, ergoterapista,
logopedista) per valutazioni specifiche
raccolta dei dati e delle osservazioni nell’ambito dell’équipe
decisione del piano di trattamento utilizzando vari approcci (psicomotricità,
TEACCH, Comunicazione Aumentativa Alternativa, Affolter, Comunicazione facilitata, ...)
redazione della diagnosi funzionale al primo ingresso in un’istituzione
scolastica (dalla scuola materna in su)
consulenza alla scuola
invio in centri specialistici nei casi di particolare complessità e/o su richiesta
delle famiglie
attivazione della rete sociale per l’inserimento in centri diurni, o per progetti
mirati, o per l’educativa domiciliare.
I Centri Diurni e Residenziali a Bolzano e dintorni sono:
il Punto Libera Tutti / Promosolida
il Centro Sociale di Cortaccia
il Laboratorio Protetto Il Mulino presso Bagni di Zolfo.
C’è la proposta di avviare un centro diurno per autistici piccoli (3-11 anni) a Laives.
Brunico
(Comunicazione della dr.ssa Elisa Menna)
Dagli anni ‘90 al 2005 la gestione dei bambini autistici avveniva con l’ausilio della dr.ssa
Muchitsch, responsabile dell’”Autismus-Beratunsgszentrum fuer Klein- und Schulkinder” a Vienna.
Essa supervisionava la diagnosi e la presa in carico terapeutica di tutti i bambini con autismo. Con
la morte della dr.ssa Muchitsch è nata la necessità di formare un gruppo interdisciplinare per
definire i ruoli e le modalità di collaborazione fra il servizio psicologico ed il servizio di
riabilitazione in età evolutiva.
È stata concordata la seguente procedura: ogniqualvolta un bambino acceda ad uno dei due
servizi con sospetto di autismo viene immediatamente inviato per una visita anche all’altro servizio.
In seguito viene organizzata una prima riunione interdisciplinare in cui si valutano i dati raccolti e si
decide se continuare ad indagare in questa direzione. In tal caso la psicologa responsabile per
l’autismo somministra i test ADI e ADOS. La neuropsichiatra infantile si occupa di organizzare gli
ulteriori esami diagnostici eventualmente necessari. Allo stesso tempo viene avviata un’attività di
terapia e di osservazione in cui sono coinvolte le terapiste. Segue una seconda riunione in cui si
condividono i risultati e si decide il progetto terapeutico per il bambino.
Attualmente presso il Servizio si segue per le terapie un approccio di tipo comportamentale;
è in corso un’attività di formazione al modello TEACCH, al fine di instaurare una collaborazione /
supervisione da parte della dr.ssa Tuckermann, del gruppo tedesco “Team-Autismus”.
La dr.ssa Thuckermann è responsabile anche della supervisione al Centro Diurno per
l’Autismo della Lebenshilfe di Brunico. Attualmente vi afferiscono per lo più pazienti adulti.
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Bressanone
(Comunicazione del dr Ingo Stermann)
Dopo il pensionamento della dr.ssa Unterkircher si è avuto uno “scisma”, nel senso che i
soggetti affetti da autismo sono presi in carico sia dal Servizio Riabilitativo (Primario dr.ssa Gisser)
che dal Servizio Pediatrico (Primario dr Markus Markart).
Nel Servizio Riabilitativo si dedica ai pazienti riabilitativi prevalentemente il dr Zonta; che
ha a disposizione tutte le terapiste della riabilitazione, tra cui l’ergoterapista Susanne Leimstaedtner,
molto esperta per i bambini affetti da autismo. Le terapiste seguono gli autistici fino a 15 anni, poi
fanno “consulenza” ai genitori.
Nel Servizio Pediatrico, il dr Guenther Goller, pediatra e neuropediatra ha iniziato a vedere
i bambini affetti da DSA.
Il servizio psicologico collabora con i due servizi.
La struttura EFEU accoglie giovani autistici a partire dall’età di 18 anni, sia in regime
diurno che residenziale.
Attualmente il dr Stermann, responsabile del servizio di psichiatria e psicoterapia dell’età
evolutiva, sta cercando di allargare la convenzione con la EFEU, in modo da coprire il “buco” fra i
15 ed i 18 anni.
Merano
(Comunicazione della dr.ssa Donatella Arcangeli)
Per quanto concerne i percorsi diagnostici e terapeutici, nel marzo 2011 è iniziato un corso
rivolto al personale sanitario, col titolo “Il piano educativo terapeutico nei disturbi pervasivi dello
sviluppo”. Il corso durerà 2 anni, con relatrici provenienti dalla fondazione Bambini e Autismo
onlus.
A Merano non esistono ancora centri diurni per autistici, né strutture residenziali specifiche.
Considerazioni conclusive
Come si evince dalla breve descrizione del funzionamento dei Servizi Sanitari della
Provincia,
non c’è uniformità nei percorsi diagnostici e terapeutici,
non sempre sono i neuropsichiatri infantili ad occuparsi dei soggetti affetti da
DSA, e
non dappertutto esistono centri diurni e/o residenziali.
Anche per questo nel maggio 2010 si è svolta a Bolzano la Tavola Rotonda sul tema
“Autismo in Alto Adige”.
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III
OLTRE LA SCUOLA
L’autismo non è una malattia solo infantile, ma una sindrome che dura tutta la vita, per cui
la progettazione di interventi per le persone affette e per le loro famiglie va pensata in riferimento
all’intero ciclo vitale.
Ormai si sa che i bambini autistici diventano, per oltre il 90%, adulti autistici e che le
caratteristiche peculiari dell’autismo si mantengono sostanzialmente inalterate anche nell’età adulta.
Questo significa che ci dobbiamo aspettare il permanere di deficit di interazione e comunicazione
sociale, oltre ad una vasta gamma di comportamenti e interessi ristretti. Pertanto le persone affette
da autismo non possono essere equiparate alle persone affette da altre tipologie di deficit mentali e
trattate come tali. Indipendentemente dal quadro cognitivo, il pensiero autistico si caratterizza per la
mancanza di flessibilità, elemento cruciale che maggiormente interferisce con la possibilità di
integrazione nel contesto di vita. Inoltre gli adulti autistici incontrano notevoli difficoltà
nell’affrontare i cambiamenti all’interno del loro ambiente: questa ricerca di stabilità deriva
dall’ansia connessa alla modificazione delle situazioni e all’incapacità di prevederne le conseguenze.
Il bisogno di stabilità riguarda ambienti, persone, cose e routine, ed è una strategia per mantenere
una prevedibilità e un certo controllo della propria vita.
Un’altra caratteristica tipica degli adulti affetti da autismo è la mancanza di spontaneità
all’interno del loro ambiente sociale.
A tutto ciò si sommano i vari problemi di natura sensoriale, i comportamenti aggressivi
auto- ed eterodiretti, una tendenza a ridurre le attività motorie, una carenza nel gestire il tempo
libero con attività diverse da quelle che rappresentano il centro di interesse personale.
I bambini diagnosticati e trattati precocemente hanno raggiunto dei buoni risultati, e questo
ha dato ai familiari aspettative e illusioni di ‘normalizzare’ i propri figli. Ma nonostante questo le
persone affette da autismo non riescono a raggiungere livelli elevati di autonomia funzionale e
rimangono molto dipendenti dal loro contesto e dalla loro famiglia.
Di solito, con l’avanzare dell’età si assiste ad una lieve attenuazione dei sintomi, soprattutto
di quelli comportamentali: questo elemento positivo pone le basi per poter sviluppare interventi
finalizzati a favorire un buon adattamento nel contesto di vita.
L’azione educativa e/o abilitativa che rappresenta la strategia elettiva in età evolutiva,
rimane centrale anche nell’età adulta. Questo significa che, se il processo abilitativo viene condotto
con sistematicità e il contesto di vita è adeguato, possono verificarsi anche in età adulta,
significative acquisizioni di specifiche attività e di competenze cognitive trasversali.
Anche quando il “livello di funzionamento” degli individui è molto alto come nella
sindrome di Asperger, la situazione evolutiva, anche se molto più confortante, non risulta così
positiva come ci si dovrebbe attendere alla luce delle competenze acquisite.
Tutti questi elementi risultano centrali per impostare adeguate azioni di sostegno, che
devono coinvolgere in maniera coordinata varie agenzie clinico-riabilitative, educative e sociali per
raggiungere l’obiettivo di fondo per ogni persona: un buon livello di qualità di vita.
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Buone prassi nazionali
Se siamo d’accordo che questo è l’obiettivo finale, quali possono essere le iniziative più
idonee per gli adulti autistici? Se si consulta la letteratura nazionale ed internazionale specifiche, si
nota che le strutture che rispondono meglio alle esigenze dei soggetti autistici sono di tipo protetto
o semiprotetto, diurne o residenziali, finalizzate a garantirne l’assistenza, la partecipazione al
contesto sociale, la valorizzazione delle abilità acquisite durante l’infanzia e l’adolescenza,
attraverso una serie di attività quotidiane progettate, attuate e costantemente verificate da
operatori professionalmente idonei. All’interno di queste strutture si lavora sulla base di progetti
educativi individuali, discussi e corretti periodicamente con l’equipe e la famiglia. Esse offrono un
ambiente strutturato nel quale sono presenti:
- attività lavorative legate alla gestione della casa
- attività lavorative legate alla gestione dello spazio esterno (giardinaggio, orto)
- attività ricreative e di tempo libero
- attività motorie e sportive
- attività di laboratorio artigianale
- uso del PC
- attività mirate all’acquisizione e al mantenimento delle capacità cognitive
- attività mirate all’acquisizione e al mantenimento di capacità comunicative
- attività espressive
- attività mirate all’acquisizione e al mantenimento di abilità sociali e di relazione con
l’ambiente
- rapporto costante con l’esterno
- rapporto continuativo con la famiglia.
La sindrome autistica è complessa, non assimilabile ad altre tipologie di handicap, necessita
quindi di ambienti ed attività strutturate, pensate ed organizzate in funzione delle peculiarità dei
soggetti autistici. Ad esempio è molto importante che gli spazi abbiano il più possibile un utilizzo
monofunzionale anziché polifunzionale; che non ci siano troppi stimoli ambientali; che sia sempre
disponibile materiale visivo per facilitare gli spostamenti.
Analogamente l’organizzazione del tempo è importante.
La strutturazione dello spazio e del tempo non deve però essere rigida ma flessibile,
costruita in funzione dei bisogni e del livello di comprensione del singolo; non deve essere fine a se
stessa, ma un mezzo per il raggiungimento dell’autonomia di vita.
Importanti sono poi le strategie comunicative, tenendo presente che molti autistici non
arrivano ad utilizzare un linguaggio verbale e quelli che lo raggiungono possono non essere in
grado di capire le nostre aspettative nei loro confronti. Quindi la scelta della metodologia deve
scaturire da un’attenta valutazione del livello di intenzionalità comunicativa, della presenza di un
uso comunicativo dei gesti e della capacità di comprendere correttamente un certo livello di
rappresentazione (fotografie, disegni, simboli grafici). Importante è anche dare la possibilità al
soggetto di fare richieste, scelte, di rifiutare, di dire “basta” o “no” o “ancora” (importanza qui della
comunicazione aumentativa alternativa).
Si deve poi tener conto che i comportamenti problematici, molto diffusi nei soggetti autistici,
possono costituire dei messaggi. Spesso essi avvengono in contesti relazionali e svolgono la
funzione di comunicazione da parte di persone che non hanno altri mezzi per esprimersi.
Si capisce che tutto questo presuppone la formazione del personale e la costante
supervisione da parte di specialisti.
In Italia strutture di questo tipo sono presenti fra l’altro a Torino, Bassano, Prato, La Spezia,
Pordenone, Pavia, Modena.
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Buone prassi provinciali
Esistono in Alto Adige strutture realmente vicine ai bisogni delle persone autistiche e delle
loro famiglie? Nel Centro Sociale di Cortaccia è stato organizzato sia un centro diurno per bambini
ed adolescenti autistici che una struttura residenziale per giovani adulti autistici. Il Centro ospita
strutture diurne e laboratori protetti, convitti ed appartamenti esterni per disabili.
La filosofia che sta alla base degli interventi con tutti gli ospiti del Centro Sociale, al di là
delle singole attività che vengono programmate, mi sembra sia sintetizzata dal titolo di un libro
recentemente edito in occasione del 25° anno della fondazione del Centro: “Im Mittelpunkt steht
der Mensch”. Il punto centrale dell’operare del Centro è quello di trovare sempre una via che
preveda il raggiungimento di cambiamenti dei comportamenti indesiderati o di mete riabilitative,
attraverso una contrattazione e condivisione attiva con l’utente, non importa quanto compromessa
sia la situazione psicofisica. Ogni assistito è sempre competente ed interessato alla relazione: il
compito degli educatori è trovare il modo per accedere al loro mondo interiore, che c’è sempre ed è
più ricco di quanto si pensa.
Al Centro viene attuato il metodo SIVUS (Sviluppo Individuale e Sociale attraverso Attività
Comunitarie): l’uomo è un essere sociale ed il suo sviluppo avviene in comunità. Per poter generare
dei contatti e per poter cambiare, la persona deve avere la possibilità di effettuare scelte proprie,
deve poter decidere che cosa le piace fare. Per questo gli utenti possono scegliere il proprio contesto
lavorativo, scegliere con chi condividere la camera, scegliere fra le varie attività di tempo libero.
Prima le scelte venivano dall’alto, senza che i diretti interessati avessero potuto negare o concordare.
Dal punto di vista operativo, tenendo conto delle difficoltà specifiche degli autistici, il Centro ha
messo a disposizione vari metodi di “facilitazione”: supporti visivi, piani settimanali in cui le varie
attività vengono contraddistinte da colori diversi ed accompagnate da fotografie. Siccome molti
autistici non riescono ad esprimere i propri pensieri a parole, vengono adottati metodi di
comunicazione alternativa come la comunicazione facilitata o la comunicazione aumentativa
alternativa, attraverso le quali essi possono esprimersi e prendere delle decisioni. Il più possibile
vengono attuati piani di lavoro individualizzati, nel rispetto delle competenze e dei punti di forza di
ciascuno.
Una parte importante sono i rapporti costanti con i familiari e il sostegno che viene loro
dato o nell’accettare di lasciare il proprio figlio al Centro, o, viceversa, nell’aiutarli a mantenere i
contatti con visite al Centro o brevi rientri a casa. C’è poi la possibilità, per chi lo richiede e ne è in
grado, di sperimentare qualche ospitazione nei gruppi appartamento esterni.
In sintesi si può dire che a Cortaccia ogni utente, assistente, educatore, responsabile di
struttura, familiare, può essere strumento di cambiamento, se compreso e potenziato nelle sue
risorse.
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