Gestione infermieristica delle lesioni cutanee

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Università Cattolica del Sacro Cuore “A. Gemelli”
Facoltà di Medicina e Chirurgia
8° Corso Parallelo
Corso di Laurea Triennale in Infermieristica
Sede
“Suore della Misericordia”
ROMA
Gestione infermieristica delle lesioni cutanee nei pazienti affetti
da Epidermolisi Bollosa: RARO MA REALE.
Relatore: Sr. Aidaleen SALCEDO
Correlatore: Dott.ssa Anna Lisa BARBATO
Laureando: Sofia STRIPPOLI
Anno Accademico 2013/2014
A mio padre, il mio Maestro.
A mia madre, la mia gioia.
A mio fratello, il mio orgoglio.
A Ettore, la mia speranza,
fragile come una farfalla ma forte
come un leone.
INTRODUZIONE .............................................................................................................................. 1
CAPITOLO 1 ...................................................................................................................................... 3
L’EPIDERMOLISI BOLLOSA....................................................................................................... 3
1.1.Nascita di un bambino farfalla ....................................................................................... 3
1.2. L’Eb eziologia ......................................................................................................................... 5
1.2.1. Eb quadro clinico. ........................................................................................................... 7
1.2.2. Eb simplex (Ebs). ............................................................................................................ 7
1.2.3. Eb giunzionale (Jeb). .................................................................................................... 8
1.2.4. Eb distrofica (Deb). ....................................................................................................... 8
1.2.5. Sindrome di Kindler (Sk). .......................................................................................... 9
1.3. Diagnosi. .................................................................................................................................. 9
1.4. Terapia.................................................................................................................................... 11
1.5. Malattie rare ed evoluzione normativa. ................................................................ 11
CAPITOLO 2 .................................................................................................................................... 15
RARO MA REALE. INFORMAZIONI UTILI PER ASSISTERE PAZIENTI
AFFETTI DA EPIDERMOLISI BOLLOSA ............................................................................. 15
2.1. Conoscere prima di agire .............................................................................................. 15
2.1.2. La pelle ............................................................................................................................... 15
2.1.3. La dermatite pruriginosa. ......................................................................................... 17
2.1.4. Le contratture e le cicatrizzazioni. ...................................................................... 17
2.1.5. Il tratto gastrointestinale. ........................................................................................ 18
2.1.6. Il dolore. ............................................................................................................................ 19
2.2. Vivere con l’ EB. ................................................................................................................. 20
2.2.1. Il concetto di trauma. ................................................................................................. 21
2.2.2. La funzione psicologica della pelle nelle relazioni interpersonali ....... 22
2.2.3. L’ immagine di sé. ........................................................................................................ 24
2.2.4. Analisi fenomenologica interpretativa ............................................................... 25
CAPITOLO 3 .................................................................................................................................... 29
ANALISI DEI PROTOCOLLI E DELLA GESTIONE INFERMIERISTICA
INTERNAZIONALE DELLE LESIONI NEI PAZIENTI AFFETTI DA EB .................. 29
3.1. Raccomandazioni per la cura delle ferite ............................................................. 29
3.1.2. La valutazione delle ferite. ...................................................................................... 33
3.1.3. La preparazione del letto della ferita. ............................................................... 34
3.1.4. Scelta dei trattamenti per le ferite croniche degli Eb ............................... 47
3.1.5. I presidi per le ferite degli EB nei paesi sottosviluppati .......................... 53
3.1.6. Il miele: possibile alternativa farmacologica? .............................................. 54
CAPITOLO IV .................................................................................................................................. 58
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA CONOSCENZA E SULL’ ASSISTENZA AL
PAZIENTE AFFETTO DA EPIDERMOLISI BOLLOSA .................................................... 58
4.1. Scopo e finalità dello studio ........................................................................................ 58
4.1.2. Materiali e metodi ......................................................................................................... 59
41.3. Fasi dello studio ed elaborazione del progetto .............................................. 60
4.1.4. Destinatari ........................................................................................................................ 61
4.1.5. Descrizione degli strumenti ..................................................................................... 61
4.2. Analisi dei risultati ............................................................................................................ 62
Conclusioni ...................................................................................................................................... 72
Allegato I .......................................................................................................................................... 76
Allegato II ........................................................................................................................................ 79
Allegato III ...................................................................................................................................... 80
Allegato IV ....................................................................................................................................... 81
Allegato V......................................................................................................................................... 83
Bibliografia ...................................................................................................................................... 85
INTRODUZIONE
Ero una bambina spensierata ed ingenua, di quasi sei anni, quando
conobbi Ettore. Un incontro inaspettato, casuale, fatale, che ha inciso
profondamente sulla mia vita e su quella della mia famiglia. Bastò un non
nulla: uno spago, una molletta, un foglio colorato, calati dal quinto al
quarto piano, un giorno di diciassette anni or sono, perché sbocciasse una
sincera tuttora viva, grande amicizia.
Crescere con chi, simile per tanti aspetti, è palesemente e fisicamente
“diverso”, arricchisce veramente l’ esistenza, colmandola di senso e di
significato. Forse perché siamo troppo impegnati ed indaffarati, raramente
si riflette sull’ incomparabile dono che è la vita, ancor più se si è nati sani;
spesso invece ci si perde in banalità e frivolezze, guardando l’ altro,
soprattutto se non rispetta determinati canoni arbitrariamente stabiliti
dalla società, con superficialità ed indifferenza, o ancor peggio con
commiserazione e disprezzo.
Conoscere,
frequentare,
dialogare
con
Ettore
vuol
dire
accettare,
rispettare, imparare ad amare la diversità, sentendosi migliore giorno
dopo giorno.
Lui, “piccolo leone dalla pelle fragile”, un vincitore nonostante il destino gli
sia da sempre avverso, ha riempito la mia vita di meraviglie, di gioia, di
forza, di speranza. Lui, con le sue “rare particolarità”, con il suo coraggio,
con il suo altruismo, mi ha insegnato che volere è potere, che bisogna
lottare anche quando le sofferenze lo impediscono, che si deve sorridere
pur quando si ha voglia di piangere, che gli ostacoli vanno superati anche
quando appaiono insormontabili.
Ad oggi sono fermamente convinta che questo nostro esserci incrociati ha
radicato in me il desiderio di dedicarmi al prossimo, scegliendo con
decisione e con entusiasmo la professione infermieristica.
1
Capire le difficoltà cui vanno incontro i pazienti affetti da Epidermolisi
Bollosa e relative famiglie, significa essere consapevoli di quanto abbiano
bisogno di aiuto e di supporto. Pur se ci si muove nell’ ambito complesso,
in parte oscuro della rarità, dove emergono con evidenza limiti tanto clinici
quanto assistenziali, è nostro dovere approfondire anche ciò che esula dal
percorso di studi, e si presenta ancora insolito ed ignoto.
Il presente elaborato non è che un modesto contributo alla divulgazione di
informazioni concernenti la
patologia
sunnominata.
Sensibilizzare
e
responsabilizzare l’ ambiente infermieristico sulla presenza di questa
infelice affezione, migliora e rende vivibile l’ esistenza di chi si misura
quotidianamente con le innumerevoli difficoltà che l’ EB comporta.
Il supporto infermieristico è, forse particolarmente in questo caso,
imprescindibile, cruciale ed assolutamente necessario. È compito specifico
dell’ infermiere curare la cute e le lesioni che affliggono questi pazienti,
gestendo coscienziosamente medicazioni e bendaggi, entrando in sintonia
con il soggetto, affiancando e sostenendo i familiari, rendendosi conto
dello stato di invalidità che va trattato sempre con sensibilità, delicatezza
e pazienza.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, afferma Primo
Levi: la brama di sapere eleva l’ uomo ad altezze vertiginose, la curiosità
lo spinge a ricercare ed a scoprire, lo studio assicura all’ infermiere
preparazione e competenza, ma è la dedizione che ne fa una persona
umana e degna.
2
CAPITOLO 1
L’EPIDERMOLISI BOLLOSA
1.1. Nascita di un bambino farfalla.
«Quando Ann Williams diede alla luce per parto cesareo Angharad,
la prima figlia, fu lievemente stupita, ma allo stesso tempo preoccupata,
nell’osservare che le labbra della neonata sanguinavano»1.
Così esordisce Caroline Swinburne, giornalista freelance, nell’articolo
“Maneggiare con cura”, uno dei suoi elaborati nel quale con perizia ed
estrema semplicità narra la testimonianza di una mamma costretta a
doversi confrontare, in uno dei momenti più commoventi e significativi
dell’esistenza
di
una
donna,
con
una
tragica
realtà,
la
scoperta
dell’invalidità della nascitura.
La signora Williams divenne ben presto più ansiosa nel momento in cui
venne informata della comparsa di vescicazioni alla caviglia della piccola
Angharad, provocate dal braccialetto di riconoscimento che le era stato
apposto. Lo stato di salute dell’infante peggiorava visibilmente ed
entrambe, residenti nel Galles occidentale, furono ricoverate in un
ospedale più grande, ma, nonostante ciò molta parte del corpo della
bambina andava ricoprendosi di vesciche che continuavano ad aumentare
di dimensioni, fino a sfociare in un’enorme bolla che scendendo per il
braccio raggiunse lo stomaco.
Estremamente preoccupati e certi della gravità della condizione, i familiari
di Angharad compresero che non le veniva somministrato il trattamento
opportuno e decisero di fare ritorno nell’ospedale locale. Qui il personale
ed i parenti della piccola entrarono in contatto con una èquipe di infermieri
pediatrici specializzati, operanti al Great Ormond Street Hospital a Londra.
1
Swinburne C. Handle with care. Nursing Standard july 28 2010; 24 no 47: 22.
3
Questi erano gli addetti alla cura dei neonati e dei bambini affetti da
Epidermolisi Bollosa (EB), una malattia cutanea rara ed estremamente
invalidante.
Come la maggior parte dei suoi connazionali la signora Williams non aveva
mai sentito parlare dell‘EB, affezione che colpisce un neonato su circa
17.000 nascite, e fu compito dell’infermiera specializzata Jackie Denyer
spiegarle la gravità e la serietà del caso. Osservando Angharad la Denyer
comprese immediatamente che le erano stati procurati grossi danni,
scaturiti da una mancata consapevolezza e conoscenza della patologia.
L’infermiera attraverso la sua testimonianza riferisce che alla mamma era
stato
raccomandato
di
non
rimuovere
le
vescicazioni
cutanee,
atteggiamento errato che provocò un ulteriore peggioramento della
situazione; invece di informarla sul come manipolare la bambina in modo
corretto, era stata dissuasa dal farlo incrementando così il timore e il
distacco della donna.
Malgrado le molteplici difficoltà, evidenti nei primi giorni di vita, gli
infermieri specializzati in questo delicato ambito sono pronti ad offrire
nozioni pratiche e non ai familiari degli infanti colpiti da questa rara
malattia.
Lesley Foster, anch’essa abilitata nella gestione dei pazienti EB, sottolinea
quanto sia complessa l’assistenza di questi piccoli ai quali persino una
semplice cannula intravenosa o un cerotto danneggiano pesantemente la
pelle. La Foster sottolinea inoltre l’utilità della vicinanza del personale ai
familiari, che si sentono indubbiamente sollevati dalla presenza di figure
che insegnano loro come gestire il piccolo. Nella EB, qualsiasi sia la sua
forma, le vescicazioni si ingrandiscono fin quando non si interviene; per
questo è necessario informare i parenti e lo staff dell’importanza di
pungerle cambiando giornalmente i bendaggi.
Alla fragilità cutanea consegue la comparsa di vescicazioni al minimo urto
o attrito, suscitando ferite dolorose che richiedono l’utilizzo di medicazioni
4
e bendaggi. Il cambio di questi rappresenta una delle prime e più
importanti cure che accompagneranno il paziente EB per il resto della sua
vita. A tal proposito gli infermieri insegnano ai consanguinei come gestire
in maniera opportuna queste pratiche a volte lunghe e dolorose, quindi
indicano loro come vestire e svestire i piccoli, come sistemare gli
indumenti senza provocare attrito, come togliere con sicurezza i presidi
applicati evitando ulteriori escoriazioni.
Gli operatori specializzati supportano i familiari anche da un punto di vista
umano e psicologico esortandoli a vivere e a ricercare per quanto possibile
normalità e stabilità, indispensabili per superare le innumerevoli difficoltà
che questa infelice malattia comporta.
Le vaste ricerche scientifiche in materia hanno indubbiamente alleviato e
migliorato la qualità di vita di questi pazienti, ma, è altrettanto vero che,
oltre a competenze mediche sono necessarie, nonostante la rarità della
affezione, conoscenze infermieristiche mirate all’assistenza e all’adeguata
gestione di questi fragili pazienti.
“Quando si ha a che fare con un bambino EB, non c’è altra scelta che
combattere”2.
1.2. L’Eb eziologia.
“Per Epidermolisi Bollosa si intende un insieme strettamente apparentato
di affezioni genetiche caratterizzato dal distacco della pelle fra gli strati
dermici ed epidermici”3 che comporta la vescicazione della cute oltre che
delle mucose in risposta a un trauma minimo da attrito.
2
Ibidem p.3.
3
McMillan JR, Long HA, Akiyama M, Shimizu H & Kimble RM. Epidermolysis bullosa (EB) diagnosis
and therapy. Wound Practice and Research May 2009; 17 no 2: 62.
5
“Vi sono quattro differenti tipi di Epidermolisi Bollosa, determinati da
mutazioni strutturali proteiniche nella zona della membrana cutaneo
basale o delle proteine desmosomiche di adesione cellulare sovrabasali”4
Fig. 1.
Fonte: Mc Millian JR, Long HA, Akiyzma M, Shimizu H & Kimble RM,
Epidermolysis Bullosa (EB) Diagnosis and Therapy, Wound Practice and
Research, vol. 17 Numb. 2 – May 2009.
L’EB si distingue in relazione alla formazione bollosa e all’altezza della
giunzione dermo - epidermica in: Simplex, Giunzionale, Distrofica,
Sindrome
Di
Kindler.
Tutte
le
varietà
della
suddetta
patologia
scaturiscono dalla mutazione di geni che intervengono nella formazione
delle proteine strutturali nelle aree della membrana basale dermo epidermica; le strutture indebolite o completamente assenti favoriscono la
separazione degli strati di pelle che diventa particolarmente fragile.
L’EB essendo un’affezione genetica, si trasmette per via ereditaria in modo
recessivo o dominante. Nell’alterazione per dominanza un genitore
portatore trasmette il gene malato al proprio bambino; vi è una possibilità
4
Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R, Goodman L, Coutts P,
Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A Consensus Approach to Wound Care in
Epidermolysis Bullosa. An Expert Panel Report .Toronto: American Academy of Dermatology2012:
5.
6
su due che ad ogni gravidanza il feto erediti il gene malato che di
conseguenza annienterà quello trasmesso dal genitore sano. Nelle forme
ereditarie recessive, ben più gravi rispetto alle precedenti, entrambi i
genitori sono portatori del gene alterato e vi è, in suddette circostanze,
una possibilità su quattro di dare alla luce un bambino compromesso sia a
livello genotipico che fenotipico.
Tab. 1.
Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Diagnosi delle Epidermolisi
Ereditarie. Linee Guida. Ministero della Salute, Roma: Marzo 2014.
Bollose
1.2.1. Eb quadro clinico.
L’Epidermolisi
Bollosa
è
una
malattia
altamente
invalidante,
contraddistinta da quadri clinici gravi, talvolta anche letali. La prevalenza
complessiva delle forme simplex, giunzionali e distrofiche si stima che sia
di 1/130.000 negli Stati Uniti rispetto a 1/100.000 in Italia; quanto alla
Sindrome di Kindler, sono stati descritti complessivamente solo 200 casi.
1.2.2. Eb simplex (Ebs).
La EB simplex è la forma più frequente, in cui le strutture indebolite
risiedono nell’epidermide. Nonostante la fragilità interessi tutta la pelle, la
vescicazione è fastidiosa sopratutto nelle zone esposte a maggior attrito,
ed è aggravata dal calore e dall’ umidità. La EBS, ereditata in maniera
7
dominante,
è
quasi
sempre
compatibile
con
una
durata
di
vita
apprezzabile.
Nell’Epidermolisi Simplex le vesciche si formano per citolisi della porzione
intracellulare dei cheratinociti basali. Attualmente si conoscono diverse
varianti di EBS, ognuna con manifestazioni cliniche specifiche. L’ Ebs
Weber-Cockayne è caratterizzata da vescicazioni ai palmi della mano e
alle piante dei piedi; la Ebs Di Koebner si mostra con vescicazioni presenti
sui principali siti d’attrito; la Ebs Dowling-Meara (la forma più grave di
EBS) è una variante con vescicazione neonatale disseminata che evolve in
termini di bollosità in forma di grappoli particolari.
1.2.3. Eb giunzionale (Jeb).
Nella JEB, ereditata per via recessiva, le strutture indebolite si trovano a
livello dell’ area lucida della membrana basale.
Questa è caratterizzata da due principali forme: la Herlitz che solitamente
ha
come
esito
la
morte
precoce
nell’infanzia,
e
la
Non-Herlitz
comunemente compatibile con la vita. Essa si presenta con aree di
ulcerazione cronica, distrofie, perdita delle unghie, erosioni corneali e
problemi dentali.
1.2.4. Eb distrofica (Deb).
La DEB può essere ereditata in modo recessivo (RDEB), manifestando
gravi conseguenze, o dominante. Nella RDEB le ferite e le vescicazioni si
estendono su ampia parte della superficie corporea intaccando anche le
mucose interne. La variante dominante presenta anch’essa effetti sulle
mucose e sulla pelle ma meno gravi rispetto ai precedenti e, in quanto tali
compatibili con la vita. Il gene mutato nelle forme di DEB è l’unico che
codifica la proteina collagene VII, componente fondamentale nelle fibrille
di ancoraggio che legano l’epidermide al derma. L’assenza o la riduzione di
queste componenti provoca la scissione delle strutture cutanee al minimo
trauma o attrito con la rispettiva formazione di bolle. Queste diventano
8
ferite che possono guarire nel giro di giorni o cronicizzare e causare
processi cicatriziali ai quali sono imputabili notevoli invalidità.
La particolare fragilità, anche in questa forma, coinvolge parte della
mucosa interna deteriorando la bocca, l’orofaringe e l’esofago.
1.2.5. Sindrome di Kindler (Sk).
È una genodermatosi rara che si presenta esclusivamente in forma
autosomica recessiva. Alla fragilità della pelle, caratteristica peculiare in
ogni EB, subentrano la poichilodermia, la cicatrizzazione, la fotosensibilità
della
pelle
accompagnate
dall’infiammazione
delle
gengive.
Viene
attualmente considerata «EB a forma mista» per via della variabilità del
piano di clivaggio che si osserva in combinazione con tutti i livelli che
creano separazione nella simplex, nella giunzionale e nella distrofica.
1.3. Diagnosi.
Considerando la rarità dell’affezione e la presenza di sottotipi dei quali non
sono ancora stati individuati segni distintivi, il dilemma di una corretta
diagnosi si manifesta soprattutto nel periodo pre-natale. I sintomi clinici
secondari si palesano generalmente solo nei primi anni di vita garantendo
così la corretta distinzione delle forme più notevoli di Epidermolisi.
L’indagine implica un insieme di approcci diagnostici divisibili in tre fasi:
1) anamnesi familiare, anamnesi personale ed esame obbiettivo;
2) esami di laboratorio e strumentali: biopsie cutanee per l’analisi
immunopatologica,
ultrastrutturale
e
istopatologica.
Esami
microbiologici ed ematochimici;
3) consulenza genetica seguita da analisi genetico molecolari.
Solitamente la diagnosi definitiva viene formulata in base all’esame
bioptico cutaneo, basato sull’immunofluorescenza positiva (IF), sulla
mappatura
antigenica
e
sulla
microscopia
elettronica
(EM).
9
L’identificazione dei geni responsabile dell‘EB permette di localizzare con
estrema precisione la mutazione e la tipologia. Alle famiglie, nelle quali si
sono
riscontrate
le
mutazioni
o
i
marcatori
genetici
responsabili
dell’ anomalia, si propone uno screening genetico neonatale. Nello
specifico la diagnosi prenatale si esegue nel primo trimestre e consiste nel
prelievo del DNA estratto dai villi coriali. Si tratta di un esame invasivo,
non privo di rischi, utilizzabile solo in caso di JEB o DEB.
Una volta formulata la diagnosi, è fondamentale comunicarla ai familiari,
ignari nella maggior parte dei casi della gravità della situazione.
Diagramma di Flusso.
Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Diagnosi delle Epidermolisi
Ereditarie. Linee Guida. Ministero della Salute, Roma: Marzo 2014.
Bollose
Il delicato compito di palesare il tutto spetta al medico che deve essere
necessariamente supportato da figure competenti quali psicologi e
infermieri. Questi devono essere pronti a sorreggere e ad educare i
10
genitori nella difficile gestione dei pazienti EB, promuovendo attraverso
informazioni adeguate l’accettazione di un figlio indubbiamente fragile e
delicato che necessita, a maggior ragione, di continue cure ed attenzioni.
1.4. Terapia.
Le attuali ricerche sui nuovi trattamenti dei pazienti EB si sono focalizzate
soprattutto sulla terapia a base di proteine e sulla terapia genetica. La
prima ha riscosso importanti successi nel trattamento della JEB e della
DEB attraverso l’iniezione intradermica delle proteine mancanti. La
seconda prevede l’introduzione del materiale genetico nella pelle per
iniezione o per applicazione topica mediante mezzi fisico-chimici. In
alternativa a ciò si può intervenire con il prelievo di campioni cutanei del
paziente introducendo materiale genetico nelle cellule coltivate, infine si
prosegue con il ritorno di cellule geneticamente modificate in termini di
trapianto di cute, come accade sovente nei pazienti ustionati.
Nonostante i progressi conseguiti nelle terapie genetiche arrechino sollievo
e mantengano viva la fiamma della speranza dei parenti e dei pazienti con
EB, il più grande aiuto che si possa loro fornire è assicurato da èquipe
multidisciplinari competenti nella gestione del dolore, nelle medicazioni
delle ferite e nell’uso di bendaggi opportuni. A ciò non deve mancare
sostegno psicologico e umano, empatia e solidarietà nei confronti di chi
vive giornalmente una“ lotta” lunga una vita
1.5. Malattie rare ed evoluzione normativa.
Delle Malattie Rare e delle loro peculiarità, hanno dibattuto i Singoli Stati
Membri della Comunità Europea, affermando e sostenendo che in tale
contesto qualsiasi azione, ricerca, studio rappresenta un utile contributo al
miglioramento della vita delle persone che vivono con queste patologie. Le
autorità sanitarie nazionali hanno cominciato a dibattere sulle Malattie
Rare
dal
1999,
anno
in
cui
è
stata
approvata
la
Decisione
N.
1295/1999/CE che prevedeva:
11

un miglioramento delle conoscenze scientifiche sulle Malattie Rare;

la formazione e l’aggiornamento degli operatori sanitari;

il
rafforzamento
della
collaborazione
internazionale
e
del
monitoraggio delle Malattie Rare.
Nel successivo Primo Programma Comunitario (2003 – 2008), oltre a
supportare azioni solidaristiche tra le varie nazioni nell’ambito della sanità
pubblica, favorendo in questo modo l’informazione e la conoscenza, un
esplicito appello è rivolto al valore aggiunto offerto dalle organizzazioni dei
pazienti colpiti da Malattie Rare. È in questo quinquennio che si istituisce,
per volontà della Commissione Europea, la Rare Diseases Task Force
(RDTF)
sostituita,
per
decisione
della
Commissione
Europea,
dall’EUCERED, il cui obiettivo consiste nell’assistere la CE nella promozione
delle migliori strategie per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento
delle Malattie Rare. Anche nel secondo Programma di Azione Comunitaria
(2008 – 2013) la priorità spetta alle Malattie Rare. Queste le due principali
linee guida: facilitare lo scambio di informazioni mediante i network
esistenti sulle Malattie Rare e sviluppare strategie per migliorare il
coordinamento a livello europeo e la cooperazione trans – nazionale.
Di interesse rilevante è anche la Raccomandazione del Consiglio dell’8
giugno 2009 nel settore delle Malattie Rare. In questo documento si
raccomanda agli Stati Membri di elaborare piani e strategie nazionali per
le Malattie Rare, di incentivare la ricerca, di sostenere la formazione degli
operatori, di sensibilizzare la popolazione, prendendo atto degli interventi
nazionali elaborati dal progetto EUROPLAN (Progetto Europeo per lo
Sviluppo e l’Implementazione di Piani Nazionali per le Malattie Rare).
Per quanto riguarda la Normativa Italiana dedicata alle Malattie Rare con il
Piano Sanitario Nazionale 1998 – 2000 si individua, per la prima volta, tra
gli obiettivi la sorveglianza delle patologie rare. Vi si definiscono gli
interventi prioritari da eseguire, ovvero una rete di centri e presidi tra loro
12
collegati per il trattamento delle patologie rare, l’implementazione della
ricerca, il miglioramento della prevenzione, della diagnosi precoce e
dell’assistenza. A supporto dei suddetti interventi il Ministero della Salute,
regolamenta e disciplina con il DM 279/2001, forme di tutela rivolte a tutti
gli individui affetti da malattie rare, quindi istituisce la Rete Nazionale per
la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare,
rete costituita da presidi accreditati preferibilmente ospedalieri e da centri
interregionali di riferimento. Al fine di consentire la programmazione
nazionale e regionale degli interventi volti a tutelare i soggetti affetti da
malattie rare il D.M. 279/2001 prevede l’istituzione, presso l’Istituto
Superiore di Sanità, del Registro Nazionale delle Malattie Rare, registro
collegato con i registri interregionali, territoriali e internazionali. I dati
raccolti in tali registri sono fondamentali in quanto permettono operazioni
di validazione, studi epidemiologici e valutazioni dei fattori di rischio e
degli stili di vita, al fine di elaborare linee guida per la gestione clinica di
specifiche malattie rare, per la formazione degli operatori sanitari e delle
associazioni dei pazienti, promuovendo un’adeguata informazione. Il
successivo Piano Sanitario Nazionale (PSN) 2001 – 2003 ha riconosciuto le
Malattie Rare come patologie di particolare rilievo sociale, ribadendo, con
il PSN 2003 – 2005 e con il PSN 2006 – 2008 l’importanza della rete
nazionale ad esse dedicata e di una attiva collaborazione tra Regioni e
Province. Su tale linea, con il Decreto del Presidente dell’ISS nel 2008 è
stato istituito il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) con la missione di
svolgere attività di ricerca, consulenza e documentazione sulle Malattie
Rare.
È dunque
gratificante
indiscutibile
i
parenti
che
ed
i
per
sostenere
pazienti
EB
in maniera
è
importante
completa
e
favorire
la
collaborazione fra medici, infermieri di territorio e specialisti ambulatoriali;
un’informazione chiara, aggiornata ed esaustiva sulla patologia, sullo stato
di salute e sui servizi disponibili è un diritto di ogni cittadino.
13
È necessario per questo rafforzare la collaborazione tra i vari professionisti
coinvolti nell’ assistenza a pazienti EB e le associazioni fondate da questi.
A tal merito è opportuno evidenziare la presenza della DEBRA che in Italia
opera da più di vent’anni collaborando con centri di alta specializzazione e
di ricerca. Questa associazione, nata nel 1978 da un gruppo di genitori di
pazienti coinvolti, sostiene gli individui affetti e le rispettive famiglie,
fornisce èquipe di infermieri specializzati e di assistenti sociali, oltre che
commissioni e fondi investiti in progetti impegnati nella ricerca delle
cause, delle cure e delle potenziali terapie per i soggetti EB a livello
mondiale.
14
CAPITOLO 2
RARO MA REALE. INFORMAZIONI UTILI PER ASSISTERE PAZIENTI
AFFETTI DA EPIDERMOLISI BOLLOSA
2.1. Conoscere prima di agire.
Come ogni patologia l’Epidermolisi Bollosa necessita, per essere gestita
con criterio e consapevolezza, di conoscenze che purtroppo, per via della
rarità dell’ affezione, sono finora carenti e poco esaustive.
In particolare, la sfera relativa alle pratiche infermieristiche risulta povera
di informazioni; poche infatti sono le figure specializzate in grado di
prendersi cura dei pazienti affetti da EB.
L’insufficiente comprensione del quadro clinico e delle complicazioni si
traduce in una bassa qualità assistenziale che comporta, sul piano
terapeutico, l’ insorgenza di danni destinati a peggiorare lo stato di salute
dei soggetti in questione. Al pari di altre alterazioni genetiche, anche l’EB
non ha un rimedio definitivo. Pur privilegiando la terapia genetica, il
trattamento, prevalentemente sintomatico si focalizza principalmente sulla
medicazione della pelle e delle ferite.
È quindi fondamentale conoscere nell’insieme i segni e i sintomi distintivi
di questa affezione, considerando che, data la varietà delle sue forme
peculiari, differenti saranno le manifestazioni cutanee e le compromissioni
sistemiche.
2.1.2. La pelle.
”Tutti i tipi di Epidermolisi Bollosa sono caratterizzati dalla fragilità della
pelle e da compromissione cutanea dovuta alla comparsa di ferite e
vescicazioni“5. Le ferite sono tagli o rotture nella continuità del tessuto,
5
Denyer J, Pillay E. Best Practice Guidelines For Skin And Wound Care In Epidermolysis Bullosa.
London: Wounds International/Wounds UK, 2012.
15
derivanti da lesioni o interventi (Weller 2005): si dividono in acute e
croniche.“Le prime impiegano più di sei settimane per sanare, mentre le
seconde scaturiscono dalla stagnazione nella fossa infiammatoria della
ferita in via di guarigione”6.
Nella EB un minimo trauma cutaneo da attrito o slittamento provoca bolle
che
a
loro
volta
diventano
ferite,
presenti
ovunque
sul
corpo,
tendenzialmente nelle aree soggette a traumi reiterabili, quali le mani i
piedi e le prominenze ossee. Le vesciche, comuni anche a livello
subungueale, portano alla separazione completa o parziale della lamina
dell’unghia; “dopo uno o due episodi l’unghia di norma ricresce, ma la
perdita reiterata di esse condurrà dapprima alla distrofia ungueale, quindi
alla perdita definitiva“7. La presenza di ferite multiple di varia durata e la
ridotta capacità di guarire rendono la cura dell’EB difficoltosa e complessa;
solo se si agisce adeguatamente molti siti bollosi acuti si cicatrizzeranno,
anche se non si otterrà la guarigione totale.
Nell’approccio all’EB è opportuno, in linea di massima, manipolare i
pazienti con cura e delicatezza, evitando frizioni o prodotti adesivi che
danneggerebbero la cute; è altresì necessario pungere e drenare le bolle
per
evitare
che
si
estendano
attraverso
gli
strati
di
pelle
non
adeguatamente legati.
Molteplici sono i fattori che compromettono il processo rigenerativo della
cute: malnutrizione, anemia, infezioni della lesione, ipergranulazione e
prurito rientrano nelle complicazioni più frequenti che affliggono i pazienti
in questione.
Per garantire uno stato di salute alquanto compatibile con la vita, va
perseguito innanzitutto l’obiettivo di “creare un ambiente curativo ottimale
6
Abercromble E., Mather C., Hon J., Graham-King P., Pillay E. Recessive dystrophic epidermolysis
bullosa. Part 2: care of the adult patient. British Journal of Nursing 2008; 17 no 6: S12-S14.
7
Atherton JD, Denyer J. EPIDERMOLYS BULLOSA: An outiline for professionals Australia: Debra
Australia 2006.
16
le cui parole chiave siano assistenza sana e protezione da ulteriori
traumi”8.
2.1.3. La dermatite pruriginosa.
“La dermatite pruriginosa, nota come prurito può essere una sensazione
molto affliggente per ogni persona affetta da disturbi cutanei; sovente è
associata con la depressione e l’insonnia “9.
La dermatite pruriginosa è un disturbo comune agli EB, che
ne
compromette sensibilmente la qualità di vita. Non è ben noto il
meccanismo scatenante: si presuppone che l’anormale e persistente
infiammazione della pelle accompagnata dall’ uso sistemico di oppioidi
(istamino - liberatori) siano alcuni dei fattori responsabili del fastidioso
sintomo.
Questo è verosimilmente uno dei fattori più preoccupanti dell’affezione,
essendo quasi impossibile tenerlo sotto controllo.
Il prurito, che si traduce in un irrefrenabile desiderio di grattarsi, provoca
aumento di vescicazione cutanea da trauma della pelle, che a sua volta
esaspera l’irritazione. Lo sfregamento quasi convulsivo e incontrollabile
determina la rottura di bolle con perdita di essudato e sangue, odore forte
e macchie visibili sugli indumenti e sui bendaggi. Si tratta di eventi
spiacevoli che limitano ulteriormente le più semplici azioni quotidiane e le
interrelazioni sociali degli affetti da EB.
2.1.4. Le contratture e le cicatrizzazioni.
La maggior parte delle ferite presenti sulla pelle dei colpiti da Epidermolisi
Bollosa
guariscono
mediante
cicatrizzazione
atrofica
che
provoca
contratture a mani e piedi. La frequenza di tali processi suscita la perdita
funzionale delle dita “poiché mani e piedi appaiono come imbozzolati nel
8
Ibidem p. 16.
9
Ibidem p.6.
17
tessuto cicatriziale, fenomeno noto come deformità del mezzo guanto o
pseudosindattilia.”10 In questi casi l’invalidità è conclamata, e diventa
quasi impossibile svolgere le più semplici azioni quotidiane. Camminare,
afferrare un oggetto, scrivere, abbottonare una camicia, aprire una
serratura si trasformano in ardue sfide personali per pazienti non più
autonomi, costretti a richiedere costantemente aiuto.
Le contratture della mano sono una conseguenza che, seppur ritardabile
mediante una corretta gestione, non sono evitabili nel decorso della
patologia e si risolvono esclusivamente nel trattamento chirurgico.
Poiché si riformano con il passare del tempo è necessario ripetere
l’intervento, sottoponendo quindi il soggetto a procedure pre - operatorie
ed anestetiche comunque e sempre rischiose. Data la delicatezza dei casi
in questione, queste attività peculiari di ogni intervento chirurgico,
diventano una vera e propria impresa, giacché si potrebbe incorrere in
danneggiamenti e di natura cutanea e scaturiti dagli strumenti anestetici
utilizzati.
2.1.5. Il tratto gastrointestinale.
Da un punto di vista clinico, è interessante sapere che le cicatrizzazioni
interessano
il
rivestimento
cellulare
della
bocca
ed
il
tratto
gastrointestinale; spesso insorgono nella zona orofaringea, determinando
purtroppo nei casi acuti l’ostruzione delle vie respiratorie superiori. La
compromissione gastrointestinale, visibile nelle JEB e DEB, conduce nella
maggior parte dei casi alla riduzione dell’apporto nutritivo, alla stenosi
esofagea, alla disfagia ed al reflusso gastroesofageo.
A partire dalla bocca la microstomia, dovuta alle cicatrizzazioni ed alla
fragilità della mucosa orale, provoca una scarsa igiene dentale, a cui
solitamente segue la perdita della dentatura. La mancanza dei denti rende
10
Pillay E. Epidermolysis bullosa. Part 1: causes, presentation and complications. British Journal
of Nursing 2008; 17no 5: 294.
18
difficile la masticazione, d’altronde le dentiere sono controindicate poiché
arrecano danni alle deboli gengive. La malnutrizione, spesso frequente, è
il risultato diretto di infiammazioni e di ferite multiple aperte che,
sanguinando, provocano la perdita di essudato e quindi di sostanze
nutrizionali preziose.
Lo scarso apporto è determinato dalla vescicazione, dal dolore che i
pazienti accusano a livello orale, dalla bollosità e dal restringimento
esofageo. Questo è trattato con dilatazione tramite stent esofageo sotto
raggi X, operazione necessaria in taluni casi, ripetuta con regolarità.
Si interviene inoltre consigliando una dieta leggera e liquida rafforzata
dalla nutrizione supplementare attraverso gastrostomia, presidio invasivo
che richiede cure e pulizia costanti.
La malnutrizione e lo scarso apporto alimentare rendono difficoltoso il
normale transito intestinale e l’ evacuazione alternando fenomeni di stipsi,
dovuti anche alla vescicazione dell’anello anale, ad episodi diarroici.
2.1.6. Il dolore.
Il dolore, considerato come V parametro vitale, è il sintomo tipico
accusato dai pazienti EB a prescindere dal sottotipo. La frequenza e
l’acutezza del dolore è proporzionale alla gravità dell’affezione; “più del
50% dei pazienti affetti da RDEB avvertono quotidianamente, su scala
numerica da 0 a 10, dolore pari o superiore a 5.“11
Mentre la causa del dolore è multifattoriale, la pelle e le lesioni associate
dell’EB sono la ragione principale del disagio. Questo si manifesta a riposo
per la pressione esercitata sulle vesciche e sulla cute scoperta, per
infezione secondaria, per slittamento dei bendaggi dovuto a movimenti
fisici, ed è esacerbato naturalmente dal trattamento apportato durante i
cambi della fasciatura o il bagno.
11
Ibidem p.6.
19
Il controllo e la gestione del dolore sono priorità anche infermieristiche
espresse nell’art. 34 del Codice Deontologico: «L’infermiere si attiva per
prevenire e contrastare il dolore e alleviare la sofferenza. Si adopera
affinché l’assistito riceva tutti i trattamenti necessari».
In questi
particolari casi, per
affrontare
un approccio
terapeutico
opportuno, bisogna registrare i livelli di dolore prima durante e dopo le
pratiche infermieristiche quali i cambi delle fasciature, il bagno ed altri
interventi afflittivi.
Al dolore prettamente fisico, risolvibile con somministrazione di analgesici
anche ad azione topica, si associa il malessere psicologico e mentale
stimolato dalla consapevolezza e dall’ansia di “dover sentire dolore” nella
effettuazione di svariate pratiche giornaliere.
Particolarmente utile è la vicinanza affettiva ai pazienti; distrarli attraverso
la musica o semplici discorsi, durante le lunghe medicazioni, apporta
giovamento
e
serenità
allontanando,
nei
limiti
del
possibile,
una
sensazione reale ed effettiva che compromette gravemente la vita degli
EB.
2.2. Vivere con l’EB.
L’assistenza all’EB deve necessariamente far parte di un quadro olistico
nel
quale
il
supporto
fisico
e
funzionale,
promosso
da
équipe
multidisciplinari competenti adeguatamente formate, è accompagnato da
una ben più sottile e silente forma di sostegno; quello psicologico ed
umano.
Ogni figura operante con soggetti EB deve essere pienamente consapevole
dei disagi vissuti quotidianamente dai malati e dai loro familiari, deve
avvertire il bisogno inconscio di sicurezza e vicinanza, il desiderio di
amicizia e rispetto, la paura e l’angoscia di sentirsi diversi.
Affinché la terapia risulti efficace, si richiedono non solo accortezze
scientifiche e mediche, ma anche attenzioni semplici e banali, il più delle
20
volte trascurate o addirittura dimenticate. Un sorriso, uno sguardo dolce,
una carezza sulla fragile cute certamente gioverà loro, e sul piano fisico e,
soprattutto, sul piano morale. Chi soffre di questa malattia è il primo
amico/nemico di se stesso e, fin dalla nascita, alterna stati d’animo
contrastanti e preoccupanti. Dall’innocenza, tipica dell’infanzia si arriva
con il trascorrere degli anni alla consapevolezza della propria condizione
invalidante. Quindi nell’età adulta predominano sentimenti di accettazione,
apertura mentale, desiderio di ”combattere“, o di totale rifiuto e riluttanza,
il che conduce a quella chiusura che anticipa la depressione. Per evitare
quest’ultima evenienza è doveroso che gli operatori si approccino in
maniera corretta e positiva ai parenti ed ai pazienti EB, che avranno
contatti ripetuti e costanti con l’ambiente e le strutture sanitarie.
Tutti, a partire dagli infermieri (primo contatto all’ingresso di ogni
ospedale),
devono
sapere
come
intervenire
per
non
irritarne
la
comprensibile suscettibilità, devono essere preparati a quadri clinici forti e
turbanti, a richieste precise e petulanti, ai rimproveri e alle lamentele di
chi conosce, teme e vive con una pelle che non può essere definita tale.
2.2.1. Il concetto di trauma.
Solitamente per trauma fisico si intende, a prescindere dalla gravità, un
evento esterno, un incidente che interrompe bruscamente il normale corso
dell’esistenza di un individuo. Si può ripristinare mediante interventi
psicologici mirati a chiarire il fatto, di modo che il singolo si riadatti ad una
nuova realtà.
Questo molto difficilmente avviene nel paziente affetto da EB.
La Dottoressa Kate Moss, psicoterapeuta operante al St Thomas’ Hospital
di Londra, afferma che “l’ Epidermolisi Bollosa è essa stessa il trauma, nel
senso più fisico della parola, in quanto la fragilità della pelle è responsabile
al minimo contatto di danno perfino spontaneo. Si tratta per di più di un
trauma presente già dalla nascita, anzi addirittura ancor prima, all’atto del
21
concepimento. È un trauma neurobiologico che agisce dal di dentro,
latente nel DNA, per il quale non c’è terapia, e che si conclude con la
morte ”12.
Comunemente i pazienti affetti dalle più gravi forme di EB manifestano, in
risposta ad un evento così devastante, due meccanismi difensivi: la
dissociazione e la rottura. L’essere additati come “diversi“ si traduce in
una continua violenza psicologica che annulla i vincoli fra l’io e l’altro,
privando l’individuo dell’umanità e della dignità che gli sono assolutamente
dovute.
La rassegnazione alla diversità fa sì che i pazienti, se non opportunamente
stimolati da un ambiente sociale e familiare aperto, si estraneino dal
vivere
comune,
mantenendo
solo
i
contatti
necessari
alla
loro
sopravivenza, e vivendo così un’esistenza passiva, priva di stimoli. È
indubbio che l’ambiente giochi un ruolo fondamentale nell’integrazione
sociale
e
nel
superamento
quotidiano
dei
vari
traumi
che
sperimenteranno; all’impegno dei familiari si affianca l’intervento di
psicologi, fisioterapisti e infermieri pronti a supportare l’individuo in ogni
fase della vita, dall’inserimento scolastico a quello lavorativo, tenendo
sempre presenti i limiti che purtroppo l’EB impone.
2.2.2. La funzione psicologica della pelle nelle relazioni
interpersonali
“…The primacy of the infant’s first perceptions of reality through the skin…
The messages he receives through that organ must be security-giving,
assuring and pleasurable if the infant is to thrive” (Montagu 1986).
La funzione primaria della pelle consiste nel fare da barriera, proteggendo
l’uomo dalle insidie e dagli insulti ambientali: verità che collassa nei
pazienti EB costretti, per via delle invalidità, a limiti fisiologici e
12
Moss K. Contact at the borderline: psychoanalytic psychotherapy with EB patients. British Journal
of Nursing 2008; 17 no 7: 449.
22
interpersonali. I malati EB, come sottolinea la Dottoressa Kate Moss nel
suo articolo “Contatto al limite“, tendono a dominare psicologicamente la
pelle dei sani, familiari, operatori socio sanitari ecc., con i quali entrano in
stretto contatto. In terapia, spesso il paziente tratterà il terapista (medico,
infermiere, psicologo, fisioterapista) alla stregua di un oggetto, secondo la
così detta proiezione dei processi interpersonali: è “l’identificazione
proiettiva, cioè l’azione del collocare su, o addirittura trasferire in un'altra
persona il se stesso ripudiato; è un modo certamente tragico di
comunicare”13. Si tratta di un atteggiamento inconscio, comune a tutti noi
nei momenti di ansia, di rabbia, di angoscia, che diventa purtroppo
evidente nelle persone con pelle fragile le quali, non disponendo di altre
armi fisiche, reagiscono, quasi senza rendersene conto, sfruttando questo
meccanismo.
Una metafora utile per comprendere quanto detto e per agevolare un
approccio costruttivo ai soggetti citati, così recita: “la pelle è un
recipiente. Nel caso dell’EB la pelle - contenitore ha fallito”.
Pazienti, che si sentono deprivati della protezione di cui la maggior parte
degli individui sani gode, indossano una corazza che dovrebbe proteggerli,
ma che di fatto li aliena da chi deve e vuole prendersene cura. Tutto ciò
compromette la vita familiare e sociale, creando ostilità, conflittualità ed
umori contrastanti, in primis all’ interno delle mura domestiche, fra moglie
e marito, fra fratelli e sorelle se presenti, fra parenti vicini e lontani. La
nascita di un figlio EB è un’esperienza devastante per i genitori che si
sentono in colpa per aver generato un essere così tragicamente diverso,
destinato a vivere soffrendo.
Fin dalla nascita il rapporto simbiotico fra madre e figlio è fortemente
minato dalla separazione a cui i due sono obbligati: la mancanza di
carezze, di abbracci, di tenerezze nel periodo immediatamente successivo
al parto provoca gravi conseguenze fisiche e comportamentali.
13
Ibidem p.22.
23
Non è semplice per una mamma pensare che la carezza più amorevole
provochi addirittura gravi lesioni sulla cute del piccolo, che un bacio o un
semplice pizzicotto gli causi dolore; è inimmaginabile lo sforzo cui una
donna deve sottoporsi per accettare e per prendersi cura di un figlio,
perenne emblema di senso di colpa e disperazione. Spesso il bambino
approfitta di questa situazione, ancor più se, clinicamente impossibilitato a
vivere una vita autonoma, si renderà conto di dover sempre dipendere,
fisicamente e finanziariamente, dai genitori, dalla famiglia o dallo stato.
Nonostante la volontà e la carica emotiva di queste mamme pronte a
lottare per il bene del figlio, sono necessarie figure ausiliarie in grado di
incentivare e aiutare l’intera famiglia, non soltanto da un punto di vista
psicologico.
2.2.3. L’ immagine di sé.
Per comprendere l’immagine che i pazienti EB hanno di se stessi è
opportuno tenere presente che le forme gravi portano a deformità
drastiche: corpo rachitico, pelle sanguinante, vescicante, maleodorante, a
livelli elevati di disabilità, a ritardo o arresto definitivo dello sviluppo.
Data la negatività di tali aspetti, è semplice immaginare quanto sia
complicato convivere con un fisico così deturpato e così antiestetico,
soprattutto
in
una
società
che
enfatizza
Fig.2
l’apparenza esteriore, la bellezza fisica, più di
qualsiasi altra caratteristica. Questo certo non aiuta
chi si deve presentare tutti i giorni con un corpo
difficile da accettare e da amare. Nel tentativo di
chiarire come si percepisca un malato di EB, un
paziente ha paragonato la propria figura a un
quadro del pittore simbolista francese Odilon Redon
intitolato l’ Uomo Cactus del 1881 (Fig.2), dicendo:
L’uomo cactus di Odilon Redon, 1881
24
«Sembra triste ed orribile; deve sentirsi ripugnante e respinto»14. Colpisce
lo sguardo impedito, murato di chi, esasperato, ci viene incontro, ma non
è accolto. Analoga sensazione riferisce un altro EB, confessando di essere
stato soprannominato dai suoi familiari “fico d’india“, frutto costellato di
aculei che allontanano il tatto. La necessità di migliorare questi sentimenti
di rifiuto, si traduce nella ricerca di pratiche costruttive utili per accrescere
i bassi e comprensibili livelli di autostima. Solo chi accetta le deformità,
maturando mano a mano, per lo più in età adulta la propria condizione,
accoglierà positivamente le terapie, i bendaggi, le medicazioni, aprendosi
così al mondo anche in termini d’integrazione lavorativa e sociale.
2.2.4. Analisi fenomenologica interpretativa.
Importante, per capire l’impatto psicologico delle ferite croniche presenti
nei pazienti EB, è il lavoro condotto da T. Adni, K. Martin, E, Mudge
nell’articolo “The psychosocial impact of chronic wounds on patients with
severe epidermolysis bullosa”.
Il metodo utilizzato è l’ IPA – analisi fenomenologica interpretativa, che
pone l’accento sull’esperienza vissuta dal singolo individuo e si sofferma
sul significato che ha per costui la condizione personale. La fonte primaria
dei dati sono interviste, che si ispirano alla convinzione di Parahoo,
secondo il quale “solo chi ha vissuto il fenomeno, può raccontarlo al
mondo esterno in termini di verità “15. Per mezzo di questa metodologia i
partecipanti hanno esternato liberamente la loro esperienza, fatta di
pensieri, di sentimenti e di approccio alla loro condizione.
Lo studio è stato condotto su 20 pazienti con diagnosi di DEB e JEB, i
quali, debitamente informati hanno acconsentito. I soggetti coinvolti
hanno un età compresa tra i 24 e i 47 anni; sono di nazionalità inglese; e
hanno impieghi e stili di vita completamente diversi.
14
Ibidem p.22.
15
Adni T, Martin k, Mudge E. The psychosocial impact of chronic wounds on patients with severe
epidermolysis bullosa. Journal of wound care November 2012; 21 no 11:532.
25
Sei gli argomenti condivisi dai partecipanti: la combattività, il dolore, le
percezioni, l’impatto emotivo, l’impatto sociale e la rete di sostegno.
Tab. 2.
Fonte: T. Adni, K. Martin, E. Mudge. The psychosocial impact of chronic wounds
on patients with severe epidermolysis bullosa. Journal of wound care November
2012; 21 No 11: 532.
Le discussioni affrontate hanno palesato svariati ed interessanti aspetti.
Quanto al primo tema, la combattività, e quindi le strategie da adottare al
cospetto delle ferite croniche, i partecipanti hanno individuato due sotto
argomenti: gli atteggiamenti, quindi le modalità adottate per gestire le
proprie lesioni, e le azioni intese come atti fisici compiuti. È prevalso il
tentativo di condurre una vita pressoché normale, malgrado le difficoltà.
Dalle azioni si desume che tutti i pazienti, meno che uno, hanno adottato
abbigliamento e indumenti comodi, larghi per coprire e gestire al meglio le
ferite.
26
Il dolore, secondo tema, è stato uno degli argomenti cruciali, essendo
questa una realtà che i soggetti vivono e raccontano con frequenza. Si
percepiscono il desiderio di fronteggiarlo, l’impatto limitante sulla loro vita,
gli adattamenti necessari per socializzare e compiere le attività quotidiane.
È inoltre tristemente emersa la conseguenza del dolore sulla vita degli altri
evidenziando come per “la frustrazione dovuta alla presenza del dolore, il
loro
comportamento
si
modificasse
al
cospetto
dei
membri
della
famiglia”16.
Proseguendo nella sfera delle percezioni, due sono i sotto argomenti
emersi: la percezione degli altri e la percezione di sé. Molti pazienti si sono
dichiarati convinti che gli altri li avrebbero giudicati negativamente
dinnanzi a ferite che provocano a volte cattivo odore ed essudato,
fenomeni che fanno erroneamente pensare ad una mancanza di pulizia ed
a trascuratezza. Nella percezione di sé, acuta era nei partecipanti la
sensazione che gli altri li percepissero come un peso.
Dalla trattazione del quarto argomento si sono evidenziati altri quattro
imprescindibili aspetti: la depressione, messa in discussione soprattutto
quando le ferite sono estese; la perdita di controllo, strettamente correlata
alla depressione ed alla frustrazione indotta dall’essudato, dalle infezioni,
dal collasso inevitabile della cute; l’imbarazzo, comprensibile per i
molteplici problemi precedentemente menzionati.
Nell’impatto sociale, quinta tematica, si è discusso dell’interruzione della
vita sociale, delle amicizie e delle occupazioni lavorative. Infatti le
caratteristiche fisiche della patologia compromettono l’esistenza comune,
che però non deve essere considerata impossibile. Molti pazienti EB hanno
dichiarato di avere un impiego, pochi ma buoni amici, una vita sociale
limitata ma accettabile.
16
Ibidem p.25.
27
L’ultimo punto sviluppato, quello sulla rete di sostegno, si è focalizzato
sulla competenza di operatori sanitari professionisti, infermieri, medici di
famiglia, e sul coinvolgimento emotivo di quanti curano le ferite. I
professionisti sanitari, in questo caso medici e infermieri, sono stati divisi
in appartenenti e non appartenenti alla rete di sostegno; naturalmente nei
confronti del professionista non inserito e quindi non competente in
materia, si è espresso sfiducia. Nel mondo dell’EB deve esserci una
connessione fra operatori sanitari e malati, dato che gli uni e gli altri sono
esperti in determinate cose, come si evince da quel che dice un paziente
dell’infermiera: «a proposito di unguenti e creme senza dubbio lei li
conosce meglio, ma, quanto a fasciature, io probabilmente ne so di più,
perché le utilizzo ogni giorno»17.
Circa gli operatori che si occupano delle ferite, i discorsi si sono
differenziati a seconda che si disponesse di infermieri qualificati o si fosse
curati dalla famiglia. In entrambi i casi sono emersi aspetti positivi e
negativi riassumibili nella seguente deduzione: il lavoro di un’operatrice
preparata e scrupolosa può evitare ai parenti il difficile compito delle
medicazioni, contribuendo così all’indipendenza del paziente, che farà a
meno con piacere dei consanguinei, risparmiando loro un triste e
antipatico impegno.
17
Ibidem p. 25.
28
CAPITOLO 3
ANALISI DEI PROTOCOLLI E DELLA GESTIONE INFERMIERISTICA
INTERNAZIONALE DELLE LESIONI NEI PAZIENTI AFFETTI DA EB
3.1. Raccomandazioni per la cura delle ferite.
Diversamente dalla maggior parte dei pazienti con ferite, i soggetti affetti
da Epidermolisi Bollosa e gli assistiti coinvolti nella loro cura, hanno
acquisito competenze specifiche in tecniche avanzate di medicazione, oltre
che adeguata consapevolezza dei benefici ottenibili dai trattamenti topici.
Gli infermieri specializzati nella gestione delle ferite e nel cambio dei
bendaggi, interagiscono con gli interessati prima di prendere una qualsiasi
decisione. È senza dubbio da evitare l’associazione di pazienti EB con
operatori sordi a ciò che viene da loro riferito circa lo schema terapeutico
da adottare. Nell’intraprendere la cura della ferita è fondamentale che
l’operatore chiarisca con il paziente, già più che esperto della propria
condizione, i limiti della sua responsabilità professionale.
Le cause più frequenti delle ferite croniche nell’EB sono dovute alla
necrosi, all’infezione da perdita della funzione protettiva della pelle con
aree lese e prurito intenso, che conduce ad un grattamento distruttivo,
all’attività cellulare squilibrata e alla presenza di essudato fortemente
alcalino, vero e proprio agente della vulnerabilità. Gli orli delle ferite sono
solitamente ipercheratosici, con presenza di essudato crostoso asciutto,
tessuto devitalizzato che inibisce la migrazione della cellule epidermiche
dai margini della ferita, aggravandone e rallentandone la guarigione. Altro
aspetto da monitorare è la pressione esercitata, quindi l’attrito, in quanto
contribuiscono a cronicizzare la ferita.
La cura delle ferite EB si presenta come una sfida che si inasprisce se
consideriamo le variabilità cliniche dei suoi tipi e sottotipi; ciascun
paziente ha bisogno di trattamenti specifici ed individuali.
29
A seguito di un’attenta disamina della letteratura internazionale dedicata
all’Epidermolisi Bollosa, si evince che per standardizzare e semplificare
queste pratiche, un gruppo di esperti riunitsii ad Alton, Ontorio in Canada,
hanno redatto una lista di 12 suggerimenti sulla cura della ferita in questi
pazienti.
“Grazie al metodo Delphi –sondaggio della condivisione - la lista è stata
tradotta in un compendio completato da quindici esperti di diversa
nazionalità, in seguito modificato in un elenco di raccomandazioni” 18.
Sono quattro i temi principali: A, B, C, D. Suddivisi in 12 argomenti
particolari,
ad
ognuno
di
questi,
corrispondono
raccomandazioni
specifiche.
Il tutto, riportato nella tabella 3 contenuta nello studio: “A Consensus
Approach to Wound Care in Epidermolysis Bullosa“, è così riassumibile.
In A, cioè la trattazione delle cause, i temi specifici affrontati interessano
la valutazione della capacità di guarire, la definizione degli obiettivi
specifici ed il programma terapeutico. Le raccomandazioni mirate a
stabilire la possibilità di guarigione, si riferiscono alla compromissione del
tipo di EB, considerando l’età del paziente, lo stato di nutrizione ed i livelli
di emoglobina, importanti, insieme con quelli dell’albumina, e per il
processo di guarigione delle ferite e per la definizione degli obiettivi
terapeutici.
In B, si descrivono i problemi del paziente: il sostegno e la gestione
dell’individuo in quanto persona; il controllo del dolore dal punto di vista
farmacologico e non; l’educazione e l’aiuto al paziente, ai genitori ed a
quanti se ne prendono cura, perché siano più collaborativi.
In C, si espone la cura delle ferite, distinta in sette momenti:
la localizzazione, la pulizia delicata con soluzioni a bassa tossicità,
18
Ibidem p.6.
30
l’asportazione delle vesciche, la valutazione ed il trattamento della cute in
caso di infiammazione anormale o infezione, la scelta della fasciatura
topica a seconda del sottotipo, la valutazione del tasso previsto di
guarigione, la constatazione della radicalità della ferita o la presenza di
aree marginali atipiche (segno di carcinoma cellulare squamoso).
In D, si tratta dell’ apparato organizzativo, cioè della struttura impegnata
nell’assistenza sanitaria, costituita di infermieri/e specializzati e di clinici
interprofessionali in grado di approcciarsi ai nuovi casi.
Tab. 3.
Main
Themes
A. Treat
the
cause
B.
Patient
centered
concerns
Specific
Themes
1. Assess the
patient’s ability
to heal
2. Develop
individualized
goals and plan of
care
3. Address and
support
management of
patient centered
concerns to
enable healing
4. Provide
education and
support to the
patient/parent
and their circle of
care to increase
treatment
adherence
Specific Recommendations
∙ Evaluate EB type specific involvement
(simplex junctional, dystrophic, kindler syndrome) and
co-morbidities.
∙ Consider age of the patient.
∙ Assess nutrition status: growth centiles, BMI.
∙ Monitor hemoglobin levels.
∙ Low hemoglobin consider: Fe supplementation,
transfusion (s)
∙ Low albumin: protein supplements, feeding tube, etc.
∙ Address other specific sub-type involvement.
Pain:
∙ World Health Organization pain ladder for nociceptive
Pain.
∙ Neuropathic pain: consider tricyclics, gabapentin,
Pregabulin.
∙ Local or topical approaches.
Itch (only partly histamine mediated).
∙ Combine non-sedating H1 antihistamine in the morning
with sedating preparations at night.
Activities of Daily Living.
∙ Consider rehabilitation consult.
∙ Build confidence with patient and their circle of care
individuals, to increase adherence.
∙ Develop interprofessional team.
∙ Explore the support from established EB centers.
Consult:
∙ ebcare network ([email protected].
edu).
∙ debra foundations
(www.debrainternational.org;http://www.debra.org/international)
C. Local
wound
care
5. Assess wound
locations and
characteristics
∙
∙
∙
∙
Location.
Target wound or wounds.
Longest length x widest width at right angles.
MEASURE mnemonic.
31
6. Gently cleanse
wounds with low
toxicity solutions
7. Debridement
8. Assess and
treat
D.
Provide
organiza
tional
support
9. Select an
appropriate
dressing/topical
therapy based on
the subtype of
EB
10. Evaluate the
expected rate of
healing or
reassess wound
goals of care
11. Edge effect:
if a wound is
stalled or the
edge/other areas
appear atypical,
consider a skin
biopsy to rule
out squamous
cell carcinoma or
other
complications
prior to
considering
active
therapeutic
options
12. Consider a
health care
system support
structure
including
specialized
nurses,
interprofessional
clinics and a
structured
approach to new
cases
∙ Saline, water or acetic acid (0.5% - 1.0)
∙ Consider baths, whirlpool +/- with salt, bleach, other
Antimicrobials.
∙ Drain blisters with a sterile needle to prevent tracking
BUT LEAVE ROOF ON BLISTER
∙ Consider non-traumatic conservative debridement of
Slough.
∙ Superficial critical colonization (NERDS) & abnormal
Inflammation.
∙ Deep/surrounding tissue infection
(STONEES)/generalized inflammation.
∙ Autolytic debridement – alginates, hydrogels.
∙ Superficial critical colonization – silver, honey, PHMB.
∙ Moisture balance with silicone coatings to prevent
trauma, pain.
Reassess individuals not healing at the expected rate:
∙ Low hemoglobin.
∙ Low albumin.
∙ Infection.
∙ Systemic organ compromise.
∙ Determine if wound is healable but stalled.
∙ Consider advanced or active therapies.
∙ Skin grafts.
∙ Living skin equivalents (beware of potential HLA
sensitization for future bone marrow transplant and
other procedures).
∙ Biological agents.
∙ Each new case needs diagnosis and typing/subtyping
ASAP.
∙ Develop health care system support for new patients
(existing models).
∙ Individual patients need community virtual
interprofessional team.
∙ http://www.internationalebforum.org
Fonte: Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R,
Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A
Consensus Approach to Wound Care in EpidermolysisBullosa. An Expert Panel
Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 6.
32
3.1.2. La valutazione delle ferite.
Per mettere a punto un’ efficace programma terapeutico riferito alla ferita,
vanno definite innanzitutto la superficie corporea compromessa e le
relative lesioni. Queste, in base alla manifestazione cutanea, si classificano
in vesciche intatte, vesciche aperte, erosioni, ulcere, ferite croniche
essudative e non essudative.
Pochi attualmente sono gli strumenti e i metodi validi per stabilire
l’ampiezza e la compromissione della pelle; utile risulta l’utilizzo di
fotocamere
e
di
immagini
che
monitorano
il
decorso
di
lesioni
problematiche. Questa tecnologia è integrata da un metodo obbiettivo, il
MESAURE, paradigma adottato per la valutazione delle ferite croniche.
Ad ogni lettera corrisponde una determinata azione: la M, mesaure
(misura), indica le dimensioni in quanto lunghezza e larghezza massima;
la E, exudate (essudato), sta per la quantità di essudato secreto (nulla,
scarsa,
moderata,
sanguinoso,
abbondante)
purulento);
la
A,
e
relative
caratteristiche
appearance
(aspetto),
(sieroso,
cioè
la
manifestazione, può essere necrotica (nero), fibrinosa (giallo deciso),
crostosa (giallo tenue), o granulosa (rosa e sana, o rossa e friabile, vale a
dire facilmente sanguinante); la S, suffering (dolore), valuta il dolore
percepito; la U, undermining (compromissione), è la misura in cm della
porzione lesa; la R, re-evaluate (rivalutare), è il riesame; la E, edge
(estremità), controlla la cute che circoscrive la ferita (ipercheratosica,
macerata, normale).
Questo metodo, escluso l’undermining, che non si applica alle ferite non
guaribili particolarmente problematiche degli EB, consente di formulare un
programma terapeutico, visualizzando le risposte e le modificazione
cutanee.
L’adozione del tipo di cura della pelle considera inoltre la localizzazione
della
ferita,
privilegiando
medicazioni
“comode”
per
non
debilitare
ulteriormente il soggetto.
33
3.1.3. La preparazione del letto della ferita.
“La preparazione del letto della ferita (WBP) è un vademecum sulla
valutazione, sulla diagnosi e sulla gestione delle ferite per un decorso che
porta alla guarigione ottimale, nel quale sono inclusi il trattamento delle
cause e le preoccupazioni del paziente in quanto persona “19.
I fattori della cura locale della ferita, espressi nel DIME, vengono
ampliamente discussi nel già citato studio ”A Consensus Approach to
Wound Care in Epidermolysis Bullosa“.
Nell’acronimo DIME, raffigurato nella tabella n. 4 , la D –debridement- è la
pulizia; la I -infaction/inflammation- è l’ infiammazione cronica; la M –
moisture balance- è l’equilibrio dell’umidità; la E –edge effect- è l’effetto
marginale. Ad ogni lettera corrisponde un dato quadro clinico, correlato di
osservazioni critiche, delle preoccupazioni del paziente, della cura locale
delle ferite, della finalità del trattamento e delle opzioni terapeutiche circa
i farmaci.
La corretta considerazione di tutti questi aspetti assicura l’esecuzione di
pratiche idonee a costruire un ”letto della ferita“ ottimale, sul quale
l’intervento sia proficuo, consentendo l’applicazione di farmaci.
D-DEBRIDEMENT
La pulizia è il primo passo da compiere, con delicatezza e scrupolosità,
nella cura delle ferite, tramite ”l’uso di una soluzione non citotossica,
adattata alla temperatura corporea, p.es. quella salina, l’acqua o l’acido
acetico (0.5-1.0%)“
20
. Antisettici quali lo Iodio Povidone o di Dakin sono
consigliati sulle ferite guaribili, da usare a breve termine. Questi agenti,
impiegati nel trattamento di lesioni altamente essudative per ridurre la
19
Ibidem p.6.
20
Ibidem p.6.
34
morte cellulare e l’odore, risultano però limitatamente efficaci sulla cute
degli EB, per via della sua fragilità e del dolore associato alle ferite aperte.
Nel corso delle medicazioni i pazienti accusano dolore e fastidi in primis
per la rimozione di fasciature non rivestite di silicone, che provocano
”collosità“. Per evitarla si imbibisce la pelle 5-10 minuti prima della
rimozione del presidio o, in alternativa, si asportano le fasciature in vasca
da bagno, riducendo sensibilmente il dolore ed il trauma associato alla
forza di strappo da rimozione della fasciatura. ”Una soluzione acetica
diluita (5% di aceto bianco diluito da 0,25% a 1,0%), che acidifica l’acqua
e promuove la decrescita dei batteri, o una soluzione di candeggina (5-10
ml in 5l di acqua), che acidifica l’ambiente liberando acido ipocloroso e
proteine
anticoagulanti,
riducono
il
trasporto
batterico
e
sono
particolarmente efficaci se somministrate con frequenza“21. I bagni salati
(circa 90g di sale da tavola in 10l di acqua per ottenere soluzione allo
0,9%), dato l’effetto osmotico che attenua le sofferenze, sono molto
praticati.
Tanto il bagno, cui si ricorre quando gli EB collaborano e sono in grado di
trattenersi nella vasca, quanto la doccia, mitigano il dolore, agevolando la
rimozione
della
fasciatura
ed
il
controllo
dell’infezione
grazie
ad
antimicrobici.
Oltre a questi rimedi naturali, durante l’immersione in acqua validi sono i
farmaci non profumati a base di zuppa d’avena colloidale, ad azione
antipruritica, antimicrobica ed umidificante.”Si consiglia in proposito la
gamma di prodotti Aveeno [Johnson an Johnson, Meiden head], e Dermol
[Dermol Laboratories]“22.
Terminata la detersione si rimuovono le vesciche, se presenti; per
impedirne l’estensione vanno punte con prudenza preferibilmente ”con
21
Ibidem p.6.
22
Ibidem p.6.
35
ago sterile calibro 21“23, una misura inferiore produrrebbe un foro piccolo
che si chiuderebbe con facilità, colmando il sito di nuovo materiale
purulento.
Le vesciche intatte vanno punte nel punto più basso per limitare il
danneggiamento del tessuto: ”L’ago ipodermico deve penetrare nel tetto
della vescica, parallelamente alla pelle, attraverso un foro di entrata ed
uno di uscita, per il quale il fluido si espelle“24. Altre procedure consistono
nella perforazione in più punti o nell’incisione tramite bisturi.
In tutti i casi il liquido si dovrebbe drenare autonomamente; se ciò non
avvenisse è d’aiuto un pezzo di garza soffice da adoperare spingendo
appena, l’eccessiva pressione favorirebbe l’ulteriore ingrandimento della
vescica, a danno dello svuotamento. Se si provoca dolore, è consigliabile
collegare all’ago una siringa per aspirare il materiale. Al termine
dell’intervento non bisogna mai rimuovere la pelle sovrastante, sorta di
fasciatura naturale che favorisce la guarigione, attenuando la sofferenza e
minimizzando il rischio dell’infezione esogena.
Se sulla cute oltre alle bolle vi sono escare disidratate o tessuto morto
soffice, il processo di guarigione è ancor più compromesso. L’escara è uno
stimolo pro-infiammatorio, inibitore della riepitelizzazione, mentre il
tessuto morto contribuisce alla proliferazione batterica. La pulizia assicura
la ripresa rimuovendo le cellule senescenti ed i biofilm (comunità di
microrganismi adesi ad una superficie), causa del processo infiammatorio.
Negli EB, in contrasto con le procedure stabilite per altre ferite croniche,
l’eliminazione dell’escara o del tessuto morto va eseguita con estrema
delicatezza, privilegiando metodi non fisici (autolisi, gel acquosi, fasciature
all’alginato di calcio).
23
Ibidem p.16.
24
Ibidem p.5.
36
I-INFLAMMATION/INFACTION
È rilevante, per la preparazione del letto della ferita, quindi per la
valutazione ed il trattamento, la presenza di colonizzazione batterica o di
infiammazione.
Il
coinvolgimento
dei
batteri
nella
guarigione
è
strettamente connesso alla virulenza ed alla carica batterica.
La contaminazione si riferisce alle cariche batteriche più piccole presenti
sulla superficie della ferita; la colonizzazione interessa l’insediamento delle
colonie batteriche nel tessuto, di solito senza interagire con la guarigione.
La colonizzazione critica invece, si verifica quando la proliferazione
batterica causa danno locale, al punto che la ferita si radica, ostacolando
la guarigione. L’infezione è determinata dalla carica batterica totale
definita in
>10⁵
colonie per gram di tessuto (cioè 106 o più elevato)“25,
dalla natura dei batteri invasori o dalla resistenza elevata dell’ ospite.
“I sistemi mnemonici NERDSS e STONEES, che rappresentano i due livelli
del danno batterico o dell’infezione, sono stati certificati per lo studio delle
ferite croniche”26.
Il NERDSS stabilisce la colonizzazione superficiale critica e il bisogno di un
antibiotico batterico, sulla presenza di almeno tre dei seguenti sei criteri
esposti:

non guaribilità: la ferita non si ingrandisce né rimpicciolisce;

essudato in aumento: risposta dell’ospite al danno nocivo;

tessuto friabile rosso: iperproduzione dei vasi sanguigni, dovuta
all’aumento del VEGF (Vascular Endothelial Grouth Factor), stimolato
dai batteri;
25
Ibidem p.6.
26
Ibidem p.6.
37

detriti:
tessuto
necrotico
sulla
superficie,
distinto
dal
tetto
epidermico della vescica;

odore: presenza di organismi gram negativi e anaerobi.
Il sistema STONEES definisce l’infezione degli strati di pelle più profonda e
circostanti, suggerendo l’ uso di terapie sistemiche nel caso in cui fossero
presenti, anche in questo caso, almeno tre dei sette aspetti:

aumento di dimensioni: presenza di batteri che distruggono il
margine e/o la base della ferita;

temperatura:
termometro
a
raggi
infrarossi
per
misurarne
l’ aumento e quindi il cambiamento del tessuto circostante;

os (che in latino significa osso): sondaggio alle ossa;

nuove aree collassate: coinvolgimento satellitare intorno alla ferita;

eritema
o
edema
della
pelle
circostante:
segni
clinici
dell’infiammazione cellulare;

aumento dell’essudato: come in NERDSS;

odore: come in NERDSS.
Se le ultime due citate, sono ambedue presenti è necessario distinguere il
danno batterico in superficiale, profondo, o l’uno e l’altro.
L’individuazione
di
dall’infiammazione
tre
dei
suddetti
criteri
differenzia
l’infezione
persistente, constatazione utile per una corretta
medicazione.
I
tamponi
cutanei
si
prescrivono
solo
per
determinare
la
scelta
dell’antibiotico quando si sospetta la presenza di organismi multiresistenti.
La tecnica adottata è quella di Levine27: si pulisce in primis la ferita,
avendo come obiettivo la determinazione della presenza di batteri nella
27
Ibidem p.6.
38
lesione, senza che si raccolga né l’essudato, né il tessuto necrotico giallo.
Una volta individuata l’area dove intervenire, si ruota a 360° il tampone
su una superficie di 1cm² nella parte più profonda dell’ulcera, esercitando
una pressione tale da far fuoriuscire il fluido dai tessuti, da esaminare
quanto prima possibile.
Dagli studi di R. Gary Sibbald risulta che i batteri più caratteristici, isolati
nelle ferite croniche degli EB, sono i gram-positivi: Staphylococcus areus e
alcune specie di Streptococchi; i gram-negativi: Pseudomonas Pruriginosa
e gli anaerobi.
La carica batterica si riduce durante il bagno con soluzione di candeggina
diluita o grazie all’effetto dell’aceto. Ulteriori benefici si ottengono per la
applicazione
di
Crystacide,
crema
al
perossido
di
idrogeno
lipidostabilizzata. Se a diretto contatto con la ferita o spalmata sulla
fasciatura che ricopre la lesione colonizzata, essa è ben tollerata dalla
maggior parte degli EB. Gli antibiotici topici (Acido Fusidico e Mupirocina),
si somministrano per brevi periodi di tempo, a rotazione da due a sei
settimane, per scongiurare la resistenza batterica.
Oltre ai presidi summenzionati, si dispone di un’ampia gamma di
fasciature
contenenti
argento,
(PolyHexaMethyleneBiguinide),
miele,
polimero
con
iodio
azioni
e
il
PHMB
disinfettanti
ed
antisettiche, facilitante la decrescita batterica. L’utilizzo di fasciature
antimicrobiche deve essere limitato e moderato, controllato ogni 2/4
settimane, ed interrotto nel caso in cui la colonizzazione critica sia stata
corretta o non vi siano chiari effetti benefici.
Nella gestione di ferite croniche criticamente colonizzate, suscettibili di
guarigione, si sfrutta l’attività antimicrobica dell’argento. Perché questo
ultimo esplichi le sue funzioni, va ionizzato in ambiente d’acqua o
acquoso, e non è adatto a ferite conclamate o non guaribili. L’ argento non
deve trovarsi in prossimità di farmaci a base di olio (p.es.: Petrolatum o
39
l’ Ossido di Zinco), dato che le loro molecole interferiscono sulla
ionizzazione.
Le fasciature rilasciano una quantità d’argento minima rispetto ai preparati
a base di crema d’argento di Sulfadiazina. Il suo impiego è stato associato
ad una particolare alterazione cutanea, l’argiria, cioè depositi di argento
permanenti nel derma con impallidimento della cute. Anche le fasciature
che liberano argento, provocano aspetti negativi da non sottovalutare nell’
EB, come la maculosità attorno alla ferita. Perciò bisogna ridurne l’uso,
specialmente per le lesioni ampie o nei soggetti con un’area più estesa
della ferita, rispetto al peso corporeo totale.
Efficaci sono altri agenti antibatterici topici, come gli unguenti e le
fasciature a base di miele. I benefici, sia pure per breve durata,
accrescono il dolore locale e l’essudato, inoltre il miele, una volta diluito
con il flusso della ferita, favorisce tanto il cattivo odore quanto la crescita
batterica.
M-MOISTURE BALANCE
Un giusto livello di umidità è indispensabile per incrementare ”l’ azione dei
fattori di crescita, le citochine, e la migrazione delle cellule quali fibroblasti
e cheratinociti“28, ed è cruciale ai fini della preparazione del letto della
ferita.
Se è in eccesso, l’umidità macera la pelle, distruggendo la cheratina ed
aumentando la proliferazione batterica. Se invece non è sufficiente,
ostacola le attività cellulari promuovendo la formazione dell’escara,
ritardando e peggiorando la guarigione. Perché l’ambiente sia ottimale, si
ricorre
a
fasciature
dotate
di
proprietà
occlusive,
semi-occlusive,
assorbenti, idratanti ed emostatiche, in base al drenaggio del letto della
ferita.
28
Ibidem p.6.
40
E-EDGE EFFECT
Nell’osservazione
clinica
della
ferita
merita
attenzione
la
struttura
marginale; le ferite non guaribili hanno spesso un ”dirupo“ come margine
al posto di una striatura dal contorno in graduale pendenza, spesso color
porpora per via della nuova epitelizzazione.
Se dopo la preparazione del letto della ferita (pulizia, bilanciamento
batterico, equilibrio dell’ umidità), il margine della lesione non migliora,
apparendo atipico, e la ferita si radica, si effettua una biopsia cutanea per
scongiurare il carcinoma cellulare squamoso (SCC) o altre complicazioni.
”Il SCC è la maggior causa di morbilità e di mortalità nei pazienti EB,
specie quelli con la EB Distrofica Recessiva“29. In caso di SCC più del 55%
dei pazienti gravi muoiono entro i 40 anni.
Poiché la cronicità delle ferite è normale in molti pazienti EB, l’infermiere o
chi si occupa della medicazioni, deve immediatamente sospettare di
siti,verosimilmente cancerogeni di vescicazione cronica. Qualsiasi ferita
che si estenda con rapidità, la sofferenza accresciuta, i mutamenti
d’aspetto della lesione, sono tutti eventi che necessitano di biopsia
urgente.
29
Ibidem p.6.
41
Tab. 4.
D
I
M
E
Debridement
Inflammation/
Infection
Moisture
Balance
Edge Effect
Clinical
presenta
tion
∙ Wound bed
covered with black
eschar or loose
necrotic slough.
∙ Exudate level may
range from nil to
high depending on
wound bed
dynamics.
∙Chronic inflammation.
∙Superficial increase in
Bacterial
Burden(NERDS)∙ Non-healing state or
deterioration of wound
condition.
∙ Exudate level.ꜛ
∙ Red wound bed,
bleeds easily.
∙ Debris in wound
∙ Smell.ꜛ
∙ Deep compartment
infection (STONEES).
∙ Size.ꜛ
∙ Temperature.
∙ Os(probes to or
exposed bone).
∙ New areas of
breakdown.
∙ Exudate, Erythema.
Edema.
∙ Smell.ꜛ
∙ Wounds may
present with
varying levels of
exudates from nil
to copious and
from serous and
serosanquineous
to viscous or
purulent
depending on
etiology,
concomitant
factors such as
edema,
inflammation,
infection, etc.
and nature and
degree of tissue
damage.
∙ Epithelium fails
to migrate
across a firm
and level
granulation
base.
∙ Epidermal
edge may have
a steep, cliff-like
appearance or
may be rolled
under.
∙ Undermining
maybe present.
Critical
Consider
ations
∙ Assess healability
∙ Remove debris
where appropriate
to increase rate of
healing
∙ Non-viable tissue
may prolong the
inflammatory
process and
provide a medium
for bacterial growth
∙ Identify cause and cofactors.
∙ Bacterial damage can
extend beyond the local
wound bed.
∙ Extensive bacterial
damage results in
deeper and surrounding
skin compartment
infection that usually
requires systemic
antimicrobial
treatment.
∙ Inflammation and
infection inhibit
collagen synthesis and
epidermal migration
and may lead to
increased tissue
damage.
∙ Infection prolongs
inflammatory phase.
∙ Bacterial toxins in
exudates may inhibit
the wound repair
process.
∙ Assess
healability. A
moist wound
environment
may be
contraindicated
in non-healable
or maintenance
wounds.
∙ Fluid exuded
from a wound is
not inert. It has
specific biologic
and chemical
properties that
can hasten or
prolong healing
time.
∙ A moist wound
environment
hastens the
healing process
and promotes
growth of new
tissue.
∙ Excess
moisture in the
wound bed can
impair the
healing process
and damage
surrounding skin
leading to peri-
∙ Keratinocytes
produce growth
factors and play
an important
role in wound
healing.
∙ Abnormal
keratinocytes do
not respond to
wound healing
signals.
∙ If a chronic
wound is not
30% smaller at
week 4, despite
optimal local
wound care it is
unlikely to heal
by week 12 and
advanced
therapies should
be considered.
42
Patient
centered
concerns
∙ Manage trauma
and pain
∙ Facilitate patient
empowerment
∙ Address quality of
life issues
∙ Manage trauma and
pain.
∙ Facilitate patient
empowerment.
∙ Address quality of life
issues.
Local
wound
care
∙ Assess wound
history and
physical
characteristics
∙ Debride healable
wounds
∙ Assess and treat
for increased
bacterial burden
∙ Differentiate
healability; classify as
healable, maintenance
or non-healable.
∙ Determine if bacterial
imbalance exists and if
the increased bacterial
burden is in the
superficial compartment
or a deep compartment
infection, or both.
∙ Support natural
cleansing mechanisms
of the wound.
∙ Decrease bacterial
load.
∙ Protect against further
invasion of organism.
Treatme
nt goals
∙ Support effective
debridement
∙ Minimize risk of
infection
∙ Promote patient
comfort
∙ Support natural
cleansing mechanisms
of wound
∙ Decrease bacterial
load
∙ Protect against further
invasion of organism
wound
maceration
∙ Promote
optimum
moisture
balance.
∙ Manage trauma
and pain
including periwound
maceration and
potential for skin
stripping.
∙ Address quality
of life and
facilitate patient
empowerment.
∙ Select dressing
appropriate to
exudate level to
promote optimal
moisture
balance.
∙ Evaluate need
to fill cavity or
dead space.
∙ Matched
dressing
characteristics to
wound
management
requirements
including fluid
handling
capacity,
dressing change
frequency and
peri-wound skin
health.
∙ Maintain
optimal moisture
balance.
∙ Protect the
wound bed and
support healing.
∙ Manage
absorbed
exudates and
prevent
contamination of
external
environment.
∙ Address
quality of life
and facilitate
patient
empowerment,
adherence and
co-adherence.
∙ Manage
Trauma and
Pain including
peri-wound
maceration and
potential for
skin stripping.
∙ Consider
cellular products
and other
complementary
therapies.
∙ Support the
cellular products
with appropriate
wound dressing
to optimize
management
element relative
to DIME
paradigm.
∙ Enhanced
cellular
migration.
∙ Stimulate
healing process
in chronic
wounds that
have stalled.
∙Restore cellular
function.
∙Support
favourable
wound healing
environment.
∙Protect periwound area.
43
Product
and
treatme
nt
options
∙ Surgical/Sharp
debridement
∙ Autolytic
debridement
Hydrogel
∙ Hypergel
∙ Mechanical
debridement
∙ Biological
debridement
- Maggot therapy
∙ Enzymatic
debridement
∙ Non-healable and
maintenance
wounds.
Topical Antiseptics
∙ Inflammation
Hypertonic Saline
∙ Mesalt
∙ Superficial
compartment
bacterial imbalance.
Antibacterial dressing
∙ Mepilex Ag, Mepilex
Border, Melgisorb Ag
∙ Deep compartment
infection.
Systemic antimicrobial
Therapy
Antibacterial dressing
∙ Mepilex Ag, Mepilex
Border, Melgisorb Ag
∙ Moderately to
highly
absorbent.
∙ Foam –
Mepilex, Mepilex
Border
∙ Alginates &
Hydrofibers –
Melgisorb
∙ Dry hypertonic
– Mesalt
∙ Absorbent &
Composite –
Mesorb Alldress
∙ Low
absorbent.
∙ Lite Foams –
Mepilex Lite,
Mepilex Border
Lite
∙ Hydrocolloid
∙ Acrylic
∙ Nonabsorbent.
∙ Wound Contact
Layers - Mepitel,
Mepilex Transfer
∙ Transparent
Film – Mepore
Film
∙ Hydrating.
∙ Hydrogel –
Normlgel
∙ Acellular
preparations.
∙ Growth
factors.
∙ Extracellular
matrices.
∙ Matrix metallo
proteinases.
∙ Cellular
therapies.
∙ Grafting
∙ Autologous
grafts.
∙ Epidermal,
dermal &
composite
products.
∙Complementa
ry therapies.
∙ Hyperbaric
oxygen
∙ NPWT.
∙ Supporting
products.
∙Refer to
product listing
under moisture
balance.
Fonte: Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R,
Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A
Consensus Approach to Wound Care in EpidermolysisBullosa. An Expert Panel
Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 24.
La preparazione del letto della ferita (WBP), operazione familiare a tutti i
clinici che lavorano con pazienti viventi con lesioni, è approfondita anche
nel ”Best Practice Guidelines for Skin and Wound Care in Epidermolysis
Bullosa. “ Essa, cosiddetta TIME, si basa sull’eliminazione delle barriere
che ostacolano la guarigione, in un ambiente il più possibile idoneo.
Questi i suoi principi:
T – tissue - tessuto: il letto della ferita non deve contenere materiale
necrotico;
44
I – infection or inflammation- l’infezione o l’infiammazione: si controlla il
carico batterico con terapie sistemiche o topiche. Gli stimoli infiammatori,
provocati dal grattamento insistente da prurito recalcitrante, difficilmente
si gestiscono efficacemente;
M – moisture - l’umidità: valutazione dell’essudato eccessivo, così che il
letto della ferita sia umido e preservi la pelle circostante;
E – epithelial andvaneement- processo epiteliale: può essere inibito da
attività cellulare anormale.
Quanto a T, asportazione del tessuto necrotico, detta di ”contenimento“30,
si distinguono quattro metodiche: autolitica, acuta, meccanica e terapia
larvale.
Nell’autolitica, gli enzimi proteolitici ed i macrofagi rimuovono, secondo un
processo normale, le componenti necrotiche. Le fasciature più indicate
sono: l’Hydrogel, da applicare su materiale necrotico essiccato; il miele in
confezione medica, ideale per porzioni secche o tessuto morto soffice,
infine l’Hydrofiber, le schiume e Allevyn, Gentle/Gentle Border su tessuto
morto soffice.
L’asportazione acuta, si effettua in sala operatoria; si tratta di una opzione
non comune a tutti gli EB, in quanto la maggior parte delle ferite croniche
sono
particolarmente
dolorose
e
sanguinano
abbondantemente.
L’asportazione meccanica avviene mediante tamponi (DebriSoft, Activia
Healthcare –Ltd, an L+R company) o con semplice irrigazione e ripulitura
del sito. La pelle e le ferite degli EB sono state trattate positivamente
tramite bagni, in alcuni centri con piscina, dove la rimozione del materiale
necrotico è avvenuta più facilmente. In taluni casi è necessaria, prima che
si intervenga, l’analgesia.
30
Ibidem p.5.
45
Circa la terapia larvale, ”ha riscosso notevole successo nella rimozione del
materiale necrotico, in particolare da quando si è potuto disporre di larve
in confezione «sacchettino da té», piuttosto che in ordine sparso, questo
ultimo comportando difficoltà di contenimento“31. Le larve, mantenute
umide nell’apposito sacchetto, per ridurre il disgusto del paziente, si
collocano nell’alveo della ferita. Questa metodica insolita, talvolta sgradita,
non è conveniente a pazienti sottoposti a terapie anticoagulanti, ne a
ferite con vasi sanguigni esposti o facilmente sanguinanti.
Quanto a I, la fragilità cutanea porta a colonizzazione batterica in tutte le
EB, specie nelle forme più gravi, a molteplici ferite di lunga durata, che
privano l’organismo di difese primarie contro i microbi. L’aumento delle
cellule necrotiche compromette la guaribilità; ne consegue che cruciale
negli EB sono situazioni analoghe, così da adottare misure che prevengono
l’infezione.
Quanto a M, la gestione dell’essudato, causa la sua quantità e la sua
viscosità, è difficile e complessa. La viscosità elevata si traduce in cattivo
assorbimento della fasciatura, ed in accumulo al di sotto di essa, a danno
del letto della ferita e della pelle circostante. ”L’ assorbimento è maggiore
se si usa un liquido a bassa viscosità“32. Il controllo dell’essudato dipende
anche dal fatto che il liquido in eccesso possa fuoriuscire dalla parte
posteriore della fasciatura, che garantisce un tasso di trasmissione di
vapore ad alta umidità (MVTR).
Nella E, lo specialista, pur conoscendo le cause della cronicità, si può
trovare al cospetto di ”letti della ferita“ apparentemente sani, pur se non
rivestiti di epitelio. Allora, si devono considerare fattori iatrogeni, come il
trauma indotto da fasciature, specie se aderenti o cambiate con frequenza
inopportuna. I margini della ferita possono essere aggravati da calli e da
ipercheratosi; l’essudato, che corrode la pelle intatta, diventa agente di
31
Ibidem p.5.
32
Ibidem p.5.
46
vulnerabilità e di mancata epitelizzazione. La macerazione della pelle
attorno alla lesione è evidente nelle aree in cui l’essudato drena verso il
basso; caratteristico il colore rosso fuoco dell’escoriazione e l’aumentata
sofferenza dei pazienti.
3.1.4. Scelta dei trattamenti per le ferite croniche degli
Eb
Spetta all’ infermiere,professionista preparato e competente, la gestione
corretta nelle lesioni cutanee negli EB: egli deve conoscere i presidi a
disposizione, le relative peculiarità, i benefici che si possono trarre da una
medicazione invece che da un’altra; egli inoltre deve saper scegliere il
trattamento da praticare.
La letteratura internazionale fornisce interessanti e risolutive nozioni,
applicabili
non
solo
alle
ferite
dei
pazienti
EB.
Nel
Regno
Unito
l’assistenza agli affetti da una così infelice patologia, legalmente approvata
ed autorizzata, corroborata dalla richiesta specializzazione,
mira
a
garantire loro una vita dignitosa, quanto più possibile serena.
Poiché
le
medicazioni
abbisognano
di
tempi
lunghi
e
delicate
manipolazioni, si deve essere in due ad intervenire, in ambiente
opportunamente riscaldato dove le norme igieniche siano pienamente
rispettate. La scelta della fasciatura dipende dalle condizioni della ferita,
dal quadro clinico globalmente inteso.
Ad ogni ferita corrisponde una determinata fasciatura: alle non-essudative
scoperte si addicono le schiume al silicone soffice, i tamponi assorbenti, le
fasciature lipidocolloidi; alle essudative sono di beneficio i presidi dinanzi
citati, esclusi i tamponi assorbenti, sostituiti dalle idrofibre; per l’escara
utili sono i gel acquosi e la cellulosa biosintetica; nelle infette o
criticamente colonizzate si prediligono le schiume traumatiche, le idrofibre
e gli alginati; per le lesioni dolorose si suggeriscono rivestimenti al silicone
soffice (p.es. Safetac Technology), cellulosa sintetica, e Hydrogel a strati;
47
per la dermatite pruriginosa il rivestimento al silicone soffice e la cellulosa
biosintetica
si
associano
all’Hydrogel
a
strati;
l’ipergranulazione
è
combattuta da presidi a base d’argento o altri antimicrobici; infine, a
protezione delle ferite, si ricorre di norma a schiume al silicone soffice,
tamponi assorbenti o fasciature lipidocolloidi.
Ogni bendaggio, quali che ne siano le caratteristiche, è più funzionale se
applicato correttamente su ferite, ognuna delle quali necessita di un
trattamento specifico. La tab. n. 5 nelle ”A Consensus Approach to Care in
Epidermolysis Bullosa“, indica le categorie delle fasciature, le proprietà e
le raccomandazioni terapeutiche.
Tab. 5.
Type of Wound/
Indication
Foams
Primary
dressing
Secondary dressing
Topical therapy
∙ Mepilex
∙ Contains silicone layer to
make these non-adheren.
∙ Allow large
amounts of fluid
and wound
drainage to be
absorbed.
∙ Mepilex Lite
∙ Mepilex
Border
∙ Mepilex
Border Lite
∙ PolyMen
(expert opinion
from panel
members)
∙ Generally made from
hydrophilic polyurethane.
∙ Non-occlusive. Semipermeable surface allows
exudates into the dressing
and foam traps moisture.
∙ Provide padding
and protection to
wounds.
∙ Depending on
the amount of
exudates, can be
left in place up to
7 days.
∙ Some require
secondary
dressing to hold
in place.
∙Bordered
dressing may
sometimes be too
sticky and should
be used with
48
caution.
Hydrogels
∙ Gels:
∙Duoderm
∙Intrasite
∙Sheets (Cool
dressing):
∙Made out of insoluble
polymers that expanded in
water and hydrate wounds.
∙ For wounds with
minimal or no
exudates.
∙ Provide autolytic
debridement.
∙ Due to
hydrating
capacity, these
offer cooling
effect and may
aid in relief of
pain, itch and
discomfort.
∙Made of non-woven fibers
derived from seaweed.
∙ Requires
exudates.
∙ Turn into a non-sticky gel
when in contact with wound
drainage.
∙ Does not work
on dry wounds or
wounds with
eschar.
∙ActiFoamCool
∙Intrasite
Conformable
Alginates
∙ Kaltostat.
(calcium or
calcium/sodium)
∙ Calcium alginate
dressing release
calcium ions that
help stop
bleeding.
Hydrofibers
Modified
absorbent pads
∙ Acquacel
∙ Telfa
∙ Restore
∙ Mesorb
∙ Made out of sodium
carboxymethyl-cellulose that
when in contact with wound
drainage becomes a gel and
provides a moist
environment.
∙ More absorbent
that alginates.
∙ Consider in
wounds with
heavy drainage.
∙ Thin layer of absorbent
cotton fibers that are
enclosed in a sleeve of
perforated polyethylene
terephthalate and sealed
along two edges.
∙ A plastic film prevents
dressing from adhering to
wound surface and
49
perforated surface allows
passage of exudates into the
pad.
Contact layers
∙ Mepitel
∙ Mepitac
∙ Silflex
∙ Protective, inert material
that allows non-traumatic
removal (Mepitel scientific
studies, other expert
opinion).
∙ Adaptic touch
∙ Siltape
Biosynthetic
cellulose
∙ Suprasorb X
∙ Dressing consisting of
cellulose, water and
0.0085% chlorhexidine
gluconate (preservative) that
has ability to both absorb
and donate moisture.
∙ Also considered
a cooling
dressing, aids in
pain reduction
and adding
moisture to
wounds
∙ May also reduce
itch.
Lipidocolloid
dressing
∙ Urgotul
∙ Restore
(North
American
equivalent to
Urgotul)
∙ Composed of an open
weave polyester mesh
impregnated with
hydrocolloid polymers
dispersed within petrolatum.
∙ For wounds with
exudates. Also
used for
protection of
vulnerable areas.
∙ When in contact with
exudates, the hydrocolloid
polymers are hydrated with
exudate, the hydrocolloid
polymers are hydrated and
constitute with the
petrolatum a lipidocolloid
interface that provides a
non-adherent surface.
Fonte: Pope E, Lara-Corrales I, Mellerio JE, Martinez AE, Schultz G, Burrell R,
Goodman L, Coutts P, Wagner J, Allen U, Lee M, Tolar J, Sibbald RG. A
Consensus Approach to Wound Care in EpidermolysisBullosa. An Expert Panel
Report .Toronto: American Academy of Dermatology 2012: 24.
50
Le schiume, vale a dire il Mepilex e il PolyMen, assicurano l’assorbimento
dell’essudato e durano fino a 7 giorni. Il Mepilex, formato da uno strato di
silicone per non aderire alla cute, si divide in ”Mepilex Lite, più sottile
rispetto al classico e più adatto a superfici corporee curve e a indici di
essudato bassi“33, Mepilex Border e Mepilex Border Lite.
PolyMen, fatto di poliuretano idrofilo, ha proprietà non occlusive con
superfici semipermeabili che mantengono l’essudato all’interno delle
fasciature in un ambiente umido.
Gel acquosi sono il Duoderm, l’Intrasite, l’Intrasite Conformable e lo
ActiFoamCool, costituiti da polimeri insolubili che si espandono nella acqua
e nelle ferite idratate, consentendo la pulizia autolitica; previsti per lesioni
con essudato minimo o nullo, idratanti, assicurano freschezza, alleviando il
dolore, il prurito ed il disagio.
Alginati (calcio o calcio e sodio), cioè il Kaltostat, un insieme di fibre
non tessute ricavate da alghe marine che diventa, a contatto con il
drenaggio della ferita, un gel non colloso; non agisce sulle ferite secche o
con escare, è emostatico -il calcio di algina libera ioni di calcio che
bloccano il sanguinamento.
L’Hydrofibers come l’Acquacel, è un bendaggio fornito di proprietà
antimicrobiche; formato di Cellulosa CarboxyMethil al Sodio, applicato alle
ferite drenanti, fa da gel, che promuovendo un ambiente umido, assorbe
molto più degli alginati ed è utilizzato nelle ferite con essudato
abbondante.
I tamponi assorbenti modificati quali Telfa, Restore e Mesorb sono un
sottile strato di cotone assorbente, racchiuso in un manicotto di tereftalato
polietilene perforato e sigillato alle due estremità; una pellicola in plastica
impedisce l’adesione della fasciatura alla superficie cutanea, e la sua parte
perforata garantisce il passaggio dell’essudato nel tampone.
33
Ibidem p.16.
51
Si definiscono strati a contatto il Mepitel, il Mepitac il Silflex, l’Adaptic
touch e il Siltape. ”Il Mepitel, uno dei primi bendaggi atraumatici prodotti,
è fornito di rete poliamide, rivestita di morbido silicone, che resta in loco
non aderendo alla ferita né alla pelle intorno ad essa“34. Può essere
lasciato per 7 giorni, cambiato agevolmente senza causare sofferenza o
traumi.
La cellulosa biosintetica, cioè il Suprasorb X, fasciatura composta di
cellulosa, di acqua e dello 0,085% di gluconato di clorexidina, capace di
assorbire e distribuire umidità, è considerata rinfrescante e antipruritica.
La fasciatura lipocolloide, l’Urgotul, è formata da un reticolo di
poliestere, tessuto aperto imbevuto di polimeri idrocolloidi sparsi nel
petrolato. A contatto con l’essudato, i polimeri idrocolloidi si idratano,
componendo con il petrolato una interfaccia lipidocolloide che fornisce una
superficie non-aderente. L’ Urgotul si rinnova ogni 2/3 giorni, tuttavia può
essere lasciato in situ fino a 6/7 giorni in base alla quantità d’essudato
prodotta. È inoltre largamente utilizzato come protettivo delle aree
vulnerabili.
Quale che sia lo stato dello EB, è sconsigliabile il bendaggio adesivo,
peraltro efficace se si è in difficoltà con le aree di fasciatura e qualora si
renda necessaria una medicazione di rinforzo, ad es. in caso di
inserimento di catetere venoso. L’ Appeel (ClinicalMed, High Wycombe),
un particolare prodotto farmacologico in forma di spray o salviette,
consente la rimozione di presidi adesivi senza provocare danni cutanei.
Utilizzato attorno al bordo della ferita, si rimuove dopo alcuni secondi,30
se
la
medicazione
assolutamente
è
evitare
impermeabile.
di
danneggiare
Adoperato
gli
occhi;
sul
si
viso,
si
deve
prediligono
le
salviettine, o spray in scarsa quantità, spruzzato nel suo coperchio, che
sgocciola nell’area interessata. Mather e Denyer (2007) lo consigliano
perché asporta con rapidità e sicurezza qualsiasi adesivo(p.es. elettrodi,
34
Ibidem p.16.
52
cerotti
per
accessi
venosi,
sacche
per
stomie),
ricollocabile
immediatamente, dato che l’Appeel non richiede ulteriore pulizia, idrata la
cute ed asciuga rapidamente.
Se non è disponibile, è utile impregnare l’adesivo adeso alla cute, con un
prodotto a base di olio al 50/50 (paraffina liquida e paraffina bianca
soffice).
Va
ricordato
infine
il
”metodo
di
rimozione
che
consiste
nel
«riattorcigliamento in se stesso del prodotto» per contenere le forze di
strappo esercitate“35.
L’assicurazione del bendaggio richiede la massima oculatezza e la
collaborazione del paziente, consapevole dei limiti di tolleranza della
propria
pelle.
Ulteriori
lesioni
vanno
scongiurate,
per
evitare
lo
spostamento delle medicazioni, che comporta perdita di essudato alla
presenza di altri e senso di profondo disagio nel paziente. Il movimento
dei bendaggi può provocare l’adesione delle ferite all’abbigliamento e alla
biancheria da letto, evenienza dolorosa che non favorisce la guarigione.
Efficaci sono i bendaggi tubulari e quelli a leggera ritenzione, perché
evitano il tanto temuto slittamento delle medicazioni, e non traumatizzano
ulteriormente la pelle.
3.1.5. I presidi per le ferite degli EB nei paesi sottosviluppati.
Dove le possibilità finanziare sono molto scarse, e le attrezzature sanitarie
particolarmente carenti, in mancanza di farmaci fin troppo costosi, gli
operatori sanitari intraprendenti, in armonia con pazienti e relative
famiglie, adottano una terapia alternativa, in un certo senso creativa.
Infatti, come riferito nei trattamenti ”non ortodossi“, raccontati nelle ”Best
Practice Guidelines for Skin and Wound Care in Epidermolysis Bullosa“, al
posto delle fasciature del ”mondo del benessere“prevalgono: in caso di
35
Ibidem p.16.
53
ferite aperte a pelle intatta, la pellicola adesiva e trasparente per alimenti,
comunque protettiva, e sotto la quale, se disponibile, andrebbe spalmato
un unguento antisettico e antimicrobico; le cartine di sigarette, da
cambiare ogni giorno, asportabili tramite irrigazione o bagno; il panno di
cotone e garza per ferite aperte a pelle intatta, da cospargere con
emolliente oleoso, da sostituire spesso per evitare l’aderenza; infine la
carta igienica impregnata di grasso fuso, con rimozione quotidiana o
liberazione in vasca.
3.1.6. Il miele: possibile alternativa farmacologica?
Al miele, noto come curativo fin dai tempi degli antiche Egizi, prescritto
dallo stesso Ippocrate, utilizzato in India per le ulcerazioni, con particolare
riferimento ai lebbrosi, sono state riconosciute a partire dalla fine del
secolo scorso proprietà risolutive dell’infezione delle ferite, oltre che la
duplice capacità di controllare la carica batterica e di agire da deodorante.
(Molan 1999).
”Secondo Molan and Betts (2004), il perossido di idrogeno liberatosi
dall’ossidasi del glucosio e da altri fitochimici del nettare, svolge un ruolo
anche antimicrobico“36; l’efficacia dura 2/3 giorni, e la medicazione va
rinnovata a seconda dell’indice dell’ essudato.
Soltanto il miele dell’albero Leptospermum (specialmente Manuka Bush),
che si trova in Nuova Zelanda, opportunamente elaborato, può essere
curativo delle ferite. Diversamente da quello comune, nel quale talune
proprietà antibatteriche sono vanificate dal calore, esso è sterilizzato
quindi scongiura il rischio di contaminazione da parte delle spore del
Clostridium.
L’infermiera specializzata Jenni Hon ha dedicato una relazione molto
interessante all’ ”impiego del miele per curare la ferita cronica del paziente
36
Hon J. Using honey to heal a chronic wound in a patient with epidermolysis bullosa. British
Journal of Nursig 2005; 14 no 19: 55.
54
EB“37. Pur se in laboratorio non si è potuto attestare la validità scientifica
dei suoi effetti, al cospetto di ferite croniche, fallita qualsiasi altra terapia,
il miele si è presentato come ”estremo rimedio“ e, di fatto, nel caso
menzionato dalla relatrice, ha sortito un buon risultato.
Protagonista è Andy: trentunenne, affetto da DEB recessiva, con ferita
conclamata al ginocchio sinistro mai guarita malgrado l’utilizzo per ben
ventidue anni di un’ampia gamma di medicamenti; in grado di curarsi da
sé una volta diventato adulto, purtroppo, forse a seguito di antibiotici, è
caduto in depressione.
A questo punto la Hon gli ha proposto l’applicazione di Activon Tulle,
prodotto a base di miele, regolarmente prescrivibile. Resasi conto che la
acidità del miele provoca una sensazione dolorosa ed accresce l’essudato,
ha deciso di applicare in un secondo momento sull’Activon Tulle la
fasciatura Eclypse, ”morbida, ad elevato assorbimento, con supporto
posteriore impermeabile“.38
Andy fin da principio ha avvertito sempre meno prurito, fastidio e perdita
di essudato. In 15 settimane dall’inizio del trattamento la ferita è sanata
completamente39. Si è trattato di una procedura non difficoltosa, ben
tollerata dal paziente, la cui qualità di vita è sensibilmente migliorata.
Senza dubbio l’ infermiere deve acquisire una eccellente preparazione
tecnica. Questa data l’imprevedibilità dell’esistenza umana, non può
essere risolutiva di tutte le situazioni assistenziali, ognuna legata al
paziente in quanto singolo individuo. È necessaria non poca umiltà ed una
notevole capacità intuitiva per percorrere nuove strade, consapevoli del
rischio di fallimento che ciò comporta.
37
Iidem p. 52.
38
Ibidem p.52.
39
Allegato III.
55
È detto nel Talmud: «Abbiamo il compito di contribuire all’ opera ma non
c’ è dato di portarla a termine».
Tab. 6.
Classificazione delle medicazione e loro gestione in base alle forme di EB.
FORME DI
EPIDERMOLISI
GESTIONE
•
EB SIMPLEX
•
•
•
EB SIMPLEX
DOWLING
MEARA
•
•
EB
GIUNZIONALE
•
•
TIPO DI FASCIATURA
Prevenire l’ infezione,
raffreddare i siti bollosi e
proteggere la pelle.
Evitare bendaggi sulle bolle:
queste, surriscaldando
incrementano la vescicabilità.
In aree soggette a forte
pressione indossare indumenti
di seta, privi di cuciture.
•
Guarire le ferite escludendo
l’utilizzo di fasciature
protettive , causa di ulteriore
danneggiamento.
Applicare Paraffina bianca
soffice e liquida in parti.
Usare abbigliamento privo di
cuciture.
•
Trattare le ferite croniche.
Controllo delle suddette e
della granulazione tissutale in
eccesso.
•
•
•
•
•
•
•
•
Mepitel, Adaptic
Touch, Urgotul sullo
strato a contatto con
la ferita.
Metile, Mepilex Lite,
Mepilex Transfer
come protezione.
Intrasite
Conformable,
ActiFormCoal,
Suprasorb X
rinfrescano,
riducendo il calore.
Urgotul sullo strato a
contatto con la ferita.
PolyMen per ferite
presenti sin dalla
nascita.
Aquacel a protezione
dei bordi delle
fasciature.
Urgotul, Mepitel,
Adaptic Touch sugli
strati a contatto con
la cute.
PolyMen per ferite
acute e croniche.
Mepilex Lite e Mepilex
Transfer per
proteggere e
assorbire.
Cutimed e Silfetec in
caso di essudato
abbondante.
56
EB DISTROFICA
•
•
•
•
Evitare la colonizzazione
critica e l’ infezione.
Proteggere da traumi, evitare
le contratture e ridurre il
prurito.
Controllare la perdita di
essudato
Limitare l’ odore e il prurito.
•
•
•
•
•
•
•
Mepitel, Adaptic
Touch, Silflex per
ferite umide.
Urgotul per ferite
asciutte ed a
protezione delle aree
guarite e vulnerabili.
Mepilex, Mepilex Lite,
Mepilex Transfer per
assorbire l’essudato
leggero.
Cutimed e Silfet in
caso di livelli elevati
di essudato.
Sorbion,
Sana/Sorbian, Sachet
S, Flivasorb, Curea P1
quando all’ essudato
abbondante si associa
il sanguinamento.
Allevin e UrgoCell per
assorbire e
proteggere.
PolyMen per ferite
croniche necessitanti
di ripulitura.
57
CAPITOLO IV
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA CONOSCENZA E
SULL’ ASSISTENZA AL PAZIENTE AFFETTO DA EPIDERMOLISI
BOLLOSA
4.1. Scopo e finalità dello studio.
L’obiettivo di questo studio, insolito nello scenario infermieristico italiano,
consiste nel sondare il livello di conoscenza di una malattia rara:
l’Epidermolisi Bollosa.
Nonostante sia una patologia insolita, particolarmente complessa, che in
Italia colpisce 1:82.000/100.000 nati, la sua gestione merita di essere
approfondita ed arricchita di nozioni pratiche e non che, nel nostro Paese,
a tuttora, sono purtroppo alquanto scarne. Chi soffre di EB vive, sin dalla
più tenera età, una vita piena di difficoltà, che senza dubbio ne
compromettono sensibilmente l’esistenza e le interrelazioni quotidiane:
solo
un’assistenza
coscienziosa,
fondata
sull’empatia,
ne
migliora
significativamente la qualità.
Opportuno sottolineare che la «rarità», che non è né un limite né un
ostacolo, deve anzi stimolare gli individui a conoscere, a studiare, ad
essere sempre aggiornati, spronando gli operatori sanitari a conquistare
orizzonti nuovi, di fatto sempre più concreti e reali. Misurarsi con scenari
inediti, diversi, significa incrementare le competenze degli infermieri,
mantenerne accesa la curiosità, conferire loro un ruolo da protagonisti.
L’infermiere deve garantire la propria professionalità, agendo con serietà,
calore ed umanità, ammettendo con umiltà i propri limiti, che non possono
non manifestarsi ai primi approcci con i pazienti EB.
La ricerca effettuata si propone di testare le conoscenze in materia, di
accrescerle qualora siano scarse, di susseguirle nel caso siano assenti. Le
procedure,
affrontate
con
estrema
delicatezza,
renderebbero
meno
58
traumatica la convalescenza e la cura della cute degli EB, inoltre
potrebbero essere applicate con altrettanta efficacia in altri ambiti che
esulano dalla malattia rara in questione.
Manipolare con perizia la pelle di un soggetto affetto da Epidermolisi
Bollosa, è indicativo di un modo di assistere estendibile ai tanti pazienti la
cui cute, a prescindere dall’EB, è particolarmente fragile, soggetta a
lesioni, tal volte croniche, che ne compromettono tragicamente lo stato di
benessere fisico e l’equilibrio psico-fisico.
4.1.2. Materiali e metodi.
Perché lo studio risultasse il più possibile esaustivo, si è focalizzata
l’attenzione sulla ricerca bibliografica e sulla revisione della letteratura
internazionale. Dal momento che, malgrado vi siano in Italia centri
specializzati nell’EB, il materiale di pertinenza infermieristica risulta
carente, non consentendo quindi di mettere a punto un’indagine completa
e dettagliata.
Indispensabili, sono stati i contatti, via Web, con infermieri operanti al St
Thomas' Hospital di Londra, che non hanno esitato a condividere le proprie
esperienze e ad inviare documenti, linee guida, protocolli, articoli, alcuni
dei quali non reperibili tramite banche dati quali Cinhal, Pubmed e Ilisi.
Si è ottenuta anche una valida collaborazione da parte di rappresentanti
europei della DEBRA, al fine di rendere nota la tematica e di constatare il
livello di conoscenza dell’EB nel mondo infermieristico.
La metodologia scelta è stata quella dell’ indagine conoscitiva, ovvero
l’acquisizione di nozioni, notizie e documenti.
Si è quindi formulato un questionario, conciso e anonimo, costituito di sei
items
a
risposta
binaria,
distribuito
ad
infermieri
consenzienti
e
debitamente informati che i dati sarebbero stati utilizzati solo ai fini della
ricerca, nel rispetto delle norme sulla privacy. A ciascun partecipante, è
stato consegnato, indipendentemente dall’ esito delle risposte, un breve
59
“foglio illustrativo”40, contenente informazioni semplici inerenti i principali
aspetti della patologia in questione.
4.1.3. Fasi dello studio ed elaborazione del progetto.
La prima fase dello studio è consistita nella ricerca e nella consultazione di
banche dati di settore infermieristico quali Pubmed e Chinal. Cinque le
keywords utilizzate: clinical nurse specialist in EB, epidermolysis bullosa,
wound care in epidermolysis bullosa, skin disorders, nursing in EB,
esclusivamente inglesi, in quanto i termini italiani non hanno prodotto esiti
soddisfacenti. La consultazione delle suddette banche dati ha fornito circa
quaranta articoli scientifici, di cui solo venti profittevoli e interessanti da
un punto di vista infermieristico.
Nella seconda fase, al fine di reperire quanti più dati possibili, ci si è rivolti
a clinical nurse specialist in EB, operanti all’estero. Tramite la DEBRA, si
sono avuti nomi e indirizzi e-mail di professionisti nel settore.
Nella terza fase, grazie al contatto con i sunnominati, si è potuto acquisire
materiale di alto valore, oltre che inedito.
Nella quarta fase, i documenti reperiti sono stati tradotti, analizzati ed
elaborati.
L’ultima fase, ovvero la formulazione del progetto, si è espressa nella
conduzione
di
un’indagine
conoscitiva,
basata
su
sei
items
opportunamente strutturati in forma di questionario, da somministrare per
sondare il livello di conoscenza degli infermieri campionati e per
sensibilizzare i relativi operatori sanitari.
Grazie alla collaborazione degli intervistati e ai risultati acquisiti, si è
potuto procedere all’elaborazione del progetto conoscitivo ipotizzato nella
prima fase della stesura dell’elaborato di tesi.
40
Allegato II.
60
4.1.4. Destinatari.
Si sono somministrati 100 questionari, previa richiesta e approvazione dei
Direttori Generali delle strutture prese in esame41: Azienda Ospedaliera
S. Giovanni Addolorata di Roma e Azienda Ospedaliero Universitaria
Consorziale Policlinico di Bari. La scelta dei reparti per la compilazione dei
questionari è stata indirizzata verso unità operative di primo accesso, nelle
quali si presuppone che gli infermieri abbiano avuto approcci, durante le
ore lavorative, con svariate tipologie di pazienti affetti da problematiche di
diverso tipo. A Roma i reparti presi in esame sono stati il Pronto Soccorso
e la Breve Osservazione del Dipartimento di Emergenza; a Bari il Pronto
Soccorso e l’ Unità Operativa di Medicina Interna Universitaria.
4.1.5. Descrizione degli strumenti.
Perché lo studio fosse quantitativo, si è ricorso al questionario, mezzo
idoneo
ad
effettuare
in
poco
tempo
una
statistica
conoscitiva
dell’argomento scelto. Per ottenere dati certi ed attendibili il questionario è
stato compilato in forma anonima dal singolo soggetto, che si è ipotizzato
rispondesse in modo spontaneo, rapido, veritiero, alle sei domande
contemplate, brevi ed a risposta binaria (si/no). La finalità è stata quella
di constatare il grado di conoscenza dell’Epidermolisi.
Data la rarità dell’affezione, la risposta negativa, non indicativa di
impreparazione né d’ incompetenza, potrebbe essere una notevole spinta
ad aprire nuove alternative per lo scenario infermieristico italiano. A tal
proposito ad ogni questionario compilato ha fatto seguito la consegna di
un foglio denominato ”per saperne di più“, nel quale, con estrema
semplicità, si è spiegata la patologia presa in esame.
41
Allegato IV e V.
61
4.2. Analisi dei risultati.
I risultati della somministrazione dei questionari sono stati accuratamente
analizzati, ed inseriti in una tabella da cui è stato estrapolato un grafico
rappresentativo del grado di conoscenza.
Queste le domande rivolte a quanti hanno contribuito alla ricerca:

Ha mai sentito parlare di malattie rare?

Ritiene che sia una tematica di interesse infermieristico?

Conosce l’Epidermolisi Bollosa?

Ha mai assistito (prestato soccorso) pazienti con questa patologia?

Sapreste assistere pazienti con questa patologia?

Reputa importante ricevere maggiori informazioni sull’assistenza a
pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa?
Alla prima e alla terza domanda, data la particolarità dell’argomento, si è
aggiunta una definizione chiarificatrice. Così recitano le citazioni: per la
prima ”Una malattia è considerata rara quando colpisce non più di 5
persone ogni 100.000 abitanti. Si parla di un fenomeno che colpisce
milioni di persone in Italia e decine di milioni di persone in tutta Europa. Il
numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla fra 7000 e 8000
(ISS/CNMR)”; quanto alla terza “L’Epidermolisi Bollosa è un gruppo di
malattie genetiche che provoca fragilità della pelle e, in alcuni casi, di altre
membrane interne e organi. Vesciche, ferite aperte e piaghe si formano
come conseguenza del minimo attrito, sfregamento o trauma (DEBRA
International)”.
62
La somministrazione, avviata nel mese di Aprile del corrente anno, presso
l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma e l’ Azienda
Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari ha coinvolto
in totale 100 infermieri così ripartiti:
Pronto Soccorso
35
Breve
Osservazione
25
Roma
60
Pronto Soccorso
25
Medicina Interna
15
Bari
40
Totale
100
63
Nello specifico, per quanto concerne i 60 infermieri dell’U.O. del Pronto
Soccorso e della Breve Osservazione di Roma, i risultati sono stati i
seguenti:
•
alla prima domanda: ha mai sentito parlare di malattie rare?
57 persone hanno risposto di si, 3 di no, così come espresso in
percentuale al Grafico 1.
Graf. 1.
Domanda 1
SI
NO
5%
95%
64
•
alla
seconda:
ritiene
che
sia
una
tematica
di
interesse
infermieristico? 51 persone hanno risposto di si, 9 di no (Graf.2).
Graf.2.
Domanda 2
SI
NO
15%
85%
•
alla terza: conosce l’Epidermolisi Bollosa? 11persone hanno risposto
di si, 49 di no (Graf.3).
Graf. 3.
Domanda 3
SI
NO
18%
82%
65
•
alla quarta: ha mai assistito(prestato soccorso) pazienti con questa
patologia? Solo 2 persone hanno risposto di si, 58 di no (Graf. 4)
Graf.4.
Domanda 4
SI
NO
3%
97%
•
alla quinta: sapreste assistere pazienti con questa patologia?
9 persone hanno risposto di si, 51 di no (Graf.5).
Graf.5.
Domanda 5
SI
NO
15%
85%
66
•
alla
sesta:
reputa
importante
ricevere
maggiori
informazioni
sull’assistenza a paziente affetto da Epidermolisi Bollosa? 55
persone hanno risposto di si, 5 di no (Graf.6).
Graf.6.
Domanda 6
SI
NO
8%
92%
La maggior parte dei partecipanti si sono dichiarati consapevoli tanto della
presenza di malattie rare, quanto dell’importanza che rivestono anche
nell’ambito infermieristico. Di questi 11 hanno dichiarato di conoscere
l’Epidermolisi Bollosa e solo 9 hanno affermato di saper assistere
determinati pazienti.
Nonostante la scarsa conoscenza della tematica, 55 operatori su 60 hanno
mostrato pieno e reale interesse per l’argomento, esprimendo il desiderio
di ricevere ulteriori informazioni. Queste sono state fornite grazie ad un
foglietto illustrativo intitolato per saperne di più, distribuito alla consegna
del questionario compilato, per non compromettere i risultati.
Nel foglietto si descrivono in sintesi, l’affezione, le caratteristiche cliniche
più frequenti, quindi l’eventualità di sfruttare per altre patologie non rare,
le esperienze acquisite nel curare il paziente EB.
67
Per aumentare il campione in esame, ed espandere la ricerca fuori dal
territorio laziale, si è pensato di unire e confrontare i dati raccolti della
prima somministrazione con quegli ricavati da 40 infermieri operanti
presso l’ Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Bari. Una volta
somministrato il medesimo questionario, da svolgere secondo i criteri già
riferiti
si
sono
registrati
i
seguenti
risultati
e
si
è
proceduto
a
rappresentarli graficamente.
•
Alla prima domanda, relativa alla conoscenza delle malattie rare:39
risposte positive, un sola negativa (Graf.1)
Graf.1.
Domanda 1
SI
NO
3%
97%
68
•
Alla seconda, cioè se si può ritenere di interesse infermieristico la
tematica in oggetto:38 sì, 2 no (Graf.2)
Graf.2.
Domanda 2
SI
NO
5%
95%
•
Alla terza, circa la reale conoscenza dell’Epidermolisi Bollosa: 11
positive, 29 negative (Graf.3).
Graf.3.
Domanda 3
SI
NO
27%
73%
69
•
Alla quarta, sull’eventuale assistenza prestata: 4 si, 36 no (Graf.4)
Graf.4.
Domanda 4
SI
NO
10%
90%
•
Alla quinta, cioè se ci si sente in grado di fornire questa assistenza:
10 sono sì, 30 no (Graf.5).
Graf.5
Domanda 5
SI
NO
25%
75%
70
•
All’ultima,
riguardante
l’auspicio
di
poter
acquisire
maggiori
informazioni in proposito: 36 sì, 4 decisamente negative (Graf.6)
Graf.6
Domanda 6
SI
NO
10%
90%
Anche in Puglia, pur con numero di partecipanti inferiori rispetto al Lazio,
l’indagine ha fornito dati in buona sostanza interessanti. La maggioranza
degli operatori, rispondendo affermativamente ai primi due quesiti, ha
manifestato consapevolezza del fatto che l’argomento è di pertinenza
infermieristica. Nonostante ciò quando si è sondata la conoscenza
specifica dell’EB, i no (29) hanno prevalso nettamente sui sì (11); quasi
assente, purtroppo, è apparsa la preparazione assistenziale, poiché,
soltanto 4 su 40 hanno dichiarato la propria disponibilità in proposito. La
scarsa consapevolezza, degli infermieri del Policlinico di Bari, si è
trasformata come è accaduto a Roma, in curiosità, atteggiamento certo di
fondamentale importanza anche nel mondo della sanità.
In base ai dati 36 operatori su 40, si sono dichiarati a favore di una più
ricca informazione su quest’approccio raro ed evidentemente sconosciuto
ai più.
71
Conclusioni
La preferenza motivata per una tematica così delicata, molto poco
conosciuta, deriva dall’esigenza di rendere nota una patologia altamente
invalidante e complessa, la cui gestione necessita di maggiori competenze.
L’infermiere,
figura
di
spicco,
professionista
in
grado
di
decidere
autonomamente, deve sempre essere opportunamente preparato ed
aggiornato,
pronto
a
prestare
assistenza,
indipendentemente
dalla
problematica che affligge il paziente. Le patologie rare riconosciute sono
senza dubbio tante, è perciò normale che né il medico né l’infermiere
sappiano di esse a sufficienza.
L’elaborato ha inteso focalizzare l’interesse degli operatori sanitari su una
tematica infermieristica quasi ignorata, rara ma reale, vale a dire presente
effettivamente
nella
società
e
nella
vita
di
ogni
giorno.
Giovano
enormemente a questi pazienti una costante terapia medica, ed insieme
un’assistenza appropriata, ambedue richiedenti dedizione, preparazione,
procedure specifiche, indispensabili a migliorarne la prospettiva e la
qualità di vita. L’infermiere, che si fa carico del paziente EB e della
famiglia, è il principale responsabile di questo travagliato percorso.
Dalla ricerca è scaturita la certezza che in Italia il materiale a disposizione
è scarso o, quando presente, di difficile reperibilità.
Se da un lato i questionari proposti rivelano una quasi non conoscenza,
dall’altro emerge, ed è positivo, la decisa volontà di arricchire ed ampliare
gli orizzonti del proprio sapere.
Al fine di affrontare la tematica in maniera dettagliata ed esaustiva, si è
attinto alla letteratura internazionale, avvalendosi dell’ ausilio di infermieri
inglesi, ben disposti a sostenere ed a divulgare la conoscenza della
patologia. Una volta stabiliti i contatti, la richiesta di ulteriori informazioni
72
tramite Web, subito presa in esame è stata soddisfatta con esemplare
tempismo.
La dedizione e la devozione da costoro manifestate nell’assistenza degli EB
sono state evidenziate dalla presenza e dalla costanza con cui sono stati
recapitati, oltre a documenti e articoli difficilmente reperibili, indirizzi utili
per una migliore trattazione di un argomento a loro particolarmente caro.
È stato uno straordinario esempio di professionalità, ma anche e
soprattutto di umanità e di umiltà, qualità non sempre giustamente
valutate.
Conoscere, nel senso più bello della parola, significa condivisione e
divulgazione, senza remore, senza timori, senza ambiguità, come risultato
della collaborazione tra colleghi, entro le mura ospedaliere e al di fuori,
favorendo in primis la ricerca.
Qualsiasi sia la tematica in questione, accrescere il bagaglio culturale,
soprattutto nell’ambito medico, non può che giovare e portare buoni frutti
da un punto di vista assistenziale. Lavorare a contatto diretto con chi
soffre, con chi ha bisogno di aiuto e sostegno è una scelta cruciale, una
responsabilità forte che richiede studio, conoscenza, senso pratico, ma
anche e soprattutto l’atteggiamento umile di chi ammette i propri limiti e
desidera in tutta sincerità superarli. Con il presente progetto si vorrebbe
sensibilizzare ed incuriosire ancor più gli infermieri, così che si sentano
motivati ad approfondire l’assistenza in questione, a beneficio sia della
pelle che delle ferite dei pazienti EB, e non soltanto.
Grazie ad un’attenta e scrupolosa analisi sono emersi, oltre alla
comprensibilmente scarsa conoscenza, limiti e complessità di ordine
pratico
e
gestionale.
Rispetto
a
situazioni
infermieristiche
estere,
purtroppo in Italia c’è carenza di operatori in grado di prendersi cura di
questi pazienti. Mancando del tutto corsi che insegnino le dovute modalità
terapeutiche, l’interessato si indirizza verso i pochi centri specializzati o
73
chiama direttamente e costantemente in causa i propri familiari, che a loro
volta diventano per necessità infermieri.
L’EB, malattia genetica e sistemica di molto difficile approccio, va
affrontata giorno per giorno con procedure salvavita che, non richiedendo
particolare abilità, potrebbero essere senza dubbio praticate da personale
opportunamente preparato.
Perché la responsabilizzazione sia corretta, è fondamentale essere
consapevoli del tipo di affezione, quindi padroneggiare medicazioni e
bendaggi
scelti
sulla
base
delle
manifestazioni
cutanee
rilevate.
Basterebbero più informazioni sulle malattie rare e sull’Epidermolisi
Bollosa, per ottenere che, l’infermiere coinvolto assicuri l’assistenza
atraumatica, vera e propria fonte di vita per questo genere di pazienti.
Dei corsi di aggiornamento e di formazione promossi nella sfera
infermieristica, molti sono dedicati alla cura delle lesioni cutanee ed alla
preparazione del letto della ferita; a tal proposito varrebbe senz’altro la
pena richiamare l’attenzione sull’esistenza di patologie rare, ad elevata
compromissione cutanea, evidenziando che la loro corretta gestione
risulterebbe positiva anche per la cura di ferite ben più comuni.
Le esperienze riferite dalle infermiere del St Thomas’ Hospital durante il
Congresso DEBRA INTERNATIONAL tenutosi a Roma nel settembre 2013,
sono certamente esemplari per quanti volessero trarne profitto. Nel Regno
Unito, spetta all’infermiere specializzato seguire passo dopo passo sin
dalla
nascita
il
paziente,
garantendogli
assistenza
a
domicilio
e
supportando psicologico e pratico ai parenti.
Non si dimentichi che gli EB sono pazienti che necessitano vita natural
durante di medicazioni e cure da somministrare in ambiente domestico
sereno e confortevole, così che costoro acquistino autostima ed aspirino
all’ indipendenza. L’assistenza ideale è quella di tipo continuativo: si vuole
dire che lo stesso infermiere, accompagna, nei limiti del possibile, un
74
determinato malato, mano a mano conoscendolo, rispettandone ritmi ed
abitudini di vita, motivandolo ed incentivandolo all’autonomia ed alla
libertà. Soltanto così la terapia risulterà efficace; di fatto il cambio
frequente dell’operatore non è ben accetto all’ EB, poiché questi deve
ristabilire un legame con una figura nuova, di cui sa ben poco o nulla.
È questo a mio parere una figura infermieristica da potenziare in Italia, a
livello territoriale per i cittadini colpiti da questo male, per i quali è
sacrosanto il diritto ad un’assistenza dignitosa, finora trascurata, in buona
sostanza non meno importante di altre.
75
Allegato I
Scuola Universitaria per Infermieri
“Suore della Misericordia”
8° Corso Parallelo di Laurea Triennale in Infermieristica
Convenzionata con l’Università Cattolica del Sacro Cuore
“Agostino GEMELLI” - Facoltà di Medicina e Chirurgia
Gentili Sig./Sig.ra,
sono Sofia Strippoli, studentessa del III anno del Corso di Laurea in
Infermieristica presso la Scuola per Infermieri Suore della Misericordia
convenzionata
con
Vi
collaborare
chiedo
di
l’Università
Cattolica
cortesemente
del
ad
Sacro
Cuore
un’indagine
(Roma.)
conoscitiva
rispondendo ad un breve questionario, costituito da 6 items ciascuno dei
quali
prevede
una
risposta
dicotomica/binaria,
sull’Epidermolisi Bollosa, malattia rara, oggetto del mio elaborato di tesi.
Vi ricordo che non ci sono risposte giuste o sbagliate, desidero soltanto
sondare il livello di conoscenza sulla suddetta patologia e procedere ad
una sensibilizzazione sulle malattie rare. A tale proposito, al termine della
compilazione del questionario, saranno fornite ai partecipanti delle
semplici informazioni riguardanti questa tematica. I dati saranno raccolti
in forma anonima e nel rispetto della normativa della garanzia della
privacy (D. Lgs. 196/2003) e saranno utilizzati esclusivamente per
l’elaborazione della mia Tesi di Laurea.
76
La Vostra esperienza e la completezza delle risposte forniranno un
contributo essenziale per documentare la conoscenza di tale patologia.
Nel ringraziarVi anticipatamente per l’aiuto e la collaborazione offertami Vi
porgo i miei Distinti Saluti.
Questionario
1. Ha mai sentito parlare di malattie rare?
Si □
No □
Una malattia è considerata “rara” quando colpisce non più di 5 persone
ogni 10.000 abitanti. Si parla di un fenomeno che colpisce milioni di
persone in Italia e decine di milioni di persone in tutta Europa. Il numero
di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla fra 7000 e 8000
(ISS/CNMR).
2. Ritiene che sia una tematica di interesse infermieristico?
Si □
No □
3. Conosce l’Epidermolisi Bollosa?
Si □
No □
77
L’Epidermolisi Bollosa è un gruppo di malattie genetiche che provoca
fragilità della pelle e, in alcuni casi, di altre membrane interne e organi.
Vesciche, ferite aperte e piaghe si formano come conseguenza del minimo
contatto, sfregamento o trauma (DEBRA International).
4. Ha mai assistito
patologia?
(prestato
soccorso) pazienti con questa
Si □
No □
5. Sapreste assistere pazienti con questa patologia?
Si □
No □
6. Reputa
importante
ricevere
maggiori
informazioni
sull’assistenza a pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa?
Si □
No □
Grazie per la collaborazione
78
Allegato II
79
Allegato III
L’impiego del miele per curare la ferita cronica del paziente EB.
Fig.1. Prima che il trattamento
avesse inizio
Fig.3. Dopo 6 settimane di
trattamento
Fig.5. Dopo 11 settimane di
trattamento
Fig.2. Dopo 2 settimane di
trattamento
Fig.4. Dopo 9 settimane di
trattamento
Fig.6. Ferita guarita dopo 15
settimane di trattamento
80
Allegato IV
Al Direttore Sanitario
Dott. Stefano POMPILI
Al Direttore DAIORT
Dott. Ivo CAMICIOLI
Io sottoscritta Strippoli Sofia, nata il 26/08/1991, residente in Grottaglie
(TA) in via Giusti n.28, studentessa del III anno del corso di Laurea in
Infermieristica presso la Scuola Universitaria Per Infermieri Suore della
Misericordia convenzionata con l’Università Cattolica del Sacro Cuore
(Roma.)
CHIEDO
L’autorizzazione a somministrare il questionario qui allegato agli infermieri
operanti presso il Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni
Addolorata. Finalità della presente richiesta è utilizzare i dati ottenuti,
rispettando e garantendo le norme sulla privacy (D.Lgs. 196/2003), per
elaborare un progetto di indagine conoscitiva fondamentale per la stesura
della mia tesi intitolata: «Gestione infermieristica delle lesioni cutanee nei
pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa: Raro ma Reale».
La trattazione di tale argomento, forse poco noto ai più, scaturisce da una
scelta motivata e consapevole, decisa a dare risalto e ad evidenziare
l’esistenza di pazienti affetti da patologie rare croniche ed altamente
invalidanti.
Nella specie la presa in esame dell’Epidermolisi Bollosa, è dettata da
ragioni profondamente personali che mi hanno stimolata ad approfondire
le pratiche di assistenza infermieristica inerenti a questa patologia. Ho
avuto ed ho la fortuna di conoscere e di vivere a fianco di una persona
affetta da EB e dei suoi familiari, un’esperienza indubbiamente toccante ed
unica che io definisco come una “ Lezione di vita”, e che nel corso degli
anni ha alimentato in me la curiosità di scoprire e studiare il ruolo e le
competenze infermieristiche nell’ambito di una realtà cosi’ delicata.
81
Ritengo di poter dire che, data la rarità dell’affezione- che in Italia colpisce
la pelle e le mucose di un bambino su 82.000 nati- forse sono in pochi a
conoscere la presenza e la gestione dell’ Epidermolisi Bollosa. Per tale
ragione, con questo mio studio intendo evidenziare l’esistenza di simile
pazienti i quali necessitano di cure e di assistenza specifica e mirata sia a
livello ospedaliero che territoriale in modo da evitare l’insorgenza di
complicanze scaturite da una mancata conoscenza della patologia in
questione e da favorire un miglioramento della loro qualità di vita.
Nella speranza che lei prenda in considerazione la richiesta porgo.
Cordiali Saluti
82
Allegato V
Al Direttore Generale
Dott. Vitangelo DATTOLI
e p.c. al/alla:
Responsabile del centro di assistenza e ricerca sovraziendale per le
malattie rare, Bari
Professor Carlo SABBÀ
Responsabile del centro di riferimento per le
genodermatosi rare, Bari
Professor Domenico BONAMONTE
Coordinatore del CO.RE.MA.R (Coordinamento
regionale malattie rare
dell’ A.RE.S Puglia )
Dottoressa Giuseppina ANNICCHIARICO
La sottoscritta Strippoli Sofia, nata il 26/08/1991, residente in Grottaglie
(TA) in via Giusti n.28, studentessa del III anno del corso di Laurea in
Infermieristica presso la Scuola Universitaria Per Infermieri Suore della
Misericordia convenzionata con l’Università Cattolica del Sacro Cuore
(Roma.)
CHIEDO
l’autorizzazione a somministrare il questionario qui allegato agli infermieri
operanti presso il Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliero Universitaria
Consorziale Policlinico di Bari. Finalità della presente richiesta è utilizzare i
dati ottenuti, rispettando e garantendo le norme sulla privacy (D.Lgs.
196/2003), per elaborare un progetto di indagine conoscitiva
fondamentale per la stesura della mia tesi intitolata: «Gestione
infermieristica delle lesioni cutanee nei pazienti affetti da Epidermolisi
Bollosa: Raro ma Reale».
La trattazione di tale argomento, forse poco noto ai più, scaturisce da una
scelta motivata e consapevole, decisa a dare risalto e ad evidenziare
l’esistenza di pazienti affetti da patologie rare croniche ed altamente
invalidanti.
Nella specie la presa in esame dell’Epidermolisi Bollosa, è dettata da
ragioni profondamente personali che mi hanno stimolata ad approfondire
83
le pratiche di assistenza infermieristica inerenti a questa patologia. Ho
avuto ed ho la fortuna di conoscere e di vivere a fianco di una persona
affetta da EB e dei suoi familiari, un’esperienza indubbiamente toccante ed
unica che io definisco come una “ Lezione di vita”, e che nel corso degli
anni ha alimentato in me la curiosità di scoprire e studiare il ruolo e le
competenze infermieristiche nell’ambito di una realtà così delicata.
Ritengo di poter dire che, data la rarità dell’affezione- che in Italia colpisce
la pelle e le mucose di un bambino su 82.000 nati- forse sono in pochi a
conoscere la presenza e la gestione dell’Epidermolisi Bollosa. Per tale
ragione, con questo mio studio intendo evidenziare l’esistenza di simile
pazienti i quali necessitano di cure e di assistenza specifica e mirata sia a
livello ospedaliero che territoriale in modo da evitare l’insorgenza di
complicanze scaturite da una mancata conoscenza della patologia in
questione e da favorire un miglioramento della loro qualità di vita.
Nella speranza che lei prenda in considerazione la richiesta porgo.
Cordiali Saluti
84
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87
Ringraziamenti
A Ettore è rivolto il mio primo grazie. L’amicizia fraterna che da sempre ci
lega, ha suscitato in me il desiderio di approfondire questa tematica; la
forza straordinaria, l’entusiasmo dimostrati sin dalla più tenera età, la sua
risata contagiosa sono state una lezione di vita, un meraviglioso esempio
di determinazione, una realtà sulla quale riflettere e dalla quale non si può
che trarre umana ricchezza.
I più sentiti e distinti ringraziamenti vanno a tutti coloro che, con pazienza
e dedizione hanno reso possibile la stesura del presente elaborato,
consigliandomi nella ricerca e nella raccolta dei dati.
Alla Dott.ssa Giuseppina Annicchiarico, donna esemplare, mamma decisa,
coraggiosa, pronta a tutto per il bene dei figli, manifesto tutta la mia stima
e il mio più sincero affetto. A lei è indirizzata la mia riconoscenza per aver
reso possibili i contatti con il Dott. Vitangelo Dattoli, e con i Professori
Carlo Sabbà e Domenco Bonamonte, tutti operanti al Policlinico di Bari, i
quali
hanno
acconsentito
prontamente
alla
somministrazione
dei
questionari all’ Interno dell’Azienda Ospedaliera Pugliese. Ringrazio inoltre
i Dirigenti del Servizio Infermieristico dell’ Ospedale San Giovanni
Addolorata di Roma ,che allo stesso modo hanno permesso l’acquisizione
di elementi indispensabili per l’indagine conoscitiva da me condotta.
Doveroso e pieno di gioia è il grazie che porgo alla mia relatrice Suor
Aidaleen, suora “sui generis“, direttrice severa e premurosa insieme,
autorevole, sorridente , sempre vicina ai giovani, disposta a comprenderli
ed a sostenerli. Grazie a lei, e alle sue collaboratrici, rigorose in
apparenza, ma anch’esse disponibili, ho vissuto tre anni indimenticabili,
frequentando una scuola che mi ha accolto e formato in ogni aspetto sia
88
teorico
che
umano,
peculiarità
indispensabile
di
una
così
nobile
professione.
Alla correlatrice Anna Lisa Barbato, la parola ”grazie“ è poco sufficiente ad
esprimere la stima ed il bene che nutro nei suoi confronti. Il suo altruismo,
la sua vicinanza, sempre vivi durante l’ intero percorso, sono stati per me
un incentivo ad andare avanti, a non mollare mai, a lottare con vigore per
raggiungere gli obiettivi fissati, apprendendo da lei che, anche nei
momenti più bui una luce brilla sempre.
In ultimo, con tutto il cuore ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicino,
e tutta la mia famiglia. I miei zii, in particolare Paolo, Tina e Mina, che con
la loro saggezza e la loro dolcezza mi hanno seguita con costanza ed
emozione sin dai primi passi; mio fratello Giuseppe, la metà del mio
cuore, temporaneamente lontano dall’Italia, ma non per questo da me
distante; mia mamma Marìa, il mio caldo nido, pronta a proteggermi e a
stringermi in ogni occasione, in un suo tenerissimo e profumatissimo
abbraccio; mio papà Pasquale, un uomo che mi ha desiderata più di ogni
altra cosa al mondo, amandomi profondamente, accompagnandomi con
pazienza supportando con buonsenso le mie scelte, insegnandomi, con
estrema delicatezza, che: “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
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