Lavoro di diploma di Karim Sebbar, SSMT, 2010.

Scuola Superiore Medico-Tecnica, Locarno
Lavoro di diploma, 14.05.2010
RapidArc

Confronto dosimetrico con la 3D-CRT nella radioterapia prostatica
Karim Sebbar
Allievo Tecnico di Radiologia Medica
Professore responsabile: Danilo Meletta
In collaborazione con il Servizio di Radioterapia, Ospedale Regionale di
Bellinzona e Valli
Indice
I. Glossario ....................................................................................................................... IV
II. Abstract ........................................................................................................................ VI
1. Introduzione .................................................................................................................. 1
1.1.
Radioterapia conformazionale 3D ........................................................................... 1
1.2.
RapidArc® (Varian Medical Systems) ....................................................................... 2
2. Il carcinoma della prostata .............................................................................................
2.1.
Epidemiologia ..........................................................................................................
2.2.
Patologia e caratteristiche generali .........................................................................
2.3.
Diagnosi ..................................................................................................................
2.4.
Classificazione .........................................................................................................
2.5.
Terapia ....................................................................................................................
2.6.
Carcinoma prostatico localizzato alla ghiandola ......................................................
3
3
3
4
4
6
7
3. Studio di un piano di trattamento per il carcinoma prostatico ....................................... 8
3.1.
Definizione della posizione del paziente .................................................................. 8
3.2.
Acquisizione dei dati anatomici ............................................................................... 8
3.3.
Simulazione virtuale online ..................................................................................... 8
3.4.
Ricostruzione 3D dei volumi di interesse ................................................................. 9
3.5.
Elaborazione computerizzata del piano di trattamento ........................................... 9
3.6.
Valutazione del piano ............................................................................................ 11
3.7.
Documentazione radiografica mediante DRR ........................................................ 11
3.8.
Simulazione virtuale offline (se non è stata effettuata la online, vedi 3.3) ............. 12
4. Obiettivi ....................................................................................................................... 12
5. Attività e metodo ......................................................................................................... 13
6. Risultati e analisi ..........................................................................................................
6.1.
Organi a rischio .....................................................................................................
6.1.1. Retto .....................................................................................................................
6.1.1.1. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-P.....................................................
6.1.1.2. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-B ....................................................
6.1.2. Vescica ..................................................................................................................
6.1.2.1. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-P .................................................
6.1.2.2. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-B .................................................
6.1.3. Teste femorali .......................................................................................................
6.1.3.1. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-P ......................................
6.1.3.2. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-B ......................................
6.2.
Conformazione della dose al target .......................................................................
15
16
16
17
19
21
21
23
25
25
27
29
II
6.2.1.
6.2.2.
6.2.3.
6.2.4.
6.2.5.
Dose minima .........................................................................................................
Dose massima .......................................................................................................
Dose media ...........................................................................................................
Deviazione standard ..............................................................................................
Riepilogo dei risultati sulla distribuzione della dose ai PTV ....................................
29
30
31
32
33
7. Il test U di Mann-Withney applicato ai risultati ............................................................
7.1.
Dimensione dei volumi (U’=23) .............................................................................
7.2.
Organi a rischio (U’= 27) ........................................................................................
7.2.1. Conformità della dose al target (valore critico di U uguale a 23) ...........................
33
35
35
36
8. Conclusione ................................................................................................................. 37
9. Bibliografia ................................................................................................................... 38
10. Allegati .........................................................................................................................
10.1. Allegato 1: Tabella valori U ....................................................................................
10.2. Allegato 2: Raccolta dati PTV-P ..............................................................................
10.3. Allegato 3: Raccolta dati PTV-B ..............................................................................
39
39
40
41
III
I.
Glossario
Dose assorbita
Unità di misura degli effetti biologicamente significativi prodotti
dalla radiazione ionizzante ed è uguale all’energia media
impartita dalla radiazione ionizzante ad un materiale. L’unità di
misura nel S.I. (sistema internazionale di unità di misura) è il
Gray (Gy), 1 Gy=1J/Kg.
DRR
Dall’inglese “digitally reconstructed radiography”, radiografia
digitale ricostruita. È l’immagine 2D di referenza nei trattamenti
radioterapici, utilizzata per verificare il riposizionamento del
paziente.
DVH
Dall’inglese “Dose-Volume Histogram” è un grafico statistico
(istogramma) che permette di visualizzare la dose assorbita dai
volumi di tessuto interessati (target e organi a rischio).
Gantry
Testa dell’acceleratore lineare dalla quale viene erogata la dose.
Gy
Sigla del Grey, unita di misura dell’S.I. che indica l’energia
radiante assorbita per unità di massa.
Isocentro
Punto geometrico interno al paziente nel quale convergono gli
assi centrali di fasci di radiazione.
PTV
Dall’inglese “planning treatment volume”, volume bersaglio.
Indica il volume nel quale si desidera ottimizzare la dose e nel
quale si viene specificata la dose da rilasciare.
RMN
Risonanza magnetica nucleare.
Target
Vedi voce PTV.
TC
Tomografia computerizzata.
TNM
Dall’inglese “Tumor Nodes Metastasis”. Sistema internazionale
di classificazione dei tumori, che permette di determinare lo
stadio della malattia.
IV
TPS
Dall’inglese “treatment Planning System”. Sistema informatico
(hardware e software) dedicato all’elaborazione e alla gestione
dei piani di trattamento radioterapici.
TRM
Tecnico/a di radiologia medica.
Volume bersaglio
Vedi voce PTV.
V
II. Abstract
Il settore della radioterapia negli ultimi anni si è particolarmente modernizzato grazie
ad un’importante evoluzione in ambito tecnologico, informatico e meccanico. L’arrivo
del RapidArc ne è un chiaro esempio. Si tratta di una radioterapia volumetrica ad arco
che permette di irradiare un volume durante un movimento rotatorio attorno ad esso.
Oltre al movimento rotatorio, il RapidArc, è in grado di modulare forma e intensità del
fascio, si riesce ad scolpire il volume riducendo la dose agli organi circostanti.
Questa ricerca mette a confronto i piani di trattamento con tecnica a box 3D-CRT con
quelli eseguiti con RapidArc, nel carcinoma prostatico in stadio iniziale. Il confronto si
pone due obiettivi principali.
Il primo obiettivo é determinare se la tecnologia RapidArc permette di ridurre le dosi
agli organi a rischio.
Il secondo obiettivo é verificare se la distribuzione della dose al volume bersaglio risulti
più omogenea con il trattamento RapidArc.
Per rispondere a queste domande sono stati scelti 20 pazienti sottoposti a terapia su
due serie di trattamento: la prima serie viene eseguita sulla loggia prostatica e sui
linfonodi della pelvi, la seconda serie comprende solo la loggia prostatica.
I risultati confermano che i 10 pazienti trattati con il RapidArc hanno avuto un risparmio
di dose agli organi a rischio rispetto i 10 pazienti trattati con tecnica box 3D-CRT. Inoltre
questo risparmio risulta più importante nel trattamento del piccolo volume (seconda
serie) rispetto al grande volume (prima serie).
Non é invece possibile affermare con certezza scientifica che l’omogeneità della dose al
volume bersaglio sia migliore nei piani RapidArc rispetto a quelli dei piani con tecnica a
box 3D-CRT. Il RapidArc sembra comunque avere una minore oscillazione dei valori.
VI
1. Introduzione
Nell’ambito di una formazione pratica in radioterapia, ho avuto la fortuna di lavorare con
un nuovo acceleratore lineare, dotato di uno speciale software chiamato RapidArc® (Varian
Medical systems), che ha introdotto la possibilità di irradiare una patologia tumorale
durante il suo movimento rotatorio attorno al paziente. Questa novità ha il vantaggio di
poter distribuire al meglio la dose suddividendola su tutta la circonferenza del distretto
irradiato. Inoltre si tratta di una tecnica molto rapida, un arco attorno al paziente viene
effettuato in meno di due minuti.
Mi è sembrato quindi interessante poter eseguire una ricerca comparativa che studiasse i
benefici apportati da questa nuova tecnica nell’ambito della radioterapia. La metodica
RapidArc® viene utilizzata per trattare svariate tipologie di tumore, questo lavoro è
focalizzato al trattamento del carcinoma prostatico. Il tumore prostatico è uno dei più
frequenti nella popolazione maschile e per questo motivo, nonostante si tratti di una
tecnica piuttosto recente, si ha già a disposizione una casistica numerosa. Questo mi
permette di effettuare un confronto su un numero significativo di casi con diagnosi
oncologica simile tra loro.
In particolare gli aspetti che vorrei confrontare riguardano la distribuzione della dose sugli
organi a rischio e la conformazione della dose volume bersaglio. Per questo studio ho
deciso di prendere in esame il carcinoma prostatico allo stadio iniziale. Questa specifica
tipologia di tumore, nel centro oncologico di Bellinzona, prima dell’arrivo del RapidArc®
veniva trattata con la radioterapia conformazionale 1 (3D-CRT), più precisamente con
tecnica a quattro fasci di entrata (chiamata anche tecnica a box). Con il RapidArc® i fasci di
entrata sono 180. La ricerca di questo lavoro intende quantificare eventuali vantaggi del
RapidArc® rispetto alla 3D-CRT nel trattamento del carcinoma prostatico allo stadio
iniziale.
1.1.
Radioterapia conformazionale 3D
La radioterapia conformazionale 3D (“Conformal RadioTherapy – 3D-CRT”)2 è una forma di
radioterapia avanzata caratterizzata da una ricostruzione tridimensionale della porzione
anatomica del paziente. L’acquisizione di questo volume avviene mediante scansioni TC
(Tomografia Computerizzata) della regione d’interesse del paziente.
Le immagini TC acquisite vengono poi gestite da un sistema informatico (hardware,
software) dedicato alla pianificazione, chiamato TPS (“Treatment Planning System”)3, con il
quale sarà possibile l’elaborazione di piani di trattamento ottimizzati. Il TPS infatti
ricostruisce i volumi del paziente sui quali è possibile studiare un piano di trattamento
virtuale. È dotato di una speciale funzione chiamata BEV (dall’inglese “Beam Eye View”)
che consente una visualizzazione dal punto di vista del fascio radiante.
1
Questa è la traduzione italiana dall’inglese “conformal radiotherapy”.
Webb, S., The physics of conformal radiotherapy: advances in technology.
3
Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento di radioterapia 3D conformazionale.
2
1
Questo permette di definire una schermatura personalizzata attorno ai volumi di interesse
e di scegliere in maniera accurata la direzione e l’intensità del fascio. Si avrà quindi una
distribuzione di dose tridimensionale e il più possibile "conformata" al bersaglio tumorale.
Infine con questo sistema informatico è possibile visualizzare e calcolare in maniera
accurata la distribuzione della dose all’interno del paziente.
La radioterapia verrà quindi eseguita mediante l’utilizzo di acceleratori lineari, ai quali
saranno state trasmesse tutte le informazioni relative al piano di trattamento da eseguire
(interfaccia TPS/acceleratore lineare).
Questa tecnica ha permesso di migliorare in maniera considerevole la conformazione
spaziale dei campi di radiazione, raggiungendo una migliore omogeneità della distribuzione
della dose al target e una migliore salvaguardia degli organi a rischio rispetto alla
precedente tecnica.
L’applicazione di questa tecnologia con la tecnologia RapidArc® è caratterizzata da un
ulteriore passo in avanti, come cercherò di dimostrare e di quantificare in questo lavoro.
1.2.
RapidArc® (Varian Medical Systems)
Si tratta di un acceleratore lineare tradizionale che, grazie ad un sofisticato software,
consente di effettuare una radioterapia estremamente precisa e rapida, descrivendo uno o
più archi intorno al paziente.
Questa tecnica di radioterapia rientra nell’ambito delle tecniche volumetriche ad intensità
modulata ad archi (Volumetric Modulated Arc Therapy – VMAT)4,5 e permette
l’ottimizzazione della posizione istantanea delle lamelle dell’MLC (collimatore
multilammellare, in inglese MLC=MultiLeaf Collimator), del dose rate (dose erogata in
funzione del tempo) e della velocità di rotazione della gantry 6.
La caratteristica più sorprendente di questa nuova metodica è la velocità del trattamento,
in quanto l’arco intorno al paziente viene eseguito in meno di 2 minuti. Inoltre, grazie alla
possibilità di modulare la posizione delle lamelle del MLC e il dose rate erogato durante la
rotazione dell’acceleratore lineare (gantry), si può ottenere un miglioramento nella
distribuzione della dose, riducendola sui tessuti sani e aumentandone l’omogeneità al
target.
4
Duthoy, W. et al. Clinical Implementation of Intensity Modulated Arc Therapy (IMAT) for Rectal Cancer.
Yu, C. Intensity-Modulated Arc Therapy with Dynamic Multileaf Collimation: an Alternative to Tomotherapy.
6
Unità di fisica medica. Pianificazione – Tecniche avanzate.
5
2
2. Il carcinoma della prostata
2.1.
Epidemiologia
Il carcinoma prostatico è la seconda neoplasia per frequenza nell’uomo e la seconda causa
di morte per tumore nei Paesi occidentali, dopo la neoplasia del polmone. La maggior
parte di questi tumori è costituita da adenocarcinomi con diversi gradi di differenziazione
che si sviluppano nella porzione periferica della ghiandola prostatica. Questo tumore ha
un’eziologia molto incerta. Si suppone che fattori dietetici, ormonali e genetici possano
essere implicati nello sviluppo di questa malattia, ma soltanto l’età è da considerarsi un
vero e proprio fattore di rischio, infatti questa malattia si manifesta con frequenza
progressivamente crescente sopra i 50 anni d’età. 7
L’incidenza del tumore prostatico nei Paesi occidentali è di circa 55 casi ogni 100'000
abitanti, con un tasso di mortalità di 23 decessi ogni 100'000 individui. È importante
sottolineare che l’incidenza è aumentata in maniera molto significativa negli ultimi 20 anni,
fino a circa 10 volte, mentre la mortalità è rimasta piuttosto stabile. Questa discrepanza è
causata da una forte anticipazione diagnostica della malattia e ci permette di notare come
molti di questi carcinomi, sovradiagnosticati, sarebbero destinati, in assenza di screening, a
non manifestarsi clinicamente nella vita del paziente, introducendo lo scottante problema
dell’opportunità o meno di fare diagnosi di queste neoplasie clinicamente non
significative.8
2.2.
Patologia e caratteristiche generali
In rapporto al loro comportamento i tumori prostatici possono essere divisi in tre
categorie:
 Carcinomi prostatici invasivi: importanti clinicamente, dato che invadono
localmente e danno metastasi.
 Carcinomi prostatici latenti: solitamente sono piccoli focolai di carcinoma ben
differenziato, frequentemente diagnosticati accidentalmente nella prostata di
uomini anziani. Possono rimanere confinati a lungo all’interno della prostata.
 Carcinomi occulti: non sono clinicamente evidenti nella sede primaria, ma si
presentano come malattia metastatica.
Macroscopicamente, il carcinoma della prostata si presenta come aree diffuse di tessuto
bianco, consistente, che si mescola con i tessuti prostatici sani. Quando il tumore si
estende all’esterno della capsula prostatica forma una massa che può essere palpata
all’esame transrettale. Istologicamente, la maggioranza delle lesioni hanno un quadro
ghiandolare differenziato (prognosi buona), mentre una piccola percentuale è costituita da
cellule scarsamente differenziate (prognosi infausta).
7
8
Pienta K., Esper P. Risk Factors for Prostate Cancer.
Cavalli, F. et al. Fondamenti di oncologia clinica.
3
I carcinomi prostatici si diffondono per tre vie principali:
 Diffusione diretta alla base della vescica, al retto e ai tessuti adiacenti.
 Diffusione linfatica alla pelvi e ai linfonodi para-aortici.
 Diffusione per via ematica all’osso (metastasi ossee).
2.3.
Diagnosi
Le indagini nella diagnostica di questo tumore sono principalmente quattro:
 L’esplorazione digito-rettale, un esame di primo livello e fondamentale nella
diagnosi del carcinoma prostatico, ma che tuttavia consente di apprezzare solo
tumori che originano nella porzione dorsale della zona periferica della ghiandola
(anche se questi rappresentano la maggioranza dei casi, 70-80%).
 Il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) nel sangue, un enzima
normalmente prodotto dalla prostata e che viene considerato un marcatore organospecifico nella diagnosi e nel follow-up dopo terapia. La sua sensibilità non è
ottimale e presenta molti falsi negativi. E’ comunque un esame semplice, innocuo e
relativamente economico.
 L’ecografia transrettale, permette uno studio anatomico e strutturale dettagliato
della prostata. La maggioranza dei tumori si presentano come aree ipoecogene (più
scure), esiste tuttavia una buona percentuale di tumori che è rappresentata da aree
isoecogene (quindi poco visibili) o addirittura iperecogene (in particolare negli stadi
avanzati). Da un punto di vista della sensibilità-specificità l’ecografia transrettale
quindi non aggiunge molto nella diagnosi precoce. Un importante parametro per
ipotizzare la presenza o meno della malattia è invece la dimensione della lesione.
 L’agobiopsia prostatica sotto guida ecografica, eseguita per via transrettale o trans
perineale è molto affidabile. Si tratta di praticare agobiopsie di ogni nodulo
palpabile o visibile ecograficamente e di almeno sei zone periferiche (3 per ogni
lato) al fine di ottenere una mappatura della prostata.
Altre tecniche, quali la TC, la RM o la scintigrafia ossea possono essere utilizzate per
determinare la stadiazione e il grading del tumore prostatico.
2.4.
Classificazione
Come tutti i tumori solidi, anche il tumore della prostata viene classificato a seconda della
sua estensione locale, del coinvolgimento o meno dei linfonodi loco regionali e dalla
presenza o meno di metastasi a distanza. Il sistema più utilizzato per la sua stadiazione è la
classificazione TNM9.
9
Cavalli, F. et al. op. cit.
4
Classificazione TNM del carcinoma prostatico (UICC 2002)
Tumore primitivo (T)
Clinica
TX Il tumore primitivo non può essere definito
T0 Non segni del tumore primitivo
T1 Tumore clinicamente non apprezzabile, non palpabile né visibile con la diagnostica per immagini
T1a Tumore scoperto casualmente nel 5% o meno del tessuto asportato
T1b Tumore scoperto casualmente in più del 5% del tessuto asportato
T1c Tumore diagnosticato mediante agobiopsia (ad esempio, a causa del PSA elevato)
T2 Tumore limitato alla prostata
T2a Tumore che interessa la metà o meno di un lobo
T2b Tumore che interessa più della metà di un lobo ma non entrambi i lobi
T2c Tumore che interessa entrambi i lobi
T3 Tumore che si estende attraverso la capsula prostatica
T3a Estensione extraprostatica (mono- o bilaterale)
T3b Tumore che invade la/e vescichetta/e seminale/i
T4 Tumore fisso che invade strutture adiacenti oltre alle vescichette seminali: collo della vescica, sfintere
esterno, retto, muscoli elevatori e/o parete pelvica.
Patologica (pT)
pT0 Assenza di tumore
pT2* Tumore limitato alla prostata
pT2a Tumore monolaterale, che interessa la metà o meno di un lobo
pT2b Tumore monolaterale, che interessa più della metà di un lobo ma non entrambi i lobi
pT2c Tumore che interessa entrambi i lobi
pT3 Estensione extraprostatica
pT3a Estensione extraprostatica
pT3b Infiltrazione della(e) vescichetta(e) seminale(i)
pT4 Invasione della vescica o del retto
Linfonodi regionali (N)
Clinica
NX I linfonodi regionali non possono essere definiti
N0 Non metastasi nei linfonodi regionali
N1 Metastasi in linfonodo(i) regionale(i)
Patologica
pNX I linfonodi regionali non sono stati prelevati
pN0 Non metastasi nei linfonodi regionali
pN1 Metastasi in linfonodo(i) regionale(i)
Metastasi a distanza (M)
MX La presenza di metastasi a distanza non può essere accertata
M0 Non metastasi a distanza
M1 Metastasi a distanza
M1a Metastasi in linfonodo(i) extraregionale(i)
M1b Metastasi ossee
M1c Metastasi in altre sedi con o senza metastasi ossee
5
Nel caso dell’adenocarcinoma della prostata un altro discorso importante è quello relativo
all’indice di Gleason che valuta l’architettura del adenocarcinoma e le caratteristiche
citologiche delle sue cellule. Vengono riconosciuti cinque diversi livelli o pattern (1-5). A
seguito dell’agobiopsia, il patologo descrive sul preparato istologico i due pattern più
frequenti che riconosce e quindi li somma. Si avrà perciò un indice (o score) che andrà da
un minimo di 2 ad un massimo di 10 (2-4: ben differenziato, 5-7: mediamente
differenziato; 8-10: scarsamente differenziato).10
Mettendo insieme lo score di Gleason, lo stadio TNM della malattia e il valore del PSA si
potrà definire un quadro clinico sul trattamento da proporre e sulle probabilità di
guarigione.
2.5.
Terapia
L’approccio terapeutico per questa malattia può comprendere varie possibilità, come la
semplice sorveglianza in assenza di trattamento, la chirurgia, la radioterapia, la terapia
ormonale, la chemioterapia, gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (HIFU), o una
combinazione di queste. La scelta da intraprendere viene presa dal medico e dal paziente
stesso e dipende principalmente dallo stadio della malattia (indice TNM), dal suo indice di
Gleason, dal livello di PSA e dallo stato generale del paziente. 11
 Chirurgia: l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale prevede l’asportazione
in blocco di tutta la ghiandola prostatica e delle vescicole seminali. È il trattamento
più frequente nella cura del tumore prostatico localizzato (≤T2c) in quanto ha
elevate percentuali di guarigione. Necessita comunque di pazienti in condizioni
generali soddisfacenti e con una spettanza di vita di almeno 10 anni.
 Terapia ormonale: si tratta di una terapia che ha come intento quello di bloccare la
produzione di ormoni androgeni necessari a molti tumori prostatici per crescere (in
particolare il DHT, o diidrotestosterone, un metabolita biologicamente attivo
dell'ormone testosterone). Questo tipo di terapia è comunque raramente curativa,
in quanto il tumore riesce spesso a sviluppare una resistenza nell’arco di qualche
anno. Viene quindi normalmente utilizzata quando il tumore si è espanso oltre la
prostata o come adiuvante in pazienti sottoposti a radioterapia o a chirurgia per
prevenire recidive.
 Chemioterapia: la chemioterapia è un trattamento poco utilizzato per questo tipo di
tumore, soprattutto nel passato. È comunque un settore che acquisisce sempre più
importanza e attualmente si ritiene che un certo numero di pazienti con neoplasia
molto aggressiva possa ottenere dei benefici da un trattamento chemioterapico.
10
11
Amin, M. et al. Gleason Grading of Prostate Cancer.
Molinatti, G., Terapia medica ragionata.
6
 Ultrasuoni ad alta intensità: comporta l’impiego di trasduttori ultrasonici ad alta
frequenza, con energie 10'000 volte superiori agli ultrasuoni diagnostici. Questo
trattamento può essere proposto a pazienti non candidabili o non disponibili a
radioterapia o chirurgia. Attualmente però non sono ancora disponibili dati che
provano la loro efficacia a lungo termine e naturalmente di questo aspetto il
paziente dovrà essere informato.
 Radioterapia: l’utilizzo della radioterapia nel trattamento del tumore della prostata
risale agli inizi del secolo, ma è solo con l’arrivo degli acceleratori lineari
megavoltaici nella seconda metà del ‘900 che questa è potuta diventare uno dei
trattamenti primari per questo tipo di tumore, in quanto la radiazione generata da
queste macchine ha un potere penetrante tale da rendere accettabili i livelli di
tossicità per gli organi ed i tessuti superficiali. Gli ulteriori progressi tecnologici degli
ultimi anni e l’impiego della TC nella fase di pianificazione hanno permesso di
arrivare alla radioterapia conformazionale, con studio e controllo tridimensionale
della distribuzione di dose e questo ha consentito di raggiungere risultati
paragonabili a quelli della chirurgia.
La brachiterapia è una forma particolare di radioterapia nella quale del materiale
radioattivo viene messo a diretto contatto con la massa tumorale. Nel carcinoma
prostatico è di tipo interstiziale ed è una procedura poco invasiva che consiste
nell’impianto, sotto anestesia loco-regionale, di semi radioattivi direttamente nella
prostata. Questi semi vengono inseriti per mezzo di appositi aghi da un medico
specialista che esegue questa operazione mediante guida ecografica o TC. Questa
tecnica, rispetto alla chirurgia o alla radioterapia a fasci esterni, permette di ridurre
effetti collaterali come l’impotenza o l’incontinenza e di ridurre al minimo le dosi ai
tessuti circostanti. Inoltre è un trattamento che richiede tempi brevissimi per il
paziente e può essere completata in un’unica seduta operatoria di circa 90 minuti.
L’aspetto negativo è la bassa omogeneità di dose che si riesce ad ottenere sul
volume bersaglio.
2.6.
Carcinoma prostatico localizzato alla ghiandola
Per il carcinoma prostatico localizzato alla ghiandola (T1,T2) le opzioni di trattamento
standard sono la chirurgia, la radioterapia o la semplice sorveglianza. La radioterapia è
sicuramente l’alternativa più utilizzata alla prostatectomia radicale e attualmente i risultati
di queste due terapie, in termini di sopravvivenza, possono essere sovrapponibili. Per
determinare la migliore scelta possibile di trattamento sarà comunque necessario
prendere in considerazione fattori legati allo stato generale e all’età del paziente uniti a
parametri biologici, quali il grado di Gleason e i livelli ematici di PSA. Non da ultimo, tra gli
elementi utili a questa scelta, ci sarà la considerazione degli effetti collaterali delle due
metodiche. La radioterapia induce impotenza in percentuale minore rispetto alla chirurgia,
ma è gravata da una maggiore tossicità. La radioterapia comporta infatti, in alcuni casi,
l’insorgere di effetti acuti e transitori sia a livello urinario (disuria, pollacchiuria, nicturia,
ematuria) che intestinale (tenesmo o sanguinamenti, diarrea, crampi addominali), anche se
raramente questo tipo di complicanze può essere considerato grave. Anche l’insorgere di
7
una sensazione di spossatezza durante il trattamento è un possibile effetto collaterale
acuto abbastanza frequente. Le complicazioni tardive, come l’incontinenza o la stenosi
sono invece molto rare (<2%).
3. Studio di un piano di trattamento per il carcinoma prostatico
3.1.
Definizione della posizione del paziente
Per questo tipo di trattamento il paziente viene posizionato supino con le braccia sul petto.
Per migliorare il confort e la stabilità vengono utilizzati come supporti un cuscino rigido per
la testa e un cuscino anatomico da collocare sotto le ginocchia del paziente; nel caso di
pazienti con importanti algie si possono anche utilizzare materassini da porre sopra al
lettino di trattamento (vista la sua consistenza molto rigida). Esiste infine la possibilità di
utilizzare un dispositivo personalizzato per l’immobilizzazione delle gambe. Questo tipo di
supporto permette di fissare i piedi a una determinata angolazione, in modo da ottenere
una rotazione dei femori costante durante tutte le sedute di trattamento (questa rotazione
influenza la posizione della prostata nel piccolo bacino).
Altri tipi di supporto personalizzato che possono essere utilizzati nei trattamenti pelvici
sono i materassi a vacuum o le maschere pelvico-addominali. I primi sono dei dispositivi
che si conformano al paziente attraverso un processo di aspirazione dell’aria. I secondi
sono caratterizzati da un materiale termoplastico che si conforma ai lineamenti del
paziente per poi solidificarsi a temperatura ambiente.
3.2.
Acquisizione dei dati anatomici
Il paziente viene convocato una prima volta nel reparto di radioterapia per effettuare una
TC di pianificazione sulla regione anatomica d’interesse. Questo tipo di acquisizione non ha
finalità diagnostiche e viene eseguita mediante una TC dedicata (munita di dispositivi
necessari a riprodurre condizioni identiche alla fase di trattamento): il diametro della
gantry è più ampio per favorire il passaggio di eventuali supporti di immobilizzazione; il
lettino è sostituito da un pianale identico a quello utilizzato nel trattamento; infine la sala
TC è dotata di un sofisticato sistema a laser mobili di allineamento del paziente. Questi
laser sono perpendicolari tra loro al fine di rappresentare i tre assi spaziali, possono essere
spostati sul loro rispettivo asse attraverso un’interfaccia esterna e la loro caratteristica
principale è quella di poter interagire con la console TC. Questo tipo di dispositivo è
presente anche nelle sale di trattamento e permetterà, nelle successive sedute di
radioterapia, di riprodurre con precisione la posizione del paziente.
3.3.
Simulazione virtuale online
Durante la simulazione virtuale si determina l’isocentro del trattamento (il punto nel quale
gli assi centrali di tutti i fasci convergono) e lo si tatua sul paziente. Questo può essere
8
fatto prima dello studio del piano (simulazione virtuale online) o dopo (simulazione
virtuale offline). Nel primo caso il target non è ancora stato disegnato e se l’isocentro si
dovesse trovare fuori dalla sua zona centrale ci vedremmo costretti a richiamare il paziente
per effettuare altri tatuaggi sul nuovo isocentro. Sicuramente il medico incaricato saprà
con precisione dov’è situato il target e quindi questo rischio risulta essere minimo. D’altro
canto la simulazione virtuale offline, comporta per il paziente il dover essere convocato in
reparto una volta in più per eseguire una TC supplementare di settaggio dell’isocentro.
Nel centro oncologico di Bellinzona si è deciso per la simulazione virtuale online. Questo
significa che, prima dell’acquisizione TC, al paziente vengono applicate delle crocette
adesive e radioopache sulla zona di centratura dei laser (a livello delle creste iliache).
Terminata l’acquisizione il medico analizzerà le immagini e determinerà l’isocentro del
volume bersaglio (che verrà disegnato in seguito durante la fase di pianificazione). Il
tecnico in radiologia (TRM) provvederà quindi a sovrapporre l’isocentro con i laser mobili e
a tatuare l’isocentro sulla cute del paziente nelle tre dimensioni (sui fianchi e sull’addome).
Questo isocentro resterà fisso e sarà utilizzato sia nella fase di pianificazione
computerizzata, sia nelle successive settimane di trattamento per riposizionare il
paziente.12
Le immagini vengono infine inviate al centro di pianificazione dove si procederà
all’elaborazione del piano di trattamento.
3.4.
Ricostruzione 3D dei volumi di interesse
Sulle immagini TC acquisite, un sistema informatico dedicato all’elaborazione dei piani di
trattamento chiamato TPS (Treatment Planning System), svolgerà un lavoro di
ricostruzione tridimensionale del volume. Su questo volume, sempre tramite il TPS, il
medico radioterapista provvederà a disegnare elettronicamente i margini del target e
successivamente il TRM contornerà gli organi a rischio.
3.5.
Elaborazione computerizzata del piano di trattamento
Sulla base delle indicazioni cliniche e fisiche, il TRM provvederà a studiare un piano di cura
ottimale. Questo verrà poi valutato e validato dal medico radioterapista e dal fisico di
reparto:
12
Mayles, P. et al. Handbook of Radiotherapy Physics: Theory and Practice.
9
3D-CRT
La tecnica solitamente utilizzata per il tumore alla
prostata prevede 4 fasci di fotoni X da 15-18 MV i
cui angoli di entrata sono ortogonali tra loro ( 0°,
180°, 90°, 270°). Questa tecnica viene
normalmente chiamata tecnica a box. Il contributo
di ogni singolo fascio (che determina la dose
erogata) è modificabile e deve essere adattato in
funzione delle caratteristiche del paziente, al fine
di garantire un piano ottimale.13
La tecnica a box può essere modificata nel caso
non si riuscisse a rispettare i vincoli di dose agli
organi a rischio.
In particolare se la dose al retto è superiore all’80%. Una tecnica alternativa, non
considerata in questo lavoro, è quella a cinque campi (210°, 270°, 0°, 90°, 154°). In questo
caso il fascio a 180° diretto sul retto è sostituito da due fasci obliqui a 154° e 210°. Ciò
comporta una riduzione dell’omogeneità della dose al volume bersaglio.
Figura 1
I 4 fasci d’entrata della tecnica a box.
RapidArc®
Nella pianificazione con software RapidArc® gli aspetti da considerare sono la forma e la
grandezza del campo tridimensionale, l’arco angolare, il numero di archi da effettuare e le
priorità assegnate ai vari volumi (volumi bersaglio ed organi a rischio).
Figura 2
L’arco d’entrata del RapidArc.
13
 Arco angolare: si ha la possibilità di erogare
la dose solo in una sezione angolare dell’arco
che la gantry effettua attorno al paziente. Nei
casi clinici scelti per questo lavoro l’arco
angolare è sempre completo (360°).
 Numero di archi: si può decidere di irradiare
un volume su due o più archi. Nei casi clinici
scelti per questo lavoro il numero d’archi è
sempre uguale ad uno.
 Priorità: il software RapidArc® elaborerà il
piano di trattamento utilizzando i volumi
disegnati come variabili alle quali assegnare
una priorità (“peso”). Questa priorità
influenzerà la capacità del piano a rispettare i
vincoli di dose assegnati.
Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento radioterapico.
10
Tutti questi parametri vanno adattati in funzione della situazione affinché si riesca ad
ottenere un piano ottimale.
3.6.
Valutazione del piano
La valutazione del piano viene effettuata a partire dai DVH del piano elaborati dal TPS. I
parametri che vengono analizzati e confrontati sono i seguenti:
 L’omogeneità della dose al target, in funzione di:
 Dose massima.
 Dose minima.
 Deviazione standard.
Nota: si accetta una variazione compresa tra un -5% e un +7% della dose prescritta 14
(dose minima rispettivamente dose massima).
 Le zone calde (“hot spot”), zone fuori dal target che ricevono una dose massima
sopra il 100%.
 Dose agli organi a rischio. A dipendenza se saranno di tipo seriale o parallelo, si
prende in considerazione la dose media e rispettivamente la dose massima.
Questa valutazione viene eseguita su tre fronti:
Il TRM consulterà questi dati per correggere e migliorare i suoi piani di trattamento fino a
trovarne uno ottimale.
Il fisico di reparto valuterà l’efficacia del piano, controllerà che non vi siano errori e/o
effettuerà le modifiche del caso.
Infine il piano viene presentato al medico radioterapista il quale si accerterà che tutte le
indicazioni cliniche vengano rispettate.
3.7.
Documentazione radiografica mediante DRR
Uno degli aspetti più importanti della radioterapia è la riproducibilità del piano di
trattamento. Per questo motivo viene effettuata una documentazione radiografica DRR
(ricostruzione tridimensionale digitale ottenuta a partire dalle scansioni TC sulle quali è
stato studiato il piano di trattamento). Le DRR create sono due: una antero-posteriore e
l’altra latero-laterale.
Le immagini di riferimento verranno poi confrontate con quelle acquisite periodicamente
all’acceleratore lineare durante il periodo di trattamento. Questo permetterà ai TRM di
correggere eventuali variazioni rispetto alle condizioni iniziali mediante una
sovrapposizione delle due immagini (es. il peso del paziente può modificare la
conformazione del volume sottoposto a trattamento).
Attualmente gli acceleratori lineari di ultima generazione (come quello dedicato al
RapidArc®), permettono di acquisire una sezione tomografica del volume trattato, che
verrà confronta direttamente con la TC di simulazione. Questo tipo di confronto
tridimensionale, chiamato “Cone Beam CT”, è sicuramente più accurato e permette tra
14
ICRU Report 62, INTERNATIONAL COMMISSION ON RADIATION UNITS AND MESUREMENTS
11
l’altro di verificare la posizione esatta di molti organi non visibili nella DRR (es. la prostata).
D’altro canto questo comporta un surplus di dose per il paziente e un tempo di esecuzione
maggiore. Questo tipo di controllo è chiamato “Cone Beam CT” (attualmente non esiste
una traduzione in italiano).
3.8.
Simulazione virtuale offline (se non è stata effettuata la online, vedi 3.3)
Il paziente viene convocato in reparto per un’ultima fase di verifica prima del trattamento.
In questa fase al paziente viene eseguita una TC nelle stesse condizioni della TC di
simulazione. A questo punto si procede ad effettuare gli spostamenti previsti dal TPS per
portare il centro dei laser a coincidere con l’isocentro di trattamento. L’isocentro verrà poi
tatuato e utilizzato per il posizionamento del paziente durante le successive sedute di
trattamento.
A questo punto il piano può essere trasmesso all’interfaccia dell’acceleratore lineare per il
trattamento.
4. Obiettivi
L’obiettivo di questo studio è quello di determinare le potenzialità e i vantaggi del
RapidArc® rispetto alla tecnica box 3D-CRT per il trattamento del carcinoma prostatico. In
particolare questa ricerca vuole dimostrare il miglioramento raggiunto a livello dosimetrico
ed individuare gli eventuali cambiamenti che questa nuova tecnologia ha portato nel
lavoro del tecnico in radiologia (TRM) e nel percorso del paziente.
Riassumendo, i due obiettivi principali di questo lavoro sono:
 Determinare scientificamente se la percentuale di dose agli organi sani adiacenti e,
in particolare agli organi a rischio, è diminuita.
 Determinare se la conformazione della dose al target è migliorata (aumento
dell’omogeneità della dose su quest’ultimo).
12
5. Attività e metodo
Per questo studio sono stati selezionati 30 pazienti di età compresa tra i 55 anni e i 75 anni,
la metà di questi trattati con la metodica RapidArc®, mentre l’altra metà con la tecnica 3DCRT a quattro fasci di entrata (tecnica box).
Tutti i pazienti sono affetti da tumore prostatico localizzato alla ghiandola (stadio T1 o T2)
e la loro descrizione è la seguente:
Gruppo pazienti:
 Numero pazienti: 20.
 Diagnostica oncologica: 15 pazienti T1N0M0, 5 pazienti T2N0Mo. Grado Gleason
compreso tra 4 e 8.
 Numero di serie previste dal trattamento 2:
 Il primo volume comprende la prostata, le vescicole seminali e i linfonodi
della pelvi.
 Il secondo volume è un sovradosaggio sulla prostata e le vescicole seminali
che è trattato una volta completato il trattamento sul primo volume.
 Prescrizione clinica:
 50.4 Gy + 26 Gy per il trattamento 3D-CRT.
 50.0 Gy + 28 Gy per il trattamento RapidArc®.
Il trattamento a due serie permette di osservare l’efficacia del RapidArc® con due volumi
bersaglio, differenti in dimensioni, sullo stesso gruppo di pazienti.
I dati raccolti derivano tutti dai DVH (Dose-Volume Histogram) dei piani di trattamento. Il
DVH è un grafico statistico (più precisamente un istogramma) che permette di visualizzare
in maniera precisa la dose assorbita dai volumi di tessuto interessati. L’asse orizzontale
rappresenta la dose cumulativa specifica. Mentre quello verticale è la percentuale di
volume.
13
Figura 3
Esempio di DVH per il carcinoma alla prostata.
Le linee ci permettono di quantificare la dose erogata su una determinata percentuale di volume: in rosso il
volume bersaglio, in blu il retto, in grigio la vescica e in verde le teste femorali.
I dati raccolti sono i seguenti:






Dimensioni del volume bersaglio (in cm3).
Dose media al volume bersaglio (in Gy e in percentuale).
Dose massima al volume bersaglio (in Gy e in percentuale).
Dose minima al volume bersaglio (in Gy e in percentuale).
Deviazione standard sul volume bersaglio.
Dose media agli organi a rischio (in Gy e in percentuale).
I valori di dose percentuali considerano il 100% come il valore della dose prescritta al PTV.
Per semplicità chiameremo PTV il volume bersaglio del primo gruppo di pazienti, mentre
PTV-P (principale) e PTV-B (“boost”)15 saranno i volumi bersaglio del secondo gruppo: PTVP sarà il volume che comprende anche i linfonodi pelvici, PTV-B il volume della loggia
prostatica.
15
Il termine “boost” deriva dall’inglese e viene spesso usato per sostituire il termine “sovradosaggio”.
14
6. Risultati e analisi
Gli organi a rischio considerati in questo lavoro sono il retto, la vescica e le teste femorali.
L’analisi dei risultati prevede un confronto sulla dose media assorbita da questi organi a
rischio.
L’omogeneità della dose al target viene valutata osservando la dose media, quella minima
e quella massima. Inoltre il calcolo da parte del TPS della deviazione standard permetterà
di valutare la variabilità della dose sul volume bersaglio.
Affinché si possa effettuare un confronto corretto tra le due tecniche in esame, è
necessario valutare le dimensioni dei volumi sottoposti a trattamento. Le dimensioni dei
volumi di trattamento (e quindi il relativo valore medio) del gruppo di pazienti trattati col
metodo RapidArc® non devono avere valori discosti da quelli del gruppo che ha avuto un
trattamento tradizionale con il metodo 3D-CRT.
Volume PTV-P (cm3)
3D-CRT
RapidArc®
1
856
1032
2
705
3
Volume PTV-B (cm3)
3D-CRT
RapidArc®
1
165
192
795
2
184
127
882
1130
3
82
334
4
1092
683
4
234
114
5
826
761
5
181
149
6
1248
1087
6
419
270
7
783
691
7
204
116
8
960
721
8
201
210
9
1127
836
9
356
113
10
1116
1135
10
334
273
960
178
887
187
Media
Dev. Std
236
102
190
80
Media
Dev. Std.
Tabelle 1a e 1b
Volume medio dei PTV in cm3.
15
Le medie delle dimensioni dei volumi bersaglio sono simili nelle due tecniche, sia per
quanto riguarda i volumi della prima serie (PTV-P) sia per quelli della seconda serie (PTVB)16.
Le dimensioni del PTV-P risultano, evidentemente, essere più elevate rispetto a quelle del
PTV-B. Questo perché il PTV-P, oltre alla loggia prostatica, contiene anche i linfonodi della
pelvi. Per questa ragione i dati dei piani di trattamento saranno analizzati su due gruppi
differenti: i dati relativi ai trattamenti sul volume grande della prima serie e quelli relativi al
volume piccolo della seconda serie.
6.1.
Organi a rischio
Gli organi a rischio coinvolti in questo studio sono di tipo parallelo, questo significa che i
vincoli di dose di questi organi sono rappresentati dalla dose media assorbita durante il
trattamento completo.17 Nella fase di valutazione di un piano di trattamento, questo è uno
degli aspetti più importanti. Non si stabilisce un valore minimo a questi vincoli di dose, in
quanto l’obiettivo è quello di ridurli il più possibile senza compromettere l’efficacia del
trattamento.
6.1.1. Retto
Il retto rappresenta l’organo a rischio più sensibile nella radioterapia prostatica. I possibili
effetti acuti sono principalmente dolore, crampi, irritazione, diarrea e sanguinamenti.
Questo tipo di effetti normalmente sono transitori e si presentano nel periodo che
intercorre tra l’inizio della radioterapia fino a circa tre mesi dopo la sua fine. Gli effetti
tardivi sono molto rari in radioterapia, quando insorgono sono molto più gravi e spesso
cronici, colpiscono il paziente anche molti mesi dopo la fine del trattamento radioterapico.
Secondo uno studio importante 18, si raggiunge un 5% di probabilità di avere effetti tardivi
gravi nell’arco di 5 anni se viene erogata una dose media al retto pari a 60 Gy (proctite,
stenosi, fistole, necrosi). Questo valore di dose media rappresenta anche il limite massimo
raccomandato dalle indicazioni I.C.R.U.19
16
Una conferma statistica sull’equivalenza delle dimensioni dei volumi bersaglio appartenenti ai due gruppi a
confronto sarà data al capito 7.1.
17
Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento radioterapico.
18
Emami B. et al. Tolerance of Normal Tissue to therapeutic irradiation.
19
International Commission on Radiation Units
16
6.1.1.1. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-P
Dose media al Retto (PTV-P)
3D-CRT RapidArc®
1
71.2%
51.7%
2
61.9%
49.7%
3
72.9%
68.6%
4
63.5%
49.3%
5
82.3%
66.1%
6
76.2%
63.9%
7
68.7%
80.2%
8
73.4%
60.0%
9
65.8%
65.0%
10
68.2%
66.6%
Media 70.4%
Dev. Std 6.1%
62.1%
9.7%
Il valore atteso della dose media al retto, nei
piani di trattamento 3D-CRT, è il 70.4% ±
6.1% della dose prescritta nel caso del PTV-P.
Con RapidArc® questa scende a 62.1% ±
9.7%. Il risparmio, nel campione scelto,
risulta essere del 11.8%.
-11.8%
Tabella 2
Dose al retto nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale.
Il retto, rispetto al volume bersaglio PTV-P, si trova in una posizione anatomica molto
critica (figura 4). Il suo volume infatti, è per larga parte adiacente al PTV-P o addirittura
compreso in quest’ultimo (parete anteriore della porzione superiore del retto). Questo
contribuisce ad aumentare gli ostacoli della tecnologia RapidArc® nel ridurre questa dose
media.
17
(a)
(b)
Figura 4
Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-P (in rosso) e di un retto (in bianco).
(a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra.
Le dosi medie erogate al PTV-P sono molto simili nei due trattamenti: 50.4 Gy nel
trattamento 3D-CRT e 50.1 Gy in quello RapidArc®. È quindi possibile fare un confronto
diretto sulle dosi effettive ricevute dagli organi a rischio. Per il retto abbiamo:
 35.5 ± 3.1 Gy nel caso della 3D-CRT.
 31.0 ± 4.8 Gy per il RapidArc®.
Questo significa un risparmio medio al retto, sul campione selezionato, di 4.5 Gy.
In radioterapia si sviluppano energie nell’ordine delle migliaia di volte superiori a quelle
della radiologia diagnostica. Quindi, se si considera l’importanza che riveste oggi la
radioprotezione nell’ambito diagnostico, ci si rende conto di come in radioterapia un
risparmio di dose, per minimo che sia, non è mai da sottovalutare.
18
6.1.1.2. Risultati retto per il volume bersaglio PTV-B
Dose media al Retto (PTV-B)
3D-CRT RapidArc®
1
61.2%
37.9%
2
62.6%
33.7%
3
48.7%
42.7%
4
66.0%
32.9%
5
47.4%
47.4%
6
71.7%
41.8%
7
63.7%
47.8%
8
58.7%
48.0%
9
69.5%
52.5%
10
68.2%
43.1%
Media
61.8%
Dev. Std 8.2 %
42.8%
6.4%
Nel trattamento del PTV-B, la differenza di
dose tra le due tecniche è molto più
significativa rispetto al trattamento PTV-P. Il
valore percentuale atteso passa dal 61.8% ±
8.2% dei piani 3D-CRT al 42.8% ± 6.4% di
quelli RapidArc®. Nel campione studiato, il
retto riceve un 30.7% di dose media in meno.
-30.7%
Tabella 3
Dose al retto nel trattamento sul volume PTV-B in percentuale.
In questo caso la distinzione tra il retto e il PTV-B risulta più marcata (Figura 5). In
particolare, la parete anteriore nella porzione superiore del retto non è più inglobata nel
volume bersaglio.
Con la tecnica a box 3D-CRT si è comunque costretti ad erogare una dose elevata
posteriormente per garantire l’omogeneità della dose al target. Il RapidArc® invece, grazie
al suo elevato numero di angoli d’entrata, permette di distribuire meglio la dose e di
ridurla, nella maggioranza dei casi, ben al di sotto del 50%.
19
(a)
(b)
Figura 5
Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-B (in rosso) e di un retto (in bianco).
(a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra.
Nei pazienti trattati con tecnica 3D-CRT, la dose media ricevuta dal volume bersaglio PTV-B
è di 26.0 Gy, mentre con la metodica RapidArc® è di 28.0 Gy (+2.0 Gy). Questo aumento di
dose è dovuto ad una prescrizione clinica che prevede un dosaggio, al volume bersaglio
della seconda serie, maggiore con la metodica RapidArc®. Quindi, in questo caso, il
RapidArc® parte con uno svantaggio nel confronto sulle dosi specifiche assorbite dagli
organi a rischio. Nonostante ciò le dosi medie attese sul volume retto scendono, abbiamo
infatti:
 15.9 ± 2.1 Gy con la tecnica a box 3D-CRT
 12.0 ± 1.8 Gy con il RapidArc®.
Per il campione esaminato, dunque, il risparmio medio al retto è di 3.9 Gy.
20
6.1.2. Vescica
Nel trattamento del carcinoma prostatico la vescica è un organo a rischio molto delicato, in
particolare a causa della sua posizione anatomica. I principali effetti di tossicità legati a
questo organo sono la diminuzione della sua funzionalità, la cistite e l’ematuria (sangue
nelle urine). Molto più rari sono invece gli effetti tardivi, come la cistite emorragica, la
comparsa di fistole o la fibrosi che provoca un restringimento del volume.
La dose soglia per la quale è previsto un rischio del 5% di avere effetti tardivi nell’arco di 5
anni è di 60 Gy20.
6.1.2.1. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-P
Dose media alla Vescica (PTV-P)
3D-CRT
RapidArc®
1
87.8%
71.8%
2
92.6%
87.4%
3
85.8%
91.5%
4
99.9%
75.6%
5
93.7%
83.3%
6
91.9%
94.9%
7
85.5%
87.0%
8
96.2%
87.7%
9
88.9%
82.0%
10
88.4%
85.6%
Media
Dev. Std
91.1%
4.7 %
84.7%
Nel trattamento PTV-P si osserva una
differenza di dose poco significativa tra le due
tecniche. Il valore percentuale atteso per i
piani di trattamento 3D-CRT è il 91.1% ± 4.7%,
quello dei piani RapidArc® è il 84.7% ± 6.9%.
Nel campione analizzato abbiamo una dose
che diminuisce del 7.0%.
-7.0%
Tabella 4
Dose alla vescica nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale.
20
Emami B. et al. op. cit.
21
La posizione della vescica rispetto al PTV-P rende molto
difficile ridurne la dose. Infatti la vescica, tra tutti i
volumi a rischio, è quella che assorbe la maggior
quantità di dose nella radioterapia alla prostata. Questo
perché una buona porzione del suo volume è inclusa
nel volume bersaglio (figura 6).
Figura 6
Taglio assiale di un piano di trattamento. Una porzione della vescica (in giallo) è compresa nel volume
bersaglio (in rosso).
La restante parte è avvolta dal volume bersaglio o a diretto contatto ad esso (figura 7).
Quindi è praticamente impossibile riuscire ad evitarla durante l’erogazione del fascio.
(a)
(b)
Figura 7
Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-P (in rosso) e di una vescica (in giallo).
(a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra.
Come abbiamo già osservato, la dose media erogata al PTV-P è molto simile nelle due
metodiche ed è quindi possibile un confronto diretto sulle dosi effettive ricevute dalla
vescica:
 45.9 Gy ±2.4 Gy nei piani 3D-CRT.
 42.4 Gy ± 3.4 Gy nei piani RapidArc®.
Sul campione selezionato abbiamo quindi un risparmio medio di dose pari a 2.5 Gy.
22
6.1.2.2. Risultati vescica per il volume bersaglio PTV-B
Dose media alla Vescica (PTV-B)
3D-CRT
RapidArc®
1
57.1%
59.7%
2
88.3%
39.7%
3
42.0%
48.8%
4
65.4%
50.2%
5
75.7%
54.0%
6
84.7%
79.1%
7
83.2%
52.7%
8
69.8%
54.3%
9
51.7%
39.2%
10
88.4%
76.9%
Media
Dev. Std
70.6%
16.3%
55.5%
13.5%
La dose media alla vescica continua ad avere
valori importanti anche nel trattamento del
volume più piccolo PTV-B. Nei piani con
tecnica a box 3D-CRT, il valore atteso della
dose media è, per il retto, di 70.6% ± 16.3%.
Mentre nei piani RapidArc® questo valore
scende al 55% ± 13.5%. Nel campione
analizzato la dose media viene ridotta del
21.5% utilizzando il RapidArc®.
-21.5%
Tabella 5
Dose alla vescica nel trattamento sul volume PTV-B in percentuale.
In questo caso l’efficacia del metodo RapidArc® è molto più significativa rispetto al
trattamento della prima serie (PTV-P): infatti si è ridotta la porzione di vescica compresa
nel volume bersaglio. Inoltre la vescica ha spesso una porzione superiore che si trova fuori
dall’asse assiale del PTV-B (figura 8). Questo permette di ridurre la dose sulla porzione
superiore, facendo calare la dose media.
Possiamo osservare un calo di dose importante con tutte e due le tecniche, rispetto al
trattamento PTV-P, anche se con la tecnica RapidArc® il calo è molto più marcato: dal
84.7% ± 6.9% di dose media attesa sul volume della prima serie, si è scesi al 55% ± 13.5%.
Mentre la tecnica a box mantiene una dose media piuttosto alta.
23
(a)
(b)
Figura 8
Esempio reale di una ricostruzione di un volume bersaglio PTV-B (in rosso) e di una vescica (in giallo).
(a) In visione antero-posteriore. (b) In visione latero-laterale sinistra.
L’analisi della dose specifica ricevuta dalla vescica nella seconda serie PTV-B, vede il
RapidArc® partire con un handicap poiché, come già sottolineato per il caso del retto, la
dose media erogata al PTV-B è di 2.0 Gy superiore nel trattamento RapidArc® (28.0 Gy
contro i 26.0 Gy del 3D-CRT).
Ancora una volta però, la dose media attesa per la vescica risulta minore con tecnica
RapidArc®. Infatti abbiamo:
17.7 Gy ± 3.9 Gy con tecnica a box 3D-CRT.
15.5 Gy ± 3.8 Gy con il RapidArc®.
Da rilevare un risparmio medio di dose nei pazienti osservati e trattati con metodo
RapidArc pari a 2.2 Gy.
24
6.1.3. Teste femorali
Le teste femorali, nello studio di un trattamento alla prostata, rappresentano gli organi a
rischio meno complicati da gestire. In primo luogo perché sono strutturalmente ben
separati dal volume bersaglio, non si hanno regioni a contatto con il volume bersaglio e
questo permette alla dose erogata di diminuire. Inoltre comporta rischi meno severi
rispetto a retto e vescica. Bisogna raggiungere dosi di 50 Gy per avere un rischio del 5% di
avere complicazioni gravi nell’arco di 5 anni21 (necrosi).
L’aspetto interessante nell’analisi delle dosi alle teste femorali è il fatto che la tecnologia
RapidArc® permetta di raggiungere risultati estremamente positivi quando il volume da
salvaguardare non si trova a diretto contatto con il PTV.
6.1.3.1. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-P
Dose media alla Teste femorali (PTV-P)
3D-CRT
Dx
Sin
RapidArc®
Dx
Sin
1
56.7%
56.6%
27.0%
29.5%
2
67.1%
59.7%
44.7%
44.5%
3
34.8%
35.0%
39.3%
39.4%
4
51.3%
54.2%
24.2%
22.1%
5
48.0%
39.7%
26.1%
21.9%
6
46.0%
42.9%
31.9%
29.5%
7
52.2%
50.0%
40.1%
31.1%
8
44.0%
39.6%
26.5%
28.8%
9
64.3%
64.3%
40.7%
31.3%
10
49.3%
49.1%
24.1%
20.6%
Media 51.4%
Dev. Std. 9.5%
49.1%
9.7%
32.5%
7.9%
29.9%
7.6%
Nei piani di trattamento 3D-CRT, sul
PTV-P, il valore percentuale atteso per
la dose media alle teste femorali è del
50.2% ± 9.4%. In quelli RapidArc®
questa scende al 31.2% ± 7.7%. Nei
pazienti selezionati la riduzione media
della dose è pari al 38.0% (valori
trovati considerando i dati di tutte e
due le teste femorali).
Tabella 6
Dose alle teste femorali nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale.
21
Emami B. et al. op. cit.
25
I volumi delle teste femorali sono simmetrici tra loro rispetto al volume bersaglio, perciò,
nei risultati ottenuti, non ci sono discrepanze significative. Al fine di non rendere ripetitiva
l’analisi ho dunque deciso di trattare le due teste femorali in un’unica sezione.
Nonostante con il RapidArc®, in fase di pianificazione, venga data una priorità bassa alle
teste femorali, si riesce comunque a ridurre di molto la dose. Questo perché la tecnologia
RapidArc® riesce ad elaborare soluzioni geometriche molto avanzate, le quali consentono
di raggiungere risultati straordinari in particolare sui volumi che non sono a stretto
contatto con il bersaglio (come appunto le teste femorali).
La tecnica box 3D-CRT è invece obbligata a erogare una dose importante lungo il corridoio
che unisce le due teste femorali, per arrivare al bersaglio designato ed irradiarlo in modo
omogeneo.
Considerando le dosi effettive nel trattamento su PTV-P, abbiamo:
 25.3 Gy ± 4.8 Gy di dose media attesa con la tecnica box.
 15.6 Gy ± 3.8 Gy con il RapidArc®.
La dose scende mediamente di 9.7 Gy nei piani RapidArc® del campione studiato.
(a)
(b)
Figura 9
Esempio reale di una ricostruzione delle teste femorali (in verde) e dei rispettivi PTV (in rosso).
(a) PTV-P. (b) PTV-B.
26
6.1.3.2. Risultati teste femorali per il volume bersaglio PTV-B
Dose media alla Teste femorali (PTV-B)
3D-CRT
Dx
Sin
RapidArc®
Dx
Sin
1
49.8%
47.0%
21.1%
23.6%
2
51.1%
48.7%
22.5%
26.0%
3
33.8%
32.5%
39.8%
42.2%
4
44.9%
46.2%
16.4%
20.0%
5
51.2%
41.9%
20.5%
20.5%
6
49.1%
45.5%
33.0%
28.1%
7
51.3%
49.4%
18.1%
22.6%
8
40.6%
38.3%
20.9%
23.5%
9
56.2%
56.3%
18.9%
15.1%
10
49.3%
49.1%
16.4%
18.3%
Media 47.7%
Dev. Std. 6.4%
45.5%
6.6%
22.8%
7.6%
24.0%
7.4%
La dose media ricevuta dalle teste
femorali con la tecnologia RapidArc® è
del 23.4% ± 7.3% nel trattamento su
PTV-B, mentre con tecnologia box è del
46.6% ± 6.4% (valori trovati
considerando i dati di tutte e due le
teste femorali).
Tabella 7
Dose alle teste femorali nel trattamento sul volume PTV-P in percentuale.
La riduzione delle dimensioni del volume bersaglio permette al RapidArc® di trovare
soluzioni geometriche ancora più efficaci. Ecco perché RapidArc® passa dal 31.2% ± 7.7%
che otteneva sul volume maggiore PTV-P al 23.4% ± 7.3% su quello PTV-B, mentre la
riduzione di dose con tecnica a box è minore: 50.2% ± 9.4% sul volume PTV-P e 46.6% ±
6.4% sul volume PTV-B.
Le dosi effettive, calcolate utilizzando i dati di entrambe le teste femorali, sono le seguenti:
 12.1 Gy ± 1.7 Gy assorbiti dalle teste femorali con tecnica 3D-CRT.
 6.5 Gy ± 2.1 Gy per i piani RapidArc® (nonostante la dose erogata al PTV-B sia
superiore di 2 Gy rispetto ai piani 3D-CRT).
27
Per i piani RapidArc® la dose media assorbita dalle teste femorali scende mediamente di
5.6 Gy rispetto ai piani con tecnica a box.
6.1.4. Riepilogo dei risultati sulle dosi assorbite dagli organi a rischio
Percentuale di dose assorbita dagli organi a rischio (3D-CRT vs RapidArc)
120.0%
100.0%
80.0%
60.0%
Vescica
(PTV-P)
Retto
(PTV-P)
Vescica
(PTV-B)
Retto
(PTV-B)
T. Fem
(PTV-P)
T. Fem
(PTV-B)
40.0%
20.0%
0.0%
Figura 10
Grafico riassuntivo delle percentuali di dosi assorbite dagli organi a rischio.
Il grafico ci riassume le percentuali di dose assorbite dagli organi a rischio. In giallo sono
mostrati gli intervalli di dose media attesi nei trattamenti studiati con tecnica 3D-CRT, in
rosso quelli con tecnica RapidArc®.
Come ci si poteva attendere, l’organo a rischio maggiormente irradiato è la vescica. Inoltre
per tutte e due le tecniche, le percentuali di dose sono superiori nei trattamenti del
volume bersaglio PTV-P, che ha le dimensioni maggiori.
Meno evidente è invece il risultato sulle differenze tra le due tecniche in funzione delle
dimensioni dei volumi bersaglio. Dal grafico notiamo come le differenze tra le due
tecniche, a favore del RapidArc®, risultino più marcate nei trattamenti sul volume bersaglio
più piccolo (PTV-B).
Il test statistico riportato nel capitolo 7, permetterà di capire se le diminuzioni delle dosi
agli organi a rischio, che si hanno grazie all’utilizzo del RapidArc®, siano o meno
dimostrabili; consentendo dunque di rispondere al primo obiettivo di questo studio.
28
6.2.
Conformazione della dose al target
In questo sottocapitolo si cercherà di rispondere al secondo obiettivo e cioè determinare
se la conformazione della dose al target è migliore nei piani di trattamento RapidArc®
rispetto a quelli della tecnica a box 3D-CRT.
6.2.1. Dose minima
Dose Minima PTV-P
3D-CRT
RapidArc®
1
72.5%
84.4%
2
87.7%
3
Dose Minima PTV-B
3D-CRT
RapidArc®
1
82.1%
87.3%
88.7%
2
90.1%
91.7%
87.8%
84.2%
3
86.5%
87.5%
4
88.3%
88.1%
4
92.5%
86.5%
5
70.1%
87.3%
5
69.3%
87.6%
6
81.9%
82.9%
6
79.5%
77.7%
7
85.0%
86.0%
7
88.8%
88.6%
8
86.0%
85.6%
8
84.4%
91.0%
9
71.2%
85.8%
9
83.6%
89.4%
10
86.4%
82.7%
10
90.6%
84.4%
Media
Dev. Std.
81.7%
7.4%
85.6%
2.1%
Media
Dev. Std.
84.7%
6.8%
87.2%
3.9%
Tabelle 8a e 8b
Dose minima ai PTV.
La differenza nelle dosi minime ai due PTV, tra le due tecniche, risulta trascurabile. I valori
nei piani RapidArc® sono 85.6% ± 2.1% sul volume grande e 87.2% ± 3.9% sul volume
piccolo. Mentre le dosi minime con la tecnica a box 3D-CRT sono rispettivamente 81.7% ±
7.4% e 84.7% ± 6.8%.
29
Risulta invece più rilevante la differenza nei valori della deviazione standard. Infatti nei
pazienti scelti le differenze dei valori variano meno con il RapidArc®. Se consideriamo i
minimi e i massimi abbiamo:
 RapidArc®: valori compresi tra 82.3% e 88.7% (6.4 punti percentuali di differenza)
nel PTV-P e tra 77.7% e 91.7% (14 punti percentuali) nel PTV-B.
 3D-CRT: valori compresi tra 70.1% e 88.3% (18.2 punti percentuali di differenza) nel
PTV-P e tra 69.3% e 92.5% (23.2 punti percentuali) nel PTV-B.
Il RapidArc® risulta quindi avere dei valori leggermente più costanti.
6.2.2. Dose massima
Dose Massima PTV-B
Dose Massima PTV-P
3D-CRT
RapidArc®
1
104.4%
107.3%
106.7%
2
102.6%
106.3%
105.3%
108.3%
3
104.3%
108.9%
4
105.1%
106.5%
4
105.5%
107.9%
5
104.8%
107.8%
5
103.5%
105.5%
6
109.3%
108.5%
6
105.9%
108.7%
7
101.4%
107.1%
7
100.8%
108.9%
8
104.7%
108.5%
8
102.1%
106.4%
9
111.9%
108.8%
9
106.3%
106.8%
10
104.0%
109.1%
10
103.2%
108.8%
Media
Dev. Std.
105.9%
2.9%
108.0%
0.9%
Media
Dev. Std.
103.9%
1.8%
107.6%
1.3%
3D-CRT
RapidArc®
1
105.6%
108.4%
2
106.4%
3
Tabelle 9a e 9b
Dose massima ai PTV.
30
Anche nel caso delle dosi massime al PTV, le differenze tra RapidArc® e tecnica a box
risultano minime. Si osserva anche che le differenze delle dimensioni nei due volumi
bersaglio non influenzano significativamente i valori attesi delle dosi massime.
I valori dei piani RapidArc®, ricavati considerando tutti e due i PTV, variano da 105.5% a
109.1% per un valore atteso di 107.8% ± 1.1%.
Per la tecnica a box 3D-CRT, invece, si ha un intervallo compreso tra 100.8% e 111.9% ed
un valore atteso della dose massima di 104.9% ± 2.5% (sempre considerando i dati dei due
PTV).
Come per i valori ottenuti per la dose minima, il RapidArc® risulta avere dati meno variabili.
6.2.3. Dose media
Dose Media PTV-P
3D-CRT
RapidArc®
1
100.2%
99.4%
2
100.0%
3
Dose Media PTV-B
3D-CRT
RapidArc®
1
100.9%
100.0%
100.3%
2
100.1%
100.0%
102.2%
100.0%
3
101.0%
100.0%
4
101.4%
100.0%
4
102.8%
100.0%
5
99.4%
100.0%
5
100.1%
100.0%
6
99.2%
100.0%
6
96.5%
100.0%
7
98.3%
100.0%
7
98.1%
100.0%
8
100.7%
100.7%
8
98.9%
100.0%
9
98.4%
100.0%
9
101.8%
100.0%
10
100.3%
100.0%
10
99.0%
100.0%
Media
Dev. Std.
100.0%
1.2%
0.2%
100.0%
Media
Dev. Std.
99.9%
1.9%
100.0%
0.0%
Tabelle 10a e 10b
Dose media ai PTV.
31
La media della dose al target tende verso il 100% con le due metodiche.
Nel caso dei piani di trattamento del RapidArc® si hanno variazioni minime dei valori. Solo
2 valori, considerando entrambe le tabelle, sono diversi dal 100%. I valori attesi sono 100%
± 0.2%.
Anche i piani di trattamento con tecnica a box hanno valori con variazioni esigue tra loro,
ma comunque superiori al RapidArc®. La media, considerando i due PTV, è del 100%,
mentre i valori attesi sono 100% ± 1.5%.
Le dimensioni dei volumi bersaglio non sembrano condizionare i valori attesi.
6.2.4. Deviazione standard
Dev. Std. PTV-P
3D-CRT
RapidArc®
1
2.7%
2.2%
2
3.1%
3
Dev. Std. PTV-B
3D-CRT
RapidArc®
1
2.8%
2.2%
1.7%
2
1.7%
1.7%
1.9%
2.1%
3
2.5%
2.1%
4
1.3%
2.3%
4
1.8%
2.3%
5
3.0%
1.7%
5
2.7%
1.7%
6
3.5%
3.0%
6
3.8%
3.0%
7
2.0%
2.0%
7
1.9%
2.0%
8
2.3%
1.7%
8
2.4%
1.7%
9
4.0%
2.2%
9
3.3%
2.2%
10
2.2%
3.0%
10
2.1%
3.0%
Media
Dev. Std.
2.6%
0.8%
2.2%
0.5%
Media
Dev. Std.
2.5%
0.7%
2.2%
0.5%
Tabelle 11a e 11b
Deviazione standard dei PTV.
Le deviazioni standard ci permettono di determinare l’ordine di variazione della dose sul
volume.
32
Non si osservano differenze significative tra i piani RapidArc® e quelli 3D-CRT. Anche le
diverse dimensioni dei due volumi bersaglio non sembrano influenzare i valori delle
deviazioni standard.
6.2.5. Riepilogo dei risultati sulla distribuzione della dose ai PTV
I risultati sulla distribuzione della dose ai PTV non sembrano mostrare differenze
sostanziali tra i piani studiati con RapidArc® e quelli studiati con tecnica 3D-CRT. Questa
ipotesi è verosimile, in quanto la radioterapia a fasci esterni ha come principale obiettivo
quello di irradiare il volume bersaglio in modo omogeneo, la qualità della tecnica usata
determinerà poi quanto saranno irradiati i tessuti circostanti. Il prossimo capitolo ci
permetterà di determinare se questa ipotesi sia attendibile statisticamente.
7. Il test U di Mann-Withney applicato ai risultati
La prima ipotesi che si potrebbe fare partendo dai risultati ottenuti in questo lavoro è che
le dosi assorbite dagli organi a rischio siano minori nei piani di trattamento studiati con
RapidArc®.
La seconda ipotesi è che i due trattamenti abbiano una conformazione della dose al
volume bersaglio molto simile.
Queste due ipotesi, se confermate, permetterebbero di rispondere ai due obiettivi
prefissati in questo lavoro. Per avere una prova scientifica, i risultati raccolti devono essere
elaborati con un sistema matematico di statistica.
Il metodo statistico che si è deciso di utilizzare è il test di Wilcoxon-Mann-Whitney (noto
pure come test U di Mann-Whitney).22,23 Questo test non parametrico è uno dei più
affidabili e il suo utilizzo in questo lavoro permette di confermare le due ipotesi sopra
citate.
Le due ragioni principali che portano ad utilizzare in questo lavoro un test non parametrico
sono le seguenti:
1. La quantità dei dati non è elevata e quindi c’è il pericolo di avere dei dati spuri. E cioè
dei valori eccezionalmente grandi, o al contrario piccoli, che deviano i risultati delle
medie.
2. Non c’è la prova che i dati raccolti seguano un modello normale (o Gaussiano)24. In
particolare, il solo fatto di avere una quantità di dati non molto elevata non permette
di fare l’ipotesi di essere in presenza di un modello Gaussiano. La normalità nella
22
Corder, G. & Foreman, D. Nonparametric Statistics for Non-Stattisticians.
Pioda, G. Metodi non parametrici.
24
Un modello Gaussiano si ha quando i dati seguono l’andamento di una curva, detta curva di Gauss, che permette di
applicare le normali leggi della statistica.
23
33
popolazione dei dati è un requisito fondamentale per l’esecuzione di tutti i test di
statistica “tradizionale”. Se venisse a mancare, la validità del test sarebbe persa. Per
contro i test non parametrici non richiedono nessun presupposto particolare sulla
popolazione dei dati e quindi possono essere utilizzati con sicurezza.
ll test U di Mann-Whitney, infatti, non si basa sui valori ottenuti, ma bensì sui ranghi che
questi occupano. Il rango di un dato (o più in generale di un’osservazione) è la posizione
che esso occupa nella sequenza ordinata dell’insieme dei dati. Per esempio nella sequenza
5, 9, 13 il numero 5 occupa il primo rango, il 9 il secondo ed il 13 il terzo. Questo fa si che
eventuali dati spuri incidano meno sul risultato globale e di conseguenza le affermazioni
ottenute tramite questo test sono generalmente più robuste e sicure rispetto a quelle
ottenute con i test parametrici classici.
Per quanto riguarda la prima ipotesi di questa ricerca, il test U di Mann-Withney, ci
permette di determinare se le dosi agli organi a rischio ottenute con tecnica 3D-CRT siano
significativamente maggiori rispetto a quelle inferte dal metodo RapidArc®. Si ipotizza
quindi, per assurdo, che le dosi assorbite nei due trattamenti siano uguali e si confronta
poi quest’ipotesi, chiamata ipotesi nulla, con i calcoli. Se i valori di U risultano
significativamente inferiori a quelli critici riportati dalle tabelle, si può rifiutare l'ipotesi
nulla25 e di conseguenza si può scientificamente affermare che il metodo RapidArc®
inferisce una minore dose agli organi a rischio. Siccome si ipotizza già in partenza che ci
possa essere una dose minore per il metodo RapidArc® è legittimo ed appropriato eseguire
i test ad una sola coda.
Per la seconda ipotesi invece il test U ci consente di determinare se ci siano o meno
discrepanze tra i dati ottenuti con tecnica RapidArc® e quelli ottenuti con tecnica a box 3DCRT. Siccome in questo caso non si può sapere a priori se i valori siano maggiori o minori,
per questa parte di lavoro si utilizzerà un test a due code.
È importante ricordare che, per il test U, l’ipotesi nulla (cioè che i dati dei due gruppi sono
equivalenti), è confermata se la U calcolata è maggiore di quella della tabella. Avendo a
che fare con coppie di gruppi di 10 pazienti ciascuno, si hanno valori critici α<0.05 a
U=23(test a due code) e a U=27(test a una coda)26.
Per semplificazione, nell’analisi dei risultati dei test, U sarà quella trovata attraverso la
formula, mentre U’ sarà quella estrapolata dalla tabella annessa. Quindi riassumendo
abbiamo:
 L’ipotesi nulla è che i dati dei due gruppi sono equivalenti (in questo caso i due
gruppi sono 3D-CRT e RapidArc®).
 L’ipotesi nulla è confermata se U>U’ (quindi i valori di un gruppo sono superiori o
inferiori a quello dell’altro). Se U≤U’ l’ipotesi è invece rifiutata.
 Nel caso del test a due code U’=23, in quello ad una coda U=27.
25
26
L’ipotesi nulla è che i dati dei due gruppi sono equivalenti.
Vedi “Tabella dei valori critici di U” in allegato.
34
7.1.
Dimensione dei volumi (U’=23)
Per poter dare valore alla ricerca, come già scritto all’inizio del capitolo 6, è necessario che
sia statisticamente dimostrabile l'equivalenza tra i volumi trattati nei due gruppi di
pazienti.
Poiché non è possibile stabilire a priori se i valori siano maggiori o inferiori, si applica
(come già spiegato sopra) il test a due code (U’=23).
In questo caso l'ipotesi nulla “i volumi dei due gruppi di pazienti sono equivalenti” deve
essere confermata dai valori di U (cioè bisogna avere U>U’).
Il valore di U trovato è 37, sia per i volumi PTV-P che per quelli PTV-B. In tutte e due i casi
quindi è confermata l’ipotesi sperata: i valori delle dimensioni dei volumi non sono discosti
tra i due gruppi.
7.2.
Organi a rischio (U’= 27)
Per la conferma statistica del risparmio di dose agli organi a rischio con tecnica RapidArc®,
viene applicato il test U ad una coda in quanto partiamo già dall’ipotesi (da non
confondere con l’ipotesi nulla) che i valori del RapidArc® siano inferiori. Quindi U’=27.
Nel caso degli organi a rischio si vuole che l’ipotesi nulla venga rifiutata, questo significa
che i valori di U devono essere inferiori a quelli dell’U’:
 Per il retto abbiamo U=23 nei trattamenti PTV-P e U=5 nei trattamenti PTV-B.
Quindi l’ipotesi che i valori di dose al retto sono inferiori con la tecnica RapidArc® è
confermata.
Questo risultato è molto importante in quanto il retto, come già scritto, è l’organo a
rischio più sensibile e quello che provoca i maggiori problemi per quanto riguarda gli
effetti di tossicità.
 Per la vescica si ha U=20 nei piani sul PTV-P e U=23 nei piani sul PTV-B. Anche per la
vescica, quindi, i risparmi di dose ottenuti nei piani RapidArc® sono confermati.
 Per le teste femorali i valori della U calcolata sono fortemente inferiori: U=5 in
entrambi i confronti delle teste femorali di destra; U=1 e U=3 nel confronto delle
teste femorali di sinistra (PTV-P e PTV-B).
Si può dunque concludere che, per gli organi a rischio, la riduzione di dose assorbita nei
piani RapidArc® è confermata.
35
7.2.1. Conformità della dose al target (valore critico di U uguale a 23)
Nel caso della conformazione della dose sul volume bersaglio, attraverso questo test, si
desidera comprendere se i valori osservati con le due tecniche abbiano delle differenze
significative o meno. In questo caso, ricordo che bisogna applicare il test U ad una coda, in
quanto non si può determinare a priori se i valori siano superiori o inferiori.
La U calcolata se superiore alla U’ delle tabelle, che sappiamo essere uguale a 23,
confermerà che i valori raccolti con le due tecniche sono equivalenti. I valori di U nel
trattamento su PTV-P e rispettivamente su PTV-B sono i seguenti:




Dose minima: U=42 e U=40.
Dose massima: U=20 e U=2.
Dose media :U=51 e U=40.
Deviazione standard: U=42 e U=38.
L’unico valore che non conferma l’ipotesi nulla sull’equivalenza dei dati è quello relativo
alla dose massima, la quale risulta essere significativamente superiore nei piani RapidArc®.
La conformazione della dose al volume bersaglio è dunque analoga con i due metodi, con
l’eccezione della dose massima, che tende ad avere valori leggermente superiore nei piani
RapidArc (aumento nell’ordine del 2-3%).
36
8. Conclusione
La ricerca ha analizzato la distribuzione di dose osservata su piani di trattamento creati con
tecniche radioterapiche differenti. Sono stati confrontati i dati dosimetrici della tecnica a
box 3D-CRT e quelli del RapidArc® nel trattamento radioterapico del carcinoma prostatico
in stadio iniziale. L’obiettivo era quello di determinare se l’arrivo del RapidArc® permette di
migliorare la qualità dei piani di trattamento sotto l’aspetto dosimetrico. I due aspetti
considerati sono stati: la conformazione della dose al volume bersaglio e il risparmio di
dose agli organi a rischio (retto, vescica e teste femorali).
Dallo studio effettuato risultano delle differenze non significative nella conformazione
della dose al volume bersaglio. Le due metodiche hanno valori simili, anche se il RapidArc®
sembra avere minori variazioni nei valori. Se ne conclude che sia la tecnica a box 3D-CRT,
sia il RapidArc® permettono di irradiare il volume bersaglio in modo omogeneo.
I valori delle dosi medie assorbite dagli organi a rischio mostrano invece una maggior
efficacia dei piani studiati con RapidArc®. Elaborando i dati raccolti con un metodo
statistico scientifico (test U di Mann-Withney), questo lavoro, ha potuto dimostrare come
le dosi assorbite dagli organi a rischio siano significativamente inferiori nei piani di
trattamento studiati con RapidArc®.
Anche le dosi effettive assorbite dagli organi a rischio, misurate in Grey (Gy), sono più
basse con tecnica RapidArc®, anche nei piani della seconda serie, nonostante questi
avessero una prescrizione clinica di dose superiore di 2 Gy.
Si può dunque concludere che l’introduzione di questa nuova tecnica apporta una serie di
vantaggi legati alla sua velocità nell’eseguire la terapia, al movimento rotatorio della
macchina durante la terapia e alla sua possibilità di modulare i componenti che gestiscono
la conformazione e l’intensità del fascio. In particolare:
1. la possibilità di irradiare il paziente durante il movimento rotatorio dell’acceleratore
lineare (gantry) e la possibilità di modulare il fascio, permette di migliorare la
distribuzione della dose sui tessuti sani.
2. il guadagno in accuratezza e nel risparmio di dose ai tessuti sani permette un
incremento della radiazione erogata al target e quindi di aumentare il controllo locale
della malattia.
3. la breve durata del trattamento riduce la possibilità che il paziente si muova durante la
seduta e questo porta ad un aumento dell’accuratezza. Inoltre questo aspetto migliora
il confort di trattamento del paziente, che si vede ridurre in modo significativo il tempo
nel quale dovrà rimanere il più fermo possibile.
37
9. Bibliografia
Amin, M.; Grignon, D.; Humphrey P.; Srigley, J. Gleason Grading of Prostate Cancer.
Lippincott Williams&Wilkins, 2004.
Cavalli, F.; Cognetti, F.; Costa, A.; Orecchia, R. Fondamenti di oncologia clinica. Elsevier
Italia, 2006.
Corder, G.; Foreman, D. Nonparametric Statistics for Non-Statisticians. Wiley, 2009.
Duthoy, W.; De Gersem, W.; Vergote, K.; Botenberf, T.; Derie, C.; Smeets, P.; De
Wagter, C.; De Neve, W. Clinical Implementation of Intensity Modulated Arc Therapy
(IMAT) for Rectal Cancer. Int J Radiat Oncol Biol Phys. 2004, 60:794–806.
Emami, B.; Lyman, J.; Brown, A.; Coia, L.; Goitein, M.; Munzenrider, JE.; Shank, B.;
Solin, LJ; Wesson, M. Tolerance of Normal Tissue to therapeutic Irradiation. Int J Radiat
Oncol Biol Phys. 1991, 15; 2(1): 109-22
Gunderson, L. & Tepper, J. Clinical Radiation Oncology. Churcill Livingstone, 2000.
Mayles, P.; Nahum, A.; Rosenwald, J.-C. Handbook of Radiotherapy Physics: Theory and
Practice. Taylor & Francis, 2007.
Molinatti, G. Terapia medica ragionata. Piccin, 2002.
Pioda, G. Metodi non parametrici. SSMT Corso di statistica. 2010.
Unità di fisica medica. Basi della radioterapia con fasci esterni. SSMT Corso di
Radioterapia-TRM III. IOSI-Bellinzona, 2010.
Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento radioterapico. SSMT Corso di
Radioterapia-TRM III. IOSI-Bellinzona, 2010.
Unità di fisica medica. Pianificazione del trattamento di radioterapia 3D
conformazionale. SSMT Corso di Radioteerapia-TRM III. IOSI-Bellinzona, 2010.
Unità di fisica medica. Pianificazione - tecniche avanzate. SSMT Corso di RadioteerapiaTRM III. IOSI-Bellinzona, 2010.
Webb, S. The Physics of Conformal Radiotherapy: Advances in Technology. IOP
Publishing, 1997.
Yu, C. Intensity-Modulated Arc Therapy with Dynamic Multileaf Collimation: an
Alternative to Tomotherapy. Phys Med Biol. 1995;40:1435–1449.
38
10. Allegati
10.1.
Allegato 1: Tabella valori U
39
10.2.
Allegato 2: Raccolta dati PTV-P
40
10.3.
Allegato 3: Raccolta dati PTV-B
41