Nota integrativa n. 10

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Anno Accademico 2003/04 - II anno :Corso di Laurea in Ing. Elettrica
Corso di Principi di Ingegneria Elettrica
(anno accademico 2003/04 - prof.G.Lupò)
Nota integrativa n. 10
RISOLUZIONE DELL'EQUAZIONE DI LAPLACE- POISSON:
GEOMETRIE FONDAMENTALI - APPLICAZIONI
1.1 - CONSIDERAZIONI GENERALI
In questa nota sono presentate alcune considerazioni in merito alla soluzione di problemi di
campo stazionario (o, con le considerazioni del caso, di problemi di campo quasi-stazionario).
In tali casi il campo elettrico E , irrotazionale in tutto lo spazio escluse le zone in cui sia
presente un campo impresso di natura non elettrostatica, viene collegato ad un campo scalare
detto potenziale V(P),
E  V
dando origine al cosiddetto problema di Poisson, ovvero al problema di Laplace, se la sua
divergenza è identicamente nulla. Le equazioni corrispondenti
 2V  f ( P )
e
 2V  0
prendono il nome rispettivamente di equazione di Poisson ed equazione di Laplace.
Il campo di induzione magnetica B può essere collegato ad un potenziale scalare B(P) solo
all'interno di domini linearmente connessi privi di correnti. Il problema risulta essere sempre
di Laplace. Il campo magnetico H può anch'esso essere collegato ad un potenziale scalare
H(P) solo all'interno di domini linearmente connessi. Il problema risulta essere di Laplace
per domini omogenei, di Poisson nel caso di domini disomogenei (considerazioni specifiche
vanno ovviamente svolte nel caso di punti singolari e/o di superfici di discontinuità).
Ancora, il campo B può essere fatto discendere da un potenziale vettore A le cui componenti
cartesiane possono essere descritte in genere da tre equazioni di Poisson.
Il campo di corrente J può anch'esso essere collegato ad un potenziale scalare (P) solo
all'esterno di zone a campo impresso. Il problema risulta essere di Laplace per domini
omogenei, di Poisson nel caso di domini disomogenei (considerazioni specifiche vanno
ovviamente svolte nel caso di punti singolari e/o di superfici di discontinuità)
Un problema di Poisson (o di Laplace) si dirà ben posto se sono verificate le
condizioni perché la soluzione all’equazione sia unica o comunque significativa (ad esempio
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la soluzione sia nota a meno di una costante). E' dimostrabile che, in un dominio D, il
problema di Poisson è ben posto se si assegnano i valori del potenziale sulla frontiera di D
(condizioni al contorno tipo Dirichlet) o i valori della derivata normale (condizioni al
contorno tipo Neumann) 1. Nel primo caso, è univocamente individuato il potenziale scalare,
nel secondo caso è univocamente definito il campo elettrico, grandezza significativa dal punto
di vista ingegneristico in quanto rappresenta la sollecitazione specifica sulle cariche e quindi
definisce il moto delle particelle o il comportamento del mezzo materiale2 . Se il dominio è
illimitato, occorrerà introdurre le opportune condizioni all'infinito.
Si può dimostrare che un problema di Poisson con condizioni alla Dirichlet può essere
ricondotto ad un problema di Laplace con condizioni al contorno opportunamente modificate.
Si consideri infatti un problema di Poisson e cioè sia assegnata la distribuzione di carica
all’interno di un dominio e il valore del potenziale sul contorno; la soluzione nello spazio
libero VL a partire dai valori assunti dal laplaciano all'interno del dominio vale
1
 P 
VL (Q) 
d P .

40 D rPQ
Per l’unicità della soluzione del problema di Poisson assegnato, basterà che alla soluzione
nello spazio libero vada sommata la soluzione di una equazione di Laplace con condizioni al
contorno pari alla differenza tra i valori assegnati ed i valori assunti dalla soluzione nello
spazio libero in corrispondenza dei punti del contorno (fig.1).
1
Si considerino infatti due possibili soluzioni V’(P) e V”(P) due soluzioni all’equazione di Poisson
 2V  f ( P) e la
funzione W(P)=V’(P)-V”(P), continua e derivabile; il laplaciano di W è nullo. Se si considera un arbitrario dominio 
di contorno  (sia il dominio di nostro interesse), calcoliamo il flusso attraverso  del campo vettoriale che si ottiene
moltiplicando W(P) per il gradiente di W(P) (pari ovviamente alla differenza dei gradienti); per il teorema della
divergenza sarà
 WW  n d      (WW ) d  

da cui
 W

dW
d  
  W
dn
  W
2
2
2
 W)d 
d
Risulta quindi evidente che se si vuole che i gradienti di V’ e V” siano gli stessi in tutto il dominio , è sufficiente che
sul contorno abbiano la stessa derivata normale (dW/dn=0) o lo stesso valore (W=0); in quest’ultimo caso, ovviamente
avremo lo stesso valore del potenziale in tutto il dominio. L’assegnazione del valore sul contorno prende il nome di
condizione di Dirichlet, l’assegnazione della derivata normale –lato interno per il problema interno, lato esterno per il
problema esterno – prende il nome di condizione di Neumann (o von Neumann).
2 Per i mezzi materiali isolanti (dielettrici) viene ad esempio definito un valore limite della sollecitazione elettrica, da
valutare in relazione alle effettive condizioni di lavoro (distribuzione del campo elettrico, sollecitazioni meccaniche,
termiche, chimiche etc.), oltre il quale si hanno manifestano fenomeni disruptivi; il valore limite di detto campo, detto
anche rigidità dielettrica, per l’aria in condizioni standard di temperatura e pressione per campo uniforme tra elettrodi
alla sdistanza di 1 cm, vale circa 30 kV/cm, per l’esafluoruro di zolfo 90 kV/cm; tali valori sono notevolmente più
elevati per i liquidi e per i solidi (ad esempio per il vetro possono raggiungersi campi critici di 50 kV/mm).
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D
 (P)
=
V
D
 (P)

+
D
V' =V -VL
VL


fig.1
Più avanti si mostrerà una soluzione generale al problema di Laplace con condizioni
alla Dirichlet a partire da una soluzione di un problema particolare di Poisson.
In presenza di superfici di discontinuità, occorrerà risolvere il problema di LaplacePoisson individuando sottodomini regolari; le condizioni al contorno dei sottodomini sono
espresse da relazioni di raccordo opportune.
Si vuole ora mostrare la possibilità di integrare l'equazione di Laplace-Poisson in
alcuni casi semplici.
Va osservato ancora che la risoluzione di un problema di elettromagnetismo stazionario può
essere utilizzata immediatamente per problemi analoghi. Va considerato infatti che possiamo
scrivere:
CAMPO DI CORRENTE
(escluse le regioni con
campo impresso)
CAMPO
ELETTROSTATICO
CAMPO MAGNETOSTATICO
(in domini monoconnessi in cui
J=0)
J  0
E  0
E J
E  V
  D  l
E  0
D  E
E  V
1

 2V  E    l
B  0
H  O
B  H
H  H
 2V  E  
1



1
 2H   H  

dove l è la densità volumetrica di carica libera,  la resistività del mezzo,  la costante
dielettrica,  la permeabilità magnetica.
Avremo quindi soluzioni formalmente identiche (in termine di potenziale), a parità di
condizioni al contorno, nel caso di campo di corrente, di campo elettrostatico e campo
magnetico, a patto di considerare, di volta in volta, i parametri
1
  

In via del tutto generale, le soluzioni si presentano ardue, perché il valore del laplaciano
dipende dal campo incognito. Il problema si semplifica notevolmente nel caso di domini
omogenei.
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Se il materiale non è omogeneo [e/o se è presente una carica spaziale] occorre risolvere un
problema di Poisson  2V  f ( P) , con le stesse equazioni al contorno (quindi il problema
continua ad essere ben posto).
Nel caso ad esempio del campo di corrente in mezzo disomogeneo avremo
E
1
1
1
  J  0     0    E  E     2V  E  




L'equazione da risolvere corrisponde ad un problema di Poisson, con una "carica libera
equivalente" di densità volumetrica pari a

 1 
l eq       E   
  

In tal caso il valore del Laplaciano dipende dal campo (che è ovviamente non noto). Occorrerà
procedere in genere per via numerica.
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1.2 GEOMETRIA PIANA
Consideriamo due elettrodi piani paralleli indefiniti a distanza d (fig.2) tra cui è interposto un
mezzo omogeneo ed isotropo, privo di carica libera, caratterizzato dalla conducibilità 1/ [e/o
dalla costante dielettrica ].
In condizioni stazionarie sia V1 il potenziale dell'elettrodo 1 e V2 il potenziale dell'elettrodo 2.
Potremmo in altri termini pensare di collegare i due elettrodi ad un generatore ideale di f.e.m.
E=V1-V2
I campi non possono che dipendere da una sola coordinata (x) ed avere una componente non
nulla solo lungo tale asse. Infatti, se il campo elettrico avesse una componente lungo un altro
asse ortogonale, non potrebbe essere rispettata l'irrotazionalità del campo (basti pensare al
calcolo della circuitazione lungo un rettangolo su un piano ortogonale all'elettrodo, con un
lato appoggiato ad esso).
Se limitiamo lo studio dei campi ad un dominio "tagliato" da due coppie di piani paralleli
ortogonali agli elettrodi ed ortogonali tra di loro a distanza h1 e h2 tra di loro, individuiamo
che tale dominio è una porzione di tubo di flusso del campo elettrico e del campo di corrente
[del campo di spostamento]. Da notare che il problema è ben posto, in quanto sugli elettrodi
conosciamo il potenziale, sulle pareti laterali è nulla la componente normale del campo e
quindi è nulla la derivata normale del potenziale (condizione di Neumann) dV  0.
dn
V2
V1
dV
=0
dn
h1
d
0
x
h2
dV
=0
dn
fig.2
Dall'omogeneità del mezzo e dalla stazionarietà si deduce la indivergenza di E e quindi
potremo valutare la conduttanza [la capacità] equivalente tra le sezioni degli elettrodi in tal
modo individuate, risolvendo l'equazione di Laplace:
d 2V
dV
 V  0 2  0
  E x  k1  V ( x )  k1 x  k2
dx
dx
2
k 2  V (0)  V1
k1 
V (d )  V (0)
  Ex
d
1
I
G 

R V1  V2
 J  n dS
S
d
 E  1 dx

S
d
x
0
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con S= h1 h2 .
Tale espressione ricorda quella introdotta per il conduttore filiforme.
Nel caso di distribuzione volumetrica di carica assegnata fra gli elettrodi, il Laplaciano è noto
e l'equazione di Poisson può essere integrata direttamente, almeno nei casi semplici.
Nel caso ad esempio di alcuni tubi a scarica, possiamo immaginare una distribuzione
uniforme di carica spaziale  in un gas a bassa pressione.
In tal caso, con le stesse condizioni al contorno, abbiamo (fig.3)
 d 2V
 dV


V   2  
  E x   x  k1  V ( x )   x 2  k1 x  k2

dx

dx

2
2
dove
k 2  V (0)  V1
V ( d )  V2  
k1 
dV
dx
x 0

d 2  k1d  V1
2
V  V1 
 2

d
d
2

x  d x  V2  V1 x  V1
2
d
V2  V1 
dV
2 x  d 
Ex  


dx
d
2
V ( x)  
V1 dV
V2
=0
dn
d
0
x
h
1
dV
=0
dn
fig.3
La distribuzione di potenziale nel caso di presenza di carica si modifica rispetto al caso
geometrico (nel nostro caso lineare) per un termine parabolico che si annulla agli estremi
dell'intervallo. Il massimo scostamento dalla soluzione "geometrica" (cioè dipendente dalla
configurazione elettrodica in assenza di carica spaziale) si avrà quindi al centro dove vale
 d2
Vmax 
o 8
In presenza di carica spaziale, si potrà quindi avere un massimo o un minimo del potenziale
all'interno dello spazio interelettrodico (V non è armonica)
V2  V1
d
xv  d 

2

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se la densità di carica è sufficientemente elevata da determinare un campo di carica spaziale
competitivo con quello geometrico , ossia se è verificata la condizione
V2  V1
d  d   2  V2  V1

2
d2

In corrispondenza di xv il campo cambia senso. In relazione al segno dei potenziali e della
densità di carica, in xv si avrà un anodo o un catodo virtuale.
TEMPO DI RILASSAMENTO
Per la stessa geometria a partire dalla espressione della conduttanza G=S/(d), si può
ricavare la capacità C=S/(d).
Un materiale reale tipicamente isolante presenta una conducibilità non nulla a causa delle
impurità. In tal caso si può considerare le copresenza del campo di corrente e del campo
elettrostatico. Considerato quindi un componente reale, se ne può definire sia la capacità che
la conduttanza. Posto R=1/G (resistenza ), il prodotto RC è uguale a  e rappresenta il
cosiddetto tempo di rilassamento del materiale cioè l'intervallo di tempo tipico in cui
l'eventuale stato iniziale di carica viene ridotto di 1/e (66%). Tale tempo varia da frazioni di
secondo per gli isolanti mediocri a ore per isolanti di pregiata qualità.
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2.3 GEOMETRIA SFERICA
[v. anche S.Bobbio- Esercizi di Elettrotecnica]
Se consideriamo due elettrodi sferici concentrici, a potenziali fissati (ad es. collegati ad un
generatore di f.e.m. ideale), con interposto un mezzo a resistività , il campo elettrico (e
quello di corrente ) non potrà che essere dipendente solo dalla coordinata radiale e a
componente solo radiale (ogni altra componente determinerebbe una circuitazione non nulla
del campo elettrico in una regione priva di campo impresso).
Si potrà definire una resistenza equivalente
V
2
r
2
r1
V
1
+

fig.4
V V
R12  1 2 
I12
r2
r2
r1
r1
 J (r )  tdr   4r
 J(r )  n d

I12
I12
2
dr


4
1 1
  
 r1 r2 
( r )
per r2>>r1 , si ha
R1 

4r1
Il potenziale all'aumentare di r varia con legge iperbolica:
  1 1
V1  V (r ) 
  I
4  r1 r  12
Il campo massimo si trova in prossimità dell'elettrodo interno
dV
 I12
V1  V2
E max  E (r1 )  

2 
1 1
dr r1 4 r1
r12   
 r1 r2 
Il campo tende ad infinito (a tensione fissata) sia quando il raggio interno tende a zero, sia
quando tende a zero la differenza =r2-r1 . In tal caso il campo tende ad essere uniforme e pari
a
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V1  V2
V V
 1 2
2
1
1 1

r12   
 r1 r2 
Il valore minimo del campo massimo, come si può facilmente controllare, si ha per r2=2r1 . Il
campo massimo vale in tal caso
V V
V V
Emax r  2 r  1 2  2 1 2
2
1
r1
 1
r1 1  
 2
Nelle migliori condizioni quindi, il campo ha un valore massimo che è il doppio del campo
uniforme a parità di distanza elettrodica (che, in questo caso, è pari a r1). In altri termini, le
sollecitazioni sul materiale (anche dal punto di vista termico) sono sensibilmente non
uniformi anche nel caso di configurazione elettrodica ottimale.
E max r r 
Applicazioni
I resistori sferici non sono in pratica utilizzati.
Val la pena invece considerare il campo emisferico, che si ottiene considerando un taglio
meridiano. Le condizioni al contorno del dominio emisferico sono le stesse del campo sferico
(potenziali assegnati agli elettrodi e derivata normale nulla sulla superficie del taglio; la
distribuzione di campo e potenziale rimane inalterata. A parità di tensione applicata, la
intensità di corrente I'12 è dimezzata rispetto alla corrente I12 del caso sferico:
 1 1
R12' 
  
2  r1 r2 

 RT
2r1
  1 1
V1  V (r ) 
  I
2  r1 r  12
R1 
+
V
1
r1
I'12
+

V
2
r2
fig.5
Per r2 tendente a valori infinitamente grandi (generatore "lontano"), si ha la configurazione del
dispersore di terra emisferico, in intimo contatto con il terreno, che può essere inserito in un
Impianto di Terra. Con tale termine si intende una rete ausiliaria di protezione che va a creare
un campo di corrente nel terreno, in condizioni anomale di funzionamento di una rete ed in
alcuni casi anche in condizioni di normale funzionamento (si pensi ai primi impianti
telegrafici). In caso di malfunzionamento, la corrente I'12 che interessa il dispersore è
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determinata, oltre che dal tipo di guasto, dalle condizioni di "stato" della rete di alimentazione.
In fig.6 è indicata la condizione di perdita accidentale dell'isolamento tra un conduttore della
linea di alimentazione e la carcassa metallica dell'involucro. Se, come accade di solito per le
utenze domestiche, il generatore è collegato a terra (per motivi funzionali che qui non
possiamo approfondire), il collegamento linea - involucro - persona - terreno, richiudendosi
sul generatore, può essere interessato da corrente. La tensione applicata al corpo umano3 viene
chiamata in questo caso tensione di contatto.
+
Linea di alimentazione
cedimento dell'isolamento
A
Utenza in contenitore metallico
B
I' 12
fig.6
Contatto pericoloso - VAB : tensione di contatto
Senza impianto di terra
Per limitare drasticamente i valori della tensione di contatto, si costruiscono gli impianti di
terra. Essi sono previsti tassativamente dalle normative vigenti ed in particolare dal DPR
547/55 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), dalla Legge 46/90
sull'adeguamento degli impianti tecnologici e dalle Norme del Comitato Elettrotecnico
Italiano (CEI). Tali norme prescrivono la messa a terra, ovvero il collegamento al dispersore,
di tutte le masse metalliche esistenti nell'area interessata, in particolare quelle che possono
venirsi a trovare, per guasti accidentali dell'isolamento di un impianto elettrico , a potenziale
diverso da quello delle persone che possono in qualche modo toccare tale massa metallica. E'
prescritto che la tensione di contatto tra due punti qualsiasi del corpo umano non superi i 50 V
se non si provvede a disalimentare i circuiti in tempi brevissimi. Valori superiori
determinerebbero correnti nel corpo umano presumibilmente intollerabili, portanti alla
tetanizzazione dei muscoli e, nei casi più gravi, a fibrillazione cardiaca con conseguenze
letali.
Il collegamento ad un dispersore di terra viene indicato con il simbolo
3La
resistenza equivalente del corpo umano dipende dai punti di contatto, dallo stato del contatto - es. mani e piedi
bagnati o isolati - e da condizioni soggettive. Con le dovute riserve, si assume spesso per orientamento un valore
di 3k
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In fig.7 è rappresentato il caso di presenza in T del dispersore di terra. In questo caso la
tensione di contatto è estremamente ridotta, in quanto il corpo umano si trova, in prima
approssimazione, in "parallelo", rispetto al generatore, al "ramo" contenente il dispersore ; la
corrente I", a patto di una buona progettazione e manutenzione dell'impianto di terra, può
diventare trascurabile rispetto alla corrente di I' di guasto (per il cui valoredeve essere
opportunamente progettato l'intervento degli interruttori di protezione).
+
Linea di alimentazione
cedimento dell'isolamento
A
Utenza in contenitore metallico
B
T
I' 12
I"
fig.7
Per il dimensionamento del dispersore, occorre conoscere la massima corrente di guasto verso
terra (dipendente dall'impianto e dagli organi di interruzione) I'12M; la resistenza di terra del
dispersore deve essere quindi, cautelativamente,4

50
RT  R1' 
 '
2r1 I12 M
Il valore richiesto sarà tanto più facilmente realizzabile quanto più conduttivo è il terreno (
varia da 30-200 m per i terreni argillosi ad oltre 1000 m per i terreni rocciosi) e quanto
minore è la corrente massima di guasto che determina l'intervento della protezione.
Se ad esempio è I'12M=100A, dovrà essere, in terreno argilloso, r1>9,5 m (decisamente
ingombrante e costoso). In caso di terreno roccioso, l'uso di un dispersore emisferico sarebbe
impensabile.
Se è invece I'12M =0,03 A, in terreno argilloso sarebbe r1>2 mm e nel terreno roccioso
r1>7cm. Tali bassi valori di corrente di guasto verso terra sono tipici dell'intervento dei
cosiddetti interruttori differenziali ad alta sensibilità (salvavita).
Tuttavia, la presenza dei dispersori comporta una insidia: in prossimità degli stessi occorre
controllare la tensione di passo, ossia la massima tensione che può stabilirsi tra due punti del
corpo umano poggiati al suolo (tipicamente tra i due piedi di una persona che cammina nei
dintorni del dispersore) (fig.8). Anche la tensione di passo dev'essere inferiore a 50 V.
4Il
DPR 547/55 indica in 20 il valore massimo della resistenza di terra. In tale caso la corrente nel corpo umano
sarebbe circa 150 volte più piccola della corrente di guasto. Poichè tale riduzione spesso è ampiamente insufficiente, il
valore della resistenza di terra va valutato con molta prudenza caso per caso dalle caratteristiche dell'impianto e della
morfologia del terreno, con misure e verifiche ad hoc, solo in parte espressamente previste dalla normativa vigente,
peraltro in continua evoluzione.
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+
V
1
r1
I'terra
+
A
B
fig.8
Tensione di passo
La tensione di passo (indicando con p la distanza di un passo, tipicamente pari a 1m) vale

 p 
 1
1 
r1 
V1  V (r1  p) 
 
 I12  RT I12 1 
  RT I12 

2  r1 r1  p 
 r1  p 
 r1  p 
ed è quindi opportuno, per sicurezza, spesso ritenerla pari alla tensione
V1  RT I12'
considerando che vi sono casi di "passi" più lunghi quali quelli dei grossi quadrupedi o
comunque di appoggi a distanza maggiore del passo ordinario.
Non sempre è possibile contenere la tensione di passo; in tali casi occorrerà adottare
provvedimenti ad hoc. Se ad esempio abbiamo una corrente di guasto di 100 A, un dispersore
emisferico di raggio 1 m in un terreno con resistività di 100 m, e quindi con resistenza di
terra pari a 16 , la tensione di passo vale 711 V. Occorrerà quindi procedere ad una accurata
recinzione attorno al dispersore, o dovrà essere riprogettato il dispersore.
A partire dal dispersore sferico, potranno essere individuati modelli di funzionamento di
dispersori puntuali o lineari. Si può quindi rapidamente pervenire al modello di
funzionamento del paletto di terra o puntazza, il più diffuso tipo di dispersore [Kupfmüller,
Cap.I,§7 ].
Un paletto di diametro d infisso per una profondità h può essere assimilato ad un
semiellissoide di rotazione (fig.9);
d
h
fig.9
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il corrispondente valore della resistenza di terra può essere valutato come [Kupfmüller,cap
I,§7]:

4h
RT elliss 
ln
2h d
Altri tipi di dispersori usati nelle cabine elettriche o nei laboratori di prove elettriche sono a
rete o a lastra interrata.
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1.4 GEOMETRIA CILINDRICA
[v. anche S.Bobbio- Esercizi di Elettrotecnica ]
Nel caso di simmetria cilindrica, potremo sviluppare considerazioni analoghe al caso sferico.
CAVO COASSIALE
Se consideriamo due cilindri coassiali (fig.10), a potenziali fissati (ad es. collegati ad un
generatore di f.e.m. ideale), con interposto un mezzo a resistività , il campo elettrico (e
quello di corrente ) non potrà che essere dipendente solo dalla coordinata assiale e a
componente solo radiale (ogni altra componente determinerebbe una circuitazione non nulla
del campo elettrico in una regione priva di campo impresso).
Si potrà definire una resistenza equivalente
V
2
r2
r
1
V
1
+

l
fig.10
r2
R12 
V1  V2

I12
r2
 J (r )  tdr
r1
 J(r )  n d

  2rl dr
I12
r1
I12


r
ln 2
2l r1
( r )
Il potenziale all'aumentare di r varia con legge logaritmica:

r
V1  V( r ) 
I12 ln
2l
r1
Il campo massimo si trova in prossimità dell'elettrodo interno
dV
 I12 V1  V2
Emax  E (r1 )  


r
dr r1 2l r1
r1 ln
r1
Il valore minimo del campo massimo, come si può facilmente controllare, si ha per r2=r1/e. Il
campo massimo vale
V V
Emax r er  1 2
2
1
r1
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Nelle migliori condizioni quindi, il campo ha un valore massimo che è circa il 70% in più del
campo uniforme a parità di distanza elettrodica [che, in questo caso, è pari appunto a a r1(e1)=1.71 r1]. In altri termini, le sollecitazioni sul materiale (anche dal punto di vista termico),
sono sensibilmente non uniformi anche nel caso di configurazione elettrodica ottimale.
Quale applicazione più diffusa si ricorda il cavo coassiale per la distribuzione di energia
elettrica. Le considerazioni sopra esposte riguardano essenzialmente la valutazione del campo
elettrico, che descrive, in caso di mezzo omogeneo, sia al campo di corrente [E=J], sia al
campo di spostamento [E=D/]. Nel caso del componente reale, in cui è presente un isolante
con modesti fenomeni di conduzione, si potrà valutare sia che il campo elettrico non superi
valori critici che diano luogo a cedimenti parziali (scariche parziali) o cedimenti totali
(scarica disruptiva) dell'isolante, sia che il campo di corrente di dispersione non dia luogo a
riscaldamenti eccessivi (i processi dissipativi all'interno di un isolante sono quasi-adiabatici).
In ogni caso potrà essere valutata la resistenza di isolamento del cavo di lunghezza l
r
 ln 2
V V
r1
Rl  1 2 
I12
2l
13
per =10 m, si hanno i seguenti valori di resistenza di isolamento per unità di lunghezza al
variare del rapporto dei raggi:
r2
r1
Rl [M]
2
5
10
20
50
100
1100
2600
3700
4800
6200
7300
La misura di questi valori così elevati di resistenza richiede metodi di misura particolari, con
megaohmmetri (alimentazione a 500-1000 V) o di metodi balistici (cioè determinando la
costante di tempo di carica del cavo in esame) [vedi ad es. G.Zingales - Misure elettriche UTET -TO]
Per l'analogia che si è detta in precedenza potrà essere valutata la capacità del cavo
2l
Cl  
r
ln 2
r1
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1.5 MONOSPIRA
Consideriamo ancora la struttura coassiale di fig.11, alimentata longitudinalmente; si
consideri ad esempio una struttura tubolare tagliata lateralmente. Se si suppone che la struttura
tubolare abbia resistività uniforme , sia immersa in un mezzo isolante perfetto, e sia
alimentata tramite due elettrodi conduttori perfetti ad assetto radiale, separati di un piccolo
angolo , il problema risulta ben posto
dV/dn=0
dV/dn=0
V
1
r2

+
r1
V
2

fig.11
In questo caso le linee di campo saranno circolari. La resistenza equivalente agli elettrodi vale
2  
V V
R12  1 2 
I12
 E  1 rd
0
r2
 J  1  l dr 
r1

E (r )r 2   
r2

r1
E (r )

l dr

V1  V2


r2
V  V    2 l    drr
1
2
r1

  2   
l ln
r2
r1
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