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Antonella Montano
Sara Vitali
LA SINDROME
DEL COLON IRRITABILE
AFFRONTARE LA COLITE CON LA TERAPIA
COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
ECLIPSI
LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE
Affrontare la colite con la terapia cognitivo-comportamentale
Editing: Giulia Di Runi
Videoimpaginazione: Gesp srl
Copyright ©
2016
Eclipsi srl
Via Mannelli, 139
50132 Firenze
Tel. 055-2466460
www.eclipsi.it
ISBN: 978-88-89627-38-9
I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di
adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i micro-film e le
copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.
GLI AUTORI
Antonella Montano - Psicoterapeuta, ha fondato e dirige l’Istituto A.T. Beck di Terapia cognitivo-comportamentale a Roma e
Caserta. Docente e Supervisore AIAMC (Associazione Italiana
di Analisi e Modificazione del Comportamento), Certified Supervisor, Trainer, Speaker e Consultant dell’Academy of Cognitive
Therapy, MBSR Teacher, Membro della International Association
for Cognitive Psychotherapy, è autrice di numerosi saggi e pubblicazioni scientifiche.
Sara Vitali - Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, psicologa incaricata presso Azienda USL Toscana Sud Est, Docente Istituto A.T. Beck e autrice di numerose pubblicazioni scientifiche
sullo stress correlato al lavoro.
SOMMARIO
Gli autori
V
PARTE I
LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE:
INQUADRAMENTO TEORICO
Capitolo 1
In cosa consiste la sindrome del colon irritabile? 3
Capitolo 2
Quali sono le cause
alla base di questo disturbo?
Capitolo 3
Come riconoscere e differenziare la sindrome
del colon irritabile dalla rettocolite ulcerosa
e dalla malattia di Chron
23
Capitolo 4
La valutazione psicodiagnostica
31
Capitolo 5
La concettualizzazione cognitiva
della sindrome del colon irritabile
31
9
PARTE II
LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE:
STRATEGIE PER IL TRATTAMENTO
Capitolo 6
Psicoeducazione del paziente
53
Capitolo 7
Interrompere il circolo vizioso
della sindrome del colon irritabile
57
Capitolo 8
La relazione terapeutica
77
Capitolo 9
La ristrutturazione cognitiva degli esiti
catastrofici più temuti delle sensazioni
gastrointestinali e delle credenze profonde
81
Capitolo 10
L’esposizione graduata in vivo
nella sindrome del colon irritabile
111
PARTE III
LA SINDROME DEL COLON IRRITABILE:
PREVENZIONE DELLE RICADUTE
Capitolo 11
Bibliografia
La prevenzione delle ricadute
127
133
PARTE I
LA SINDROME DEL COLON
IRRITABILE: INQUADRAMENTO
TEORICO
1
IN COSA CONSISTE LA
SINDROME DEL COLON
IRRITABILE?
La sindrome del colon irritabile, in inglese Irritable Bowel Syndrome (IBS), è un comune disturbo gastrointestinale di natura funzionale che può compromettere in modo significativo la qualità
di vita di chi ne è affetto. Tale condizione ha impatto non solo
a livello individuale, ma anche a livello collettivo, producendo
un aumento dei costi sociali sia diretti (incremento della spesa
farmaceutica) che indiretti, dovuti cioè alla perdita della produttività e all’assenteismo dal lavoro (Cashman et al., 2016).
Questa sindrome è caratterizzata da sintomi di dolore addominale, o discomfort, associato a un’alterazione della funzione intestinale con cambiamenti relativi alla forma e consistenza delle
feci ed episodi variabili di diarrea e/o costipazione (Olden, 2002;
Cashman et al., 2016).
Altre manifestazioni cliniche associate alla sindrome del colon
irritabile sono: meteorismo, flatulenza, sensazione di urgenza di
defecare, sensazione di difficoltà a evacuare, sensazione di evacuazione incompleta, dolore durante l’evacuazione, sollievo dopo
l’evacuazione, dolore addominale o necessità di evacuare subito
dopo il pasto (Cashman et al., 2016).
Questo disturbo sembra essere molto diffuso, con una prevalenza a livello globale che varia dal 7% al 21% (Lovell et al.,
2012; Canavan et al., 2014; Cashman et al., 2016).
4
La sindrome del colon irritabile
La frequenza maggiore si osserva in Sud America, dove il 20%
della popolazione presenta sintomi riconducibili all’IBS, mentre
la prevalenza minore si osserva nel sud-est asiatico, dove solo il
7% della popolazione ne è colpito (Lovell & Ford, 2012).
In Italia ne soffre il 10-20% della popolazione (Ministero della Salute, 2011) e soltanto il 50% si rivolge al proprio medico di
famiglia (Hungin et al., 2003).
L’IBS colpisce soprattutto le persone che lavorano nel mondo
manageriale, industriale, politico, accademico, imprenditoriale,
finanziario, bancario, ovvero in contesti lavorativi particolarmente stressanti (Grodzinsky et al., 2012) nei quali vi sono alti livelli
di competizione, standard molto elevati e focalizzazione sulla carriera e sui risultati da raggiungere.
Questa sindrome può essere considerata una “malattia di genere”, poiché diffusa soprattutto nel mondo femminile. Negli
Stati Uniti è stata addirittura definita “career woman’s disease”
(Sandmaier, 1991; Toner et al., 2000) proprio perché colpisce
soprattutto le donne molto impegnate professionalmente. Alcuni
studi hanno, inoltre, dimostrato una correlazione significativa tra
donne con disturbi gastrointestinali funzionali e ambizione lavorativa e/o raggiungimento degli obiettivi (Craig & Brown, 1984).
Le donne risentono maggiormente della sindrome del colon irritabile in quanto la società attuale, sempre più spesso, pone al
genere femminile richieste altamente stressanti. Le donne, infatti,
non sono soltanto impegnate professionalmente, ma sono chiamate ad essere madri e ad accudire la famiglia. Al carico lavorativo viene così a sommarsi quello ulteriore dell’organizzazione della
vita domestica (casa, figli, etc.) (Toner et al., 2000).
A livello globale, le donne riferiscono sintomi di IBS il 67%
delle volte in più rispetto agli uomini (Lovell et al., 2012; Chasman et al., 2016) con un rapporto di 3 a 1.5 a sfavore del sesso
femminile (Canavan et al., 2014). In realtà, tutti possono soffrire
di IBS, anche anziani (Tang et al., 2012) e bambini (Rasquin et
al., 2006), nonostante il 50% dei pazienti riferisca l’insorgenza
della sindrome prima dei 35 anni (Maxwell et al., 1997). Oltre
i 50 anni la frequenza è inferiore del 25% (Yilmaz et al., 2005),
vale a dire che all’aumentare dell’età ci si ammala meno di IBS.
Spesso chi soffre della sindrome del colon irritabile presenta
In cosa consiste la sindrome del colon irritabile?
5
anche altre condizioni mediche come la fibromialgia1 (Sperber et
al., 1999; Cashman et al., 2016), la sindrome della fatica cronica,
la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, il dolore
pelvico cronico (Cashman et al., 2016), i disturbi ginecologici,
urologici e muscoloscheletrici (Hershfield, 2005; Cashman et al.,
2016). Allo stesso modo, è frequente l’associazione con alcune
condizioni psichiatriche e, in particolare, con ansia, depressione e
disturbi correlati a eventi traumatici e stressanti, come il disturbo
post traumatico da stress (PTSD) (Padhy et al., 2015; Wernersson
et al., 2015; Iorio et al., 2014).
Indipendentemente dalla categoria diagnostica specifica, i disturbi psichiatrici più frequentemente riscontrati nei pazienti con
IBS sembrano essere associati a un’alterazione nell’elaborazione
delle sensazioni viscerali, del SNA e della motilità e sensibilità
intestinale (Levy et al., 2006). Spesso, infatti, chi soffre della sindrome del colon irritabile manifesta preoccupazione per il proprio corpo e ipocondria ed è convinto che i sintomi intestinali
indichino la presenza di una grave patologia2.
A tutt’oggi non esistono esami obiettivi o marcatori biologici
specifici sui quali fare diagnosi di IBS (Cashman et al., 2016),
diagnosi che viene formulata pertanto sulla base di specifici criteri standard di natura esclusivamente clinica.
Secondo i Criteri Roma IV (Rome Foundation, 2016), l’IBS
può essere diagnosticato sulla base della presenza di specifici sintomi clinici. In particolare, negli ultimi 3 mesi, per almeno 1
giorno a settimana deve essere stato presente dolore addominale
ricorrente associato a 2 o più dei seguenti criteri*:
• correlato alla defecazione
• cambiamento nella frequenza dell’evacuazione
• cambiamento della forma (aspetto) delle feci
*Criteri soddisfatti negli ultimi 3 mesi, con esordio dei sintomi almeno 6 mesi prima
della diagnosi.
A riguardo suggeriamo la lettura del volume “Vivere con la fibromialgia.
Strategie psicologiche per affrontare il dolore cronico” di C. Conversano e L.
Marchi, nella stessa collana.
2
In tal caso suggeriamo la lettura del volume “La paura delle malattie. Affrontare l’ansia per la salute e l’ipocondria”, di G.J.G. Asmundson e S. Taylor,
nella stessa collana.
1
6
La sindrome del colon irritabile
Essendo criteri basati sull’osservazione clinica e sulla raccolta anamnestica, la definizione dei sintomi di IBS può risultare
talvolta complicata. In assenza di uno standard di riferimento,
infatti, potrebbero verificarsi fraintendimenti dovuti all’ interpretazione soggettiva, soprattutto nella definizione di quei sintomi relativi al cambiamento della forma delle feci. Per ovviare a
questa problematica e agevolare la diagnosi viene comunemente
utilizzata la “scala delle feci di Bristol” (figura 1) che fornisce sette
parametri di riferimento per valutare se la forma delle proprie feci
è identificativa di una condizione di stitichezza (tipo 1: grumi
duri separati tra loro come noci, difficili da espellere) oppure,
all’estremo opposto, di diarrea (tipo 7: acquosa, nessun pezzo solido, completamente liquida).
Comparare la forma delle proprie feci con uno standard di
riferimento fornisce maggiori garanzie per la formulazione di una
diagnosi attendibile.
FIGURA 1. Scala delle feci di Bristol.
In cosa consiste la sindrome del colon irritabile?
7
Da un punto di vista clinico, la sindrome del colon irritabile
può manifestarsi sotto quattro forme diverse (figura 2):
IBS-C con costipazione - contraddistinta da feci dure o grumose per oltre il 25% dei movimenti intestinali e sciolte pastose o acquose (<25%).
IBS-D con diarrea - caratterizzata prevalentemente dalla presenza di feci molli (pastose) o acquose (>25% dei movimenti
intestinali) e feci dure o grumose (<25%).
IBS-M mista - con feci dure o grumose (>25% dei movimenti
intestinali) così come feci sciolte (pastose) o acquose (>25%).
IBS-U non specificata - (<25%) in cui vi è un’insufficiente
anomalia della consistenza delle feci per soddisfare i criteri per
IBS-C, D, o M (Cashman et al., 2016).
FIGURA 2. Sottotipi di IBS.
2
QUALI SONO LE CAUSE
ALLA BASE DI QUESTO
DISTURBO?
Ad oggi, non è stata identificata una causa ben precisa in grado
di spiegare l’eziopatogenesi dell’IBS. In un’ottica bio-psico-sociale,
questa condizione sarebbe determinata dall’intreccio di molteplici fattori (Levy et al., 2006). Esistono alcune evidenze scientifiche
a supporto dell’ipotesi secondo cui alla base dell’IBS vi sarebbe
una vulnerabilità genetica dovuta al polimorfismo di uno specifico nucleotide (Wouters et al., 2014; Swan et al., 2013), associazione che è stata riscontrata anche in pazienti con morbo di
Crohn che, come vedremo in modo più dettagliato nel prossimo
paragrafo, è una malattia cronica dell’intestino caratterizzata da
sintomi molto simili a quelli della sindrome del colon irritabile.
A sostegno dell’ipotesi genetica vi sono ulteriori evidenze che
dimostrano come la sindrome del colon irritabile insorga il doppio delle volte nei parenti di pazienti con diagnosi di IBS (Locke
et al., 2000; Canavan et al., 2014). Tuttavia, altri studi su gemelli
hanno dimostrato come avere un padre o una madre con IBS sia
un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo della patologia,
mentre avere un gemello con IBS sia un fattore fortemente predittivo (Levy et al., 2001; Canavan et al., 2014). È stato inoltre
osservato come la concordanza tra gemelli monozigoti sia minore
del 20% (Levy et al., 2001; Morris-Yates et al., 1998; Canavan
et al., 2014) e ancora inferiore negli studi in cui è stato fatto un
10
La sindrome del colon irritabile
aggiustamento per i processi di somatizzazione (Mohammed et
al. 2005; Canavan et al., 2014), a suggerire che l’IBS potrebbe
dipendere dall’apprendimento comportamentale piuttosto che
da fattori genetico-ereditari (Hopper et al., 2005; Canavan et al.,
2014).
Un’altra ipotesi, avanzata per spiegare l’eziopatogenesi
dell’IBS, riguarda la presenza di una disfunzione della motilità
intestinale (colon e retto). In particolare, stando a quanto evidenziato dall’indice del transito e pattern delle contrazioni intestinali
HAPC (High Amplitude Propagated Contractions), nei casi di IBSD vi sarebbe un aumento della motilità gastrointestinale, mentre
nell’IBS-C un decremento (Cashman et al., 2016).
Anche l’ipersensibilità viscerale sembrerebbe essere un importante meccanismo implicato nella genesi dell’IBS: esso agirebbe
attraverso la modulazione dell’esperienza e delle variazioni di
intensità del dolore. Secondo tale prospettiva, chi soffre di IBS
presenterebbe un’alterazione nella percezione del dolore che andrebbe a influenzare la risposta intestinale, producendo una modificazione della secrezione e della motilità gastrointestinale. A
sostegno di tale ipotesi, alcuni studi hanno dimostrato come i
pazienti con IBS presentino una soglia di percezione del dolore
più bassa rispetto ai controlli. Una spiegazione potrebbe risiedere
nell’elaborazione centrale della corteccia cingolata anteriore, localizzata nella porzione frontale del corpo calloso, che gioca un
ruolo importante nel funzionamento cognitivo di tipo razionale.
Alla risonanza magnetica i pazienti affetti da IBS presentano, infatti, un assottigliamento di quest’area cerebrale (Cashman et al.,
2016). È stato inoltre osservato come i pazienti con IBS presentino infiammazione in diversi segmenti dell’intestino (Stasi et al.,
2012) e alterazioni dei livelli di citochine nel plasma rispetto ai
controlli (Hughes et al., 2013). Inoltre, se trattati con antibiotici
non assorbibili, sembrano andare incontro a un miglioramento
dei sintomi (Pimentel et al., 2006). Tali evidenze sostengono l’ipotesi eziologica di una risposta infiammatoria disfunzionale del
sistema immunitario a diversi fattori, quali le infezioni batteriche
o virali, lo stress e il microbiota intestinale.
Un’altra ipotesi eziologica avanzata riguarda la presenza di
sensibilità alimentare (Monsbakken et al., 2006). Spesso, infatti,
Quali sono le cause alla base di questo disturbo?
11
i pazienti con IBS vengono sottoposti a restrizione dietetica con
eliminazione di molti nutrienti dalla propria alimentazione. È
frequente che i sintomi di IBS vengano attribuiti a un’intolleranza al lattosio o al glutine, benché non sia stata ancora dimostrata
una relazione causale significativa tra allergie/intolleranze alimentari e IBS (Cashman et al., 2016).
Sono state inoltre avanzate ulteriori ipotesi esplicative dell’IBS,
quali infiammazioni e alterazioni del sistema immunitario e della
flora batterica intestinale.
Il corpo umano ospita un numero elevatissimo di microbi che
risiedono soprattutto nel tratto gastrointestinale e ricoprono più
di 200 m2 di mucosa intestinale. L’ecosistema dei diversi microrganismi commensali nel tratto GI è chiamato il microbiota. Il
mantenimento dell’equilibrio della flora batterica intestinale (eubiosi) è importante per la salvaguardia dell’integrità dell’epitelio
intestinale, nella creazione di una barriera per la protezione contro batteri patogeni, nell’assorbimento di nutrienti e nella produzione di vitamine.
Numerosi studi hanno evidenziato come le azioni e la comunicazione integrata tra il microbiota e il sistema nervoso autonomo
siano elementi centrali nella perpetuazione dei sintomi dell’IBS.
Questa interconnessione è chiamata asse microbiota-cervello
(GBA) ed è un sistema di comunicazione neuro-ormonale bidirezionale che integra il cervello e le funzioni del tratto gastrointestinale (motilità intestinale, appetito e digestione).
L’interruzione del rapporto simbiotico fisiologico tra l’ospite
umano e il microbiota è chiamata disbiosi ed è considerata un
fattore chiave per l’insorgenza e il mantenimento dei sintomi di
IBS, nella maggior parte dei pazienti.
La disbiosi può essere causata da molteplici fattori, quali presenza di infezioni intestinali, assunzione prolungata di antibiotici
o un’alimentazione non corretta ricca di proteine animali e grassi
saturi.
Nella disbiosi, che comunemente si riscontra in pazienti con
IBS, si evidenzia una generale riduzione dei batteri benefici e un
aumento delle specie patogene. Nello specifico si assiste a un aumento dello streptococcus (batterio patogeno), contrapposto a una
riduzione del lactobacillus, e a una diminuzione di bacteroidetes.
12
La sindrome del colon irritabile
Studi recenti hanno suggerito che la disbiosi osservata nell’IBS
e la conseguente risposta immunologica possano determinare e
perpetuare i sintomi gastrointestinali, concludendo che il disturbo, in realtà, interessi il microbiota e il GBA (Kennedy et al.,
2014).
Quindi la disbiosi nel microbiota e la successiva disfunzione
del GBA determinano cambiamenti della motilità intestinale e
contribuiscono all’ipersensibilità viscerale.
La patogenesi dell’ipersensibilità viscerale, presente nell’IBS, è
considerata una conseguenza della disbiosi, in termini di disregolazione del GBA.
In conclusione, possiamo affermare che le innumerevoli evidenze suggeriscono, nell’IBS, cambiamenti significativi del microbiota, con conseguente alterazione della risposta immunologica e dell’asse GBA. Tutti questi fattori portano a un’alterazione dell’integrità della mucosa intestinale, a un’ipersensibilità
viscerale e quindi al mantenimento della sintomatologia presente
nell’IBS.
La ricerca ha dimostrato come i fattori psicosociali, oltre a
quelli biologici, giochino un ruolo determinante nell’insorgenza
dei disturbi gastrointestinali funzionali.
Non è rara, in chi soffre di IBS, la presenza di uno stile di attaccamento insicuro ansioso/evitante che predispone il soggetto
al pensiero catastrofico e allo sviluppo di convinzioni negative sul
dolore (Gerson et al., 2015).
Anche il neuroticismo, inteso come tratto di personalità, sembra essere implicato nell’eziopatogenesi dell’IBS. Pazienti affetti
da IBS presentano, infatti, più neuroticismo (Zarpour & Besharat, 2011; Tayama et al., 2012) e meno estroversione rispetto ai
controlli (Zarpour & Besharat, 2011). Ad alti livelli, il neuroticismo può indurre la persona a scegliere strategie di coping disfunzionali quali la catastrofizzazione e la somatizzazione (Drossman
et al., 2000). Il neuroticismo sembra essere, inoltre, un fattore
in grado di predire la percezione della patologia e le credenze sul
trattamento (Wrzesinska et al., 2008).
Anche la difficoltà nel riconoscimento dei propri stati emotivi
sembra essere correlata all’IBS. Numerosi studi hanno rilevato, in
pazienti con IBS, la presenza di alessitimia (Porcelli et al., 2003)
Quali sono le cause alla base di questo disturbo?
13
associata a un’aumentata gravità dei sintomi. Ulteriori caratteristiche, comuni ai pazienti con IBS, sembrano essere la tendenza
al perfezionismo e stili di coping maladattivi (Sirois & Molnar,
2014).
L’IBS sembra essere correlato anche a difficoltà di regolazione
emotiva. È stato infatti osservato come pazienti con tratti positivi
di personalità, quali hardiness e attitudine al perdono, mostrino
una maggiore capacità di regolazione emotiva rispetto ai sintomi
di IBS (Mazaheri et al., 2015).
L’apprendimento sociale, infine, è un ulteriore fattore di rischio per lo sviluppo del disturbo, in termini di trasmissione
intergenerazionale di comportamenti eccessivamente focalizzati
sulla malattia (Chitkara et al., 2008). Data l’alta comorbidità con
il disturbo di somatizzazione, è stato ipotizzato un apprendimento di tali comportamenti attraverso il modeling e il rinforzo.
L’ASSE MENTE-INTESTINO
Detto anche «mente nell’intestino», il sistema motorio emozionale (sistema limbico e strutture para-limbiche, incluse corteccia
prefrontale mediale, amigdala e ipotalamo) comunica i cambiamenti emotivi all’intestino attraverso il SNA.
Il sistema nervoso autonomo (SNA) è quella parte del sistema
nervoso che, attraverso l’innervazione viscerale, controlla le funzioni vegetative, ovvero quelle di cui non si ha, in genere, controllo volontario. Definito per questo anche “sistema autonomo
involontario”, regola l’omeostasi dell’organismo ed è costituito
da:
• sistema nervoso parasimpatico;
• sistema nervoso simpatico ;
• sistema nervoso enterico o metasimpatico che controlla il tratto intestinale.
Il sistema nervoso parasimpatico è quella parte del sistema
nervoso autonomo deputata al controllo delle funzioni di riposo e digestione (rest and digest). Le azioni principali del sistema
parasimpatico possono essere riassunte, dunque, in distensione,
rilassamento e digestione.
14
La sindrome del colon irritabile
A livello dell’apparato digerente esso induce la secrezione salivare e digestiva e favorisce i movimenti di peristalsi, con una
diminuita attività contrattile degli sfinteri.
In contrapposizione, il sistema nervoso simpatico è responsabile della più nota reazione di attacco o fuga (fight or flight response). Infatti, da esso dipendono tutte le reazioni collegate alle situazioni di emergenza (paura, fuga, attacco) e l’aumento dell’arousal
psicofisico caratterizzato da incremento della frequenza cardiaca,
iperidrosi, contrazione muscolare e, a livello intestinale, diminuzione della motilità delle pareti e aumento dell’attività contrattile
degli sfinteri.
Tutti gli stimoli in grado di influenzare tali sistemi, come lo
stress, si riverberano sul sistema enterico, e quindi sul tratto gastrointestinale, provocando l’insorgenza di segni e sintomi caratteristici di questo apparato, quali dolore o mal di pancia più o
meno intensi.
Il sistema nervoso enterico è quella parte del sistema nervoso deputata al controllo della funzione gastrointestinale. Pur godendo di una propria autonomia, esso è strettamente collegato
al sistema simpatico e parasimpatico e risente della loro azione
indiretta. Ad esempio, l’assorbimento di sostanze nutritive e la secrezione di vari prodotti da parte dell’intestino sono regolate dal
sistema nervoso simpatico e parasimpatico mediante un’azione
indiretta svolta sui neuroni enterici.
L’apparato digerente, e in particolare lo stomaco e tutto l’intestino (tenue e crasso), sono collegati al sistema nervoso centrale
(bulbo e midollo spinale) da fibre afferenti (o sensitive) ed efferenti (o effettrici).
La funzione dei motoneuroni è quella di controllare la muscolatura liscia presente sulla parete dell’esofago, dello stomaco,
dell’intestino e del colon.
La muscolatura liscia ha una propria attività contrattile,
nota come peristalsi, controllata dal sistema nervoso enterico,
a sua volta regolato dai centri vegetativi superiori attraverso le
fibre del sistema nervoso simpatico e parasimpatico. I neuroni
sensitivi, invece, svolgono la loro azione attraverso la presenza
di vari neurotrasmettitori, quali acetilcolina, dopamina e serotonina.
Quali sono le cause alla base di questo disturbo?
15
Vi è dunque una continua interazione tra mente (SNC) e intestino (SNE), mediata dall’azione indiretta del sistema nervoso
simpatico e parasimpatico.
RUOLO DELLO STRESS NELLA SINDROME
DEL COLON IRRITABILE
Lo stress, ovvero “la risposta non specifica dell’organismo ad ogni
richiesta effettuata su di esso” (Selye, 1936), viene ritenuto il
principale fattore di rischio nella sindrome del colon irritabile.
Questo fenomeno psico-fisiologico implica, necessariamente,
un adattamento da parte dell’organismo. Quando le pressioni o
richieste sono eccessive (alti livelli di stress) o si protraggono nel
tempo (stress cronico), nell’organismo si verificano alterazioni fisiologiche che possono compromettere il benessere psico-fisico
della persona. Per questo motivo, in genere, si tende a considerare
lo stress come qualcosa di totalmente deleterio per la salute. Eppure non tutto lo stress è nocivo. Al contrario del cosiddetto di-stress,
cioè la parte di stress “tossico” in grado di ostacolare l’adattamento
fisiologico, l’eu-stress ne rappresenta la parte “buona”, responsabile dell’attivazione psicofisiologica che, attraverso l’incremento
dell’attenzione e della memoria, può sortire effetti positivi sull’adattamento (Selye, 1974).
Oltre alle caratteristiche oggettive dello stress (intensità e durata), esistono caratteristiche soggettive legate ai processi cognitivi
(percezione).
Spesso si sentono frasi del tipo «Come sono stressato» oppure
«Tutto questo stress mi ucciderà»: ognuno di noi considera alcuni
stimoli come potenzialmente nocivi e li identifica come stressor.
Pertanto, nella reazione da stress, è implicata anche la percezione
individuale dello stimolo stressogeno.
Ma quali sono i fattori di stress in grado di alterare il nostro equilibrio interno? E come fa lo stress a modificare la fisiologia umana?
I fattori di stress, ovvero gli stimoli in grado di elicitare una
risposta conseguente, vengono definiti stressor. Lo stress può derivare da condizioni fisiche, psichiche e sociali, motivo per cui
esistono stressor fisici, psicologici e sociali.
Una competizione agonistica può essere considerata un esempio di stressor fisico, poiché induce l’attivazione dell’asse ipotala-
16
La sindrome del colon irritabile
mo-ipofisi-surrene che, come vedremo, se prolungata nel tempo
può compromettere l’adattamento dell’organismo. Uno stressor
sociale può essere rappresentato dalle difficoltà di inserimento lavorativo, mentre uno stressor psicologico da un trauma psichico
(lutto, violenza fisica e/o psicologica, ecc.) di cui parleremo in
modo più dettagliato in seguito. Lo stressor, inoltre, può essere interno (ad esempio, un pensiero o una credenza negativa) o esterno (ad esempio, un evento avverso come un incidente).
Gli stressor esterni sono tutti quegli stimoli presenti nell’ambiente in grado di provocare una reazione da stress. Conflitti relazionali, ritmi di lavoro pressanti e difficoltà economiche ne sono
solo alcuni esempi.
Gli stressor interni sono, invece, i fattori di stress identificabili
nei processi fisiologici, cognitivi ed emotivi, quali un pensiero
negativo, un’immagine allarmante, un’emozione spiacevole, sensazioni viscerali, ecc.
Nel determinare l’IBS possono intervenire:
• Fattori di stress di primo livello come, ad esempio, la presenza di comorbidità psichiatrica (quali disturbi d’ansia, depressione, somatizzazione), una maggiore reattività e sensibilità
gastrointestinale.
• Fattori di stress di secondo livello riconducibili alla routine quotidiana come, ad esempio, lo stress da lavoro, eccessivi
spostamenti in macchina o con i mezzi di trasporto, difficoltà
economiche, scarsa capacità di problem solving, pressioni relazionali (ad esempio, avere una madre troppo richiedente),
dover fare la fila alla posta, al supermercato o in banca, o imprevisti (ad esempio, bucare una gomma della macchina).
Lo stress agisce sul sistema nervoso enterico modificando la fisiologia dell’organismo e producendo una serie di reazioni a catena che ne alterano l’omeostasi interna. Nello specifico, viene modificata la funzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA): lo
stress ne induce un’iperattivazione che, nel tempo, può portare allo
sviluppo di specifiche condizioni psicopatologiche, come l’IBS.
L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene serve a regolare le risposte
fisiologiche allo stress al fine di garantire un buon adattamento
Quali sono le cause alla base di questo disturbo?
17
(Kudielka & Kirschbam, 2005). Ora vediamo come esso agisce
sul nostro corpo.
Lo stress provoca la secrezione ipotalamica dell’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) che, agendo sull’ipofisi (ghiandola posta nella parte più profonda del cervello), determina la secrezione di un altro ormone detto adrenocorticotropo (ACTH).
A sua volta, questo ormone agisce sulla ghiandola surrenale, situata sopra il rene, stimolando la produzione di cortisolo. Questo
controlla la secrezione degli ormoni che ne hanno determinato lo
stimolo con un’azione di feedback retroattivo.
In generale, i glucocorticoidi, come il cortisolo, vengono considerati gli ormoni chiave dello stress, in quanto possono stimolare, permettere o sopprimere la risposta agli eventi, così come
preparare la risposta a stimoli successivi.
Infatti, un aumento del livello di cortisolo determina una
reazione fisiologica allo stress di attivazione del sistema simpatico, con una conseguente riduzione del consumo energetico nei
vari distretti del corpo a beneficio del sistema nervoso centrale
e dell’apparato locomotore. Si viene, quindi, a determinare uno
stato di attivazione psicofisica definito iperarousal.
L’attivazione del sistema simpatico comporta un aumento della pressione arteriosa, del battito cardiaco e della glicemia, mentre
l’apporto ematico all’apparato gastroenterico si riduce. Questa è
la cascata di eventi fisiologici preparativi per la nota reazione di
attacco o fuga (fight or flight), utile per la sopravvivenza.
Oltre a regolare la risposta allo stress, il cortisolo mantiene costante l’attività di base dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, coordina i ritmi giornalieri coinvolti nella vigilanza e nell’assunzione
di cibo e controlla la reattività allo stress dell’intero sistema che
permette l’adattamento alle diverse situazioni ambientali.
Appare ovvio come un sistema che prevede un consumo costante di energie senza alcun meccanismo di controllo (feedback) sia
destinato a esaurirsi in un breve lasso di tempo, al pari di un’autovettura priva di spie di controllo. Come già accennato, il cortisolo
esercita anche questa funzione di feedback e, in particolare, dopo
aver permesso all’organismo di fronteggiare la situazione stressante,
provocando uno stato di iperarousal, esso “informa” il sistema nervoso centrale (tramite recettori specifici localizzati a livello dell’i-
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La sindrome del colon irritabile
potalamo e dell’ippocampo) che non è più necessario continuare a
secernere ormoni. La risposta allo stress, quindi, si ferma.
Il problema si ha quando lo stress diventa cronico o supera la
soglia di intensità per l’adattamento dell’individuo.
Lo stress cronico, infatti, provoca un incremento di secrezione
di ACTH che, agendo sulla ghiandola surrenale, determina un
aumento dei livelli di cortisolo. Si verifica, quindi, una riduzione
del feedback negativo con deficit della risposta di adattamento.
Pertanto, lo stress cronico può produrre il logoramento dell’organismo, aumentando i livelli di cortisolo e di secrezione, da parte
della midollare del surrene, di noradrenalina e adrenalina, i principali neurotrasmettitori implicati nell’attivazione del sistema
nervoso autonomo.
L’iperattivazione di questo sistema, dunque, comportando
un’aumentata motilità e sensibilità della parete intestinale, può
favorire l’insorgenza dei sintomi di IBS come il mal di pancia, i
dolori addominali, il meteorismo e la diarrea.
A lungo termine, l’effetto cronico dello stress e/o degli ormoni
corticosteroidi predispone a gravi rischi per la salute, abbassando
le difese immunitarie dell’organismo ed esponendolo a una maggiore vulnerabilità.
FIGURA 3. Sistema dello stress: connessioni neuroendocrine tra ippocampo, asse ipotalamo-ipofisi-surrene, sistema nervoso autonomo.
Quali sono le cause alla base di questo disturbo?
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IL TRAUMA COME FATTORE DI STRESS PER LO SVILUPPO
DELLA SINDROME DEL COLON IRRITABILE
Così come un trauma fisico può ferire il nostro corpo, un trauma
psicologico può ledere la nostra psiche. In tal senso è possibile
estendere il significato originario del termine, dal greco trauma
cioè ferita (fisica), alla mente.
Un trauma psicologico è, a tutti gli effetti, una “lesione psicologica”, un qualcosa che cambia irrimediabilmente il modo di
vivere e percepire se stessi, gli altri, il mondo e il futuro, e che
si ripercuote negativamente sul benessere psicologico di chi lo
subisce.
Il trauma traccia una linea di confine tra tutto quello che è
stato e tutto ciò che è ora e sarà in futuro, alterando gli equilibri
interni della persona: dopo aver subito un trauma la persona non
è più la stessa.
Non dobbiamo, tuttavia, immaginare il trauma psicologico
necessariamente come il verificarsi di un unico evento avverso
isolato.
Molti traumi, come gli abusi fisici e/o sessuali nell’infanzia, o
molti eventi di vita che vengono solitamente riconosciuti come
traumatici (disastri naturali, guerre, crimini violenti, ecc.), sono
chiamati traumi con la T maiuscola (Shapiro, 2001). In altri casi,
un bambino può avere una percezione generale di trascuratezza,
deprivazione, vergogna, esclusione o mancanza di una risposta
genitoriale appropriata. Eventi di questo tipo vengono chiamati
traumi con la t minuscola. Qualsiasi cosa abbiamo vissuto o a
cui siamo sopravvissuti, a prescindere che abbia preso la forma
di un trauma con la T o con la t, il nostro corpo, la nostra mente
e il nostro cuore, che solo apparentemente sembrano separati,
rappresentano una profonda risorsa per guarire (Paulson et al.,
2013).
In quest’ottica, possiamo dunque considerare il trauma come
un fattore di stress che, se reiterato nel tempo, può cronicizzarsi
e portare allo sviluppo di specifici disturbi psichiatrici come il
disturbo post-traumatico da stress complesso (C-PTSD), i disturbi dissociativi, il disturbo traumatico dello sviluppo (DTD) e i
disturbi della personalità correlati al trauma.
Come abbiamo visto, è stato ipotizzato che specifici tratti di
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La sindrome del colon irritabile
personalità, quali neuroticismo, alessitimia, stile di attaccamento
(insicuro evitante) e capacità di regolazione emotiva, predispongano allo sviluppo della sindrome del colon irritabile. Considerando la personalità come l’esito di un processo di interazione
bio-psico-sociale che si verifica nell’arco di vita della persona,
la presenza di traumi come massimo fattore stressante nel corso dello sviluppo assume un ruolo determinante per l’insorgenza
dell’IBS.
L’infanzia è un momento molto delicato del processo di crescita della persona in generale. Gli effetti di un trauma avvenuto durante l’infanzia possono essere complessi e soverchianti. Se
reiterato nel tempo, un trauma infantile impatta in modo pervasivo sullo sviluppo della persona, compromettendone il senso
di fiducia e di “sicurezza” personale. Purtroppo, a volte capita
che i bambini subiscano traumi proprio da parte di chi dovrebbe
prendersi cura di loro, proteggerli ed educarli. Più sono frequenti
e reiterate nel tempo, più queste forme di violenza fisica e psicologica diventano gravi.
Le esperienze traumatiche nella prima infanzia sembrano,
dunque, essere strettamente correlate ai disturbi gastrointestinali
e, non di rado, chi ne soffre riferisce un trascorso di abuso sessuale, fisico ed emotivo.
In generale, l’abuso sembra essere associato a un maggiore rischio di dolore addominale e disturbi gastrointestinali funzionali
come l’IBS (McCauley et al., 1997; Talley et al., 1994; Walker et
al., 1999; Levy at al., 2006). Chi soffre della sindrome del colon
irritabile e ha subito abusi durante l’infanzia presenta maggior
dolore, distress psicologico, compromissione del funzionamento globale e fa ricorso più frequentemente a visite specialistiche
(Drossman et al., 2000; Koloski et al., 2001, Levy et al., 2006).
Inoltre, la presenza di disturbi psichiatrici e la storia di abuso
possono influenzare la gravità dei sintomi e il livello di disabilità
(Olden, 2002; Cashman et al., 2016).
In conclusione, possiamo affermare che, oltre a minare il senso
di sicurezza personale, lo stress traumatico nell’infanzia può rendere la persona più vulnerabile allo sviluppo di numerosi disturbi
psichiatrici e sintomi psico-fisici legati ad una iperattivazione del
sistema nervoso autonomo.
Quali sono le cause alla base di questo disturbo?
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Lo stress traumatico agirebbe, infatti, alterando la funzionalità
dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, provocando un costante stato
di attivazione psicofisica (iperarousal) che indurrebbe distress psicologico, aumento della motilità gastrointestinale, ipersensibilità
viscerale, ipervigilanza delle normali sensazioni corporee e stili di
coping disfunzionali, quali la catastrofizzazione dei sintomi e la
focalizzazione a livello gastrointestinale.
Si verrebbe, quindi, a creare il terreno fertile per lo sviluppo di
disturbi gastrointestinali funzionali come la sindrome del colon
irritabile.
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