Università Cattolica del Sacro Cuore “A. Gemelli” Facoltà di Medicina e Chirurgia 8° Corso Parallelo Corso di Laurea Triennale in Infermieristica Sede “Suore della Misericordia” ROMA Gestione infermieristica delle lesioni cutanee nei pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa: RARO MA REALE. Relatore: Sr. Aidaleen SALCEDO Correlatore: Dott.ssa Anna Lisa BARBATO Laureando: Sofia STRIPPOLI Anno Accademico 2013/2014 A mio padre, il mio Maestro. A mia madre, la mia gioia. A mio fratello, il mio orgoglio. A Ettore, la mia speranza, fragile come una farfalla ma forte come un leone. INTRODUZIONE .............................................................................................................................. 1 CAPITOLO 1 ...................................................................................................................................... 3 L’EPIDERMOLISI BOLLOSA....................................................................................................... 3 1.1.Nascita di un bambino farfalla ....................................................................................... 3 1.2. L’Eb eziologia ......................................................................................................................... 5 1.2.1. Eb quadro clinico. ........................................................................................................... 7 1.2.2. Eb simplex (Ebs). ............................................................................................................ 7 1.2.3. Eb giunzionale (Jeb). .................................................................................................... 8 1.2.4. Eb distrofica (Deb). ....................................................................................................... 8 1.2.5. Sindrome di Kindler (Sk). .......................................................................................... 9 1.3. Diagnosi. .................................................................................................................................. 9 1.4. Terapia.................................................................................................................................... 11 1.5. Malattie rare ed evoluzione normativa. ................................................................ 11 CAPITOLO 2 .................................................................................................................................... 15 RARO MA REALE. INFORMAZIONI UTILI PER ASSISTERE PAZIENTI AFFETTI DA EPIDERMOLISI BOLLOSA ............................................................................. 15 2.1. Conoscere prima di agire .............................................................................................. 15 2.1.2. La pelle ............................................................................................................................... 15 2.1.3. La dermatite pruriginosa. ......................................................................................... 17 2.1.4. Le contratture e le cicatrizzazioni. ...................................................................... 17 2.1.5. Il tratto gastrointestinale. ........................................................................................ 18 2.1.6. Il dolore. ............................................................................................................................ 19 2.2. Vivere con l’ EB. ................................................................................................................. 20 2.2.1. Il concetto di trauma. ................................................................................................. 21 2.2.2. La funzione psicologica della pelle nelle relazioni interpersonali ....... 22 2.2.3. L’ immagine di sé. ........................................................................................................ 24 2.2.4. Analisi fenomenologica interpretativa ............................................................... 25 CAPITOLO 3 .................................................................................................................................... 29 ANALISI DEI PROTOCOLLI E DELLA GESTIONE INFERMIERISTICA INTERNAZIONALE DELLE LESIONI NEI PAZIENTI AFFETTI DA EB .................. 29 3.1. Raccomandazioni per la cura delle ferite ............................................................. 29 3.1.2. La valutazione delle ferite. ...................................................................................... 33 3.1.3. La preparazione del letto della ferita. ............................................................... 34 3.1.4. Scelta dei trattamenti per le ferite croniche degli Eb ............................... 47 3.1.5. I presidi per le ferite degli EB nei paesi sottosviluppati .......................... 53 3.1.6. Il miele: possibile alternativa farmacologica? .............................................. 54 CAPITOLO IV .................................................................................................................................. 58 INDAGINE CONOSCITIVA SULLA CONOSCENZA E SULL’ ASSISTENZA AL PAZIENTE AFFETTO DA EPIDERMOLISI BOLLOSA .................................................... 58 4.1. Scopo e finalità dello studio ........................................................................................ 58 4.1.2. Materiali e metodi ......................................................................................................... 59 41.3. Fasi dello studio ed elaborazione del progetto .............................................. 60 4.1.4. Destinatari ........................................................................................................................ 61 4.1.5. Descrizione degli strumenti ..................................................................................... 61 4.2. Analisi dei risultati ............................................................................................................ 62 Conclusioni ...................................................................................................................................... 72 Allegato I .......................................................................................................................................... 76 Allegato II ........................................................................................................................................ 79 Allegato III ...................................................................................................................................... 80 Allegato IV ....................................................................................................................................... 81 Allegato V......................................................................................................................................... 83 Bibliografia ...................................................................................................................................... 85 INTRODUZIONE Ero una bambina spensierata ed ingenua, di quasi sei anni, quando conobbi Ettore. Un incontro inaspettato, casuale, fatale, che ha inciso profondamente sulla mia vita e su quella della mia famiglia. Bastò un non nulla: uno spago, una molletta, un foglio colorato, calati dal quinto al quarto piano, un giorno di diciassette anni or sono, perché sbocciasse una sincera tuttora viva, grande amicizia. Crescere con chi, simile per tanti aspetti, è palesemente e fisicamente “diverso”, arricchisce veramente l’ esistenza, colmandola di senso e di significato. Forse perché siamo troppo impegnati ed indaffarati, raramente si riflette sull’ incomparabile dono che è la vita, ancor più se si è nati sani; spesso invece ci si perde in banalità e frivolezze, guardando l’ altro, soprattutto se non rispetta determinati canoni arbitrariamente stabiliti dalla società, con superficialità ed indifferenza, o ancor peggio con commiserazione e disprezzo. Conoscere, frequentare, dialogare con Ettore vuol dire accettare, rispettare, imparare ad amare la diversità, sentendosi migliore giorno dopo giorno. Lui, “piccolo leone dalla pelle fragile”, un vincitore nonostante il destino gli sia da sempre avverso, ha riempito la mia vita di meraviglie, di gioia, di forza, di speranza. Lui, con le sue “rare particolarità”, con il suo coraggio, con il suo altruismo, mi ha insegnato che volere è potere, che bisogna lottare anche quando le sofferenze lo impediscono, che si deve sorridere pur quando si ha voglia di piangere, che gli ostacoli vanno superati anche quando appaiono insormontabili. Ad oggi sono fermamente convinta che questo nostro esserci incrociati ha radicato in me il desiderio di dedicarmi al prossimo, scegliendo con decisione e con entusiasmo la professione infermieristica. 1 Capire le difficoltà cui vanno incontro i pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa e relative famiglie, significa essere consapevoli di quanto abbiano bisogno di aiuto e di supporto. Pur se ci si muove nell’ ambito complesso, in parte oscuro della rarità, dove emergono con evidenza limiti tanto clinici quanto assistenziali, è nostro dovere approfondire anche ciò che esula dal percorso di studi, e si presenta ancora insolito ed ignoto. Il presente elaborato non è che un modesto contributo alla divulgazione di informazioni concernenti la patologia sunnominata. Sensibilizzare e responsabilizzare l’ ambiente infermieristico sulla presenza di questa infelice affezione, migliora e rende vivibile l’ esistenza di chi si misura quotidianamente con le innumerevoli difficoltà che l’ EB comporta. Il supporto infermieristico è, forse particolarmente in questo caso, imprescindibile, cruciale ed assolutamente necessario. È compito specifico dell’ infermiere curare la cute e le lesioni che affliggono questi pazienti, gestendo coscienziosamente medicazioni e bendaggi, entrando in sintonia con il soggetto, affiancando e sostenendo i familiari, rendendosi conto dello stato di invalidità che va trattato sempre con sensibilità, delicatezza e pazienza. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, afferma Primo Levi: la brama di sapere eleva l’ uomo ad altezze vertiginose, la curiosità lo spinge a ricercare ed a scoprire, lo studio assicura all’ infermiere preparazione e competenza, ma è la dedizione che ne fa una persona umana e degna. 2 CAPITOLO 1 L’EPIDERMOLISI BOLLOSA 1.1. Nascita di un bambino farfalla. «Quando Ann Williams diede alla luce per parto cesareo Angharad, la prima figlia, fu lievemente stupita, ma allo stesso tempo preoccupata, nell’osservare che le labbra della neonata sanguinavano»1. Così esordisce Caroline Swinburne, giornalista freelance, nell’articolo “Maneggiare con cura”, uno dei suoi elaborati nel quale con perizia ed estrema semplicità narra la testimonianza di una mamma costretta a doversi confrontare, in uno dei momenti più commoventi e significativi dell’esistenza di una donna, con una tragica realtà, la scoperta dell’invalidità della nascitura. La signora Williams divenne ben presto più ansiosa nel momento in cui venne informata della comparsa di vescicazioni alla caviglia della piccola Angharad, provocate dal braccialetto di riconoscimento che le era stato apposto. Lo stato di salute dell’infante peggiorava visibilmente ed entrambe, residenti nel Galles occidentale, furono ricoverate in un ospedale più grande, ma, nonostante ciò molta parte del corpo della bambina andava ricoprendosi di vesciche che continuavano ad aumentare di dimensioni, fino a sfociare in un’enorme bolla che scendendo per il braccio raggiunse lo stomaco. Estremamente preoccupati e certi della gravità della condizione, i familiari di Angharad compresero che non le veniva somministrato il trattamento opportuno e decisero di fare ritorno nell’ospedale locale. Qui il personale ed i parenti della piccola entrarono in contatto con una èquipe di infermieri pediatrici specializzati, operanti al Great Ormond Street Hospital a Londra. 1 Swinburne C. Handle with care. Nursing Standard july 28 2010; 24 no 47: 22. 3 Questi erano gli addetti alla cura dei neonati e dei bambini affetti da Epidermolisi Bollosa (EB), una malattia cutanea rara ed estremamente invalidante. Come la maggior parte dei suoi connazionali la signora Williams non aveva mai sentito parlare dell‘EB, affezione che colpisce un neonato su circa 17.000 nascite, e fu compito dell’infermiera specializzata Jackie Denyer spiegarle la gravità e la serietà del caso. Osservando Angharad la Denyer comprese immediatamente che le erano stati procurati grossi danni, scaturiti da una mancata consapevolezza e conoscenza della patologia. L’infermiera attraverso la sua testimonianza riferisce che alla mamma era stato raccomandato di non rimuovere le vescicazioni cutanee, atteggiamento errato che provocò un ulteriore peggioramento della situazione; invece di informarla sul come manipolare la bambina in modo corretto, era stata dissuasa dal farlo incrementando così il timore e il distacco della donna. Malgrado le molteplici difficoltà, evidenti nei primi giorni di vita, gli infermieri specializzati in questo delicato ambito sono pronti ad offrire nozioni pratiche e non ai familiari degli infanti colpiti da questa rara malattia. Lesley Foster, anch’essa abilitata nella gestione dei pazienti EB, sottolinea quanto sia complessa l’assistenza di questi piccoli ai quali persino una semplice cannula intravenosa o un cerotto danneggiano pesantemente la pelle. La Foster sottolinea inoltre l’utilità della vicinanza del personale ai familiari, che si sentono indubbiamente sollevati dalla presenza di figure che insegnano loro come gestire il piccolo. Nella EB, qualsiasi sia la sua forma, le vescicazioni si ingrandiscono fin quando non si interviene; per questo è necessario informare i parenti e lo staff dell’importanza di pungerle cambiando giornalmente i bendaggi. Alla fragilità cutanea consegue la comparsa di vescicazioni al minimo urto o attrito, suscitando ferite dolorose che richiedono l’utilizzo di medicazioni 4 e bendaggi. Il cambio di questi rappresenta una delle prime e più importanti cure che accompagneranno il paziente EB per il resto della sua vita. A tal proposito gli infermieri insegnano ai consanguinei come gestire in maniera opportuna queste pratiche a volte lunghe e dolorose, quindi indicano loro come vestire e svestire i piccoli, come sistemare gli indumenti senza provocare attrito, come togliere con sicurezza i presidi applicati evitando ulteriori escoriazioni. Gli operatori specializzati supportano i familiari anche da un punto di vista umano e psicologico esortandoli a vivere e a ricercare per quanto possibile normalità e stabilità, indispensabili per superare le innumerevoli difficoltà che questa infelice malattia comporta. Le vaste ricerche scientifiche in materia hanno indubbiamente alleviato e migliorato la qualità di vita di questi pazienti, ma, è altrettanto vero che, oltre a competenze mediche sono necessarie, nonostante la rarità della affezione, conoscenze infermieristiche mirate all’assistenza e all’adeguata gestione di questi fragili pazienti. “Quando si ha a che fare con un bambino EB, non c’è altra scelta che combattere”2. 1.2. L’Eb eziologia. “Per Epidermolisi Bollosa si intende un insieme strettamente apparentato di affezioni genetiche caratterizzato dal distacco della pelle fra gli strati dermici ed epidermici”3 che comporta la vescicazione della cute oltre che delle mucose in risposta a un trauma minimo da attrito. 2 Ibidem p.3. 3 McMillan JR, Long HA, Akiyama M, Shimizu H & Kimble RM. Epidermolysis bullosa (EB) diagnosis and therapy. Wound Practice and Research May 2009; 17 no 2: 62. 5 “Vi sono quattro differenti tipi di Epidermolisi Bollosa, determinati da mutazioni strutturali proteiniche nella zona della membrana cutaneo basale o delle proteine desmosomiche di adesione cellulare sovrabasali”4 Fig. 1. Fonte: Mc Millian JR, Long HA, Akiyzma M, Shimizu H & Kimble RM, Epidermolysis Bullosa (EB) Diagnosis and Therapy, Wound Practice and Research, vol. 17 Numb. 2 – May 2009. L’EB si distingue in relazione alla formazione bollosa e all’altezza della giunzione dermo - epidermica in: Simplex, Giunzionale, Distrofica, Sindrome Di Kindler. Tutte le varietà della suddetta patologia scaturiscono dalla mutazione di geni che intervengono nella formazione delle proteine strutturali nelle aree della membrana basale dermo epidermica; le strutture indebolite o completamente assenti favoriscono la separazione degli strati di pelle che diventa particolarmente fragile. L’EB essendo un’affezione genetica, si trasmette per via ereditaria in modo recessivo o dominante. Nell’alterazione per dominanza un genitore portatore trasmette il gene malato al proprio bambino; vi è una possibilità 4 Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R, Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A Consensus Approach to Wound Care in Epidermolysis Bullosa. An Expert Panel Report .Toronto: American Academy of Dermatology2012: 5. 6 su due che ad ogni gravidanza il feto erediti il gene malato che di conseguenza annienterà quello trasmesso dal genitore sano. Nelle forme ereditarie recessive, ben più gravi rispetto alle precedenti, entrambi i genitori sono portatori del gene alterato e vi è, in suddette circostanze, una possibilità su quattro di dare alla luce un bambino compromesso sia a livello genotipico che fenotipico. Tab. 1. Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Diagnosi delle Epidermolisi Ereditarie. Linee Guida. Ministero della Salute, Roma: Marzo 2014. Bollose 1.2.1. Eb quadro clinico. L’Epidermolisi Bollosa è una malattia altamente invalidante, contraddistinta da quadri clinici gravi, talvolta anche letali. La prevalenza complessiva delle forme simplex, giunzionali e distrofiche si stima che sia di 1/130.000 negli Stati Uniti rispetto a 1/100.000 in Italia; quanto alla Sindrome di Kindler, sono stati descritti complessivamente solo 200 casi. 1.2.2. Eb simplex (Ebs). La EB simplex è la forma più frequente, in cui le strutture indebolite risiedono nell’epidermide. Nonostante la fragilità interessi tutta la pelle, la vescicazione è fastidiosa sopratutto nelle zone esposte a maggior attrito, ed è aggravata dal calore e dall’ umidità. La EBS, ereditata in maniera 7 dominante, è quasi sempre compatibile con una durata di vita apprezzabile. Nell’Epidermolisi Simplex le vesciche si formano per citolisi della porzione intracellulare dei cheratinociti basali. Attualmente si conoscono diverse varianti di EBS, ognuna con manifestazioni cliniche specifiche. L’ Ebs Weber-Cockayne è caratterizzata da vescicazioni ai palmi della mano e alle piante dei piedi; la Ebs Di Koebner si mostra con vescicazioni presenti sui principali siti d’attrito; la Ebs Dowling-Meara (la forma più grave di EBS) è una variante con vescicazione neonatale disseminata che evolve in termini di bollosità in forma di grappoli particolari. 1.2.3. Eb giunzionale (Jeb). Nella JEB, ereditata per via recessiva, le strutture indebolite si trovano a livello dell’ area lucida della membrana basale. Questa è caratterizzata da due principali forme: la Herlitz che solitamente ha come esito la morte precoce nell’infanzia, e la Non-Herlitz comunemente compatibile con la vita. Essa si presenta con aree di ulcerazione cronica, distrofie, perdita delle unghie, erosioni corneali e problemi dentali. 1.2.4. Eb distrofica (Deb). La DEB può essere ereditata in modo recessivo (RDEB), manifestando gravi conseguenze, o dominante. Nella RDEB le ferite e le vescicazioni si estendono su ampia parte della superficie corporea intaccando anche le mucose interne. La variante dominante presenta anch’essa effetti sulle mucose e sulla pelle ma meno gravi rispetto ai precedenti e, in quanto tali compatibili con la vita. Il gene mutato nelle forme di DEB è l’unico che codifica la proteina collagene VII, componente fondamentale nelle fibrille di ancoraggio che legano l’epidermide al derma. L’assenza o la riduzione di queste componenti provoca la scissione delle strutture cutanee al minimo trauma o attrito con la rispettiva formazione di bolle. Queste diventano 8 ferite che possono guarire nel giro di giorni o cronicizzare e causare processi cicatriziali ai quali sono imputabili notevoli invalidità. La particolare fragilità, anche in questa forma, coinvolge parte della mucosa interna deteriorando la bocca, l’orofaringe e l’esofago. 1.2.5. Sindrome di Kindler (Sk). È una genodermatosi rara che si presenta esclusivamente in forma autosomica recessiva. Alla fragilità della pelle, caratteristica peculiare in ogni EB, subentrano la poichilodermia, la cicatrizzazione, la fotosensibilità della pelle accompagnate dall’infiammazione delle gengive. Viene attualmente considerata «EB a forma mista» per via della variabilità del piano di clivaggio che si osserva in combinazione con tutti i livelli che creano separazione nella simplex, nella giunzionale e nella distrofica. 1.3. Diagnosi. Considerando la rarità dell’affezione e la presenza di sottotipi dei quali non sono ancora stati individuati segni distintivi, il dilemma di una corretta diagnosi si manifesta soprattutto nel periodo pre-natale. I sintomi clinici secondari si palesano generalmente solo nei primi anni di vita garantendo così la corretta distinzione delle forme più notevoli di Epidermolisi. L’indagine implica un insieme di approcci diagnostici divisibili in tre fasi: 1) anamnesi familiare, anamnesi personale ed esame obbiettivo; 2) esami di laboratorio e strumentali: biopsie cutanee per l’analisi immunopatologica, ultrastrutturale e istopatologica. Esami microbiologici ed ematochimici; 3) consulenza genetica seguita da analisi genetico molecolari. Solitamente la diagnosi definitiva viene formulata in base all’esame bioptico cutaneo, basato sull’immunofluorescenza positiva (IF), sulla mappatura antigenica e sulla microscopia elettronica (EM). 9 L’identificazione dei geni responsabile dell‘EB permette di localizzare con estrema precisione la mutazione e la tipologia. Alle famiglie, nelle quali si sono riscontrate le mutazioni o i marcatori genetici responsabili dell’ anomalia, si propone uno screening genetico neonatale. Nello specifico la diagnosi prenatale si esegue nel primo trimestre e consiste nel prelievo del DNA estratto dai villi coriali. Si tratta di un esame invasivo, non privo di rischi, utilizzabile solo in caso di JEB o DEB. Una volta formulata la diagnosi, è fondamentale comunicarla ai familiari, ignari nella maggior parte dei casi della gravità della situazione. Diagramma di Flusso. Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Diagnosi delle Epidermolisi Ereditarie. Linee Guida. Ministero della Salute, Roma: Marzo 2014. Bollose Il delicato compito di palesare il tutto spetta al medico che deve essere necessariamente supportato da figure competenti quali psicologi e infermieri. Questi devono essere pronti a sorreggere e ad educare i 10 genitori nella difficile gestione dei pazienti EB, promuovendo attraverso informazioni adeguate l’accettazione di un figlio indubbiamente fragile e delicato che necessita, a maggior ragione, di continue cure ed attenzioni. 1.4. Terapia. Le attuali ricerche sui nuovi trattamenti dei pazienti EB si sono focalizzate soprattutto sulla terapia a base di proteine e sulla terapia genetica. La prima ha riscosso importanti successi nel trattamento della JEB e della DEB attraverso l’iniezione intradermica delle proteine mancanti. La seconda prevede l’introduzione del materiale genetico nella pelle per iniezione o per applicazione topica mediante mezzi fisico-chimici. In alternativa a ciò si può intervenire con il prelievo di campioni cutanei del paziente introducendo materiale genetico nelle cellule coltivate, infine si prosegue con il ritorno di cellule geneticamente modificate in termini di trapianto di cute, come accade sovente nei pazienti ustionati. Nonostante i progressi conseguiti nelle terapie genetiche arrechino sollievo e mantengano viva la fiamma della speranza dei parenti e dei pazienti con EB, il più grande aiuto che si possa loro fornire è assicurato da èquipe multidisciplinari competenti nella gestione del dolore, nelle medicazioni delle ferite e nell’uso di bendaggi opportuni. A ciò non deve mancare sostegno psicologico e umano, empatia e solidarietà nei confronti di chi vive giornalmente una“ lotta” lunga una vita 1.5. Malattie rare ed evoluzione normativa. Delle Malattie Rare e delle loro peculiarità, hanno dibattuto i Singoli Stati Membri della Comunità Europea, affermando e sostenendo che in tale contesto qualsiasi azione, ricerca, studio rappresenta un utile contributo al miglioramento della vita delle persone che vivono con queste patologie. Le autorità sanitarie nazionali hanno cominciato a dibattere sulle Malattie Rare dal 1999, anno in cui è stata approvata la Decisione N. 1295/1999/CE che prevedeva: 11 un miglioramento delle conoscenze scientifiche sulle Malattie Rare; la formazione e l’aggiornamento degli operatori sanitari; il rafforzamento della collaborazione internazionale e del monitoraggio delle Malattie Rare. Nel successivo Primo Programma Comunitario (2003 – 2008), oltre a supportare azioni solidaristiche tra le varie nazioni nell’ambito della sanità pubblica, favorendo in questo modo l’informazione e la conoscenza, un esplicito appello è rivolto al valore aggiunto offerto dalle organizzazioni dei pazienti colpiti da Malattie Rare. È in questo quinquennio che si istituisce, per volontà della Commissione Europea, la Rare Diseases Task Force (RDTF) sostituita, per decisione della Commissione Europea, dall’EUCERED, il cui obiettivo consiste nell’assistere la CE nella promozione delle migliori strategie per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento delle Malattie Rare. Anche nel secondo Programma di Azione Comunitaria (2008 – 2013) la priorità spetta alle Malattie Rare. Queste le due principali linee guida: facilitare lo scambio di informazioni mediante i network esistenti sulle Malattie Rare e sviluppare strategie per migliorare il coordinamento a livello europeo e la cooperazione trans – nazionale. Di interesse rilevante è anche la Raccomandazione del Consiglio dell’8 giugno 2009 nel settore delle Malattie Rare. In questo documento si raccomanda agli Stati Membri di elaborare piani e strategie nazionali per le Malattie Rare, di incentivare la ricerca, di sostenere la formazione degli operatori, di sensibilizzare la popolazione, prendendo atto degli interventi nazionali elaborati dal progetto EUROPLAN (Progetto Europeo per lo Sviluppo e l’Implementazione di Piani Nazionali per le Malattie Rare). Per quanto riguarda la Normativa Italiana dedicata alle Malattie Rare con il Piano Sanitario Nazionale 1998 – 2000 si individua, per la prima volta, tra gli obiettivi la sorveglianza delle patologie rare. Vi si definiscono gli interventi prioritari da eseguire, ovvero una rete di centri e presidi tra loro 12 collegati per il trattamento delle patologie rare, l’implementazione della ricerca, il miglioramento della prevenzione, della diagnosi precoce e dell’assistenza. A supporto dei suddetti interventi il Ministero della Salute, regolamenta e disciplina con il DM 279/2001, forme di tutela rivolte a tutti gli individui affetti da malattie rare, quindi istituisce la Rete Nazionale per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare, rete costituita da presidi accreditati preferibilmente ospedalieri e da centri interregionali di riferimento. Al fine di consentire la programmazione nazionale e regionale degli interventi volti a tutelare i soggetti affetti da malattie rare il D.M. 279/2001 prevede l’istituzione, presso l’Istituto Superiore di Sanità, del Registro Nazionale delle Malattie Rare, registro collegato con i registri interregionali, territoriali e internazionali. I dati raccolti in tali registri sono fondamentali in quanto permettono operazioni di validazione, studi epidemiologici e valutazioni dei fattori di rischio e degli stili di vita, al fine di elaborare linee guida per la gestione clinica di specifiche malattie rare, per la formazione degli operatori sanitari e delle associazioni dei pazienti, promuovendo un’adeguata informazione. Il successivo Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2001 – 2003 ha riconosciuto le Malattie Rare come patologie di particolare rilievo sociale, ribadendo, con il PSN 2003 – 2005 e con il PSN 2006 – 2008 l’importanza della rete nazionale ad esse dedicata e di una attiva collaborazione tra Regioni e Province. Su tale linea, con il Decreto del Presidente dell’ISS nel 2008 è stato istituito il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) con la missione di svolgere attività di ricerca, consulenza e documentazione sulle Malattie Rare. È dunque gratificante indiscutibile i parenti che ed i per sostenere pazienti EB in maniera è importante completa e favorire la collaborazione fra medici, infermieri di territorio e specialisti ambulatoriali; un’informazione chiara, aggiornata ed esaustiva sulla patologia, sullo stato di salute e sui servizi disponibili è un diritto di ogni cittadino. 13 È necessario per questo rafforzare la collaborazione tra i vari professionisti coinvolti nell’ assistenza a pazienti EB e le associazioni fondate da questi. A tal merito è opportuno evidenziare la presenza della DEBRA che in Italia opera da più di vent’anni collaborando con centri di alta specializzazione e di ricerca. Questa associazione, nata nel 1978 da un gruppo di genitori di pazienti coinvolti, sostiene gli individui affetti e le rispettive famiglie, fornisce èquipe di infermieri specializzati e di assistenti sociali, oltre che commissioni e fondi investiti in progetti impegnati nella ricerca delle cause, delle cure e delle potenziali terapie per i soggetti EB a livello mondiale. 14 CAPITOLO 2 RARO MA REALE. INFORMAZIONI UTILI PER ASSISTERE PAZIENTI AFFETTI DA EPIDERMOLISI BOLLOSA 2.1. Conoscere prima di agire. Come ogni patologia l’Epidermolisi Bollosa necessita, per essere gestita con criterio e consapevolezza, di conoscenze che purtroppo, per via della rarità dell’ affezione, sono finora carenti e poco esaustive. In particolare, la sfera relativa alle pratiche infermieristiche risulta povera di informazioni; poche infatti sono le figure specializzate in grado di prendersi cura dei pazienti affetti da EB. L’insufficiente comprensione del quadro clinico e delle complicazioni si traduce in una bassa qualità assistenziale che comporta, sul piano terapeutico, l’ insorgenza di danni destinati a peggiorare lo stato di salute dei soggetti in questione. Al pari di altre alterazioni genetiche, anche l’EB non ha un rimedio definitivo. Pur privilegiando la terapia genetica, il trattamento, prevalentemente sintomatico si focalizza principalmente sulla medicazione della pelle e delle ferite. È quindi fondamentale conoscere nell’insieme i segni e i sintomi distintivi di questa affezione, considerando che, data la varietà delle sue forme peculiari, differenti saranno le manifestazioni cutanee e le compromissioni sistemiche. 2.1.2. La pelle. ”Tutti i tipi di Epidermolisi Bollosa sono caratterizzati dalla fragilità della pelle e da compromissione cutanea dovuta alla comparsa di ferite e vescicazioni“5. Le ferite sono tagli o rotture nella continuità del tessuto, 5 Denyer J, Pillay E. Best Practice Guidelines For Skin And Wound Care In Epidermolysis Bullosa. London: Wounds International/Wounds UK, 2012. 15 derivanti da lesioni o interventi (Weller 2005): si dividono in acute e croniche.“Le prime impiegano più di sei settimane per sanare, mentre le seconde scaturiscono dalla stagnazione nella fossa infiammatoria della ferita in via di guarigione”6. Nella EB un minimo trauma cutaneo da attrito o slittamento provoca bolle che a loro volta diventano ferite, presenti ovunque sul corpo, tendenzialmente nelle aree soggette a traumi reiterabili, quali le mani i piedi e le prominenze ossee. Le vesciche, comuni anche a livello subungueale, portano alla separazione completa o parziale della lamina dell’unghia; “dopo uno o due episodi l’unghia di norma ricresce, ma la perdita reiterata di esse condurrà dapprima alla distrofia ungueale, quindi alla perdita definitiva“7. La presenza di ferite multiple di varia durata e la ridotta capacità di guarire rendono la cura dell’EB difficoltosa e complessa; solo se si agisce adeguatamente molti siti bollosi acuti si cicatrizzeranno, anche se non si otterrà la guarigione totale. Nell’approccio all’EB è opportuno, in linea di massima, manipolare i pazienti con cura e delicatezza, evitando frizioni o prodotti adesivi che danneggerebbero la cute; è altresì necessario pungere e drenare le bolle per evitare che si estendano attraverso gli strati di pelle non adeguatamente legati. Molteplici sono i fattori che compromettono il processo rigenerativo della cute: malnutrizione, anemia, infezioni della lesione, ipergranulazione e prurito rientrano nelle complicazioni più frequenti che affliggono i pazienti in questione. Per garantire uno stato di salute alquanto compatibile con la vita, va perseguito innanzitutto l’obiettivo di “creare un ambiente curativo ottimale 6 Abercromble E., Mather C., Hon J., Graham-King P., Pillay E. Recessive dystrophic epidermolysis bullosa. Part 2: care of the adult patient. British Journal of Nursing 2008; 17 no 6: S12-S14. 7 Atherton JD, Denyer J. EPIDERMOLYS BULLOSA: An outiline for professionals Australia: Debra Australia 2006. 16 le cui parole chiave siano assistenza sana e protezione da ulteriori traumi”8. 2.1.3. La dermatite pruriginosa. “La dermatite pruriginosa, nota come prurito può essere una sensazione molto affliggente per ogni persona affetta da disturbi cutanei; sovente è associata con la depressione e l’insonnia “9. La dermatite pruriginosa è un disturbo comune agli EB, che ne compromette sensibilmente la qualità di vita. Non è ben noto il meccanismo scatenante: si presuppone che l’anormale e persistente infiammazione della pelle accompagnata dall’ uso sistemico di oppioidi (istamino - liberatori) siano alcuni dei fattori responsabili del fastidioso sintomo. Questo è verosimilmente uno dei fattori più preoccupanti dell’affezione, essendo quasi impossibile tenerlo sotto controllo. Il prurito, che si traduce in un irrefrenabile desiderio di grattarsi, provoca aumento di vescicazione cutanea da trauma della pelle, che a sua volta esaspera l’irritazione. Lo sfregamento quasi convulsivo e incontrollabile determina la rottura di bolle con perdita di essudato e sangue, odore forte e macchie visibili sugli indumenti e sui bendaggi. Si tratta di eventi spiacevoli che limitano ulteriormente le più semplici azioni quotidiane e le interrelazioni sociali degli affetti da EB. 2.1.4. Le contratture e le cicatrizzazioni. La maggior parte delle ferite presenti sulla pelle dei colpiti da Epidermolisi Bollosa guariscono mediante cicatrizzazione atrofica che provoca contratture a mani e piedi. La frequenza di tali processi suscita la perdita funzionale delle dita “poiché mani e piedi appaiono come imbozzolati nel 8 Ibidem p. 16. 9 Ibidem p.6. 17 tessuto cicatriziale, fenomeno noto come deformità del mezzo guanto o pseudosindattilia.”10 In questi casi l’invalidità è conclamata, e diventa quasi impossibile svolgere le più semplici azioni quotidiane. Camminare, afferrare un oggetto, scrivere, abbottonare una camicia, aprire una serratura si trasformano in ardue sfide personali per pazienti non più autonomi, costretti a richiedere costantemente aiuto. Le contratture della mano sono una conseguenza che, seppur ritardabile mediante una corretta gestione, non sono evitabili nel decorso della patologia e si risolvono esclusivamente nel trattamento chirurgico. Poiché si riformano con il passare del tempo è necessario ripetere l’intervento, sottoponendo quindi il soggetto a procedure pre - operatorie ed anestetiche comunque e sempre rischiose. Data la delicatezza dei casi in questione, queste attività peculiari di ogni intervento chirurgico, diventano una vera e propria impresa, giacché si potrebbe incorrere in danneggiamenti e di natura cutanea e scaturiti dagli strumenti anestetici utilizzati. 2.1.5. Il tratto gastrointestinale. Da un punto di vista clinico, è interessante sapere che le cicatrizzazioni interessano il rivestimento cellulare della bocca ed il tratto gastrointestinale; spesso insorgono nella zona orofaringea, determinando purtroppo nei casi acuti l’ostruzione delle vie respiratorie superiori. La compromissione gastrointestinale, visibile nelle JEB e DEB, conduce nella maggior parte dei casi alla riduzione dell’apporto nutritivo, alla stenosi esofagea, alla disfagia ed al reflusso gastroesofageo. A partire dalla bocca la microstomia, dovuta alle cicatrizzazioni ed alla fragilità della mucosa orale, provoca una scarsa igiene dentale, a cui solitamente segue la perdita della dentatura. La mancanza dei denti rende 10 Pillay E. Epidermolysis bullosa. Part 1: causes, presentation and complications. British Journal of Nursing 2008; 17no 5: 294. 18 difficile la masticazione, d’altronde le dentiere sono controindicate poiché arrecano danni alle deboli gengive. La malnutrizione, spesso frequente, è il risultato diretto di infiammazioni e di ferite multiple aperte che, sanguinando, provocano la perdita di essudato e quindi di sostanze nutrizionali preziose. Lo scarso apporto è determinato dalla vescicazione, dal dolore che i pazienti accusano a livello orale, dalla bollosità e dal restringimento esofageo. Questo è trattato con dilatazione tramite stent esofageo sotto raggi X, operazione necessaria in taluni casi, ripetuta con regolarità. Si interviene inoltre consigliando una dieta leggera e liquida rafforzata dalla nutrizione supplementare attraverso gastrostomia, presidio invasivo che richiede cure e pulizia costanti. La malnutrizione e lo scarso apporto alimentare rendono difficoltoso il normale transito intestinale e l’ evacuazione alternando fenomeni di stipsi, dovuti anche alla vescicazione dell’anello anale, ad episodi diarroici. 2.1.6. Il dolore. Il dolore, considerato come V parametro vitale, è il sintomo tipico accusato dai pazienti EB a prescindere dal sottotipo. La frequenza e l’acutezza del dolore è proporzionale alla gravità dell’affezione; “più del 50% dei pazienti affetti da RDEB avvertono quotidianamente, su scala numerica da 0 a 10, dolore pari o superiore a 5.“11 Mentre la causa del dolore è multifattoriale, la pelle e le lesioni associate dell’EB sono la ragione principale del disagio. Questo si manifesta a riposo per la pressione esercitata sulle vesciche e sulla cute scoperta, per infezione secondaria, per slittamento dei bendaggi dovuto a movimenti fisici, ed è esacerbato naturalmente dal trattamento apportato durante i cambi della fasciatura o il bagno. 11 Ibidem p.6. 19 Il controllo e la gestione del dolore sono priorità anche infermieristiche espresse nell’art. 34 del Codice Deontologico: «L’infermiere si attiva per prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari». In questi particolari casi, per affrontare un approccio terapeutico opportuno, bisogna registrare i livelli di dolore prima durante e dopo le pratiche infermieristiche quali i cambi delle fasciature, il bagno ed altri interventi afflittivi. Al dolore prettamente fisico, risolvibile con somministrazione di analgesici anche ad azione topica, si associa il malessere psicologico e mentale stimolato dalla consapevolezza e dall’ansia di “dover sentire dolore” nella effettuazione di svariate pratiche giornaliere. Particolarmente utile è la vicinanza affettiva ai pazienti; distrarli attraverso la musica o semplici discorsi, durante le lunghe medicazioni, apporta giovamento e serenità allontanando, nei limiti del possibile, una sensazione reale ed effettiva che compromette gravemente la vita degli EB. 2.2. Vivere con l’EB. L’assistenza all’EB deve necessariamente far parte di un quadro olistico nel quale il supporto fisico e funzionale, promosso da équipe multidisciplinari competenti adeguatamente formate, è accompagnato da una ben più sottile e silente forma di sostegno; quello psicologico ed umano. Ogni figura operante con soggetti EB deve essere pienamente consapevole dei disagi vissuti quotidianamente dai malati e dai loro familiari, deve avvertire il bisogno inconscio di sicurezza e vicinanza, il desiderio di amicizia e rispetto, la paura e l’angoscia di sentirsi diversi. Affinché la terapia risulti efficace, si richiedono non solo accortezze scientifiche e mediche, ma anche attenzioni semplici e banali, il più delle 20 volte trascurate o addirittura dimenticate. Un sorriso, uno sguardo dolce, una carezza sulla fragile cute certamente gioverà loro, e sul piano fisico e, soprattutto, sul piano morale. Chi soffre di questa malattia è il primo amico/nemico di se stesso e, fin dalla nascita, alterna stati d’animo contrastanti e preoccupanti. Dall’innocenza, tipica dell’infanzia si arriva con il trascorrere degli anni alla consapevolezza della propria condizione invalidante. Quindi nell’età adulta predominano sentimenti di accettazione, apertura mentale, desiderio di ”combattere“, o di totale rifiuto e riluttanza, il che conduce a quella chiusura che anticipa la depressione. Per evitare quest’ultima evenienza è doveroso che gli operatori si approccino in maniera corretta e positiva ai parenti ed ai pazienti EB, che avranno contatti ripetuti e costanti con l’ambiente e le strutture sanitarie. Tutti, a partire dagli infermieri (primo contatto all’ingresso di ogni ospedale), devono sapere come intervenire per non irritarne la comprensibile suscettibilità, devono essere preparati a quadri clinici forti e turbanti, a richieste precise e petulanti, ai rimproveri e alle lamentele di chi conosce, teme e vive con una pelle che non può essere definita tale. 2.2.1. Il concetto di trauma. Solitamente per trauma fisico si intende, a prescindere dalla gravità, un evento esterno, un incidente che interrompe bruscamente il normale corso dell’esistenza di un individuo. Si può ripristinare mediante interventi psicologici mirati a chiarire il fatto, di modo che il singolo si riadatti ad una nuova realtà. Questo molto difficilmente avviene nel paziente affetto da EB. La Dottoressa Kate Moss, psicoterapeuta operante al St Thomas’ Hospital di Londra, afferma che “l’ Epidermolisi Bollosa è essa stessa il trauma, nel senso più fisico della parola, in quanto la fragilità della pelle è responsabile al minimo contatto di danno perfino spontaneo. Si tratta per di più di un trauma presente già dalla nascita, anzi addirittura ancor prima, all’atto del 21 concepimento. È un trauma neurobiologico che agisce dal di dentro, latente nel DNA, per il quale non c’è terapia, e che si conclude con la morte ”12. Comunemente i pazienti affetti dalle più gravi forme di EB manifestano, in risposta ad un evento così devastante, due meccanismi difensivi: la dissociazione e la rottura. L’essere additati come “diversi“ si traduce in una continua violenza psicologica che annulla i vincoli fra l’io e l’altro, privando l’individuo dell’umanità e della dignità che gli sono assolutamente dovute. La rassegnazione alla diversità fa sì che i pazienti, se non opportunamente stimolati da un ambiente sociale e familiare aperto, si estraneino dal vivere comune, mantenendo solo i contatti necessari alla loro sopravivenza, e vivendo così un’esistenza passiva, priva di stimoli. È indubbio che l’ambiente giochi un ruolo fondamentale nell’integrazione sociale e nel superamento quotidiano dei vari traumi che sperimenteranno; all’impegno dei familiari si affianca l’intervento di psicologi, fisioterapisti e infermieri pronti a supportare l’individuo in ogni fase della vita, dall’inserimento scolastico a quello lavorativo, tenendo sempre presenti i limiti che purtroppo l’EB impone. 2.2.2. La funzione psicologica della pelle nelle relazioni interpersonali “…The primacy of the infant’s first perceptions of reality through the skin… The messages he receives through that organ must be security-giving, assuring and pleasurable if the infant is to thrive” (Montagu 1986). La funzione primaria della pelle consiste nel fare da barriera, proteggendo l’uomo dalle insidie e dagli insulti ambientali: verità che collassa nei pazienti EB costretti, per via delle invalidità, a limiti fisiologici e 12 Moss K. Contact at the borderline: psychoanalytic psychotherapy with EB patients. British Journal of Nursing 2008; 17 no 7: 449. 22 interpersonali. I malati EB, come sottolinea la Dottoressa Kate Moss nel suo articolo “Contatto al limite“, tendono a dominare psicologicamente la pelle dei sani, familiari, operatori socio sanitari ecc., con i quali entrano in stretto contatto. In terapia, spesso il paziente tratterà il terapista (medico, infermiere, psicologo, fisioterapista) alla stregua di un oggetto, secondo la così detta proiezione dei processi interpersonali: è “l’identificazione proiettiva, cioè l’azione del collocare su, o addirittura trasferire in un'altra persona il se stesso ripudiato; è un modo certamente tragico di comunicare”13. Si tratta di un atteggiamento inconscio, comune a tutti noi nei momenti di ansia, di rabbia, di angoscia, che diventa purtroppo evidente nelle persone con pelle fragile le quali, non disponendo di altre armi fisiche, reagiscono, quasi senza rendersene conto, sfruttando questo meccanismo. Una metafora utile per comprendere quanto detto e per agevolare un approccio costruttivo ai soggetti citati, così recita: “la pelle è un recipiente. Nel caso dell’EB la pelle - contenitore ha fallito”. Pazienti, che si sentono deprivati della protezione di cui la maggior parte degli individui sani gode, indossano una corazza che dovrebbe proteggerli, ma che di fatto li aliena da chi deve e vuole prendersene cura. Tutto ciò compromette la vita familiare e sociale, creando ostilità, conflittualità ed umori contrastanti, in primis all’ interno delle mura domestiche, fra moglie e marito, fra fratelli e sorelle se presenti, fra parenti vicini e lontani. La nascita di un figlio EB è un’esperienza devastante per i genitori che si sentono in colpa per aver generato un essere così tragicamente diverso, destinato a vivere soffrendo. Fin dalla nascita il rapporto simbiotico fra madre e figlio è fortemente minato dalla separazione a cui i due sono obbligati: la mancanza di carezze, di abbracci, di tenerezze nel periodo immediatamente successivo al parto provoca gravi conseguenze fisiche e comportamentali. 13 Ibidem p.22. 23 Non è semplice per una mamma pensare che la carezza più amorevole provochi addirittura gravi lesioni sulla cute del piccolo, che un bacio o un semplice pizzicotto gli causi dolore; è inimmaginabile lo sforzo cui una donna deve sottoporsi per accettare e per prendersi cura di un figlio, perenne emblema di senso di colpa e disperazione. Spesso il bambino approfitta di questa situazione, ancor più se, clinicamente impossibilitato a vivere una vita autonoma, si renderà conto di dover sempre dipendere, fisicamente e finanziariamente, dai genitori, dalla famiglia o dallo stato. Nonostante la volontà e la carica emotiva di queste mamme pronte a lottare per il bene del figlio, sono necessarie figure ausiliarie in grado di incentivare e aiutare l’intera famiglia, non soltanto da un punto di vista psicologico. 2.2.3. L’ immagine di sé. Per comprendere l’immagine che i pazienti EB hanno di se stessi è opportuno tenere presente che le forme gravi portano a deformità drastiche: corpo rachitico, pelle sanguinante, vescicante, maleodorante, a livelli elevati di disabilità, a ritardo o arresto definitivo dello sviluppo. Data la negatività di tali aspetti, è semplice immaginare quanto sia complicato convivere con un fisico così deturpato e così antiestetico, soprattutto in una società che enfatizza Fig.2 l’apparenza esteriore, la bellezza fisica, più di qualsiasi altra caratteristica. Questo certo non aiuta chi si deve presentare tutti i giorni con un corpo difficile da accettare e da amare. Nel tentativo di chiarire come si percepisca un malato di EB, un paziente ha paragonato la propria figura a un quadro del pittore simbolista francese Odilon Redon intitolato l’ Uomo Cactus del 1881 (Fig.2), dicendo: L’uomo cactus di Odilon Redon, 1881 24 «Sembra triste ed orribile; deve sentirsi ripugnante e respinto»14. Colpisce lo sguardo impedito, murato di chi, esasperato, ci viene incontro, ma non è accolto. Analoga sensazione riferisce un altro EB, confessando di essere stato soprannominato dai suoi familiari “fico d’india“, frutto costellato di aculei che allontanano il tatto. La necessità di migliorare questi sentimenti di rifiuto, si traduce nella ricerca di pratiche costruttive utili per accrescere i bassi e comprensibili livelli di autostima. Solo chi accetta le deformità, maturando mano a mano, per lo più in età adulta la propria condizione, accoglierà positivamente le terapie, i bendaggi, le medicazioni, aprendosi così al mondo anche in termini d’integrazione lavorativa e sociale. 2.2.4. Analisi fenomenologica interpretativa. Importante, per capire l’impatto psicologico delle ferite croniche presenti nei pazienti EB, è il lavoro condotto da T. Adni, K. Martin, E, Mudge nell’articolo “The psychosocial impact of chronic wounds on patients with severe epidermolysis bullosa”. Il metodo utilizzato è l’ IPA – analisi fenomenologica interpretativa, che pone l’accento sull’esperienza vissuta dal singolo individuo e si sofferma sul significato che ha per costui la condizione personale. La fonte primaria dei dati sono interviste, che si ispirano alla convinzione di Parahoo, secondo il quale “solo chi ha vissuto il fenomeno, può raccontarlo al mondo esterno in termini di verità “15. Per mezzo di questa metodologia i partecipanti hanno esternato liberamente la loro esperienza, fatta di pensieri, di sentimenti e di approccio alla loro condizione. Lo studio è stato condotto su 20 pazienti con diagnosi di DEB e JEB, i quali, debitamente informati hanno acconsentito. I soggetti coinvolti hanno un età compresa tra i 24 e i 47 anni; sono di nazionalità inglese; e hanno impieghi e stili di vita completamente diversi. 14 Ibidem p.22. 15 Adni T, Martin k, Mudge E. The psychosocial impact of chronic wounds on patients with severe epidermolysis bullosa. Journal of wound care November 2012; 21 no 11:532. 25 Sei gli argomenti condivisi dai partecipanti: la combattività, il dolore, le percezioni, l’impatto emotivo, l’impatto sociale e la rete di sostegno. Tab. 2. Fonte: T. Adni, K. Martin, E. Mudge. The psychosocial impact of chronic wounds on patients with severe epidermolysis bullosa. Journal of wound care November 2012; 21 No 11: 532. Le discussioni affrontate hanno palesato svariati ed interessanti aspetti. Quanto al primo tema, la combattività, e quindi le strategie da adottare al cospetto delle ferite croniche, i partecipanti hanno individuato due sotto argomenti: gli atteggiamenti, quindi le modalità adottate per gestire le proprie lesioni, e le azioni intese come atti fisici compiuti. È prevalso il tentativo di condurre una vita pressoché normale, malgrado le difficoltà. Dalle azioni si desume che tutti i pazienti, meno che uno, hanno adottato abbigliamento e indumenti comodi, larghi per coprire e gestire al meglio le ferite. 26 Il dolore, secondo tema, è stato uno degli argomenti cruciali, essendo questa una realtà che i soggetti vivono e raccontano con frequenza. Si percepiscono il desiderio di fronteggiarlo, l’impatto limitante sulla loro vita, gli adattamenti necessari per socializzare e compiere le attività quotidiane. È inoltre tristemente emersa la conseguenza del dolore sulla vita degli altri evidenziando come per “la frustrazione dovuta alla presenza del dolore, il loro comportamento si modificasse al cospetto dei membri della famiglia”16. Proseguendo nella sfera delle percezioni, due sono i sotto argomenti emersi: la percezione degli altri e la percezione di sé. Molti pazienti si sono dichiarati convinti che gli altri li avrebbero giudicati negativamente dinnanzi a ferite che provocano a volte cattivo odore ed essudato, fenomeni che fanno erroneamente pensare ad una mancanza di pulizia ed a trascuratezza. Nella percezione di sé, acuta era nei partecipanti la sensazione che gli altri li percepissero come un peso. Dalla trattazione del quarto argomento si sono evidenziati altri quattro imprescindibili aspetti: la depressione, messa in discussione soprattutto quando le ferite sono estese; la perdita di controllo, strettamente correlata alla depressione ed alla frustrazione indotta dall’essudato, dalle infezioni, dal collasso inevitabile della cute; l’imbarazzo, comprensibile per i molteplici problemi precedentemente menzionati. Nell’impatto sociale, quinta tematica, si è discusso dell’interruzione della vita sociale, delle amicizie e delle occupazioni lavorative. Infatti le caratteristiche fisiche della patologia compromettono l’esistenza comune, che però non deve essere considerata impossibile. Molti pazienti EB hanno dichiarato di avere un impiego, pochi ma buoni amici, una vita sociale limitata ma accettabile. 16 Ibidem p.25. 27 L’ultimo punto sviluppato, quello sulla rete di sostegno, si è focalizzato sulla competenza di operatori sanitari professionisti, infermieri, medici di famiglia, e sul coinvolgimento emotivo di quanti curano le ferite. I professionisti sanitari, in questo caso medici e infermieri, sono stati divisi in appartenenti e non appartenenti alla rete di sostegno; naturalmente nei confronti del professionista non inserito e quindi non competente in materia, si è espresso sfiducia. Nel mondo dell’EB deve esserci una connessione fra operatori sanitari e malati, dato che gli uni e gli altri sono esperti in determinate cose, come si evince da quel che dice un paziente dell’infermiera: «a proposito di unguenti e creme senza dubbio lei li conosce meglio, ma, quanto a fasciature, io probabilmente ne so di più, perché le utilizzo ogni giorno»17. Circa gli operatori che si occupano delle ferite, i discorsi si sono differenziati a seconda che si disponesse di infermieri qualificati o si fosse curati dalla famiglia. In entrambi i casi sono emersi aspetti positivi e negativi riassumibili nella seguente deduzione: il lavoro di un’operatrice preparata e scrupolosa può evitare ai parenti il difficile compito delle medicazioni, contribuendo così all’indipendenza del paziente, che farà a meno con piacere dei consanguinei, risparmiando loro un triste e antipatico impegno. 17 Ibidem p. 25. 28 CAPITOLO 3 ANALISI DEI PROTOCOLLI E DELLA GESTIONE INFERMIERISTICA INTERNAZIONALE DELLE LESIONI NEI PAZIENTI AFFETTI DA EB 3.1. Raccomandazioni per la cura delle ferite. Diversamente dalla maggior parte dei pazienti con ferite, i soggetti affetti da Epidermolisi Bollosa e gli assistiti coinvolti nella loro cura, hanno acquisito competenze specifiche in tecniche avanzate di medicazione, oltre che adeguata consapevolezza dei benefici ottenibili dai trattamenti topici. Gli infermieri specializzati nella gestione delle ferite e nel cambio dei bendaggi, interagiscono con gli interessati prima di prendere una qualsiasi decisione. È senza dubbio da evitare l’associazione di pazienti EB con operatori sordi a ciò che viene da loro riferito circa lo schema terapeutico da adottare. Nell’intraprendere la cura della ferita è fondamentale che l’operatore chiarisca con il paziente, già più che esperto della propria condizione, i limiti della sua responsabilità professionale. Le cause più frequenti delle ferite croniche nell’EB sono dovute alla necrosi, all’infezione da perdita della funzione protettiva della pelle con aree lese e prurito intenso, che conduce ad un grattamento distruttivo, all’attività cellulare squilibrata e alla presenza di essudato fortemente alcalino, vero e proprio agente della vulnerabilità. Gli orli delle ferite sono solitamente ipercheratosici, con presenza di essudato crostoso asciutto, tessuto devitalizzato che inibisce la migrazione della cellule epidermiche dai margini della ferita, aggravandone e rallentandone la guarigione. Altro aspetto da monitorare è la pressione esercitata, quindi l’attrito, in quanto contribuiscono a cronicizzare la ferita. La cura delle ferite EB si presenta come una sfida che si inasprisce se consideriamo le variabilità cliniche dei suoi tipi e sottotipi; ciascun paziente ha bisogno di trattamenti specifici ed individuali. 29 A seguito di un’attenta disamina della letteratura internazionale dedicata all’Epidermolisi Bollosa, si evince che per standardizzare e semplificare queste pratiche, un gruppo di esperti riunitsii ad Alton, Ontorio in Canada, hanno redatto una lista di 12 suggerimenti sulla cura della ferita in questi pazienti. “Grazie al metodo Delphi –sondaggio della condivisione - la lista è stata tradotta in un compendio completato da quindici esperti di diversa nazionalità, in seguito modificato in un elenco di raccomandazioni” 18. Sono quattro i temi principali: A, B, C, D. Suddivisi in 12 argomenti particolari, ad ognuno di questi, corrispondono raccomandazioni specifiche. Il tutto, riportato nella tabella 3 contenuta nello studio: “A Consensus Approach to Wound Care in Epidermolysis Bullosa“, è così riassumibile. In A, cioè la trattazione delle cause, i temi specifici affrontati interessano la valutazione della capacità di guarire, la definizione degli obiettivi specifici ed il programma terapeutico. Le raccomandazioni mirate a stabilire la possibilità di guarigione, si riferiscono alla compromissione del tipo di EB, considerando l’età del paziente, lo stato di nutrizione ed i livelli di emoglobina, importanti, insieme con quelli dell’albumina, e per il processo di guarigione delle ferite e per la definizione degli obiettivi terapeutici. In B, si descrivono i problemi del paziente: il sostegno e la gestione dell’individuo in quanto persona; il controllo del dolore dal punto di vista farmacologico e non; l’educazione e l’aiuto al paziente, ai genitori ed a quanti se ne prendono cura, perché siano più collaborativi. In C, si espone la cura delle ferite, distinta in sette momenti: la localizzazione, la pulizia delicata con soluzioni a bassa tossicità, 18 Ibidem p.6. 30 l’asportazione delle vesciche, la valutazione ed il trattamento della cute in caso di infiammazione anormale o infezione, la scelta della fasciatura topica a seconda del sottotipo, la valutazione del tasso previsto di guarigione, la constatazione della radicalità della ferita o la presenza di aree marginali atipiche (segno di carcinoma cellulare squamoso). In D, si tratta dell’ apparato organizzativo, cioè della struttura impegnata nell’assistenza sanitaria, costituita di infermieri/e specializzati e di clinici interprofessionali in grado di approcciarsi ai nuovi casi. Tab. 3. Main Themes A. Treat the cause B. Patient centered concerns Specific Themes 1. Assess the patient’s ability to heal 2. Develop individualized goals and plan of care 3. Address and support management of patient centered concerns to enable healing 4. Provide education and support to the patient/parent and their circle of care to increase treatment adherence Specific Recommendations ∙ Evaluate EB type specific involvement (simplex junctional, dystrophic, kindler syndrome) and co-morbidities. ∙ Consider age of the patient. ∙ Assess nutrition status: growth centiles, BMI. ∙ Monitor hemoglobin levels. ∙ Low hemoglobin consider: Fe supplementation, transfusion (s) ∙ Low albumin: protein supplements, feeding tube, etc. ∙ Address other specific sub-type involvement. Pain: ∙ World Health Organization pain ladder for nociceptive Pain. ∙ Neuropathic pain: consider tricyclics, gabapentin, Pregabulin. ∙ Local or topical approaches. Itch (only partly histamine mediated). ∙ Combine non-sedating H1 antihistamine in the morning with sedating preparations at night. Activities of Daily Living. ∙ Consider rehabilitation consult. ∙ Build confidence with patient and their circle of care individuals, to increase adherence. ∙ Develop interprofessional team. ∙ Explore the support from established EB centers. Consult: ∙ ebcare network ([email protected]. edu). ∙ debra foundations (www.debrainternational.org;http://www.debra.org/international) C. Local wound care 5. Assess wound locations and characteristics ∙ ∙ ∙ ∙ Location. Target wound or wounds. Longest length x widest width at right angles. MEASURE mnemonic. 31 6. Gently cleanse wounds with low toxicity solutions 7. Debridement 8. Assess and treat D. Provide organiza tional support 9. Select an appropriate dressing/topical therapy based on the subtype of EB 10. Evaluate the expected rate of healing or reassess wound goals of care 11. Edge effect: if a wound is stalled or the edge/other areas appear atypical, consider a skin biopsy to rule out squamous cell carcinoma or other complications prior to considering active therapeutic options 12. Consider a health care system support structure including specialized nurses, interprofessional clinics and a structured approach to new cases ∙ Saline, water or acetic acid (0.5% - 1.0) ∙ Consider baths, whirlpool +/- with salt, bleach, other Antimicrobials. ∙ Drain blisters with a sterile needle to prevent tracking BUT LEAVE ROOF ON BLISTER ∙ Consider non-traumatic conservative debridement of Slough. ∙ Superficial critical colonization (NERDS) & abnormal Inflammation. ∙ Deep/surrounding tissue infection (STONEES)/generalized inflammation. ∙ Autolytic debridement – alginates, hydrogels. ∙ Superficial critical colonization – silver, honey, PHMB. ∙ Moisture balance with silicone coatings to prevent trauma, pain. Reassess individuals not healing at the expected rate: ∙ Low hemoglobin. ∙ Low albumin. ∙ Infection. ∙ Systemic organ compromise. ∙ Determine if wound is healable but stalled. ∙ Consider advanced or active therapies. ∙ Skin grafts. ∙ Living skin equivalents (beware of potential HLA sensitization for future bone marrow transplant and other procedures). ∙ Biological agents. ∙ Each new case needs diagnosis and typing/subtyping ASAP. ∙ Develop health care system support for new patients (existing models). ∙ Individual patients need community virtual interprofessional team. ∙ http://www.internationalebforum.org Fonte: Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R, Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A Consensus Approach to Wound Care in EpidermolysisBullosa. An Expert Panel Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 6. 32 3.1.2. La valutazione delle ferite. Per mettere a punto un’ efficace programma terapeutico riferito alla ferita, vanno definite innanzitutto la superficie corporea compromessa e le relative lesioni. Queste, in base alla manifestazione cutanea, si classificano in vesciche intatte, vesciche aperte, erosioni, ulcere, ferite croniche essudative e non essudative. Pochi attualmente sono gli strumenti e i metodi validi per stabilire l’ampiezza e la compromissione della pelle; utile risulta l’utilizzo di fotocamere e di immagini che monitorano il decorso di lesioni problematiche. Questa tecnologia è integrata da un metodo obbiettivo, il MESAURE, paradigma adottato per la valutazione delle ferite croniche. Ad ogni lettera corrisponde una determinata azione: la M, mesaure (misura), indica le dimensioni in quanto lunghezza e larghezza massima; la E, exudate (essudato), sta per la quantità di essudato secreto (nulla, scarsa, moderata, sanguinoso, abbondante) purulento); la A, e relative caratteristiche appearance (aspetto), (sieroso, cioè la manifestazione, può essere necrotica (nero), fibrinosa (giallo deciso), crostosa (giallo tenue), o granulosa (rosa e sana, o rossa e friabile, vale a dire facilmente sanguinante); la S, suffering (dolore), valuta il dolore percepito; la U, undermining (compromissione), è la misura in cm della porzione lesa; la R, re-evaluate (rivalutare), è il riesame; la E, edge (estremità), controlla la cute che circoscrive la ferita (ipercheratosica, macerata, normale). Questo metodo, escluso l’undermining, che non si applica alle ferite non guaribili particolarmente problematiche degli EB, consente di formulare un programma terapeutico, visualizzando le risposte e le modificazione cutanee. L’adozione del tipo di cura della pelle considera inoltre la localizzazione della ferita, privilegiando medicazioni “comode” per non debilitare ulteriormente il soggetto. 33 3.1.3. La preparazione del letto della ferita. “La preparazione del letto della ferita (WBP) è un vademecum sulla valutazione, sulla diagnosi e sulla gestione delle ferite per un decorso che porta alla guarigione ottimale, nel quale sono inclusi il trattamento delle cause e le preoccupazioni del paziente in quanto persona “19. I fattori della cura locale della ferita, espressi nel DIME, vengono ampliamente discussi nel già citato studio ”A Consensus Approach to Wound Care in Epidermolysis Bullosa“. Nell’acronimo DIME, raffigurato nella tabella n. 4 , la D –debridement- è la pulizia; la I -infaction/inflammation- è l’ infiammazione cronica; la M – moisture balance- è l’equilibrio dell’umidità; la E –edge effect- è l’effetto marginale. Ad ogni lettera corrisponde un dato quadro clinico, correlato di osservazioni critiche, delle preoccupazioni del paziente, della cura locale delle ferite, della finalità del trattamento e delle opzioni terapeutiche circa i farmaci. La corretta considerazione di tutti questi aspetti assicura l’esecuzione di pratiche idonee a costruire un ”letto della ferita“ ottimale, sul quale l’intervento sia proficuo, consentendo l’applicazione di farmaci. D-DEBRIDEMENT La pulizia è il primo passo da compiere, con delicatezza e scrupolosità, nella cura delle ferite, tramite ”l’uso di una soluzione non citotossica, adattata alla temperatura corporea, p.es. quella salina, l’acqua o l’acido acetico (0.5-1.0%)“ 20 . Antisettici quali lo Iodio Povidone o di Dakin sono consigliati sulle ferite guaribili, da usare a breve termine. Questi agenti, impiegati nel trattamento di lesioni altamente essudative per ridurre la 19 Ibidem p.6. 20 Ibidem p.6. 34 morte cellulare e l’odore, risultano però limitatamente efficaci sulla cute degli EB, per via della sua fragilità e del dolore associato alle ferite aperte. Nel corso delle medicazioni i pazienti accusano dolore e fastidi in primis per la rimozione di fasciature non rivestite di silicone, che provocano ”collosità“. Per evitarla si imbibisce la pelle 5-10 minuti prima della rimozione del presidio o, in alternativa, si asportano le fasciature in vasca da bagno, riducendo sensibilmente il dolore ed il trauma associato alla forza di strappo da rimozione della fasciatura. ”Una soluzione acetica diluita (5% di aceto bianco diluito da 0,25% a 1,0%), che acidifica l’acqua e promuove la decrescita dei batteri, o una soluzione di candeggina (5-10 ml in 5l di acqua), che acidifica l’ambiente liberando acido ipocloroso e proteine anticoagulanti, riducono il trasporto batterico e sono particolarmente efficaci se somministrate con frequenza“21. I bagni salati (circa 90g di sale da tavola in 10l di acqua per ottenere soluzione allo 0,9%), dato l’effetto osmotico che attenua le sofferenze, sono molto praticati. Tanto il bagno, cui si ricorre quando gli EB collaborano e sono in grado di trattenersi nella vasca, quanto la doccia, mitigano il dolore, agevolando la rimozione della fasciatura ed il controllo dell’infezione grazie ad antimicrobici. Oltre a questi rimedi naturali, durante l’immersione in acqua validi sono i farmaci non profumati a base di zuppa d’avena colloidale, ad azione antipruritica, antimicrobica ed umidificante.”Si consiglia in proposito la gamma di prodotti Aveeno [Johnson an Johnson, Meiden head], e Dermol [Dermol Laboratories]“22. Terminata la detersione si rimuovono le vesciche, se presenti; per impedirne l’estensione vanno punte con prudenza preferibilmente ”con 21 Ibidem p.6. 22 Ibidem p.6. 35 ago sterile calibro 21“23, una misura inferiore produrrebbe un foro piccolo che si chiuderebbe con facilità, colmando il sito di nuovo materiale purulento. Le vesciche intatte vanno punte nel punto più basso per limitare il danneggiamento del tessuto: ”L’ago ipodermico deve penetrare nel tetto della vescica, parallelamente alla pelle, attraverso un foro di entrata ed uno di uscita, per il quale il fluido si espelle“24. Altre procedure consistono nella perforazione in più punti o nell’incisione tramite bisturi. In tutti i casi il liquido si dovrebbe drenare autonomamente; se ciò non avvenisse è d’aiuto un pezzo di garza soffice da adoperare spingendo appena, l’eccessiva pressione favorirebbe l’ulteriore ingrandimento della vescica, a danno dello svuotamento. Se si provoca dolore, è consigliabile collegare all’ago una siringa per aspirare il materiale. Al termine dell’intervento non bisogna mai rimuovere la pelle sovrastante, sorta di fasciatura naturale che favorisce la guarigione, attenuando la sofferenza e minimizzando il rischio dell’infezione esogena. Se sulla cute oltre alle bolle vi sono escare disidratate o tessuto morto soffice, il processo di guarigione è ancor più compromesso. L’escara è uno stimolo pro-infiammatorio, inibitore della riepitelizzazione, mentre il tessuto morto contribuisce alla proliferazione batterica. La pulizia assicura la ripresa rimuovendo le cellule senescenti ed i biofilm (comunità di microrganismi adesi ad una superficie), causa del processo infiammatorio. Negli EB, in contrasto con le procedure stabilite per altre ferite croniche, l’eliminazione dell’escara o del tessuto morto va eseguita con estrema delicatezza, privilegiando metodi non fisici (autolisi, gel acquosi, fasciature all’alginato di calcio). 23 Ibidem p.16. 24 Ibidem p.5. 36 I-INFLAMMATION/INFACTION È rilevante, per la preparazione del letto della ferita, quindi per la valutazione ed il trattamento, la presenza di colonizzazione batterica o di infiammazione. Il coinvolgimento dei batteri nella guarigione è strettamente connesso alla virulenza ed alla carica batterica. La contaminazione si riferisce alle cariche batteriche più piccole presenti sulla superficie della ferita; la colonizzazione interessa l’insediamento delle colonie batteriche nel tessuto, di solito senza interagire con la guarigione. La colonizzazione critica invece, si verifica quando la proliferazione batterica causa danno locale, al punto che la ferita si radica, ostacolando la guarigione. L’infezione è determinata dalla carica batterica totale definita in >10⁵ colonie per gram di tessuto (cioè 106 o più elevato)“25, dalla natura dei batteri invasori o dalla resistenza elevata dell’ ospite. “I sistemi mnemonici NERDSS e STONEES, che rappresentano i due livelli del danno batterico o dell’infezione, sono stati certificati per lo studio delle ferite croniche”26. Il NERDSS stabilisce la colonizzazione superficiale critica e il bisogno di un antibiotico batterico, sulla presenza di almeno tre dei seguenti sei criteri esposti: non guaribilità: la ferita non si ingrandisce né rimpicciolisce; essudato in aumento: risposta dell’ospite al danno nocivo; tessuto friabile rosso: iperproduzione dei vasi sanguigni, dovuta all’aumento del VEGF (Vascular Endothelial Grouth Factor), stimolato dai batteri; 25 Ibidem p.6. 26 Ibidem p.6. 37 detriti: tessuto necrotico sulla superficie, distinto dal tetto epidermico della vescica; odore: presenza di organismi gram negativi e anaerobi. Il sistema STONEES definisce l’infezione degli strati di pelle più profonda e circostanti, suggerendo l’ uso di terapie sistemiche nel caso in cui fossero presenti, anche in questo caso, almeno tre dei sette aspetti: aumento di dimensioni: presenza di batteri che distruggono il margine e/o la base della ferita; temperatura: termometro a raggi infrarossi per misurarne l’ aumento e quindi il cambiamento del tessuto circostante; os (che in latino significa osso): sondaggio alle ossa; nuove aree collassate: coinvolgimento satellitare intorno alla ferita; eritema o edema della pelle circostante: segni clinici dell’infiammazione cellulare; aumento dell’essudato: come in NERDSS; odore: come in NERDSS. Se le ultime due citate, sono ambedue presenti è necessario distinguere il danno batterico in superficiale, profondo, o l’uno e l’altro. L’individuazione di dall’infiammazione tre dei suddetti criteri differenzia l’infezione persistente, constatazione utile per una corretta medicazione. I tamponi cutanei si prescrivono solo per determinare la scelta dell’antibiotico quando si sospetta la presenza di organismi multiresistenti. La tecnica adottata è quella di Levine27: si pulisce in primis la ferita, avendo come obiettivo la determinazione della presenza di batteri nella 27 Ibidem p.6. 38 lesione, senza che si raccolga né l’essudato, né il tessuto necrotico giallo. Una volta individuata l’area dove intervenire, si ruota a 360° il tampone su una superficie di 1cm² nella parte più profonda dell’ulcera, esercitando una pressione tale da far fuoriuscire il fluido dai tessuti, da esaminare quanto prima possibile. Dagli studi di R. Gary Sibbald risulta che i batteri più caratteristici, isolati nelle ferite croniche degli EB, sono i gram-positivi: Staphylococcus areus e alcune specie di Streptococchi; i gram-negativi: Pseudomonas Pruriginosa e gli anaerobi. La carica batterica si riduce durante il bagno con soluzione di candeggina diluita o grazie all’effetto dell’aceto. Ulteriori benefici si ottengono per la applicazione di Crystacide, crema al perossido di idrogeno lipidostabilizzata. Se a diretto contatto con la ferita o spalmata sulla fasciatura che ricopre la lesione colonizzata, essa è ben tollerata dalla maggior parte degli EB. Gli antibiotici topici (Acido Fusidico e Mupirocina), si somministrano per brevi periodi di tempo, a rotazione da due a sei settimane, per scongiurare la resistenza batterica. Oltre ai presidi summenzionati, si dispone di un’ampia gamma di fasciature contenenti argento, (PolyHexaMethyleneBiguinide), miele, polimero con iodio azioni e il PHMB disinfettanti ed antisettiche, facilitante la decrescita batterica. L’utilizzo di fasciature antimicrobiche deve essere limitato e moderato, controllato ogni 2/4 settimane, ed interrotto nel caso in cui la colonizzazione critica sia stata corretta o non vi siano chiari effetti benefici. Nella gestione di ferite croniche criticamente colonizzate, suscettibili di guarigione, si sfrutta l’attività antimicrobica dell’argento. Perché questo ultimo esplichi le sue funzioni, va ionizzato in ambiente d’acqua o acquoso, e non è adatto a ferite conclamate o non guaribili. L’ argento non deve trovarsi in prossimità di farmaci a base di olio (p.es.: Petrolatum o 39 l’ Ossido di Zinco), dato che le loro molecole interferiscono sulla ionizzazione. Le fasciature rilasciano una quantità d’argento minima rispetto ai preparati a base di crema d’argento di Sulfadiazina. Il suo impiego è stato associato ad una particolare alterazione cutanea, l’argiria, cioè depositi di argento permanenti nel derma con impallidimento della cute. Anche le fasciature che liberano argento, provocano aspetti negativi da non sottovalutare nell’ EB, come la maculosità attorno alla ferita. Perciò bisogna ridurne l’uso, specialmente per le lesioni ampie o nei soggetti con un’area più estesa della ferita, rispetto al peso corporeo totale. Efficaci sono altri agenti antibatterici topici, come gli unguenti e le fasciature a base di miele. I benefici, sia pure per breve durata, accrescono il dolore locale e l’essudato, inoltre il miele, una volta diluito con il flusso della ferita, favorisce tanto il cattivo odore quanto la crescita batterica. M-MOISTURE BALANCE Un giusto livello di umidità è indispensabile per incrementare ”l’ azione dei fattori di crescita, le citochine, e la migrazione delle cellule quali fibroblasti e cheratinociti“28, ed è cruciale ai fini della preparazione del letto della ferita. Se è in eccesso, l’umidità macera la pelle, distruggendo la cheratina ed aumentando la proliferazione batterica. Se invece non è sufficiente, ostacola le attività cellulari promuovendo la formazione dell’escara, ritardando e peggiorando la guarigione. Perché l’ambiente sia ottimale, si ricorre a fasciature dotate di proprietà occlusive, semi-occlusive, assorbenti, idratanti ed emostatiche, in base al drenaggio del letto della ferita. 28 Ibidem p.6. 40 E-EDGE EFFECT Nell’osservazione clinica della ferita merita attenzione la struttura marginale; le ferite non guaribili hanno spesso un ”dirupo“ come margine al posto di una striatura dal contorno in graduale pendenza, spesso color porpora per via della nuova epitelizzazione. Se dopo la preparazione del letto della ferita (pulizia, bilanciamento batterico, equilibrio dell’ umidità), il margine della lesione non migliora, apparendo atipico, e la ferita si radica, si effettua una biopsia cutanea per scongiurare il carcinoma cellulare squamoso (SCC) o altre complicazioni. ”Il SCC è la maggior causa di morbilità e di mortalità nei pazienti EB, specie quelli con la EB Distrofica Recessiva“29. In caso di SCC più del 55% dei pazienti gravi muoiono entro i 40 anni. Poiché la cronicità delle ferite è normale in molti pazienti EB, l’infermiere o chi si occupa della medicazioni, deve immediatamente sospettare di siti,verosimilmente cancerogeni di vescicazione cronica. Qualsiasi ferita che si estenda con rapidità, la sofferenza accresciuta, i mutamenti d’aspetto della lesione, sono tutti eventi che necessitano di biopsia urgente. 29 Ibidem p.6. 41 Tab. 4. D I M E Debridement Inflammation/ Infection Moisture Balance Edge Effect Clinical presenta tion ∙ Wound bed covered with black eschar or loose necrotic slough. ∙ Exudate level may range from nil to high depending on wound bed dynamics. ∙Chronic inflammation. ∙Superficial increase in Bacterial Burden(NERDS)∙ Non-healing state or deterioration of wound condition. ∙ Exudate level.ꜛ ∙ Red wound bed, bleeds easily. ∙ Debris in wound ∙ Smell.ꜛ ∙ Deep compartment infection (STONEES). ∙ Size.ꜛ ∙ Temperature. ∙ Os(probes to or exposed bone). ∙ New areas of breakdown. ∙ Exudate, Erythema. Edema. ∙ Smell.ꜛ ∙ Wounds may present with varying levels of exudates from nil to copious and from serous and serosanquineous to viscous or purulent depending on etiology, concomitant factors such as edema, inflammation, infection, etc. and nature and degree of tissue damage. ∙ Epithelium fails to migrate across a firm and level granulation base. ∙ Epidermal edge may have a steep, cliff-like appearance or may be rolled under. ∙ Undermining maybe present. Critical Consider ations ∙ Assess healability ∙ Remove debris where appropriate to increase rate of healing ∙ Non-viable tissue may prolong the inflammatory process and provide a medium for bacterial growth ∙ Identify cause and cofactors. ∙ Bacterial damage can extend beyond the local wound bed. ∙ Extensive bacterial damage results in deeper and surrounding skin compartment infection that usually requires systemic antimicrobial treatment. ∙ Inflammation and infection inhibit collagen synthesis and epidermal migration and may lead to increased tissue damage. ∙ Infection prolongs inflammatory phase. ∙ Bacterial toxins in exudates may inhibit the wound repair process. ∙ Assess healability. A moist wound environment may be contraindicated in non-healable or maintenance wounds. ∙ Fluid exuded from a wound is not inert. It has specific biologic and chemical properties that can hasten or prolong healing time. ∙ A moist wound environment hastens the healing process and promotes growth of new tissue. ∙ Excess moisture in the wound bed can impair the healing process and damage surrounding skin leading to peri- ∙ Keratinocytes produce growth factors and play an important role in wound healing. ∙ Abnormal keratinocytes do not respond to wound healing signals. ∙ If a chronic wound is not 30% smaller at week 4, despite optimal local wound care it is unlikely to heal by week 12 and advanced therapies should be considered. 42 Patient centered concerns ∙ Manage trauma and pain ∙ Facilitate patient empowerment ∙ Address quality of life issues ∙ Manage trauma and pain. ∙ Facilitate patient empowerment. ∙ Address quality of life issues. Local wound care ∙ Assess wound history and physical characteristics ∙ Debride healable wounds ∙ Assess and treat for increased bacterial burden ∙ Differentiate healability; classify as healable, maintenance or non-healable. ∙ Determine if bacterial imbalance exists and if the increased bacterial burden is in the superficial compartment or a deep compartment infection, or both. ∙ Support natural cleansing mechanisms of the wound. ∙ Decrease bacterial load. ∙ Protect against further invasion of organism. Treatme nt goals ∙ Support effective debridement ∙ Minimize risk of infection ∙ Promote patient comfort ∙ Support natural cleansing mechanisms of wound ∙ Decrease bacterial load ∙ Protect against further invasion of organism wound maceration ∙ Promote optimum moisture balance. ∙ Manage trauma and pain including periwound maceration and potential for skin stripping. ∙ Address quality of life and facilitate patient empowerment. ∙ Select dressing appropriate to exudate level to promote optimal moisture balance. ∙ Evaluate need to fill cavity or dead space. ∙ Matched dressing characteristics to wound management requirements including fluid handling capacity, dressing change frequency and peri-wound skin health. ∙ Maintain optimal moisture balance. ∙ Protect the wound bed and support healing. ∙ Manage absorbed exudates and prevent contamination of external environment. ∙ Address quality of life and facilitate patient empowerment, adherence and co-adherence. ∙ Manage Trauma and Pain including peri-wound maceration and potential for skin stripping. ∙ Consider cellular products and other complementary therapies. ∙ Support the cellular products with appropriate wound dressing to optimize management element relative to DIME paradigm. ∙ Enhanced cellular migration. ∙ Stimulate healing process in chronic wounds that have stalled. ∙Restore cellular function. ∙Support favourable wound healing environment. ∙Protect periwound area. 43 Product and treatme nt options ∙ Surgical/Sharp debridement ∙ Autolytic debridement Hydrogel ∙ Hypergel ∙ Mechanical debridement ∙ Biological debridement - Maggot therapy ∙ Enzymatic debridement ∙ Non-healable and maintenance wounds. Topical Antiseptics ∙ Inflammation Hypertonic Saline ∙ Mesalt ∙ Superficial compartment bacterial imbalance. Antibacterial dressing ∙ Mepilex Ag, Mepilex Border, Melgisorb Ag ∙ Deep compartment infection. Systemic antimicrobial Therapy Antibacterial dressing ∙ Mepilex Ag, Mepilex Border, Melgisorb Ag ∙ Moderately to highly absorbent. ∙ Foam – Mepilex, Mepilex Border ∙ Alginates & Hydrofibers – Melgisorb ∙ Dry hypertonic – Mesalt ∙ Absorbent & Composite – Mesorb Alldress ∙ Low absorbent. ∙ Lite Foams – Mepilex Lite, Mepilex Border Lite ∙ Hydrocolloid ∙ Acrylic ∙ Nonabsorbent. ∙ Wound Contact Layers - Mepitel, Mepilex Transfer ∙ Transparent Film – Mepore Film ∙ Hydrating. ∙ Hydrogel – Normlgel ∙ Acellular preparations. ∙ Growth factors. ∙ Extracellular matrices. ∙ Matrix metallo proteinases. ∙ Cellular therapies. ∙ Grafting ∙ Autologous grafts. ∙ Epidermal, dermal & composite products. ∙Complementa ry therapies. ∙ Hyperbaric oxygen ∙ NPWT. ∙ Supporting products. ∙Refer to product listing under moisture balance. Fonte: Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R, Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A Consensus Approach to Wound Care in EpidermolysisBullosa. An Expert Panel Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 24. La preparazione del letto della ferita (WBP), operazione familiare a tutti i clinici che lavorano con pazienti viventi con lesioni, è approfondita anche nel ”Best Practice Guidelines for Skin and Wound Care in Epidermolysis Bullosa. “ Essa, cosiddetta TIME, si basa sull’eliminazione delle barriere che ostacolano la guarigione, in un ambiente il più possibile idoneo. Questi i suoi principi: T – tissue - tessuto: il letto della ferita non deve contenere materiale necrotico; 44 I – infection or inflammation- l’infezione o l’infiammazione: si controlla il carico batterico con terapie sistemiche o topiche. Gli stimoli infiammatori, provocati dal grattamento insistente da prurito recalcitrante, difficilmente si gestiscono efficacemente; M – moisture - l’umidità: valutazione dell’essudato eccessivo, così che il letto della ferita sia umido e preservi la pelle circostante; E – epithelial andvaneement- processo epiteliale: può essere inibito da attività cellulare anormale. Quanto a T, asportazione del tessuto necrotico, detta di ”contenimento“30, si distinguono quattro metodiche: autolitica, acuta, meccanica e terapia larvale. Nell’autolitica, gli enzimi proteolitici ed i macrofagi rimuovono, secondo un processo normale, le componenti necrotiche. Le fasciature più indicate sono: l’Hydrogel, da applicare su materiale necrotico essiccato; il miele in confezione medica, ideale per porzioni secche o tessuto morto soffice, infine l’Hydrofiber, le schiume e Allevyn, Gentle/Gentle Border su tessuto morto soffice. L’asportazione acuta, si effettua in sala operatoria; si tratta di una opzione non comune a tutti gli EB, in quanto la maggior parte delle ferite croniche sono particolarmente dolorose e sanguinano abbondantemente. L’asportazione meccanica avviene mediante tamponi (DebriSoft, Activia Healthcare –Ltd, an L+R company) o con semplice irrigazione e ripulitura del sito. La pelle e le ferite degli EB sono state trattate positivamente tramite bagni, in alcuni centri con piscina, dove la rimozione del materiale necrotico è avvenuta più facilmente. In taluni casi è necessaria, prima che si intervenga, l’analgesia. 30 Ibidem p.5. 45 Circa la terapia larvale, ”ha riscosso notevole successo nella rimozione del materiale necrotico, in particolare da quando si è potuto disporre di larve in confezione «sacchettino da té», piuttosto che in ordine sparso, questo ultimo comportando difficoltà di contenimento“31. Le larve, mantenute umide nell’apposito sacchetto, per ridurre il disgusto del paziente, si collocano nell’alveo della ferita. Questa metodica insolita, talvolta sgradita, non è conveniente a pazienti sottoposti a terapie anticoagulanti, ne a ferite con vasi sanguigni esposti o facilmente sanguinanti. Quanto a I, la fragilità cutanea porta a colonizzazione batterica in tutte le EB, specie nelle forme più gravi, a molteplici ferite di lunga durata, che privano l’organismo di difese primarie contro i microbi. L’aumento delle cellule necrotiche compromette la guaribilità; ne consegue che cruciale negli EB sono situazioni analoghe, così da adottare misure che prevengono l’infezione. Quanto a M, la gestione dell’essudato, causa la sua quantità e la sua viscosità, è difficile e complessa. La viscosità elevata si traduce in cattivo assorbimento della fasciatura, ed in accumulo al di sotto di essa, a danno del letto della ferita e della pelle circostante. ”L’ assorbimento è maggiore se si usa un liquido a bassa viscosità“32. Il controllo dell’essudato dipende anche dal fatto che il liquido in eccesso possa fuoriuscire dalla parte posteriore della fasciatura, che garantisce un tasso di trasmissione di vapore ad alta umidità (MVTR). Nella E, lo specialista, pur conoscendo le cause della cronicità, si può trovare al cospetto di ”letti della ferita“ apparentemente sani, pur se non rivestiti di epitelio. Allora, si devono considerare fattori iatrogeni, come il trauma indotto da fasciature, specie se aderenti o cambiate con frequenza inopportuna. I margini della ferita possono essere aggravati da calli e da ipercheratosi; l’essudato, che corrode la pelle intatta, diventa agente di 31 Ibidem p.5. 32 Ibidem p.5. 46 vulnerabilità e di mancata epitelizzazione. La macerazione della pelle attorno alla lesione è evidente nelle aree in cui l’essudato drena verso il basso; caratteristico il colore rosso fuoco dell’escoriazione e l’aumentata sofferenza dei pazienti. 3.1.4. Scelta dei trattamenti per le ferite croniche degli Eb Spetta all’ infermiere,professionista preparato e competente, la gestione corretta nelle lesioni cutanee negli EB: egli deve conoscere i presidi a disposizione, le relative peculiarità, i benefici che si possono trarre da una medicazione invece che da un’altra; egli inoltre deve saper scegliere il trattamento da praticare. La letteratura internazionale fornisce interessanti e risolutive nozioni, applicabili non solo alle ferite dei pazienti EB. Nel Regno Unito l’assistenza agli affetti da una così infelice patologia, legalmente approvata ed autorizzata, corroborata dalla richiesta specializzazione, mira a garantire loro una vita dignitosa, quanto più possibile serena. Poiché le medicazioni abbisognano di tempi lunghi e delicate manipolazioni, si deve essere in due ad intervenire, in ambiente opportunamente riscaldato dove le norme igieniche siano pienamente rispettate. La scelta della fasciatura dipende dalle condizioni della ferita, dal quadro clinico globalmente inteso. Ad ogni ferita corrisponde una determinata fasciatura: alle non-essudative scoperte si addicono le schiume al silicone soffice, i tamponi assorbenti, le fasciature lipidocolloidi; alle essudative sono di beneficio i presidi dinanzi citati, esclusi i tamponi assorbenti, sostituiti dalle idrofibre; per l’escara utili sono i gel acquosi e la cellulosa biosintetica; nelle infette o criticamente colonizzate si prediligono le schiume traumatiche, le idrofibre e gli alginati; per le lesioni dolorose si suggeriscono rivestimenti al silicone soffice (p.es. Safetac Technology), cellulosa sintetica, e Hydrogel a strati; 47 per la dermatite pruriginosa il rivestimento al silicone soffice e la cellulosa biosintetica si associano all’Hydrogel a strati; l’ipergranulazione è combattuta da presidi a base d’argento o altri antimicrobici; infine, a protezione delle ferite, si ricorre di norma a schiume al silicone soffice, tamponi assorbenti o fasciature lipidocolloidi. Ogni bendaggio, quali che ne siano le caratteristiche, è più funzionale se applicato correttamente su ferite, ognuna delle quali necessita di un trattamento specifico. La tab. n. 5 nelle ”A Consensus Approach to Care in Epidermolysis Bullosa“, indica le categorie delle fasciature, le proprietà e le raccomandazioni terapeutiche. Tab. 5. Type of Wound/ Indication Foams Primary dressing Secondary dressing Topical therapy ∙ Mepilex ∙ Contains silicone layer to make these non-adheren. ∙ Allow large amounts of fluid and wound drainage to be absorbed. ∙ Mepilex Lite ∙ Mepilex Border ∙ Mepilex Border Lite ∙ PolyMen (expert opinion from panel members) ∙ Generally made from hydrophilic polyurethane. ∙ Non-occlusive. Semipermeable surface allows exudates into the dressing and foam traps moisture. ∙ Provide padding and protection to wounds. ∙ Depending on the amount of exudates, can be left in place up to 7 days. ∙ Some require secondary dressing to hold in place. ∙Bordered dressing may sometimes be too sticky and should be used with 48 caution. Hydrogels ∙ Gels: ∙Duoderm ∙Intrasite ∙Sheets (Cool dressing): ∙Made out of insoluble polymers that expanded in water and hydrate wounds. ∙ For wounds with minimal or no exudates. ∙ Provide autolytic debridement. ∙ Due to hydrating capacity, these offer cooling effect and may aid in relief of pain, itch and discomfort. ∙Made of non-woven fibers derived from seaweed. ∙ Requires exudates. ∙ Turn into a non-sticky gel when in contact with wound drainage. ∙ Does not work on dry wounds or wounds with eschar. ∙ActiFoamCool ∙Intrasite Conformable Alginates ∙ Kaltostat. (calcium or calcium/sodium) ∙ Calcium alginate dressing release calcium ions that help stop bleeding. Hydrofibers Modified absorbent pads ∙ Acquacel ∙ Telfa ∙ Restore ∙ Mesorb ∙ Made out of sodium carboxymethyl-cellulose that when in contact with wound drainage becomes a gel and provides a moist environment. ∙ More absorbent that alginates. ∙ Consider in wounds with heavy drainage. ∙ Thin layer of absorbent cotton fibers that are enclosed in a sleeve of perforated polyethylene terephthalate and sealed along two edges. ∙ A plastic film prevents dressing from adhering to wound surface and 49 perforated surface allows passage of exudates into the pad. Contact layers ∙ Mepitel ∙ Mepitac ∙ Silflex ∙ Protective, inert material that allows non-traumatic removal (Mepitel scientific studies, other expert opinion). ∙ Adaptic touch ∙ Siltape Biosynthetic cellulose ∙ Suprasorb X ∙ Dressing consisting of cellulose, water and 0.0085% chlorhexidine gluconate (preservative) that has ability to both absorb and donate moisture. ∙ Also considered a cooling dressing, aids in pain reduction and adding moisture to wounds ∙ May also reduce itch. Lipidocolloid dressing ∙ Urgotul ∙ Restore (North American equivalent to Urgotul) ∙ Composed of an open weave polyester mesh impregnated with hydrocolloid polymers dispersed within petrolatum. ∙ For wounds with exudates. Also used for protection of vulnerable areas. ∙ When in contact with exudates, the hydrocolloid polymers are hydrated with exudate, the hydrocolloid polymers are hydrated and constitute with the petrolatum a lipidocolloid interface that provides a non-adherent surface. Fonte: Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R, Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A Consensus Approach to Wound Care in EpidermolysisBullosa. An Expert Panel Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 24. 50 Le schiume, vale a dire il Mepilex e il PolyMen, assicurano l’assorbimento dell’essudato e durano fino a 7 giorni. Il Mepilex, formato da uno strato di silicone per non aderire alla cute, si divide in ”Mepilex Lite, più sottile rispetto al classico e più adatto a superfici corporee curve e a indici di essudato bassi“33, Mepilex Border e Mepilex Border Lite. PolyMen, fatto di poliuretano idrofilo, ha proprietà non occlusive con superfici semipermeabili che mantengono l’essudato all’interno delle fasciature in un ambiente umido. Gel acquosi sono il Duoderm, l’Intrasite, l’Intrasite Conformable e lo ActiFoamCool, costituiti da polimeri insolubili che si espandono nella acqua e nelle ferite idratate, consentendo la pulizia autolitica; previsti per lesioni con essudato minimo o nullo, idratanti, assicurano freschezza, alleviando il dolore, il prurito ed il disagio. Alginati (calcio o calcio e sodio), cioè il Kaltostat, un insieme di fibre non tessute ricavate da alghe marine che diventa, a contatto con il drenaggio della ferita, un gel non colloso; non agisce sulle ferite secche o con escare, è emostatico -il calcio di algina libera ioni di calcio che bloccano il sanguinamento. L’Hydrofibers come l’Acquacel, è un bendaggio fornito di proprietà antimicrobiche; formato di Cellulosa CarboxyMethil al Sodio, applicato alle ferite drenanti, fa da gel, che promuovendo un ambiente umido, assorbe molto più degli alginati ed è utilizzato nelle ferite con essudato abbondante. I tamponi assorbenti modificati quali Telfa, Restore e Mesorb sono un sottile strato di cotone assorbente, racchiuso in un manicotto di tereftalato polietilene perforato e sigillato alle due estremità; una pellicola in plastica impedisce l’adesione della fasciatura alla superficie cutanea, e la sua parte perforata garantisce il passaggio dell’essudato nel tampone. 33 Ibidem p.16. 51 Si definiscono strati a contatto il Mepitel, il Mepitac il Silflex, l’Adaptic touch e il Siltape. ”Il Mepitel, uno dei primi bendaggi atraumatici prodotti, è fornito di rete poliamide, rivestita di morbido silicone, che resta in loco non aderendo alla ferita né alla pelle intorno ad essa“34. Può essere lasciato per 7 giorni, cambiato agevolmente senza causare sofferenza o traumi. La cellulosa biosintetica, cioè il Suprasorb X, fasciatura composta di cellulosa, di acqua e dello 0,085% di gluconato di clorexidina, capace di assorbire e distribuire umidità, è considerata rinfrescante e antipruritica. La fasciatura lipocolloide, l’Urgotul, è formata da un reticolo di poliestere, tessuto aperto imbevuto di polimeri idrocolloidi sparsi nel petrolato. A contatto con l’essudato, i polimeri idrocolloidi si idratano, componendo con il petrolato una interfaccia lipidocolloide che fornisce una superficie non-aderente. L’ Urgotul si rinnova ogni 2/3 giorni, tuttavia può essere lasciato in situ fino a 6/7 giorni in base alla quantità d’essudato prodotta. È inoltre largamente utilizzato come protettivo delle aree vulnerabili. Quale che sia lo stato dello EB, è sconsigliabile il bendaggio adesivo, peraltro efficace se si è in difficoltà con le aree di fasciatura e qualora si renda necessaria una medicazione di rinforzo, ad es. in caso di inserimento di catetere venoso. L’ Appeel (ClinicalMed, High Wycombe), un particolare prodotto farmacologico in forma di spray o salviette, consente la rimozione di presidi adesivi senza provocare danni cutanei. Utilizzato attorno al bordo della ferita, si rimuove dopo alcuni secondi,30 se la medicazione assolutamente è evitare impermeabile. di danneggiare Adoperato gli occhi; sul si viso, si deve prediligono le salviettine, o spray in scarsa quantità, spruzzato nel suo coperchio, che sgocciola nell’area interessata. Mather e Denyer (2007) lo consigliano perché asporta con rapidità e sicurezza qualsiasi adesivo(p.es. elettrodi, 34 Ibidem p.16. 52 cerotti per accessi venosi, sacche per stomie), ricollocabile immediatamente, dato che l’Appeel non richiede ulteriore pulizia, idrata la cute ed asciuga rapidamente. Se non è disponibile, è utile impregnare l’adesivo adeso alla cute, con un prodotto a base di olio al 50/50 (paraffina liquida e paraffina bianca soffice). Va ricordato infine il ”metodo di rimozione che consiste nel «riattorcigliamento in se stesso del prodotto» per contenere le forze di strappo esercitate“35. L’assicurazione del bendaggio richiede la massima oculatezza e la collaborazione del paziente, consapevole dei limiti di tolleranza della propria pelle. Ulteriori lesioni vanno scongiurate, per evitare lo spostamento delle medicazioni, che comporta perdita di essudato alla presenza di altri e senso di profondo disagio nel paziente. Il movimento dei bendaggi può provocare l’adesione delle ferite all’abbigliamento e alla biancheria da letto, evenienza dolorosa che non favorisce la guarigione. Efficaci sono i bendaggi tubulari e quelli a leggera ritenzione, perché evitano il tanto temuto slittamento delle medicazioni, e non traumatizzano ulteriormente la pelle. 3.1.5. I presidi per le ferite degli EB nei paesi sottosviluppati. Dove le possibilità finanziare sono molto scarse, e le attrezzature sanitarie particolarmente carenti, in mancanza di farmaci fin troppo costosi, gli operatori sanitari intraprendenti, in armonia con pazienti e relative famiglie, adottano una terapia alternativa, in un certo senso creativa. Infatti, come riferito nei trattamenti ”non ortodossi“, raccontati nelle ”Best Practice Guidelines for Skin and Wound Care in Epidermolysis Bullosa“, al posto delle fasciature del ”mondo del benessere“prevalgono: in caso di 35 Ibidem p.16. 53 ferite aperte a pelle intatta, la pellicola adesiva e trasparente per alimenti, comunque protettiva, e sotto la quale, se disponibile, andrebbe spalmato un unguento antisettico e antimicrobico; le cartine di sigarette, da cambiare ogni giorno, asportabili tramite irrigazione o bagno; il panno di cotone e garza per ferite aperte a pelle intatta, da cospargere con emolliente oleoso, da sostituire spesso per evitare l’aderenza; infine la carta igienica impregnata di grasso fuso, con rimozione quotidiana o liberazione in vasca. 3.1.6. Il miele: possibile alternativa farmacologica? Al miele, noto come curativo fin dai tempi degli antiche Egizi, prescritto dallo stesso Ippocrate, utilizzato in India per le ulcerazioni, con particolare riferimento ai lebbrosi, sono state riconosciute a partire dalla fine del secolo scorso proprietà risolutive dell’infezione delle ferite, oltre che la duplice capacità di controllare la carica batterica e di agire da deodorante. (Molan 1999). ”Secondo Molan and Betts (2004), il perossido di idrogeno liberatosi dall’ossidasi del glucosio e da altri fitochimici del nettare, svolge un ruolo anche antimicrobico“36; l’efficacia dura 2/3 giorni, e la medicazione va rinnovata a seconda dell’indice dell’ essudato. Soltanto il miele dell’albero Leptospermum (specialmente Manuka Bush), che si trova in Nuova Zelanda, opportunamente elaborato, può essere curativo delle ferite. Diversamente da quello comune, nel quale talune proprietà antibatteriche sono vanificate dal calore, esso è sterilizzato quindi scongiura il rischio di contaminazione da parte delle spore del Clostridium. L’infermiera specializzata Jenni Hon ha dedicato una relazione molto interessante all’ ”impiego del miele per curare la ferita cronica del paziente 36 Hon J. Using honey to heal a chronic wound in a patient with epidermolysis bullosa. British Journal of Nursig 2005; 14 no 19: 55. 54 EB“37. Pur se in laboratorio non si è potuto attestare la validità scientifica dei suoi effetti, al cospetto di ferite croniche, fallita qualsiasi altra terapia, il miele si è presentato come ”estremo rimedio“ e, di fatto, nel caso menzionato dalla relatrice, ha sortito un buon risultato. Protagonista è Andy: trentunenne, affetto da DEB recessiva, con ferita conclamata al ginocchio sinistro mai guarita malgrado l’utilizzo per ben ventidue anni di un’ampia gamma di medicamenti; in grado di curarsi da sé una volta diventato adulto, purtroppo, forse a seguito di antibiotici, è caduto in depressione. A questo punto la Hon gli ha proposto l’applicazione di Activon Tulle, prodotto a base di miele, regolarmente prescrivibile. Resasi conto che la acidità del miele provoca una sensazione dolorosa ed accresce l’essudato, ha deciso di applicare in un secondo momento sull’Activon Tulle la fasciatura Eclypse, ”morbida, ad elevato assorbimento, con supporto posteriore impermeabile“.38 Andy fin da principio ha avvertito sempre meno prurito, fastidio e perdita di essudato. In 15 settimane dall’inizio del trattamento la ferita è sanata completamente39. Si è trattato di una procedura non difficoltosa, ben tollerata dal paziente, la cui qualità di vita è sensibilmente migliorata. Senza dubbio l’ infermiere deve acquisire una eccellente preparazione tecnica. Questa data l’imprevedibilità dell’esistenza umana, non può essere risolutiva di tutte le situazioni assistenziali, ognuna legata al paziente in quanto singolo individuo. È necessaria non poca umiltà ed una notevole capacità intuitiva per percorrere nuove strade, consapevoli del rischio di fallimento che ciò comporta. 37 Iidem p. 52. 38 Ibidem p.52. 39 Allegato III. 55 È detto nel Talmud: «Abbiamo il compito di contribuire all’ opera ma non c’ è dato di portarla a termine». Tab. 6. Classificazione delle medicazione e loro gestione in base alle forme di EB. FORME DI EPIDERMOLISI GESTIONE • EB SIMPLEX • • • EB SIMPLEX DOWLING MEARA • • EB GIUNZIONALE • • TIPO DI FASCIATURA Prevenire l’ infezione, raffreddare i siti bollosi e proteggere la pelle. Evitare bendaggi sulle bolle: queste, surriscaldando incrementano la vescicabilità. In aree soggette a forte pressione indossare indumenti di seta, privi di cuciture. • Guarire le ferite escludendo l’utilizzo di fasciature protettive , causa di ulteriore danneggiamento. Applicare Paraffina bianca soffice e liquida in parti. Usare abbigliamento privo di cuciture. • Trattare le ferite croniche. Controllo delle suddette e della granulazione tissutale in eccesso. • • • • • • • • Mepitel, Adaptic Touch, Urgotul sullo strato a contatto con la ferita. Metile, Mepilex Lite, Mepilex Transfer come protezione. Intrasite Conformable, ActiFormCoal, Suprasorb X rinfrescano, riducendo il calore. Urgotul sullo strato a contatto con la ferita. PolyMen per ferite presenti sin dalla nascita. Aquacel a protezione dei bordi delle fasciature. Urgotul, Mepitel, Adaptic Touch sugli strati a contatto con la cute. PolyMen per ferite acute e croniche. Mepilex Lite e Mepilex Transfer per proteggere e assorbire. Cutimed e Silfetec in caso di essudato abbondante. 56 EB DISTROFICA • • • • Evitare la colonizzazione critica e l’ infezione. Proteggere da traumi, evitare le contratture e ridurre il prurito. Controllare la perdita di essudato Limitare l’ odore e il prurito. • • • • • • • Mepitel, Adaptic Touch, Silflex per ferite umide. Urgotul per ferite asciutte ed a protezione delle aree guarite e vulnerabili. Mepilex, Mepilex Lite, Mepilex Transfer per assorbire l’essudato leggero. Cutimed e Silfet in caso di livelli elevati di essudato. Sorbion, Sana/Sorbian, Sachet S, Flivasorb, Curea P1 quando all’ essudato abbondante si associa il sanguinamento. Allevin e UrgoCell per assorbire e proteggere. PolyMen per ferite croniche necessitanti di ripulitura. 57 CAPITOLO IV INDAGINE CONOSCITIVA SULLA CONOSCENZA E SULL’ ASSISTENZA AL PAZIENTE AFFETTO DA EPIDERMOLISI BOLLOSA 4.1. Scopo e finalità dello studio. L’obiettivo di questo studio, insolito nello scenario infermieristico italiano, consiste nel sondare il livello di conoscenza di una malattia rara: l’Epidermolisi Bollosa. Nonostante sia una patologia insolita, particolarmente complessa, che in Italia colpisce 1:82.000/100.000 nati, la sua gestione merita di essere approfondita ed arricchita di nozioni pratiche e non che, nel nostro Paese, a tuttora, sono purtroppo alquanto scarne. Chi soffre di EB vive, sin dalla più tenera età, una vita piena di difficoltà, che senza dubbio ne compromettono sensibilmente l’esistenza e le interrelazioni quotidiane: solo un’assistenza coscienziosa, fondata sull’empatia, ne migliora significativamente la qualità. Opportuno sottolineare che la «rarità», che non è né un limite né un ostacolo, deve anzi stimolare gli individui a conoscere, a studiare, ad essere sempre aggiornati, spronando gli operatori sanitari a conquistare orizzonti nuovi, di fatto sempre più concreti e reali. Misurarsi con scenari inediti, diversi, significa incrementare le competenze degli infermieri, mantenerne accesa la curiosità, conferire loro un ruolo da protagonisti. L’infermiere deve garantire la propria professionalità, agendo con serietà, calore ed umanità, ammettendo con umiltà i propri limiti, che non possono non manifestarsi ai primi approcci con i pazienti EB. La ricerca effettuata si propone di testare le conoscenze in materia, di accrescerle qualora siano scarse, di susseguirle nel caso siano assenti. Le procedure, affrontate con estrema delicatezza, renderebbero meno 58 traumatica la convalescenza e la cura della cute degli EB, inoltre potrebbero essere applicate con altrettanta efficacia in altri ambiti che esulano dalla malattia rara in questione. Manipolare con perizia la pelle di un soggetto affetto da Epidermolisi Bollosa, è indicativo di un modo di assistere estendibile ai tanti pazienti la cui cute, a prescindere dall’EB, è particolarmente fragile, soggetta a lesioni, tal volte croniche, che ne compromettono tragicamente lo stato di benessere fisico e l’equilibrio psico-fisico. 4.1.2. Materiali e metodi. Perché lo studio risultasse il più possibile esaustivo, si è focalizzata l’attenzione sulla ricerca bibliografica e sulla revisione della letteratura internazionale. Dal momento che, malgrado vi siano in Italia centri specializzati nell’EB, il materiale di pertinenza infermieristica risulta carente, non consentendo quindi di mettere a punto un’indagine completa e dettagliata. Indispensabili, sono stati i contatti, via Web, con infermieri operanti al St Thomas' Hospital di Londra, che non hanno esitato a condividere le proprie esperienze e ad inviare documenti, linee guida, protocolli, articoli, alcuni dei quali non reperibili tramite banche dati quali Cinhal, Pubmed e Ilisi. Si è ottenuta anche una valida collaborazione da parte di rappresentanti europei della DEBRA, al fine di rendere nota la tematica e di constatare il livello di conoscenza dell’EB nel mondo infermieristico. La metodologia scelta è stata quella dell’ indagine conoscitiva, ovvero l’acquisizione di nozioni, notizie e documenti. Si è quindi formulato un questionario, conciso e anonimo, costituito di sei items a risposta binaria, distribuito ad infermieri consenzienti e debitamente informati che i dati sarebbero stati utilizzati solo ai fini della ricerca, nel rispetto delle norme sulla privacy. A ciascun partecipante, è stato consegnato, indipendentemente dall’ esito delle risposte, un breve 59 “foglio illustrativo”40, contenente informazioni semplici inerenti i principali aspetti della patologia in questione. 4.1.3. Fasi dello studio ed elaborazione del progetto. La prima fase dello studio è consistita nella ricerca e nella consultazione di banche dati di settore infermieristico quali Pubmed e Chinal. Cinque le keywords utilizzate: clinical nurse specialist in EB, epidermolysis bullosa, wound care in epidermolysis bullosa, skin disorders, nursing in EB, esclusivamente inglesi, in quanto i termini italiani non hanno prodotto esiti soddisfacenti. La consultazione delle suddette banche dati ha fornito circa quaranta articoli scientifici, di cui solo venti profittevoli e interessanti da un punto di vista infermieristico. Nella seconda fase, al fine di reperire quanti più dati possibili, ci si è rivolti a clinical nurse specialist in EB, operanti all’estero. Tramite la DEBRA, si sono avuti nomi e indirizzi e-mail di professionisti nel settore. Nella terza fase, grazie al contatto con i sunnominati, si è potuto acquisire materiale di alto valore, oltre che inedito. Nella quarta fase, i documenti reperiti sono stati tradotti, analizzati ed elaborati. L’ultima fase, ovvero la formulazione del progetto, si è espressa nella conduzione di un’indagine conoscitiva, basata su sei items opportunamente strutturati in forma di questionario, da somministrare per sondare il livello di conoscenza degli infermieri campionati e per sensibilizzare i relativi operatori sanitari. Grazie alla collaborazione degli intervistati e ai risultati acquisiti, si è potuto procedere all’elaborazione del progetto conoscitivo ipotizzato nella prima fase della stesura dell’elaborato di tesi. 40 Allegato II. 60 4.1.4. Destinatari. Si sono somministrati 100 questionari, previa richiesta e approvazione dei Direttori Generali delle strutture prese in esame41: Azienda Ospedaliera S. Giovanni Addolorata di Roma e Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari. La scelta dei reparti per la compilazione dei questionari è stata indirizzata verso unità operative di primo accesso, nelle quali si presuppone che gli infermieri abbiano avuto approcci, durante le ore lavorative, con svariate tipologie di pazienti affetti da problematiche di diverso tipo. A Roma i reparti presi in esame sono stati il Pronto Soccorso e la Breve Osservazione del Dipartimento di Emergenza; a Bari il Pronto Soccorso e l’ Unità Operativa di Medicina Interna Universitaria. 4.1.5. Descrizione degli strumenti. Perché lo studio fosse quantitativo, si è ricorso al questionario, mezzo idoneo ad effettuare in poco tempo una statistica conoscitiva dell’argomento scelto. Per ottenere dati certi ed attendibili il questionario è stato compilato in forma anonima dal singolo soggetto, che si è ipotizzato rispondesse in modo spontaneo, rapido, veritiero, alle sei domande contemplate, brevi ed a risposta binaria (si/no). La finalità è stata quella di constatare il grado di conoscenza dell’Epidermolisi. Data la rarità dell’affezione, la risposta negativa, non indicativa di impreparazione né d’ incompetenza, potrebbe essere una notevole spinta ad aprire nuove alternative per lo scenario infermieristico italiano. A tal proposito ad ogni questionario compilato ha fatto seguito la consegna di un foglio denominato ”per saperne di più“, nel quale, con estrema semplicità, si è spiegata la patologia presa in esame. 41 Allegato IV e V. 61 4.2. Analisi dei risultati. I risultati della somministrazione dei questionari sono stati accuratamente analizzati, ed inseriti in una tabella da cui è stato estrapolato un grafico rappresentativo del grado di conoscenza. Queste le domande rivolte a quanti hanno contribuito alla ricerca: Ha mai sentito parlare di malattie rare? Ritiene che sia una tematica di interesse infermieristico? Conosce l’Epidermolisi Bollosa? Ha mai assistito (prestato soccorso) pazienti con questa patologia? Sapreste assistere pazienti con questa patologia? Reputa importante ricevere maggiori informazioni sull’assistenza a pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa? Alla prima e alla terza domanda, data la particolarità dell’argomento, si è aggiunta una definizione chiarificatrice. Così recitano le citazioni: per la prima ”Una malattia è considerata rara quando colpisce non più di 5 persone ogni 100.000 abitanti. Si parla di un fenomeno che colpisce milioni di persone in Italia e decine di milioni di persone in tutta Europa. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla fra 7000 e 8000 (ISS/CNMR)”; quanto alla terza “L’Epidermolisi Bollosa è un gruppo di malattie genetiche che provoca fragilità della pelle e, in alcuni casi, di altre membrane interne e organi. Vesciche, ferite aperte e piaghe si formano come conseguenza del minimo attrito, sfregamento o trauma (DEBRA International)”. 62 La somministrazione, avviata nel mese di Aprile del corrente anno, presso l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma e l’ Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari ha coinvolto in totale 100 infermieri così ripartiti: Pronto Soccorso 35 Breve Osservazione 25 Roma 60 Pronto Soccorso 25 Medicina Interna 15 Bari 40 Totale 100 63 Nello specifico, per quanto concerne i 60 infermieri dell’U.O. del Pronto Soccorso e della Breve Osservazione di Roma, i risultati sono stati i seguenti: • alla prima domanda: ha mai sentito parlare di malattie rare? 57 persone hanno risposto di si, 3 di no, così come espresso in percentuale al Grafico 1. Graf. 1. Domanda 1 SI NO 5% 95% 64 • alla seconda: ritiene che sia una tematica di interesse infermieristico? 51 persone hanno risposto di si, 9 di no (Graf.2). Graf.2. Domanda 2 SI NO 15% 85% • alla terza: conosce l’Epidermolisi Bollosa? 11persone hanno risposto di si, 49 di no (Graf.3). Graf. 3. Domanda 3 SI NO 18% 82% 65 • alla quarta: ha mai assistito(prestato soccorso) pazienti con questa patologia? Solo 2 persone hanno risposto di si, 58 di no (Graf. 4) Graf.4. Domanda 4 SI NO 3% 97% • alla quinta: sapreste assistere pazienti con questa patologia? 9 persone hanno risposto di si, 51 di no (Graf.5). Graf.5. Domanda 5 SI NO 15% 85% 66 • alla sesta: reputa importante ricevere maggiori informazioni sull’assistenza a paziente affetto da Epidermolisi Bollosa? 55 persone hanno risposto di si, 5 di no (Graf.6). Graf.6. Domanda 6 SI NO 8% 92% La maggior parte dei partecipanti si sono dichiarati consapevoli tanto della presenza di malattie rare, quanto dell’importanza che rivestono anche nell’ambito infermieristico. Di questi 11 hanno dichiarato di conoscere l’Epidermolisi Bollosa e solo 9 hanno affermato di saper assistere determinati pazienti. Nonostante la scarsa conoscenza della tematica, 55 operatori su 60 hanno mostrato pieno e reale interesse per l’argomento, esprimendo il desiderio di ricevere ulteriori informazioni. Queste sono state fornite grazie ad un foglietto illustrativo intitolato per saperne di più, distribuito alla consegna del questionario compilato, per non compromettere i risultati. Nel foglietto si descrivono in sintesi, l’affezione, le caratteristiche cliniche più frequenti, quindi l’eventualità di sfruttare per altre patologie non rare, le esperienze acquisite nel curare il paziente EB. 67 Per aumentare il campione in esame, ed espandere la ricerca fuori dal territorio laziale, si è pensato di unire e confrontare i dati raccolti della prima somministrazione con quegli ricavati da 40 infermieri operanti presso l’ Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Bari. Una volta somministrato il medesimo questionario, da svolgere secondo i criteri già riferiti si sono registrati i seguenti risultati e si è proceduto a rappresentarli graficamente. • Alla prima domanda, relativa alla conoscenza delle malattie rare:39 risposte positive, un sola negativa (Graf.1) Graf.1. Domanda 1 SI NO 3% 97% 68 • Alla seconda, cioè se si può ritenere di interesse infermieristico la tematica in oggetto:38 sì, 2 no (Graf.2) Graf.2. Domanda 2 SI NO 5% 95% • Alla terza, circa la reale conoscenza dell’Epidermolisi Bollosa: 11 positive, 29 negative (Graf.3). Graf.3. Domanda 3 SI NO 27% 73% 69 • Alla quarta, sull’eventuale assistenza prestata: 4 si, 36 no (Graf.4) Graf.4. Domanda 4 SI NO 10% 90% • Alla quinta, cioè se ci si sente in grado di fornire questa assistenza: 10 sono sì, 30 no (Graf.5). Graf.5 Domanda 5 SI NO 25% 75% 70 • All’ultima, riguardante l’auspicio di poter acquisire maggiori informazioni in proposito: 36 sì, 4 decisamente negative (Graf.6) Graf.6 Domanda 6 SI NO 10% 90% Anche in Puglia, pur con numero di partecipanti inferiori rispetto al Lazio, l’indagine ha fornito dati in buona sostanza interessanti. La maggioranza degli operatori, rispondendo affermativamente ai primi due quesiti, ha manifestato consapevolezza del fatto che l’argomento è di pertinenza infermieristica. Nonostante ciò quando si è sondata la conoscenza specifica dell’EB, i no (29) hanno prevalso nettamente sui sì (11); quasi assente, purtroppo, è apparsa la preparazione assistenziale, poiché, soltanto 4 su 40 hanno dichiarato la propria disponibilità in proposito. La scarsa consapevolezza, degli infermieri del Policlinico di Bari, si è trasformata come è accaduto a Roma, in curiosità, atteggiamento certo di fondamentale importanza anche nel mondo della sanità. In base ai dati 36 operatori su 40, si sono dichiarati a favore di una più ricca informazione su quest’approccio raro ed evidentemente sconosciuto ai più. 71 Conclusioni La preferenza motivata per una tematica così delicata, molto poco conosciuta, deriva dall’esigenza di rendere nota una patologia altamente invalidante e complessa, la cui gestione necessita di maggiori competenze. L’infermiere, figura di spicco, professionista in grado di decidere autonomamente, deve sempre essere opportunamente preparato ed aggiornato, pronto a prestare assistenza, indipendentemente dalla problematica che affligge il paziente. Le patologie rare riconosciute sono senza dubbio tante, è perciò normale che né il medico né l’infermiere sappiano di esse a sufficienza. L’elaborato ha inteso focalizzare l’interesse degli operatori sanitari su una tematica infermieristica quasi ignorata, rara ma reale, vale a dire presente effettivamente nella società e nella vita di ogni giorno. Giovano enormemente a questi pazienti una costante terapia medica, ed insieme un’assistenza appropriata, ambedue richiedenti dedizione, preparazione, procedure specifiche, indispensabili a migliorarne la prospettiva e la qualità di vita. L’infermiere, che si fa carico del paziente EB e della famiglia, è il principale responsabile di questo travagliato percorso. Dalla ricerca è scaturita la certezza che in Italia il materiale a disposizione è scarso o, quando presente, di difficile reperibilità. Se da un lato i questionari proposti rivelano una quasi non conoscenza, dall’altro emerge, ed è positivo, la decisa volontà di arricchire ed ampliare gli orizzonti del proprio sapere. Al fine di affrontare la tematica in maniera dettagliata ed esaustiva, si è attinto alla letteratura internazionale, avvalendosi dell’ ausilio di infermieri inglesi, ben disposti a sostenere ed a divulgare la conoscenza della patologia. Una volta stabiliti i contatti, la richiesta di ulteriori informazioni 72 tramite Web, subito presa in esame è stata soddisfatta con esemplare tempismo. La dedizione e la devozione da costoro manifestate nell’assistenza degli EB sono state evidenziate dalla presenza e dalla costanza con cui sono stati recapitati, oltre a documenti e articoli difficilmente reperibili, indirizzi utili per una migliore trattazione di un argomento a loro particolarmente caro. È stato uno straordinario esempio di professionalità, ma anche e soprattutto di umanità e di umiltà, qualità non sempre giustamente valutate. Conoscere, nel senso più bello della parola, significa condivisione e divulgazione, senza remore, senza timori, senza ambiguità, come risultato della collaborazione tra colleghi, entro le mura ospedaliere e al di fuori, favorendo in primis la ricerca. Qualsiasi sia la tematica in questione, accrescere il bagaglio culturale, soprattutto nell’ambito medico, non può che giovare e portare buoni frutti da un punto di vista assistenziale. Lavorare a contatto diretto con chi soffre, con chi ha bisogno di aiuto e sostegno è una scelta cruciale, una responsabilità forte che richiede studio, conoscenza, senso pratico, ma anche e soprattutto l’atteggiamento umile di chi ammette i propri limiti e desidera in tutta sincerità superarli. Con il presente progetto si vorrebbe sensibilizzare ed incuriosire ancor più gli infermieri, così che si sentano motivati ad approfondire l’assistenza in questione, a beneficio sia della pelle che delle ferite dei pazienti EB, e non soltanto. Grazie ad un’attenta e scrupolosa analisi sono emersi, oltre alla comprensibilmente scarsa conoscenza, limiti e complessità di ordine pratico e gestionale. Rispetto a situazioni infermieristiche estere, purtroppo in Italia c’è carenza di operatori in grado di prendersi cura di questi pazienti. Mancando del tutto corsi che insegnino le dovute modalità terapeutiche, l’interessato si indirizza verso i pochi centri specializzati o 73 chiama direttamente e costantemente in causa i propri familiari, che a loro volta diventano per necessità infermieri. L’EB, malattia genetica e sistemica di molto difficile approccio, va affrontata giorno per giorno con procedure salvavita che, non richiedendo particolare abilità, potrebbero essere senza dubbio praticate da personale opportunamente preparato. Perché la responsabilizzazione sia corretta, è fondamentale essere consapevoli del tipo di affezione, quindi padroneggiare medicazioni e bendaggi scelti sulla base delle manifestazioni cutanee rilevate. Basterebbero più informazioni sulle malattie rare e sull’Epidermolisi Bollosa, per ottenere che, l’infermiere coinvolto assicuri l’assistenza atraumatica, vera e propria fonte di vita per questo genere di pazienti. Dei corsi di aggiornamento e di formazione promossi nella sfera infermieristica, molti sono dedicati alla cura delle lesioni cutanee ed alla preparazione del letto della ferita; a tal proposito varrebbe senz’altro la pena richiamare l’attenzione sull’esistenza di patologie rare, ad elevata compromissione cutanea, evidenziando che la loro corretta gestione risulterebbe positiva anche per la cura di ferite ben più comuni. Le esperienze riferite dalle infermiere del St Thomas’ Hospital durante il Congresso DEBRA INTERNATIONAL tenutosi a Roma nel settembre 2013, sono certamente esemplari per quanti volessero trarne profitto. Nel Regno Unito, spetta all’infermiere specializzato seguire passo dopo passo sin dalla nascita il paziente, garantendogli assistenza a domicilio e supportando psicologico e pratico ai parenti. Non si dimentichi che gli EB sono pazienti che necessitano vita natural durante di medicazioni e cure da somministrare in ambiente domestico sereno e confortevole, così che costoro acquistino autostima ed aspirino all’ indipendenza. L’assistenza ideale è quella di tipo continuativo: si vuole dire che lo stesso infermiere, accompagna, nei limiti del possibile, un 74 determinato malato, mano a mano conoscendolo, rispettandone ritmi ed abitudini di vita, motivandolo ed incentivandolo all’autonomia ed alla libertà. Soltanto così la terapia risulterà efficace; di fatto il cambio frequente dell’operatore non è ben accetto all’ EB, poiché questi deve ristabilire un legame con una figura nuova, di cui sa ben poco o nulla. È questo a mio parere una figura infermieristica da potenziare in Italia, a livello territoriale per i cittadini colpiti da questo male, per i quali è sacrosanto il diritto ad un’assistenza dignitosa, finora trascurata, in buona sostanza non meno importante di altre. 75 Allegato I Scuola Universitaria per Infermieri “Suore della Misericordia” 8° Corso Parallelo di Laurea Triennale in Infermieristica Convenzionata con l’Università Cattolica del Sacro Cuore “Agostino GEMELLI” - Facoltà di Medicina e Chirurgia Gentili Sig./Sig.ra, sono Sofia Strippoli, studentessa del III anno del Corso di Laurea in Infermieristica presso la Scuola per Infermieri Suore della Misericordia convenzionata con Vi collaborare chiedo di l’Università Cattolica cortesemente del ad Sacro Cuore un’indagine (Roma.) conoscitiva rispondendo ad un breve questionario, costituito da 6 items ciascuno dei quali prevede una risposta dicotomica/binaria, sull’Epidermolisi Bollosa, malattia rara, oggetto del mio elaborato di tesi. Vi ricordo che non ci sono risposte giuste o sbagliate, desidero soltanto sondare il livello di conoscenza sulla suddetta patologia e procedere ad una sensibilizzazione sulle malattie rare. A tale proposito, al termine della compilazione del questionario, saranno fornite ai partecipanti delle semplici informazioni riguardanti questa tematica. I dati saranno raccolti in forma anonima e nel rispetto della normativa della garanzia della privacy (D. Lgs. 196/2003) e saranno utilizzati esclusivamente per l’elaborazione della mia Tesi di Laurea. 76 La Vostra esperienza e la completezza delle risposte forniranno un contributo essenziale per documentare la conoscenza di tale patologia. Nel ringraziarVi anticipatamente per l’aiuto e la collaborazione offertami Vi porgo i miei Distinti Saluti. Questionario 1. Ha mai sentito parlare di malattie rare? Si □ No □ Una malattia è considerata “rara” quando colpisce non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti. Si parla di un fenomeno che colpisce milioni di persone in Italia e decine di milioni di persone in tutta Europa. Il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla fra 7000 e 8000 (ISS/CNMR). 2. Ritiene che sia una tematica di interesse infermieristico? Si □ No □ 3. Conosce l’Epidermolisi Bollosa? Si □ No □ 77 L’Epidermolisi Bollosa è un gruppo di malattie genetiche che provoca fragilità della pelle e, in alcuni casi, di altre membrane interne e organi. Vesciche, ferite aperte e piaghe si formano come conseguenza del minimo contatto, sfregamento o trauma (DEBRA International). 4. Ha mai assistito patologia? (prestato soccorso) pazienti con questa Si □ No □ 5. Sapreste assistere pazienti con questa patologia? Si □ No □ 6. Reputa importante ricevere maggiori informazioni sull’assistenza a pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa? Si □ No □ Grazie per la collaborazione 78 Allegato II 79 Allegato III L’impiego del miele per curare la ferita cronica del paziente EB. Fig.1. Prima che il trattamento avesse inizio Fig.3. Dopo 6 settimane di trattamento Fig.5. Dopo 11 settimane di trattamento Fig.2. Dopo 2 settimane di trattamento Fig.4. Dopo 9 settimane di trattamento Fig.6. Ferita guarita dopo 15 settimane di trattamento 80 Allegato IV Al Direttore Sanitario Dott. Stefano POMPILI Al Direttore DAIORT Dott. Ivo CAMICIOLI Io sottoscritta Strippoli Sofia, nata il 26/08/1991, residente in Grottaglie (TA) in via Giusti n.28, studentessa del III anno del corso di Laurea in Infermieristica presso la Scuola Universitaria Per Infermieri Suore della Misericordia convenzionata con l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma.) CHIEDO L’autorizzazione a somministrare il questionario qui allegato agli infermieri operanti presso il Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata. Finalità della presente richiesta è utilizzare i dati ottenuti, rispettando e garantendo le norme sulla privacy (D.Lgs. 196/2003), per elaborare un progetto di indagine conoscitiva fondamentale per la stesura della mia tesi intitolata: «Gestione infermieristica delle lesioni cutanee nei pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa: Raro ma Reale». La trattazione di tale argomento, forse poco noto ai più, scaturisce da una scelta motivata e consapevole, decisa a dare risalto e ad evidenziare l’esistenza di pazienti affetti da patologie rare croniche ed altamente invalidanti. Nella specie la presa in esame dell’Epidermolisi Bollosa, è dettata da ragioni profondamente personali che mi hanno stimolata ad approfondire le pratiche di assistenza infermieristica inerenti a questa patologia. Ho avuto ed ho la fortuna di conoscere e di vivere a fianco di una persona affetta da EB e dei suoi familiari, un’esperienza indubbiamente toccante ed unica che io definisco come una “ Lezione di vita”, e che nel corso degli anni ha alimentato in me la curiosità di scoprire e studiare il ruolo e le competenze infermieristiche nell’ambito di una realtà cosi’ delicata. 81 Ritengo di poter dire che, data la rarità dell’affezione- che in Italia colpisce la pelle e le mucose di un bambino su 82.000 nati- forse sono in pochi a conoscere la presenza e la gestione dell’ Epidermolisi Bollosa. Per tale ragione, con questo mio studio intendo evidenziare l’esistenza di simile pazienti i quali necessitano di cure e di assistenza specifica e mirata sia a livello ospedaliero che territoriale in modo da evitare l’insorgenza di complicanze scaturite da una mancata conoscenza della patologia in questione e da favorire un miglioramento della loro qualità di vita. Nella speranza che lei prenda in considerazione la richiesta porgo. Cordiali Saluti 82 Allegato V Al Direttore Generale Dott. Vitangelo DATTOLI e p.c. al/alla: Responsabile del centro di assistenza e ricerca sovraziendale per le malattie rare, Bari Professor Carlo SABBÀ Responsabile del centro di riferimento per le genodermatosi rare, Bari Professor Domenico BONAMONTE Coordinatore del CO.RE.MA.R (Coordinamento regionale malattie rare dell’ A.RE.S Puglia ) Dottoressa Giuseppina ANNICCHIARICO La sottoscritta Strippoli Sofia, nata il 26/08/1991, residente in Grottaglie (TA) in via Giusti n.28, studentessa del III anno del corso di Laurea in Infermieristica presso la Scuola Universitaria Per Infermieri Suore della Misericordia convenzionata con l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Roma.) CHIEDO l’autorizzazione a somministrare il questionario qui allegato agli infermieri operanti presso il Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari. Finalità della presente richiesta è utilizzare i dati ottenuti, rispettando e garantendo le norme sulla privacy (D.Lgs. 196/2003), per elaborare un progetto di indagine conoscitiva fondamentale per la stesura della mia tesi intitolata: «Gestione infermieristica delle lesioni cutanee nei pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa: Raro ma Reale». La trattazione di tale argomento, forse poco noto ai più, scaturisce da una scelta motivata e consapevole, decisa a dare risalto e ad evidenziare l’esistenza di pazienti affetti da patologie rare croniche ed altamente invalidanti. Nella specie la presa in esame dell’Epidermolisi Bollosa, è dettata da ragioni profondamente personali che mi hanno stimolata ad approfondire 83 le pratiche di assistenza infermieristica inerenti a questa patologia. Ho avuto ed ho la fortuna di conoscere e di vivere a fianco di una persona affetta da EB e dei suoi familiari, un’esperienza indubbiamente toccante ed unica che io definisco come una “ Lezione di vita”, e che nel corso degli anni ha alimentato in me la curiosità di scoprire e studiare il ruolo e le competenze infermieristiche nell’ambito di una realtà così delicata. Ritengo di poter dire che, data la rarità dell’affezione- che in Italia colpisce la pelle e le mucose di un bambino su 82.000 nati- forse sono in pochi a conoscere la presenza e la gestione dell’Epidermolisi Bollosa. Per tale ragione, con questo mio studio intendo evidenziare l’esistenza di simile pazienti i quali necessitano di cure e di assistenza specifica e mirata sia a livello ospedaliero che territoriale in modo da evitare l’insorgenza di complicanze scaturite da una mancata conoscenza della patologia in questione e da favorire un miglioramento della loro qualità di vita. Nella speranza che lei prenda in considerazione la richiesta porgo. Cordiali Saluti 84 Bibliografia Swinburne C. Handle with care. Nursing Standard july 28 2010; 24 no 47: 22. McMillan JR, Long HA, Akiyama M, Shimizu H & Kimble RM. Epidermolysis bullosa (EB) – diagnosis and therapy. Wound Practice and Research May 2009; 17 no 2: 62. Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R, Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A Consensus Approach to Wound Care in Epidermolysis Bullosa. An Expert Panel Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 5. Denyer J, Pillay E. Best Practice Guidelines For Skin And Wound Care In Epidermolysis Bullosa. London: Wounds International/Wounds UK, 2012. Abercromble E., Mather C., Hon J., Graham-King P., Pillay E. Recessive dystrophic epidermolysis bullosa. Part 2: care of the adult patient. British Journal of Nursing 2008; 17 no 6: S12-S14. Atherton JD, Denyer J. 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London: Great Ormond Street Hospital for Children NHS Trust (GOSH), 2007. 86 Iffat H, MD, Peerzada S. Blistering Disorders: A Multispeciality Problem. J Turk Acad Dermatol 2013; 7(1). Belle JD, Eady RA, Bauer EA, Bauer JW, Bruckner-Tuderman L, Heagerty A, H Hintner, Hovnanian A, Jonkman MF, Leigh io, McGrath JA, Mellerio JE, Fine JD1, Eady RA, Bauer EA, Bauer JW, Bruckner-Tuderman L, Heagerty A, Hintner H, Hovnanian A, Jonkman MF, Leigh I, McGrath JA, Mellerio JE, Murrell DF, Shimizu H, Uitto J, Vahlquist A, Woodley D, Zambruno G. The classification of inherited epidermolysis bullosa (EB): Report of the Third International Consensus Meeting on Diagnosis and Classification of EB. J Am Acad Dermatol. 2008 Jun;58(6):931-50. Ludwig RJ. Clinical Presentation, Pathogenesis, Diagnosis, and Treatment of Epidermolysis Bullosa Acquisita, Hindawi Publishing Corporation, Lϋbeck, Germany: June 2013. Prinz F, Weiss H. Occupational Therapy in Epidermolysis Bullosa. 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L’amicizia fraterna che da sempre ci lega, ha suscitato in me il desiderio di approfondire questa tematica; la forza straordinaria, l’entusiasmo dimostrati sin dalla più tenera età, la sua risata contagiosa sono state una lezione di vita, un meraviglioso esempio di determinazione, una realtà sulla quale riflettere e dalla quale non si può che trarre umana ricchezza. I più sentiti e distinti ringraziamenti vanno a tutti coloro che, con pazienza e dedizione hanno reso possibile la stesura del presente elaborato, consigliandomi nella ricerca e nella raccolta dei dati. Alla Dott.ssa Giuseppina Annicchiarico, donna esemplare, mamma decisa, coraggiosa, pronta a tutto per il bene dei figli, manifesto tutta la mia stima e il mio più sincero affetto. A lei è indirizzata la mia riconoscenza per aver reso possibili i contatti con il Dott. Vitangelo Dattoli, e con i Professori Carlo Sabbà e Domenco Bonamonte, tutti operanti al Policlinico di Bari, i quali hanno acconsentito prontamente alla somministrazione dei questionari all’ Interno dell’Azienda Ospedaliera Pugliese. Ringrazio inoltre i Dirigenti del Servizio Infermieristico dell’ Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma ,che allo stesso modo hanno permesso l’acquisizione di elementi indispensabili per l’indagine conoscitiva da me condotta. Doveroso e pieno di gioia è il grazie che porgo alla mia relatrice Suor Aidaleen, suora “sui generis“, direttrice severa e premurosa insieme, autorevole, sorridente , sempre vicina ai giovani, disposta a comprenderli ed a sostenerli. Grazie a lei, e alle sue collaboratrici, rigorose in apparenza, ma anch’esse disponibili, ho vissuto tre anni indimenticabili, frequentando una scuola che mi ha accolto e formato in ogni aspetto sia 88 teorico che umano, peculiarità indispensabile di una così nobile professione. Alla correlatrice Anna Lisa Barbato, la parola ”grazie“ è poco sufficiente ad esprimere la stima ed il bene che nutro nei suoi confronti. Il suo altruismo, la sua vicinanza, sempre vivi durante l’ intero percorso, sono stati per me un incentivo ad andare avanti, a non mollare mai, a lottare con vigore per raggiungere gli obiettivi fissati, apprendendo da lei che, anche nei momenti più bui una luce brilla sempre. In ultimo, con tutto il cuore ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicino, e tutta la mia famiglia. I miei zii, in particolare Paolo, Tina e Mina, che con la loro saggezza e la loro dolcezza mi hanno seguita con costanza ed emozione sin dai primi passi; mio fratello Giuseppe, la metà del mio cuore, temporaneamente lontano dall’Italia, ma non per questo da me distante; mia mamma Marìa, il mio caldo nido, pronta a proteggermi e a stringermi in ogni occasione, in un suo tenerissimo e profumatissimo abbraccio; mio papà Pasquale, un uomo che mi ha desiderata più di ogni altra cosa al mondo, amandomi profondamente, accompagnandomi con pazienza supportando con buonsenso le mie scelte, insegnandomi, con estrema delicatezza, che: “l’essenziale è invisibile agli occhi”. 89