Antonella Montano Sara Vitali LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE AFFRONTARE LA COLITE CON LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE ECLIPSI LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE Affrontare la colite con la terapia cognitivo-comportamentale Editing: Giulia Di Runi Videoimpaginazione: Gesp srl Copyright © 2016 Eclipsi srl Via Mannelli, 139 50132 Firenze Tel. 055-2466460 www.eclipsi.it ISBN: 978-88-89627-38-9 I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i micro-film e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi. GLI AUTORI Antonella Montano - Psicoterapeuta, ha fondato e dirige l’Istituto A.T. Beck di Terapia cognitivo-comportamentale a Roma e Caserta. Docente e Supervisore AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento), Certified Supervisor, Trainer, Speaker e Consultant dell’Academy of Cognitive Therapy, MBSR Teacher, Membro della International Association for Cognitive Psychotherapy, è autrice di numerosi saggi e pubblicazioni scientifiche. Sara Vitali - Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, psicologa incaricata presso Azienda USL Toscana Sud Est, Docente Istituto A.T. Beck e autrice di numerose pubblicazioni scientifiche sullo stress correlato al lavoro. SOMMARIO Gli autori V PARTE I LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE: INQUADRAMENTO TEORICO Capitolo 1 In cosa consiste la sindrome del colon irritabile? 3 Capitolo 2 Quali sono le cause alla base di questo disturbo? Capitolo 3 Come riconoscere e differenziare la sindrome del colon irritabile dalla rettocolite ulcerosa e dalla malattia di Chron 23 Capitolo 4 La valutazione psicodiagnostica 31 Capitolo 5 La concettualizzazione cognitiva della sindrome del colon irritabile 31 9 PARTE II LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE: STRATEGIE PER IL TRATTAMENTO Capitolo 6 Psicoeducazione del paziente 53 Capitolo 7 Interrompere il circolo vizioso della sindrome del colon irritabile 57 Capitolo 8 La relazione terapeutica 77 Capitolo 9 La ristrutturazione cognitiva degli esiti catastrofici più temuti delle sensazioni gastrointestinali e delle credenze profonde 81 Capitolo 10 L’esposizione graduata in vivo nella sindrome del colon irritabile 111 PARTE III LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE: PREVENZIONE DELLE RICADUTE Capitolo 11 Bibliografia La prevenzione delle ricadute 127 133 PARTE I LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE: INQUADRAMENTO TEORICO 1 IN COSA CONSISTE LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE? La sindrome del colon irritabile, in inglese Irritable Bowel Syndrome (IBS), è un comune disturbo gastrointestinale di natura funzionale che può compromettere in modo significativo la qualità di vita di chi ne è affetto. Tale condizione ha impatto non solo a livello individuale, ma anche a livello collettivo, producendo un aumento dei costi sociali sia diretti (incremento della spesa farmaceutica) che indiretti, dovuti cioè alla perdita della produttività e all’assenteismo dal lavoro (Cashman et al., 2016). Questa sindrome è caratterizzata da sintomi di dolore addominale, o discomfort, associato a un’alterazione della funzione intestinale con cambiamenti relativi alla forma e consistenza delle feci ed episodi variabili di diarrea e/o costipazione (Olden, 2002; Cashman et al., 2016). Altre manifestazioni cliniche associate alla sindrome del colon irritabile sono: meteorismo, flatulenza, sensazione di urgenza di defecare, sensazione di difficoltà a evacuare, sensazione di evacuazione incompleta, dolore durante l’evacuazione, sollievo dopo l’evacuazione, dolore addominale o necessità di evacuare subito dopo il pasto (Cashman et al., 2016). Questo disturbo sembra essere molto diffuso, con una prevalenza a livello globale che varia dal 7% al 21% (Lovell et al., 2012; Canavan et al., 2014; Cashman et al., 2016). 4 La sindrome del colon irritabile La frequenza maggiore si osserva in Sud America, dove il 20% della popolazione presenta sintomi riconducibili all’IBS, mentre la prevalenza minore si osserva nel sud-est asiatico, dove solo il 7% della popolazione ne è colpito (Lovell & Ford, 2012). In Italia ne soffre il 10-20% della popolazione (Ministero della Salute, 2011) e soltanto il 50% si rivolge al proprio medico di famiglia (Hungin et al., 2003). L’IBS colpisce soprattutto le persone che lavorano nel mondo manageriale, industriale, politico, accademico, imprenditoriale, finanziario, bancario, ovvero in contesti lavorativi particolarmente stressanti (Grodzinsky et al., 2012) nei quali vi sono alti livelli di competizione, standard molto elevati e focalizzazione sulla carriera e sui risultati da raggiungere. Questa sindrome può essere considerata una “malattia di genere”, poiché diffusa soprattutto nel mondo femminile. Negli Stati Uniti è stata addirittura definita “career woman’s disease” (Sandmaier, 1991; Toner et al., 2000) proprio perché colpisce soprattutto le donne molto impegnate professionalmente. Alcuni studi hanno, inoltre, dimostrato una correlazione significativa tra donne con disturbi gastrointestinali funzionali e ambizione lavorativa e/o raggiungimento degli obiettivi (Craig & Brown, 1984). Le donne risentono maggiormente della sindrome del colon irritabile in quanto la società attuale, sempre più spesso, pone al genere femminile richieste altamente stressanti. Le donne, infatti, non sono soltanto impegnate professionalmente, ma sono chiamate ad essere madri e ad accudire la famiglia. Al carico lavorativo viene così a sommarsi quello ulteriore dell’organizzazione della vita domestica (casa, figli, etc.) (Toner et al., 2000). A livello globale, le donne riferiscono sintomi di IBS il 67% delle volte in più rispetto agli uomini (Lovell et al., 2012; Chasman et al., 2016) con un rapporto di 3 a 1.5 a sfavore del sesso femminile (Canavan et al., 2014). In realtà, tutti possono soffrire di IBS, anche anziani (Tang et al., 2012) e bambini (Rasquin et al., 2006), nonostante il 50% dei pazienti riferisca l’insorgenza della sindrome prima dei 35 anni (Maxwell et al., 1997). Oltre i 50 anni la frequenza è inferiore del 25% (Yilmaz et al., 2005), vale a dire che all’aumentare dell’età ci si ammala meno di IBS. Spesso chi soffre della sindrome del colon irritabile presenta In cosa consiste la sindrome del colon irritabile? 5 anche altre condizioni mediche come la fibromialgia1 (Sperber et al., 1999; Cashman et al., 2016), la sindrome della fatica cronica, la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, il dolore pelvico cronico (Cashman et al., 2016), i disturbi ginecologici, urologici e muscoloscheletrici (Hershfield, 2005; Cashman et al., 2016). Allo stesso modo, è frequente l’associazione con alcune condizioni psichiatriche e, in particolare, con ansia, depressione e disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti, come il disturbo post traumatico da stress (PTSD) (Padhy et al., 2015; Wernersson et al., 2015; Iorio et al., 2014). Indipendentemente dalla categoria diagnostica specifica, i disturbi psichiatrici più frequentemente riscontrati nei pazienti con IBS sembrano essere associati a un’alterazione nell’elaborazione delle sensazioni viscerali, del SNA e della motilità e sensibilità intestinale (Levy et al., 2006). Spesso, infatti, chi soffre della sindrome del colon irritabile manifesta preoccupazione per il proprio corpo e ipocondria ed è convinto che i sintomi intestinali indichino la presenza di una grave patologia2. A tutt’oggi non esistono esami obiettivi o marcatori biologici specifici sui quali fare diagnosi di IBS (Cashman et al., 2016), diagnosi che viene formulata pertanto sulla base di specifici criteri standard di natura esclusivamente clinica. Secondo i Criteri Roma IV (Rome Foundation, 2016), l’IBS può essere diagnosticato sulla base della presenza di specifici sintomi clinici. In particolare, negli ultimi 3 mesi, per almeno 1 giorno a settimana deve essere stato presente dolore addominale ricorrente associato a 2 o più dei seguenti criteri*: • correlato alla defecazione • cambiamento nella frequenza dell’evacuazione • cambiamento della forma (aspetto) delle feci *Criteri soddisfatti negli ultimi 3 mesi, con esordio dei sintomi almeno 6 mesi prima della diagnosi. A riguardo suggeriamo la lettura del volume “Vivere con la fibromialgia. Strategie psicologiche per affrontare il dolore cronico” di C. Conversano e L. Marchi, nella stessa collana. 2 In tal caso suggeriamo la lettura del volume “La paura delle malattie. Affrontare l’ansia per la salute e l’ipocondria”, di G.J.G. Asmundson e S. Taylor, nella stessa collana. 1 6 La sindrome del colon irritabile Essendo criteri basati sull’osservazione clinica e sulla raccolta anamnestica, la definizione dei sintomi di IBS può risultare talvolta complicata. In assenza di uno standard di riferimento, infatti, potrebbero verificarsi fraintendimenti dovuti all’ interpretazione soggettiva, soprattutto nella definizione di quei sintomi relativi al cambiamento della forma delle feci. Per ovviare a questa problematica e agevolare la diagnosi viene comunemente utilizzata la “scala delle feci di Bristol” (figura 1) che fornisce sette parametri di riferimento per valutare se la forma delle proprie feci è identificativa di una condizione di stitichezza (tipo 1: grumi duri separati tra loro come noci, difficili da espellere) oppure, all’estremo opposto, di diarrea (tipo 7: acquosa, nessun pezzo solido, completamente liquida). Comparare la forma delle proprie feci con uno standard di riferimento fornisce maggiori garanzie per la formulazione di una diagnosi attendibile. FIGURA 1. Scala delle feci di Bristol. In cosa consiste la sindrome del colon irritabile? 7 Da un punto di vista clinico, la sindrome del colon irritabile può manifestarsi sotto quattro forme diverse (figura 2): IBS-C con costipazione - contraddistinta da feci dure o grumose per oltre il 25% dei movimenti intestinali e sciolte pastose o acquose (<25%). IBS-D con diarrea - caratterizzata prevalentemente dalla presenza di feci molli (pastose) o acquose (>25% dei movimenti intestinali) e feci dure o grumose (<25%). IBS-M mista - con feci dure o grumose (>25% dei movimenti intestinali) così come feci sciolte (pastose) o acquose (>25%). IBS-U non specificata - (<25%) in cui vi è un’insufficiente anomalia della consistenza delle feci per soddisfare i criteri per IBS-C, D, o M (Cashman et al., 2016). FIGURA 2. Sottotipi di IBS. 2 QUALI SONO LE CAUSE ALLA BASE DI QUESTO DISTURBO? Ad oggi, non è stata identificata una causa ben precisa in grado di spiegare l’eziopatogenesi dell’IBS. In un’ottica bio-psico-sociale, questa condizione sarebbe determinata dall’intreccio di molteplici fattori (Levy et al., 2006). Esistono alcune evidenze scientifiche a supporto dell’ipotesi secondo cui alla base dell’IBS vi sarebbe una vulnerabilità genetica dovuta al polimorfismo di uno specifico nucleotide (Wouters et al., 2014; Swan et al., 2013), associazione che è stata riscontrata anche in pazienti con morbo di Crohn che, come vedremo in modo più dettagliato nel prossimo paragrafo, è una malattia cronica dell’intestino caratterizzata da sintomi molto simili a quelli della sindrome del colon irritabile. A sostegno dell’ipotesi genetica vi sono ulteriori evidenze che dimostrano come la sindrome del colon irritabile insorga il doppio delle volte nei parenti di pazienti con diagnosi di IBS (Locke et al., 2000; Canavan et al., 2014). Tuttavia, altri studi su gemelli hanno dimostrato come avere un padre o una madre con IBS sia un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo della patologia, mentre avere un gemello con IBS sia un fattore fortemente predittivo (Levy et al., 2001; Canavan et al., 2014). È stato inoltre osservato come la concordanza tra gemelli monozigoti sia minore del 20% (Levy et al., 2001; Morris-Yates et al., 1998; Canavan et al., 2014) e ancora inferiore negli studi in cui è stato fatto un 10 La sindrome del colon irritabile aggiustamento per i processi di somatizzazione (Mohammed et al. 2005; Canavan et al., 2014), a suggerire che l’IBS potrebbe dipendere dall’apprendimento comportamentale piuttosto che da fattori genetico-ereditari (Hopper et al., 2005; Canavan et al., 2014). Un’altra ipotesi, avanzata per spiegare l’eziopatogenesi dell’IBS, riguarda la presenza di una disfunzione della motilità intestinale (colon e retto). In particolare, stando a quanto evidenziato dall’indice del transito e pattern delle contrazioni intestinali HAPC (High Amplitude Propagated Contractions), nei casi di IBSD vi sarebbe un aumento della motilità gastrointestinale, mentre nell’IBS-C un decremento (Cashman et al., 2016). Anche l’ipersensibilità viscerale sembrerebbe essere un importante meccanismo implicato nella genesi dell’IBS: esso agirebbe attraverso la modulazione dell’esperienza e delle variazioni di intensità del dolore. Secondo tale prospettiva, chi soffre di IBS presenterebbe un’alterazione nella percezione del dolore che andrebbe a influenzare la risposta intestinale, producendo una modificazione della secrezione e della motilità gastrointestinale. A sostegno di tale ipotesi, alcuni studi hanno dimostrato come i pazienti con IBS presentino una soglia di percezione del dolore più bassa rispetto ai controlli. Una spiegazione potrebbe risiedere nell’elaborazione centrale della corteccia cingolata anteriore, localizzata nella porzione frontale del corpo calloso, che gioca un ruolo importante nel funzionamento cognitivo di tipo razionale. Alla risonanza magnetica i pazienti affetti da IBS presentano, infatti, un assottigliamento di quest’area cerebrale (Cashman et al., 2016). È stato inoltre osservato come i pazienti con IBS presentino infiammazione in diversi segmenti dell’intestino (Stasi et al., 2012) e alterazioni dei livelli di citochine nel plasma rispetto ai controlli (Hughes et al., 2013). Inoltre, se trattati con antibiotici non assorbibili, sembrano andare incontro a un miglioramento dei sintomi (Pimentel et al., 2006). Tali evidenze sostengono l’ipotesi eziologica di una risposta infiammatoria disfunzionale del sistema immunitario a diversi fattori, quali le infezioni batteriche o virali, lo stress e il microbiota intestinale. Un’altra ipotesi eziologica avanzata riguarda la presenza di sensibilità alimentare (Monsbakken et al., 2006). Spesso, infatti, Quali sono le cause alla base di questo disturbo? 11 i pazienti con IBS vengono sottoposti a restrizione dietetica con eliminazione di molti nutrienti dalla propria alimentazione. È frequente che i sintomi di IBS vengano attribuiti a un’intolleranza al lattosio o al glutine, benché non sia stata ancora dimostrata una relazione causale significativa tra allergie/intolleranze alimentari e IBS (Cashman et al., 2016). Sono state inoltre avanzate ulteriori ipotesi esplicative dell’IBS, quali infiammazioni e alterazioni del sistema immunitario e della flora batterica intestinale. Il corpo umano ospita un numero elevatissimo di microbi che risiedono soprattutto nel tratto gastrointestinale e ricoprono più di 200 m2 di mucosa intestinale. L’ecosistema dei diversi microrganismi commensali nel tratto GI è chiamato il microbiota. Il mantenimento dell’equilibrio della flora batterica intestinale (eubiosi) è importante per la salvaguardia dell’integrità dell’epitelio intestinale, nella creazione di una barriera per la protezione contro batteri patogeni, nell’assorbimento di nutrienti e nella produzione di vitamine. Numerosi studi hanno evidenziato come le azioni e la comunicazione integrata tra il microbiota e il sistema nervoso autonomo siano elementi centrali nella perpetuazione dei sintomi dell’IBS. Questa interconnessione è chiamata asse microbiota-cervello (GBA) ed è un sistema di comunicazione neuro-ormonale bidirezionale che integra il cervello e le funzioni del tratto gastrointestinale (motilità intestinale, appetito e digestione). L’interruzione del rapporto simbiotico fisiologico tra l’ospite umano e il microbiota è chiamata disbiosi ed è considerata un fattore chiave per l’insorgenza e il mantenimento dei sintomi di IBS, nella maggior parte dei pazienti. La disbiosi può essere causata da molteplici fattori, quali presenza di infezioni intestinali, assunzione prolungata di antibiotici o un’alimentazione non corretta ricca di proteine animali e grassi saturi. Nella disbiosi, che comunemente si riscontra in pazienti con IBS, si evidenzia una generale riduzione dei batteri benefici e un aumento delle specie patogene. Nello specifico si assiste a un aumento dello streptococcus (batterio patogeno), contrapposto a una riduzione del lactobacillus, e a una diminuzione di bacteroidetes. 12 La sindrome del colon irritabile Studi recenti hanno suggerito che la disbiosi osservata nell’IBS e la conseguente risposta immunologica possano determinare e perpetuare i sintomi gastrointestinali, concludendo che il disturbo, in realtà, interessi il microbiota e il GBA (Kennedy et al., 2014). Quindi la disbiosi nel microbiota e la successiva disfunzione del GBA determinano cambiamenti della motilità intestinale e contribuiscono all’ipersensibilità viscerale. La patogenesi dell’ipersensibilità viscerale, presente nell’IBS, è considerata una conseguenza della disbiosi, in termini di disregolazione del GBA. In conclusione, possiamo affermare che le innumerevoli evidenze suggeriscono, nell’IBS, cambiamenti significativi del microbiota, con conseguente alterazione della risposta immunologica e dell’asse GBA. Tutti questi fattori portano a un’alterazione dell’integrità della mucosa intestinale, a un’ipersensibilità viscerale e quindi al mantenimento della sintomatologia presente nell’IBS. La ricerca ha dimostrato come i fattori psicosociali, oltre a quelli biologici, giochino un ruolo determinante nell’insorgenza dei disturbi gastrointestinali funzionali. Non è rara, in chi soffre di IBS, la presenza di uno stile di attaccamento insicuro ansioso/evitante che predispone il soggetto al pensiero catastrofico e allo sviluppo di convinzioni negative sul dolore (Gerson et al., 2015). Anche il neuroticismo, inteso come tratto di personalità, sembra essere implicato nell’eziopatogenesi dell’IBS. Pazienti affetti da IBS presentano, infatti, più neuroticismo (Zarpour & Besharat, 2011; Tayama et al., 2012) e meno estroversione rispetto ai controlli (Zarpour & Besharat, 2011). Ad alti livelli, il neuroticismo può indurre la persona a scegliere strategie di coping disfunzionali quali la catastrofizzazione e la somatizzazione (Drossman et al., 2000). Il neuroticismo sembra essere, inoltre, un fattore in grado di predire la percezione della patologia e le credenze sul trattamento (Wrzesinska et al., 2008). Anche la difficoltà nel riconoscimento dei propri stati emotivi sembra essere correlata all’IBS. Numerosi studi hanno rilevato, in pazienti con IBS, la presenza di alessitimia (Porcelli et al., 2003) Quali sono le cause alla base di questo disturbo? 13 associata a un’aumentata gravità dei sintomi. Ulteriori caratteristiche, comuni ai pazienti con IBS, sembrano essere la tendenza al perfezionismo e stili di coping maladattivi (Sirois & Molnar, 2014). L’IBS sembra essere correlato anche a difficoltà di regolazione emotiva. È stato infatti osservato come pazienti con tratti positivi di personalità, quali hardiness e attitudine al perdono, mostrino una maggiore capacità di regolazione emotiva rispetto ai sintomi di IBS (Mazaheri et al., 2015). L’apprendimento sociale, infine, è un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo, in termini di trasmissione intergenerazionale di comportamenti eccessivamente focalizzati sulla malattia (Chitkara et al., 2008). Data l’alta comorbidità con il disturbo di somatizzazione, è stato ipotizzato un apprendimento di tali comportamenti attraverso il modeling e il rinforzo. L’ASSE MENTE-INTESTINO Detto anche «mente nell’intestino», il sistema motorio emozionale (sistema limbico e strutture para-limbiche, incluse corteccia prefrontale mediale, amigdala e ipotalamo) comunica i cambiamenti emotivi all’intestino attraverso il SNA. Il sistema nervoso autonomo (SNA) è quella parte del sistema nervoso che, attraverso l’innervazione viscerale, controlla le funzioni vegetative, ovvero quelle di cui non si ha, in genere, controllo volontario. Definito per questo anche “sistema autonomo involontario”, regola l’omeostasi dell’organismo ed è costituito da: • sistema nervoso parasimpatico; • sistema nervoso simpatico ; • sistema nervoso enterico o metasimpatico che controlla il tratto intestinale. Il sistema nervoso parasimpatico è quella parte del sistema nervoso autonomo deputata al controllo delle funzioni di riposo e digestione (rest and digest). Le azioni principali del sistema parasimpatico possono essere riassunte, dunque, in distensione, rilassamento e digestione. 14 La sindrome del colon irritabile A livello dell’apparato digerente esso induce la secrezione salivare e digestiva e favorisce i movimenti di peristalsi, con una diminuita attività contrattile degli sfinteri. In contrapposizione, il sistema nervoso simpatico è responsabile della più nota reazione di attacco o fuga (fight or flight response). Infatti, da esso dipendono tutte le reazioni collegate alle situazioni di emergenza (paura, fuga, attacco) e l’aumento dell’arousal psicofisico caratterizzato da incremento della frequenza cardiaca, iperidrosi, contrazione muscolare e, a livello intestinale, diminuzione della motilità delle pareti e aumento dell’attività contrattile degli sfinteri. Tutti gli stimoli in grado di influenzare tali sistemi, come lo stress, si riverberano sul sistema enterico, e quindi sul tratto gastrointestinale, provocando l’insorgenza di segni e sintomi caratteristici di questo apparato, quali dolore o mal di pancia più o meno intensi. Il sistema nervoso enterico è quella parte del sistema nervoso deputata al controllo della funzione gastrointestinale. Pur godendo di una propria autonomia, esso è strettamente collegato al sistema simpatico e parasimpatico e risente della loro azione indiretta. Ad esempio, l’assorbimento di sostanze nutritive e la secrezione di vari prodotti da parte dell’intestino sono regolate dal sistema nervoso simpatico e parasimpatico mediante un’azione indiretta svolta sui neuroni enterici. L’apparato digerente, e in particolare lo stomaco e tutto l’intestino (tenue e crasso), sono collegati al sistema nervoso centrale (bulbo e midollo spinale) da fibre afferenti (o sensitive) ed efferenti (o effettrici). La funzione dei motoneuroni è quella di controllare la muscolatura liscia presente sulla parete dell’esofago, dello stomaco, dell’intestino e del colon. La muscolatura liscia ha una propria attività contrattile, nota come peristalsi, controllata dal sistema nervoso enterico, a sua volta regolato dai centri vegetativi superiori attraverso le fibre del sistema nervoso simpatico e parasimpatico. I neuroni sensitivi, invece, svolgono la loro azione attraverso la presenza di vari neurotrasmettitori, quali acetilcolina, dopamina e serotonina. Quali sono le cause alla base di questo disturbo? 15 Vi è dunque una continua interazione tra mente (SNC) e intestino (SNE), mediata dall’azione indiretta del sistema nervoso simpatico e parasimpatico. RUOLO DELLO STRESS NELLA SINDROME DEL COLON IRRITABILE Lo stress, ovvero “la risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso” (Selye, 1936), viene ritenuto il principale fattore di rischio nella sindrome del colon irritabile. Questo fenomeno psico-fisiologico implica, necessariamente, un adattamento da parte dell’organismo. Quando le pressioni o richieste sono eccessive (alti livelli di stress) o si protraggono nel tempo (stress cronico), nell’organismo si verificano alterazioni fisiologiche che possono compromettere il benessere psico-fisico della persona. Per questo motivo, in genere, si tende a considerare lo stress come qualcosa di totalmente deleterio per la salute. Eppure non tutto lo stress è nocivo. Al contrario del cosiddetto di-stress, cioè la parte di stress “tossico” in grado di ostacolare l’adattamento fisiologico, l’eu-stress ne rappresenta la parte “buona”, responsabile dell’attivazione psicofisiologica che, attraverso l’incremento dell’attenzione e della memoria, può sortire effetti positivi sull’adattamento (Selye, 1974). Oltre alle caratteristiche oggettive dello stress (intensità e durata), esistono caratteristiche soggettive legate ai processi cognitivi (percezione). Spesso si sentono frasi del tipo «Come sono stressato» oppure «Tutto questo stress mi ucciderà»: ognuno di noi considera alcuni stimoli come potenzialmente nocivi e li identifica come stressor. Pertanto, nella reazione da stress, è implicata anche la percezione individuale dello stimolo stressogeno. Ma quali sono i fattori di stress in grado di alterare il nostro equilibrio interno? E come fa lo stress a modificare la fisiologia umana? I fattori di stress, ovvero gli stimoli in grado di elicitare una risposta conseguente, vengono definiti stressor. Lo stress può derivare da condizioni fisiche, psichiche e sociali, motivo per cui esistono stressor fisici, psicologici e sociali. Una competizione agonistica può essere considerata un esempio di stressor fisico, poiché induce l’attivazione dell’asse ipotala- 16 La sindrome del colon irritabile mo-ipofisi-surrene che, come vedremo, se prolungata nel tempo può compromettere l’adattamento dell’organismo. Uno stressor sociale può essere rappresentato dalle difficoltà di inserimento lavorativo, mentre uno stressor psicologico da un trauma psichico (lutto, violenza fisica e/o psicologica, ecc.) di cui parleremo in modo più dettagliato in seguito. Lo stressor, inoltre, può essere interno (ad esempio, un pensiero o una credenza negativa) o esterno (ad esempio, un evento avverso come un incidente). Gli stressor esterni sono tutti quegli stimoli presenti nell’ambiente in grado di provocare una reazione da stress. Conflitti relazionali, ritmi di lavoro pressanti e difficoltà economiche ne sono solo alcuni esempi. Gli stressor interni sono, invece, i fattori di stress identificabili nei processi fisiologici, cognitivi ed emotivi, quali un pensiero negativo, un’immagine allarmante, un’emozione spiacevole, sensazioni viscerali, ecc. Nel determinare l’IBS possono intervenire: • Fattori di stress di primo livello come, ad esempio, la presenza di comorbidità psichiatrica (quali disturbi d’ansia, depressione, somatizzazione), una maggiore reattività e sensibilità gastrointestinale. • Fattori di stress di secondo livello riconducibili alla routine quotidiana come, ad esempio, lo stress da lavoro, eccessivi spostamenti in macchina o con i mezzi di trasporto, difficoltà economiche, scarsa capacità di problem solving, pressioni relazionali (ad esempio, avere una madre troppo richiedente), dover fare la fila alla posta, al supermercato o in banca, o imprevisti (ad esempio, bucare una gomma della macchina). Lo stress agisce sul sistema nervoso enterico modificando la fisiologia dell’organismo e producendo una serie di reazioni a catena che ne alterano l’omeostasi interna. Nello specifico, viene modificata la funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA): lo stress ne induce un’iperattivazione che, nel tempo, può portare allo sviluppo di specifiche condizioni psicopatologiche, come l’IBS. L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene serve a regolare le risposte fisiologiche allo stress al fine di garantire un buon adattamento Quali sono le cause alla base di questo disturbo? 17 (Kudielka & Kirschbam, 2005). Ora vediamo come esso agisce sul nostro corpo. Lo stress provoca la secrezione ipotalamica dell’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) che, agendo sull’ipofisi (ghiandola posta nella parte più profonda del cervello), determina la secrezione di un altro ormone detto adrenocorticotropo (ACTH). A sua volta, questo ormone agisce sulla ghiandola surrenale, situata sopra il rene, stimolando la produzione di cortisolo. Questo controlla la secrezione degli ormoni che ne hanno determinato lo stimolo con un’azione di feedback retroattivo. In generale, i glucocorticoidi, come il cortisolo, vengono considerati gli ormoni chiave dello stress, in quanto possono stimolare, permettere o sopprimere la risposta agli eventi, così come preparare la risposta a stimoli successivi. Infatti, un aumento del livello di cortisolo determina una reazione fisiologica allo stress di attivazione del sistema simpatico, con una conseguente riduzione del consumo energetico nei vari distretti del corpo a beneficio del sistema nervoso centrale e dell’apparato locomotore. Si viene, quindi, a determinare uno stato di attivazione psicofisica definito iperarousal. L’attivazione del sistema simpatico comporta un aumento della pressione arteriosa, del battito cardiaco e della glicemia, mentre l’apporto ematico all’apparato gastroenterico si riduce. Questa è la cascata di eventi fisiologici preparativi per la nota reazione di attacco o fuga (fight or flight), utile per la sopravvivenza. Oltre a regolare la risposta allo stress, il cortisolo mantiene costante l’attività di base dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, coordina i ritmi giornalieri coinvolti nella vigilanza e nell’assunzione di cibo e controlla la reattività allo stress dell’intero sistema che permette l’adattamento alle diverse situazioni ambientali. Appare ovvio come un sistema che prevede un consumo costante di energie senza alcun meccanismo di controllo (feedback) sia destinato a esaurirsi in un breve lasso di tempo, al pari di un’autovettura priva di spie di controllo. Come già accennato, il cortisolo esercita anche questa funzione di feedback e, in particolare, dopo aver permesso all’organismo di fronteggiare la situazione stressante, provocando uno stato di iperarousal, esso “informa” il sistema nervoso centrale (tramite recettori specifici localizzati a livello dell’i- 18 La sindrome del colon irritabile potalamo e dell’ippocampo) che non è più necessario continuare a secernere ormoni. La risposta allo stress, quindi, si ferma. Il problema si ha quando lo stress diventa cronico o supera la soglia di intensità per l’adattamento dell’individuo. Lo stress cronico, infatti, provoca un incremento di secrezione di ACTH che, agendo sulla ghiandola surrenale, determina un aumento dei livelli di cortisolo. Si verifica, quindi, una riduzione del feedback negativo con deficit della risposta di adattamento. Pertanto, lo stress cronico può produrre il logoramento dell’organismo, aumentando i livelli di cortisolo e di secrezione, da parte della midollare del surrene, di noradrenalina e adrenalina, i principali neurotrasmettitori implicati nell’attivazione del sistema nervoso autonomo. L’iperattivazione di questo sistema, dunque, comportando un’aumentata motilità e sensibilità della parete intestinale, può favorire l’insorgenza dei sintomi di IBS come il mal di pancia, i dolori addominali, il meteorismo e la diarrea. A lungo termine, l’effetto cronico dello stress e/o degli ormoni corticosteroidi predispone a gravi rischi per la salute, abbassando le difese immunitarie dell’organismo ed esponendolo a una maggiore vulnerabilità. FIGURA 3. Sistema dello stress: connessioni neuroendocrine tra ippocampo, asse ipotalamo-ipofisi-surrene, sistema nervoso autonomo. Quali sono le cause alla base di questo disturbo? 19 IL TRAUMA COME FATTORE DI STRESS PER LO SVILUPPO DELLA SINDROME DEL COLON IRRITABILE Così come un trauma fisico può ferire il nostro corpo, un trauma psicologico può ledere la nostra psiche. In tal senso è possibile estendere il significato originario del termine, dal greco trauma cioè ferita (fisica), alla mente. Un trauma psicologico è, a tutti gli effetti, una “lesione psicologica”, un qualcosa che cambia irrimediabilmente il modo di vivere e percepire se stessi, gli altri, il mondo e il futuro, e che si ripercuote negativamente sul benessere psicologico di chi lo subisce. Il trauma traccia una linea di confine tra tutto quello che è stato e tutto ciò che è ora e sarà in futuro, alterando gli equilibri interni della persona: dopo aver subito un trauma la persona non è più la stessa. Non dobbiamo, tuttavia, immaginare il trauma psicologico necessariamente come il verificarsi di un unico evento avverso isolato. Molti traumi, come gli abusi fisici e/o sessuali nell’infanzia, o molti eventi di vita che vengono solitamente riconosciuti come traumatici (disastri naturali, guerre, crimini violenti, ecc.), sono chiamati traumi con la T maiuscola (Shapiro, 2001). In altri casi, un bambino può avere una percezione generale di trascuratezza, deprivazione, vergogna, esclusione o mancanza di una risposta genitoriale appropriata. Eventi di questo tipo vengono chiamati traumi con la t minuscola. Qualsiasi cosa abbiamo vissuto o a cui siamo sopravvissuti, a prescindere che abbia preso la forma di un trauma con la T o con la t, il nostro corpo, la nostra mente e il nostro cuore, che solo apparentemente sembrano separati, rappresentano una profonda risorsa per guarire (Paulson et al., 2013). In quest’ottica, possiamo dunque considerare il trauma come un fattore di stress che, se reiterato nel tempo, può cronicizzarsi e portare allo sviluppo di specifici disturbi psichiatrici come il disturbo post-traumatico da stress complesso (C-PTSD), i disturbi dissociativi, il disturbo traumatico dello sviluppo (DTD) e i disturbi della personalità correlati al trauma. Come abbiamo visto, è stato ipotizzato che specifici tratti di 20 La sindrome del colon irritabile personalità, quali neuroticismo, alessitimia, stile di attaccamento (insicuro evitante) e capacità di regolazione emotiva, predispongano allo sviluppo della sindrome del colon irritabile. Considerando la personalità come l’esito di un processo di interazione bio-psico-sociale che si verifica nell’arco di vita della persona, la presenza di traumi come massimo fattore stressante nel corso dello sviluppo assume un ruolo determinante per l’insorgenza dell’IBS. L’infanzia è un momento molto delicato del processo di crescita della persona in generale. Gli effetti di un trauma avvenuto durante l’infanzia possono essere complessi e soverchianti. Se reiterato nel tempo, un trauma infantile impatta in modo pervasivo sullo sviluppo della persona, compromettendone il senso di fiducia e di “sicurezza” personale. Purtroppo, a volte capita che i bambini subiscano traumi proprio da parte di chi dovrebbe prendersi cura di loro, proteggerli ed educarli. Più sono frequenti e reiterate nel tempo, più queste forme di violenza fisica e psicologica diventano gravi. Le esperienze traumatiche nella prima infanzia sembrano, dunque, essere strettamente correlate ai disturbi gastrointestinali e, non di rado, chi ne soffre riferisce un trascorso di abuso sessuale, fisico ed emotivo. In generale, l’abuso sembra essere associato a un maggiore rischio di dolore addominale e disturbi gastrointestinali funzionali come l’IBS (McCauley et al., 1997; Talley et al., 1994; Walker et al., 1999; Levy at al., 2006). Chi soffre della sindrome del colon irritabile e ha subito abusi durante l’infanzia presenta maggior dolore, distress psicologico, compromissione del funzionamento globale e fa ricorso più frequentemente a visite specialistiche (Drossman et al., 2000; Koloski et al., 2001, Levy et al., 2006). Inoltre, la presenza di disturbi psichiatrici e la storia di abuso possono influenzare la gravità dei sintomi e il livello di disabilità (Olden, 2002; Cashman et al., 2016). In conclusione, possiamo affermare che, oltre a minare il senso di sicurezza personale, lo stress traumatico nell’infanzia può rendere la persona più vulnerabile allo sviluppo di numerosi disturbi psichiatrici e sintomi psico-fisici legati ad una iperattivazione del sistema nervoso autonomo. Quali sono le cause alla base di questo disturbo? 21 Lo stress traumatico agirebbe, infatti, alterando la funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, provocando un costante stato di attivazione psicofisica (iperarousal) che indurrebbe distress psicologico, aumento della motilità gastrointestinale, ipersensibilità viscerale, ipervigilanza delle normali sensazioni corporee e stili di coping disfunzionali, quali la catastrofizzazione dei sintomi e la focalizzazione a livello gastrointestinale. Si verrebbe, quindi, a creare il terreno fertile per lo sviluppo di disturbi gastrointestinali funzionali come la sindrome del colon irritabile.