Scuola Superiore Medico-Tecnica, Locarno Lavoro di diploma, 14.05.2010 RapidArc Confronto dosimetrico con la 3D-CRT nella radioterapia prostatica Karim Sebbar Allievo Tecnico di Radiologia Medica Professore responsabile: Danilo Meletta In collaborazione con il Servizio di Radioterapia, Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli Indice I. Glossario ....................................................................................................................... IV II. Abstract ........................................................................................................................ VI 1. Introduzione .................................................................................................................. 1 1.1. Radioterapia conformazionale 3D ........................................................................... 1 1.2. RapidArc® (Varian Medical Systems) ....................................................................... 2 2. Il carcinoma della prostata ............................................................................................. 2.1. Epidemiologia .......................................................................................................... 2.2. Patologia e caratteristiche generali ......................................................................... 2.3. Diagnosi .................................................................................................................. 2.4. Classificazione ......................................................................................................... 2.5. Terapia .................................................................................................................... 2.6. Carcinoma prostatico localizzato alla ghiandola ...................................................... 3 3 3 4 4 6 7 3. Studio di un piano di trattamento per il carcinoma prostatico ....................................... 8 3.1. Definizione della posizione del paziente .................................................................. 8 3.2. Acquisizione dei dati anatomici ............................................................................... 8 3.3. Simulazione virtuale online ..................................................................................... 8 3.4. Ricostruzione 3D dei volumi di interesse ................................................................. 9 3.5. Elaborazione computerizzata del piano di trattamento ........................................... 9 3.6. Valutazione del piano ............................................................................................ 11 3.7. Documentazione radiografica mediante DRR ........................................................ 11 3.8. Simulazione virtuale offline (se non è stata effettuata la online, vedi 3.3) ............. 12 4. Obiettivi ....................................................................................................................... 12 5. Attività e metodo ......................................................................................................... 13 6. Risultati e analisi .......................................................................................................... 6.1. Organi a rischio ..................................................................................................... 6.1.1. Retto ..................................................................................................................... 6.1.1.1. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-P..................................................... 6.1.1.2. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-B .................................................... 6.1.2. Vescica .................................................................................................................. 6.1.2.1. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-P ................................................. 6.1.2.2. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-B ................................................. 6.1.3. Teste femorali ....................................................................................................... 6.1.3.1. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-P ...................................... 6.1.3.2. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-B ...................................... 6.2. Conformazione della dose al target ....................................................................... 15 16 16 17 19 21 21 23 25 25 27 29 II 6.2.1. 6.2.2. 6.2.3. 6.2.4. 6.2.5. Dose minima ......................................................................................................... Dose massima ....................................................................................................... Dose media ........................................................................................................... Deviazione standard .............................................................................................. Riepilogo dei risultati sulla distribuzione della dose ai PTV .................................... 29 30 31 32 33 7. Il test U di Mann-Withney applicato ai risultati ............................................................ 7.1. Dimensione dei volumi (U’=23) ............................................................................. 7.2. Organi a rischio (U’= 27) ........................................................................................ 7.2.1. Conformità della dose al target (valore critico di U uguale a 23) ........................... 33 35 35 36 8. Conclusione ................................................................................................................. 37 9. Bibliografia ................................................................................................................... 38 10. Allegati ......................................................................................................................... 10.1. Allegato 1: Tabella valori U .................................................................................... 10.2. Allegato 2: Raccolta dati PTV-P .............................................................................. 10.3. Allegato 3: Raccolta dati PTV-B .............................................................................. 39 39 40 41 III I. Glossario Dose assorbita Unità di misura degli effetti biologicamente significativi prodotti dalla radiazione ionizzante ed è uguale all’energia media impartita dalla radiazione ionizzante ad un materiale. L’unità di misura nel S.I. (sistema internazionale di unità di misura) è il Gray (Gy), 1 Gy=1J/Kg. DRR Dall’inglese “digitally reconstructed radiography”, radiografia digitale ricostruita. È l’immagine 2D di referenza nei trattamenti radioterapici, utilizzata per verificare il riposizionamento del paziente. DVH Dall’inglese “Dose-Volume Histogram” è un grafico statistico (istogramma) che permette di visualizzare la dose assorbita dai volumi di tessuto interessati (target e organi a rischio). Gantry Testa dell’acceleratore lineare dalla quale viene erogata la dose. Gy Sigla del Grey, unita di misura dell’S.I. che indica l’energia radiante assorbita per unità di massa. Isocentro Punto geometrico interno al paziente nel quale convergono gli assi centrali di fasci di radiazione. PTV Dall’inglese “planning treatment volume”, volume bersaglio. Indica il volume nel quale si desidera ottimizzare la dose e nel quale si viene specificata la dose da rilasciare. RMN Risonanza magnetica nucleare. Target Vedi voce PTV. TC Tomografia computerizzata. TNM Dall’inglese “Tumor Nodes Metastasis”. Sistema internazionale di classificazione dei tumori, che permette di determinare lo stadio della malattia. IV TPS Dall’inglese “treatment Planning System”. Sistema informatico (hardware e software) dedicato all’elaborazione e alla gestione dei piani di trattamento radioterapici. TRM Tecnico/a di radiologia medica. Volume bersaglio Vedi voce PTV. V II. Abstract Il settore della radioterapia negli ultimi anni si è particolarmente modernizzato grazie ad un’importante evoluzione in ambito tecnologico, informatico e meccanico. L’arrivo del RapidArc ne è un chiaro esempio. Si tratta di una radioterapia volumetrica ad arco che permette di irradiare un volume durante un movimento rotatorio attorno ad esso. Oltre al movimento rotatorio, il RapidArc, è in grado di modulare forma e intensità del fascio, si riesce ad scolpire il volume riducendo la dose agli organi circostanti. Questa ricerca mette a confronto i piani di trattamento con tecnica a box 3D-CRT con quelli eseguiti con RapidArc, nel carcinoma prostatico in stadio iniziale. Il confronto si pone due obiettivi principali. Il primo obiettivo é determinare se la tecnologia RapidArc permette di ridurre le dosi agli organi a rischio. Il secondo obiettivo é verificare se la distribuzione della dose al volume bersaglio risulti più omogenea con il trattamento RapidArc. Per rispondere a queste domande sono stati scelti 20 pazienti sottoposti a terapia su due serie di trattamento: la prima serie viene eseguita sulla loggia prostatica e sui linfonodi della pelvi, la seconda serie comprende solo la loggia prostatica. I risultati confermano che i 10 pazienti trattati con il RapidArc hanno avuto un risparmio di dose agli organi a rischio rispetto i 10 pazienti trattati con tecnica box 3D-CRT. Inoltre questo risparmio risulta più importante nel trattamento del piccolo volume (seconda serie) rispetto al grande volume (prima serie). Non é invece possibile affermare con certezza scientifica che l’omogeneità della dose al volume bersaglio sia migliore nei piani RapidArc rispetto a quelli dei piani con tecnica a box 3D-CRT. Il RapidArc sembra comunque avere una minore oscillazione dei valori. VI 1. Introduzione Nell’ambito di una formazione pratica in radioterapia, ho avuto la fortuna di lavorare con un nuovo acceleratore lineare, dotato di uno speciale software chiamato RapidArc® (Varian Medical systems), che ha introdotto la possibilità di irradiare una patologia tumorale durante il suo movimento rotatorio attorno al paziente. Questa novità ha il vantaggio di poter distribuire al meglio la dose suddividendola su tutta la circonferenza del distretto irradiato. Inoltre si tratta di una tecnica molto rapida, un arco attorno al paziente viene effettuato in meno di due minuti. Mi è sembrato quindi interessante poter eseguire una ricerca comparativa che studiasse i benefici apportati da questa nuova tecnica nell’ambito della radioterapia. La metodica RapidArc® viene utilizzata per trattare svariate tipologie di tumore, questo lavoro è focalizzato al trattamento del carcinoma prostatico. Il tumore prostatico è uno dei più frequenti nella popolazione maschile e per questo motivo, nonostante si tratti di una tecnica piuttosto recente, si ha già a disposizione una casistica numerosa. Questo mi permette di effettuare un confronto su un numero significativo di casi con diagnosi oncologica simile tra loro. In particolare gli aspetti che vorrei confrontare riguardano la distribuzione della dose sugli organi a rischio e la conformazione della dose volume bersaglio. Per questo studio ho deciso di prendere in esame il carcinoma prostatico allo stadio iniziale. Questa specifica tipologia di tumore, nel centro oncologico di Bellinzona, prima dell’arrivo del RapidArc® veniva trattata con la radioterapia conformazionale 1 (3D-CRT), più precisamente con tecnica a quattro fasci di entrata (chiamata anche tecnica a box). Con il RapidArc® i fasci di entrata sono 180. La ricerca di questo lavoro intende quantificare eventuali vantaggi del RapidArc® rispetto alla 3D-CRT nel trattamento del carcinoma prostatico allo stadio iniziale. 1.1. Radioterapia conformazionale 3D La radioterapia conformazionale 3D (“Conformal RadioTherapy – 3D-CRT”)2 è una forma di radioterapia avanzata caratterizzata da una ricostruzione tridimensionale della porzione anatomica del paziente. L’acquisizione di questo volume avviene mediante scansioni TC (Tomografia Computerizzata) della regione d’interesse del paziente. Le immagini TC acquisite vengono poi gestite da un sistema informatico (hardware, software) dedicato alla pianificazione, chiamato TPS (“Treatment Planning System”)3, con il quale sarà possibile l’elaborazione di piani di trattamento ottimizzati. Il TPS infatti ricostruisce i volumi del paziente sui quali è possibile studiare un piano di trattamento virtuale. È dotato di una speciale funzione chiamata BEV (dall’inglese “Beam Eye View”) che consente una visualizzazione dal punto di vista del fascio radiante. 1 Questa è la traduzione italiana dall’inglese “conformal radiotherapy”. Webb, S., The physics of conformal radiotherapy: advances in technology. 3 Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento di radioterapia 3D conformazionale. 2 1 Questo permette di definire una schermatura personalizzata attorno ai volumi di interesse e di scegliere in maniera accurata la direzione e l’intensità del fascio. Si avrà quindi una distribuzione di dose tridimensionale e il più possibile "conformata" al bersaglio tumorale. Infine con questo sistema informatico è possibile visualizzare e calcolare in maniera accurata la distribuzione della dose all’interno del paziente. La radioterapia verrà quindi eseguita mediante l’utilizzo di acceleratori lineari, ai quali saranno state trasmesse tutte le informazioni relative al piano di trattamento da eseguire (interfaccia TPS/acceleratore lineare). Questa tecnica ha permesso di migliorare in maniera considerevole la conformazione spaziale dei campi di radiazione, raggiungendo una migliore omogeneità della distribuzione della dose al target e una migliore salvaguardia degli organi a rischio rispetto alla precedente tecnica. L’applicazione di questa tecnologia con la tecnologia RapidArc® è caratterizzata da un ulteriore passo in avanti, come cercherò di dimostrare e di quantificare in questo lavoro. 1.2. RapidArc® (Varian Medical Systems) Si tratta di un acceleratore lineare tradizionale che, grazie ad un sofisticato software, consente di effettuare una radioterapia estremamente precisa e rapida, descrivendo uno o più archi intorno al paziente. Questa tecnica di radioterapia rientra nell’ambito delle tecniche volumetriche ad intensità modulata ad archi (Volumetric Modulated Arc Therapy – VMAT)4,5 e permette l’ottimizzazione della posizione istantanea delle lamelle dell’MLC (collimatore multilammellare, in inglese MLC=MultiLeaf Collimator), del dose rate (dose erogata in funzione del tempo) e della velocità di rotazione della gantry 6. La caratteristica più sorprendente di questa nuova metodica è la velocità del trattamento, in quanto l’arco intorno al paziente viene eseguito in meno di 2 minuti. Inoltre, grazie alla possibilità di modulare la posizione delle lamelle del MLC e il dose rate erogato durante la rotazione dell’acceleratore lineare (gantry), si può ottenere un miglioramento nella distribuzione della dose, riducendola sui tessuti sani e aumentandone l’omogeneità al target. 4 Duthoy, W. et al. Clinical Implementation of Intensity Modulated Arc Therapy (IMAT) for Rectal Cancer. Yu, C. Intensity-Modulated Arc Therapy with Dynamic Multileaf Collimation: an Alternative to Tomotherapy. 6 Unità di fisica medica. Pianificazione – Tecniche avanzate. 5 2 2. Il carcinoma della prostata 2.1. Epidemiologia Il carcinoma prostatico è la seconda neoplasia per frequenza nell’uomo e la seconda causa di morte per tumore nei Paesi occidentali, dopo la neoplasia del polmone. La maggior parte di questi tumori è costituita da adenocarcinomi con diversi gradi di differenziazione che si sviluppano nella porzione periferica della ghiandola prostatica. Questo tumore ha un’eziologia molto incerta. Si suppone che fattori dietetici, ormonali e genetici possano essere implicati nello sviluppo di questa malattia, ma soltanto l’età è da considerarsi un vero e proprio fattore di rischio, infatti questa malattia si manifesta con frequenza progressivamente crescente sopra i 50 anni d’età. 7 L’incidenza del tumore prostatico nei Paesi occidentali è di circa 55 casi ogni 100'000 abitanti, con un tasso di mortalità di 23 decessi ogni 100'000 individui. È importante sottolineare che l’incidenza è aumentata in maniera molto significativa negli ultimi 20 anni, fino a circa 10 volte, mentre la mortalità è rimasta piuttosto stabile. Questa discrepanza è causata da una forte anticipazione diagnostica della malattia e ci permette di notare come molti di questi carcinomi, sovradiagnosticati, sarebbero destinati, in assenza di screening, a non manifestarsi clinicamente nella vita del paziente, introducendo lo scottante problema dell’opportunità o meno di fare diagnosi di queste neoplasie clinicamente non significative.8 2.2. Patologia e caratteristiche generali In rapporto al loro comportamento i tumori prostatici possono essere divisi in tre categorie: Carcinomi prostatici invasivi: importanti clinicamente, dato che invadono localmente e danno metastasi. Carcinomi prostatici latenti: solitamente sono piccoli focolai di carcinoma ben differenziato, frequentemente diagnosticati accidentalmente nella prostata di uomini anziani. Possono rimanere confinati a lungo all’interno della prostata. Carcinomi occulti: non sono clinicamente evidenti nella sede primaria, ma si presentano come malattia metastatica. Macroscopicamente, il carcinoma della prostata si presenta come aree diffuse di tessuto bianco, consistente, che si mescola con i tessuti prostatici sani. Quando il tumore si estende all’esterno della capsula prostatica forma una massa che può essere palpata all’esame transrettale. Istologicamente, la maggioranza delle lesioni hanno un quadro ghiandolare differenziato (prognosi buona), mentre una piccola percentuale è costituita da cellule scarsamente differenziate (prognosi infausta). 7 8 Pienta K., Esper P. Risk Factors for Prostate Cancer. Cavalli, F. et al. Fondamenti di oncologia clinica. 3 I carcinomi prostatici si diffondono per tre vie principali: Diffusione diretta alla base della vescica, al retto e ai tessuti adiacenti. Diffusione linfatica alla pelvi e ai linfonodi para-aortici. Diffusione per via ematica all’osso (metastasi ossee). 2.3. Diagnosi Le indagini nella diagnostica di questo tumore sono principalmente quattro: L’esplorazione digito-rettale, un esame di primo livello e fondamentale nella diagnosi del carcinoma prostatico, ma che tuttavia consente di apprezzare solo tumori che originano nella porzione dorsale della zona periferica della ghiandola (anche se questi rappresentano la maggioranza dei casi, 70-80%). Il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) nel sangue, un enzima normalmente prodotto dalla prostata e che viene considerato un marcatore organospecifico nella diagnosi e nel follow-up dopo terapia. La sua sensibilità non è ottimale e presenta molti falsi negativi. E’ comunque un esame semplice, innocuo e relativamente economico. L’ecografia transrettale, permette uno studio anatomico e strutturale dettagliato della prostata. La maggioranza dei tumori si presentano come aree ipoecogene (più scure), esiste tuttavia una buona percentuale di tumori che è rappresentata da aree isoecogene (quindi poco visibili) o addirittura iperecogene (in particolare negli stadi avanzati). Da un punto di vista della sensibilità-specificità l’ecografia transrettale quindi non aggiunge molto nella diagnosi precoce. Un importante parametro per ipotizzare la presenza o meno della malattia è invece la dimensione della lesione. L’agobiopsia prostatica sotto guida ecografica, eseguita per via transrettale o trans perineale è molto affidabile. Si tratta di praticare agobiopsie di ogni nodulo palpabile o visibile ecograficamente e di almeno sei zone periferiche (3 per ogni lato) al fine di ottenere una mappatura della prostata. Altre tecniche, quali la TC, la RM o la scintigrafia ossea possono essere utilizzate per determinare la stadiazione e il grading del tumore prostatico. 2.4. Classificazione Come tutti i tumori solidi, anche il tumore della prostata viene classificato a seconda della sua estensione locale, del coinvolgimento o meno dei linfonodi loco regionali e dalla presenza o meno di metastasi a distanza. Il sistema più utilizzato per la sua stadiazione è la classificazione TNM9. 9 Cavalli, F. et al. op. cit. 4 Classificazione TNM del carcinoma prostatico (UICC 2002) Tumore primitivo (T) Clinica TX Il tumore primitivo non può essere definito T0 Non segni del tumore primitivo T1 Tumore clinicamente non apprezzabile, non palpabile né visibile con la diagnostica per immagini T1a Tumore scoperto casualmente nel 5% o meno del tessuto asportato T1b Tumore scoperto casualmente in più del 5% del tessuto asportato T1c Tumore diagnosticato mediante agobiopsia (ad esempio, a causa del PSA elevato) T2 Tumore limitato alla prostata T2a Tumore che interessa la metà o meno di un lobo T2b Tumore che interessa più della metà di un lobo ma non entrambi i lobi T2c Tumore che interessa entrambi i lobi T3 Tumore che si estende attraverso la capsula prostatica T3a Estensione extraprostatica (mono- o bilaterale) T3b Tumore che invade la/e vescichetta/e seminale/i T4 Tumore fisso che invade strutture adiacenti oltre alle vescichette seminali: collo della vescica, sfintere esterno, retto, muscoli elevatori e/o parete pelvica. Patologica (pT) pT0 Assenza di tumore pT2* Tumore limitato alla prostata pT2a Tumore monolaterale, che interessa la metà o meno di un lobo pT2b Tumore monolaterale, che interessa più della metà di un lobo ma non entrambi i lobi pT2c Tumore che interessa entrambi i lobi pT3 Estensione extraprostatica pT3a Estensione extraprostatica pT3b Infiltrazione della(e) vescichetta(e) seminale(i) pT4 Invasione della vescica o del retto Linfonodi regionali (N) Clinica NX I linfonodi regionali non possono essere definiti N0 Non metastasi nei linfonodi regionali N1 Metastasi in linfonodo(i) regionale(i) Patologica pNX I linfonodi regionali non sono stati prelevati pN0 Non metastasi nei linfonodi regionali pN1 Metastasi in linfonodo(i) regionale(i) Metastasi a distanza (M) MX La presenza di metastasi a distanza non può essere accertata M0 Non metastasi a distanza M1 Metastasi a distanza M1a Metastasi in linfonodo(i) extraregionale(i) M1b Metastasi ossee M1c Metastasi in altre sedi con o senza metastasi ossee 5 Nel caso dell’adenocarcinoma della prostata un altro discorso importante è quello relativo all’indice di Gleason che valuta l’architettura del adenocarcinoma e le caratteristiche citologiche delle sue cellule. Vengono riconosciuti cinque diversi livelli o pattern (1-5). A seguito dell’agobiopsia, il patologo descrive sul preparato istologico i due pattern più frequenti che riconosce e quindi li somma. Si avrà perciò un indice (o score) che andrà da un minimo di 2 ad un massimo di 10 (2-4: ben differenziato, 5-7: mediamente differenziato; 8-10: scarsamente differenziato).10 Mettendo insieme lo score di Gleason, lo stadio TNM della malattia e il valore del PSA si potrà definire un quadro clinico sul trattamento da proporre e sulle probabilità di guarigione. 2.5. Terapia L’approccio terapeutico per questa malattia può comprendere varie possibilità, come la semplice sorveglianza in assenza di trattamento, la chirurgia, la radioterapia, la terapia ormonale, la chemioterapia, gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (HIFU), o una combinazione di queste. La scelta da intraprendere viene presa dal medico e dal paziente stesso e dipende principalmente dallo stadio della malattia (indice TNM), dal suo indice di Gleason, dal livello di PSA e dallo stato generale del paziente. 11 Chirurgia: l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale prevede l’asportazione in blocco di tutta la ghiandola prostatica e delle vescicole seminali. È il trattamento più frequente nella cura del tumore prostatico localizzato (≤T2c) in quanto ha elevate percentuali di guarigione. Necessita comunque di pazienti in condizioni generali soddisfacenti e con una spettanza di vita di almeno 10 anni. Terapia ormonale: si tratta di una terapia che ha come intento quello di bloccare la produzione di ormoni androgeni necessari a molti tumori prostatici per crescere (in particolare il DHT, o diidrotestosterone, un metabolita biologicamente attivo dell'ormone testosterone). Questo tipo di terapia è comunque raramente curativa, in quanto il tumore riesce spesso a sviluppare una resistenza nell’arco di qualche anno. Viene quindi normalmente utilizzata quando il tumore si è espanso oltre la prostata o come adiuvante in pazienti sottoposti a radioterapia o a chirurgia per prevenire recidive. Chemioterapia: la chemioterapia è un trattamento poco utilizzato per questo tipo di tumore, soprattutto nel passato. È comunque un settore che acquisisce sempre più importanza e attualmente si ritiene che un certo numero di pazienti con neoplasia molto aggressiva possa ottenere dei benefici da un trattamento chemioterapico. 10 11 Amin, M. et al. Gleason Grading of Prostate Cancer. Molinatti, G., Terapia medica ragionata. 6 Ultrasuoni ad alta intensità: comporta l’impiego di trasduttori ultrasonici ad alta frequenza, con energie 10'000 volte superiori agli ultrasuoni diagnostici. Questo trattamento può essere proposto a pazienti non candidabili o non disponibili a radioterapia o chirurgia. Attualmente però non sono ancora disponibili dati che provano la loro efficacia a lungo termine e naturalmente di questo aspetto il paziente dovrà essere informato. Radioterapia: l’utilizzo della radioterapia nel trattamento del tumore della prostata risale agli inizi del secolo, ma è solo con l’arrivo degli acceleratori lineari megavoltaici nella seconda metà del ‘900 che questa è potuta diventare uno dei trattamenti primari per questo tipo di tumore, in quanto la radiazione generata da queste macchine ha un potere penetrante tale da rendere accettabili i livelli di tossicità per gli organi ed i tessuti superficiali. Gli ulteriori progressi tecnologici degli ultimi anni e l’impiego della TC nella fase di pianificazione hanno permesso di arrivare alla radioterapia conformazionale, con studio e controllo tridimensionale della distribuzione di dose e questo ha consentito di raggiungere risultati paragonabili a quelli della chirurgia. La brachiterapia è una forma particolare di radioterapia nella quale del materiale radioattivo viene messo a diretto contatto con la massa tumorale. Nel carcinoma prostatico è di tipo interstiziale ed è una procedura poco invasiva che consiste nell’impianto, sotto anestesia loco-regionale, di semi radioattivi direttamente nella prostata. Questi semi vengono inseriti per mezzo di appositi aghi da un medico specialista che esegue questa operazione mediante guida ecografica o TC. Questa tecnica, rispetto alla chirurgia o alla radioterapia a fasci esterni, permette di ridurre effetti collaterali come l’impotenza o l’incontinenza e di ridurre al minimo le dosi ai tessuti circostanti. Inoltre è un trattamento che richiede tempi brevissimi per il paziente e può essere completata in un’unica seduta operatoria di circa 90 minuti. L’aspetto negativo è la bassa omogeneità di dose che si riesce ad ottenere sul volume bersaglio. 2.6. Carcinoma prostatico localizzato alla ghiandola Per il carcinoma prostatico localizzato alla ghiandola (T1,T2) le opzioni di trattamento standard sono la chirurgia, la radioterapia o la semplice sorveglianza. La radioterapia è sicuramente l’alternativa più utilizzata alla prostatectomia radicale e attualmente i risultati di queste due terapie, in termini di sopravvivenza, possono essere sovrapponibili. Per determinare la migliore scelta possibile di trattamento sarà comunque necessario prendere in considerazione fattori legati allo stato generale e all’età del paziente uniti a parametri biologici, quali il grado di Gleason e i livelli ematici di PSA. Non da ultimo, tra gli elementi utili a questa scelta, ci sarà la considerazione degli effetti collaterali delle due metodiche. La radioterapia induce impotenza in percentuale minore rispetto alla chirurgia, ma è gravata da una maggiore tossicità. La radioterapia comporta infatti, in alcuni casi, l’insorgere di effetti acuti e transitori sia a livello urinario (disuria, pollacchiuria, nicturia, ematuria) che intestinale (tenesmo o sanguinamenti, diarrea, crampi addominali), anche se raramente questo tipo di complicanze può essere considerato grave. Anche l’insorgere di 7 una sensazione di spossatezza durante il trattamento è un possibile effetto collaterale acuto abbastanza frequente. Le complicazioni tardive, come l’incontinenza o la stenosi sono invece molto rare (<2%). 3. Studio di un piano di trattamento per il carcinoma prostatico 3.1. Definizione della posizione del paziente Per questo tipo di trattamento il paziente viene posizionato supino con le braccia sul petto. Per migliorare il confort e la stabilità vengono utilizzati come supporti un cuscino rigido per la testa e un cuscino anatomico da collocare sotto le ginocchia del paziente; nel caso di pazienti con importanti algie si possono anche utilizzare materassini da porre sopra al lettino di trattamento (vista la sua consistenza molto rigida). Esiste infine la possibilità di utilizzare un dispositivo personalizzato per l’immobilizzazione delle gambe. Questo tipo di supporto permette di fissare i piedi a una determinata angolazione, in modo da ottenere una rotazione dei femori costante durante tutte le sedute di trattamento (questa rotazione influenza la posizione della prostata nel piccolo bacino). Altri tipi di supporto personalizzato che possono essere utilizzati nei trattamenti pelvici sono i materassi a vacuum o le maschere pelvico-addominali. I primi sono dei dispositivi che si conformano al paziente attraverso un processo di aspirazione dell’aria. I secondi sono caratterizzati da un materiale termoplastico che si conforma ai lineamenti del paziente per poi solidificarsi a temperatura ambiente. 3.2. Acquisizione dei dati anatomici Il paziente viene convocato una prima volta nel reparto di radioterapia per effettuare una TC di pianificazione sulla regione anatomica d’interesse. Questo tipo di acquisizione non ha finalità diagnostiche e viene eseguita mediante una TC dedicata (munita di dispositivi necessari a riprodurre condizioni identiche alla fase di trattamento): il diametro della gantry è più ampio per favorire il passaggio di eventuali supporti di immobilizzazione; il lettino è sostituito da un pianale identico a quello utilizzato nel trattamento; infine la sala TC è dotata di un sofisticato sistema a laser mobili di allineamento del paziente. Questi laser sono perpendicolari tra loro al fine di rappresentare i tre assi spaziali, possono essere spostati sul loro rispettivo asse attraverso un’interfaccia esterna e la loro caratteristica principale è quella di poter interagire con la console TC. Questo tipo di dispositivo è presente anche nelle sale di trattamento e permetterà, nelle successive sedute di radioterapia, di riprodurre con precisione la posizione del paziente. 3.3. Simulazione virtuale online Durante la simulazione virtuale si determina l’isocentro del trattamento (il punto nel quale gli assi centrali di tutti i fasci convergono) e lo si tatua sul paziente. Questo può essere 8 fatto prima dello studio del piano (simulazione virtuale online) o dopo (simulazione virtuale offline). Nel primo caso il target non è ancora stato disegnato e se l’isocentro si dovesse trovare fuori dalla sua zona centrale ci vedremmo costretti a richiamare il paziente per effettuare altri tatuaggi sul nuovo isocentro. Sicuramente il medico incaricato saprà con precisione dov’è situato il target e quindi questo rischio risulta essere minimo. D’altro canto la simulazione virtuale offline, comporta per il paziente il dover essere convocato in reparto una volta in più per eseguire una TC supplementare di settaggio dell’isocentro. Nel centro oncologico di Bellinzona si è deciso per la simulazione virtuale online. Questo significa che, prima dell’acquisizione TC, al paziente vengono applicate delle crocette adesive e radioopache sulla zona di centratura dei laser (a livello delle creste iliache). Terminata l’acquisizione il medico analizzerà le immagini e determinerà l’isocentro del volume bersaglio (che verrà disegnato in seguito durante la fase di pianificazione). Il tecnico in radiologia (TRM) provvederà quindi a sovrapporre l’isocentro con i laser mobili e a tatuare l’isocentro sulla cute del paziente nelle tre dimensioni (sui fianchi e sull’addome). Questo isocentro resterà fisso e sarà utilizzato sia nella fase di pianificazione computerizzata, sia nelle successive settimane di trattamento per riposizionare il paziente.12 Le immagini vengono infine inviate al centro di pianificazione dove si procederà all’elaborazione del piano di trattamento. 3.4. Ricostruzione 3D dei volumi di interesse Sulle immagini TC acquisite, un sistema informatico dedicato all’elaborazione dei piani di trattamento chiamato TPS (Treatment Planning System), svolgerà un lavoro di ricostruzione tridimensionale del volume. Su questo volume, sempre tramite il TPS, il medico radioterapista provvederà a disegnare elettronicamente i margini del target e successivamente il TRM contornerà gli organi a rischio. 3.5. Elaborazione computerizzata del piano di trattamento Sulla base delle indicazioni cliniche e fisiche, il TRM provvederà a studiare un piano di cura ottimale. Questo verrà poi valutato e validato dal medico radioterapista e dal fisico di reparto: 12 Mayles, P. et al. Handbook of Radiotherapy Physics: Theory and Practice. 9 3D-CRT La tecnica solitamente utilizzata per il tumore alla prostata prevede 4 fasci di fotoni X da 15-18 MV i cui angoli di entrata sono ortogonali tra loro ( 0°, 180°, 90°, 270°). Questa tecnica viene normalmente chiamata tecnica a box. Il contributo di ogni singolo fascio (che determina la dose erogata) è modificabile e deve essere adattato in funzione delle caratteristiche del paziente, al fine di garantire un piano ottimale.13 La tecnica a box può essere modificata nel caso non si riuscisse a rispettare i vincoli di dose agli organi a rischio. In particolare se la dose al retto è superiore all’80%. Una tecnica alternativa, non considerata in questo lavoro, è quella a cinque campi (210°, 270°, 0°, 90°, 154°). In questo caso il fascio a 180° diretto sul retto è sostituito da due fasci obliqui a 154° e 210°. Ciò comporta una riduzione dell’omogeneità della dose al volume bersaglio. Figura 1 I 4 fasci d’entrata della tecnica a box. RapidArc® Nella pianificazione con software RapidArc® gli aspetti da considerare sono la forma e la grandezza del campo tridimensionale, l’arco angolare, il numero di archi da effettuare e le priorità assegnate ai vari volumi (volumi bersaglio ed organi a rischio). Figura 2 L’arco d’entrata del RapidArc. 13 Arco angolare: si ha la possibilità di erogare la dose solo in una sezione angolare dell’arco che la gantry effettua attorno al paziente. Nei casi clinici scelti per questo lavoro l’arco angolare è sempre completo (360°). Numero di archi: si può decidere di irradiare un volume su due o più archi. Nei casi clinici scelti per questo lavoro il numero d’archi è sempre uguale ad uno. Priorità: il software RapidArc® elaborerà il piano di trattamento utilizzando i volumi disegnati come variabili alle quali assegnare una priorità (“peso”). Questa priorità influenzerà la capacità del piano a rispettare i vincoli di dose assegnati. Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento radioterapico. 10 Tutti questi parametri vanno adattati in funzione della situazione affinché si riesca ad ottenere un piano ottimale. 3.6. Valutazione del piano La valutazione del piano viene effettuata a partire dai DVH del piano elaborati dal TPS. I parametri che vengono analizzati e confrontati sono i seguenti: L’omogeneità della dose al target, in funzione di: Dose massima. Dose minima. Deviazione standard. Nota: si accetta una variazione compresa tra un -5% e un +7% della dose prescritta 14 (dose minima rispettivamente dose massima). Le zone calde (“hot spot”), zone fuori dal target che ricevono una dose massima sopra il 100%. Dose agli organi a rischio. A dipendenza se saranno di tipo seriale o parallelo, si prende in considerazione la dose media e rispettivamente la dose massima. Questa valutazione viene eseguita su tre fronti: Il TRM consulterà questi dati per correggere e migliorare i suoi piani di trattamento fino a trovarne uno ottimale. Il fisico di reparto valuterà l’efficacia del piano, controllerà che non vi siano errori e/o effettuerà le modifiche del caso. Infine il piano viene presentato al medico radioterapista il quale si accerterà che tutte le indicazioni cliniche vengano rispettate. 3.7. Documentazione radiografica mediante DRR Uno degli aspetti più importanti della radioterapia è la riproducibilità del piano di trattamento. Per questo motivo viene effettuata una documentazione radiografica DRR (ricostruzione tridimensionale digitale ottenuta a partire dalle scansioni TC sulle quali è stato studiato il piano di trattamento). Le DRR create sono due: una antero-posteriore e l’altra latero-laterale. Le immagini di riferimento verranno poi confrontate con quelle acquisite periodicamente all’acceleratore lineare durante il periodo di trattamento. Questo permetterà ai TRM di correggere eventuali variazioni rispetto alle condizioni iniziali mediante una sovrapposizione delle due immagini (es. il peso del paziente può modificare la conformazione del volume sottoposto a trattamento). Attualmente gli acceleratori lineari di ultima generazione (come quello dedicato al RapidArc®), permettono di acquisire una sezione tomografica del volume trattato, che verrà confronta direttamente con la TC di simulazione. Questo tipo di confronto tridimensionale, chiamato “Cone Beam CT”, è sicuramente più accurato e permette tra 14 ICRU Report 62, INTERNATIONAL COMMISSION ON RADIATION UNITS AND MESUREMENTS 11 l’altro di verificare la posizione esatta di molti organi non visibili nella DRR (es. la prostata). D’altro canto questo comporta un surplus di dose per il paziente e un tempo di esecuzione maggiore. Questo tipo di controllo è chiamato “Cone Beam CT” (attualmente non esiste una traduzione in italiano). 3.8. Simulazione virtuale offline (se non è stata effettuata la online, vedi 3.3) Il paziente viene convocato in reparto per un’ultima fase di verifica prima del trattamento. In questa fase al paziente viene eseguita una TC nelle stesse condizioni della TC di simulazione. A questo punto si procede ad effettuare gli spostamenti previsti dal TPS per portare il centro dei laser a coincidere con l’isocentro di trattamento. L’isocentro verrà poi tatuato e utilizzato per il posizionamento del paziente durante le successive sedute di trattamento. A questo punto il piano può essere trasmesso all’interfaccia dell’acceleratore lineare per il trattamento. 4. Obiettivi L’obiettivo di questo studio è quello di determinare le potenzialità e i vantaggi del RapidArc® rispetto alla tecnica box 3D-CRT per il trattamento del carcinoma prostatico. In particolare questa ricerca vuole dimostrare il miglioramento raggiunto a livello dosimetrico ed individuare gli eventuali cambiamenti che questa nuova tecnologia ha portato nel lavoro del tecnico in radiologia (TRM) e nel percorso del paziente. Riassumendo, i due obiettivi principali di questo lavoro sono: Determinare scientificamente se la percentuale di dose agli organi sani adiacenti e, in particolare agli organi a rischio, è diminuita. Determinare se la conformazione della dose al target è migliorata (aumento dell’omogeneità della dose su quest’ultimo). 12 5. Attività e metodo Per questo studio sono stati selezionati 30 pazienti di età compresa tra i 55 anni e i 75 anni, la metà di questi trattati con la metodica RapidArc®, mentre l’altra metà con la tecnica 3DCRT a quattro fasci di entrata (tecnica box). Tutti i pazienti sono affetti da tumore prostatico localizzato alla ghiandola (stadio T1 o T2) e la loro descrizione è la seguente: Gruppo pazienti: Numero pazienti: 20. Diagnostica oncologica: 15 pazienti T1N0M0, 5 pazienti T2N0Mo. Grado Gleason compreso tra 4 e 8. Numero di serie previste dal trattamento 2: Il primo volume comprende la prostata, le vescicole seminali e i linfonodi della pelvi. Il secondo volume è un sovradosaggio sulla prostata e le vescicole seminali che è trattato una volta completato il trattamento sul primo volume. Prescrizione clinica: 50.4 Gy + 26 Gy per il trattamento 3D-CRT. 50.0 Gy + 28 Gy per il trattamento RapidArc®. Il trattamento a due serie permette di osservare l’efficacia del RapidArc® con due volumi bersaglio, differenti in dimensioni, sullo stesso gruppo di pazienti. I dati raccolti derivano tutti dai DVH (Dose-Volume Histogram) dei piani di trattamento. Il DVH è un grafico statistico (più precisamente un istogramma) che permette di visualizzare in maniera precisa la dose assorbita dai volumi di tessuto interessati. L’asse orizzontale rappresenta la dose cumulativa specifica. Mentre quello verticale è la percentuale di volume. 13 Figura 3 Esempio di DVH per il carcinoma alla prostata. Le linee ci permettono di quantificare la dose erogata su una determinata percentuale di volume: in rosso il volume bersaglio, in blu il retto, in grigio la vescica e in verde le teste femorali. I dati raccolti sono i seguenti: Dimensioni del volume bersaglio (in cm3). Dose media al volume bersaglio (in Gy e in percentuale). Dose massima al volume bersaglio (in Gy e in percentuale). Dose minima al volume bersaglio (in Gy e in percentuale). Deviazione standard sul volume bersaglio. Dose media agli organi a rischio (in Gy e in percentuale). I valori di dose percentuali considerano il 100% come il valore della dose prescritta al PTV. Per semplicità chiameremo PTV il volume bersaglio del primo gruppo di pazienti, mentre PTV-P (principale) e PTV-B (“boost”)15 saranno i volumi bersaglio del secondo gruppo: PTVP sarà il volume che comprende anche i linfonodi pelvici, PTV-B il volume della loggia prostatica. 15 Il termine “boost” deriva dall’inglese e viene spesso usato per sostituire il termine “sovradosaggio”. 14 6. Risultati e analisi Gli organi a rischio considerati in questo lavoro sono il retto, la vescica e le teste femorali. L’analisi dei risultati prevede un confronto sulla dose media assorbita da questi organi a rischio. L’omogeneità della dose al target viene valutata osservando la dose media, quella minima e quella massima. Inoltre il calcolo da parte del TPS della deviazione standard permetterà di valutare la variabilità della dose sul volume bersaglio. Affinché si possa effettuare un confronto corretto tra le due tecniche in esame, è necessario valutare le dimensioni dei volumi sottoposti a trattamento. Le dimensioni dei volumi di trattamento (e quindi il relativo valore medio) del gruppo di pazienti trattati col metodo RapidArc® non devono avere valori discosti da quelli del gruppo che ha avuto un trattamento tradizionale con il metodo 3D-CRT. Volume PTV-P (cm3) 3D-CRT RapidArc® 1 856 1032 2 705 3 Volume PTV-B (cm3) 3D-CRT RapidArc® 1 165 192 795 2 184 127 882 1130 3 82 334 4 1092 683 4 234 114 5 826 761 5 181 149 6 1248 1087 6 419 270 7 783 691 7 204 116 8 960 721 8 201 210 9 1127 836 9 356 113 10 1116 1135 10 334 273 960 178 887 187 Media Dev. Std 236 102 190 80 Media Dev. Std. Tabelle 1a e 1b Volume medio dei PTV in cm3. 15 Le medie delle dimensioni dei volumi bersaglio sono simili nelle due tecniche, sia per quanto riguarda i volumi della prima serie (PTV-P) sia per quelli della seconda serie (PTVB)16. Le dimensioni del PTV-P risultano, evidentemente, essere più elevate rispetto a quelle del PTV-B. Questo perché il PTV-P, oltre alla loggia prostatica, contiene anche i linfonodi della pelvi. Per questa ragione i dati dei piani di trattamento saranno analizzati su due gruppi differenti: i dati relativi ai trattamenti sul volume grande della prima serie e quelli relativi al volume piccolo della seconda serie. 6.1. Organi a rischio Gli organi a rischio coinvolti in questo studio sono di tipo parallelo, questo significa che i vincoli di dose di questi organi sono rappresentati dalla dose media assorbita durante il trattamento completo.17 Nella fase di valutazione di un piano di trattamento, questo è uno degli aspetti più importanti. Non si stabilisce un valore minimo a questi vincoli di dose, in quanto l’obiettivo è quello di ridurli il più possibile senza compromettere l’efficacia del trattamento. 6.1.1. Retto Il retto rappresenta l’organo a rischio più sensibile nella radioterapia prostatica. I possibili effetti acuti sono principalmente dolore, crampi, irritazione, diarrea e sanguinamenti. Questo tipo di effetti normalmente sono transitori e si presentano nel periodo che intercorre tra l’inizio della radioterapia fino a circa tre mesi dopo la sua fine. Gli effetti tardivi sono molto rari in radioterapia, quando insorgono sono molto più gravi e spesso cronici, colpiscono il paziente anche molti mesi dopo la fine del trattamento radioterapico. Secondo uno studio importante 18, si raggiunge un 5% di probabilità di avere effetti tardivi gravi nell’arco di 5 anni se viene erogata una dose media al retto pari a 60 Gy (proctite, stenosi, fistole, necrosi). Questo valore di dose media rappresenta anche il limite massimo raccomandato dalle indicazioni I.C.R.U.19 16 Una conferma statistica sull’equivalenza delle dimensioni dei volumi bersaglio appartenenti ai due gruppi a confronto sarà data al capito 7.1. 17 Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento radioterapico. 18 Emami B. et al. Tolerance of Normal Tissue to therapeutic irradiation. 19 International Commission on Radiation Units 16 6.1.1.1. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-P Dose media al Retto (PTV-P) 3D-CRT RapidArc® 1 71.2% 51.7% 2 61.9% 49.7% 3 72.9% 68.6% 4 63.5% 49.3% 5 82.3% 66.1% 6 76.2% 63.9% 7 68.7% 80.2% 8 73.4% 60.0% 9 65.8% 65.0% 10 68.2% 66.6% Media 70.4% Dev. Std 6.1% 62.1% 9.7% Il valore atteso della dose media al retto, nei piani di trattamento 3D-CRT, è il 70.4% ± 6.1% della dose prescritta nel caso del PTV-P. Con RapidArc® questa scende a 62.1% ± 9.7%. Il risparmio, nel campione scelto, risulta essere del 11.8%. -11.8% Tabella 2 Dose al retto nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale. Il retto, rispetto al volume bersaglio PTV-P, si trova in una posizione anatomica molto critica (figura 4). Il suo volume infatti, è per larga parte adiacente al PTV-P o addirittura compreso in quest’ultimo (parete anteriore della porzione superiore del retto). Questo contribuisce ad aumentare gli ostacoli della tecnologia RapidArc® nel ridurre questa dose media. 17 (a) (b) Figura 4 Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-P (in rosso) e di un retto (in bianco). (a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra. Le dosi medie erogate al PTV-P sono molto simili nei due trattamenti: 50.4 Gy nel trattamento 3D-CRT e 50.1 Gy in quello RapidArc®. È quindi possibile fare un confronto diretto sulle dosi effettive ricevute dagli organi a rischio. Per il retto abbiamo: 35.5 ± 3.1 Gy nel caso della 3D-CRT. 31.0 ± 4.8 Gy per il RapidArc®. Questo significa un risparmio medio al retto, sul campione selezionato, di 4.5 Gy. In radioterapia si sviluppano energie nell’ordine delle migliaia di volte superiori a quelle della radiologia diagnostica. Quindi, se si considera l’importanza che riveste oggi la radioprotezione nell’ambito diagnostico, ci si rende conto di come in radioterapia un risparmio di dose, per minimo che sia, non è mai da sottovalutare. 18 6.1.1.2. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-B Dose media al Retto (PTV-B) 3D-CRT RapidArc® 1 61.2% 37.9% 2 62.6% 33.7% 3 48.7% 42.7% 4 66.0% 32.9% 5 47.4% 47.4% 6 71.7% 41.8% 7 63.7% 47.8% 8 58.7% 48.0% 9 69.5% 52.5% 10 68.2% 43.1% Media 61.8% Dev. Std 8.2 % 42.8% 6.4% Nel trattamento del PTV-B, la differenza di dose tra le due tecniche è molto più significativa rispetto al trattamento PTV-P. Il valore percentuale atteso passa dal 61.8% ± 8.2% dei piani 3D-CRT al 42.8% ± 6.4% di quelli RapidArc®. Nel campione studiato, il retto riceve un 30.7% di dose media in meno. -30.7% Tabella 3 Dose al retto nel trattamento sul volume PTV-B in percentuale. In questo caso la distinzione tra il retto e il PTV-B risulta più marcata (Figura 5). In particolare, la parete anteriore nella porzione superiore del retto non è più inglobata nel volume bersaglio. Con la tecnica a box 3D-CRT si è comunque costretti ad erogare una dose elevata posteriormente per garantire l’omogeneità della dose al target. Il RapidArc® invece, grazie al suo elevato numero di angoli d’entrata, permette di distribuire meglio la dose e di ridurla, nella maggioranza dei casi, ben al di sotto del 50%. 19 (a) (b) Figura 5 Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-B (in rosso) e di un retto (in bianco). (a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra. Nei pazienti trattati con tecnica 3D-CRT, la dose media ricevuta dal volume bersaglio PTV-B è di 26.0 Gy, mentre con la metodica RapidArc® è di 28.0 Gy (+2.0 Gy). Questo aumento di dose è dovuto ad una prescrizione clinica che prevede un dosaggio, al volume bersaglio della seconda serie, maggiore con la metodica RapidArc®. Quindi, in questo caso, il RapidArc® parte con uno svantaggio nel confronto sulle dosi specifiche assorbite dagli organi a rischio. Nonostante ciò le dosi medie attese sul volume retto scendono, abbiamo infatti: 15.9 ± 2.1 Gy con la tecnica a box 3D-CRT 12.0 ± 1.8 Gy con il RapidArc®. Per il campione esaminato, dunque, il risparmio medio al retto è di 3.9 Gy. 20 6.1.2. Vescica Nel trattamento del carcinoma prostatico la vescica è un organo a rischio molto delicato, in particolare a causa della sua posizione anatomica. I principali effetti di tossicità legati a questo organo sono la diminuzione della sua funzionalità, la cistite e l’ematuria (sangue nelle urine). Molto più rari sono invece gli effetti tardivi, come la cistite emorragica, la comparsa di fistole o la fibrosi che provoca un restringimento del volume. La dose soglia per la quale è previsto un rischio del 5% di avere effetti tardivi nell’arco di 5 anni è di 60 Gy20. 6.1.2.1. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-P Dose media alla Vescica (PTV-P) 3D-CRT RapidArc® 1 87.8% 71.8% 2 92.6% 87.4% 3 85.8% 91.5% 4 99.9% 75.6% 5 93.7% 83.3% 6 91.9% 94.9% 7 85.5% 87.0% 8 96.2% 87.7% 9 88.9% 82.0% 10 88.4% 85.6% Media Dev. Std 91.1% 4.7 % 84.7% Nel trattamento PTV-P si osserva una differenza di dose poco significativa tra le due tecniche. Il valore percentuale atteso per i piani di trattamento 3D-CRT è il 91.1% ± 4.7%, quello dei piani RapidArc® è il 84.7% ± 6.9%. Nel campione analizzato abbiamo una dose che diminuisce del 7.0%. -7.0% Tabella 4 Dose alla vescica nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale. 20 Emami B. et al. op. cit. 21 La posizione della vescica rispetto al PTV-P rende molto difficile ridurne la dose. Infatti la vescica, tra tutti i volumi a rischio, è quella che assorbe la maggior quantità di dose nella radioterapia alla prostata. Questo perché una buona porzione del suo volume è inclusa nel volume bersaglio (figura 6). Figura 6 Taglio assiale di un piano di trattamento. Una porzione della vescica (in giallo) è compresa nel volume bersaglio (in rosso). La restante parte è avvolta dal volume bersaglio o a diretto contatto ad esso (figura 7). Quindi è praticamente impossibile riuscire ad evitarla durante l’erogazione del fascio. (a) (b) Figura 7 Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-P (in rosso) e di una vescica (in giallo). (a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra. Come abbiamo già osservato, la dose media erogata al PTV-P è molto simile nelle due metodiche ed è quindi possibile un confronto diretto sulle dosi effettive ricevute dalla vescica: 45.9 Gy ±2.4 Gy nei piani 3D-CRT. 42.4 Gy ± 3.4 Gy nei piani RapidArc®. Sul campione selezionato abbiamo quindi un risparmio medio di dose pari a 2.5 Gy. 22 6.1.2.2. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-B Dose media alla Vescica (PTV-B) 3D-CRT RapidArc® 1 57.1% 59.7% 2 88.3% 39.7% 3 42.0% 48.8% 4 65.4% 50.2% 5 75.7% 54.0% 6 84.7% 79.1% 7 83.2% 52.7% 8 69.8% 54.3% 9 51.7% 39.2% 10 88.4% 76.9% Media Dev. Std 70.6% 16.3% 55.5% 13.5% La dose media alla vescica continua ad avere valori importanti anche nel trattamento del volume più piccolo PTV-B. Nei piani con tecnica a box 3D-CRT, il valore atteso della dose media è, per il retto, di 70.6% ± 16.3%. Mentre nei piani RapidArc® questo valore scende al 55% ± 13.5%. Nel campione analizzato la dose media viene ridotta del 21.5% utilizzando il RapidArc®. -21.5% Tabella 5 Dose alla vescica nel trattamento sul volume PTV-B in percentuale. In questo caso l’efficacia del metodo RapidArc® è molto più significativa rispetto al trattamento della prima serie (PTV-P): infatti si è ridotta la porzione di vescica compresa nel volume bersaglio. Inoltre la vescica ha spesso una porzione superiore che si trova fuori dall’asse assiale del PTV-B (figura 8). Questo permette di ridurre la dose sulla porzione superiore, facendo calare la dose media. Possiamo osservare un calo di dose importante con tutte e due le tecniche, rispetto al trattamento PTV-P, anche se con la tecnica RapidArc® il calo è molto più marcato: dal 84.7% ± 6.9% di dose media attesa sul volume della prima serie, si è scesi al 55% ± 13.5%. Mentre la tecnica a box mantiene una dose media piuttosto alta. 23 (a) (b) Figura 8 Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-B (in rosso) e di una vescica (in giallo). (a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra. L’analisi della dose specifica ricevuta dalla vescica nella seconda serie PTV-B, vede il RapidArc® partire con un handicap poiché, come già sottolineato per il caso del retto, la dose media erogata al PTV-B è di 2.0 Gy superiore nel trattamento RapidArc® (28.0 Gy contro i 26.0 Gy del 3D-CRT). Ancora una volta però, la dose media attesa per la vescica risulta minore con tecnica RapidArc®. Infatti abbiamo: 17.7 Gy ± 3.9 Gy con tecnica a box 3D-CRT. 15.5 Gy ± 3.8 Gy con il RapidArc®. Da rilevare un risparmio medio di dose nei pazienti osservati e trattati con metodo RapidArc pari a 2.2 Gy. 24 6.1.3. Teste femorali Le teste femorali, nello studio di un trattamento alla prostata, rappresentano gli organi a rischio meno complicati da gestire. In primo luogo perché sono strutturalmente ben separati dal volume bersaglio, non si hanno regioni a contatto con il volume bersaglio e questo permette alla dose erogata di diminuire. Inoltre comporta rischi meno severi rispetto a retto e vescica. Bisogna raggiungere dosi di 50 Gy per avere un rischio del 5% di avere complicazioni gravi nell’arco di 5 anni21 (necrosi). L’aspetto interessante nell’analisi delle dosi alle teste femorali è il fatto che la tecnologia RapidArc® permetta di raggiungere risultati estremamente positivi quando il volume da salvaguardare non si trova a diretto contatto con il PTV. 6.1.3.1. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-P Dose media alla Teste femorali (PTV-P) 3D-CRT Dx Sin RapidArc® Dx Sin 1 56.7% 56.6% 27.0% 29.5% 2 67.1% 59.7% 44.7% 44.5% 3 34.8% 35.0% 39.3% 39.4% 4 51.3% 54.2% 24.2% 22.1% 5 48.0% 39.7% 26.1% 21.9% 6 46.0% 42.9% 31.9% 29.5% 7 52.2% 50.0% 40.1% 31.1% 8 44.0% 39.6% 26.5% 28.8% 9 64.3% 64.3% 40.7% 31.3% 10 49.3% 49.1% 24.1% 20.6% Media 51.4% Dev. Std. 9.5% 49.1% 9.7% 32.5% 7.9% 29.9% 7.6% Nei piani di trattamento 3D-CRT, sul PTV-P, il valore percentuale atteso per la dose media alle teste femorali è del 50.2% ± 9.4%. In quelli RapidArc® questa scende al 31.2% ± 7.7%. Nei pazienti selezionati la riduzione media della dose è pari al 38.0% (valori trovati considerando i dati di tutte e due le teste femorali). Tabella 6 Dose alle teste femorali nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale. 21 Emami B. et al. op. cit. 25 I volumi delle teste femorali sono simmetrici tra loro rispetto al volume bersaglio, perciò, nei risultati ottenuti, non ci sono discrepanze significative. Al fine di non rendere ripetitiva l’analisi ho dunque deciso di trattare le due teste femorali in un’unica sezione. Nonostante con il RapidArc®, in fase di pianificazione, venga data una priorità bassa alle teste femorali, si riesce comunque a ridurre di molto la dose. Questo perché la tecnologia RapidArc® riesce ad elaborare soluzioni geometriche molto avanzate, le quali consentono di raggiungere risultati straordinari in particolare sui volumi che non sono a stretto contatto con il bersaglio (come appunto le teste femorali). La tecnica box 3D-CRT è invece obbligata a erogare una dose importante lungo il corridoio che unisce le due teste femorali, per arrivare al bersaglio designato ed irradiarlo in modo omogeneo. Considerando le dosi effettive nel trattamento su PTV-P, abbiamo: 25.3 Gy ± 4.8 Gy di dose media attesa con la tecnica box. 15.6 Gy ± 3.8 Gy con il RapidArc®. La dose scende mediamente di 9.7 Gy nei piani RapidArc® del campione studiato. (a) (b) Figura 9 Esempio reale di una ricostruzione delle teste femorali (in verde) e dei rispettivi PTV (in rosso). (a) PTV-P. (b) PTV-B. 26 6.1.3.2. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-B Dose media alla Teste femorali (PTV-B) 3D-CRT Dx Sin RapidArc® Dx Sin 1 49.8% 47.0% 21.1% 23.6% 2 51.1% 48.7% 22.5% 26.0% 3 33.8% 32.5% 39.8% 42.2% 4 44.9% 46.2% 16.4% 20.0% 5 51.2% 41.9% 20.5% 20.5% 6 49.1% 45.5% 33.0% 28.1% 7 51.3% 49.4% 18.1% 22.6% 8 40.6% 38.3% 20.9% 23.5% 9 56.2% 56.3% 18.9% 15.1% 10 49.3% 49.1% 16.4% 18.3% Media 47.7% Dev. Std. 6.4% 45.5% 6.6% 22.8% 7.6% 24.0% 7.4% La dose media ricevuta dalle teste femorali con la tecnologia RapidArc® è del 23.4% ± 7.3% nel trattamento su PTV-B, mentre con tecnologia box è del 46.6% ± 6.4% (valori trovati considerando i dati di tutte e due le teste femorali). Tabella 7 Dose alle teste femorali nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale. La riduzione delle dimensioni del volume bersaglio permette al RapidArc® di trovare soluzioni geometriche ancora più efficaci. Ecco perché RapidArc® passa dal 31.2% ± 7.7% che otteneva sul volume maggiore PTV-P al 23.4% ± 7.3% su quello PTV-B, mentre la riduzione di dose con tecnica a box è minore: 50.2% ± 9.4% sul volume PTV-P e 46.6% ± 6.4% sul volume PTV-B. Le dosi effettive, calcolate utilizzando i dati di entrambe le teste femorali, sono le seguenti: 12.1 Gy ± 1.7 Gy assorbiti dalle teste femorali con tecnica 3D-CRT. 6.5 Gy ± 2.1 Gy per i piani RapidArc® (nonostante la dose erogata al PTV-B sia superiore di 2 Gy rispetto ai piani 3D-CRT). 27 Per i piani RapidArc® la dose media assorbita dalle teste femorali scende mediamente di 5.6 Gy rispetto ai piani con tecnica a box. 6.1.4. Riepilogo dei risultati sulle dosi assorbite dagli organi a rischio Percentuale di dose assorbita dagli organi a rischio (3D-CRT vs RapidArc) 120.0% 100.0% 80.0% 60.0% Vescica (PTV-P) Retto (PTV-P) Vescica (PTV-B) Retto (PTV-B) T. Fem (PTV-P) T. Fem (PTV-B) 40.0% 20.0% 0.0% Figura 10 Grafico riassuntivo delle percentuali di dosi assorbite dagli organi a rischio. Il grafico ci riassume le percentuali di dose assorbite dagli organi a rischio. In giallo sono mostrati gli intervalli di dose media attesi nei trattamenti studiati con tecnica 3D-CRT, in rosso quelli con tecnica RapidArc®. Come ci si poteva attendere, l’organo a rischio maggiormente irradiato è la vescica. Inoltre per tutte e due le tecniche, le percentuali di dose sono superiori nei trattamenti del volume bersaglio PTV-P, che ha le dimensioni maggiori. Meno evidente è invece il risultato sulle differenze tra le due tecniche in funzione delle dimensioni dei volumi bersaglio. Dal grafico notiamo come le differenze tra le due tecniche, a favore del RapidArc®, risultino più marcate nei trattamenti sul volume bersaglio più piccolo (PTV-B). Il test statistico riportato nel capitolo 7, permetterà di capire se le diminuzioni delle dosi agli organi a rischio, che si hanno grazie all’utilizzo del RapidArc®, siano o meno dimostrabili; consentendo dunque di rispondere al primo obiettivo di questo studio. 28 6.2. Conformazione della dose al target In questo sottocapitolo si cercherà di rispondere al secondo obiettivo e cioè determinare se la conformazione della dose al target è migliore nei piani di trattamento RapidArc® rispetto a quelli della tecnica a box 3D-CRT. 6.2.1. Dose minima Dose Minima PTV-P 3D-CRT RapidArc® 1 72.5% 84.4% 2 87.7% 3 Dose Minima PTV-B 3D-CRT RapidArc® 1 82.1% 87.3% 88.7% 2 90.1% 91.7% 87.8% 84.2% 3 86.5% 87.5% 4 88.3% 88.1% 4 92.5% 86.5% 5 70.1% 87.3% 5 69.3% 87.6% 6 81.9% 82.9% 6 79.5% 77.7% 7 85.0% 86.0% 7 88.8% 88.6% 8 86.0% 85.6% 8 84.4% 91.0% 9 71.2% 85.8% 9 83.6% 89.4% 10 86.4% 82.7% 10 90.6% 84.4% Media Dev. Std. 81.7% 7.4% 85.6% 2.1% Media Dev. Std. 84.7% 6.8% 87.2% 3.9% Tabelle 8a e 8b Dose minima ai PTV. La differenza nelle dosi minime ai due PTV, tra le due tecniche, risulta trascurabile. I valori nei piani RapidArc® sono 85.6% ± 2.1% sul volume grande e 87.2% ± 3.9% sul volume piccolo. Mentre le dosi minime con la tecnica a box 3D-CRT sono rispettivamente 81.7% ± 7.4% e 84.7% ± 6.8%. 29 Risulta invece più rilevante la differenza nei valori della deviazione standard. Infatti nei pazienti scelti le differenze dei valori variano meno con il RapidArc®. Se consideriamo i minimi e i massimi abbiamo: RapidArc®: valori compresi tra 82.3% e 88.7% (6.4 punti percentuali di differenza) nel PTV-P e tra 77.7% e 91.7% (14 punti percentuali) nel PTV-B. 3D-CRT: valori compresi tra 70.1% e 88.3% (18.2 punti percentuali di differenza) nel PTV-P e tra 69.3% e 92.5% (23.2 punti percentuali) nel PTV-B. Il RapidArc® risulta quindi avere dei valori leggermente più costanti. 6.2.2. Dose massima Dose Massima PTV-B Dose Massima PTV-P 3D-CRT RapidArc® 1 104.4% 107.3% 106.7% 2 102.6% 106.3% 105.3% 108.3% 3 104.3% 108.9% 4 105.1% 106.5% 4 105.5% 107.9% 5 104.8% 107.8% 5 103.5% 105.5% 6 109.3% 108.5% 6 105.9% 108.7% 7 101.4% 107.1% 7 100.8% 108.9% 8 104.7% 108.5% 8 102.1% 106.4% 9 111.9% 108.8% 9 106.3% 106.8% 10 104.0% 109.1% 10 103.2% 108.8% Media Dev. Std. 105.9% 2.9% 108.0% 0.9% Media Dev. Std. 103.9% 1.8% 107.6% 1.3% 3D-CRT RapidArc® 1 105.6% 108.4% 2 106.4% 3 Tabelle 9a e 9b Dose massima ai PTV. 30 Anche nel caso delle dosi massime al PTV, le differenze tra RapidArc® e tecnica a box risultano minime. Si osserva anche che le differenze delle dimensioni nei due volumi bersaglio non influenzano significativamente i valori attesi delle dosi massime. I valori dei piani RapidArc®, ricavati considerando tutti e due i PTV, variano da 105.5% a 109.1% per un valore atteso di 107.8% ± 1.1%. Per la tecnica a box 3D-CRT, invece, si ha un intervallo compreso tra 100.8% e 111.9% ed un valore atteso della dose massima di 104.9% ± 2.5% (sempre considerando i dati dei due PTV). Come per i valori ottenuti per la dose minima, il RapidArc® risulta avere dati meno variabili. 6.2.3. Dose media Dose Media PTV-P 3D-CRT RapidArc® 1 100.2% 99.4% 2 100.0% 3 Dose Media PTV-B 3D-CRT RapidArc® 1 100.9% 100.0% 100.3% 2 100.1% 100.0% 102.2% 100.0% 3 101.0% 100.0% 4 101.4% 100.0% 4 102.8% 100.0% 5 99.4% 100.0% 5 100.1% 100.0% 6 99.2% 100.0% 6 96.5% 100.0% 7 98.3% 100.0% 7 98.1% 100.0% 8 100.7% 100.7% 8 98.9% 100.0% 9 98.4% 100.0% 9 101.8% 100.0% 10 100.3% 100.0% 10 99.0% 100.0% Media Dev. Std. 100.0% 1.2% 0.2% 100.0% Media Dev. Std. 99.9% 1.9% 100.0% 0.0% Tabelle 10a e 10b Dose media ai PTV. 31 La media della dose al target tende verso il 100% con le due metodiche. Nel caso dei piani di trattamento del RapidArc® si hanno variazioni minime dei valori. Solo 2 valori, considerando entrambe le tabelle, sono diversi dal 100%. I valori attesi sono 100% ± 0.2%. Anche i piani di trattamento con tecnica a box hanno valori con variazioni esigue tra loro, ma comunque superiori al RapidArc®. La media, considerando i due PTV, è del 100%, mentre i valori attesi sono 100% ± 1.5%. Le dimensioni dei volumi bersaglio non sembrano condizionare i valori attesi. 6.2.4. Deviazione standard Dev. Std. PTV-P 3D-CRT RapidArc® 1 2.7% 2.2% 2 3.1% 3 Dev. Std. PTV-B 3D-CRT RapidArc® 1 2.8% 2.2% 1.7% 2 1.7% 1.7% 1.9% 2.1% 3 2.5% 2.1% 4 1.3% 2.3% 4 1.8% 2.3% 5 3.0% 1.7% 5 2.7% 1.7% 6 3.5% 3.0% 6 3.8% 3.0% 7 2.0% 2.0% 7 1.9% 2.0% 8 2.3% 1.7% 8 2.4% 1.7% 9 4.0% 2.2% 9 3.3% 2.2% 10 2.2% 3.0% 10 2.1% 3.0% Media Dev. Std. 2.6% 0.8% 2.2% 0.5% Media Dev. Std. 2.5% 0.7% 2.2% 0.5% Tabelle 11a e 11b Deviazione standard dei PTV. Le deviazioni standard ci permettono di determinare l’ordine di variazione della dose sul volume. 32 Non si osservano differenze significative tra i piani RapidArc® e quelli 3D-CRT. Anche le diverse dimensioni dei due volumi bersaglio non sembrano influenzare i valori delle deviazioni standard. 6.2.5. Riepilogo dei risultati sulla distribuzione della dose ai PTV I risultati sulla distribuzione della dose ai PTV non sembrano mostrare differenze sostanziali tra i piani studiati con RapidArc® e quelli studiati con tecnica 3D-CRT. Questa ipotesi è verosimile, in quanto la radioterapia a fasci esterni ha come principale obiettivo quello di irradiare il volume bersaglio in modo omogeneo, la qualità della tecnica usata determinerà poi quanto saranno irradiati i tessuti circostanti. Il prossimo capitolo ci permetterà di determinare se questa ipotesi sia attendibile statisticamente. 7. Il test U di Mann-Withney applicato ai risultati La prima ipotesi che si potrebbe fare partendo dai risultati ottenuti in questo lavoro è che le dosi assorbite dagli organi a rischio siano minori nei piani di trattamento studiati con RapidArc®. La seconda ipotesi è che i due trattamenti abbiano una conformazione della dose al volume bersaglio molto simile. Queste due ipotesi, se confermate, permetterebbero di rispondere ai due obiettivi prefissati in questo lavoro. Per avere una prova scientifica, i risultati raccolti devono essere elaborati con un sistema matematico di statistica. Il metodo statistico che si è deciso di utilizzare è il test di Wilcoxon-Mann-Whitney (noto pure come test U di Mann-Whitney).22,23 Questo test non parametrico è uno dei più affidabili e il suo utilizzo in questo lavoro permette di confermare le due ipotesi sopra citate. Le due ragioni principali che portano ad utilizzare in questo lavoro un test non parametrico sono le seguenti: 1. La quantità dei dati non è elevata e quindi c’è il pericolo di avere dei dati spuri. E cioè dei valori eccezionalmente grandi, o al contrario piccoli, che deviano i risultati delle medie. 2. Non c’è la prova che i dati raccolti seguano un modello normale (o Gaussiano)24. In particolare, il solo fatto di avere una quantità di dati non molto elevata non permette di fare l’ipotesi di essere in presenza di un modello Gaussiano. La normalità nella 22 Corder, G. & Foreman, D. Nonparametric Statistics for Non-Stattisticians. Pioda, G. Metodi non parametrici. 24 Un modello Gaussiano si ha quando i dati seguono l’andamento di una curva, detta curva di Gauss, che permette di applicare le normali leggi della statistica. 23 33 popolazione dei dati è un requisito fondamentale per l’esecuzione di tutti i test di statistica “tradizionale”. Se venisse a mancare, la validità del test sarebbe persa. Per contro i test non parametrici non richiedono nessun presupposto particolare sulla popolazione dei dati e quindi possono essere utilizzati con sicurezza. ll test U di Mann-Whitney, infatti, non si basa sui valori ottenuti, ma bensì sui ranghi che questi occupano. Il rango di un dato (o più in generale di un’osservazione) è la posizione che esso occupa nella sequenza ordinata dell’insieme dei dati. Per esempio nella sequenza 5, 9, 13 il numero 5 occupa il primo rango, il 9 il secondo ed il 13 il terzo. Questo fa si che eventuali dati spuri incidano meno sul risultato globale e di conseguenza le affermazioni ottenute tramite questo test sono generalmente più robuste e sicure rispetto a quelle ottenute con i test parametrici classici. Per quanto riguarda la prima ipotesi di questa ricerca, il test U di Mann-Withney, ci permette di determinare se le dosi agli organi a rischio ottenute con tecnica 3D-CRT siano significativamente maggiori rispetto a quelle inferte dal metodo RapidArc®. Si ipotizza quindi, per assurdo, che le dosi assorbite nei due trattamenti siano uguali e si confronta poi quest’ipotesi, chiamata ipotesi nulla, con i calcoli. Se i valori di U risultano significativamente inferiori a quelli critici riportati dalle tabelle, si può rifiutare l'ipotesi nulla25 e di conseguenza si può scientificamente affermare che il metodo RapidArc® inferisce una minore dose agli organi a rischio. Siccome si ipotizza già in partenza che ci possa essere una dose minore per il metodo RapidArc® è legittimo ed appropriato eseguire i test ad una sola coda. Per la seconda ipotesi invece il test U ci consente di determinare se ci siano o meno discrepanze tra i dati ottenuti con tecnica RapidArc® e quelli ottenuti con tecnica a box 3DCRT. Siccome in questo caso non si può sapere a priori se i valori siano maggiori o minori, per questa parte di lavoro si utilizzerà un test a due code. È importante ricordare che, per il test U, l’ipotesi nulla (cioè che i dati dei due gruppi sono equivalenti), è confermata se la U calcolata è maggiore di quella della tabella. Avendo a che fare con coppie di gruppi di 10 pazienti ciascuno, si hanno valori critici α<0.05 a U=23(test a due code) e a U=27(test a una coda)26. Per semplificazione, nell’analisi dei risultati dei test, U sarà quella trovata attraverso la formula, mentre U’ sarà quella estrapolata dalla tabella annessa. Quindi riassumendo abbiamo: L’ipotesi nulla è che i dati dei due gruppi sono equivalenti (in questo caso i due gruppi sono 3D-CRT e RapidArc®). L’ipotesi nulla è confermata se U>U’ (quindi i valori di un gruppo sono superiori o inferiori a quello dell’altro). Se U≤U’ l’ipotesi è invece rifiutata. Nel caso del test a due code U’=23, in quello ad una coda U=27. 25 26 L’ipotesi nulla è che i dati dei due gruppi sono equivalenti. Vedi “Tabella dei valori critici di U” in allegato. 34 7.1. Dimensione dei volumi (U’=23) Per poter dare valore alla ricerca, come già scritto all’inizio del capitolo 6, è necessario che sia statisticamente dimostrabile l'equivalenza tra i volumi trattati nei due gruppi di pazienti. Poiché non è possibile stabilire a priori se i valori siano maggiori o inferiori, si applica (come già spiegato sopra) il test a due code (U’=23). In questo caso l'ipotesi nulla “i volumi dei due gruppi di pazienti sono equivalenti” deve essere confermata dai valori di U (cioè bisogna avere U>U’). Il valore di U trovato è 37, sia per i volumi PTV-P che per quelli PTV-B. In tutte e due i casi quindi è confermata l’ipotesi sperata: i valori delle dimensioni dei volumi non sono discosti tra i due gruppi. 7.2. Organi a rischio (U’= 27) Per la conferma statistica del risparmio di dose agli organi a rischio con tecnica RapidArc®, viene applicato il test U ad una coda in quanto partiamo già dall’ipotesi (da non confondere con l’ipotesi nulla) che i valori del RapidArc® siano inferiori. Quindi U’=27. Nel caso degli organi a rischio si vuole che l’ipotesi nulla venga rifiutata, questo significa che i valori di U devono essere inferiori a quelli dell’U’: Per il retto abbiamo U=23 nei trattamenti PTV-P e U=5 nei trattamenti PTV-B. Quindi l’ipotesi che i valori di dose al retto sono inferiori con la tecnica RapidArc® è confermata. Questo risultato è molto importante in quanto il retto, come già scritto, è l’organo a rischio più sensibile e quello che provoca i maggiori problemi per quanto riguarda gli effetti di tossicità. Per la vescica si ha U=20 nei piani sul PTV-P e U=23 nei piani sul PTV-B. Anche per la vescica, quindi, i risparmi di dose ottenuti nei piani RapidArc® sono confermati. Per le teste femorali i valori della U calcolata sono fortemente inferiori: U=5 in entrambi i confronti delle teste femorali di destra; U=1 e U=3 nel confronto delle teste femorali di sinistra (PTV-P e PTV-B). Si può dunque concludere che, per gli organi a rischio, la riduzione di dose assorbita nei piani RapidArc® è confermata. 35 7.2.1. Conformità della dose al target (valore critico di U uguale a 23) Nel caso della conformazione della dose sul volume bersaglio, attraverso questo test, si desidera comprendere se i valori osservati con le due tecniche abbiano delle differenze significative o meno. In questo caso, ricordo che bisogna applicare il test U ad una coda, in quanto non si può determinare a priori se i valori siano superiori o inferiori. La U calcolata se superiore alla U’ delle tabelle, che sappiamo essere uguale a 23, confermerà che i valori raccolti con le due tecniche sono equivalenti. I valori di U nel trattamento su PTV-P e rispettivamente su PTV-B sono i seguenti: Dose minima: U=42 e U=40. Dose massima: U=20 e U=2. Dose media :U=51 e U=40. Deviazione standard: U=42 e U=38. L’unico valore che non conferma l’ipotesi nulla sull’equivalenza dei dati è quello relativo alla dose massima, la quale risulta essere significativamente superiore nei piani RapidArc®. La conformazione della dose al volume bersaglio è dunque analoga con i due metodi, con l’eccezione della dose massima, che tende ad avere valori leggermente superiore nei piani RapidArc (aumento nell’ordine del 2-3%). 36 8. Conclusione La ricerca ha analizzato la distribuzione di dose osservata su piani di trattamento creati con tecniche radioterapiche differenti. Sono stati confrontati i dati dosimetrici della tecnica a box 3D-CRT e quelli del RapidArc® nel trattamento radioterapico del carcinoma prostatico in stadio iniziale. L’obiettivo era quello di determinare se l’arrivo del RapidArc® permette di migliorare la qualità dei piani di trattamento sotto l’aspetto dosimetrico. I due aspetti considerati sono stati: la conformazione della dose al volume bersaglio e il risparmio di dose agli organi a rischio (retto, vescica e teste femorali). Dallo studio effettuato risultano delle differenze non significative nella conformazione della dose al volume bersaglio. Le due metodiche hanno valori simili, anche se il RapidArc® sembra avere minori variazioni nei valori. Se ne conclude che sia la tecnica a box 3D-CRT, sia il RapidArc® permettono di irradiare il volume bersaglio in modo omogeneo. I valori delle dosi medie assorbite dagli organi a rischio mostrano invece una maggior efficacia dei piani studiati con RapidArc®. Elaborando i dati raccolti con un metodo statistico scientifico (test U di Mann-Withney), questo lavoro, ha potuto dimostrare come le dosi assorbite dagli organi a rischio siano significativamente inferiori nei piani di trattamento studiati con RapidArc®. Anche le dosi effettive assorbite dagli organi a rischio, misurate in Grey (Gy), sono più basse con tecnica RapidArc®, anche nei piani della seconda serie, nonostante questi avessero una prescrizione clinica di dose superiore di 2 Gy. Si può dunque concludere che l’introduzione di questa nuova tecnica apporta una serie di vantaggi legati alla sua velocità nell’eseguire la terapia, al movimento rotatorio della macchina durante la terapia e alla sua possibilità di modulare i componenti che gestiscono la conformazione e l’intensità del fascio. In particolare: 1. la possibilità di irradiare il paziente durante il movimento rotatorio dell’acceleratore lineare (gantry) e la possibilità di modulare il fascio, permette di migliorare la distribuzione della dose sui tessuti sani. 2. il guadagno in accuratezza e nel risparmio di dose ai tessuti sani permette un incremento della radiazione erogata al target e quindi di aumentare il controllo locale della malattia. 3. la breve durata del trattamento riduce la possibilità che il paziente si muova durante la seduta e questo porta ad un aumento dell’accuratezza. Inoltre questo aspetto migliora il confort di trattamento del paziente, che si vede ridurre in modo significativo il tempo nel quale dovrà rimanere il più fermo possibile. 37 9. Bibliografia Amin, M.; Grignon, D.; Humphrey P.; Srigley, J. Gleason Grading of Prostate Cancer. Lippincott Williams&Wilkins, 2004. Cavalli, F.; Cognetti, F.; Costa, A.; Orecchia, R. Fondamenti di oncologia clinica. Elsevier Italia, 2006. 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Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento radioterapico. SSMT Corso di Radioterapia-TRM III. IOSI-Bellinzona, 2010. Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento di radioterapia 3D conformazionale. SSMT Corso di Radioteerapia-TRM III. IOSI-Bellinzona, 2010. Unità di fisica medica. Pianificazione - tecniche avanzate. SSMT Corso di RadioteerapiaTRM III. IOSI-Bellinzona, 2010. Webb, S. The Physics of Conformal Radiotherapy: Advances in Technology. IOP Publishing, 1997. Yu, C. Intensity-Modulated Arc Therapy with Dynamic Multileaf Collimation: an Alternative to Tomotherapy. Phys Med Biol. 1995;40:1435–1449. 38 10. Allegati 10.1. Allegato 1: Tabella valori U 39 10.2. Allegato 2: Raccolta dati PTV-P 40 10.3. Allegato 3: Raccolta dati PTV-B 41