Dossier 148 I consigli dell’otorino Come superare i problemi di udito, come combattere le vertigini e la sinusite. Le nuove tecniche chirurgiche e i vantaggi dell’orecchio artificiale illustrati dal professor Giampietro Ricci a cura di Claudio Sampaolo ▲ Chi non ha mai avuto, nella vita, problemi alle orecchie, al naso o alla gola? Chi non è andato incontro a principi di sordità, ma anche semplici tappi di cerume, sinusiti, laringiti, faringiti? Quasi tutti, almeno una volta, per non parlare di problemi più seri che ri- chiedono anche interventi chirurgici. Per fare il punto su questo sconfinato mondo abbiamo interpellato il professor Giampietro Ricci, direttore della struttura complessa di Otorinolaringoiatria del Santa Maria della Misericordia di Perugia. OPTIMASALUTE 35 Dossier Prof. Giampietro Ricci direttore della struttura complessa di Otorinolaringoiatria del Santa Maria della Misericordia di Perugia “La sordità non deve più esistere” Professore, partiamo dalla sordità. Lei ha detto recentemente che ormai, con le moderne tecniche le persone affette da sordità sono curabili nella quasi totalità dei casi. Può chiarire questo aspetto? “La sordità non dovrebbe esistere più. Si tratta di una patologia che, soprattutto se presente già alla nascita, o se si manifesta nel bambino piccolo, può portare a conseguenze devastanti sotto l’aspetto dello sviluppo del linguaggio e delle funzioni cognitive superiori. Per questo siamo impegnati in una “battaglia” che richiede non solo competenza e professionalità, ma anche tecnologia, organizzazione, approccio multidisciplinare (presso il nostro centro di Perugia opera un team composto da audiologi, otochirurghi, logopedisti, tecnici audiometristi, audio protesisti, pediatri, genetisti) rapporto con i pediatri e i centri di riabilitazione del territorio. L’Umbria, assieme alla Campania, è una delle regioni italiane che ha attivato uno screening esteso alla totalità dei neonati immediatamente o poco dopo la nascita, comunque prima della dimissione del bambino, che avviene di solito in prima/seconda giornata. A questo scopo viene utilizzato uno strumento che emette le cosiddette “emissioni otoacustiche evocate”, seguendo una metodica messa a punto dal fisiologo inglese David Kemp. Nel 1978, Kemp ha scoperto che l’orecchio, oltre ad essere un organo che riceve suoni, è anche in grado di emetterli: quando ar- 36 OPTIMASALUTE riva un suono c’è una specie di eco di ritorno che può essere così “oggettivato” ponendo una piccola sonda sull’orecchio. Questa eco è presente solo negli orecchi normali. Quindi in pochi secondi, massimo un minuto a orecchio, siamo in grado di discriminare due categorie di bambini: quella che ha echi presenti - che quasi sicuramente ha un udito normale - e un’altra, molto più piccola ovviamente, nei quali l’eco ha un esito negativo e che saranno sottoposti ad altre indagini. Quindi noi con un minuto sappiamo se un orecchio è buono o se necessita ulteriori approfondimenti”. In quale lasso di tempo? “La diagnosi viene fatta al massimo in tre mesi. Se l’esame è alterato, viene ripetuto dopo un mese, se è ancora alterato vengono fatti accertamenti audiologici più approfonditi, con macchinari più sofisticati che richiedono più tempo però forniscono una diagnosi molto precisa. I Protocolli Internazionali dicono che la riabilitazione deve essere iniziata entro i 6 mesi di età. Il che significa protesizzazione acustica - se c’è necessità - e poi una riabilitazione logopedica. Ovviamente il bambino viene poi monitorizzato: se l’andamento non è buono, soprattutto nello sviluppo del linguaggio, quindi se la protesi acustica non è sufficiente, si può fare l’intervento di applicazione di un impianto cocleare che va condotto entro l’anno di età, massimo un anno e mezzo”. Dossier “Il miracolo dell’orecchio bionico” Stiamo parlando di una specie di orecchio bionico? “Esattamente, di un orecchio artificiale, il primo organo di senso interamente costruito in laboratorio, con delle performance molto maggiori, migliori, di una protesi acustica. La protesi acustica è un amplificatore di suoni, quindi necessita di un orecchio che ancora senta qualcosa. L’impianto cocleare è invece un orecchio nuovo, un’apparecchiatura che consente di trasformare l’energia sonora in impulsi elettrici, che attraverso l’elettrodo che viene impiantato chirurgicamente nella chiocciola dell’orecchio è in grado di stimolare il nervo acustico e quindi attiva tutte le vie uditive. È un apparecchio che può essere portato per tutta la vita, a meno che non esca qualche aggiornamento, ma al momento non ha una scadenza”. Quanti bambini soffrono di ipoacusia in Italia? “Circa l’uno per mille dei nati presentano ipoacusia bilaterale grave. Per fare un esempio: l’Umbria ha circa 8.000 nascite l’anno, abbiamo quindi mediamente 8/10 bambini con questo difetto, ai quali facciamo la diagnosi e proponiamo una soluzione. Attualmente gli interventi di impianto cocleare nella nostra struttura sono circa 15-20 l’anno, perché ovviamente operiamo anche adulti, anche nella Terza Età. È un intervento ormai ben codificato, la tecnica è uguale in quasi tutti i centri. Richiede un’ora e mezza, due al massimo. Dove ci sono attrezzature ed esperienza è diventato un intervento, non dico di routine, ma che ha successo nel 98% dei casi. Ci sono dei pazienti che parlano al telefono, pazienti che una volta sarebbero stati destinati a diventare sordomuti, mentre con questo tipo di diagnosi precoce e con questo tipo di intervento con protesi o impianto cocleare, diventano soggetti in grado di svolgere una vita normale, che possono inserirsi nel normale tessuto scolastico e successivamente lavorativo. Attualmente, se non ha altri deficit cognitivi, visivi, eccetera, un bambino sordo puro, se ben trattato, ben diagnosticato, ha le stesse opportunità di inserimento sociale di un bambino con un udito normale, per questo possiamo affermare che la sordità può essere considerata una malattia emendabile nella quasi totalità dei casi”. Restiamo sui bambini. La sordità può arrivare successivamente al vostro primo screening? “Sì, esistono delle sordità ereditarie che possono non essere presenti alla nascita, ma che possono manifestarsi nei primi anni di vita, con andamento progressivo. Esiste comunque un follow-up, quando noi abbiamo dei sospetti. Quando un bambino ci arriva con un’otoemissione alterata non è che facciamo un unico esame, se viene alterata ne facciamo diversi. Ma anche se l’esame viene normale, per i primi 2-3 anni di vita facciamo dei follow-up, per cogliere altre patologie. Naturalmente è fondamentale la collaborazione con il pediatra, al quale inviamo una lettera informativa, e con i genitori che sono la prima sentinella di ogni patologia avendo sotto mano la crescita del figlio. All’età di circa 4 anni, poi, il bambino diventa completamente collaborante, anche per un esame audiometrico”. I controlli vanno poi fatti a scadenze regolari? “Si, per i primi anni di vita. Dall’adolescenza in avanti un paziente riesce a capire da solo quando è il momento di farsi visitare. Diverso il discorso per soggetti in età avanzata. Gli ultimi dati della letteratura scien- 38 OPTIMASALUTE Dossier tifica ci dicono che spesso il problema della loro sordità viene sottovalutato. Si ipotizza una iniziale demenza senile quando l’anziano è poco collaborante o assente, mentre in realtà si tratta solo di un paziente che non sente bene e tende ad isolarsi. Inoltre spesso l’ipoacusia viene considerata quasi una cosa normale per l’età e quindi non da trattare. Questo luogo comune va sfatato. “ Si può intervenire anche sugli anziani. Molto spesso la loro sordità provoca depressione e isolamento ” L’anziano ipoacusico tende molto di più alla depressione e all’isolamento - questo è scientificamente accertato - e quindi se un soggetto anziano è ben collaborante, ha funzioni cognitive mantenute buone e ha un’aspettativa di vita buona (non ha malattie gravi) noi l’operiamo. Quantomeno consigliamo l’intervento. Ho una signora di 86 anni in lista d’attesa, è in condizioni ottime, dimostra meno della sua età, collabora benissimo, non sente niente. Non vedo perché, non dovremmo operarla. Il rischio chirurgico non cambia a 1 anno o a 80 anni, cambia semmai il rischio anestesiologico, se un paziente ha delle patologie cardiovascolari o altro”. Quanto costa un orecchio bionico? “Circa 18-20.000 euro. Nei bambini con ipoacusia bilaterale ora c’è la tendenza ad operare entrambi gli orecchi in maniera simultanea, oppure in sequenza, a distanza di qualche mese l’uno dall’altro. Fino a poco tempo fa si riteneva invece che uno fosse sufficiente per avere una buona vita di relazione. Attualmente è in corso uno studio finanziato dal Ministero della Salute e condotto da cinque centri che hanno particolare esperienza nel campo della audiologia infantile, oltre a noi di Perugia vi è l’ospedale pediatrico Burlo-Garofalo Trieste, la clinica otorinolaringoiatrica dell’Università di Pisa, la clinica otorinolaringoiatrica del policlinico Gemelli di Roma e l’ospedale pediatrico Santobono Pausilipon di Napoli, che ha il fine di redigere un protocollo che prenda in considerazione tutti i vari aspetti della sordità del bambino, che possa essere poi esteso a tutto il territorio nazionale”. “Le manovre contro le vertigini” Restiamo ai problemi dell’orecchio: le vertigini... “Parliamo di patologie estremamente diffuse a tutte le età, anche avanzate. Le vertigini possono essere di due grossi gruppi: periferiche o centrali. Le periferiche sono dovute a patologie dell’orecchio, dove oltre ai centri per l’udito, che sono nel labirinto anteriore, ci sono quelli dell’equilibrio, situati nel labirinto posteriore. Ci sono delle malattie che danno delle lesioni a questo labirinto posteriore e che causano vertigini. Altre malattie interessano invece alcune parti del sistema nervoso centrale che sono deputate al mantenimento dell’equilibrio. Quindi si parla di vertigini periferiche quando sono dovute a patologie dell’orecchio e vertigini centrali quando sono dovute a patologie del sistema nervoso centrale. Le patologie dell’orecchio, quelle fondamentalmente di nostra pertinenza, sono vertigini molto acute, molto invalidanti. Le più frequenti sono di 40 OPTIMASALUTE due tipi: una cosiddetta vertigine posizionale, scatenata dai cambiamenti di posizione della testa. E l’altra, è la cosiddetta neurite vestibolare, che è un’infiammazione del nervo che parte dall’orecchio e va verso il sistema nervoso centrale, appunto il nervo vestibolare - quelle di solito sono in forma virale o in forma tossica”. Cominciamo con la vertigine posizionale “È una delle più frequenti in assoluto, dovuta a dei “detriti”, noti come “otoliti”, che si staccano dalla membrana otolitica e vanno ad interferire con l’attività delle cellule sensitive del labirinto posteriore. Quindi quando il soggetto si muove questi detriti cosiddetti otoconiali, che non sono più contenuti nella membrana che li conteneva prima, si muovono liberamente, andando ad interferire con l’attività di questi recettori, scatenando così la vertigine. È facile fare la diagnosi con un semplice esame clinico in un laboratorio. È una malattia molto invalidante ma benigna, che guarisce completamente; o spontaneamente, oppure facendo delle manovre che sono state studiate per far scivolare via questi sassolini dalla zona sensibile: se si allontanano la vertigine scompare. È capricciosa perché quando compare può durare due minuti o due mesi, l’intensità può essere lieve, molto intensa, molto grave. E il periodo di benessere tra una crisi e l’altra - perché quando i sassolini si riavvicinano poi alla zona sensibile si può avere di nuovo la crisi - può essere di pochi giorni o di molti anni”. Che cosa è invece la neurite vestibolare? “Anche in questo caso parliamo di una patologia probabilmente di tipo virale. Come sappiamo, un essere umano per avere un buon equilibrio deve avere i due “sistemi”, destro e sinistro, perfettamente simmetrici come attività: se uno smette bruscamente di lavorare, come può succedere appunto in caso d’infezione virale, si ha uno scompenso, per cui nasce appunto questa vertigine. “ Con le giuste manovre dell’otorino si possono risolvere molti problemi ” Ma anche questa è assolutamente benigna perché il cervello ri-arrangia i suoi circuiti neuronali ed esclude l’orecchio non funzionante e basa poi il mantenimento dell’equilibrio sull’orecchio funzionante. C’è quindi un compenso, da parte del sistema nervoso centrale, che porta comunque alla guarigione anche senza il nostro intervento, che prevede per esempio un antinfiammatorio come il cortisone. Nell’anziano la guarigione è un po’ più lenta perché questi circuiti neuronali possono essere alterati dalle malattie degenerative, circolatorie ecc. Una malattia tipica, anche questa caratterizzata da vertigine è la sindrome di Ménière, molto meno frequente, ma invalidante, caratterizzata da tre sintomi fondamentali, che sono l’ipoacusia, mono o bilaterale, l’acufene (una sensazione di rumore, di un fischio, all’interno dell’orecchio in assenza di una stimolazione esterna) e la vertigine a crisi successive che pos- sono ripetersi ogni 20 anni o anche più frequentemente. La malattia è dovuta ad un accumulo di endolinfa e le forme più lievi si curano con cortisone ma soprattutto diuretici leggeri e dieta iposodica, essendo dovuta ad un accumulo di liquidi. Quando è particolarmente invalidante si può ricorrere ad una terapia chirurgica: si può distruggere il labirinto, cioè quella zona che si irrita facilmente oppure si può sezionare questo nervo vestibolare, con un intervento chirurgico. Infatti, con un accesso creato dietro la mastoide (la prominenza ossea posta in basso, dietro l’attaccatura del padiglione auricolare; ndr) si può sezionare il nervo vestibolare in modo da interrompere le scariche nervose che partono dal labirinto e vanno al sistema nervoso centrale e che rappresentano la causa della vertigine. Per quanto riguarda l’ipoacusia, essa si può correggere con una protesi acustica”. OPTIMASALUTE 41 Dossier “Tumori cavo orale: fumo e alcol fattori di rischio primari” Lei è un chirurgo, parliamo d’interventi sui tumori di pertinenza otorinolaringoiatrica “Si tratta di problemi che riguardano le vie aerodigestive superiori: il naso, il cavo orale, la faringe e la laringe, organi che sono importanti per funzioni vitali come respirazione, deglutizione (e quindi alimentazione) fonazione. Tutte strutture delicate, che una volta compromesse incidono in maniera particolarmente grave sulla qualità della vita. Tra le cause più frequenti, che incidono in maniera pesantissima sui tumori del cavo orale, il fattore di rischio numero uno è il fumo della sigaretta, il secondo è l’alcolismo. Del resto sono tumori quasi del tutto sconosciuti nei soggetti che non fumano e non bevono. In questo caso è dunque facile parlare di prevenzione. Ma l’altro aspetto fondamentale è costituito dall’importanza di avere una diagnosi precoce, a volte difficile perché queste malattie presentano nelle prime fasi una sintomatologia abbastanza sfumata. Bisogna stare attenti, per esempio, quando si mangia, si mastica, si deglutisce, se si avverte dolore, se si presentano delle piccole emorragie e poi non sottovalutare una disfonia che persista per più di 15-20 giorni, segnale di allarme per i tumori alla laringe. In questo campo come si è evoluta la scienza medica? “La chemio-radioterapia ha fatto degli importanti passi in avanti, tanto è vero che spesso si lascia la chirurgia come trattamento di salvataggio, un presidio a cui rivolgersi quando è fallita la chemio-radio. Dal punto di vista chirurgico negli ultimi 20-30 anni sono migliorate moltissimo le tecniche di ricostruzione, tanto è vero che oggi si possono fare delle demolizioni importanti, ad esempio svuotare tutta la bocca, togliere completamente la lingua e il pavimento-bocca e poi ricostruirlo con dei lembi di tessuto presi dalla regione pettorale, dall’addome, dall’avambraccio oppure dal perone o dalla fibula”. Passiamo ad esaminare problemi legati al naso... “Sì, grandi progressi si sono avuti anche nel campo della chirurgia nasale, non tanto in quella estetica quanto in quella funzionale, cioè nel trattamento delle patologie che impediscono la respirazione: la deviazione del setto, le sinusiti, le poliposi, i tumori nasosinusali. Mentre un tempo si eseguivano degli interventi piuttosto grossolani, ora con la tecnica delle fibre ottiche si possono ispezionare anche le zone più recondite del naso e quindi si può fare una pulizia molto più radicale, tenendo presente che il distretto naso-sinusale presenta un’anatomia molto complessa, una specie di labirinto. Si possono ad esempio fare interventi per polipi nasali che ora è possibile asportare pressoché completamente, mentre in altri tempi era facile lasciare del tessuto che poi portava a recidive della malattia con una frequenza molto maggiore. Per patologie più importanti di tipo neoplastico, invece, con queste tecniche è possibile effettuare interventi molto più conservativi che danno risultati molto più soddisfacenti sotto l’aspetto della prognosi, e quindi della guarigione dalla malattia, ma anche sotto l’aspetto estetico, con una migliore qualità di vita”. OPTIMASALUTE 43 Dossier “Prevenzione? Curare le riniti e naso sempre libero” Consigli di prevenzione? “Il campanello d’allarme è la cattiva respirazione e la prevenzione sta nel curare le riniti, che spesso sono di tipo allergico. Vengono identificati gli allergeni con i vari test allergologici e si cerca di eliminarli dalla vita quotidiana (cercare di limitare le polveri, l’aria condizionata...) oppure si utilizzano dei farmaci sintomatici come i cortisonici topici nasali. Sono molecole di tipo cortisonico, prodotte e introdotte sul mercato recentemente, non solubili, che quindi non si sciolgono all’interno delle mucose, che svolgono un’azione locale senza essere assorbite. Il risultato è che si ottengono buone risposte terapeutiche senza avere i disturbi solitamente legati alla somministrazione del cortisone come ad esempio l’aumento della glicemia, la gastrite, l’ulcera gastrica ecc… ”. La sinusite è una conseguenza della cattiva respirazione nasale? “Esattamente. Tutte le patologie che portano ad un’ostruzione dei seni, delle loro superfici di sbocco all’interno del naso, comportano la sinusite. La prevenzione in questi casi sta nel ripristinare, in soggetti che non ce l’hanno, una buona respirazione nasale: quindi aerosol, antinfiammatori, interventi chirurgici (settoplastica, turbino plastica, rimozione di polipi… tutto ciò che porta alla ostruzione). Il segno distintivo della sinusite è il dolore: spontaneo o provocato facendo una digitopressione sui seni nasali (non c’è diagnosi senza dolore). Per guarirla quindi bisogna ripristinare la pervietà delle vie aeree e migliorare la comunicazione tra i seni paranasali e il naso. Le tecniche endoscopiche che abbiamo servono anche a questo: ad identificare gli orefici di sbocco e quindi ampliare la comunicazione”. Parliamo del russamento: è un altro aspetto legato al naso? “Entriamo allora nel campo delle cosiddette Osas (Obstructive Sleep Apnea Syndrome) cioè apnee ostruttive del sonno. Sappiamo che il russamento di per sé non costituisce una patologia, ma è una variante rumorosa del sonno che dà più fastidio a chi è vicino al paziente che non al paziente stesso, però quando al russamento si associa l’apnea possono esserci delle conseguenze, provocando questo una desaturazione cioè un abbassamento della pressione dell’ossigeno nel sangue - e favorendo incidenti circolatori a livello cardiaco e del sistema nervoso centrale (ictus). Come 44 OPTIMASALUTE accennavo di queste apnee dovrebbe accorgersi chi dorme accanto alla persona che ne soffre. Noi procediamo subito con l’esame della polisonnografia, molto preciso, che monitorizza durante il sonno questi aspetti (quante apnee, quanto prolungate, la saturazione di ossigeno nel sangue, eccetera…) fornendoci alla fine un indice ben preciso della sofferenza del soggetto. Se è di un certo rilievo sono due i provvedimenti: la cosiddetta C-pap (continuos positive airway pressure) una mascherina che fornisce aria a pressione, superando l’ostruzione anatomica del paziente. Molto utile anche se un po’ fastidiosa per la mascherina da indossare e per il rumore dell’apparecchiatura. Altrimenti ci sono degli interventi chirurgici, soprattutto di plastica o di settoplastica, turbinoplastica, se a livello nasale, se l’ostruzione è più bassa, a livello della faringe, allora si parla di interventi di faringopalatoplastica che modificano l’anatomia riducendo l’estensione (si tolgono le tonsille, si accorcia il palato…)”. L’intervento chirurgico risolve? “Abitualmente fornisce risultati molto buoni. Il paziente non sempre smette di russare, ma vengono eliminati tutti i pericolosi effetti collaterali delle Osas: stanchezza, sonnolenza, rischi continui di addormentamento, durante il giorno, anche alla guida o nello svolgimento del proprio lavoro, costituendo spesso un pericolo, oltre che per se stessi, anche per la collettività”. ■