meglio il porto oggi che il cimitero domani

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SISTEMA: NATURA - CITTÀ - FERROVIA – PORTO - MARE
E’ possibile riallacciare il legame che univa il porto vecchio con la città di Trieste superando le barriere che nel tempo ne
hanno consolidato il distacco?
La città e il porto vivono oggi come due entità separate. Le recinzioni e le nuove infrastrutture formano una barriera
invalicabile che negli anni ha allontanato i cittadini dal porto vecchio, ormai completamente escluso dal tessuto urbano. Mare
– porto – ferrovia – città – natura: Elementi differenti che si rilevano in sequenza dalla sezione trasversale alla costa.
Elementi distinti e autonomi che richiedono un comune denominatore per entrare finalmente in relazione tra loro. Città e
porto, due elementi di un sistema che funziona solo se mantenuto intatto nelle sue funzioni.
Trasversalità, Elemento comune, Sistema. Sono queste le parole chiave per rispondere alla domanda: dalla terra al mare
passando per città e porto, l’elemento comune è la natura che attraversa tutto il sistema e lo caratterizza. Identifichiamo il
corridoio verde che, partendo dall’altopiano, segnerà la città per prepararla a entrare nel sistema e cominciamo ad
avvicinarci al primo limite, la ferrovia. Il muro viene superato nella maniera più logica: scavalcandolo. Un grande spazio
elevato portatore di naturalità attraversa la ferrovia, assecondandone le necessità, e si diffonde direttamente nel porto
vecchio, lasciando che il verde lo colori. Il grande ragno sospeso costituisce l’anello di congiunzione che per anni è mancato
fra Trieste e il porto vecchio: uno spazio pubblico aperto e vivibile che non esclude dal sistema la ferrovia ma ne annulla
l’ingombro. L’ultimo contatto, porto mare, si svolge nella maniera più semplice. Il visitatore vive il mare standoci sopra, grazie
a piattaforme galleggianti.
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traMsformers
Dato che si tratta di una parte di città, per la quale il comune di Trieste non sembra avere un particolare interesse
nell’immediato, la strategia adottata è quella di non pensare ad alcuna pianificazione per l’area ma trovare un elemento
generatore che possa servire da strumento progettuale per l’intera città e di conseguenza per l’area stessa.
Apertura
Nel processo d’insediamento di un determinato luogo, il primo passo è quello della sua apertura.
Il porto vecchio, pur essendo in città, è una zona sconosciuta ai cittadini triestini; infatti, è visibile solo dal mare, data la sua
completa chiusura dovuta alla presenza della ferrovia e della stazione. La sua apertura quindi vuole essere una sorta di
provocazione sia per le autorità locali sia per i cittadini; rendendola accessibile a tutti potrebbe portare a prendere coscienza
di un luogo così grande e importante completamente inutilizzato e potrebbe diventare motivo di rivalutazione per l’intera
Trieste.
L’area si trova collocata tra due diverse parti di città e la sua totale chiusura costituisce una vera e propria interruzione del
waterfront . La sua apertura, per i fini progettuali decisi, si rende necessaria in due punti precisi; ossia i due punti di contatto
con le differenti parti di città: quello verso Barcola e quello verso le rive.
Attraversamento
Il secondo passo è l’attraversamento, ma in una determinata modalità.
A questo punto l’attraversamento dell’area del porto vecchio diviene il motivo per ripensare a tutto il waterfront triestino. Non
si tratta esclusivamente di trattare l’area di progetto, l’intenzione è di riallacciare Trieste tramite un lungo “filo rosso” che
colleghi e attraversi in ugual modo tutti i luoghi della città, sia quelli più significativi che quelli meno, dal castello di Miramare
al quartiere popolare di Valmaura.
Il mezzo scelto è il tram. La scelta è caduta su questo mezzo di trasporto, non solo per la sua possibile sostenibilità, ma
perché consente di attraversare la città permettendo la visione, quindi la conoscenza, delle varie attrattive presenti. Inoltre, si
tratta di un mezzo molto più veloce di un autobus quindi comporta un cambiamento completo dei tempi di attraversamento
della città. Si può dire che Trieste è una città lenta, che non cresce, senza infrastrutture moderne; l’inserimento quindi di un
mezzo di trasporto veloce, in un certo senso moderno, vuole essere la miccia da accendere per riconfigurare l’intera città.
Insediamento
L’attraversamento e la scoperta di un determinato luogo richiedono delle aree d’interesse e di sosta.
L’idea è che sarà la nuova linea del tram a determinare il tipo d’insediamento all’interno della città. Ovviamente questo “filo
rosso” attraversa diversi ambienti, certi a carattere più urbano e alcuni esclusivamente turistici o destinati alle attività di
balneazione.
Di conseguenza, i nuovi insediamenti o le modifiche all’esistente che si andranno ad attuare saranno di tipi diversi.
Un’attenzione particolare è stata posta su alcune fermate del tram. L’area di campo marzio potrebbe contenere un edificio
che mette in correlazione la zona del porto nuovo alle rive, una sorta di scambiatore per le differenti parti di città; all’interno
del porto vecchio si è pensato ad una serie di edifici che possano soddisfare le esigenze della città possibilmente in una
nuova modalità, magari essendo utilizzabili da tutti ventiquattro’ore al giorno; infine il lungomare di Barcola verrebbe
arricchito di attrezzature e attrattive per la balneazione ora assenti.
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“NEI QUARTIERI DOVE IL SOLE DEL BUON DIO NON DÀ I SUOI RAGGI”
DIARIO DI UN SEMINARIO DI PROGETTAZIONE
Un buon viaggiatore o esploratore, si accorge uscendo dalla stazione dei treni di Trieste che l’aria
carica di sale marino va diffondendosi tra le vie regolari del borgo Teresiano, attraversando la città
vecchia fino ad arrivare all’acropoli, dove sta San Giusto. Attraverso questo itinerario, il viaggiatore si
sente però spaesato, mancante in qualcosa di nascosto della città, che riesce a intravedere in certi
momenti e a rimanerne stupito in altri. Ciò che gli manca è nascosto da mura e bagnato dal mare.
Imbattutosi nel primo viandante, gli viene spiegato come tale parte della città sia per i triestini
distaccata ed estranea, non nascondendo un vivo desiderio di riappropriarsene.
Come il viaggiatore e il viandante triestino, io e altri amici ci siamo domandati il perché di questa
clausura di parte della città e abbiamo deciso di darle scomunica; già.. ma con che idea? Con spirito
franco abbiamo pensato al Porto Vecchio come una parte di città presente nelle coscienze dei cittadini
e dei viaggiatori, trasformandolo però, con provocante goliardia, in un polo d’attrazione e di
divertimento universale, per ogni tipo di spirito e di persona: dall’avvocato afflitto, che stanco della
moglie e degli affari si rifugia in un po’ di “legale” divertimento, fino a chi si diverte tutti i giorni e che
forse un giorno penserà più agli affari e a trovarsi una moglie.
Tale parte di città rimaneva chiusa, ma non inaccessibile; un po’ come un castello che protegge tra le
sue mura i feudatari in caso di pericolo.
Al di là della “tipologia di divertimenti legali” e delle funzioni che avrebbero avuto gli hangar del Porto
Vecchio, ci siamo quindi soffermati sull’utilità che dovrebbe avere questa parte di città quando
ridiventerà tutta triestina.
L’idea era appunto quella di rendere Trieste, città affossata ma non ancora sprofondata nella sua
economia e nelle sue tradizioni, e il suo Porto Vecchio, un luogo di divertimento sano, una Disneyland
tutta mediterranea, un luogo di riposo dei pensieri.
Il progetto si è presentato un po’ difficile quando alcuni di noi hanno voluto impostarne una regolarità,
dando indicazioni di funzioni e altri concetti deviatori provocando una schizofrenia all’idea stessa.
Voglio perciò ricordare il nostro progetto come un’idea forse irrealizzabile, ma dedicata tutta a una
zona di Trieste che merita di essere rivisitata in chiave giovanile e ironica, superando le fasi del “si
può fare” o “non si può fare” e far ragionare sul futuro di una città illuminato da un sole “Giovane”.
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APOTELECHIA
Atto:
1_significa azione come operazione che emana dall'uomo o da un suo potere specifico; 2_significa realtà che si è già
realizzata o si va realizzando, dell'essere che ha raggiunto o va raggiungendo la sua forma piena e finale, in quanto si
contrappone a ciò che è semplicemente in potenziale o possibile. Nel secondo senso la parola fa esplicito riferimento alla
metafisica di Aristotele e alla sua distinzione tra potenza e atto. L'Atto è l'esistenza stessa dell'oggetto: sta alla potenza
"come il costruire al saper costruire, l'esser desto al dormire, il guardare al tener chiusi gli occhi pur avendo la vista, e come
l'oggetto cavato dalla materia ed elaborato compiutamente sta alla materia grezza e all'oggetto non ancora finito" (Met., IX,
6, 1048 a 37). Alcuni Atti sono movimenti, altri azioni: sono azioni gli atti che hanno il fine in se stessi, ad es., il vedere, il
pensare; mentre il camminare, il costruire hanno fuori di sé il loro fine, nella cosa che si apprende, nel punto in cui si vuole
arrivare, nell'oggetto che si costruisce.
Per Aristotele l'Atto che ha in sé il suo fine, è entelechia, en-telechia avere compimento in sé. La pura potenzialità
indeterminata è materia prima.
Apo significa al di fuori, altrove: APOTELECHIA è aver compimento altrove.
APOTELECHIA_STRATEGIA:
Stimolare una graduale ri-appropriazione del porto attraverso un uso flessibile del fronte mare, senza imporre un soggetto
fruitore specifico. Attraverso la creazione di Spazi in Transizione - Punti di Attivazione - Attrattori per favorire l'ingresso nella
città di nuovi capitali, necessari per far ri-vivere lo spazio PortoFranco; senza necessariamente imporre oggi un traumatico
out-out fra recupero del Punto Franco e la sua totale dismissione, forzando una scelta che risulterebbe irreversibile. Scelta
che al momento risulta insostenibile dal punto di vista economico e sociale, sia per la citta-mare che per la città-terra: out-out
che fino ad oggi ha di fatto congelato lo spazio PortoFranco in una condizione irreale.
APOTELECHIA_ATTI:
Ri-configurazione flessibile dell'intero fronte mare attraverso la creazione di nuovi usi e spazi liberi per Trieste anche
all'interno del PortoFranco, attraverso nuova materialità attrattiva e facilmente adattabile.
APOTELECHIA_MATERIA PRIMA:
Strutture flessibili e versatili:
_con proprietà di ri-prendere forma e volume iniziali al cessare della causa deformante;
_capaci di mutare a seconda delle circostanze;
_capaci di adattarsi prontamente a situazioni a ambienti diversi;
_che possiedono scioltezza nei movimenti.
Strutture capaci di assumere diverse configurazioni.
APOTELECHIA_ELEMENTI:
_4 piattaforme galleggianti = unità mobili
12.800 mq ≈ Piazza Unità d'Italia
2 piattaforme da 80 x 160 m pari a 12.800 mq
2 piattaforme da 80 x 80 m pari a 6.400 mq.
_unità mobili che possono ospitare i più svariati materiali e le strutture più diverse per comporre e ri-comporre a piacimento
nuovi scenari: spiaggia e solarium con trampolini e scivoli d'acqua; passeggiate con verde pubblico e panchine; eventi,
festival, concerti o rappresentazioni con strutture l'installazione di container dismessi riconvertiti in bar, spazi espositivi o
terrazze, per viste privilegiate; punti d'attracco, ancoraggio, durante regate veliche o competizioni di canottaggio con
spogliatoi, servizi, punti di briefing.
APOTELECHIA_MOTIVI:
ri-configurazione variabile del fronte mare attraverso piattaforme galleggianti per creare nuovi scenari per Trieste.
_Scenari possibili:
Le unità mobili possono, per esempio, ampliare il lungo mare creando nuovi spazi di passeggio o disporsi in modo da
collegare il Molo Audace alla diga del Porto Franco, per nuove visioni della città; possono ospitare nuove spiagge o
stabilimenti balneari o creare temporanee piscine d'acqua salata per Trieste; possono ampliare la lunghezza dei moli e delle
banchine per l'attracco di navi; possono permettere il collegamento fra Porto Franco e la diga creando un nuovo bacino
lungo approssimativamente 1 km da usare ad esempio per gare di canottaggio, o per spettacoli da svolgersi sulla piazza
d'acqua; ma possono anche rimanere ancorate nei bacini del PortoVecchio creando una grande piazza affacciata sul mare
tre volte più grande della Piazza Unità d'Italia.
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NEON
Neon vuole rispodere alla domanda del committente di introdurre un nuovo grattacielo, destinato a
ospitare un albergo, nel centro di Manhattan, New York, all’angolo fra la quinta e la quarantaduesima
strada.
Neon s’inserisce in una realtà composta da spazi molto ristretti e viste chiuse, causate dalla presenza
di enormi volumi che trovano la loro estensione in altezza.
Neon si trova, allo stesso modo, accanto a uno dei pochi luoghi che danno respiro alla città stessa,
cioè vicino a una biblioteca situata all’interno di uno dei pochi edifici che non superano i quattro piani
d’altezza.
Neon vuole essere un punto luminoso nella città, un luogo verso cui dirigere lo sguardo e, allo stesso
tempo, un punto di osservazione da cui ammirare la città. I turisti che alloggiano in Neon si ritrovano in
spazi di cui la città stessa fa parte, divenendo una parete della loro camera, lo scenario in cui si
trovano a mangiare quando siedono all’interno del ristorante posto all’estremità dell’edificio, oppure
mentre nuotano nell’enorme piscina trasparente al diciottesimo piano; o semplicemente nel momento
in cui sorseggiano un drink distesi sulla chaise longue della loro camera.
Neon è composto da due elementi di fabbrica differenti con funzioni diverse che interagiscono fra loro
e dipendono l’uno dall’altra.
Il primo corpo di fabbrica è un volume di calcestruzzo, rigido nelle forme, chiuso verso la città, che non
offre alcuna vista verso l’esterno. Esso ospita tutti i servizi di cui necessita il secondo corpo di fabbrica
e, al suo interno, tutti i flussi che lo attraversano seguono una direzione che va dal basso verso l’alto e
viceversa.
Il secondo corpo di fabbrica ha un’unica facciata in quanto è costituito da un enorme cilindro vetrato
che offre se stesso alla città e, allo stesso tempo, offre la città a chi si trova al suo interno.
Internamente è composto a ogni piano da spazi molto ampi che ospitano le camere, ognuna affacciata
verso la città e quindi in contatto con essa, grazie alla suddivisione del piano a raggiera.
Neon inoltre si articola in facciata con un divertente gioco di pieni e vuoti dato dalla presenza o
assenza di balconi che, racchiusi all’interno di una seconda pelle anch’essa vetrata, creano riflessi e
chiaroscuri fatti di ombre e fasci di luce sempre diverse e in continuo mutamento.
tp08es02Buic.doc
natural.mente.
luogo.
vicino a Codroipo, vecchio fortino di Beano, lotto di piu’ di 60 000mq..
tema.
riuso del fortino abbandonato..
l'idea.
riprendere il controllo sul fortino.
analisi.
forte inscrizione della natura sul territorio, forte inscrizione dell'uomo sul territorio, linee che si scontrano.
confronto.
lungo le sue linee la natura allunga le mani verso il fortino,per riprendesi il lotto, ma la linea della strada le
ferma, l'uomo non si lascia controllare, cosi si forma la griglia base.
inizio.
un ramo della vite riesce a passare e prende il fortino. punto di contatto tra i muri di pietra naturale e il cemento
artificiale del forte.
contatto.
il ramo della vite si piega e aggrappa il fortino, l'uomo si incontra con la natura, qui si forma l'entrata.
unione.
l'uomo sa che non può più scappare e naturalmente si arrende, comincia a vivere con la natura, costruisce gli
alloggi nella natura per sentirsi protetto.
intrusione.
per nutrirsi le viti immettono le loro radici sotto terra, nell'acqua, l'uomo qui si nasconde e si rilassa vivendo la
natura in una piscina e un luogo per la cura del corpo ma anche una biblioteca per la cura della mente.
estrusione.
proporzionate alla loro lunghezza si erigono le torri/viti per dimostrare la loro forza e per dominare il luogo, qui
in alto l'uomo costruisce la sua capanna dove ripararsi la notte e grazie alla vista controllare.
mimetizzazione.
la natura offre la suo protezione all'uomo e la natura delle viti non fa scoprire che in mezzo ci sono le costruzioni
dell’uomo e questo lo protegge.
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In & Out
Febbraio 2003: 482 mq è un’area estremamente piccola per la costruzione di un albergo
destinato a ospitare centinaia di persone in una grande città, ma se parliamo del centro di
Manhattan, angolo fra la fifth avenue e la quarantaduesima strada, essa rappresenta una risorsa
importante da sfruttare al meglio. Questa era la location in cui avrei dovuto progettare un
grattacielo che ospitasse turisti provenienti da ogni parte del mondo venuti ad ammirare la
“grande mela”.
Marzo 2003: l’edificio doveva rispondere a determinate caratteristiche dettate dalle leggi
costruttive dalla metropoli americana e doveva entrare a far parte di una già fitta rete di edifici che
avevano tutti una logica comune, l’altezza.
Il lotto, d’angolo, dava l’opportunità di un’ampia vista verso il lato sud-ovest dove si trova la
biblioteca pubblica di New York, un corpo di soli tre piani situato all’interno di un piccolo parco
verde; mentre il lato opposto era oscurato da due preesistenze.
L’idea di progetto era quella di creare due corpi con funzioni e caratteristiche diverse, uniti a
creare un unico edificio che sfruttasse tutto il lotto e si svolgesse in altezza.
Un corpo di forma squadrata e rigida doveva permette il flusso verticale dei turisti che
alloggiavano nel hotel. Al suo interno si dovevano trovare il corpo scale e gli ascensori. L’altro
corpo, al contrario del primo, doveva essere caratterizzato da linee morbide e da una struttura
estremamente leggera che trovasse sostegno sull’edificio destinato a ospitare i servizi.
Aprile 2003: l’edificio dei servizi risulta totalmente chiuso verso l’esterno, composto interamente di
calcestruzzo e quindi portante nei confronti di se stesso e del secondo edificio. Quest’ ultimo,
caratterizzato da grosse vetrate, doveva permettere alla luce di entrare nelle stanze dell’albergo
per garantire un’ottima illuminazione. Doveva anche presentare in facciata un gioco ritmato di
poggioli che si sovrapponevano su ogni piano.
Maggio 2003: la collocazione all’interno del lotto di queste due strutture che si univano per
formarne una unica autoportante, è stata quella di porre il corpo in calcestruzzo a ridosso
dell’angolo formato dai preesistenti grattacieli mentre il secondo si apriva verso il parco della
biblioteca pubblica.
L’edificio, che raggiunge i trentatre piani d’altezza, dispone al suo interno, per ventisette di essi, di
sette camere d’albergo per piano, mentre nei restanti sei piani sono localizzati luoghi di interesse
comune come la hall, che occupa i primi due piani, una sala conferenze al terzo piano, la sala
fitness che occupa tre piani ed è posta a metà dell’edificio, il ristorante panoramico situato al
penultimo piano e il bar che occupa l’ultimo piano.
Giugno 2004: l’edificio presenta un gioco di pieni e vuoti in facciata dovuto all’alternanza delle
logge esterne con le grandi vetrate che permettono di vedere all’interno dell’edificio, decifrandone
gli spazi. Le logge sono protette da una seconda pelle in vetro che racchiude l’edificio vetrato
dando una sensazione di sicurezza a chi si affaccia all’esterno dell’albergo e dando una
sensazione di vuoto a chi alza gli occhi al cielo quando varca la prima soglia vetrata.
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LESS IS BLESS…
Scenario:
L’attività del seminario si è svolta in un contesto in cui si avevano pochi punti fissi. Infatti, le informazioni su ciò che si
sarebbe dovuto fare e fino a che punto ci si sarebbe dovuti spingere nelle ipotesi di intervento non erano disponibili sin da
subito e sono apparse evolversi in corso d’opera… Una delle situazioni di incertezza che probabilmente più ha influito sul
nostro modo di operare è la scarsa chiarezza iniziale dell’obiettivo da raggiungere nel corso del workshop. A questo va
aggiunto il fatto che l’area oggetto d’esame si configurava come molto ampia e, soprattutto nella prima fase di lavoro, gli
input che ricevevamo spingevano verso una considerazione dell’intero sistema costiero piuttosto che verso un’analisi
dell’area che intitolava l’ambito della nostra attività progettuale. Alle difficoltà di “inquadramento” del lavoro vanno aggiunte le
difficoltà operative, derivate dal fatto che i gruppi di lavoro misti italo-spagnoli imponevano uno sforzo maggiore dell’ordinario
nelle comunicazioni e nella rapidità delle decisioni da prendere… La tempistica, poi, non favoriva certo un’impostazione che
consentisse un sistema decisionale basato sulla condivisione di ogni passaggio e sul confronto per tappe e successive
approssimazioni e correzioni.
Strategia:
La scelta iniziale, durante la fase di “rodaggio” del gruppo, di intavolare discussioni e confronti su ciò che poteva venire
proposto nella fase di analisi, conduceva a successivi punti morti in cui ciò che risultava più problematico era proprio il
coordinamento, secondo un disegno prestabilito, degli elementi da mettere in rilievo per la presentazione degli aspetti
significativi del luogo e per abbozzare delle strategie di intervento. La scelta organizzativa fu quindi quella di “ridurre” tutto, a
cominciare proprio dalle discussioni e dalla coordinazione del lavoro. Di conseguenza, si ridussero le dimensioni del gruppo
di lavoro: anziché lavorare in 6 sulle stesse tematiche si poteva benissimo suddividersi in 2 o 3 gruppi (a seconda del
momento ci si organizzò in coppie o “terzetti”). Si ridussero parallelamente anche gli “attriti” nel senso di difficoltà di
riconduzione a una logica unitaria di un lavoro che offriva svariati spunti e che permetteva molti differenti sviluppi. Invece che
produrre una serie di “pezzi” di lavoro preordinati, nella prima fase si preferì optare per una conduzione quasi anarchica
dell’attività, per cui ogni gruppetto avrebbe portato poche, autonome proposte di analisi che sarebbero state assemblate solo
alla fine. Una condizione a metà tra la catena di montaggio e la centrifuga per i frullati… Tale scelta venne premiata da
risultati più che soddisfacenti perché le tavole prodotte vedevano un mix di idee che non facevano dell’unitarietà un
momento fondamentale ma che presentavano diagrammi, mappe e schizzi che evidenziavano punti di tangenza ed
“escursioni” assolutamente indipendenti. Si è potuto, in questo modo, parlare dell’organizzazione del porto e istituire un
confronto con il tessuto del Borgo Teresiano, così come si sono portati schemi che, partendo dall’analisi della storia
urbanistica della città, esprimevano le iniziali idee di intervento. Ancora, si sono realizzate sezioni di analisi e disegni artistici
di possibili vedute dei cambiamenti da attuare.
Evoluzione:
Il tema di approfondimento assegnatoci è risultato quasi inaspettato, visto che faceva riferimento solo a una parte di una
delle varie considerazioni che si erano proposte nella prima parte del lavoro. La seconda fase del workshop ha preso avvio
con la stessa “incertezza” che aveva caratterizzato la prima. Tale incertezza derivava in parte anche dal fatto che si
richiedeva di sviluppare una tematica che era stata proposta più come una suggestione che come un punto passibile di
approfondimento progettuale. La costrizione alla sintesi si riproponeva quindi nuovamente, soprattutto in considerazione
della scarsità di tempo a disposizione per sviluppare un progetto che si prospettava come piuttosto complesso. La strategia
della “suddivisione del lavoro” si rivelava nuovamente necessaria: anche in questo caso il coordinamento dei lavori venne
ridotto all’osso ma si decise stavolta di concordare un progetto di massima che sarebbe stato analizzato nei suoi diversi
aspetti da parte dei gruppi in cui ci si era suddivisi. Anche in questo caso la visione di base comune e la libertà di analisi ha
permesso di produrre tavole che spaziavano su diversi livelli e a più scale nella presentazione del progetto, arrivando a
produrre schemi che indicavano concrete intenzioni di intervento sulla pianta della città ma anche modellini, virtuali o
“materici”, che fluttuavano su sfondi neutri in cui trovavano illustrazione funzioni e forme che risultavano chiaramente
omogeneizzati forse solo nell’ultima immagine prodotta in cui, di nuovo, si affidava a un disegno il compito di dimostrare che
le proposte sembravano effettivamente funzionare… L’idea sviluppata prevedeva la prosecuzione di una sottile striscia di
verde che, partendo dalla zona collinare a ridosso del Porto Vecchio, si estendeva fino quasi al porto stesso, ove però
subiva una brusca interruzione e cominciavano la zona della stazione e l’area edificata dei magazzini. Il progetto, quasi
paesaggistico, si è presto tramutato in un intervento che trasformava l’estensione del verde in una sorta di cavallo di Troia
per penetrare in un’area chiusa e far sì che il quartiere limitrofo alla stazione riconquistasse il contatto col mare, superando
una forte barriera costituita dai binari della ferrovia per arrivare a unificarsi con l’edificato del Porto Vecchio e farne area di
nuovo insediamento. La riqualificazione a parco urbano dell’area implicava un imponente intervento di inserimento di una
grossa struttura a piastra che avrebbe dovuto unire l’aspetto ecologista del progetto con quello pratico e operativo della
realizzazione di spazi con funzioni ulteriori, dai servizi ai parcheggi ecc. La volontà di ampliare la striscia verde che, in una
visuale -in realtà- aerea dell’area, attraversa trasversalmente la zona costiera ha permesso di sostenere un altro discorso,
basato sulla riappropriazione, da parte di un quartiere, di un’intera area, riconfigurando profondamente gli equilibri attuali.
tp08es02CASA.pdf
modello non riconoscibile.
scrittura molto faticosa. uso dei termini vago (tutto quel popolamento fa pensare a un allevamento di
conigli più che a una città...) e a volte palesemente errato (transazione?).
le mosse di progetto vengono nascoste da una serie di affermazioni inutili, ridondanti e slegate da una
logica consequenzialità operativa
d/e
tp08es02Casalaz.pdf
transformSTation
La città di Trieste vive una fase di staticità sociale ed economica, chiusa tra il Carso e
il mare si trova ormai ad aver saturato il territorio a disposizione per la propria espansione.
La vita sociale dei cittadini si sviluppa principalmente sulle rive e dintorni e anche in occasione di
eventi di un certo interesse e richiamo le persone si trovano costrette a una spola tra i due elementi
che chiudono il fronte mare triestino, la stazione dei treni oramai dismessa di campo Marzio e il porto
vecchio.
C’è bisogno di un cambiamento, di un segno forte incisivo applicato a un’area di interesse.
Il porto vecchio è un’area dalle enormi potenzialità, sostanzialmente nascosta dal viale Miramare e il
cui ingresso è celato dalla stazione dei treni, dalla stazione dei bus e dal teatro Tripcovich.
E’ quest’area, oramai da decenni dormiente, che vogliamo risvegliare. Il risveglio deve essere deciso,
il nostro intervento potente e radicale.
Da ciò nasce l’idea di spostare la stazione.
Dalla sua posizione attuale questa trasla fino quasi a raggiungere il cavalcavia su viale Miramare,
lasciando dietro sé l’area dei binari dismessi con accanto i magazzini preesistenti.
Questo gesto apre a diversi scenari e possibilità, in particolar modo in campo economico e
urbanistico-architettonico; l’intera area del porto vecchio diviene un nuova risorsa per Trieste.
In equilibrio tra vecchio e nuovo la stazione si insedia nel magazzino numero 26, ora in fase di
restauro.
Nell’ottica di un futuro arrivo dell’alta velocità, del corridoio 5 e del suo passaggio per la stazione di
Villa Opicina, la stazione di Trieste non ha bisogno di mantenere tutti i suoi binari, il suo spostamento
la trasforma, da punto di arrivo diviene punto di transito. La stazione si sviluppa su due livelli, il treno
in quota con il cavalcavia e sotto, a livello del suolo, il tram che collega Miramare con le rive e il resto
della città.
Il progetto si pone in maniera forte e decisa con un unico grande importante intervento che con un
effetto domino va a trasformare l’intera area in parte dismessa e sottoutilizzata per portarla a nuova
vita come centro e motore di sviluppo per la rinascita della città.
tp08es02ciuffarin.pdf
Riusciranno i nostri eroi a fare un buco nell’acqua producendo molto rumore per nulla? Riusciranno i
nostri eroi a far scorrere di nuovo linfa vitale lungo quei binari morti che solcano il deserto
dell’incoscienza e della dimenticanza, che passa per il Porto Vecchio e arriva fino al triestino
nell’ultima stanza? Riusciranno i nostri eroi a improvvisarsi perspicaci pianificatori, impavidi
imprenditori sociali nonché … architetti?
Tutte le risposte in questa puntata de
DAI DIAMANTI NON NASCE NIENTE DAL LETAME NASCONO I FIORI
La risposta prodotta dall’incrocio non semaforizzato di quattro cervelli catalani e parecchi neuroni
sconnessi italiani, vede la luce con un parto sicuramente prematuro e insicuro, ma trova ragion
d’esistere come prima parte di un processo lungimirante, basato su due steps temporalmente e
logicamente consequenziali: cogito ergo sum, scopro quindi investo.
Il compito, affatto semplice, dei nostri eroi consiste nella buona riuscita del primo step, nella
fertilizzazione cioè di un terreno atto, in un futuro non troppo lontano, a sopportare la reincarnazione
del luogo di Trieste attivo per eccellenza, forte dell’importanza di chiamarsi franco. Da ciò poi
dipenderà la bontà o meno del secondo step (ma questa è un’altra storia).
A sua volta il progetto “La città dei balocchi” ripone la sua forza in due principi generali. Da un lato si
rifà all’antico quanto saggio proverbio ”l’occasione fa l’uomo ladro”, dall’altro si basa sul principio di
fertilizzare bruciando.
Il compito fondamentale si concentra, prima di tutto, nella creazione di un generale e socialmente
diffuso interesse nei confronti dell’area in questione, nella creazione di attrattività tanto proibite quanto
effimere, nella pubblicizzazione di un cuore spento nella città, dal potenziale a noi pressappoco
inconcepibile. Tutto ciò avviene sfruttando quell’istinto naturale e perverso dell’uomo, e non solo, di
andare a mettere il naso proprio dove non si può, di scoprire i tabù, di voler diventare grandi a tutti i
costi, ecc. Operativamente si tratta di rendere questo cadavere veramente appetitoso, squisito; di vestire
di boa piumati rosa shocking il corpo morto di franco; di inserire funzioni inusuali per il carattere della
città, funzioni che manifestino, nel bene e nel male i poteri fertilizzanti del letame. In secondo luogo il
progetto, che fin da subito, intende sublimare la propria esistenza attraverso la propria morte, come tutti
i grandi eroi mascherati si dileguerà in silenzio: consegnerà le chiavi del porto vecchio ai buoni, ai
potenti, ai ricchi (questa storia finisce male!!!); raccoglierà le poche cose che gli son servite per far
sognare vecchi ringiovaniti, freakkettoni convinti, discobabbi eccitati, ricercatori esagitati, espositori
senza più voce, architetti aspiranti scrittori con la testa mal funzionante per ritirarsi nell’ombra
lasciando piano piano spazio ad una specie di gentrification imprenditoriale.
tp08es02cristofari.pdf
Fulfilling actions
Intendiamo rispondere alla domanda di come attivare il porto vecchio di Trieste integrandolo con la città attraverso la
mobilità.
Direttrici, punti di aggregazione e un sistema lineare parallelo alla costa formano la città di Trieste.
Il porto vecchio rappresenta un punto di discontinuità nel sistema Rive-Barcola.
L’attivazione successiva di percorsi differenziati per velocità, integrazione e tipologia crea l’infrastruttura base, il tessuto.
Questi e alcune risorse proprie dell’area metteranno in azione un processo automatico e autocontrollato di appropriazione
graduale degli spazi aperti e non, attraverso un aumento esponenziale dei flussi fino alla saturazione degli stessi spazi.
Percorsi pedonali e aree attivate:
1. Il punto di partenza è quindi l’attivazione del percorso costiero ciclopedonale longitudinale che ricrea una continuità con il
sistema iniziale e permette l’appropriazione di una prima area adatta alla balneazione
2. La presenza di edifici di interesse (archelogia industriale e spazi espositvi) dà luogo a un percorso interno archeologicomuseale.
3. La riqualificazione progressiva degli spazi aperti fa di quest’area un attrattore sociale che rende possibile la creazione di
una passeggiata urbana (un nuovo viale XX settembre) che darà il via all’occupazione di alcuni edifici esistenti per spazi
commerciali, residenziali quindi all’incremento dei servizi.
Percorsi ciclabili e aree attivate:
4. Il percorso ciclabile lungomare supporta quello pedonale mentre i circuiti interni attivano l’attività di noleggio bici e
facilitano i collegamenti trasversali con il parco ferroviario dimesso.
Percorsi carrabili e aree attivate:
5. Percorsi longitudinali differenziati a flusso veloce permetteranno nuovi ingressi e uscite dalla città.
6. L’attivazione di circuiti interni facilita il collegamento tra i percorsi longitudinali e la fruizione interna dell’area.
7. Il raggiungimento di una massa critica genera la necessità di parcheggi e aree di sosta.
Trasporto urbano:
8. La linea tranviaria e il trasporto pubblico integrano definitivamente il porto vecchio con il resto della città facendolo
diventare una porzione urbana della città.
Trasporto via mare:
9. La risorsa mare crea un’integrazione del traffico marino sia pubblico, con l’ampliamento della linea Sistiana-Muggia, sia
privato, relativo alla nautica da diporto: flussi che necessitano di spazi per associazioni di attività nautiche e posti barca.
Un’ulteriore integrazione è data dal trasporto marittimo a media-lunga percorrenza che richiede un terminal passeggeri.
Inserimento dei bordi:
10. L’operazione consiste nell’includere i “limiti” all’interno della nostra area: la stazione ferroviaria e la stazione delle corriere
diventano parte integrante del progetto.
La conseguenza delle azioni è la generazione di un progetto che può essere diviso in due layer: quello dell’”infrastruttura” e
quello delle aree attivate. La lettura su due piani diversi del progetto ci permette di non essere vincolati dalle funzioni che
colonizzano i magazzini del porto: la saturazione degli spazi avviene attraverso l’attivazione dei flussi indipendenti.
9. La risorsa mare crea un’integrazione del traffico marino sia pubblico con l’ampliamento della linea Sistiana-Muggia sia
privato, relativo alla nautica da diporto: flussi che necessitano di spazi per associazioni di attività nautiche e posti barca.
Un’ulteriore integrazione è data dal trasporto marittimo a media-lunga percorrenza che richiede un terminal passeggeri.
Inserimento dei bordi:
10. L’operazione consiste nell’includere i “limiti” all’interno della nostra area: la stazione ferroviaria e la stazione delle corriere
diventano parte integrante del progetto.
La conseguenza delle azioni è la generazione di un progetto che può essere diviso in due layer: quello dell’”infrastruttura” e
quello delle aree attivate. La lettura su due piani diversi del progetto ci permette di non essere vincolati dalle funzioni che
colonizzano i magazzini del porto: la saturazione degli spazi avviene attraverso l’attivazione dei flussi indipendenti.
tp08es02cupev.pdf
TRAMINAZIONE
Scenario
- Porto Vecchio : un vuoto urbano che spezza la città
- Porto Vecchio: chiuso alla città, è un punto doganale
- Porto Vecchio: bisogno di nuove attività
Trieste una città „vecchia“ con troppi vincoli che non attraggono gli investitori. Dopo un calo
demografico ed economico cerca di rivitalizzarsi
Avrebbe bisogno di un ”elettroshock“ che rianimi le funzioni e ne crei di nuove, anche per i
giovani.
01/04/08- il comune di Trieste chiede un progetto con il tema di riabitare il porto Vecchio.
Contesto: il Porto Vecchio si trova nella città di Trieste tra il „borgo teresiano“, la stazione
ferroviaria e Barcola. Il progetto prevede di aprire il Porto Vecchio e renderlo accessibile a
tutti. Vengono proposte nuove funzioni attrative , tra le quali l'opportunità di creare un museo
sfruttando la centrale idrodinamica e altre preesistenze.
Mobilità- studio dei flussi esistenti e dei topoi spazi aperti, piazze che si affacciano sul mare.
Conessioni urbane che collegano le tre parti della città Campo Marzio, Porto Vecchio e
Barcola.
03/04/08- il comune pensa che il solo attraversamento del Porto Vecchio non basti per unire
la città e rivitalizzare l’area.
Quindi si è pensato di creare una linea di TRAM che conetta i topoi(attratori) e vari spazi
pubblici di Trieste. Dal castello di Miramare passando per Barcola, Il Faro, Porto Vecchio,
Piazza Unità, Campo Marzio (acquario) fino a Valmaura (zona ad alta densità demografica). Il
tram ha come funzione primaria la conessione di vari punti della città come nella città di
Montpellier in Francia, ma con se porta a catena altre cose come abitanti, funzioni, risparmio
di tempo e sostenibilità
Si ottengono nuovi punti strategici per riqualficare la Trieste addormentata.
tp08es02daneluz.pdf
Successioni dinamiche
Il Centro d’Arte Polifunzionale nasce da un ampliamento e da una rivisitazione del fortino di Beano.
È importante prendere in considerazione la possibile rete di relazioni tra il nuovo polo artistico e la vicina Villa Manin (con gli
eventi e le mostre d’arte ad essa legati).
La struttura è destinata ad accogliere a periodi alterni esposizioni o atelier di artisti. Questa duplice funzione è resa possibile
dalla flessibilità dell’edificio, che al suo interno ospita setti murari scorrevoli e aree polifunzionali. Su 31000mq di terreno si
sviluppano 4300 mq di superficie per i laboratori, per una reception e servizi annessi, per un bar, una galleria fotografica e
piccoli spazi per la proiezione di cortometraggi.
Il Centro d’Arte Polifunzionale nasce a partire da una rivisitazione del fortino di Beano (1900mq) costruito nel 1913 e facente
parte di una serie di opere difensive dislocate lungo il confine italiano orientale del tempo. Venne subito dismesso, per
essere poi utilizzato come semplice deposito. Attualmente l’area versa in uno stato di abbandono con un’espansione
spontanea di prati e arbusti che hanno man mano dato vita ad un processo di rinaturalizzazione di tutta la zona.
L’opera di fortificazione è composta da un edificio in calcestruzzo a un solo piano che misura circa 100 metri di lunghezza,
caratterizzato da murature molto spesse e da una copertura a volte.
Il Centro d’Arte Polifunzionale si sviluppa in un unico piano e dà accesso lateralmente, arrivando dall’entrata principale o dal
parcheggio retrostante. Il tetto-terrazzo è accessibile da un percorso che attraversa la collina sulla quale il fortino è
appoggiato, o da una scala interna.
Il Centro d’Arte Polifunzionale è studiato in modo da integrare la parte progettata con quella storica, apportando a
quest’ultima solo piccole modifiche.
Il Centro d’Arte Polifunzionale è stato progettato pensando all’uso di materiali cosiddetti “vivi” per la loro capacità di interagire
con l’ambiente e di cambiare con il tempo e con la luce. L’acciaio cor-ten, il rame, il legno e il tetto verde si trasformano
facendo prendere vita alla struttura e rendendo l’edificio una parte attiva dell’ambiente.
Il Centro d’Arte Polifunzionale non ha un retro, esso è nascosto dalla natura mentre il fronte principale emerge
prepotentemente nella pianura antistante, garantendo la massima accessibilità e visibilità.
Il Centro d’Arte Polifunzionale e le sue superfici inclinate offrono al visitatore degli effetti di continua tensione tra le parti, sia
che il visitatore sia immerso nell’edificio, sia che lo stia osservando dal parco circostante.
Didascalia del diagramma
1. Dividere. La pianta dell’edificio viene divisa in base alla geometria delle sue aree interne.
Ognuna di esse verrà trattata separatamente e diversamente, ma usando lo stesso principio
compositivo.
2. Prolungare. Allungamento delle fasce identificate.
3. Tagliare. Identificazione dei piani di taglio in cui sezionare le fasce.
4. Scivolare. Traslazione delle sezioni create. La fascia centrale non scompare ma diventa
pavimentazione e parte dell’ambiente esterno.
5. Protrarre. Andamento del terreno su cui sorge il fortino. Dal prospetto laterale, appare
evidente la collina su cui è addossato. Realizzazione di una continuità con essa. Fortino: ruolo di limite e di introduzione ad
un nuovo linguaggio espressivo.
6. Geometrizzare.
7. Spezzare. Le diverse fasce vengono plasmate diversamente. Inclinazioni differenti.
Dinamismo. Movimento dei volumi.
8. Ognuna di queste “scatole” interagisce in maniera di versa con il fortino. Alcune si
appoggiano su di esso, altre lo penetrano completamente tagliando la muratura, altre sono
incassate nella struttura, altre tagliano il solaio, trasformano e illuminano l’interno dell’edificio
storico.
9. Negare. Alcune delle fasce create vengono unite, altre disgiunte da profondi corridoi in cui
troveranno sede percorsi, specchi d’acqua o gallerie. La discontinuità suggerita dall’esterno, viene
invece negata all’interno, dove le fasce costituiscono un unico spazio accomunato dalle stesse
connotazioni funzionali e materiche.
tp08es02dapoian.doc
LA CONQUISTA DEL MARE
L’idea di vedere modificata la realtà della nostra città di Trieste ci è parsa alquanto bizzarra e in un certo senso
priva di un fondamento radicato nella storia. La storia è forse uno dei pochi elementi che noi anziani possiamo
riconoscere in quanto la mescolanza di popolazioni sempre diverse ci fa fraintendere un po’ il nostro passato e ci
fa vedere più difficile vivere nel futuro.
L’opera però che è stata realizzata quest’anno (il workshop cui hanno partecipato spagnoli e catalani della facoltà
di architettura..ndr…) è stata l’ennesima dimostrazione che questi giovani sanno vedere al di là dei confini loro
imposti e conquistarsi un nuovo terreno per le loro idee, anche laddove questo terreno non esiste.
Stiamo parlando di questa entità grande, che si perde a vista d’occhio di fronte a Trieste e che spesso,
considerata un ostacolo, ci si limita a vederla isolata dal mondo.
Il Porto si è sempre visto come un luogo di dispersione e quasi fantastico fin da quando a memoria nostra non ci è
mai stato permesso di mettervi piede.
Ecco che qui prende forma questo progetto, l’allargamento al mare della possibilità di vivere la nostra città, di
conquistare in tempi e modi differenti un nuovo mondo.
Le rive, ora infestate di auto e passaggi pedonali, si allargano per dare spazio a noi pedoni che ora finalmente non
dobbiamo più fare slalom tra i parcheggi.
Tutto comincia da Campo Marzio, dove dopo la realizzazione del Parco del Mare ci si può godere il sole sul nuovo
litorale creato dallo spostamento delle marine. Un litorale con spiagge e piscine dove possiamo portare i nostri
nipoti a passare una giornata serena, lontana dal trambusto cittadino. La notte poi in questo nuovo angolo di città
si trasforma in qualcosa di quasi magico con l’accensione della nuova piazza d’acqua ottenuta grazie alla
rimozione delle barche da diporto e alla loro collocazione in Porto Vecchio.
Un nuovo giardino, finalmente ben curato e pulito, sostituisce la memoria della nostra vecchia piscina Bianchi e ci
permette di giungere alla pescheria, dove una grande piattaforma galleggiante raccoglie i ragazzi per feste e
divertimenti in mare aperto o amplia piazza Unità a seconda delle esigenze delle manifestazioni che vi si tengono.
Andando oltre non si può non notare l’ampliamento del Centro congressi e del molo quarto che, con il
potenziamento della capacità ricettiva per navi da crociera l’uno e piccoli traghetti a corto raggio l’altro, hanno dato
alla città una nuova spinta vero il turismo che negli anni era andato via via diminuendo.
Il nuovo porto viene ora a cambiare la sua destinazione. Noi abitanti anziani che abbiamo visto il suo momento di
splendore non nascondiamo un po’ di tristezza nell’apprendere che perderà la sua essenza commerciale, però
siamo fiduciosi nei progettisti (spagnoli) che ancora non hanno rivelato la destinazione di quei “giganti
addormentati” che sono gli edifici. Intanto attraversiamo questo luogo ancora avvolto di mistero per giungere al
luogo che per tradizione riteniamo “costitutivo del carattere di triestinità” e cioè …. Barcola. Barcola è da sempre
locus amoenus per il sole e il mare, rifugio della pausa pranzo, e rifugio durante i giorni di scuola che ai nostri
tempi abbiamo saltato.
La sorpresa che ci ha colto nel non trovare più il marasma di gente che sdraiata sul materassino rischiava di
essere decapitata dai “Pantani nostrani” è stata tanta.
È proprio vero: il gruppo di progettisti ha conquistato il mare e come dei moderni Ulisse ha costruito delle zattere,
non per tornare a casa ma per godersi la tranquillità.
Ora si può prendere il sole su questi blocchi solitari senza correre rischi e noi abitanti ringraziamo per questa
nuova prospettiva sul mare.
tp08es02desabbata.pdf
iper-ipo-struttura
eva de sabbata
Trieste è una città sensuale e irragionevole e fastidiosa. Chi la abita si lamenta per l’assenza di
modernità, di sviluppo, di energia attrattiva. Chi la governa produce una serie ininterrotta di proposte,
ognuna tesa a conferire alla città l’immagine gloriosa che fu. Porto Vecchio (una sacca, un rigetto?) è
il cavallo di battaglia dell’oligarchia triestina, terreno fertile per permettere alla città di riacquistare
l’antica fama attraverso quella dimensione cosmopolita che è stata l’essenza del “modello Trieste” e di
indirizzarsi verso un’economia competitiva a livello globale. Da decenni si discute di modelli di
sviluppo, catalizzatori economici, richiamo di investitori privati. Ogni iniziativa, retoricamente portata
all’esasperazione, è fallita …
La popolazione vede il possibile cambiamento come una trasformazione definitiva in qualcos’altro,
mostruoso e diverso: la mutazione è sporca, destabilizzante, come quella di un figlio che decide di
cambiare sesso, crea sospetto, preoccupazione, terrore. L’attività umana è ipotrofica, avversa a valori
legati all’economia postmoderna. Risulta difficile in una realtà urbana stagnante indurre macroscopici
e spettacoli investimenti.
Niente potrebbe essere più affascinante dell’identità ambigua e ribelle e indisciplinata di Trieste. Il
progetto consiste in un interconnesso “piano” di (possibile e probabile) sviluppo dell’area del Porto
Vecchio. Il movimento pedonale, ciclabile e veicolare di accesso e di collegamento interno, definisce
l’impalcatura diagrammatica del progetto.
Una rete di percorsi già strutturano la città: sono caotici perché indisciplinati, a essi si sovrappongono
traffici automobilistici, di mezzi pubblici, passeggiate pedonali. A Trieste, dove non c’è tracciato
stradale, percorso ibrido per pedoni, ciclisti e veicoli, non c’è energia vitale: è attraverso il sistema di
direttrici visibili e invisibili che si svolge la comunicazione e il movimento tra diversi sistemi di individui
e oggetti. Lo spazio della mobilità è lo spazio del consumo e delle attività.
Gli strumenti progettuali contemporanei canonici (dominatori e totalizzanti) possono solo arrecare
violenza all’ identità sfuggente della città. Non si interviene direttamente sugli oggetti architettonici,
non si ricerca un “effetto Bilbao” ma si procede in maniera inversa: si porta prima vita metropolitana in
un’area priva di destinazioni d’uso, attraverso le connessioni di punti caldi esistenti all’interno di tutto il
sistema urbano e tramite l’appropriazione degli spazi aperti da parte degli abitanti, poi si inseriscono le
funzioni più appropriate (richieste in quel momento dal mercato). L’interazione tra gli oggetti non viene
determinata a priori, ma viene influenzata da fattori ambientali, emotivi, da elementi casuali. Iper-ipostruttura è un progetto antiarchitettonico: l’assenza di materia diventa il fattore proliferativo. I temi
dell’indeterminatezza, delle relazioni spaziotempo e dell’entropia entrano come operatori progettuali. Il
progetto viene affrontato in maniera rizomatica: più equilibri possono esistere e diverse tematiche e
problematiche possono essere affrontate simultaneamente. Il sistema dei flussi (attivazione
temporale) definisce una rete di percorsi mutevoli che innervano il territorio: secondo il suo diverso
grado di intensità può avvenire l’attivazione di determinati spazi e ambiti (sovrapposizione di più
flussi), e la conseguente totale integrazione dell’area con il tessuto urbano, oppure può verificarsi
l’inverso, l’implosione dell’area (non si creano effetti dinamici decisivi, Porto Vecchio “muore”).
L’ambiente è ora definito da un insieme di confini imprecisi, tra i quali gli abitanti si dispongono
seguendo i flussi, si trasformano in traiettorie, direttrici, circuiti. Le infrastrutture (anche clandestine)
giocano un ruolo decisivo nello stabilire un ordine che non è determinato da criteri formali, ma basato
su informazioni e proprietà immateriali.
tp08es02De Stefani a.pdf
VERSO L’ IGNOTO...E OLTRE!
Data la mancanza di una richiesta specifica per la riqualificazione di Portovecchio ci siamo chiesti che cosa sia quest’area
per Trieste. Dalle cartografie si intravede un doppio imbuto che si sviluppa tra la stazione e il mare, abbandonato da quasi
trent’anni per le difficoltà di trasporto e per i fondali marini troppo bassi. Ma c’è dell’altro, si tratta di una miniera di cubatura,
a due passi dal centro cittadino, protetta e ostacolata dalla franchigia commerciale. Probabilmente verrà ceduta al miglior
offerente. Il quadro è completato da una superficie enorme, da un forte inquinamento del terreno costiero e da pesanti vincoli
storico-artistici.
Al visitatore occasionale appaiono invece ampi viali incorniciati da ritmici edifici ottocenteschi che guidano lo sguardo verso il
faro del Berlam, il castello di San Giusto e palazzo Aedes. Passando poi per vie più strette, che procedono verso il mare,
l’orizzonte si apre lasciando spaziare lo sguardo su tutta la costa, percepita senza interruzioni, da Miramare alla Sacchetta.
Se ci domandassimo: che cos’è Portovecchio per un cittadino la risposta sarebbe: un muro ricoperto di vetri e filo spinato,
un’entrata sorvegliata da guardie tra il Silos e la Sala Tripcovich, un fronte mare degradato osservato dal molo Audace,
qualche articolo sui quotidiani riguardante una fantomatica expo che avrebbe dovuto richiamare soldi e turisti, una promessa
elettorale infranta. Con la consapevolezza dell’impossibilità di controllare una funzione sconosciuta, o proporre un scenario
avveniristico all’insegna del “cosa succederebbe se…” dove non ci sono i presupposti socio-economici, abbiamo deciso di
puntare sui flussi. Una zona di scambio, di confine, un luogo di incontro tra diverse culture, un continuo passaggio di persone
impegnate nelle attività più varie che si incontrano e così facendo creano urbanità. Nel complesso il progetto è un nodo
multimodale che fornisce il canovaccio necessario allo svolgimento delle future funzioni, qualsiasi esse siano. La chiusura e
l’isolamento dell’area sono quindi il velo che ha preservato i grandi vuoti urbani, come nelle opere di Christo, pronto a essere
sollevato per riscoprire ciò che è ormai sconosciuto. Vivere il limite è un procedimento del resto noto in città austroungariche
come Vienna con il suo Ring o come Trieste, che si è costituita per parti, le cui barriere, una volta superate, sono divenute i
luoghi “centrali”.
Il ragionamento può essere schematizzato come una serie di flussi tra “punti caldi”, che rimangono nel tempo, attorno a cui
gravitano tasselli in costante cambiamento. Traslando il principio all’area portuale, tenendo conto dell’importanza del mare e
dei movimenti possibili all’interno di uno spazio a griglia, proponiamo percorsi che, nel loro intrecciarsi, individuano centralità
in grado di svilupparsi per gradi.
Una passeggiata pedonale collegherà Barcola alle Rive, ripristinando la continuità del fronte mare e fornendo l’accesso a
una spiaggia attrezzata. Gli edifici più significativi dal punto di vista storico-artistico individueranno un itinerario archeologicoindustriale, mentre uno dei viali interni diverrà una passeggiata urbana che concettualmente sarà la prosecuzione di viale XX
Settembre. Parallelamente correrà una pista ciclabile lungomare ,con circuiti che si addentreranno nell’area, magari
toccando un noleggio bici. Il traffico motorizzato di attraversamento potrebbe essere ripartito in due flussi, a seconda del
senso di marcia, facendo interagire viale Miramare con il Porto, mentre una viabilità interna più lenta attiverà parcheggi e
aree di sosta. I mezzi pubblici, in particolare una linea tranviaria, contribuiranno a limitare l’uso dell’automobile e a
rivitalizzare la costa. Il mare verrà abitato grazie alla nautica da diporto, alle linee marittime costiere e a quelle a lunga
percorrenza, a cui inevitabilmente seguiranno le necessarie attrezzature ricettive. Anche la stazione dei pullman e quella dei
treni potranno entrare a far parte del sistema portando a una colonizzazione degli interstizi e al riuso dei binari dismessi.
I singoli magazzini verranno privatizzati, fornendo così i fondi per l’intervento. I proprietari troveranno conveniente
trasformare a piacere l’immobile tenendo alcune linee di condotta che valorizzano la storicità e l’immagine unitaria del luogo.
I cantieri con le loro recinzioni potranno diventare occasione di eventi estemporanei ed aiutare i cittadini a conoscere meglio
il luogo, per una più rapida appropriazione degli spazi.
Non è escluso che proprio la commistione di persone di nazioni e ceti diversi, l’atmosfera aperta, la facilità di comunicazione
e l’efficienza dei trasporti sia quella funzione forte che ora manca alla città, e che le può restituire un ruolo chiave a livello
internazionale: davvero uno strano viaggio per la città del “no se pol”.
tp08es02destrini.pdf
…/Interfaccia/Mare 2008
Interfaccia/Mare indaga Trieste e Porto Vecchio attraverso il rapporto tra i sistemi acqua,
città, rive. Viene ricreata lungo il fronte mare di Trieste una serie di luoghi-filtro come
interfaccia attiva tra la vita urbana e il mare. Su 4 km di nastro costiero si sviluppano 3km per
balneazione e tempo libero e 1km per uso portuale e di interscambio.
Un programma funzionale vitale è necessario per evitare che continui il processo di
deterioramento della realtà di Porto Vecchio.
Interfaccia/Mare fa parte di un area che si sviluppa a nastro tra la città e il mare per 4 km.
Barcola/Interfaccia/Mare insiste sulla zona di Barcola che attrae nel periodo estivo gran
parte della popolazione triestina. Non è possibile né passeggiare né prendere il sole
liberamente a causa della sovrapposizione di questi usi su un nastro d’asfalto la cui sezione
media è di 5m.
Porto Vecchio/Interfaccia/Mare insiste su un’area estesa con edifici che rappresentano un
patrimonio architettonico-industriale molto forte. Non è possibile potenziare quest’area
inserendo qualsiasi destinazione d’uso perché sottoposta alla normativa del PRGC.
Sacchetta/Interfaccia/Mare insiste su due aree contigue destinate alla balneazione e alla
nautica da diporto. Quest’ultima zona scherma la città dal mare.
Essenzialmente Interfaccia/Mare crea e rivitalizza luoghi a stretto contatto con l’acqua.
Riconquista il fronte mare.
Interfaccia/Mare trasforma questo nastro discontinuo di costa in una serie di spazi
significativi che creano una relazione attiva tra il patrimonio architettonico-industriale,
produttivo, visivo e il mare ed evidenzia l’unicità di Porto Vecchio come punto cardine di un
sistema.
Didascalia delle Azioni
1. Generare. Frangiflutti abitabili 2x2x2 m. Costruendo in mare dighe realizzate con blocchi di
cemento cavi riempiti di sabbia o ghiaia si genera uno spazio abitabile. Lo spazio è costituito
da una serie di terrazze a mare per la balneazione. Si genera spazio libero per passeggiare
sul lungomare di Barcola. Si genera uno sbarramento alle onde e alla forza di erosione del
mare che intaccherebbe la banchina.
2. Moltiplicare. Zattere attrezzate 6x6 m. Sistemando questi spazi galleggianti nel periodo
estivo si libera il terrapieno di Barcola e si allontanano i bagnanti dalla strada.
3. Accendere. PRGC (Art. 1.1 _ZPU – 1 _Zona Portuale urbana). Attività permanenti (portuali,
turismo, istruzione), temporanee (espositive,di intrattenimento,…), puntuali (artigianato,
commercio al minuto) accendono gli edifici industriali rendendoli strumenti di aggregazione
comunitaria nel rispetto della normativa.
4. Galleggiare. Passerella a nastro 4x100m. La creazione di una passerella galleggiante
consente di collegare la stazione marittima con la diga e di percepire la città dall’acqua.
6. Riconquistare. Piazza d’acqua 1x1km. Sostituendo la zona dedicata alla nautica della
Sacchetta con una piazza d’acqua si riconquista il fronte mare dando la supremazia allo
spazio visivo.
tp08es02dodich.pdf
modello diario.
attenzione alle eufoniche. varie imprecisioni nei termini e nella loro collocazione all’interno della frase.
visione romantica senza aperture operative: si elencano una serie di intenzioni più o meno buone che non
trovano mai una soluzione progettuale plausibile.
d
tp08es02fait.pdf
TENDENZA TRIESTE
GEOGRAFIE URBANE
SEMBRAVA OVVIO, MA finora NON era SUCCESSO
Porto vecchio, incastonato tra il mare Adriatico e la ferrovia, da quartiere industriale a
quartiere di tendenza, dal degrado dei magazzini dismessi al glamour di ristoranti, bar,
boutique, e shopping center new design, per scoprire la nuova Trieste. Tra le vecchie vie
portuali, tra ciminiere e rotaie, si scoprono i murales più avant-garde che esplodono, oltre i
muri di vecchi stabilimenti, in nuove plasticità dinamiche. La centrale idrodinamica si affaccia
su Turbinenplatz, dove è stato aperto il Teckno Park, noto centro tecnologico di ricerca.
Nell’ex approdo navale, dalle grandi facciate fronte mare, si mangia al ristorante La Vela,
molto amato da fashion victim e creativi. Centro culturale, nei suoi 2 teatri sono messi in
scena spettacoli off-off-off e concerti di musica. Vicino alla ferrovia, il magazzino 26, cittadella
postmoderna del divertimento e dello shopping d’autore. Spazi scanditi da rigorose geometrie
zen anche nel house-forestry hotel by Hilton ricavato nella stessa struttura.
strategie
_connessione
Il parco industriale costituirà la trama dove avranno luogo le connessioni fra le nuove attività e
la città.
_memoria
le preesistenze saranno riconosciute come valori specifici
_economia
progettare in conformità al principio di risparmio e fattibilità
_flessibilità
il parco garantirà un sistema componibile e multiplo capace di adattarsi a programmi differenti
_coesistenza
nella fase iniziale le nuove attività si svolgeranno parallelamente a quelle portuali
tp08es02fontanot.pdf
Seminario Internazionale Coabitare_Riabitare sul Porto Vecchio - Gruppo A
Blow up/seaport
Blow up/seaport vuole essere un nuovo quartiere di Trieste.
Blow up/seaport vuole rompere la barriera tra la città e il mare; vuole superare la visione odierna di
porto inutilizzato e assumere una nuova multifunzionalità con abitazioni e servizi, perché la diffusione
e l’espansione della città non si deve sviluppare, o meglio “arrampicare”, solo sul costone carsico, ma
sfruttare le aree inutilizzate nel vero cuore della city, storica e culturale.
Blow up/seaport vuole fare in modo che la città di Trieste possa riacquistare un vero fronte mare,
quindi vuole trasformare la città portuale di oggi in città sul mare, città che vive il “vero mare”. Vuole
ridare terra alla balneazione, agli sport acquatici, alle attività di diporto, alle residenze, agli uffici; vuole
riconquistare gli oltre 700.000 mq di superficie portuale e il milione di mc di depositie dare una nuova
funzione e una nuova visione della città. Vuole ampliare il waterfront da leggera e sottile linea a fascia
costiera, che integra e comprende interi quartieri e parti di città, da Barcola al Borgo Teresiano, dal
Borgo Giuseppino al colle di San Vito, da Roiano alla lontana Opicina.
Blow up/seaport vuole dare un rilancio economico e urbano alla città di Trieste, ma è cosciente del
proprio valore e dei propri limiti, quindi vuole procedere con cautela, step by step, proponendo delle
tappe che si possono collocare su una linea immaginaria del tempo.
Blow up/seaport vuole vedere 2008 – 2018 – 2028 come ipotetiche tappe in cui prefiggere e
programmare interventi più o meno realizzabili; vuole inserire degli “hot points” che si possono
sviluppare, ma soprattutto ampliare, lungo tutta questa linea temporale, in modo da espandere e
distribuire funzioni e attrattive su tutta la superficie del porto vecchio.
Blow up/seaport, in primo luogo, vuole dare una misura “effettiva” all’area, poiché non gli riesce facile
capire cosa vogliano dire 700.000 mq di superficie. Quindi si è messo in viaggio e ha ripescato
elementi architettonici noti per poi inserirli all’interno dell’area del porto vecchio; in questo modo,
accanto al magazzino numero 17 si può trovare il Guggenheim Museum di Bilbao, oppure seguendo i
tracciati delle rotaie della ferrovia dismessa sembrava si camminare lungo la Ramblas di Barcellona o
attraverso il Park de la Villette a Parigi.
Blow up/seaport vuole attrarre, vuole fungere da calamita per tutta la città. Questo è reso possibile
inserendo all’interno dell’area del porto vecchio eventi, manifestazioni, mostre, attività, esposizioni,
balneazione, ristori, uffici e servizi. Ma per poter fungere da forte attrattore, Blow up/seaport deve e
vuole essere ben fornito di una fitta rete di servizi e connessioni con l’intera città, in questo modo i
tracciati stradali, pedonali, ciclabili dovranno essere presenti e i percorsi che vengono a formarsi lungo
il waterfront permettono di collegare e accorciare la distanza che ora intercorre tra la zona di Barcola,
quindi l’area balneare, e il centro della città.
Blow up/seaport vuole prefiggersi degli steps, che si possono riassumere attraverso la linea
temporanea:
_ 2008: vuole prolungare ed introdurre l’area balneare di Barcola all’interno del porto vecchio,
insinuandosi dall’area del già presente “bagno dei ferrovieri”; vuole creare il museo dell’archeologia
industriale e marittima nell’area dove oggi c’è la centrale termoelettrica e dotare questo di accesso da
viale Miramare, in prossimità del cavalcavia della ferrovia, e di parcheggio; vuole inserire nei
magazzini esistenti un’area fieristica e vuole poter organizzare concerti e manifestazioni che
richiedano pochi servizi e manutenzioni.
_ 2018: vuole ampliare la zona balneare inserendo servizi quali bar, ristori, centri sportivi; vuole
annettere al museo dell’archeologia centri studi, biblioteca, emeroteca; vuole creare nell’area fieristica
degli uffici e ristori.
_ 2028: vuole ampliare tutti gli interventi che si sono venuti a creare in questi anni e, inoltre, vuole
inserire residenze e spazi verdi e collettivi in modo da completare l’operazione ampliamento ed
espansione della città all’interno del porto vecchio.
tp08es02fornasaro.pdf
JENGA
Jenga è un gioco da tavolo per qualsiasi età.
La preparazione si effettua sistemando 54 blocchi di legno su piani che formano una torre, tre
blocchi per piano disposti perpendicolarmente tra i vari piani. I giocatori a turno sottragono un
blocco a loro scelta dalla torre e lo posizionano sulla sommità della stessa. Durante il gioco,
la torre diventa sempre più instabile, così quando uno dei giocatori sottrae il pezzo che la fà
crollare questo giocatore ha perso. Il vincitore del gioco è quello che ha giocato prima del
perdente.
Situato in pieno centro a New York, tra la quinta e trentaduesima strada il Grattacielo “Giulio’s
Briks” ripropone una costruzione realizzata dal “vincitore del gioco”.
“G’s Bricks” si presenta quindi come la sottrazione di un blocco a livello per i 13 livelli che
compongono l’edificio andando a creare ogni 2 piani un lato aperto che lascia spazio a una
macro vetrata come da unico punto luminoso.
Il colore rosso mattone del rivestimento si sposa perfettamente con i verdi giardini creati a
ogni livello dalla sottrazione dei blocchi; la stessa operazione, eseguita nella parte centrale
crea un foro vetrato che oltre a punto d’illuminazione permette la visione di una parte
dell’interno e delle sue attività.
Mentre nei piani bassi troviamo la parte commerciale, filtrata da un’attività amministrativa,
negli ultimi piani ritroviamo la funzione di abitazione, abitazioni munite a qualsiasi altezza di
uno spazio libero verde attrezzato con alberi e giardini privati.
tp08es02foytik.pdf
TEATRO DI EVENTI
TEATRO DI EVENTI prova ad affrontare il tema del riuso di un edificio militare dismesso, risalente alla prima
guerra mondiale, situato a Rivolto nel Comune di Codroipo (UD), pochi chilometri distante da Villa Manin.
TEATRO DI EVENTI si basa sull’ampliamento del fortino e l’inserimento di nuove costruzioni, per realizzare un
polo con diverse attività museali e artistiche. Il risultato quindi è un’insieme di situazioni che possono
rappresentare metodi di espressione e temi diversi.
TEATRO DI EVENTI sceglie una griglia e individua tre zone principali: una centrale, caratterizzata da un lungo
percorso lineare e due laterali, più intricate, che rievocano un labirinto. Ogni zona comprende una parte della
costruzione esistente e prevede un ampiamento posizionato nella zona retrostante.
TEATRO DI EVENTI nel suo insieme tenta di concepire un movimento contrapposto alla staticità e alla rigidezza
del fortino con un lavoro in sezione. I tre elementi aggiunti sono caratterizzati da altezze diverse, articolati su più
piani o in doppie altezze e si saldano al vecchio edificio ognuno a quote differenti. I nuovi volumi sono
caratterizzati da ambienti molto più ampi in contrapposizione a quelli del manufatto esistente. I percorsi riprendono
il concetto del labirinto: non vi è infatti un tracciato univoco, ma vi sono molteplici possibilità di visitare gli spazi.
TEATRO DI EVENTI vuole creare una catena di ambienti non solo interni ma che si sviluppano anche all’esterno,
estendendosi per tutto il lotto. Al visitatore è lasciata la libertà di intraprendere il viaggio nell’arte: si può scegliere
un percorso lineare, oppure affrontare un percorso non consequenziale, lasciandosi guidare dalla curiosità
suscitata da un’opera o dall’ambiente.
TEATRO DI EVENTI tenta di indurre alla scoperta e alla sorpresa con una serie di eventi successivi ma non
consequenziali. La percezione di uno stesso evento cambia, perché può essere osservato da punti di vista
differenti, risultato ottenuto grazie alla modellazione dei volumi in sezione.
TEATRO DI EVENTI vuole essere un complesso flessibile in grado di ospitare un’intersezione di eventi
contemporanei o anche una sola situazione. La versatilità degli ambienti e la molteplice scelta dei percorsi offre
all’utente di intraprendere a ogni visita un nuovo differente itinerario nell’arte.
tp08es02giubilato.pdf
modello arroyo desierto.
tutto bene, ma dov’è il progetto? il testo di arroyo usava la superficie poetica come grimaldello per mimetizzare un
progetto di rara cattiveria.
è ben scritto, ma non si scorge niente di operativo.
b/c
tp08es02guerra.pdf
coast to coast
Il vincolo progettuale dato dalla commissione era quello di avere una presa di coscienza, da parte dei cittadini di
Trieste, dell’area di Porto Vecchio.
Il primo passo compiuto è stato quello di analizzare l’intero impianto costiero (e non solo) di Trieste. L’insieme
si presenta come una successione di porzioni di territorio con funzioni e identità diverse e senza alcuna
connessione. Una sequenza di scatole chiuse dai contenuti differenti.
Successivamente, scendendo di scala, siamo andati a individuare quali fossero i punti più significativi all’interno
di ogni “scatola”, non seguendo una logica “turistica”, ma individuando l’elemento caratteristico della zona.
Cosi facendo ci siamo trovati di fronte ad una serie di punti significativi per la città e per i cittadini che però
rimanevano isolati nella loro zona e non dialogavano ne con la città ne tra di loro. I limiti di questo sistema sono
stati individuati nel castello di Miramare e nella Risiera di San Sabba. All’interno del sistema sono presenti
realtà totalmente differenti tra loro, dal luogo più conosciuto di Trieste (piazza Unità), al quartiere più popolare e
degradato (Val Maura), passando per i luoghi culturali, sportivi e caratteristici della città.
Come nel film “Easy Rider” l’idea è quella di intraprendere un viaggio che permetta di attraversare questo
sistema di differenti realtà lanciandosi cosi in un “coast to coast” della città di Trieste. La Route 66 di “Easy
Rider” viene reinterpretata a livello cittadino attraverso la creazione di un percorso tramviario e ciclo-pedonale
che unisce i due estremi del sistema percorrendo la linea di costa.
Le fermate e le aree di sosta sono situate nei punti individuati precedentemente e sono caratterizzate da nuovi
spazi realizzati riqualificando aree dismesse (come la creazione di un playground a metà del tracciato di Barcola
in prossimità di un’area inutilizzata), andando a potenziare quelle già esistenti ( come ad esempio il molo adibito
a “bagno” già presente di fronte al Porto Vecchio), e cercando di andare a creare nelle zone a utilizzo stagionale
(come Barcola) delle attività che ne permettessero l’utilizzo lungo tutto l’arco dell’anno (con la creazione di un
centro sauna, campetti da gioco o il centro di controllo del parco marino di Miramare). Cosi facendo si sono
distribuite, lungo la costa, una serie di attività e servizi che vanno a integrare i luoghi attrattivi già esistenti
potenziandoli. Con l’unione di questi punti si crea l’unione della costa che diventa cosi un unico sistema
attraversabile e percorribile da tutti i cittadini grazie alla differenziazione delle varie tipologie di “movimento”(a
piedi, con la bici, con il tram).
La zona di Porto Vecchio viene cosi attraversata dai vari percorsi. Questo permette alle persone di entrare per la
prima volta in uno spazio che prima era chiuso e non visibile, prendendo coscienza delle dimensioni, del
posizionamento e delle potenzialità che l’area possiede. In più è stata posizionata una fermata anche all’interno
del Porto Vecchio per permettere l’accesso al “molo bagno”, un’ ulteriore possibilità per fermarsi ad osservare
questo “luogo sconosciuto”.
tp08es02kadvanj.pdf
CATERPILLAR
Territorio
Il fortino di Beano è una memoria di guerra. Nella sua riqualificazione è presente la sensibilita per l’arte e la tradizione. Il
progetto cerca di unire questi due aspetti del territorio.
Inquadratura/frame
Punto importante del progetto è avere diverse inquadrature (frames) guardando il territorio secondo diverse direzioni. Così
possiamo individuare 4 scene differenti:
EST- tutto l`edificato è nascosto, coperto dalla collina. Solo due muretti fuoriescono dal terreno e si perdono nell`infinito,
invitandoci ad avvicinarsi ed esplorare gli spazi mistici del fortino.
SUD- tutto si mimetizza col fortino. Le nuove costruzioni vengono nascoste nel fossato, e il muro che sostiene il terreno
richiama le finestre del fortino.
NORD- tutto completamente immerso nel bosco e quasi invisibile. Nessun segno di architettura, nessun segno di intervento
dell`uomo.
OVEST- una parata di scenari, forme e colori, il cui punto focale è rappresentato dal Caterpillar.
Fortino
Il fortino è una memoria della guerra. Si tratta di una costruzione lunga 100 m e alta 5 m.. È un oggetto statico e pesante.
Per evocare la sua memoria di guerra e per contrastare la sua staticita` nasce un nuovo elemento:
CATERPILLAR.
La forma di Caterpillar allude al movimento e alla leggerezza. Ci sono 6 Caterpillar nel fossato di cui 2 appesi a binari.
Le loro dimensioni variano da 4 a 8 metri, solo l`altezza di 5,7 m è comune a tutti. Ognuno di essi consiste in 2 piani, e
quindi ospita 2 artisti contemporaneamente. Caterpillar è una membrane metallica, di Cor-ten, che racchiude le due facciate
opposte, completamente vetrate. L`interno e` coperto da uno stratto di tela rimovibile che fa da quadro per i pittori. L`esterno
è rivestito da una lamiera in acciaio che col tempo arruginisce e cambia colore. Caterpillar è la vetrina dove si espone non
solo l`oggetto d`arte ma anche il lavoro dell`artista.
tp08es02Klanjac2.pdf
gomitolo
scenario
Il progetto crea un punto di discontinuità nell'omogenità della zona in cui viene inserito.
Reinterpretando il segno della zona, diventa punto di riferimento capace di soddisfare due domande :
l'amministrazione pubblica e la popolazione locale, ovvero, offre il potenziale turistico e riprende il
collegamento con la loro storia e le loro esperienze. Il Fortino diventa il centro culturale capace di
parlare.
preesistenza
Il fortino si trova in una zona piana di carattere agricolo. L'immagine della superficie si crea come
estensione dei campi agricoli però i segni creatori della superficie sono i percorsi, ovvero le strade.
Il fortino ha un valore storico importante. La sua trasformazione viene guidata da due aspetti diversi. Il
primo aspetto è di carattere amministrativo. Il piano di sviluppo prevede le attività di potenziale
turistico. Il secondo aspetto è di carattere sociale, è il rapporto che gli abitanti della zona hanno con il
loro passato.
L'esempio della villa Manin mostra che l'architettura del passato viene riutilizzata e così salvata da
una vita di mero oggetto espositivo.
obiettivo è realizzare un microcosmo che fa interagire la gente con l’anima del luogo e l’architettura
stessa.
processo progettuale
1 collocazione interventi
Il fortino viene diviso in due parti. Una parte ricorda e l'altra insegna.Una parte si rivolge verso il
passato e l'altra verso il presente. L' intenzione era di creare una distinzione netta tra due parti per
non confondere che, nonostante la presenza della preesistenza, il tempo a cui il progetto si riferisce è
XXI secolo.
2 togliere a
Si propone di lasciare un segno che richiama la storia e le esperienze del fortino. Questo segno è la
pianta del fortino che è il suo elemento caratteristico. È un elemento estremamente funzionale. Si
toglie la muratura esterna e la muratura interna rimane nel paesaggio come monumento della storia.
3 togliere b
Si toglie l'interno del fortino lasciando pochi elementi. Sono utilizzati per creare la finzione ″ portante ″.
Sembra che il fortino ″ porta ″ il progetto nuovo. La parte aggiunta ha una struttura portante di acciaio
e non interferisce la struttura portante del fortino.
4 ampliare
Lo spazio originale del fortino non risulta sufficientemente grande. Viene ampliato con 5 spazi
allungati, tutti uguali fra loro ( dall'esterno) ma elaborati in 5 modi diversi ( all'interno).
5 dialogare
La disposizione dei nuovi spazi deve dialogare con la distribuzione spaziale originale del fortino. La
pianta del fortino si presenta come un labirinto e permette movimenti semplici ma numerosi. Da tutti i
5 punti di vista, il fortino diventa un'altalena che movimenta gli spazi nuovi.
6 diversificare per moltiplicare
La disposizione diversa e la elaborazione interna diversa di ognuno dei 5 padiglioni creano numerose
combinazioni diverse dei percorsi interni. Il risultato è un gomitolo di percorsi che diventa punto di
discontinuità nella rete dei percorsi esterni, lineari e orizzontali, che disegnano la zona.
tp08es02lantier.pdf
_AlbericoCarbonaroLantier, Polipo, trieste
“Polipo” si colloca all’interno del porto vecchio di Trieste, un area di 400.000 m²
completamente chiusa e per la quale è stato organizzato un workshop che aveva come
obiettivo il riuso di questa zona.
Analizzando la questione si capisce che la città di Trieste non ha bisogno di un nuovo polo
commerciale di ampie dimensioni, non c’è abbastanza domanda e la zona finirebbe per
diventare un “quartiere fantasma”.
Il gioco sta nell’aprire il lotto alla città, fare in modo che le persone prendano confidenza con
questo nuovo spazio e lo considerino parte integrante del territorio cittadino, senza dargli per
forza una funzione definitiva; solo in seguito e in maniera progressiva si potranno inserire
nuove attività.
Il porto vecchio si presta bene a collegamenti NO-SE, fungendo da tramite tra il litorale di
Barcola e le Rive, ma ha forti problemi di collegamento trasversale: la ferrovia, limite
invalicabile, blocca ogni possibilità di apertura verso Est.
Il progetto ha individuato un corridoio verde che parte dal ciglione carsico, attraversa il rione
di Roiano e muore in prossimità della ferrovia.
“Polipo” è la continuazione di questa fascia che permette alla natura di entrare e proseguire
nel porto, creando un forte collegamento con la città e un nuovo accesso per tutti gli abitanti,
oltre a conferire un ruolo di maggior spessore agli spazi che si sviluppano lungo il percorso e
che potranno trarre beneficio dall’aumento di flusso pedonale che inevitabilmente avverrà ai
bordi. Una volta all’interno del porto, il parco si sviluppa parallelamente ai binari esistenti
ormai in disuso, ma che si è scelto di mantenere visibili per tramandare la memoria di quel
luogo e della sua funzione originaria (con la possibilità di sfruttarli in parte per una
linea tranviaria).
“Polipo” è il nodo centrale, punto di arrivo o passaggio di automobili, treni, pedoni e
vegetazione, una piattaforma sopraelevata in continua evoluzione.
Nella parte inferiore permette il passaggio dei veicoli (viale Miramare), dei treni e lo svolgersi
delle attività di deposito legate alla ferrovia; la creazione di un nuovo parcheggio lo rende a
tutti gli effetti una nuova porta d’ingresso.
La parte superiore è una nuova piazza, un luogo di transizione importante caratterizzato dalla
presenza della vegetazione che permette a chi la percorre o vi sosta di estraniarsi dal caos
del traffico cittadino pur trovandosi a due passi dal centro.
“Polipo” può venir tagliato in più punti e in diversi modi: da rampe-tentacoli che lo collegano al
livello inferiore o viceversa che si alzano verso il cielo e permettono di superare in altezza gli
edifici del porto aprendo la vista verso la città e le rive, da aperture che portano luce a chi è
sotto e creano scorci interessanti per chi da sopra guarda in basso. E se un giorno l’economia
lo richiedesse movimentato da torri commerciali che diventerebbero elementi fortemente
riconoscibili dalla strada.
tp08es02kos.pdf
modello non riconoscibile.
l’esercitazione doveva essere l’occasione per ripensare il progetto, non per ribadirne, oltre l’evidenza, la presunta validità.
molte affermazioni apodittiche in cerca di dimostrazione.
questo corso si nutre di concept e diagrammi, della dimensione dicibile e operativa del progetto, della sua concezione logica.
buone intenzioni e descrizioni non bastano.
c/d
tp08es02liani.pdf
FAGOCITOSI Low Cost
trieste-porto vecchio, italia, 2007
team: (E)ffe A Emme A
i cancelli si aprono: inizia l’esistenza del porto vecchio. la città parallela si mostra nella
spettralità di un pomeriggio salmastro. un altro silenzio invade questo spazio.
l’architettura non è qui uno spessore, delimita soltanto spazi di attraversamento: distese
di asfalto e rotaie, pochi angoli d’erba.
la dilatazione dello spazio fa assumere al gesto la teatralità degna di un atto senza
parole. la trivialità di accendere una sigaretta o il duro fatto di spostare tonnellate di
merce sono entrambi facce dell’esperienza condivisa del porto.
monumenti instabili di pietra e mattoni, e di ghisa, forniscono una scenografia naturale
per situazioni spontanee: rimangono immobili come vuote impalcature che non si
mostrano diverse al marinaio o al passante. la collocazione casuale di oggetti, la
presenza fluida di camion e persone è tanto importante quanto la demarcazione dello
spazio. le situazioni possono essere causate da un singolo individuo, da gruppi (ma non
più di ventun persone assieme) o da folle, dal loro scopo, dalla loro occupazione o
movimento o direzione. quando piove in piazza borsa, l’architettura non è più importante
della pioggia.
rive e crei una linea di distribuzione capillare all’interno del porto.
Scenario:
premessa: dialogo tra zone destinate alla presenza costante e privata di enti fruitori del
porto e tra spazi non attualmente attivi, che vengono aperti al pubblico.
1. coesistenza
1.1 delimitazione dell’area chiusa al pubblico alla sola fascia di edifici affacciata al mare,
con spazio sufficiente per parcheggio di camion e treni. le barriere non vengono eliminate
ma assumono un’altra struttura e un’altra funzione.
1.2 sostituzione delle guardie armate con gli orari di funzionamento del porto: il porto
funziona>barriera chiusa--il porto non funziona>barriera aperta. la barriera è costituita
da elementi, associati alla loro ordinaria sistemazione/funzione all’interno del Porto,
attualmente già presenti nell’area, come ad esempio camion e treni in sosta. il loro
utilizzo permette l’abbattimento dei costi di attuazione del programma, ma apre il
dibattito sul tema della sicurezza.
2. memoria+flessibilità
2.1 l’architettura presente non può essere abbattuta. in veste di monumento, assumerà
valore ogni volta che alle sue superfici verranno agganciate strutture e strumenti per la
creazione di eventi momentanei.
3. connessione
3.1 infiltrazione di una viabilità veloce interna che unisca direttamente il lungomare di
barcola con le rive e crei una linea di distribuzione capillare all’interno del porto.
Postscript: il futuro o la fine del porto non è possibile prevedere.
tp08es02LIVA.pdf
PORTO VECJO de TRIESTE Liva Denis Gruppo G
Notizia del giorno: INVASIONE A TRIESTE DA “TERMITI DI MARE”
Crunch..Crunch..cr..crrr
Ieri sono accorsi numerosi curiosi a notare l’invasione al porto vecchio da parte di parassiti, mai visti, chiamati TERMITI DI
MARE.
Le TERMITI DI MARE infestano tutta l’area del porto vecchio di Trieste per tutta la sua estensione di 68 ettari.
Milioni di TERMITI DI MARE infestano la costa e i magazzini del porto vecchio da Barcola alla stazione ferroviaria.
Le TERMITI DI MARE rappresentano un pericolo per la città di Trieste perché dal mare piano piano rosicchiano la costa, e, il
porto vecchio nel tempo si mescola nel tessuto urbano della città interagendo con le infrastrutture nell’immediato futuro.
OSTACOLI
Le TERMITI DI MARE sono sulla costa, abitano il porto vecchio, avanzano verso la città e notano OSTACOLI per la
conquista della città come IL MURO DI CINTA alto, in muratura, poi LA STAZIONE FERROVIARIA e infine la strada
costiera. L’azione è ATTRAVERSARE unendosi e mangiando il muro come tronchi di faggio, creando ACCESSI a porte
verso la stazione, poi andando verso Barcola e aprendosi un varco Vs. la strada costiera, risalendo la parete rocciosa
carsica, e sfruttando l’accesso stradale esistente vicino alla Stazione per invadere subito il centro.
FLUSSI
L’idea delle TERMITI DI MARE è di introdursi nelle vie TRASVERSALI che collegano il porto con la città tramite i nuovi
accessi ,oltrepassando la ferrovia, collegando l’interno del porto vecchio con la città, e penetrando con tre flussi trasversali
che si collegano alla strada costiera, la quale porta verso Barcola da una parte e dall’altra verso la Sacchetta, percorribile
interamente a piedi dagli umanoidi. L’azione delle TERMITI DI MARE è di ALTERNARE il passaggio nelle vie interne al porto
vecchio, per trovare il più possibile, in una stessa strada vari tipi d’utenti, bici+umanoidi+camion+auto, combinati tra loro e
non sempre presenti tutti assieme, a seconda del tipo di interesse comune in quel momento nei magazzini del porto vecchio.
ATTIVATORI
Le TERMITI DI MARE capiscono che all’interno del Porto vecchio ci sono PUNTI CALDI temporali, dove c’è maggiore vita di
umanoidi attivati da essi in punti diversi del porto e in momenti diversi.
L’azione delle TERMITI DI MARE è di ACCENDERE/SPEGNERE varie zone per far in modo che alcuni punti vengano
affollati mentre altri punti restino isolati e tranquilli per il loro riposo, strategia di conquista.
‘OVE RLAPTING’-NUOVI RAPPORTI
Gli umanoidi capiscono che le TERMITI DI MARE sono ghiotte di pini marittimi più che di murature e calcestruzzo, e le
resine plastiche invece sono immuni, attaccano maggiormente la zona di Barcola, ove presente la macchia carsica invece
del centro urbano della città che presenta solo cemento….
L’azione degli umanoidi per sconfiggere le TERMITI DI MARE è di INFESTARE gli infestanti portando la macchia carsica
dentro il porto vecchio, assicurando e salvaguardando la loro vita, per la zona interna alla città e verso la sacchetta, trovando
soluzioni di salvaguardia del litorale a Barcola.
SPAZI IN TRANSIZIONE
Gli umanoidi vogliono salvaguardare il loro stile di vita e come sempre interagire tra il sistema acqua, il sistema rive e il
sistema città. La zona est verso la Sacchetta è molto interessante per quanto riguarda la balneazione di splendide fanciulle,
in passato era destinata solo in minima parte e per la maggiore considerata come diportismo. Quest’ultimo deciso di portare
interamente nel porto vecchio per la maggiore estensione di posti barca e praticità dell’entroterra per le manovre logistiche.
Svuotando dalle imbarcazioni si ha la balneazione protetta, una piazza galleggiante e un’area piscina, così facendo l’azione
ricreativa-turistico viene unita.
Si ha un’ottima visuale di tutte le rive compreso tutto il porto vecchio fino al castello di Miramare. In asse con il centro cittài
approdano le navi da crociera di medio e lungo raggio per permettere agli umanoidi di allontanarsi dagli infestanti. La diga
viene collegata alla terraferma da passerelle in materiale plastico e di dimensioni notevoli per flussi sostenuti, arrivati alla
diga si notano una serie di piattaforma mobili galleggianti che si spostano in assi verticale per posizionarsi in zone isolate,
lontano da occhi iniscreti.
Diversi sono i frangiflutti abitati e mobili, sfruttando la loro serialità popolano il litorale di Barcola infestato, alcuni sono
collocati a una certa distanza dal terrapieno. Questa aggregazione di elementi seriali fa diventare un’architettura nel mare
per abitarlo,questi spazi godono di una peculiare elasticità e possono essere usati per diversi usi: gioco, balneazione, riposo,
running, andare a pesca oppure goderci il tramonto seduti sulla nostra sdraia bevedendoci una birra fresca.
tp08es02lokas2.pdf.pdf
trasformare i sensi
Primo impatto con il fortino
Arrivando in visita al fortino di Rivolto mi sono ritrovata di fronte un enorme e freddo edificio di
cemento armato. Aveva un'aria angusta e non provocava nessuna sensazione positiva.
Probabilmente anche per la funzione che ha avuto in passato. La cosa invece che mi ha
immediatamente affascinato è stato il paesaggio che circonda il fortino, completamente incontaminato
dall'uomo. L'area di progetto era situata in una distesa molto vasta e piatta: in questo modo l'occhio
poteva fuggire molto oltre il solo edificio.Da subito sapevo che avrei dato vivacita' e colore a quel
luogo pur mantendo una traccia di questo passato cupo.
La prima revisione
Nel primo incontro con i professori le mie idee di progetto iniziali non hanno avuto per niente
successo. L'intervento con il quale volevo agire sul fortino è stato reputato troppo arbitrario.
In cerca di un'ispirazione
Ho pensato di creare un'architettura che parlasse da sola e che facesse vivere a chi la visita
un'esperienza completa e sono arrivata alla conclusione che questo sarrebbe stato possibile
impegnando tutti i sensi di cui l'uomo dispone. Ho deciso di creare un museo dei sensi.
Parlando con i professori...
Ho spiegato ai professori la mia idea di creare il museo dei sensi mantenedo una traccia del passato
attraverso la creazione di spazi sotterranei ampi e oscuri. Ho voluto invece dare vivacità con
l'inserimento di forme nuove irregolari che erano in contrasto con la regolarita' del fortino esistente. Mi
hanno suggerito di attuare la mia idea attraverso l'inserimento di colli di bottiglie di colori, forme e
inclinazioni differenti, ma la cosa non mi convinceva perché non era in linea con la mia visione.
Il contenuto del museo
Lo scopo del progetto è quello di creare un edificio in cui le emozioni siano provocate non solo dalla
struttura ma anche dal contenuto stesso. Non si tratta di un museo tradizionale ma di un luogo che
può essere vissuto pienamente solo attraverso l'impegno di tutti e cinque i sensi. Questo concetto è
stato realizzato dividendo il museo in varie parti, ognuna delle quali si rapporta al visitatore attraverso
la stimolazione di uno dei suoi sensi.
È un centro espositivo e creativo, un luogo che offre l'opportunità di percepire la cultura ed esserne
parte attiva, attraverso un programma che da la possibilità’ agli stessi visitatori di esprimere la propria
creatività all’interno di appositi laboratori sotto la guida di esperti.
Interazione con i professori
Ho mostrato ai professori ciò che avevo prodotto fino a quel momento. La revisione è andata a buon
fine. Mi hanno detto che l'unico elemento che mancava era la strutturazione del terreno. Siccome non
volevo stravolgere il terreno per poter lasciare libera la vista del paesaggio circostante, ho avuto l'idea
di espandere uno dei contenuti del museo al suo esterno attraverso la creazione di una opera di land
art. Ho composto questa land art attraverso l'intreccio di vari materiali che rendono la pianta molto
movimentata a prima vista. Si tratta in realtà di un'illusione ottica in quanto il materiale della
pavimentazione tende a far sembrare tridimensionale un ambiente che è in realtà prevalentemente
lineare.
Ricerca delle forme
Cercando su internet mi sono imbattuta in un'immagine astratta che conteneva delle sagome cuve,
irregolari. Finalmente ho trovato delle forme che mi soddisfavano e ho cercato di metterle in rapporto
con la struttura esistente del fortino creando luoghi che avrebbero provocato emozioni. Siccome
queste forme dovevano dare vivacità al fortino le ho arricchite con grandi vetrate che permettevano di
godere del panorama circostante.
tp08es02lutman.pdf
Tensioni erosive
Ipotesi:
Il complesso strutturale che si sussegue a partire da Miramare per giungere fino a
Muggia, passando per Trieste, è il contesto urbano in cui viene a collocarsi il lotto:
un’isola in un arcipelago di centralità culturali e funzionali che ne fanno un bacino di
accumulazione strategico di flussi.
Corollario:
il parco del mare si pone come intelaiatura artificiale che faccia da nesso tra la grande
viabilità della sopraelevata, la promenade pedonale delle rive e i flussi di turismo
marittimo divenendo così dinamo accentratrice in grado di convogliare masse, flussi,
scontri e frizioni.
Tesi:
l’intento progettuale è quello di ottenere un complesso unitario che non focalizzi
l’interesse solo su un edificio in particolare ma sull’intero sistema e sulla relazione tra le
parti.
Svolgimento:
Il diagramma compositivo si esplica concretamente in:
1) Una piastra contenitrice le funzioni dell’acquario
2) Un vuoto vulnerabile, catalizzatore e acceleratore di contingenze, accidenti e identità
variabili
3) Dei volumi con funzionalità specifiche che attraversano verticalmente la piastra
connettendo livelli separati e con peculiarità dissimili
Errore:
Potrebbe essere troppo chiuso in se stesso e non essere rilevabile la struttura dell’acquario.
Soluzione:
Nonostante l’approccio l’intento non è quello di censurare l’edificio bensì di rilevarne la
presenza attraverso una membrana che invece la amplifichi e la filtri alla città in tempo
reale.
tp08es02mamolo.pdf
TRANS(t)ATION?
In questo mio intervento intendo rispondere alla domanda se è possibile risolvere il problema
di tipo strutturale urbano che colpisce le rive di Trieste. Ovvero se sia possibile abbattere
quelle barriere che dividono nettamente un’antica forza della città come il porto vecchio dal
suo diretto discendente, il porto nuovo.
Il punto forte del nostro progetto è lo spostamento della stazione ferroviaria che si caratterizza
per due essenziali facoltà: la capacità di divenire motore energetico e sociale utile al recupero
dei corpi di fabbrica dismessi del Porto vecchio, e di dare vita a una nuova ampia area
edificabile conseguenza della dismissione degli "antichi" binari, supportata da un servizio di
trasporto, e dalla rete estesa delle altre infrastrutture necessaria affinché il progetto sia
sostenibile.
La nuova stazione sintetizza la natura del progetto di equilibrio tra nuovo e presistente, in
quanto l’edificio principale sarà proprio l’unico edificio in ristrutturazione, al momento, nel
porto vecchio e permettendo attraverso il suo sviluppo su due livelli differenti, di incarnare lo
schema di trasporti: la ferrovia si mantiene al livello sopraelevato, come estensione
dell’attuale cavalcavia, mentre la linea tranviaria di distribuzione cittadina rimarrà al livello
terreno sfruttando i già esistenti, e da tempo inutilizzati, binari al servizio del vecchio porto. In
questo modo vediamo possibile realizzare il nostro intento di spostare il traffico dei treni,
soprattutto in previsione della Tav, nella stazione di Opicina e di eliminare questa grossa
barriera della stazione originaria tentando di dare una nuova funzione al complesso degli
edifici del porto vecchio in modo da creare una grossa attrattiva in prossimità del centro e
della stazione e distribuire da qui una serie di percorsi paralleli (tranviario, pedonale, ciclabile)
lungo tutte la rive che portino a conoscere la nostra splendida città e le nuove risorse che può
dare.
tp08es02MANTA.pdf
Profondo blu: come il mare trova casa a Trieste (metodologia di scrittura: domanda/risposta)
Con il progetto Profondo Blu si intende rispondere all’interrogativo di quale possa essere un modo
originale e qualificato per inserire in un tessuto urbano una struttura funzionale composita qual è un
Parco del Mare in una zona cittadina come le Rive di Trieste, prospiciente il mare stesso,
urbanisticamente molto caratterizzata ed anzi dominata dalla presenza di talune emergenze
architettoniche di rispetto (corpi edilizi dell’edificato a mare del Borgo Giuseppino che termina con
l’edificio storico della ex stazione ferroviaria di Campo Marzio).
Tutto ciò tenendo conto, peraltro, che non si tratta di inserire semplicemente un organismo
architettonico di completamento, ma una vera e propria “macchina” anche piuttosto complessa,
organizzata per funzioni complementari e diverse fra loro, nel tentativo - fra l’altro - di concentrarle in
un’area tutto sommato limitata come quella dell’attuale mercato ortofrutticolo, da spostare altrove.
La risposta a detto interrogativo è lo studio di una struttura che si qualifichi volutamente non per la sua
presenza architettonica, ma essenzialmente per la sua organizzazione originale quasi totalmente
“underground”, stratificata secondo funzioni in una logica compositiva che, fatta eccezione per alcune
limitate presenze architettoniche nuove dal ruolo strettamente funzionale, permetta il libero uso
pubblico del suo sedime a livello stradale attraverso il quale favorire l’integrazione della struttura con il
circondario.
Lo stesso sedime, infatti, viene fortemente connotato dalla presenza di tre vasche oceaniche
appartenenti al nuovo acquario, da leggersi come sua anteprima promozionale e come elemento di
caratterizzazione naturale del sito. Infatti il mare, in precedenza solo prospiciente, ora “entra” nel
sottosuolo e si manifesta nello spazio urbano del parco invitando i passanti alla conoscenza della sua
“profondità” (Profondo Blu).
Sono previsti quattro strati funzionali sotterranei della struttura:
- i due più profondi sono adibiti a parcheggio data la discreta capienza richiesta (circa 300 posti) e
sono muniti di due nuclei di salita/discesa che li collegano con il livello stradale;
- al livello -2 si sviluppa il nuovo acquario: il visitatore viene introdotto nelle profondità ad apprezzare
l’ambiente marino e le sue specie abitative in un percorso di continuità e quindi di organicità
funzionale;
- il livello -1, che rappresenta il punto d’incontro con la città, è costituito dai laboratori per gli studiosi e
dalle foresterie che si affacciano sulle vasche; la copertura del livello -1 diventa poi lo spazio pubblico
usufruibile al livello stradale: attraverso di esso la penetrazione del mare e della sua profondità troverà
una sua singolare rappresentazione.
Completa l’intervento un corpo architettonico funzionale dall’estensione - come già detto - limitata
disposto parallelamente al fronte mare, nel quale sono previsti l’entrata e l’uscita dell’acquario, servizi
annessi e una sala congressi.
Il water-front della porzione urbana interessata dal progetto resta così dominato dalle preesistenze
architettoniche, ma il suo tessuto risulterà anche filologicamente modificato dalle vasche, come ampie
lacerazioni in cui la profondità dell’acqua riveste ruoli simbolici e al tempo stesso determinanti: quello
del rispetto, del mistero e della conoscenza, dell’ambiente marino, così diverso, ma così a noi
complementare.
tp08es02martinelli.pdf
RINASCERE TRA I SASSI.
Aprile 2008_ VUOTO PIENO. Porto Vecchio nella città di Trieste ha sempre voluto dire limite, sin dalla
sua creazione. Nato come punto franco è stato concepito come entità isolata dal suo contesto,
fisicamente i suoi pieni sono uno spazio vuoto tra il waterfront cittadino e quello barcolano. In senso
trasversale il distacco dalla città è ancora più marcato dallo presenza dei binari attivi e morti. Non
ultimo, consideriamo il limite della scarsa intraprendenza economica sia pubblica che privata che
contraddistingue la realtà cittadina di questi anni, in evidente recessione economica.
Aprile 2009_ SASSI. Trieste ha cominciato a riappropriarsi di Porto Vecchio. La distanza tra esso e la
città si colma lentamente. Ora è come lanciare alcuni sassi nell’acqua e vedere quello che succede: il
primo cade sull’edificio della testata verso il borgo teresiano e per fare da calamita per la città assume
la funzione di contenitore di attività temporanee come fiere ed esposizioni, un altro viene lanciato
verso l’altro limite e fa proseguire l’accezione balneare barcolana.
Porto Vecchio comincia a rivivere, almeno come prolungamento di parti attive della città.
Aprile 20019_CIRCOLI. I cerchi prodotti dal dai sassi si sono allargati: la zona balneare ingloba spazio
per lo sport e l ricreazione, le attività temporanee sono affiancate molteplici attività ricettive. Così oggi
ne lanciamo degli altri, perché il gioco funziona: nascono una marina turistica e un polo museale.
Nuovi varchi si sono aperti, la linfa entra in Porto Vecchio da ogni parte.
Aprile 2030_INTESEZIONI. I cerchi hanno continuato a espandersi tanto da sovrapporsi diventando
un tessuto continuo di funzioni diverse. Negli spazi dei magazzini si è inserita anche la residenza
privata. Porto Vecchio oggi è irrorata anche dal suo interno.
… e adesso, che sasso lanciamo?
tp08es02mogorovich.pdf
Il parco del mare; Trieste, 2007
JUST LIKE HOME!
"L'architetto […] attraverso le forme, colpisce con intensità i sensi, e, provocando emozioni plastiche attraverso i
rapporti che egli crea, […] determina movimenti diversi del nostro spirito e del nostro cuore; è qui che avvertiamo
la bellezza!. […] L'architettura è per commuovere". 1
1 Le
Corbusier, Verso un'architettura, Longanesi & C., Bergamo 2004, p. 9
"Modellare la superficie di una forma primaria semplice significa far scaturire automaticamente la misura stessa
del volume!" 2
2 Ivi,
p. 28
…un intreccio di visuali…
…un intreccio di assi stradali…
…un intreccio di percorsi…
…un intreccio di persone…
…il mercato all'ingrosso, il museo del mare, una banca, un ristorante, un'officina... …diversi usi, diverse età,
diverse ore: questo è lo slogan che definisce la natura caratteristica di questo luogo al cui interno sono collocate
strutture così diverse tra loro.
…oggetti slegati e collocati in maniera casuale, senza una logica precisa all'interno di un lotto di quasi 30.000
metri quadrati… …la collocazione in uno snodo fondamentale della città… L'articolazione spaziale e
l'articolazione volumetrica di quest'area non sono tali da far guardare con attenzione lo spazio costruito, non
sono capaci di suscitare emozioni, ma risultano solo capaci di farci vedere questo spazio a causa della sua
posizione strategica.
Si può scegliere di non vedere un film, uno spettacolo, la televisione, ma non si può decidere di non vedere
l'architettura! …camminando lungo le strade ci si trova davanti ad architetture che non lasciano scampo… Non
sempre però queste costruzioni sono degne di chiamarsi bellezze!
…ricostruire la vera bellezza, l'architettura che suscita emozioni, l'architettura fatta di vere forme, l'architettura
che commuove, l'architettura nata per essere guardata, da ogni punto di vista…
Analizzati gli assi e i coni visivi, dal loro intreccio ordinato nascono spontaneamente la forma e l'articolazione
degli spazi. Le superfici vengono modellate e tagliate, il suolo viene plasmato e portato a quote diverse a
seconda delle esigenze: esso non è più solo il basamento su cui appoggiare uno o più volumi! …spazi articolati
tra loro, come i volumi del centro delle arti contemporanee di Zaha Hadid… …volumi che scaturiscono
dall'intreccio di questi assi e di queste superfici…
…l'interno… …unione e separazione… Le funzioni vengono divise per poli, ognuno caratterizzato da uno
specifico materiale e allo stesso tempo tutti uniti da una piastra di copertura continua. Il polo ristorazione con
l'albergo, il polo divulgativo con l'auditorium, il polo culturale con il museo del mare, la biblioteca e i laboratori
satelliti…
…senza dimenticare il livello sotterraneo adibito a parcheggio e parte del suolo dedicato al verde, cose che non
si possono evitare in un progetto!...
Come non parlare dell'elemento catalizzatore del progetto? L'acquario: 20.000 metri quadrati quasi totalmente
vetrati nella parte fuori terra e quindi trasparente alla vista sia dall'interno che dall'esterno, composto da
numerose vasche d'acqua…
…elemento di connessione tra presente e futuro…
…elemento di connessione tra mare e vasche…
…elemento di connessione tra interno ed esterno…
…diversi usi, diverse età, diverse ore… Con la nuova configurazione, in quest'area vengono creati numerosi
percorsi di fruizione, a seconda delle esigenze dei visitatori, del mezzo con cui arrivano, dell'ora in cui arrivano e
della loro età. …un intreccio di percorsi: divertimento-curiosità per i più piccoli, didattici per i giovani e didatticoculturali per gli adulti. …i bambini possono ammirare le diverse specie di pesci e poi trovarsi a giocare e a
rincorrersi tra il verde dei diversi livelli… Gli studenti possono arrivare comodamente con il pullman e poi
addentrarsi nei numerosi edifici culturali, ascoltare una conferenza e poi trovarsi a mangiare tutti insieme nel
ristorante che sembra costruito all'interno di una vasca dell'acquario!… Le famiglie potranno prenotare qualche
giorno nell'albergo e visitare non solo l'acquario e il museo del mare con estrema comodità, ma grazie alla
posizione della struttura, raggiungere facilmente il centro della città…
…senza dimenticarsi di chi si trova ad attraversare questi livelli (grazie ai numerosi accessi) che, senza entrare
negli edifici, troverà a sua disposizione l'intera copertura dell'acquario con un bar e uno spazio per stare insieme
all'aperto…
…tutti potranno sentirsi adatti a godere di questi spazi e della loro vista… Sarà la stessa architettura la calamita
che attira ogni persona che gravita nelle vicinanze, il luogo in cui ci si ritrova piacevolmente, il luogo in cui si sa
che quello che c'è, ci piace… …in sostanza, la sede temporanea di tutti coloro che vorranno imparare a
guardare veramente la bellezza dell'architettura adatta a tutti e sentirsi veramente just like home!
tp08es02monferà1.doc
CONTAMINAZIONE
Voglio provare a rispondere alla domanda “come si può infestare il mare senza pensare
all’inquinamento chimico”?
La risposta è cercare di trovare una strategia che sia innocua, per spostare tutti i batteri che si trovano
sulla terra ferma nel mare, senza modificare le loro abitudini e senza che loro se ne accorgano. Questi
batteri sono localizzati lungo la linea costiera che inizia con Barcola e termina con l’area della
Sacchetta.
Tutto l’entroterra di Barcola è già contaminato da una sovrapposizione di usi diversi (prendere il sole,
passeggiare, fare pic-nic…), bisognerebbe gettarli tutti nel mare ma facendo in modo che non
affoghino, creando quindi delle isole ad uso singolare. L’intento è quello di liberare spazio per creare
nuove zone a uso differenziato.
Proseguendo per la linea costiera troviamo il porto vecchio.
Il porto vecchio può rappresentare un ostacolo che spezza la continuità della linea costiera, lo si può
aggirare ma noi vogliamo penetrarlo e portare i batteri anche l’addentro dove oggi è tutto pulito e
disinfettato. Per infestare il porto vecchio è necessario dunque compiere alcune azioni:
_aprire nuove porte verso ciò che sta attorno, sia verso il mare che verso l’entroterra per far in modo
che tutti i batteri provenienti da qualsiasi parte possano attraversarlo;
_accendere e spegnere in diversi momenti dell’anno alcuni spazi, questo perché ci troviamo dentro un
territorio molto grande dove è impensabile riuscire a infettare tutte le sue parti contemporaneamente;
_riscoprire la città che sta attorno attraverso il vuoto che si trova tra il costruito. Lo spazio tra gli edifici
dirige lo sguardo dei batteri altrove, lontano, facendo avvistare altri luoghi da contaminare;
_alternare i modi di percorrenza del vuoto perché tutti possano cogliere le meraviglie anche dal mare.
Così facendo verrà infestato anche il mare aprendo nuove vie galleggianti che collegano le rive alle
dighe già presenti.
Proseguendo per la linea costiera troviamo la Sacchetta.
tp08es02monorchio.pdf
Fascestranee sono strisce che si intersecano.
Fascestranee è un Parco del Mare situato nella zona di campo Marzio a Trieste. È ubicato in
prossimità del Borgo Teresiano, caratterizzato da una distribuzione rigida basata su una griglia
regolare sulla quale sono distribuiti i lotti.
Fascestranee considera la regolarità del principio insediativo che caratterizza l’intorno, va a
contrapporsi ad essa formando una serie di elementi curvi che muovendosi si fondono tra loro. Il tipico
edificio a corte viene steso e mosso.
Fascestranee sfrutta la posizione strategica sulle Rive accogliendo i flussi che provengono da aree
diverse, da mare e da terra. Vuole diventare il centro delle aree adiacenti ( la Sacchetta, il Porto Lido,
il Porto e Ausonia), richiamando e accogliendo un milione di turisti l’anno.
Fascestranee è un elemento visibile. Il prisma di vetro è un richiamo da mare e da terra. Il grande
volume vetrato, volutamente fuori scala, costituisce un elemento ben individuabile e riconoscibile. Le
fasce inferiori rimangono al di sotto della linea degli edifici circostanti andando in parte ad abbassarsi
sotto il livello del suolo.
Fascestranee è raggiungibile da ogni lato del lotto. Una fascia si prolunga oltre la strada e permette
l’accesso dalle rive. Dall’elemento rettangolare, che costituisce l’ingresso vero e proprio dell’edificio,
scendono i collegamenti verticali. In corrispondenza del prisma si crea all'interno del complesso, a
livello terra, una striscia distributiva che taglia in orizzontale le fasce e permette di raggiungere i
diversi servizi.
Fascestranee accoglie funzioni diverse: un acquario, servizi alberghieri e di ristorazione, un
auditorium, una biblioteca e il museo del mare. Ogni striscia accoglie una funzione a sé stante e
indipendente dalle altre. Il tetto diventa un grande parco pubblico usufruibile da tutti.
tp08es02montagnana.pdf
MEGLIO IL PORTO OGGI CHE IL CIMITERO DOMANI
Scenario: un porto che aspetta solo di “andare in porto”
Il porto vecchio rappresenta una delle più importanti testimonianze della città di Trieste. Esso conserva il fascino di un’epoca,
di una cultura, di un’architettura d’avanguardia per quegli anni (si cominciava a sperimentare la tecnologia del cemento
armato, le colonne in ghisa… ).
L’area del porto vecchio rappresenta un potenziale enorme, di cui si parla tanto, ma che ancora oggi rimane un problema
irrisolto. Il porto vecchio è tuttora visto come un luogo “sacro”, tabù; data l’impossibilità per il cittadino di accedervi.
Il porto vecchio insomma -se fosse consentito esprimere una similitudine- potrebbe essere raffigurato come un vulcano in
riposo, che se attivato porterebbe a uno sviluppo enorme per la città.
La città dei conservatori
Uno degli aspetti di Trieste, per chi non è indigeno, che incuriosisce, ma al tempo stesso intimorisce, è il suo spirito
conservatore, la sua avversione all’innovazione.
Trieste ha sempre dimostrato una frizione a qualunque processo di sviluppo, dimostrandosi una città lenta e indolente alle
politiche di innovazione. Trieste, per le sue straordinarie qualità, è una città che dovrebbe ambire a importanti processi di
trasformazione, che la porterebbero a diventare un bacino interculturale ed un polo attrattivo, data la sua strategica
locazione.
La città proibita
Partendo dalle suddette considerazioni, la strategia da noi attuata per lo sviluppo del porto vecchio è quella di creare una
sorta di città nella città. L’idea nasce dal desiderio di ripensare al porto come un luogo proibito, dove vi siano quelle attività
anticonvenzionali che ancora non fanno parte della vita triestina (casinò, polo fieristico, aree di ricerca avanzata…), ma che
porterebbero a una rinascita dell’area. Con questa operazione si vuole dare uno slancio alla città, liberandola dal giogo del
conservatorismo.
Valorizzare il confine
L’area del porto vecchio è ben delimitata: presenta una forma allungata, racchiusa tra la linea ferroviaria e il mare. Il porto
vecchio data la sua particolare posizione è un luogo “ignoto” al cittadino (non potendovi accedere). Il nostro progetto vuole
preservare il carattere marcato del confine, stabilendo una netta separazione con la città, generando nel porto un
atteggiamento introverso. L’intento è quello di precludere lo sguardo di chi è fuori dal porto, alimentando nel cittadino la
smania di entrarvi.
Gli accessi sono volutamente ridotti a due, nel tentativo di creare affollamenti atti ad attrarre il maggior numero di “curiosi”. A
fungere da barriera, oltre alle murature esistenti, vi è un’area adibita a servizi e parcheggi. Quest’ultima verrà ricavata dallo
smantellamento di alcuni binari inattivi nell’area retrostante al porto.
Il porto come un percorso lineare
Il porto si prefigge di essere una sorta di racconto consequenziale: una successione lineare di settori e ambienti guidano la
persona all’interno di questo spazio in maniera univoca.
La divisione in settori avviene secondo un asse parallelo alla linea di costa; attraversando il porto vecchio si passa da
ambienti più ludici e di intrattenimento ad aree legate al lavoro e alla nautica da diporto.
Importante al fine progettuale è quello di salvaguardare e sfruttare al meglio l’esistente, rendendolo un patrimonio per il
cittadino. Ad esempio, la centrale termodinamica diverrebbe un museo archeologico dell’industria e nella cosiddetta zona
portuale urbana prenderebbe posto un polo fieristico, date le vaste dimensioni dell’area.
Un’operazione invasiva
Presupposto fondamentale è quello di attivare sul porto vecchio una politica di rinnovamento nel minor tempo possibile, in
modo da gettare le basi per una svolta drastica, che ponga fine a questo clima di tentennamento che per troppi anni ha
caratterizzato la città di Trieste.
Se non si interviene in maniera decisa e intraprendente, il rischio è quello di cadere in un immobilismo che porterebbe alla
definita sterilità del porto e alla morte dello sviluppo della città di Trieste stessa.
tp08es02moras.pdf
Sinap_city
Sinap_city è un groviglio di segni: la sua forza intrinseca sta nell’accessibilità che è in grado di offrire alle varie forze sociali
in questa parte di residuo urbano. Il centro cittadino gli si sviluppa fianco a fianco per chilometri, ma per molti anni queste
due città parallele hanno vissuto vite separate.
Sinap_city è un’alternativa urbana flessibile in assenza di un adeguato budget. Studia le metodologie più adeguate per
conquistare e rifunzionalizzare a scala urbana i grandi spazi coperti di hangar e magazzini (21 in vincolo diretto, 10 su cui
insistono prescrizioni particolari e 8 su cui insistono solo prescrizioni generali). In questa prospettiva risulta indispensabile
riuscire a suscitare l’interesse di investitori pubblici e privati, unici possibili fautori del rilancio di questi 60 mila ettari di ex
area portuale della città di Trieste.
Sinap_city è un artefatto caparbiamente voluto, sul quale influiscono fattori consci e inconsci, portati da intenzioni,
desideri, disposizioni e capacità di coloro che in qualche momento la attraversano. Mentre si cerca di contenere il traffico
e l’imbottigliamento di automobili in centro città, la progettazione dei collegamenti di Sinap-city è fondamentale per il
riappropriarsi del ricco patrimonio dato dalle friche industrielle. Il capitale generato dall’apprezzamento di frammenti di
spazi connettivi può essere speso per incrementare ulteriori collegamenti nell’area e supportarne anche un futuro
sviluppo in un ciclo continuo di impiantazione e speculazione.
Sinap_city vede nella mobilità un potente strumento di trasformazione urbana; gli assegna un ruolo che oltrepassa gli
stretti limiti delle problematiche della congestione. Il movimento frenetico ha sempre connotato la città, ma qui è un
tentativo serio di convertirlo da un’esperienza di fatica e sopraffazione in input di conquista progressiva dello spazio.
Sinap_city pensa che progettare l’accessibilità sia un attivatore fondamentale. Sinap_city sacrifica e salva. Lo spazio
aperto prende il sopravvento sull’architettura, e diviene il principale catalizzatore urbano.
Sinap_city prevede che ogni tipologia di mobilità possa identificarsi con un proprio percorso predefinito. Integra l’ex area
portuale con la rete di circolazione già esistente nella città di Trieste. Stimola la fruizione delle funzioni interne che vanno
progressivamente espandendosi. Cuce le rive cittadine con le coste balneari di Barcola. Sostituisce il sovratrafficato viale
Miramare, oggi unica alternativa di comunicazione, con svariate tipologie di accesso che tengono conto di ciascun attore
della mobilità cittadina e non. Separa i flussi carrabili d’ingresso e uscita dalla città. Crea una linea tramviaria. Studia
appositi spazi per un percorso costiero ciclo-pedonale. Garantisce l’attivazione di un’accessibilità trasversale carrabile e la
fagocitosi della stazione ferroviaria e degli autobus quali linfa vitale nel processo di popolamento e pedonalizzazione
dell’area portuale. Consentirà di connettere finalmente l’entroterra con il sistema costa anche in questo punto della città,
come già fanno le rive cittadine con i sistemi di spazi aperti e di piazze fronte mare e le zone balneari di Barcola.
Sinap_city pensa al pedone e gli offre svariate opportunità di svago, diversi itinerari e un’inesauribile fonte di esperienze.
Sfrutta il ricco patrimonio archeologico industriale dell’area attraverso percorsi specifici (i magazzini sono documenti
dell’epoca eroica del cemento armato e dei primi brevetti). Gode di un’amata vista mare. Offre nuovi luoghi di
balneazione. Non manca della possibilità di fare passeggiate urbane in stile viale XX Settembre. Gli ampi interstizi tra
hangar e magazzini offrono svariate modalità di amplificare e ripensare la sezione stradale - pedonale. Aree commerciali,
di intrattenimento e di servizio si susseguono alimentando la curiosità del visitatore. E il pedone qui non dovrà sentirsi
limitato nel portare con sé la propria auto. Sinap_city pensa anche alle automobili con aree apposite di parking.
Sinap_city offre spazi alle crescenti domande di associazioni di nautica da diporto. Tiene conto della necessità di nuovi
posti barca attualmente saturati. È una nuova Grignano. È un’ottima alternativa alle marine turistiche delle vicine coste
croate/balcaniche. Partendo da piazza Unità o da Barcola si può raggiungere tranquillamente a piedi o in bici, con il
proprio i-pod, Sinap_city. Se il tempo è brutto, c’è la tramvia o il bus e non ti bagni. Puoi scegliere un percorso tra natura,
arte, svago. Puoi bagnarti se fa eccessivamente caldo. Puoi goderti la meravigliosa vista del Golfo e invidiare qualche
riccone che appena sveglio, fa colazione nella propria barca lì ormeggiata. Tu invece puoi sempre accontentarti di un
Preznitz preso nel baldacchino all’angolo.
tp08es02morassi.pdf
prima l’uovo o la gallina
[La domanda da un milione di dollari]
Quale destino si può immaginare per il Porto vecchio?
contesto
Finora un’area chiusa alla città, non connessa e dalla connessione difficilmente risolvibile (vedi il confine
segnato dalla stazione). La struttura interna sembra disincentivare una possibile integrazione: la scala degli
spazi è dilatata, amplificata.
intenti
Fare di questo spazio una parte di città, trovargli un senso, riconnetterlo, rivitalizzarlo.
programma: ???
Nessuno, purtroppo. Niente che possa aiutare, niente di sensato che possa ragionevolmente avere la forza di
innescare nell’area quel processo di trasformazione e rivitalizzazione sopra auspicato.
contro-programma: iper-ipo struttura
[se l’uovo non ci aiuta partiamo dalla gallina]
Vista l’impossibilità di valutare e definire un programma pertinente, il progetto non può fondarsi su di esso.
Quasi sempre un processo progettuale, come tutto del resto, può partire da un’asserzione o dal suo esatto
opposto e arrivare comunque a un risultato.
struttura
Un pretesto per entrare nell’area, possibili modi di attraversare e fruire i suoi spazi; le regole non sono deducibili
dall’interno (perché ancora niente si può dire), ma vengono dall’esterno (connessioni con la città e sue
aspirazioni) e trovano un modo di entrare. La creazione di un sistema gerarchizzato, dapprima indifferente,
innesca relazioni e trsformazioni. Il programma, prima negato, trova ora una sua definizione.
iper
Perché ha la pretesa, pur nella sua apparente mancanza di concretezza, di suggerire, man mano che il
processo progettuale progredisce, un possibile senso per l’area in oggetto.
Ancora, vista la diversa scala degli spazi (iper-citta), la congestione è qui ricercata (iper-struttura); i nodi di
incrocio dei flussi sono quelli che più facilmente generano città, lo spazio non è da svuotare ma da riempire.
ipo
Nella sua realizzazione materiale, il primo passo (il disegno di un percorso), è fatto di poco o nulla. Non un
progetto di massa ma di sostanza; l’area è già perfettamente asfaltata: basterà dipingere a terra o regalare ai
primi curiosi una cartina che suggerisca come attraversare questi spazi.
matrice
Creazione di un elenco, definizione e differenziazione di possibili percorsi.
Campi
velocità con cui si attraversa gli spazi, cambia il modo di percepirli.
Integrazione: è stabilita (o permessa) o no una relazione con la città.
qualità: che senso ha, in relazione al progetto, il flusso che si va a creare? è parallelo o no al mare (longitudinaletrasversale)? entra ed è in sé un pretesto per scoprire l’area (circuito), o semplicemente l’attraversa; non
connette semplicemente due punti ma genera motivi per fermarsi (termosifone)?
pedonale
velocità
integrazione
qualità
Area di attivazione progressiva
percorso costiero RiveBarcola
X
integrato
longitudinale
spiaggia
Passeggiata archeologicoindustriale
X
non integrato
circuito
edifici di interesse
archeologia industriale
spazi espositivi
passeggiata urbana (nuovo
X
integrato
termosifone
viale XX Settembre)
ciclabile
lungomare
spazi commerciali
servizi
sbitazioni
XX
integrato
longitudinale
circuti interni
XX
non integrato
circuito
parco ferroviario
flusso veloce
XXXXX
integrato
circuito
puova porta della città/
distribuzione interna
XXXX
non integrato
termosifone
mezzi pubblici
Rive - Barcola
XXXX
integrato
longitudinale
trasporto via mare
Integrazione della linea
XXXX
integrato
longitudinale
Nautica da diporto
XXX
integrato
longitudinale
Linee a lunga percorrenza
XXXX
integrato
trasversale
auto
ingresso e uscita dalla città
imbuto
aree di parcheggio e sosta
Muggia - Sistiana
Spazi per associazioni posti
barche
Terminal passeggeri
processo
Ogni percorso va collocato mettendo a sistema le specifiche sopra dette con limiti e
condizioni interne ed esterne all’area.
Fasi [macro]
I flussi vanno inseriti a partire da quelli più deboli, pedonali ciclabili e così via, l’ordine è quello
riportato in tabella.
Fasi [micro]
Relative a ogni macroflusso (pedonale, ciclabile, mezzi pubblici, auto, via mare)
a) connettore: un percorso longitudinale, di attraversamento, che riconnette l’area alla città;
adiacente al lungo mare o collocato all’interno
b) circuito: Un anello che si innesta sul connettore; un modo per entrare nell’area, delimitarla,
suggerirne possibili riusi
c) aree di attivazione progressiva: La particolare accezione data a un flusso può attivare,
nell’immediato intorno, funzioni a esso pertinenti.
contro fasi
Implosione Non tutti i percorsi segnati sull’asfalto si trasformano in flussi, non tutti i flussi
attivano un’area. Il processo non garantisce la sua effettiva riuscita: la scansione per fasi
funziona anche al contrario, contempla una possibile implosione (i segni sull’asfalto si
schiariranno, i magazzini resteranno dismessi).
riprogramma : ipermodale
Lo svolgersi dello stesso processo suggerisce un possibile destino / riuso per l’area: il luogo
diventa naturale collettore e scambiatore di flussi (un terminal, centri per la nautica da diporto,
stazione dei treni e delle corriere, porta della città, centro ginnico all’aperto, ma anche spazi in
cui camminare … e finalmente andare in bicicletta!).
inclusione delle criticità
La stazione ferroviaria e quella delle corriere, che prima segnavano un limite invalicabile con
la città, sono ora coerentemente inserite all’interno del progetto, parti integranti del polo
intermodale.
prima l’uovo o la gallina: una fertile non-risposta
Se la domanda è paradossale cercare di rispondere è impossibile; forse la risposta non è poi
così interessante, o la domanda non si pone.
Piuttosto, progetto docet : senza perdersi in chiacchere scegliere arbitrariamente uovo o
gallina e, se la questone è ben condotta, l’uovo diventerà gallina o la gallina farà l’uovo…
tp08es02mulic.pdf
ponte del mare - Trieste
Proviamo a rispondere alla domanda di recupero dell’area del Porto Vecchio di Trieste in particolare
nell’area del molo IV. La città di Trieste è generatrice di traffici commerciali e di turismo ed è
caratterizzata dalla sua storia a vocazione cosmopolita che ha permesso un crocevia di culture e ha
realizzato una città-porto quale binomio indissolubile. L’area del Porto Vecchio è da conservare e
recuperare in modo tale da essere una risorsa per tutta la città.
Che cosa prevede il Piano Regolatore del Porto Vecchio di Trieste? L’area del molo IV è destinata a
terminal traghetti. L’edificio ha un piano fuori terra e si trova in uno stato di completo abbandono.
Quali possono essere le strategie progettuali per il molo IV?
- di essere vicino al centro della città, alla ferrovia e alla stazione degli autobus; importante è per
questo intervenire sulla riorganizzazione della viabilità nella zona di piazza della Libertà e all’inizio
dell’area del Porto Vecchio;
- creare nuovi spazi liberi per la popolazione residente che siano un punto di incontro tra cittadini e
passeggeri.
Quali possono essere le specifiche progettuali previste sul molo IV?
- l’edificio può avere al massimo due piani;
- il terminal traghetti è di tipo internazionale con destinazioni per la Grecia e per la Turchia;
- il numero dei passeggeri previsto è 900 per l’imbarco e 900 per lo sbarco dal traghetto;
- la frequenza dei traghetti è di due volte alla settimana e dunque si prevedono 187200 passeggeri
all’anno.
Qual è il riferimento per il progetto del “ponte del mare”, sito sul molo IV? Viene individuato come
riferimento il progetto di Foreign Office Architects a Yokohama in Giappone per il terminal passeggeri
internazionale.
Qual è il risultato a cui si vuole raggiungere? Il risultato progettuale consiste nel fare parte della città il
terminal traghetti. Al piano terra del “ponte del mare” (quota 1.00m) vengono collocati i parcheggi (238
posti auto di cui quattro sono riservati per i disabili). Il parcheggio viene caratterizzato da un'unica
entrata e uscita. Il “ponte del mare” viene allargato verso la parte nord, mantenendo la muratura
perimetrale esistente in pietra arenaria. Il prospetto nord dell’edificio viene rappresentato dalla parte
nuova con aperture ampie, mentre il prospetto sud mantiene e mostra il segno del passato con la
muratura in pietra arenaria.
Per quanto riguarda lo sbarco e l’imbarco dei mezzi veicolari questi sono collocati ai due lati del molo
per cui viene allargato il molo per permettere un agevole accesso sul traghetto.
Al primo piano è posto il terminal che è progettato in maniera tale da consentire anche l’attracco per
navi da crociera. Il terminal è collegato mediante una rampa/piazza con la città. Questo permette
l’accesso sia per i passeggeri che per i cittadini e i visitatori. Oltre al terminal sono inseriti i servizi
legati allo svago (come bar, tabacchi e giornali, agenzia di viaggi, sviluppo e stampa, parrucchiera,
solarium, ottica, banca, ristorante self, ristorante Mc Donald, ristorante cinese e ristorante giapponese)
e i servizi legati al terminal (tre agenzie marittime). Il primo piano è rappresentato da ampie vetrate
che comunicano la trasparenza e il significato della funzione per il pubblico. Sia dal piano del terminal
che dalla rampa/piazza si può accedere al secondo piano dedicato totalmente ai servizi di svago
(come cinecity con cinque sale, teatro cinema all’aperto e area pubblica al coperto per mostre e
giochi).
Le rampe poste al secondo piano dell’edificio permettono di accedere sulla copertura che viene
destinata come area pubblica all’aperto per giochi e sport.
La forma dell’edificio è caratterizzata nel traslare il primo piano verso nord, mentre il secondo piano
viene traslato verso sud. Questa operazione crea un movimento nel prospetto e richiama le onde del
mare.
tp08es02nastati.pdf
FIRSTDROPS
workshop internazionale Italia-Spagna 2008 (gruppo A)
Firstdrops indaga il rapporto fra la città e l’area inutilizzata del porto vecchio, che costituisce una “barriera”
verso il mare, e che tiene separate due aree di Trieste: il centro città (borgo Teresiano) e la zona di Barcola. Su
700.000 mq di superficie si sviluppano negozi, uffici, ristoranti, bar, musei, sale espositive, appartamenti. Il
porto vecchio deve diventare un quartiere di Trieste.
Firstdrops trasforma la città di Trieste da città portuale a città sul mare, aiutando l’ampliamento del waterfront
da semplice linea sottile a fascia costiera che comprende intere parti di città.
Firstdrops è consapevole dell’impossibilità dell’azione immediata di riappropriazione del porto vecchio, quindi
procede per tappe posizionate su una linea del tempo immaginaria. 2008-2018-2028 sono gli step della
programmazione di nuovi hot point che, nel corso degli anni, aumenteranno la loro area di influeza e di
attrattività. Questi hot point vogliono essere come le prime gocce di pioggia sulla superficie del mare: subito
dopo il contatto con l’acqua, espandono le loro onde radialmente. Così, individuando alcuni elementi di
partenza, questi si espandono radialmente tramite attività legate ad essi dal punto di vista funzionale.
Operazioni progettuali:
1. MISURARE. Quanto è ampio il porto vecchio? Per capire cosa significano 700.000 mq abbiamo “giocato”
inserendo nell’area elementi architettonici ben conosciuti come l’Auditorium di Renzo Piano a Roma, il
Guggenheim Museum di Bilbao, il Parc de la Villette, la Ramblas di Barcellona.
2. IDENTIFICARE. Quali/ Dove/ Come sono i punti caldi di Trieste? Piazza Unità, piazza Goldoni, passeggio
Sant’Andrea, Lanterna, … sono i “luoghi della memoria” della città, sono posizionati prevalentemente in
prossimità del mare e facilmente collegabili con il porto vecchio grazie alle rive, via Carducci e Corso Italia.
3. LIBERARE. Come riconsegnare il mare alla città? Per definire Trieste una città di mare è necessario abbattere
il “muro” del porto vecchio. Questo si potrebbe realizzare rendendo come unica stazione ferroviaria di Trieste
quella di Opicina, oppure più semplicemente arretrando la posizione della stazione di qualche centinaia di
metri, all’altezza del cavalcavia di viale Miramare.
4. ATTRARRE. Come trasformare il porto in una calamita? Il porto vecchio deve diventare un forte catalizzatore
tramite attività, eventi, mostre, esposizioni temporanee e permanenti, ristoranti, luoghi per la balneazione.
5. CONNETTERE. Come attraversare il porto? È fondamentale dotare il porto di una fitta rete per la connessione
con la città. In questo modo il blocco chiuso del lotto si spacca e si apre alla città. I percorsi tracciati hanno la
funzione di “elastici”, utili per accorciare le distanze tra Barcola e il centro e tra Trieste e il mare.
6. PROGRAMMARE. Step by step…
2008. prolungare la spiaggia di Barcola all’interno del porto vecchio; pubblicizzare il museo dell’archeologia
industriale e dotarlo di accesso da viale Miramare e posteggio;
inserire un’area fieristica con padiglioni per esposizioni temporanee.
2018. ampliare la zona balneare con centri sportivi, parco giochi, bar; dotare il museo di un centro studi, aule,
mense; creare uffici, ristoranti, bar e sale per riunioni nell’area fieristica;
2028. ampliare ulteriormente gli hot point; inserire all’interno del porto vecchio residenze per concludere
l’operazione di riappropriazione dell’area portuale e del mare a parte della città.
tp08es02Negrisin.pdf
Natural Cut - RIGIDA INVASIONE DELLA NATURA, Fortino di Beano, 2006.
Natural Cut è uno studio di coesistenza e compenetrazione di materiali differenti. L’area del
fortino di Beano, di mq. 66.121, situata nel comune di Codroipo, prevede ora un centro di
degustazione vini. Questa sembra essere una funzione favorita dal territorio, poiché la zona si
trova ad essere circondata dai vigneti.
Natural Cut lavora su un fortino dismesso dal 1915 e utilizzato fino a qualche anno fa come
deposito. In una zona che versa in uno stato d’abbandono, prati e arbusti hanno
un’espansione spontanea e danno vita a un processo di rinaturalizzazione di tutta l’area.
Natural Cut focalizza l’energia della natura dilagante in una molteplicità di “tagli naturali” che
entrano a far parte della struttura del fortino e contemporaneamente del nuovo edificio
annesso. Prati, arbusti e rocce, incontrollati e inaccessibili, vengono tradotti in nuove
verticalità e orizzontalità praticabili sia all’interno che all’esterno della costruzione. Le pareti
del nuovo edificio vanno a intersecarsi con quelle del fortino tagliandole e ampliando
improvvisamente lo spazio interno. Simmetriche verticalmente, hanno altezze e lunghezze
differenti, per formare quattro angoli di intersezione diversi tra loro. Queste pareti vengono a
loro volta tagliate da due elementi orizzontali che formano i piani calpestabili interni e al
tempo stesso le terrazze-tettoie esterne. Natural Cut propone in uno spazio limitato molte
quote differenti, che si traducono in una notevole quantità di punti di osservazione al parco
esterno.
Natural Cut rielabora il concetto di parete verticale tradizionale. Due pareti verdi e due pareti
di sassi compongono i quattro lati del nuovo edificio annesso. Le pareti verdi mitigano gli
effetti delle condizioni meteorologiche. D’inverno, infatti, le piante rampicanti riducono la
dispersione di calore interno alle abitazioni, creando una barriera esterna antifreddo. D’estate
le pareti normalmente raggiungono i 60°C, se protette sfiorano i 30°C. Inoltre, grazie al
continuo assorbimento di acqua dal terreno le cantine diventano meno umide.
Natural Cut porta il concetto di molteplicità a un criterio di unitarietà. Le pareti di sassi
presentano un involucro esterno composto da tanti piccoli moduli sovrapposti e affiancati che,
come delle gabbie, contengono pietre di forme e dimensioni diverse in un reticolo metallico.
Una moltitudine di pietre ha la funzione di costituire un'unica dimensione di blocco. Dalla
tessitura dei massi penetra la luce che cambia al mutare delle condizioni esterne e della
forma delle pietre. Ne viene fuori una soluzione architettonica particolarmente permeabile alla
ventilazione e all'illuminazione esterna, in contrasto con il concetto di protezione e chiusura
che esprime in sé un fortino.
Natural Cut è un contrasto di forme e concetti. Mentre le pareti del nuovo edificio, che portano
respiro all’intera struttura sono composte da elementi naturali, hanno forme particolarmente
spigolose e taglienti, quelle del vecchio fortino, che contenevano armi ed erano in contrasto
con il resto del paesaggio per concezione e materiali, sono tondeggianti sia all’esterno che
all’interno del manufatto.
Natural Cut trova armonia nel contrasto. Dove tutto sembra essere in conflitto scorgiamo una
nuova pace. In una luce soffusa, immersi nella natura e in un ricercato silenzio possiamo
degustare il vino più pregiato insieme agli amici più cari.
tp08es02Polat.pdf
subdole interferenze
Il porto vecchio di Trieste è una inesorabile cartina tornasole dei processi storici, culturali ed
economici della città che da sempre vedono la costa come il potenziale unico dello sfruttamento del
territorio fatto di fumanti acciaierie, brulicanti scali, spiagge masochiste.
Il nero pece dell’ asfalto, il verde acquitrinio della costa, il grigio metallico dei binari dismessi e delle
recinzioni sono le gradazioni dominanti di un luogo che si vuole connettere al tutto e che pochi
relegano al niente. Nulla che è divenuto buco nero nel quale, per oltre 30 anni, ogni retta e schietta
proposta è svanita, nulla che tende a inglobare i filamenti di flussi che vi si riversano.
Ma come ci si contrappone a un buco nero?
Da questa considerazione prende forma ed evolve nella quarta dimensione dell’architettura un
processo in grado di interferire subdolamente con il luogo ed il contesto, di insinuarsi tra gli interstizi e
le crepe della monofunzionalità spaziale che lo tiene in pugno, di prender vita da solo.
Giugno 2008_Un filamento si intromette sornione in mezzo ai giganti trasformatori spenti e arriva sino
alla centrale idrodinamica, li rivitalizza di impulsi astrusi al contesto portuale, ne destabilizza il
monopolio.
Gennaio 2009_Intermittenti aperture bloccano e incanalano mezzi pesanti e lenti in un cangiante
labirinto di containers in cui go-cart e fast&furious sfrecciano senza ritegno in orari ambigui. L‘autorità
portuale si inviperisce.
Febbraio 2010_il filamento propaga onde di diversa ampiezza finora occultate nella città nascosta:
garage di metallizzate auto rubate, notturne case chiuse fosforescenti, nere catapecchie dei senza
tetto e piccole Christia. Le attività portuali arrancano.
Aprile 2010_Punti di frizione si creano tra le intransigenti autorità e la sleale popolazione che ha ormai
scavalcato il recinto e si riappropria anarchicamente di pixel di territorio. L’ esaurimento nervoso è
completo, i portuali si spingono verso altri lidi.
Settembre 2010_il buco nero si è riempito da solo, l’intrusione della città è completa; molti impulsi
invece di corrente continua. Le distorsioni della società sono troppo in evidenza.
bitter end_le autorità intergalattiche proclamano la fine della distorsione del sito, il caos sublime deve
essere sostituito dall’ordinata e rigida mentalità del borgo adiacente.
...Il luogo emula la città circostante...
...ma forse era la nostra ingannevole strategia...
tp08es02poles.pdf
uno, nessuno, centomila
modello arroyo domanda-risposta + una sorta di concatenazione logica personale (abbastanza convincente) + brevetto +
diario (si poteva fare a meno) + ripetizione titolo + arroyo desierto
apprezzo lo sforzo di provare a usare tutto, ma forse era il caso di selezionare un po’, per ottenere una maggiore efficacia.
comunque, hai dimostrato di aver capito come si possono usare varie metodologie.
qualche impuntatura nello scrivere, che dovrà affinarsi un po’.
a/b
tp08es02razza.pdf
---
platform
Il Parco del Mare nasce in una zona strategica di Trieste. L’area unisce due importanti percorsi pedonali: la passeggiata
delle rive con il viale Gessi. Inoltre viene inserito all’interno di un sistema di centralità e diventa l’estensione naturale
dell’asse culturale che si estende sulle rive.
Il progetto insiste sull’ importanza di questo punto nodale che diventa punto di arrivo ma anche punto di partenza.
Su 30.000 mq di superficie del lotto si sviluppano 10.000 mq di acquario, che si definisce come l’attrattore principale, il
centro di ricerca sul mare “Sea Lab”, il polo museale del mare e la sede universitaria di biologia marina, insieme a nuove
strutture ricettive che collaborano a trasformare lo spazio creando un nuovo luogo di incontro e casualità.
azioni
Rialzare_ Il complesso si presenta come una grande piastra che ricopre quasi tutto il lotto nel quale si collocano le attrattive
principali del parco del mare, il tetto di questa piastra è completamente praticabile, su di esso si verranno a creare eventi e
situazioni diverse, un nuovo parco al servizio della città, un contenitore di conoscenza cultura e divertimenti.
Estrudere_ La piastra è stata in seguito estrusa in quattro punti, questi volumi diventano gli edifici che ospitano le diverse
funzioni del parco del mare: un hotel e foresteria per i ricercatori insieme a un auditorium, la sede del dipartimento di biologia
marina dell’università che ospita una biblioteca specializzata, il Sea Lab e il centro di ricovero per gli animali dell’acquario, e
infine l’ampliamento del preesistente museo del mare che ingloba l’attuale edificio. L’attrattore acquario diventa la piastra
che unisce questi quattro ambiti che ora sono riconoscibili formalmente.
Tagliare_la superficie della piastra-acquario diventa un foglio, l’accesso all’acquario avviene attraverso una rampa ritagliata
da questo foglio e discende all’interno per immergere i visitatori nella nuova esperienza di conoscenza del mare. Così anche
l’uscita dall’acquario avviene con la risalita in superficie attraverso un ritaglio.
Connettere _il grande spazio pubblico, rialzato rispetto alla quota zero del terreno, è reso accessibile da due estese rampe
che fungono da continuazione ideale rispettivamente della passeggiata delle rive e del viale alberato: la superficie della
piastra si allunga verso queste direzioni e quindi connette in un unico percorso senza interruzioni due volti della città.
Richiudere_ lo spazio delle attività commerciali occupa i fronti della piastra che a loro volta si legano agli edifici funzionali
per chiudere e compattare l’acquario e renderlo quindi conoscibile solo da una prospettiva più alta.
Intravedere_la percezione dell’acquario dallo spazio rialzato è resa possibile attraverso piccole estrusioni e tagli che
mostrano il contenuto nascosto. Queste aperture permettono alla luce di filtrare all’interno e di intravedere alcune vasche
dell’acquario, con questa operazione lo spazio pubblico diventa anche curiosità.
Interagire_i quattro edifici che ospitano le diverse funzioni vengono dotati di accessi dallo spazio pubblico rialzato e al loro
interno sono collocate strutture ricettive, ristoranti e bar aperte al pubblico.
ts08es02reggio.pdf
modello nl flat
applicazione corretta del modello (anche se non scritta benissimo). più efficace all’inizio con vistoso calo in
chiusura.
il progetto ha una idea efficace che, forse, poteva essere maggiormente approfondita.
un dubbio: in una città come trieste che è piena di aree dismesse più o meno disponibili, c’è bisogno di
colonizzare il mare?
b/c
tp08es02rizzatti3.pdf
modello azioni.
qualche errore sparso. premessa non così necessaria. più efficace la parte azioni/diagrammi, anche se
quasi completamente interna a un ragionamento compositivo.
scrittura scorrevole e costruzione consequenziale.
la prossima volta che mi mandi 20 mb di roba mi rifiuto di scaricarla e di correggerla!
b
tp08es02romanin.pdf
WATER CENTER
IL PARCO DEL MARE DI TRIESTE
1. PROLUNGARE: Water Center è un enorme contenitore posizionato in riva al mare. Il lotto offre un'ampia apertura e
permeabilità attraverso il prolungamento delle direttrici principali rilevabili dal contesto circostante.
2. SFILARE: Water Center prevede di creare numerosi livelli nel terreno, per generare un gioco di superfici su cui poi
incastrare i volumi, senza che questi vengano banalmente appoggiati su esse.
3. FORARE: Water Center è un disegno ordinato di livelli forati sovrapposti; ogni livello viene svuotato in una parte, in modo
da ottenere un'alternanza del suolo e far sì che, nella zona adiacente al mare, il terreno non impedisca la visuale sia
dall'interno del lotto che dall'esterno.
4. ESTRUDERE: Water Center è composto da volumi generati dall'estrusione di superfici disegnate dalle linee
guida e dalle visuali individuate in precedenza.
5. ACCORPARE: Water Center è un insieme di volumi accorpati in base alle diverse funzioni. Il polo culturale è
posizionato nella parte più vicina all'università, per essere più facilmente raggiungibile. Il polo ristorazione
(comprendente anche l'albergo con 50 stanze) è posizionato nel punto con la massima fruibilità della vista
sull'acqua, cioè esattamente di fronte al mare e adiacente alle vasche dell'acquario che si potranno vedere dal suo
interno. Il polo divulgativo, invece, è collocato tra l'acquario, il polo culturale e quello ristorazione, in modo da
essere facilmente raggiungibile da ogni parte del lotto. L'acquario è l'elemento fondamentale del progetto e
comprende al suo interno anche il ricovero per specie protette. Ogni polo è caratterizzato da un suo materiale di
rivestimento, in modo da essere facilmente distinguibile.
6. COLLEGARE: Water Center è un'aggregazione di funzioni, un tutt'uno. L'intero lotto viene gestito come se fosse
un unico elemento. Perciò vengono creati dei collegamenti diretti esterni con la vecchia stazione ferroviaria e con
la Sacchetta (i collegamenti del lotto con l'esterno diventano molto numerosi e diversificati) e un collegamento
coperto con le vie della viabilità maggiore (per aumentare l'accessibilità e la permeabilità del lotto lungo questi due
assi viari). Infine il collegamento si ha anche tra gli stessi edifici; per aumentare l'idea del tutt'uno, gli edifici
accorpati vengono tutti uniti da una copertura in metallo che si modella in base alla loro altezza, diventa in alcuni
casi semplice copertura per il terreno e copre anche il museo del mare, in quanto edificio vincolato e non
modificabile.
7. INTERPRETARE: Water Center è composto da una serie di percorsi di fruizione generati dalle caratteristiche dei
visitatori, dalle loro età, dal loro mezzo di arrivo e dalle ore del giorno. La diversa fruibilità viene creata
interpretando le esigenze dei diversi tipi di persone: nascono così il percorso divertimento-curiosità per i più
piccoli, il percorso didattico per gli studenti e il percorso didattico-culturale per gli adulti. La distribuzione delle
funzioni e degli ingressi è una diretta conseguenza di questi percorsi.
tp08es02ronca.pdf
energia lungo le rive
conoscenza
Il Porto Vecchio è un area situata vicino al centro di Trieste che costituisce uno dei porti storici più rilevanti del Mediterraneo
e un punto strategico per il rilancio urbano ed economico della città. La sua collocazione lungo il mare e a fianco della
stazione gli conferisce una notevole importanza ma al tempo stesso questo, associato al suo scarso utilizzo, comporta la sua
chiusura rendendolo un recinto chiuso e un luogo sospeso in attesa di progetti futuri. Come detto si trova lungo il sistema
delle rive ovvero il percorso che va dal Castello di Miramare a Campo Marzio però il suo stato attuale di inutilizzo e
inacessibilità diventa una sorta di “tappo” per la completa fruizione di questo tracciato sul mare. L’idea progettuale è di
considerare il Porto Vecchio come un luogo ricco di significato e potenzialità storica, culturale ed economica diversamente
dall’idea di vuoto urbano che molti hanno e di aprirlo alla città così da sfruttare questa energia per il suo rilancio
apertura
La prima azione progettuale dalla quale far partire la rinascita di questa area è la sua apertura così da far conoscere e
restituire alla città questo luogo e solo in seguito pensare alla sua riqualificazione; all’apertura segue in modo naturale la
nascita di un percorso ciclopedonale che va così a inserirsi nel sistema delle rive. Data la collocazione del porto adiacente al
mare e al limite rappresentato dalla ferrovia, i punti adatti per far entrare il tracciato sono gli estremi situati uno vicino alla
stazione e l’altro nella punta finale di Porto Vecchio verso Barcola in corrispondenza della fine dei binari dismessi. Proprio
questo segno ormai in disuso nel territorio permette di poter andare oltre la semplice apertura del luogo e inserirlo in un
contesto più ampio, collegato da un ipotetico nuovo mezzo di trasporto: un tram che sfrutta il percorso esistente dell’ex
ferrovia industriale.
collegamento
L’inserimento di un tram consente di ampliare il contesto di progetto e di collegare oltre che gli estremi del Porto Vecchio,
anche i punti della città esterni all’area in modo tale da ottenere un collegamento tra aree diverse di Trieste. Il tracciato deve
inserirsi in un sistema che si affianchi alle rive in modo tale da potenziare la relazione tra Trieste e il mare avvicinando a
esso la aree più distanti e per sollevare il traffico che opprime il tracciato parallelo alla costa, in particolare nei mesi estivi.
Come citato, il percorso del tram ha come vincolo progettuale il passaggio all’interno di Porto Vecchio mentre i punti di inizio
e fine coincidono con il Castello di Miramare e Valmaura, due punti significativi in quanto il prima determina l’inizio delle rive
e rappresenta un simbolo per la città mentre il secondo è caratterizzato da un’area di edilizia popolare che grazie al tram
potrebbe avvicinarsi alla città. Lungo il percorso quindi si incontreranno diversi paesaggi e contesti urbani che vanno da
quello popolare a quello storico, quello ex industriale come il porto o ancora balneare come Barcola.
definizione
Importanza rilevante lungo il percorso di un tram viene assunta dalla fermate che costituiscono punti di scambio e
connessione. La loro collocazione è effettuata seguendo il criterio di porle vicino a punti attrattori e quello di tenerle a debita
distanza una dall’altra creando così degli assi immaginari trasversali alla linea di costa che si inseriscono all’interno della
città e rappresentano i flussi della gente. Luoghi significativi come Piazza Unità, Barcola o il Castello di Miramare e altri nei
quali in previsione futura sorgeranno dei punti di attrazione come Campo Marzio, l’area della stazione e accesso al porto,
Porto Vecchio stesso e Valmaura.
espansione
In corrispondenza delle fermate, come detto, si creano nuovi sistemi di flussi ed è interessante quindi collocare dei luoghi di
espansione e attrazione, in particolare in quelle fermate dove attualmente non c’è un vero e proprio simbolo. In particolare
questo riguarda l’area di Porto Vecchio e la sua futura riqualificazione e quella di Barcola collocando in essa dei punti che
attirino la gente anche nei mesi invernali in modo tale da rendere il sistema rive una caratterizzazione di Trieste attorno al
quale si assista al rilancio della città.
tp08es02sahatciu.pdf
MORPHO-LOGIC
Le linee guida che il sito propone vengono identificate sia nei limiti fisici che nei flussi che possono
giungere nell'area, la loro direzione e la tipologia. Il progetto viene collocato sulle rive di Trieste,
l'affaccio al mare verso nord e un flusso dalla città universitaria da est hanno permesso di definire le
funzioni principali – l`acquario e il complesso universitario - e il loro orientamento.
Su un piano così analizzato è posta una griglia di cui l'unità base è data dalla preesistenza, con cui ci
si deve relazionare; vengono creati i primi volumi. Per risolvere il problema del “piano vassoio” viene
sovrapposta al sito una struttura che rimanda alle curve di livello dei fondali del mare Adriatico; tema
connesso sia all'acquario che all'area di ricerca. Questa struttura morfologica crea un rilievo artificiale
in grado di configurare lo spazio pubblico. L`intersezione tra i due pieni (le strutture e il rilievo)
attraverso scavi e livellamenti dell`area pubblica connette le diverse strutture tipologiche e ottiene una
continuita tra spazio pubblico aperto e coperto. Questi elementi di base, in parte interrati, diventano
attività commerciali in questo modo contribuiscono alla varieta d`uso dell`intero complesso dunque
anche alla sua dinamicità. Le strutture interrate creano a loro volta un secondo livello di spazio
pubblico, dal quale si accede alle strutture dell'università e dell'acquario.
Le due funzioni principali, per quanto distinte, erano destinate a incontrarsi. L'organizzazione del
complesso potrebbe allora essere un diagramma dell'unico (acquario) e del generico (università).
Proseguendo con uno sviluppo a layers orizzontali le due funzioni si incontrano in una platea di
connessione che poggia direttamente sui servizi di base e ospita i laboratori e tutti i servizi collegati
all`acquario.
Formalmente, la platea e il complesso universitario sono strutture generiche, mentre l`acquario è
quello che rappresenta l`unicita. Di conseguenza, abbiamo usato la griglia da un lato e le curve
abbinate a una griglia ruotata dall`altro. Osservando i prospetti, gli elementi superiori dell`acquario
rischiavano di danneggiare e ostacolare la comunicazione visiva tra lo spazio esistente e quello
progettato. Ma nclinando le facciate si mantiene la fluidita dello spazio pubblico. Osservando in pianta
il livello inferiore è meno ingombrante, lo spazio viene recuperato ai livelli superiori.
L`acquario funziona per percorsi che affiancano gli elementi espositivi. La dinamicità dell`esterno
vuole essere mantenuta anche all`interno utilizzando i percorsi. Il percorso è formato da rampe, scale
e platee che si susseguono per creare un movimento centrifugo in ognuna delle 5 strutture simulando
il movimento delle correnti dell`Adriatico. Inoltre, data la sua esposizione verso le rive, il visitatore si
trova tra la realta e una sua simulazione Queste strutture sono poi collegate con un ponte-rampa che
contiene gran parte dei servizi. Oltre a sovrapporsi alla platea sottostante, l`acquario vi si incastra,
ottenendo dei punti in cui la vasca fa da filtro tra lo spettatore e il ricercatore, dando importanza al
ruolo che la ricerca e la divulgazione hanno in questo progetto.
tp08es02Smirnov.pdf
sPROVINCIAlizzare®
1. Contesto
Trieste è una città con parecchi secoli di storia che ha avuto il suo massimo splendore tra il XVIII e il XIX secolo sotto
l’Impero Asburgico, essendone l’unico porto marittimo. Con il trascorrere del tempo, da città ricca e influente è passata a una
realtà urbana provinciale e, si può dire, volutamente provinciale. Le uniche possibilità di innovazione sono “recluse”
nell’Università e nei poli di ricerca, che però sono quasi chiusi ai non “ addetti ai lavori”. (Forse proprio per questo
funzionano???) Nessuno riesce a sbloccare questa situazione e ogni tentativo viene coperto da una serie di lamentele dai
cittadini stessi che si oppongono a ogni possibilità di cambiamento. Addirittura un’azione piccola e puntuale come la
risistemazione di una piazza viene vista negativamente per paura che qualcosa “non sarà più come una volta”.
Queste condizioni rendono Trieste esclusa dai circuiti economici e culturali internazionali, pur essendo città in una posizione
strategica, al centro dell’Europa e all’incontro delle sue tre più grandi etnie: i Latini, gli Anglosassoni e gli Slavi.
2. Azioni
CHIUDERE. La città si chiude all’innovazione? Ok. Allora anche l’innovazione si chiuda alla città! Costruire un nuovo polo in
mezzo a Trieste che contenga in se tutto ciò che a Trieste non si può fare. Manteniamo un confine tra questo nuovo posto e
la città, in modo che durante la costruzione si sappia il meno possibile, (unica possibilità che i lavori non vengano bloccati da
interventi pubblici di intellettuali ottantenni con petizioni contro il nuovo, qualsiasi cosa sia). Il territorio del Porto vecchio
diventerebbe una specie di Berlino Ovest nella Germania Est. Sarà un posto accattivante che i cittadini curiosi vorranno
scoprire ma non sarà facilmente accessibile.
ESCLUDERE. Creare una nuova area caratterizzata dall’esclusivismo. Un polo di ricerca a nord accoglierà solo ricercatori
d’eccezione, al centro ci sarà un Casinò per ospiti d’elitè e un porto per yacht esclusivi. Una terza parte sarà dedicata agli
uffici, ma solo di rilevanza internazionale. Nulla sarà provinciale. Una sala congressi potrà accogliere congressi internazionali
di ogni genere.
RELAZIONARE. Relazionare le parti con percorsi interni in modo da creare una città nella città, quasi autonoma, dove si può
vivere, mangiare, lavorare e divertirsi senza necessariamente andare a vedere quella vecchia in decadenza.
FORARE. Creare due porte d’accesso con un selettivo face control, due colli di bottiglia,e quando la gente capirà che
qualcosa a Trieste sta cambiando, organizzare visite guidate, ma controllando che quelli che ci entrano, ci escano.
COLLEGARE. Per coloro che invece entrano e vivono nel Porto Vecchio dare la possibilità di percorrere tutto il territorio da
Miramare alle Rive senza mai fermarsi.
3. Conclusioni
ABBATTERE. Quando il Muro di Berlino, (scusate) il Muro che circonda il nuovo centro, dopo anni (nel 2089??) sarà
abbattuto, la città vecchia si unirà alla città nuova, si accorgerà di essere provinciale e comincerà a tendere al nuovo. Dopo
una breve crisi nasceranno i rapporti pacifici tra le due e la popolazione comunicherà. Poco mancherà per dichiarare Trieste
la Capitale dell’Europa Unita. Nel 2100? Vedremo.
tp08es02spangher.pdf
skin park - Magic carpet
Posto nel cuore della città di Trieste, il parco del Mare diventerà elemento
attrattivo sia turistico che urbano. I 50.000 m2 occupati dal centro polifunzionale
comprenderanno centri congressi, strutture ricettive, un centro commerciale,
centri di ricerca, complesso universitario, parcheggi coperti e ovviamente il nuovo
acquario. Quest’ultimo avrà un’estensione di 15.000 m2 e potrà quindi
competere, non solo a livello di innovazione ma anche di grandezza, con i più
famosi acquari europei (Valencia, Lisbona e Genova).
Il parco del mare è organizzato per fasce alternate, “funzionali” e “di servizio”.
Queste ultime, a differenza delle prime che sono sfruttate in tutta la loro
estensione, usano lo spazio a seconda delle richieste delle utenze delle fasce
funzionali.
Una suddivisione che permette un programma funzionale più elastico. L’enorme
spazio occupato dall’acquario può infatti venire intervallato da altre funzioni quali
il commercio o l’università.
Magic Carpet interviene sul progetto del parco del mare in maniera invasiva,
come una nuova pelle che gli farà cambiare aspetto e che lo valorizzerà ancora di
più.
La struttura del parco del mare, costituita da quattro fasce, permette infatti
l’applicazione di “tappeti” che andranno a costituire tutta la copertura, che
diventerà quindi praticabile. Il tappeto verrà applicato esclusivamente sulle fasce
funzionali, quelle di servizio invece rimarranno “scoperte”. Gli elementi pieni delle
fasce di servizio permetteranno il passaggio tra i diversi “tappeti” che saranno
realizzati in materiali diversi.
Per creare nell’utente una sensazione di piacevole smarrimento, i materiali scelti
per i quattro “tappeti” non seguiranno una logica naturale. L’acqua infatti occupa
la fascia più lontana dal mare mentre avvicinandosi alla costa si susseguono
acciaio e verde per giungere, infine, all’utilizzo del legno sulla costa.
Magic carpet si appoggia sopra a queste 4 fasce adattandosi alla topografia per
poi essere modellato in modo da creare una superficie unica. Le pieghe, i
collegamenti e i tagli permetteranno un utilizzo flessibile dello spazio.
Magic carpet diventerà un nuovo polmone per una città che ha voglia di
urlare di essere rinata!
tp08es02stoka.pdf
MAMA
MAMA è costituito principalmente dal museo del Mare, dall’acquario, dalla casa della Musica e
dall’albergo.
MAMA è un luogo dove si può liberare la mente.
MAMA è un edificio dai volumi semplici chiuso verso il traffico e aperto verso la città.
MAMA verte sul principio del vedere e l’essere visti: dall’interno verso l’esterno, dall’esterno
all’interno. Perciò in vari punti le costruzioni saranno “aperte” con delle finestre o dei lucernari.
MAMA prevede che le superfici dei prospetti cambino principalmente secondo la loro funzione.
L’acquario sarà rivestito in pietra arenaria, come anche l’ampliamento del museo del Mare; questa
parte si presenterà come un basamento sul quale poggiano gli altri volumi. Anche l’Albergo sarà
rivestito in arenaria per creare un legame con la parte sottostante. Il piano superiore sarà invece
intonacato di bianco per dare un effetto di leggerezza. La casa della Musica è stata pensata con un
rivestimento in rame, per dare movimento a un volume che altrimenti potrebbe sembrare
troppo “pesante”.
MAMA prevede che sul tetto dell’acquario sia presente la continuazione del parco, che dà sul lato del
lotto verso la città; la pavimentazione è lastricata nei percorsi di attraversamento principali ed è
trattata a prato nelle altre parti. Nella parte lastricata, un’ideale continuazione delle curve di livello è
segnata con delle fessure ricoperte d’erba; nella parte trattata a prato, la continuazione ideale delle
curve di livello è segnata da linee di ghiaia. Il tetto dell’Acquario sarà bucherellato con dei lucernari
posizionati sui percorsi dell’Acquario sottostante. L’intenzione dei lucernari è quella di far
intravedere alle persone sul tetto il flusso dei visitatori all’interno dell’edificio oppure far sì che i
visitatori del Acquario notino il passaggio delle persone all’esterno.
MAMA pensa al museo del Mare come ad un elemento inglobato in un cubo di vetro. L’intenzione di
questo gesto è quella di riprendere le forme geometriche dei nuovi edifici. L’ampliamento del Museo
del Mare si sviluppa su due piani e per dare fluidità al percorso di visita si prevedono delle rampe di
risalita. Lo spazio espositivo è componibile e facilmente trasformabile. Le finestre sono simili a feritoie
che attraversano l’edificio per tutta l’altezza e sono posizionate lungo le rampe per far intravedere il
flusso delle persone all’interno.
MAMA prevede la presenza di un albergo sul tetto dell’acquario. Al piano terra dell’albergo sono
posizionati il ristorante aperto sia agli utenti dell’albergo che agli altri clienti e la reception. Al primo
piano sono posizionate 32 stanze e un’area relax (per massaggi e trattamenti vari). Le stanze
comprendono due camere per diversamente abili e due camere comunicanti per le famiglie.
MAMA offre ai visitatori anche una casa della Musica. Questa comprende: una sala grande con 1057
posti a sedere dedicata a spettacoli musicali e teatrali, alla proiezione di audiovisivi e ai congressi, un
auditorium piccolo con 254 posti a sedere e una vetrina degli eventi culturali e degli spettacoli
presenti nella città di Trieste.
tp08es02tavagnutti.pdf
Un progetto di bellezza, brillantezza a Manhattan.
Jwl building è un grattacielo che vuole farsi guardare. Sei a Manhattan.
Jwl building ha un basamento alto quanto gli edifici attorno, due torri separate e corridoi che
le collegano. È un progetto.
Jwl building richiama la parola jewel ed è appunto un gioiello. Montatura, pietre preziose,
ornamenti. Bellezza, brillantezza. Sei a Manhattan.
Jwl building ha una torre rivestita in alluminio, una in marmo nero, dei corridoi vitrei che
sembrano incastonati nelle torri. Bellezza, brillantezza.
Jwl building illumina i propri corridoi di notte. Non tutti sono tornati ancora a casa, e negli uffici
non c’è più quasi nessuno: certe finestre sono illuminate, certe no. Nella tua serata a
Manhattan guarda in alto e vedrai una texture di luci che brillano e si riflettono su marmo e
alluminio. Bellezza, brillantezza.
Jwl building pensa a una composizione architettonica diversa per ogni funzione che deve
soddisfare. È un progetto.
Jwl building esprime l’idea di progetto all’esterno. Puoi vedere due torri: una cieca, una no. La
prima per il service core, l!altra per gli uffici e le residenze... perchè il service core non sta in
un ufficio e le residenze non hanno un service core. Tutto ha uno suo spazio. È un progetto.
Jwl building dichiara all’esterno la natura di ogni piano. Guarda lassù al 1°, 2°, 3° corridoio dal
basso, quell’uomo in camicia chiara è in ufficio. Semplicemente alzando lo sguardo potrai
seguire a sinistra la linea di corridoi che portano agli uffici, a destra quella delle abitazioni. È
un progetto.
Jwl building prevede soltanto 7 corridoi. Troverai appartamenti ed uffici duplex che integrano
scale e ascensori propri, e occupano l’intero spazio disponibile senza doverlo condividere con
gli spazi comuni. È un progetto.
Jwl building prevede più accessi. 2 commerciali e 1 per gli uffici e le residenze. Un sistema di
smistamento delle persone attraverso varie credenziali garantisce con 2 portinerie un rapido
afflusso all’edificio e un accesso controllato ai diversi livelli. È un progetto.
Jwl building ha una struttura reticolare fitta lungo tutto il perimetro e libera gli spazi interni da
pilastri. Il piano libero che ne consegue garantisce la massima versatilità degli spazi sia tu
voglia essere proprietario di un apertissimo loft per grandi feste o un labirintico studio con
tanti uffici, per tanti affari. Sei a Manhattan.
Jwl building parte dal sottosuolo, c’è molto ancora oltre alle due torri. Una innovativa rampa
d’accesso porta nei garage sotterranei dove puoi parcheggiare la tua macchina e possono
essere scaricate anche le merci per i 6 livelli commerciali del basamento. È un progetto.
Jwl building è sempre conscio di essere a Manhattan e ti offre degli affacci sulla città unici. I
corridoi che si estendono di 2,5m oltre la torre sono degli sbalzi nel vuoto, e sia che tu guardi
a destra, sia a sinistra o semplicemente dritto, ti troverai sospeso nel mezzo della città,
perchè i tre lati sono vetrati. Quando l’ascensore poi ti porta al livello desiderato, allora
guardati alle spalle, perché dietro di te la parete è di vetro e si realizza così l’idea di un
corridoio che perfora da parte a parte l’intero grattacielo. È un progetto.
Jwl building affascina già dall’esterno. Pensa a quando attraverserai la hall per giungere nella
torre tecnologica d’alluminio, prendere un ascensore e al momento dell’apertura delle porte
poter vedere da una parte all’altra il corridoio invaso dalla luce, imboccare il percorso ed
aprire l’ultima porta a sinistra. Proprio quella che potrebbe essere la porta del tuo nuovo
appartamento. Bellezza brillantezza.
tp08es02tomasi.pdf
CADAVERE SQUISITO
modello nl flat.
parte bene, ma poi la scrittura si fa tanto ambizosa quanto zoppicante.
l’idea di sfruttare la condizione di chiusura del porto è interessante, ma cavalcare l’illegalità comporta strumenti più sofisticati,
che non si possono limitare al solo annuncio.
in complesso confuso e poco chiaro sia nell’esposizione che nel far risaltare i nessi operativi.
la procedura surrealista di accostamento casuale citata nel titolo non sembra avere nessun ruolo progettuale.
c/d
tp08es02tuppo.pdf
Identità perversa
In una città come Trieste, dove dalla fine dell’impero Austroungarico a oggi c’è stata una
perdita di potere economico causata dallo stravolgimento dell’uso del porto, che da principale
di uno stato è diventato uno dei tanti di un altro, e una perdita commerciale causata dalle
grandi industrie della zona che hanno iniziato a relazionarsi più con altre parti del mondo che
con la città stessa, e altre scelte negative che l’hanno resa economicamente ferma e priva di
interessi sociali, ci si ritrova oggi con una disarmante assenza di identità sociale.
Negli ultimi anni, fatta eccezione per la calante industria cinematografica nostrana che
qualche anno fa l’ha dichiarata terza città italiana ideale per girare film, Trieste non ha
ricevuto investimenti mirati alla ripresa sociale od economica. Basti pensare che gli unici poli
di attrazione giovanile sono costituiti dall’università e dalle scuole dell’obbligo. A livello
economico, gli ultimi tentativi di ripresa sono esemplificati dai due centri commerciali, ma uno
è fallito, e l’altro sta lentamente ma inesorabilmente seguendo lo stesso declino. Si aggiunga
inoltre la concorrenza slovena, che offre caratteristiche territoriali simili, ma con una
burocrazia meno caotica e più celere.
Questo insieme di fattori ha portato la città ad avere un inviluppo sociale ed economico che,
con uno spirito conservatore alla base, ha allontanato qualsiasi volontà di ricrescita,
relegando Trieste quasi al pari di Sun City (Arizona).
E’ diventata quindi una città popolata prevalentemente di anziani (circa l’80% della
popolazione), e che su di essi basa la propria sopravvivenza.
Prendendo quindi, come dati, l’assenza di un’identità economica e soprattutto sociale, e
l’elevata età media, e dovendo intervenire sull’area del porto vecchio, che si presenta come
chiusa in sé stessa e assente nella mappa mentale dei triestini, il nostro progetto si focalizza
nell’enfatizzare questo isolamento delimitando la zona, in modo da creare una città “paese
dei balocchi”, al pari della città di Anagor di Dino Buzzati, col solo scopo di suscitare interesse
e curiosità. Seppure, a differenza della città di Anagor, sia possibile accedervi, deve essere
chiaro di entrare in una città nella città, dove le regole da rispettare sono diverse, e
consentono quindi funzioni nuove e differenziate da quelle attualmente disponibili. Queste
funzioni, per la maggior parte al limite della legalità, non essendo nella cultura dei triestini non
sarebbero gestite da loro, ma bensì da ditte o imprenditori esteri. I triestini diventeranno così
complici involontari di una nuova identità perversa della città, un’identità che provoca e
stravolge l’ospite, intervenendo sui punti più deboli, stravolgendo la vita degli anziani che
incuriositi verranno da essa attratti in modo analogo ai curiosi di Anagor.