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Nilometro di Roda
L’Islam in Africa
di Maria Garbini Fustinoni
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Arabi e Berberi:
Contemporaneamente e precedentemente alle vicende che abbiamo studiato nella
Penisola Iberica, l’Islam si afferma nelle province bizantine del Vicino Oriente. Il passo
successivo per il movimento veloce degli Arabi, che sembrano inarrestabili, è la conquista
dell’Egitto, territorio importante
- perchè in grado di fornire di grano Costantinopoli
- perchè sede di importanti cantieri navali
- perchè base e punto di lancio per la conquista dell’Africa Settentrionale.
Gli Arabi arrivano ad Alessandria d’Egitto nel 634, a Tripoli nel 643. Da qui partono alla
conquista dell’Ifrikya (attuale Tunisia). Nell’epoca islamica il paese diventa un importante
luogo d’incontro di influenze e correnti spirituali che si esprimono nelle creazioni
architettoniche.
L’avanzata in Ifrikiya (deformazione araba del latino Africa) è contrastata dai Berberi
(nomadi allevatori di cammelli, pastori e contadini) che, dopo avere fieramente contrastato
nel tempo la dominazione punica, romana, bizantina, si erano organizzati in forti principati
tribali.
La zona viene conquistata solo nel 670, anno in cui viene fondata Kairouan in Tunisia.
In 75 anni viene conquistata tutta l’Africa del Nord.
La dura campagna nell’Africa del Nord si sarebbe conclusa solo nel 711 (lo stesso anno in
cui un esercito arabo-berbero sbarcò in Spagna e ne iniziò la conquista).
La conquista del Nord Africa non fu però mai né totale né definitiva: molti Berberi si
convertirono all’Islam e divennero una forza nella politica espansionista; molti della nuova
religione adottarono la variante Kharigita, che si oppone all’ambizione araba del “dominio
sui popoli vinti”.
L’Egitto musulmano.
L’Egitto copto e monofisita, che viveva sotto l’oppressione dei Bizantini ortodossi, accoglie
i conquistatori musulmani come liberatori. Ne trae vantaggio, perché durante l’epoca
islamica il paese si apre ad una molteplicità di fonti e si esprime con varietà e vivacità
nell’Arte dell’Architettura.
All’epoca Bagdad è indebolita dall’insurrezione dei principi Buyidi e dall’affermarsi degli
Sciiti Fatimidi: I Fatimidi (discendenti da Fatima, figlia di Maometto, sposa di Ali) formano
una dinastia di obbedienza sciita che riesce ad imporsi grazie al sostegno di Obayd Allah,
detto il Mahdi (l’imam nascosto, l’interprete dell’insegnamento del Profeta - 862/934).
Il Mahdi manda in Tunisia a diffondere le sue idee Abu abd Allah che riesce ad imporsi ed
a farsi insignire del titolo di califfo dai suoi fedeli. Ci troviamo dunque nella particolare
situazione di tre califfi, uno, sunnita, a Bagdad, uno, sciita, in Tunisia, un altro a Cordova,
quello degli Omayyadi).
Il movimento fatimide ha una veloce espansione in Egitto. La sua presenza è
accompagnata da una profonda trasformazione del paese: nel 973 viene fondata la
capitale (al –Kaira, la Vittoriosa, il Cairo). Nel nuovo contesto il paese gode subito di una
straordinaria prosperità, che porta ad un rinnovamento delle arti e dell’Architettura.
Costruttore del Cairo (tra il Nilo e il Mokkatam) è il generale Gauwan.
Il Cairo è all’inizio una fortezza, una specie di città proibita riservata al sovrano ed alla sua
corte, al personale amministrativo ed alla guardia pretoriana.
Nella “città fortificata”, cinta da mura di mattoni, viene amministrato il tesoro e coniata la
moneta; vi si costruiscono la biblioteca, l’arsenale, i mausolei.
Il disordine e l’anarchia che sconvolgono il paese inducono presto il debole ed incapace
califfo al –Mostanzir (1036/1094) a chiedere l’aiuto di Badr Gamali, generale armeno, che
ha al suo seguito una soldatesca mista, della quale fanno parte anche architetti ed
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ingegneri specializzati in fortificazioni, ed a costoro affida l’incarico di edificare una nuova
cerchia di mura intorno alla città.
Gli architetti, formati alla tradizione armeno-bizantina, edificano tra il 1087 e il 1091 la
prima cerchia di mura costruite secondo l’antica tecnica della pietra tagliata, le torri
quadrate ed i portali a tutto sesto.
La città del Cairo, sempre più fortezza, dove risiede solo la classe dirigente, non favorisce
lo sviluppo dei rapporti con la popolazione egiziana, rurale ed artigiana e crea una frattura
che porta inevitabilmente alla fine della dinastia fatimide, che, precipitata nel caos dalle
vicende locali, cade nel 1171 (dopo solo due secoli di governo). L’Arte ne ha comunque
tratto vantaggio.
Prima di iniziare a parlare delle grandi opere dell’Architettura religiosa in Egitto, è il caso di
ricordare un’importante opera edilizia realizzata durante il Califfato degli Abbasidi
(capitale Baghdad), epoca caratterizzata da grandi progressi tecnologici:
Il Nilometro di Roda. Gli emiri abbasidi in Egitto, provenienti da una terra che doveva la
sua massima ricchezza all’abbondanza di acqua dei fiumi Tigri ed Eufrate ed alle relative
opere idrauliche, si preoccuparono sempre di promuovere le installazioni necessarie per lo
sfruttamento agricolo.
Nell’861 al –Motawakki fece costruire un Nilometro, concepito secondo il modello delle
opere di edilizia dei faraoni, con tecnica basata sul principio dei vasi comunicanti, sull’isola
di Roda, di fronte alla città vecchia del Cairo. L’edificio, a forma di pozzo quadrato, scende
a una profondità di circa dodici metri, distribuiti su tre sezioni che vanno restringendosi fino
a raggiungere nel livello più basso il corso del Nilo. Si scende con una scala fino alla base
del pozzo, dove due tunnel comunicano con l’acqua. Al centro si alza una colonna
graduata che permette di individuare il livello del fiume e di conseguenza di calcolare
“l’imponibile della tassa annuale prelevata dal califfo sulle tenute rurali”.
L’opera venne portata a termine dal generale Ahmed ibn Tulun, che si impadronì del
potere in Egitto nell’868.
L’Architettura religiosa
Una prima moschea viene fondata a Fustat, città fondata dagli Arabi nel 641, in una zona
vicina a quella dove sarebbe sorto il Cairo, la nuova capitale, fondata dai Fatimidi. E’ la
Moschea di Amr, che prende il nome da Amr ibn el –Ass, generale vittorioso, che ne
avvia la costruzione nel 642.
La sua storia è lunga, viene fatta e rifatta; la sua importanza è notevole, documenta infatti
le preoccupazioni degli architetti che devono fissare nei due primi secoli dell’egira il tipo
della moschea che dovrà essere di modello in futuro, ma dimostra anche la necessità di
allargare in continuazione la zona della preghiera a causa del numero sempre in crescita
dei fedeli.
Causa di così numerosi rifacimenti è anche la struttura stessa della moschea di Amr: è
una specie di gioco di costruzioni, fatto di colonne e capitelli romani e bizantini di spoglio,
che formano “portici (navate) perpendicolari alla kibla”, con archi in muratura leggera,
tenuti insieme a livello delle imposte da tiranti in legno che “agendo in senso trasversale e
longitudinale formano una struttura ortogonale aerea”. Lo spazio viene diviso a scacchiera.
L’attuale Moschea di Amr (m.120X110ca), simile nella costruzione a quelle di Kairouan e
di Cordova è un tipico esempio di edificio per preghiera con la sala ipostila: presenta una
ventina di navate e circa 150 colonne. Lo spazio bislungo dell’haram (spazio -zona
dedicata alla preghiera) è preceduto da un cortile al centro del quale si trova la fontana per
le abluzioni rituali.
Durante il breve regno del califfo al –Motazz (866/869) di Samarra si ebbero numerosi
movimenti di rivolta nell’impero degli Abbasidi. Uno dei protagonisti fu il generale ibn
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Tulun, figlio di uno schiavo di Bukhara, nato a Samarra, di origine turca, nominato
governatore in Egitto per conto proprio del califfo al –Motazz. Quando dall’Egitto proclama
la sua indipendenza dal potere centrale abbaside, non succede nulla e Bagdad si limita a
registrare la secessione dell’Egitto, una delle sue province più ricche.
Ibn Tulun governa il paese con autorità. Conserva il ricordo delle grandiose moschee di
Samarra, dove è cresciuto, e decide dunque di creare un luogo di preghiera altrettanto
grandioso a Fustat, vicino al luogo in cui sarebbe nata Cairo (876/879). Vuole che la
moschea ricordi la Mesopotamia nelle tecniche costruttive oltre che nella magnificenza;
rifiuta l’uso della pietra e torna alla struttura in mattoni ed all’uso dello stucco per il
rivestimento.
La grande moschea di Ibn Tulun (876/879. m.140X116) è preceduta da un cortile
quadrato di 90 metri di lato, circondato da portici su tutti quattro i lati.
La sala di preghiera, bislunga, è circa tre volte più larga che profonda. Presenta cinque
campate parallele alla qibla. Ottanta pilastri trasversali sostengono arcate leggermente a
ferro di cavallo.
Il ritmo regolare di queste campate continua lungo la doppia galleria che contorna gli altri
tre lati del cortile e che è formata da altri ottanta pilastri
I califfi fatimidi (932/1171).
L’affermazione dell’autonomia di Ahmed ibn Tulun dal potere centrale di Bagdad provoca
un indebolimento del califfo ed apre la strada, tra l’altro, nel 932, al movimento
indipendentista dei Buiydi, avventurieri persiani, che arrivano ad occupare Bagdad e ad
intensificare l’iranizzazione della corte.
Si inasprisce nello stesso tempo il dissidio tra sunniti e sciiti, il cui movimento politicoreligioso si rafforza in proporzione all’indebolimento di Bagdad. I Fatimidi, seguaci di
Fatima, figlia di Maometto, vedova di Ali, formano una dinastia sciita che si impone grazie
all’aiuto di Obayd Allah, detto il Mahdi. Costui, passato in Tunisia, viene riconosciuto come
califfo. Si arriva ad avere contemporaneamente tre califfi (uno a Bagdad, un altro a
Cordova, quello degli Omayyadi, e il Mahdi in Tunisia).
La presenza dei Fatimidi in Egitto è accompagnata da una grande trasformazione del
paese. La capitale è Cairo, la città nuova, situata tra il Nilo e il Mokkatam, vicino a Fustat,
dove si stabiliscono i califfi sciiti e dove si assiste a un periodo di grande prosperità e di
rinnovamento dell’architettura.
Moschea di Al Azhar
Al -Azhar, la splendida, fondata nel 970 dai Fatimidi sciiti, costruita al centro del Cairo, tra
il X e il XII secolo, è la principale moschea sciita dell’Africa del Nord e del vicino Oriente.
E’ un edificio bislungo, circondato da un portico formato da antiche colonne di spoglio, che
sostengono arcate in mattoni stuccati. Gli archi sono molto rialzati e collegati tra loro da
tiranti che danno solidità al portico, malgrado la struttura sottile dei sostegni. Per prevenire
ogni rischio di crollo, gli architetti hanno triplicato le colonne ai lati dell’ingresso e le hanno
raddoppiate agli angoli del cortile (M.50X34). Le quattro colonne sono ornate a livello del
fregio con nicchie situate sulla loro verticale; grandi rosoni circolari sormontano gli archi.
Sia per quanto riguarda gli ornamenti (motivi ripetitivi, cesellati a stucco), sia per l’uso dei
laterizi, la prima architettura fatimide del Cairo prosegue la tradizione mesopotamica,
introdotta da ibn Tulun.
Dopo la caduta dei Fatimidi la moschea diventa la più grande università dell’Islam sunnita.
Viene abbattuta la quibla, ma non il mihrab; la sala di preghiera è prolungata in direzione
della Mecca per mezzo di quattro campate.
In questa moschea il cortile è perfetto prolungamento della sala della preghiera, sala
ipostila, che presentava inizialmente cinque campate parallele alla qibla. La navata
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centrale, più larga di quelle laterali, conferisce all’interno aspetto basilicale: sembra
condurre al mihrab.
Mihrab e minbar si trovano al centro della quibla.
Le decorazioni della nicchia del mihrab presentano elementi originali in stucco e marmi
policromi.
Moschea di Al Hakim
Il califfo fatimide al –Hakim (996/1021), che prescrive una ascesi rigorosissima, è un
persecutore di cristiani ed ebrei. Fa costruire a Nord del Cairo una moschea (m.120X113)
ispirata a quella di ibn Tulun, composta da quattro campate parallele alla qibla, con una
navata assiale che conduce al mihrab,
Il cortile è fiancheggiato da un triplice portico. Completamente costruito in mattoni, era
dotato di grossi pilastri che sostenevano archi spezzati. Si possono ancora vedere ai lati
degli ingressi torri angolari fortificate, dominate dai minareti.
La moschea, che è stata completamente restaurata, appare del tutto snaturata. Ha
pavimentazione e muri interni di marmo, che non hanno più nulla a che vedere con
l’edificio originario.
Nel XII secolo si assiste all’abbandono dell’uso dei mattoni per la costruzione degli edifici
di culto e all’adozione di moschee di dimensioni ridotte rispetto a quelle di ibn Tulun o di Al
Azhar o di Al Hakim.
Nella piccola Moschea di Al –Akman (1125) viene ripristinato l’uso della pietra: La
facciata è decorata con motivi in rilievo di stucco.
Moschea di Salih Talai. Dietro un colonnato sormontato da arcate si apre il vestiboloingresso della Moschea. All’interno vediamo archi spezzati a “doppia luce”, con muri di
sostegno più serrati e spioventi rigidi, rialzati rispetto ai capitelli. Il materiale utilizzato è la
pietra da taglio, sono però ancora presenti gli elementi decorativi in stucco dei primi edifici
fatimidi.
Cairo: le mura
La cinta muraria della Città del Cairo erette dal visir Badr Gamali nel 1078 sono opera di
costruttori armeni, eredi delle tecniche romano-bizantine. Nell’incisione del 1802, di Louis
Mayer, vediano la Porta di Bab el-Nasr.
Per la costruzione della cinta muraria tra il 1087 e il 1091 è stata usata la pietra da taglio,
lavorata secondo l’antica tradizione.
Alle Torri quadrate della Porta Bab el -Nasr corrispondono i bastioni merlati che ornano le
mura a cortine rettilinee.
Le mura di pietra del Cairo vennero ultimate quattro anni prima che papa Urbano II
lanciasse l’appello per la Prima Crociata (1095).
Venti anni prima l’invasione dei Selgiuchidi aveva seminato il panico nel Vicino Oriente.
Come le Porte Romane, le torri semicircolari di Bab el- Futuh e di Bab el-Zueilah
(quest’ultima sormontata da minareti eretti intorno al 1415 dal mamelucco al –Muayyad)
difendevano la capitale dei Fatimidi.
Il Palazzo dei califfi fatimidi del Cairo
Notevole è lo sviluppo delle arti e delle scienze durante il periodo fatimide in Egitto. I califfi
favoriscono arti e scienze: artisti, astronomi, matematici...lavorano a corte: Copisti e
illustratori realizzano miniature.
Lungo la principale via del Cairo il califfo aveva a sua disposizione due grandi palazzi e
una piazza (dove era praticato il gioco del polo, importato dai confini orientali dell’Iran).
Purtroppo possiamo conoscere il fasto di questi principi dell’epoca solo attraverso la
letteratura, ma lo possiamo immaginare se pensiamo che, sotto l’influenza del rituale
aulico persiano, la supremazia del sovrano arrivò al punto che al Hakim volle farsi
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riconoscere come dio. Sotto l’influenza della corrente sciita, malgrado il carattere
egualitario della dottrina musulmana, la divinazione dei principi, alla maniera romana,
stava per riapparire.
I Mausolei fatimidi di Assuan
Maometto, ci dice la tradizione, aveva proibito ogni forma di architettura celebrativa sopra
la tomba. Il suo comando era stato però trasgredito subito, se è vero quel che racconta alBukhari nel IX secolo, quando Omar, uno dei quattro califfi guidati, grida ai servitori:
“Togliete la tenda, giacché solo le pie azioni dei defunti possono offrire protezione e
ombra”.
La tenda era quella sulla tomba di Abu Bakr (altro califfo guidato, padre di Aisha, la sposa
prediletta di Maometto).
La nascita di un elemento architettonico sulla sepoltura risale in Arabia ad epoche remote,
Era abitudine comune porre sulla terra che copriva il defunto un telo, con l’intento proprio
di creare l’ombra, il ristoro dalla violenza dei raggi del sole nel deserto.
In un secondo momento venne realizzata una specie di baldacchino, usando quattro
bastoni per sorreggere il telo (forse per analogia con la tenda del beduino). A dispetto
della volontà di Maometto, la costruzione di tombe monumentali diventò presto
consuetudine in tutte le regioni dell’Islam.
Il più antico monumento che ci resta (più volte restaurato, ma non si sa quali danni possa
avergli arrecato l’attuale situazione in Iraq) è la Qubbatt (Qubba = chiosco coperto a
cupola, tomba) as –Sulay biya, di epoca abbaside (Samarra. Iraq), costruita con una
“pietra artificiale”, tagliata a imitazione di mattoni.
Risulta formata da due ottagoni concentrici (unico esemplare, poi diffuso in India).
L’ottagono esterno, completamente restaurato, è aperto da quattro arcate ad archi acuti,
su un deambulatorio a botte, che poggia su sedici archi.
Si ritiene che sia la tomba del califfo al Mutansir, figlio di una donna greca che aveva
chiesto di potergli costruire il mausoleo. Il permesso fu concesso (non si sa perchè) e
presto si diffuse l’uso di costruire mausolei.
In Siria, in Palestina, in Transgiordania erano numerose le tombe a baldacchino di epoca
romana.
La struttura a baldacchino, di destinazione non funeraria, carica di significati religiosi legati
al mistero che circonda la morte, era già presente nel Tempio del Fuoco della religione
zoroastriana: questa struttura architettonica era dunque già nota nell’area islamica. Il fatto
di averla costruita a scopo funerario può essere giustificato solo dal desiderio di attestare
lo stato sociale di chi è sepolto.
La tomba sta ad indicare il passaggio dalla condizione fisica a quella spirituale, dal mondo
terreno al paradiso. L’ombra è elemento fondamentale del Paradiso: “S’assomiglia il
giardino promesso ai timorati di Dio a qualcosa sotto la quale scorrono i fiumi ed i frutti e
l’ombra saranno perenni” (Corano, XIII, 35). “Non guardi tu all’opera del Signore, come
lunga Egli stende l’ombra…?” Corano,XXV,45.
Se il Paradiso non può esistere senza ombra, creare ombra sulla sepoltura è indicare il
Paradiso... All’inizio dell’Islam “ombra” e “tomba” erano sinonimi. Maometto stesso venne
sepolto all’ombra del tetto della sua casa...
La struttura adottata per le tombe, con la sua spinta verso l’alto, dalla terra al cielo, allude
proprio al desiderio dell’anima dell’uomo a staccarsi dalla terra, dalla materia, per alzarsi
verso la dimensione cosmica e divina. La cupola che copre la maggior parte dei
monumenti funebri islamici è un’immagine del cielo, resa talvolta più evidente dal colore,
dai motivi di ornamento a stella, dalla luce dell’oro.
La forma esterna del mausoleo, quando è conica, è immagine dell’albero della vita.
Una cura particolare in questo tipo di tombe è dedicata all’ingresso, luogo fisico del
passaggio da una dimensione all’altra.
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Il modello architettonico ideale dell’ingresso alla tomba diventa il mihrab, per la struttura,
per gli ornamenti, per le indicazioni calligrafiche.
Associare la struttura architettonica del mihrab all’ingresso del mausoleo potrebbe darci il
significato del mihrab nella moschea: Luogo di passaggio dalla realtà terrena a quella
celeste.
Nel cimitero di Assuan, a sud dell’Egitto, non lontano dalla città, si trova una serie di
mausolei sciiti a cupola, costruiti in mattoni e rivestiti a stucco, che risalgono all’XI e al XII
secolo.
Sono piuttosto rovinati, ma sono testimonianza dello sviluppo dell’architettura funeraria
dell’epoca fatimide.
L’interesse di questi monumenti deriva dalla varietà delle cupole, che sono emisferiche o
a costoloni, rialzate, a spicchi, che dominano tamburi a cornice aggettante e sono
illuminati all’interno da finestre.
Saladino e i califfi Ayubbidi (1171/1260)
Ascesa degli Ayubbidi. Declino degli Abbasidi.
Quando nel 1079 i Selgiuchidi, provenienti dal Turkmenistan (Asia centro-meridionale),
entrano a Gerusalemme, si scatenano conflitti in tutto il bacino del Mediterraneo e viene
sconvolto lo stato di reciproco rispetto ed accettazione stabilito tra Cristiani e Musulmani.
Nel 1095 la reazione cristiana si concretizza con il bando delle Crociate, promosse dal
mondo occidentale con il duplice intento di compiere il pellegrinaggio al Santo Sepolcro e
di combattere una guerra santa per liberare dai Turchi i Cristiani d’Oriente.
La Prima Crociata (1099) riesce a riprendere ai Musulmani la città di Gerusalemme e a
fondare in Palestina un regno latino che durerà fino al 1251.
Approfittando delle lotte per la successione scoppiate tra i califfi fatimidi del Cairo, prima
della caduta della loro dinastia, i Cristiani occupano una parte dell’Egitto ed i Franchi
arrivano a minacciare il Cairo.
Saladino (Salah ad din-Yussuf), prima prefetto di Alessandria, poi primo ministro di un
generale siriano (Nur a-Din) in lotta contro il califfo, fa cadere il califfo del Cairo nel 1171.
La caduta del califfato dei Fatimidi, in un momento di tanti contrasti, passa quasi
inosservato, ma annuncia la nascita di un nuovo potere da parte di Saladino che nel 1183
unifica l’Egitto e Siria sotto l’egida degli Ayubbidi
Saladino, figlio di Ayub, regnante nella regione di Baalbek, è un principe curdo di religione
sunnita, famoso per le sue vittorie. Chiede ed ottiene dal califfo di Bagdad di essere
investito sovrano dell’Egitto, provincia che annette alla Siria (che comprende l’Alta
Mesopotamia) e si trova a capo di un potente regno, che può sconfiggere i Franchi della
Terra Santa. Grazie a lui le truppe islamiche sconfiggono i Crociati ed entrano a
Gerusalemme nel 1187.
Alla morte di Saladino, il suo vasto regno si dividerà in molti sultanati.
La cittadella di Saladino 1176 – 1330 - 1830
Fondata originariamente nel 1176 dal condottiero musulmano Saladino, il quale fece
costruire le mura e le torri poderose con blocchi di pietra presi dalle Piramidi di Giza, la
fortezza fu sede del potere per 700 anni.
I capi di stato dell'Egitto si allontanarono dai quartieri medievali verso il 1875 scegliendo
come dimora il Palazzo Abdin, da poco costruito, ma la cittadella conservò il suo ruolo
militare fino al 1970. Anche se l'esercito conserva tuttora parti del complesso con
l’accesso riservato, la maggior parte della struttura è aperta al pubblico.
Le solide mura che circondano questa parte della cittadella sono le strutture più antiche
dell'intero complesso, costruite per volere di Saladino intorno al 1183, e fortificate 25 anni
più tardi dal nipote El-Kamil, che detenne qui i Crociati europei catturati. Attraversato
l'anfiteatro si entra nelle due torri gemelle semicircolari, dette Burg er-Ramla (Torre della
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Sabbia) e Burg el-Haddad (Torre del Fabbro), che vegliavano sul passo tra la cittadella e
le alture rocciose a ridosso.
Entro le mura della cittadella si trovano quattro grandi moschee:
Moschea di En-Nasir
Costruita nel 1318 e rifatta nel 1335. Ha due minareti sormontati da cupole bulbiformi ed è
rivestita da piastrelle in maiolica.
Per gli interni sono state utilizzate colonne di recupero provenienti da templi greco-romani,
da edifici egizi e bizantini. Restano tracce del soffitto originale a cassettoni riccamente
dipinto.
Notevole è la cupola del mihrab, recentemente restaurata da Re Fuad d’Arabia.
Quando agli inizi del 1800 Mohammed Ali fece abbattere molti edifici per fare spazio ai
nuovi monumenti e ai palazzi nella cittadella, la Moschea di En-Nasir Mohammed, scampò
alla distruzione. Benché sia stata usata per molti decenni come scuderia, si trova ancora
in buono stato di conservazione.
La moschea del sultano Hassan
E’ una delle moschee monumentali più famose e più belle del Cairo, costruita tra il 1356 e
il 1363. Si tratta di una delle maggiori opere dell'architettura islamica, con una superficie di
quasi 8000 mq.
Si erge sul lato occidentale della grande Piazza Muhammed ‘Alì e costituisce il più
importante esempio di architettura arabo-egiziana. Costruita da un architetto siriano a
metà del quattordicesimo secolo per il sultano dei Mamelucchi Hassan en-Nasir, è
collocata su uno scosceso dirupo ai piedi della Cittadella.
All'interno della pianta irregolare di circa 7900 mq spiccano la struttura cruciforme della
madrasa - con i quattro Iwan aperti sul cortile centrale - e il mausoleo del sultano Hassan
che emerge dalla parete sudorientale. Le grandi facciate nude, ornate soltanto da una
cornice a stalattiti e da una successiva merlatura, ricordano l’architettura dell’antico Egitto
e sono articolate da finte nicchie con finestre dotate di arco a tutto sesto. L’edificio è
imponente non solo nella superficie, ma in tutte le sue misure: il portale sull’angolo nord è
alto quasi 26 m, il minareto di oltre 81 m è il più alto del Cairo e la cupola del mausoleo
svetta per 55 m.
Notevole il fregio in gesso nell’Iwan principale contenente un’iscrizione in arabo antico su
un fondo finemente arabescato, mentre dello splendido arredo resta soltanto la dikka (cioè
la tribuna dell’imam), il pulpito finemente intagliato e le caratteristiche catene di lampadari
La moschea Mohammed Ali.
Costruita nel 1830, questa moschea è diventata l'emblema del Cairo.
Consta di due parti: la moschea vera e propria e la corte, al centro della quale si trova la
bella fontana delle abluzioni.
La moschea è opera dell'architetto greco Youssef Bochna che risiedeva in Turchia e che
la costruì prendendo a modello Santa Sofia di Istanbul. Di forma quadrata, ha una cupola
centrale di 21 metri di diametro, alta 52 metri, poggiante su quattro pilastri quadrati.
Caratterizzata da una gran quantità di alabastro, la moschea è illuminata all'interno dal
numerosi lampadari di cristallo concentrici sospesi a catene.
Stranamente, il disegno e l’architettura della moschea sono d’impronta turca, per nulla
improntati alla tradizione egiziana. Il suo committente, Mohammed Ali, era un mercenario
albanese, il quale arrivò al potere nel 1806 e regnò per 43 anni. I lavori della sua
moschea, iniziati nel 1839, furono ultimati 18 anni dopo.
Anche se ispirata alle grandi moschee di Istanbul, sfortunatamente non ha la loro
eleganza e leggerezza.
La moschea di Al Rifai 1869 -1912
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La moschea di al-Rifai fu edificata in due fasi tra il 1869 e il 1912, quando fu finalmente
completata. Fu inizialmente commissionata da Khushiyār Hānim, madre di Ismail Pascià
per ampliare e rimpiazzare il preesistente santuario-sepolcro del "santo" Ahmed al Rifai,
nato nell'Iraq meridionale nel 1106 (o 1118), trasferitosi poi al Cairo dove aveva insegnato
e dove morì nel 1182. La “tomba” costituì un sito oggetto di venerazione e di pellegrinaggi
da parte dei musulmani del posto che credevano che possedesse proprietà mistiche di
grande rilievo. Khushiyār Hānim si propose di conseguire il duplice obiettivo di ospitare
nella nuova struttura le reliquie del "santo" e le salme della famiglia reale egiziana
Le nuove correnti dell’Architettura
La Tunisia indipendente: l’emirato aghlabide (800/936)
Già nel 657 le incursioni arabo-islamiche raggiungono la Berberia. Con la seconda
spedizione (665) e la terza (670) tutta la Tunisia è annessa al Grande Impero.
La conquista degli Arabi non è tuttavia facile, numerose sono le sconfitte. E’ rimasta
celebre la resistenza di Kahina, regina berbera, che si arrende solo nel 702, lasciando così
il suo paese e gran parte del Maghreb nelle mani di un emiro nominato dagli Omayyadi di
Damasco.
Con l’aiuto dei Berberi gli Arabi riescono a conquistare tutto il Nord Africa, ma una parte
dei Berberi abbraccia l’”eresia” dei Kharigiti d’Oriente (che proclama l’uguaglianza di tutti i
musulmani e non riconosce la posizione di comando dei musulmani arabi).
Le truppe dell’Islam fondano la città di Kairouan (l’accampamento), a 150 KM. a sud di
Tunisi ed a 50 a est di Sousse, in una zona arida, stepposa, ma importante perchè vicina
ai grandi percorsi carovanieri ed abbastanza vicina al mare.
Nell’836 viene costruita a Kairouan una Moschea così grande che Kairouan verrà indicata
coma le quarta città santa dell’Islam sunnita.
Nel periodo di incertezza che segue la strage degli Omayyadi il governo del paese sfugge
dalle mani dei Sunniti ortodossi. L’ordine viene restaurato nel paese quando da Bagdad
viene nominato emiro Ibrahim ibn al-Aglhab, che restaura l’ortodossia religiosa con l’aiuto
della sua guardia pretoriana, formata da schiavi neri, e dà inizio alla dinastia degli
Aghlabidi. Figlio di un turco trasferito a Bagdad, viene mandato in Tunisia e nominato
emiro. Harun al Rashid concede a lui ed ai suoi successori il diritto di successione: la
Tunisia diventa il primo emirato autonomo nell’Impero islamico.
Dopo la conquista da parte degli Arabi viene mantenuta in Tunisia una burocrazia
bizantina, che fa della regione la sede ideale di un governo centralizzato, con un
governatore insediato.
Gli emiri aghlabidi adottano il modello califfale abbaside, nominano ministri e addetti
all’amministrazione, si creano una potente guardia del corpo di schiavi di colore,
governano da sovrani assoluti.
Durante il IX secolo gli Aghlabidi estendono il loro potere alla Tripolitania e all’Algeria
orientale. Creano un imponente numero di opere idrauliche, sviluppano la produzione
agricola e l’allevamento. La possibilità di controllo sugli sbocchi del traffico carovaniero
proveniente dal Sud e dal Sahara garantisce loro acquisti e scambi di oro, schiavi, oggetti
di lusso. La loro economia è quindi particolarmente prospera: Kairouan diventa una della
città più ricche e prestigiose; la sua corte può rivaleggiare con quella di Bagdad.
A Kairouan viene creata una “Casa della sapienza”, sul modello di quella di Bagdad, e
nasce una importante scuola di medicina. Sempre seguendo il modello degli Abbasidi (che
avevano fondato Bagdad e poi Samarra), viene fondata nell’801, nei dintorni di Kairouan,
la città-palazzo al-Abbasiya e, nell’876, la città di Raqqada (tutte due le città sono ora
praticamente scomparse).
La potenza degli Aghlabidi è in continua crescita: nell’827 conquistano la Sicilia.
Poco dopo gli Arabi occupano una parte della Sardegna e dell’Italia meridionale; nell’846
arrivano a saccheggiare Roma.
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Unico ostacolo alla loro espansione è sempre rappresentato dai bizantini, sempre forti sul
mare. Per proteggersi, costruiscono sulla costa una serie di fortificazioni (ribat), abitate da
monaci-guerrieri, e catene di fortini all’interno.
Il forte stato aghlabide viene però travolto dalla crisi che tutto l’Impero islamico soffre sotto
la spinta dello Sciismo, e delle difficoltà approfittano i Berberi, per rivendicare la loro
indipendenza.
L’ARTE ISLAMICA IN IFRIQIYA
La regione occupa un posto fondamentale nella Storia dell’Arte e dell’Architettura
dell’Occidente musulmano. Dalle tracce rimaste dell’urbanizzazione romana e dell’Arte
bizantina, dalle quali eredita modelli formali e tecniche costruttive, viene stimolata l’Arte
islamica in Ifriqiya, che si avvale:
- con grande abbondanza del materiale di spoglio (che viene anche esportato -per
esempio a Cordova-)
- delle prestazioni di Cristiani liberi (copti) e di schiavi affrancati.
- La mano d’opera copta viene reclutata sul posto, o anche importata, come accadde
nel VII secolo, quando a Tunisi furono mandate mille famiglie copte per costruire il
primo cantiere navale di un paese islamico.
- Altrettanto importanti di quelli romani e bizantini sono gli influssi orientali,
provenienti dall’Egitto e dalla Mesopotamia Abbaside.
Le diverse fonti di ispirazione (romana e bizantina, orientale mesopotamica) sono
all’origine in Ifriqiya (Tunisia e Libia) di due diverse scuole architettoniche completamente
diverse, benché siano le stesse le condizione storiche e socioeconomiche in cui sono nate
e si sono sviluppate:
La Scuola di Susa e
la Scuola di Kairouan, rappresentata a Kairouan dalla Grande Moschea (la Uqba) e dalla
Piccola Moschea delle tre Porte (la Moschea di Ibn Khairun); rappresentata a Sfax dalla
Grande Moschea, a Tunis dalla Grande Moschea.
Tutti questi edifici sono accomunati dall’uso di colonne di marmo di riuso come sostegno,
dal soffitto di legno e dalla ricca decorazione.
Colonne e capitelli ricordano l’Architettura bizantina: il capitello non sostiene direttamente
l’imposta dell’arco, ma l’abaco è sormontato da un architrave a forma di tronco di piramide,
che regge un’imposta a forma di parallelepipedo.
Le colonne, provenienti da edifici diversi, sono di misure varie; per compensare la diversa
altezza, vengono poggiate direttamente al suolo, o su basi di altezza diversa
(procedimento che l’Ifriqiya deriva dall’Egitto). Anche altrove abbiamo trovato volumi
interposti tra l’arco e la colonna, ma questo uso diventa classico nell’Arte musulmana.
Appartiene del tutto alla tradizione locale, invece, la cupola emisferica, poggiata su
pennacchi d’angolo a conchiglia.
Nella Scuola di Kairouan troviamo anche l’uso dell’arco a ferro di cavallo, ma nelle
strutture a dimensione ridotta (arcate e finestre) troviamo ancora l’arco a tutto sesto.
L’arco polilobato è correlato alla semicupola a conchiglia (cupola del mihrab della Grande
Moschea di Kairouan e Tunisi).
Anche la decorazione dei monumenti dichiara una doppia origine, locale e orientale:
Le sculture di marmo o pietra a Kairouan e Tunisi sono composte da due elementi
vegetali:
- il primo può essere foglia, meno spesso fiore (acanto, foglia di vite)
- frutto: melograno, uva (documenti di un ellenismo stilizzato)
- il secondo è il supporto: che può essere a forma di stelo o di ramo; sempre,
comunque, un elemento geometrico con molte involuzioni.
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Durante il periodo aglhabide sono frequenti motivi floreali e geometrici: rosoni che
presentano da quattro a dodici petali arrotondai o a punta, che si dipartono a raggiera dal
centro, iscritti all’interno di quadrati appoggiati sulla punta. E’ il motivo delle mattonelle di
ceramica nel mihrab della Moschea ‘Uqba, della facciata delle Tre Porte, della Grande
Moschea di Susa.
La scrittura usata nei monumenti del IX secolo è sempre quella cufica, a dimostrare che
l’intento del committente era lontano da ogni intento di carattere estetico.
La Grande Moschea di Kairouan.
Gli architetti che operarono a Kairouan possono essere considerati eredi dell’abilità
ingegneristica romana.
Kairouan è nata in una zona priva di risorse naturali, ma è importante perché è sorta lungo
il principale asse carovaniere. Il fatto, inoltre, di trovarsi non lontano dal mare rese
necessaria la creazione di numerose opere idrauliche, realizzate seguendo gli esempi
lasciati dai Romani. Furono costruite grandi cisterne, per la decantazione dell’acqua
necessaria alla città. Al centro di uno dei bacini venne costruito un baldacchino dal quale il
governatore poteva godere gli spettacoli realizzati sul lago stesso.
La prima Moschea di Kairouan venne costruita nel 670, contemporaneamente alla
costruzione della città, dal generali Uqba ibn Nafì, conquistatore della regione.
Realizzata con materiali deperibili, venne risistemata o ricostruita almeno quattro volte;
alla fine venne del tutto demolita nell’836 da Ziyadad Allah I, emiro aghlabide, ad
eccezione dello stupendo mirhab, costruito forse alla nascita della città, salvato dalle
proteste del popolo dei fedeli.
Rimasta da allora pressoché intatta, è attualmente considerata la più prestigiosa delle
opere religiose musulmane in oriente, assieme alla Moschea di al –Azhar, al Cairo.
Rappresenta il punto di partenza di tutta la successiva architettura nordafricana.
Esterno: un muraglione rettangolare di 125metriX75, sostenuto da contrafforti aggiunti in
epoche successive alla costruzione per evitare eventuali crolli.
Il muro della quibla è costruito con maggiore cura ed è ornato da una bella cupola a
costoloni con creste affilate.
E’ dotato di otto entrate, di una porta sulla facciata occidentale (Bab al- Ma, Porta
dell’Acqua) e di una sulla facciata orientale (Bab Lalla Rayhana), costruite nel 1294.
Il sahn è circondato da portici. Gli archi dei portici, a tutto sesto a ferro di cavallo, poggiano
su colonne di spoglio di epoca romana e bizantina. Al centro del cortile c’è l’impluvium,
decorato con archi a ferro di cavallo.
Al centro della galleria della quibla si alza la cupola di Bahw (rinnovata nel XIX secolo).
La sala di preghiera, ottimo esempio di architettura omayyade, è una sala ipostila, con
diciassette navate perpendicolari alla quibla e otto campate. Colonne e capitelli
provengono in massima parte da Hadrumetum e da Cartagine, tuttavia lo spazio interno
della Moschea, solido e chiaro, solenne, non è riconducibile a nessun edificio preesistente
all’affermazione dell’Islam.
Sul quadrato formato dall’incontro della navata centrale, molto più larga delle altre, con la
campata della quibla si alza la cupola su trombe in pietra scolpita con disegni dell’Arte
degli Omayyadi (conchiglie, rosoni polilobati). Nel corso dei numerosi rifacimenti la pianta
ha subito modifiche, al punto che vi si può vedere l’inizio dello sviluppo delle strutture a T,
presente in forma embrionale nella Moschea omayyade di al-Aksa, a Gerusalemme.
La copertura è in legno.
Il mihrab: la cornice della nicchia è ornata da circa 150 piastrelle in ceramica del secolo
IX, che hanno riflessi metallici giallo oro e sono i più antichi esemplari che ci restano di
questa tecnica. At –Tujibi (morto nel 1031) riferisce che le piastrelle erano state importate
da Bagdad per decorare la sala di un palazzo.
La cupola di fronte al mihrab poggia su tre archi liberi e su uno inserito nella parete, tutti
leggermente appuntiti per ottenere il massimo della leggerezza. Nel tamburo cilindrico
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della cupola si aprono otto finestre e sedici arcate cieche alternate. Altrettanti costoloni si
incontrano alla sommità. Nel 1040 fu realizzata a destra del minbar la maqsura, zona di
preghiera riservata a principi e governatori. E’ in legno di cedro; il fregio, a caratteri cufici,
è eseguito secondo la tecnica a musharabiyya. (I sottostanti pannelli sono stati restaurati
in epoca ottomana - 1665).
La Scuola di Susa è rappresentata dai ribat di Monastir, di Susa, di Lemta e dalla Grande
Moschea Bu Fatata di Susa. E’ un’architettura possente ed austera, di carattere difensivo,
come si confaceva alle città costiere del Sahel.
La volta a botte era rinforzata da possenti archi a tutto sesto. Per i pilastri non era usato il
marmo (troppo elegante per costruzioni a carattere difensivo); erano in muratura, in
genere grossi e a pianta cruciforme (unica eccezione il ribat di Monastir, nel quale gli archi
poggiano su larghi piloni).
La cupola emisferica, che poggia su pennacchi d’angolo a conchiglia è di origine locale. E’
già presente infatti nella sala della preghiera del ribat di Susa, costruito quaranta anni
prima.
I ribat dell’Ifriquiya sono simili ai castelli costruiti dagli Omayyadi nel deserto o sulle
montagne della Siria.
Presentano pianta iscritta in un’area rettangolare, torri agli angoli ed al centro dei lati,
entrata unica, stanze addossate ai muri esterni, rampe negli angoli, scale a gomito.
Solo nella sala della preghiera e nella torre delle segnalazioni possiamo riconoscere il
duplice ruolo militare e religioso.
Lo stile adottato nei ribat ha determinato la scelta di un’architettura massiva e severa
anche per gli edifici di carattere religioso.
E’ piuttosto difficile ricostruire l’originale area architettonica dell’VIII secolo, tuttavia
possiamo dire che il ribat di Susa si trova di fronte alla Grande Moschea, costruita quasi
contemporaneamente. Insieme costituivano il baluardo difensivo di Susa nell’VIII secolo.
Alloggiavano nel ribat una cinquantina di volontari, spinti dal desiderio di benemeritare
partecipando alla jihad e dedicando il loro tempo alla preghiera ed alla meditazione. Erano
indicati come monaci guerrieri. Il loro impegno militare e religioso giustifica l’austerità della
costruzione, il numero ridotto delle stanze di abitazione, la planimetria.
Gli Aghlabidi costituirono all'inizio del IX secolo d.C. la prima dinastia musulmana
autonoma all'interno del califfato abbaside.
Il nome della dinastia deriva dal nome proprio dell'eponimo, il turco al-Aghlab ibn Sālim, un
antico seguace di Abū Muslim, giunto nel 760 nell'Occidente islamico dalle natie regioni
transoxiane al seguito di Muhammad per poi essere incaricato dal califfo al-Mansūr di
combattere i kharigiti, diventando wālī (governatore) d'Ifrīqiya fra il 765 e il 768. Suo figlio
Ibrāhīm ricevette un'ottima educazione tanto militare quanto umanistica e giuridica e fu
nominato governatore dello Zāb (attuale regione dell'Algeria) allo scopo di contenere le
pericolose spinte eversive kharigite.
Il califfo Hārūn al-Rashīd nominò nell'800 Ibrāhīm amīr (comandante) dell'Ifrīqiya, con
autorità civile e militare e con amplissima autonomia impositiva per stroncare una volta per
tutte il fenomeno del kharigismo nelle regioni sotto la sua diretta sovranità.
Per garantire la necessaria continuità d'azione il califfo dispose anche la possibilità che
Ibrāhīm e i suoi successori designassero in piena libertà da Kairouan i loro successori,
riservando a sé stesso e ai suoi successori il diritto di veto sulle nomine (diritto che fu
esercitato una sola volta, all'epoca in cui Ibrāhīm II diventò Emiro.
Questi, deposte le vesti emirali, indossò i panni del combattente, si diresse verso la Sicilia
e la "Terra Grande", e li incontrò la morte sotto le mura della città di Cosenza.
Gli Aghlabidi s'impegnarono a versare agli Abbasidi un tributo di circa 40 mila dīnār annui.
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MAROCCO
Dopo la conquista da parte degli Arabi musulmani dell’Africa Settentrionale e la
conversione all’Islam delle popolazioni locali, molte tribù berbere scelgono la versione
Kharigita dell’Islam.
Nel 774 queste insorgono contro la sperequazione fiscale che penalizza i non Arabi. Nel
sud del paese nasce un principato Kharigita che sopravviverà fino al XII secolo.
Il resto del paese è governato dalla dinastia idrisside (fondatore Idris ibn Aldullah
(785/793), con capitale Fez.
Moschea Qarawiyyn. Fez,
E’ una delle più prestigiose moschee del Marocco ed è anche tra le più antiche università
del mondo.
Costruita nell’859, modificata nel 956, ha assunto forma definitiva nel 1135, quando la
navata centrale venne coperta con volte e cupole con nervature e muqarnas. La ricca
decorazione fu poi coperta con stucco dagli Almohadi.
L’interno della sala di preghiera si articola su 21 navate divise in sette campate. Nelle ali
porticate adiacenti al sahn le navate sono perpendicolari, anziché parallele alla qibla.
Abd al Mumin fa costruire a Marrakech una grande Moschea: la Kutubiyya (deve il suo
nome al fatto che vi si trovavano molti banchi di venditori di libri)
Esterno: raffinatezza derivata da una architettura essenziale.
Minareto: Alto metri 68X12 metri di base. Il fusto, quadrato, è liscio; le finestre in
corrispondenza con la scala interna sono inquadrate da grandiosi archi ciechi, fregiati,
lombati e intrecciati. Gli archi dell’ultimo piano sono ciechi, con profili prolungati che si
incrociano.
Interno: 17 navate perpendicolari alla qibla, costitute da archi a ferro di cavallo,ogivali,
dallo slancio possente e sereno.
L’assenza quasi assoluta di elementi di decorazione sulle nitide pareti ed il ruolo affidato
alla luce concorrono ad esaltare la spiritualità che emana da dal vastissimo spazio e ci
ricordano il misticismo almoiade.
Moschea di Tinmal, nell’Atlante marocchino, costruita nel 1153 da Al Mumin: ha la forma
di un ribat fortificato, un vero “Castello di Dio”. L’edificio, in mattoni stuccati, ha pianta
quadrata, di una cinquantina di metri. La sala di preghiera ha una navata centrale con
campata più larga, che conduce al mihrab.
Qubba almoravide di Marrakech, il mausoleo di al Baadiyn (1120).
Edificio a due piani in mattoni, sormontato da una cupola. All’interno: decorazioni a
stalattiti. Il soffitto è un sottile reticolo di muqarnas, intervallate da motivi s conchiglia.
Il sistema di copertura è dettato dall’ottagono ottenuto da due quadrati che si intersecano
con un angolo di 45 gradi.
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