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Globuli rossi
Globuli rossi
I reticolociti
Silvia Tasca
I
reticolociti identificano i globuli rossi immaturi
provvisti di RNA residuo e corrispondono ai policromatofili (Fig. 1) alla valutazione dello striscio. Possono essere misurati mediante metodi
manuali (valutazione microscopica di striscio di
sangue colorato con nuovo blu di metilene) o
strumentali (sistemi ottici). Lo studio del reticologramma rappresenta un metodo di valutazione
diretto dell’evento rigenerativo. A fronte di
un’anemia è competenza del clinico capire se il
midollo osseo risponde in modo adeguato o no
all’evento anemico. Si deve tuttavia precisare che
lo studio del reticologramma può essere affrontato anche in assenza di anemia: ad esempio, a
fronte di una marcata eritrocitosi, rilevare un
aumento significativo dei reticolociti, potrebbe
suggerire la presenza di un disordine proliferativo neoplastico a carico della serie eritroide (Policitemia Vera).
In merito ai metodi manuali, l’uso di coloranti sopravitali come il nuovo blu di metilene, consente di identificare i reticolociti alla valutazione
di uno striscio: il materiale reticolare, costituito
da ribosomi, mitocondri e altri organelli presenti
nelle cellule immature, assorbe il colorante conferendo alla cellula un aspetto reticolare. Per
eseguire in modo corretto la conta dei reticolociti si procede come segue: si miscela un volume di
sangue intero addizionato di K3EDTA (sono sufficienti 100 µl) con un pari volume di soluzione di
nuovo blu di metilene. Il preparato allestito va
lasciato in posa per 20 minuti circa a temperatura ambiente; al termine del periodo di posa si va
a preparare uno striscio nella medesima modalità con cui si eseguono gli strisci di sangue; una
volta strisciato e asciugato all’aria, lo striscio potrà essere osservato al microscopio (Fig. 2).
In particolar modo, nel gatto si riconoscono
due tipi di reticolociti, rispettivamente aggregati
e puntati distinguibili in funzione del contenuto
in materiale granulare (Fig. 3). I reticolociti puntati seguono gli aggregati nella maturazione,
che avviene mediamente nell’arco di 10 ore. La
successiva maturazione porta alla formazione
del globulo rosso maturo in circa 10 giorni. Solo
il primo tipo morfologico è assimilabile ai retico-
Figura 1 - Policromatofili.
Figura 2 - Striscio di sangue colorato con nuovo blu di metilene.
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Figura 3 - Reticolociti felini colorati con nuovo blu di metilene. Reticolociti aggregati (freccia doppia) e reticolociti puntati (freccia singola).
lociti canini e corrisponde al grado di policromasia periferica. Poiché gli strumenti attualmente
su mercato non possono distinguere i due tipi di
reticolociti, nel gatto l’unico metodo applicabile
è quello manuale.
Per ricavare la percentuale reticolocitaria (RP,
reticulocyte percentage) con il nuovo blu di metilene si contano i reticolociti (nel gatto si contano separatamente gli aggregati e i puntati) in 4
campi microscopici a 100X (stimando che ci siano
circa 250 globuli rossi per campo) e si divide per
10 il valore ottenuto. Per ricavare quindi il valore assoluto di reticolociti (nRet) si moltiplica l’RP
per il numero totale di globuli rossi (RBC) e si divide per 100.
I sistemi ottici invece contano i reticolociti dopo
colorazione del materiale cromatinico con una sostanza fluorescente (es. tiazolo arancio), che consente di distinguere i globuli rossi maturi dai reticolociti, fornendo in modo diretto il valore dei reticolociti assoluti e garantendo maggior accuratezza e precisione rispetto al metodo precedente.
Nella tabella 1 si riporta un esempio di classificazione del grado di rigenerazione secondo il
numero assoluto dei reticolociti. I valori riportati
sono puramente indicativi, in quanto sarà opportuno considerare gli intervalli di riferimento
forniti dal proprio laboratorio di fiducia.
In alternativa al valore assoluto è possibile
usare la percentuale di reticolociti di cui si riporta un esempio nella tabella 2.
Un terzo sistema, usa la percentuale corretta
dei reticolociti (CRP, corrected reticulocyte percentage), che mette in relazione il numero di reticolociti con il grado di anemia, utilizzando la
seguente formula:
RP X Hct del paziente
CRP =
Hct medio della specie in esame
(cane: 45% e gatto: 37%)
L’indice reticolocitario (IR) (Tab. 3), calcolabile
solo nel cane, tiene invece conto dell’emivita dei
reticolociti in funzione del grado di anemia.
L’IR si calcola dividendo il CRP per il tempo di
maturazione reticolocitario (RMT, rate maturation time) (Tab. 4). Nel midollo osseo il tempo di
maturazione fisiologico dei reticolociti è di circa
TABELLA 1. GRADO DI RIGENERAZIONE IN FUNZIONE DEL NUMERO ASSOLUTO DI RETICOLOCITI (nRet)
GRADO DI
RIGENERAZIONE
GATTO
CANE
nRet (cell/µl)
nRet agg. (cell/µl)
nRet punt. (cell/µl)
Normale
60.000
<15.000
<20.000
Lieve
150.000
50.000
500.000
Moderato
300.000
100.000
1.000.000
Marcato
500.000
200.000
1.500.000
TABELLA 2. GRADO DI RIGENERAZIONE IN FUNZIONE
DELLA PERCENTUALE RETICOLOCITARIA (RP)
RP (%)
TABELLA 3. CLASSIFICAZIONE DELL’ANEMIA IN FUNZIONE
DELL’INDICE RETICOLOCITARIO (IR)
IR
INTERPRETAZIONE
Cane
Gatto
<1
Anemia non rigenerativa
1
0,1-0,4
1-3
Anemia rigenerativa
Lieve
1-4
0,5-2
>3
Anemia fortemente rigenerativa
Moderato
5-20
3-4
Marcato
21-50
>5
GRADO
DI RIGENERAZIONE
Normale
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TABELLA 4. TEMPO DI MATURAZIONE RETICOLOCITARIO
(RTM) ESPRESSO IN GIORNI IN FUNZIONE
DELL’EMATOCRITO (HCT)
HCT (%)
RMT (giorni)
45
1 giorno
35
1,5 giorni
25
2 giorni
15
2,5 giorni
24 ore, ma secondo necessità tale periodo può
essere ridotto: tanto più grave è l’anemia tanto
più rapidamente i reticolociti vengono rilasciati
in circolo, dove sostano per un periodo maggiore prima di diventare globuli rossi maturi. L’uso
dell’IR evita di sovrastimare l’evento rigenerativo. La stima dell’evento rigenerativo in funzione
del solo IR è tuttavia poco attendibile.
Dallo studio del reticologramma, ottenuto mediante metodica ottica, possono essere ricavate
ulteriori informazioni cliniche. In particolar modo, è possibile eseguire una diagnosi precoce di
deficienza di ferro (DF) mediante valutazione del
contenuto emoglobinico reticolocitario (CHretic),
della percentuale di reticolociti ipocromici (%
Hypo) e del volume reticolocitario medio (MCVretic). Studi condotti nell’uomo e nel cane hanno dimostrato che una riduzione di tali indici può essere impiegata come precoce indicatore di DF.
L’impiego di indici ematologici classici come
MCV (Mean Cell Volume – volume corpuscolare
medio) e MCHC (Mean Corpuscolar Hemoglobin
Concentration – concentrazione emoglobinica
corpuscolare media – volume corpuscolare medio)
è infatti considerato poco sensibile per evidenziare una DF: l’alterazione di tali indici può richiedere mesi prima di essere identificata in quanto il
ferro disponibile viene in maniera preferenziale
impiegato per la sintesi emoglobinica e la lunga
emivita eritrocitaria (100 giorni nel cane e 70 giorni nel gatto) può mascherare l’insorgenza di una
nuova popolazione microcitica ipocromica (per
maggiori informazioni si rimanda al capitolo “Il
profilo sideremico e come interpretarlo correttamente”). Parimenti, gli stessi indici reticolocitari
possono essere impiegati per monitorare la risposta terapeutica ad un’integrazione di ferro: l’aumento del CHr, entro un breve periodo dall’inizio
della terapia (massimo 7 giorni) può indicare non
solo l’efficacia della terapia marziale ma anche la
bontà della via di somministrazione.
Anche in corso di anemia da flogosi cronica
(AFC) si può registrare una riduzione del CHretic:
studi condotti in medicina umana hanno dimostrato una differenza statisticamente significati-
va tra il CHretic dei soggetti affetti da DF rispetto
a soggetti colpiti da AFC; la riduzione della sideremia in seno a un processo flogistico cronico diversamente da una DF non è comunque tale da
determinare un’evidente diminuzione del CHretic.
In assenza di un segnale rigenerativo appropriato in corso di anemia, si segnala il frequente
rilevo di un aumento dell’MCVret (osservazione
dell’Autore); in medicina umana tale reperto si
descrive in corso di anemia da deficienza di vitamina B12 (vit. B12), a dimostrazione di un difetto
mitotico che si associa a macrocitosi. L’anemia
macrocitica normocromica da deficienza di vit. B12
in veterinaria trova riscontro solo nello Schnauzer gigante, in quanto nelle altre razze il malassorbimento si traduce più frequentemente in
un’anemia normocitica normocromica. Data questa particolarità, si sospetta che l’aumento dell’MCVret in presenza di anemia non rigenerativa
possa essere impiegato come espressione di un’eritropoiesi inappropriata.
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Ematopoiesi
Silvia Tasca
L
’ematopoiesi identifica i processi di produzione, differenziazione e maturazione delle linee cellulari ematiche a partire da un precursore
comune definito cellula staminale totipotente
nel midollo osseo. Durante la vita intrauterina,
ad inizio gravidanza, i primi precursori sono localizzati nel sacco vitellino, successivamente
l’ematopoiesi si osserva in sede epatica e splenica per poi assumere a fine gravidanza la sua sede definitiva nel midollo osseo. Il tessuto ematopoietico rappresenta in condizioni fisiologiche il
4-6% del peso corporeo. Il midollo osseo si trova
nelle cavità delle ossa lunghe e di quelle assiali. È
costituito da isole di tessuto ematopoietico e adiposo sorrette da seni vascolari frammisti a trabecole ossee.
Figura 1 - Ematopoiesi.
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Da una cellula staminale totipotente origina
selettivamente una cellula staminale commissionata rispettivamente in senso mieloide e linfoide. Le cellule staminali commissionate in senso
mieloide vengono definite operativamente “unità formanti colonie” in base alla loro capacità,
dimostrata sperimentalmente, di formare colonie ematopoietiche miste nella milza di animali
da laboratorio. Si distinguono pertanto CFUGEMM (unità formanti colonie granulocitarie,
eritroidi, monocitarie e megacariocitarie), CFUGM (unità formanti colonie granulomonocitarie), CFU-G (unità formanti colonie granulocitarie), GFU-M (unità formanti colonie monocitarie), CFU-Meg (unità formanti colonie megacariocitarie), BFU (unità formanti bursts o macroco-
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lonie eritroidi), CFU-E (unità formanti colonie eritroidi), CFU-Eos e CFU-Baso (unità formanti colonie rispettivamente eosinofiliche e basofiliche).
Opportune citochine, fattori di crescita, possono
stimolare specificatamente la differenziazione
delle diverse linee cellulari (Fig. 1).
L’eritropoiesi (Fig. 2) identifica il processo che
porta alla produzione di eritrociti maturi a partire da un blasto eritroide (eritroblasto). Attraverso una sequenza di eventi mitotici si registra una
progressiva riduzione del volume cellulare e quin-
Figura 2 - Eritropoiesi.
di del contenuto in DNA fino allo stadio di metarubricita, dove l’evento mitotico si interrompe
per raggiunta saturazione citoplasmatica ad opera
dell’emoglobina.
Di seguito si osserva l’espulsione del nucleo
con produzione di reticolociti (globuli rossi con
residuo citoplasmatico di RNA) e poi di globuli
rossi maturi. In un periodo di 3-4 giorni abbiamo
4 divisioni mitotiche per produrre circa 16 metarubriciti, non più capaci di dividersi.
L’eritropoiesi viene regolata attraverso isole
eritroblastiche, costituite da un macrofago circondato da precursori eritroidi, che ricavano dallo stesso fattori di crescita (Fig. 3). Contestualmente l’eritropoietina (EPO) può stimolare l’eritropoiesi e l’inibizione dell’evento apoptotico a
carico della stessa filiera. Il meccanismo che porta alla sintesi di EPO dal rene (in minima misura
dal fegato) è l’ipossia; a seguito di un evento ipossico si ha un immediato rilascio di EPO con picco
massimo di attività entro 24 ore.
L’elemento più precoce appartenente alla serie eritroide è il rubriblasto. Al microscopio ottico si presenta di grandi dimensioni (20-25 µm)
con rapporto nucleo:citoplasma (N:C) elevato,
nucleo tondo dalla cromatina finemente granulare provvisto di 1-2 nucleoli, e citoplasma intensamente basofilo (Fig. 4). Seguono il prorubricita, il rubricita, il metarubricita e il policromatofilo. Il prorubricita (Fig. 5), se pur simile al precedente, ha dimensioni minori (16-18 µm), il nucleo
manca di nucleoli e la cromatina assume un aspetto clampato. Il rubricita (Fig. 6) ha dimensioni
medie (8-12 µm), il nucleo ha la cromatina a zolle in assenza di nucleoli e il citoplasma può variare da moderatamente (rubricita basofilico) a
lievemente basofilo (rubricita policromatofilico).
Figura 3 - Isola eritroblastica.
Figura 4 - Rubriblasto.
Rb: Rubriblasto
Pr: Prorubricita
Rc: Rubricita
Mr: Metarubricita
Rt: Reticolocita
E: Eritrocita
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Figura 5 - Prorubricita.
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Il metarubricita (Fig. 7) è la cellula eritroide più
matura provvista di nucleo priva di capacità mitotica; il nucleo appare picnotico (cromatina scura a zolle) e il citoplasma risulta debolmente basofilo. Con il policromatofilo (Fig. 8) si assiste alla perdita del nucleo; il citoplasma risulta debolmente basofilo per persistenza di scarso materiale nucleare residuo (ribosomi). Con la successiva
perdita dei ribosomi e l’interruzione della sintesi
proteica si assiste alla formazione dell’eritrocita
maturo (Fig. 9).
La granulopoiesi regola la produzione dei diversi granulociti (neutrofili, eosinofili e basofili) a
partire da un precursore comune sotto l’influsso
di opportune citochine coinvolte in un processo
di proliferazione, differenziazione e maturazione cellulare.
Figura 6 - Rubricita.
Figura 8 - Policromatofilo.
Figura 7 - Metarubricita.
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Figura 9 - Globuli rossi maturi di cane.
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TABELLA 1. MORFOLOGIA PRECURSORI ERITROIDI
CELLULA
DIAMETRO
CITOPLASMA
NUCLEO
NUCLEOLI
Rubriblasto (Fig. 4)
20-25 µm
intensamente basofilo
Rotondo
1o2
Prorubricita (Fig. 5)
16-18 µm
intensamente basofilo
Rotondo
Assenti
Rubricita (Fig. 6)
8-12 µm
varia da moderatamente
a lievemente basofilo
Rotondo
Assenti
Metarubricita (Fig. 7)
8-10 µm
debolmente basofilo
Rotondo
Assenti
Policromatofilo (Fig. 8)
7-8 µm
debolmente basofilo
Globulo rosso maturo (Fig. 9)
7 µm
eosinofilo
I granulociti neutrofili in particolar modo e i
relativi precursori rappresentano la linea cellulare nucleata prevalente nel midollo osseo così come nel sangue periferico.
Nel midollo osseo si riconoscono due comparti:
- Comparto mitotico (o di proliferazione)
- Comparto di maturazione.
Il comparto mitotico contiene approssimativamente dal 10% al 30% di cellule capaci di dividersi
(mieloblasti, promielociti e mielociti). Il comparto
di maturazione e il sottocomparto di stoccaggio
costituiscono approssimativamente il 70%-90%
dei granulociti (mielociti, metamielociti, neutrofili banda e neutrofili segmentati). Il tempo necessario in media affinché un neutrofilo completi il suo ciclo maturativo è pari a sette giorni; tale periodo può ridursi secondo le richieste periferiche. Raggiunto il periferico i neutrofili si distribuiscono in due “pools”, rispettivamente circolante (CNP) e marginale (MNP), in rapporto di
1: 1 nel cane e di 1: 3 nel gatto (Fig. 10)].
L’emivita di un neutrofilo circolante varia da
5.5 a 7.6 ore in un cane e in un gatto. La migrazione e la chemiotassi nel sito di infiammazione
si esplicano grazie all’interazione del neutrofilo
con i mediatori dell’infiammazione e con sostanze chemiotattiche, che promuovono l’adesione
all’endotelio, la migrazione verso i tessuti, la fagocitosi dei microrganismi e il rilascio di sostanze
citotossiche. I neutrofili marginali e migrati nei
tessuti sopravvivono da 1 a 4 giorni; possono poi
essere fagocitati dai macrofagi tissutali o eliminati per via transmucosale. Una volta reclutati nel sito di infiammazione e circoscritto l’evento flogistico muoiono per apoptosi: la rimozione dei neutrofili intatti eviterà il rilascio di potenziali contenuti intracellulari tossici che potrebbero causare un ulteriore danno tissutale.
Il mieloblasto è l’elemento più precoce della
serie granulocitaria (Fig. 11). È una cellula di grandi dimensioni, dal N:C elevato, nucleo da tondo
ad ovale con cromatina finemente reticolare,
provvisto di 1-2 nucleoli e citoplasma moderatamente basofilo. Il promielocita appare una cellula di grandi dimensioni (talvolta può apparire più
grande del mieloblasto perché ha il citoplasma
più abbondante) dal N:C elevato, nucleo da tondo ad ovale con cromatina finemente reticolare,
sprovvisto di nucleoli e citoplasma moderatamente basofilo con granulazioni color magenta
(Fig. 12). Segue il mielocita, di dimensioni più ridotte rispetto alle precedenti, il nucleo da tondo
ad ovale con cromatina finemente reticolare non
presenta alcun nucleolo e il citoplasma appare
Figura 10 - Granulopoiesi.
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Figura 11 - Mieloblasto.
lievemente basofilo (Fig. 13). Con il metamielocita si assiste alla perdita della capacità mitotica e
alla comparsa di una profonda indentatura a carico del nucleo (Fig. 14).
Il neutrofilo banda appare privo di lobulature
con una classica forma a ferro di cavallo (Fig. 15).
Il neutrofilo segmentato, ultimo stadio di maturazione, presenta un nucleo provvisto di più lobi, con cromatina grossolana e citoplasma chiaro
(Fig. 16).
I granulociti eosinofili (Fig. 17) e basofili (Fig.
18), in numero molto basso nel midollo osseo
normale, condividono con il neutrofilo i medesimi precursori fino allo stadio del mielocita dove
si assiste alla comparsa di granulazioni citoplasmatiche specifiche della linea di appartenenza.
In particolar modo nella differenziazione eosinofilica gioca un ruolo fondamentale l’interleuchi-
Figura 12 - Promielocita.
Figura 13 - Mielocita.
TABELLA 2. MORFOLOGIA PRECURSORI MIELOIDI
CELLULA
DIAMETRO
CITOPLASMA
NUCLEO
NUCLEOLI
Mieloblasto (Fig. 11)
20-25 µm
moderatamente basofilo
da tondo ad ovale
1o2
Promielocita (Fig. 12)
20-30 µm
moderatamente basofilo
con fini granulazioni color
magenta
da tondo ad ovale
Assenti
Mielocita (Fig. 13)
12-20 µm
lievemente basofilo
da tondo ad ovale
Assenti
Metamielocita (Fig. 14)
12-18 µm
debolmente basofilo
reniforme
Assenti
Neutrofilo banda (Fig. 15)
12-18 µm
debolmente basofilo
a ferro di cavallo
Assenti
Neutrofilo segmentato (Fig. 16)
12-18 µm
chiaro
segmentato con
cromatina grossolana
Assenti
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Figura 14 - Metamielocita.
Figura 16 - Neutrofilo segmentato.
Figura 15 - Neutrofilo banda.
Figura 17 - Granulocita eosinofilo.
na 5 (IL-5) mentre nella differenziazione basofilica IL-3 e IL-4.
I monociti (Fig. 19), parimenti ai granulociti,
originano nel midollo osseo da un precursore
noto come CFU-GM: la differenziazione in monoblasti, promonociti e monociti avviene sotto
l’influsso di fattori di crescita specifici, quali IL3, GM-CSF (granulocyte macrophage colony stimulating factor) e M-CSF (macrophage stimulating factor).
Morfologicamente i monociti appaiono cellule di 14-20 µm di diametro con nucleo convoluto
e pleomorfo e cromatina lassa priva di nucleoli; il
citoplasma, generalmente abbondante, varia da
chiaro a debolmente basofilo, occasionalmente
vacuolizzato a seconda dello stato di attivazione.
Pur presentando dimensioni intermedie tra il
granulocita e il linfocita, l’elevata adesività citoplasmatica lo fa apparire più grande.
Benché i linfociti (Fig. 20) T e B originino da
una cellula staminale totipotente orientata in
senso linfoide comune, le fasi successive di maturazione si delineano in modo differente nei due
tipi cellulari.
In particolar modo l’iter differenziativo del
linfocita B può essere suddiviso in due tappe
successive: la prima di differenziazione centrale
o midollare, denominata “antigene-indipendente”, e la seconda, di differenziazione secondaria o periferica, chiamata “antigene dipen-
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dente” negli organi linfoidi secondari. La durata di quest’ultima fase, varia in funzione dello
stimolo antigenico che evoca la differenziazione; le tappe finali di trasformazione culminano,
comunque, nella produzione di linfociti B altamente specializzati nella risposta immunitaria
umorale (anticorpale) quali plasmacellule e linfociti B della memoria.
Queste ultime, cellule antigene-specifiche,
devono tale denominazione al fatto che rimangono in uno stato di quiescenza per anni, in attesa di riattivarsi a seguito di una riesposizione
all’antigene.
I precursori dei linfociti T, diversamente dai
B, abbandonano precocemente il midollo osseo
e continuano il loro sviluppo e maturazione nel
timo sia da un punto di vista funzionale che fenotipico. Nel timo ogni linfocita T acquista una
propria competenza immunologica, in quanto
programmato a riconoscere una specifica sequenza antigenica attraverso un recettore di superficie (TCR, T cell receptor) complementare alla stessa; si ha inoltre la progressiva differenziazione nelle due sottopopolazioni linfocitarie, rispettivamente T helper e T citotossica. L’ultima
fase di sviluppo, nota anche come fase periferica, si completerà negli organi linfoidi secondari
[linfonodi, milza, MALT (mucosa associated lymphoid tissue)], dove l’interazione antigene-anticorpo, mediata dal TCR, comporterà l’attivazio-
Figura 18 - Granulocita basofilo.
Figura 20 - Linfocita.
Figura 19 - Monocita.
Figura 21 - Piastrine.
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ne del linfocita T con conseguente proliferazione e differenziazione clonale: tanti linfociti T
con lo stesso recettore saranno prodotti e convogliati nel sito di esposizione, dove, attraverso
meccanismi che coinvolgono citochine e altri tipi cellulari ad attività fagocitaria, distruggeranno l’invasore. Tale processo è noto come risposta cellulo-mediata.
La megacariocitopoeisi, che esita nella produzione di piastrine (Fig. 21), rappresenta un processo biologico complesso: origina da una cellula
staminale totipotente, che attraverso una sequenza di progenitori progressivamente indirizzati alla produzione di elementi morfologicamente riconoscibili come precursori megacariocitari arriva alla sintesi di megacarioblasti, promegacariociti, megacariociti e quindi piastrine.
I megacariociti maturi (Fig. 22), stimabili in
circa lo 0.1-0.5% delle cellule nucleate totali,
presentano un diametro variabile da 20 fino a
50 µm, sono multi nucleati e mostrano un abbondante citoplasma acidofilo ricco in fini granulazioni. I megacariociti originano da una replicazione del DNA non seguita da mitosi che
esita nella formazione di cellule di grandi dimensioni poliploidi. I megacariociti, quando più
maturi, si localizzano in prossimità delle cellule
endoteliali dei sinusoidi midollari sviluppando
delle protrusioni citoplasmatiche, note come “filopodi”, che si riversano all’interno dei capillari
dando origine a numerose piastrine direttamente dalla loro frammentazione.
La produzione piastrinica è direttamente influenzata dalla trombopoietina (TPO), glicoproteina di sintesi epatica e renale, i cui livelli ematici sono inversamente proporzionali alla massa
megacariocitaria e piastrinica. Sia le piastrine che
i megacariociti espongono recettori ad alta affinità per la TPO; al legame segue la degradazione
della stessa. Ne deriva che, in corso di piastrinosi,
l’aumentata massa piastrinica lega e metabolizza
la TPO, limitandone la disponibilità per i megacariociti e la conseguente sintesi di piastrine; al
contrario, a seguito di piastrinopenia il consumo
di TPO in periferia è limitato, lasciando agire la
glicoproteina a livello midollare, promuovendo
la sintesi di nuove piastrine.
Di seguito si riportano alcuni dati relativi alla
distribuzione delle diverse linee cellulari nel midollo osseo normale di cane, tratti da un lavoro
pubblicato da Mischke et al. nel 2002:
• Mielo:Eritroide (M:E)
→ 1.08 (±061 SD)
• Eritroidi Immaturi:Eritroidi Maturi (I:Me)
→ 0.27 (± 0.09 SD)
• Mielo Immaturi:Mielo Maturi (I:M)
→ 0.16 (± 0.05 SD)
• Cellule Megacariocitopoietiche
→ 0.23% (± 0.20 SD).
Nel midollo osseo sono presenti anche altri tipi cellulari, definiti cellule accessorie, in percentuale variabile. Rientrano nelle cellule accessorie
le seguenti cellule:
- Linfociti
- Plasmacellule
- Macrofagi
- Osteoclasti/osteoblasti.
I linfociti (Fig. 20) sono stimabili fisiologicamente in circa il 6.39% (±3.75 SD) delle cellule
nucleate totali: sono cellule di piccole dimensioni (7-10 µm), caratterizzate da un nucleo sferico
e da un rapporto nucleo citoplasma elevato; la
loro attivazione, conseguente all’incontro e al riconoscimento dell’antigene, ne induce la trasformazione blastica con notevole aumento di volume e comparsa di un citoplasma ricco in mitocondri, ribosomi e reticolo endoplasmatico. Le
plasmacellule (Fig. 23) si stimano invece in circa
Figura 22 - Megacariociti.
Figura 23 - Plasmacellule.
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Capitolo 4
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Globuli rossi
il 2.98% (±1.65 SD) [Mischke et al., 2002]: appaiono di dimensioni medie, dal rapporto nucleo:citoplasma moderato, nucleo tondo eccentrico privo di nucleoli dalla cromatina aggregata
a zolle e citoplasma moderato, intensamente ba-
Figura 24 - Osteoclasto.
Figura 25 - Osteoblasto.
Capitolo 4
sofilo; in posizione perinucleare si osserva una
zona chiara ascrivibile all’apparato del Golgi, definita arcoplasma.
Il loro numero può subire variazioni notevoli
a seconda del processo morboso in atto. Un incremento ad esempio di entrambi può essere osservato a seguito di un processo flogistico cronico, come espressione di uno stimolo antigenico
cronico. In ambito oncologico, variazioni più marcate possono essere osservate nei disordini linfoproliferativi acuti e cronici.
Gli osteoclasti (Fig. 24) sono cellule giganti
multinucleate, con nuclei ben separati (caratteristica che consente di distinguerli dai magacariociti) e citoplasma abbondante contenente materiale granulare color magenta, che esita dalla rimozione e digestione dell’osso. Gli osteoblasti
(Fig. 25), al contrario, presentano un singolo nucleo eccentrico, da rotondo ad ovale con cromatina reticolare. A carico del nucleo possono essere osservati 1-2 nucleoli.
Entrambi, raramente osservati in soggetti
adulti, sono di comune riscontro in quelli in accrescimento come espressione di un rimodellamento osseo attivo.
Condizioni patologiche, caratterizzate da disordini del metabolismo del calcio, come ad
esempio l’ipercalcemia paraneoplastica (es. linfoma, mieloma multiplo), l’insufficienza renale cronica, possono essere abbinate al reperto di tali
elementi.
I macrofagi (Fig. 26) generalmente non eccedono l’1% delle cellule nucleate totali [0.22%
(±0.24 SD)] (Mischke et al., 2002). Si presentano
come cellule di grandi dimensioni, dal rapporto
nucleo:citoplasma moderato, nucleo tondo eccentrico dalla cromatina finemente addensata. A
carico del citoplasma sono di comune riscontro
vacuoli e materiale fagocitato compatibile con
debris nucleare, emosiderina e raramente eritrociti e/o leucociti. Nei processi flogistici cronici o in
particolari condizioni neoplastiche possono aumentare.
BIBLIOGRAFIA
Figura 26 - Macrofago.
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