ING. FRANCESCO DODARO
SEGRETARIO DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE
DEGLI INGEGNERI DI COSENZA
TERREMOTO IN ABRUZZO
REPORT D’UNA SQUADRA DI VOLONTARI
Indice
1. Il terremoto e le iniziative intraprese dall'Ordine di Cosenza
2. Si parte per l'Abruzzo
3. Sulmona
4. L'Aquila e il DICOMAC di Coppito
5. La fase di formazione al DICOMAC
6. La tendopoli di Coppito
7. La sede dell'Ordine de L'Aquila
8. Da Sulmona a San Gregorio
9. Il COM 5 di Rocca di Mezzo e il COC di Celano
10. Cambio di programma
11. Riunione di tecnici a Reiss Romoli
12. Il pomeriggio libero ma non troppo
13. Parte l’operazione espropri
14. Le operazioni a Camarda
15. Reiss Romoli e visita alla Zona Rossa
16. Rientro a Cosenza
17. Considerazioni sugli eventi sismici nella Provincia di Cosenza
18. Conclusioni
pag. 1
pag. 2
pag. 3
pag. 4
pag. 9
pag.10
pag.11
pag.12
pag.16
pag.21
pag.22
pag.25
pag.29
pag.31
pag.37
pag.52
pag.52
pag.54
Report Terremoto Abruzzo – Ing. Francesco Dodaro – Segretario Consiglio Ordine Provinciale Ingegneri COSENZA – Pag 1
TERREMOTO IN ABRUZZO, NOTIZIE E CONSIDERAZIONI SUL TEMA
1. Il terremoto e le iniziative intraprese dall'Ordine di Cosenza
Ore 3,32 di lunedì 6 aprile 2009, la terra continua a tremare in Abruzzo, ma questa volta la scossa è
più violenta delle altre.
Comunicato dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sul terremoto del 6 aprile 2009 ore 6:50
La Rete Sismica Nazionale dell’INGV ha registrato un terremoto di Magnitudo 5.8 (Magnitudo Richter)
(6.2 Mw=magnitudo momento) nella zona dell'Aquilano, il 6 Aprile 2009 alle 3:32 (ora italiana). Le
coordinate epicentrali risultano: Lat. 42.33N e Long. 13.33E. La profondità dell'ipocentro è pari a 8.8
km. Il terremoto è caratterizzato da un meccanismo di tipo estensionale, con piani di faglia orientati
NW-SE e direzione di estensione NE-SW (anti-appenninica). La scossa è stata seguita da decine di
repliche, la più forte delle quali è avvenuta alle 4:37 italiane con magnitudo pari a 4.6. Tutte queste
scosse sono avvenute a profondità crostali (entro i 10-12 km), tipiche dei terremoti dell'Appennino.
Questa circostanza determina un forte risentimento dello scuotimento in area epicentrale. Tutte le
stazioni della Rete Sismica Nazionale dell'INGV hanno rilevato chiaramente le onde sismiche generate
dalla scossa principale. Sul sito dell'INGV (alla voce Terremoti Recenti) vengono riportate tutte le
informazioni sull'evento sismico e sul suo inquadramento nel contesto della sismicità precedente e della
classificazione sismica del territorio. La zona è stata oggetto di una sismicità frequente con
caratteristiche di sciame sismico a partire dal mese di gennaio 2009, con centinaia di scosse tutte di
modesta entità, fino all'evento di magnitudo 4.0 avvenuto il 30 marzo scorso. Si sottolinea la
circostanza secondo la quale, allo stato attuale delle conoscenze, non è possibile realizzare una
previsione deterministica dei terremoti (previsione della localizzazione, dell'istante e della forza
dell'evento). Ciò è vero anche in presenza di fenomeni quali sequenze o sciami sismici che nella maggior
parte dei casi si verificano senza portare al verificarsi di un forte evento. Una scossa quale quella che
si è manifestata oggi viene normalmente seguita da numerose repliche, alcune delle quali probabilmente
assai sensibili. La zona in oggetto è stata sede in passato di forti terremoti. In particolare, l’attività di
questi giorni si colloca tra la terminazione meridionale della faglia che si è attivata nel terremoto del
1703 (Int. MCS del X grado MCS, pari a Magnitudo circa 6.7) e i limiti settentrionali della faglia
associata nei cataloghi al terremoto del 1349 e di quella denominata “Ovindoli-Piani di Pezza”. Si ricorda
che i comuni interessati ricadono tra la prima e la seconda categoria della classificazione sismica del
territorio nazionale. Negli ultimi anni la zona non è stata interessata da forti terremoti. Subito dopo il
manifestarsi dell'evento l'Istituto si è mobilitato inviando nell'area colpita le sue strutture di
emergenza quali la rete mobile e altre squadre di rilevatori.
Roma 6 Aprile 2009 ore 6:30 Il Funzionario di turno Dr. Massimo Di Bona
Nota sulla magnitudo: la magnitudo usata di routine per stimare la grandezza di un terremoto è la
cosiddetta Magnitudo Richter o Magnitudo Locale (Ml), che viene calcolata sull'ampiezza massima della
registrazione sismica di un sismografo standard (a corto periodo). Viceversa la Magnitudo Momento
(Mw) viene elaborata attraverso un trattamento numerico dell'intero segnale sismico su tutte le
frequenze evidenziate dalla registrazione. Per terremoti forti la Mw viene ritenuta una stima più
accurata della severità dell'evento.
Le prime immagini dei telegiornali mostrano una realtà terribile, crolli diffusi d'edifici, urla e grida
d'aiuto da sotto le macerie. Il bilancio peggiora di ora in ora, molti edifici pubblici (Prefettura,
Ospedale, Questura), proprio quelli più importanti, dal punto di vista della protezione civile e del
coordinamento dei soccorsi, sono crollati o inagibili. Resto incollato al televisore, voglio capire di più.
Conosco bene gli effetti che un terremoto può provocare in termini di danni a persone e a cose, ma ogni
evento distruttivo ha le sue peculiarità. Sento in me il bisogno di fare qualcosa.
Sono le nove, mi chiama un collega, è un esperto strutturista che conosco e apprezzo
professionalmente: mi dice che è disponibile a partire per l'Abruzzo anche immediatamente. Dopo poco
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un altro collega di Rossano, mio caro amico, mi propone la stessa cosa. Telefono a Carlo De Vuono: gli
dico che è necessario che l'Ordine, attraverso il CNI, si attivi per fare subito qualcosa. Lui mi risponde
che Peppe Zia, il suo collega del CNI – Consiglio nazionale Ingegneri, residente a L'Aquila ha dovuto
lasciare l'abitazione insieme alla sua famiglia e che la situazione è drammatica. E' in partenza per Roma.
Il CNI è stato convocato in seduta straordinaria e Carlo mi farà sapere appena avrà notizie più precise.
Informo il Presidente Imbrogno e preparo, nella stessa mattinata, un’e-mail perché la Segreteria
dell'Ordine degli Ingegneri di Cosenza la trasmetta immediatamente agli iscritti. Chiedo l'adesione di
volontari per svolgere attività di supporto tecnico nelle zone terremotate.
Più tardi, nella stessa giornata e poi nei giorni successivi, il CNI offre la sua collaborazione al
Commissario Guido Bertolaso e ne stabilisce i modi d'attuazione. Riceviamo all'Ordine, attraverso una
serie di circolari, istruzioni più precise dal CNI: si formeranno squadre di tre tecnici strutturisti, due
di maggior esperienza e uno giovane che avrà modo di formarsi sul campo. La risposta dei Colleghi è
immediata ed entusiastica: piovono adesioni da tutta la Provincia di Cosenza, attraverso le e-mail di
Colleghi di tutte le età che allegano il curriculum delle loro attività professionali.
Subito dopo Pasqua, in una riunione del Consiglio, sono presenti i Proff. M. Aristodemo e A. Vulcano,
docenti della Facoltà d'Ingegneria dell'UNICAL. Il Prof. Vulcano, con una sua equipe, è già al lavoro
nella zona di Teramo e fornisce importanti informazioni sul sisma e sulla logistica. Li informo
dell'attività portata avanti dall'Ordine di Cosenza e chiedo ai due Docenti collaborazione per fornire ai
nostri volontari le informazioni necessarie per operare in Abruzzo.
Approfittiamo della riunione del 27 aprile, fissata in occasione dell'Assemblea di Bilancio, per
convocare i volontari e stabiliamo per il pomeriggio del 30 aprile un seminario di formazione sulla
compilazione delle schede per la verifica d'agibilità degli edifici. Il seminario sarà tenuto dagli Ingg.
Fabio Mazza e Otranto, che stanno già operando col prof. Vulcano, tutti iscritti dell'Ordine di Cosenza,
che ringrazio per l'impegno e la disponibilità dimostrata.
Carlo De Vuono mi informa che da tutta Italia sono pervenute circa 1000 adesioni di volontari al CNI e
che, per esigenze di logistica, la prima settimana, dal 4 all'11 maggio, saranno impegnati esclusivamente
ingegneri degli Ordini limitrofi a L'Aquila. Il terremoto ha danneggiato molte strutture alberghiere, la
Protezione Civile intenderebbe ospitare gli ingegneri volontari nelle tende già adoperate dai tecnici del
Dipartimento ma, all'ultimo momento, tale soluzione non appare perseguibile. Lui stesso, in qualità di
Tesoriere con altri suoi colleghi del CNI, sta attivamente ricercando strutture ricettive non
danneggiate, in grado d'ospitare gli ingegneri volontari del CNI. Le strutture alberghiere, poste sulla
costa adriatica abruzzese, sono già occupate dagli sfollati per il terremoto.
Frattanto a Cosenza, con i consiglieri G. Amendola e A. Papaianni, selezioniamo i gruppi di professionisti,
attraverso l’esame dei curricula e le disponibilità temporali che ciascuno di essi ha prospettato.
2. Si parte per l'Abruzzo
Ricevo, nella tarda mattinata di venerdì 8 maggio, una nuova telefonata di Carlo De Vuono da Roma: il
CNI ha deciso d'inviare una squadra da ogni Provincia. Mi chiede telefonicamente una terna di nomi
pronta a partire domenica. Non c'è tempo per consultare i colleghi delle squadre, inoltre la logistica è
tutta da definire. Decido di partire io stesso col mio gruppo, così Domenico Cava (detto Ninì) e il
giovane Roberto Acri ricevono immediatamente una mia telefonata, si parte domenica mattina. Sabato
pomeriggio la segretaria del CNI mi comunica che dovremo recarci a Sulmona.
Partiamo verso le undici con la mia macchina. Il viaggio si svolge senza intoppi, di domenica non c'è
molto traffico, niente mezzi pesanti. Incontriamo qualche intasamento solo nei pressi di Salerno.
Bretella Avellino-Caserta, autostrada A1, svincolo a Caianello, conosce un po' la zona. Lasciamo
l'autostrada e prendiamo la statale che sale verso Castel di Sangro, passiamo da Roccaraso e
proseguiamo sulla statale. D'inverno in queste zone nevica parecchio, il fondo stradale e il calcestruzzo
dei muri di controripa lo denunciano chiaramente. Man mano che si sale l'aria si fa più fresca, ma
abbiamo con noi abbigliamento per ogni evenienza.
Dopo il lungo rettifilo delle Cinquemiglia, la statale scende rapidamente di quota, ampi tornanti, pochi
centri abitati, finalmente Sulmona. Ovviamente nessuno conosce l'agriturismo Parco tre monti,
decidiamo, quindi, di telefonare al numero fornitoci dal CNI. Ci dicono che la struttura è nella zona
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industriale di Sulmona. Arriviamo. Non si tratta di un agriturismo e non si chiama Parco tre monti ma
Park Hotel ed è un albergo piuttosto grande. Il parcheggio e le strade adiacenti sono completamente
ingombri di mezzi dei Carabinieri, non ho mai visto tante Land Rover, IVECO 4x4 e tanti altri veicoli,
molti dei quali con dispositivi antisommossa, nello stesso posto. Certamente l'Arma dei Carabinieri ha
selezionato questa struttura come base logistica d'appoggio per le operazioni nelle zone terremotate.
Sulmona - Park Hotel – Mezzi dell’Arma dei Carabinieri in sosta davanti all’albergo
Davanti all'ingresso sostano gruppi di giovani carabinieri, alcuni in borghese, altri in tenuta blu col
giubbotto antiproiettile e gli anfibi. Un tale spiegamento d'uomini e di mezzi lascia intendere qualcosa
di molto serio. C'è pure un discreto numero d'uomini della Polizia di Stato. L'albergo è pieno.
La stanza è al quinto piano. L'albergo all'interno è diverso da come appare all'esterno. Ninì
(deformazione professionale!) osserva che nel corridoio manca almeno una scala d'emergenza.
L'arredamento della stanza è assai modesto, i tre lettini ingombrano quasi per intero la camera,
l'armadio ha quattro stampelle di filo di ferro. In sostanza non c'è spazio per le valigie, ma c'è il bagno
in camera ed è pulito. Mi consolo commentando con Ninì e Roberto che tale soluzione è certamente
preferibile a quella di dormire in tenda.
3. Sulmona
Decidiamo di andare al centro di Sulmona. Arriviamo nel tardo pomeriggio, ma è ancora giorno.
Parcheggiamo in una traversa adiacente alla Villa comunale, la macchina è perpendicolare al marciapiede
davanti ad una palazzina a due piani di color rosa. Non posso far a meno di guardare la facciata
dell'edificio che presenta impercettibili lesioni alcune delle quali con la tipica giacitura diagonale da
sisma. Il quartiere, dalla tipologia degli edifici, è stato costruito negli anni 20' del secolo scorso,
l'architettura è tipica, facilmente riconoscibile. Percorriamo a piedi la Villa comunale, un bel rettangolo
sistemato a verde, con viali ben definiti da cigli in pietra lavorata e fontane nella parte mediana, piena
di gente che passeggia di domenica. Proprio sul lato corto, in direzione del Corso principale, hanno posto
una tenda blu della Protezione civile dentro la quale sosta un gruppo di volontari di Sulmona.
Proseguiamo sul Corso verso il Centro storico. Gli edifici sui lati presentano pochi danni, tranne alcuni
con qualche lesione sulla facciata principale prospiciente il Corso. In alcuni e rari casi sono stati messi
puntelli di legno per reggere le pensiline dei balconi e qualche transenna. La Città è pulita e ordinata, il
centro storico è cinto da mura antiche, molte le Chiese alcune delle quali risalenti al 300'. Vicino a esse
alcune tabelle, ben realizzate, riportano la pianta dell'edificio e la storia del monumento. Apprendiamo,
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così, che l'Abruzzo come la Calabria, è una zona sismica assai conosciuta. In media ogni 100-150 anni i
terremoti hanno distrutto parte delle Chiese che sono state poi ricostruite con aggiunte e modifiche di
qualche elemento architettonico. Leggiamo con Ninì e Roberto che l'ultimo terremoto violento e
distruttivo risale al 1915. Non possiamo fare a meno di confrontare la notizia di questo evento col
terremoto del 1908 di Reggio e Messina. Sono quasi le 21,00 decidiamo di cenare e poi rientrare in
albergo. L'aria è fresca, domani bisognerà raggiungere L'Aquila per le ore 10,00.
4. L'Aquila e il DICOMAC di Coppito
Siamo pronti a partire alle otto, dalle informazioni che ho assunto al bar dell'albergo, ci sono due
strade per raggiungere L'Aquila: l'Autostrada più rapida ma più lunga (quasi 100 km), oppure la statale
17, assai più breve ma tormentata da curve e dal passaggio in numerosi centri abitati, con qualche
deviazione per interruzione del percorso (70-80 km).
SS 17 – Malepasso - Crollo di fabbricato di muratura con tetto rigido e pesante in c.a.
SS 17 – Malepasso - Rovina del paramento murario della parete posteriore di una chiesetta
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SS 17 – Via Porta Napoli - Fabbricato a bordo strada, lesioni da sisma sulle murature
Decidiamo per l'Autostrada, vogliamo essere certi di arrivare per l'appuntamento delle 10,00 al
DICOMAC di Coppito, presso la Caserma della Guardia di Finanza. Percorriamo l'Autostrada lungo la
quale si muove traffico piuttosto eterogeneo, ma non possiamo far a meno di osservare i mezzi di
numerosi corpi di forze dell'ordine, dei Vigili del fuoco e di volontari tutti diretti verso il Capoluogo di
Regione. Arriviamo al casello de L'Aquila: la coda di automezzi su più file è interminabile. E’ sereno, c'è
un sole splendente e inizia a fare piuttosto caldo. Impieghiamo mezz'ora a uscire dall'autostrada e
viaggiamo in direzione di Coppito. Alcune tabelle su campo rosso segnalano la direzione per il DICOMAC.
Planimetria generale della Città de L’Aquila – in alto a sinistra il DICOMAC e Reiss Romoli di Coppito
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Percorriamo una sorta di tangenziale e distinguiamo in fondo, sulla sinistra, la struttura dell'Ospedale
San Raffaele. Il traffico è sostenuto, ma riusciamo a distinguere le tendopoli, enormi, con le tende di
colore blu e la scritta bianca in stampatello “Protezione civile”. S’intravedono delle strutture
danneggiate, mancano prevalentemente le murature di tompagno.
Città de L’Aquila – Rovina dei tompagni al primo piano di edificio condominiale
Città de L’Aquila – Crollo del foglio esterno di mattoni forati dei tompagni a cassa vuota
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Città de L’Aquila – Edificio delle Poste Centrali, crollo della tamponatura di matton vetro
Città de L’Aquila – Rovina dei tompagni di mattoni forati di un edificio commerciale e residenziale
Coppito è posta a circa quattro chilometri da L'Aquila. La caserma della Guardia di Finanza è situata in
una zona periferica, su un ampio vialone denominato per l'appunto Via Fiamme Gialle. La caserma, che
ospita la Scuola sotto ufficiali, ispettori della Guardia di Finanza, è posta sulla sinistra del viale, è
cintata da alti muri e presenta tre ampi accessi carrai dalla strada principale. Il primo, sulla sinistra
per chi arriva, è caratterizzato da un andirivieni continuo di veicoli dei Vigili del fuoco, si tratta di
mezzi d'ogni tipo, molte autoscale, gruppi elettrogeni e mezzi 4x4. Fermano il flusso delle auto sulla
strada per consentire la manovra di un mezzo particolarmente ingombrante. E' chiaro che la Caserma
costituisce la base logistica per i mezzi dei Vigili del fuoco giunti da tutt'Italia. Raggiungiamo il
secondo ingresso della Caserma, quello principale e parcheggiamo di fronte. Gli ingressi sono presidiati,
di fianco a quello carraio c'è un accesso pedonale, il personale di guardia ci indirizza verso l'ufficio,
dove i nostri tre documenti sono raggruppati in un unico passi, giacché l'afflusso di personale di
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servizio e di volontari da ogni parte è veramente enorme, specie di lunedì. Siamo in leggero anticipo
rispetto all'appuntamento delle 10,00, attraversiamo l'enorme cortile rettangolare, quello che tutti
abbiamo visto in televisione per i funerali di Stato con quelle fila sterminata di bare allineate. Sulla
sinistra in fondo s’intravedono strutture a capannone alte con alcune motovedette in rimessaggio per la
riparazione delle fiancate, di fronte a destra si scorge una specie di monumento con un piccolo
elicottero dismesso della Guardia di Finanza. Attraversiamo il cortile sotto il sole che si fa di ora in ora
più cocente, fa proprio caldo. Eppure di sera la temperatura era piuttosto fresca. Sono proprio le ampie
escursioni termiche giornaliere a caratterizzare il clima di questa zona dell'Abruzzo. Non possiamo far
a meno di pensare alle tendopoli che abbiamo intravisto arrivando dall'autostrada e alla condizione di
quei poveri sventurati messi lì da più di un mese. Attraversato il cortile, arriviamo a una struttura a
palco, realizzata con tubi innocenti e assi di legno, sullo sfondo un telone blu che fa da cortina. E' il
palco che abbiamo visto tante volte in televisione, quello sul quale il presidente del Consiglio ha parlato
nelle ore successive al terremoto, quello sul quale è stata celebrata la Messa dei Funerali di Stato per
le vittime del Terremoto. Dietro il palco si colloca la struttura di un palasport.
E' questa la sede del DICOMAC, che vuol dire in sigla Dipartimento di comando e controllo. Si tratta di
una struttura del Governo che è attivata solo in caso di calamità nazionale e serve di supporto e
d'affiancamento alle strutture di governo e coordinamento degli organi territoriali. Varchiamo la porta
a vetri principale, l'aria è più respirabile, fa meno caldo, il palasport è climatizzato. L'area del campo di
gioco presenta un contro pavimento, predisposto per l'occasione, a quadroni di laminato sul quale
corrono, raggruppati, canaline e fasci di cavi d'ogni tipo. L'enorme copertura è una travatura reticolare
spaziale di grossi tubolari d'acciaio che copre, oltre il campo di gioco di per sé assai ampio, anche le tre
gradonate: due sui lati corti del rettangolo e la terza posta di fronte all'ingresso principale. Tale
ingresso al palasport è presidiato da sotto ufficiali della Guardia di Finanza, che indirizzano i visitatori
verso il settore di competenza. L'ampia area del campo da gioco è stata suddivisa, infatti, in ampi
settori in ciascuno dei quali ferve l'attività. Entrando a destra ce n'è uno che desta subito la mia
attenzione, quello dell'Esercito. Ci sarà almeno una cinquantina di militari, coordinati da ufficiali
superiori, davanti ad altrettanti PC e tutte le pareti divisorie mobili sono attrezzate e tappezzate con
la cartografia del territorio a varia scala. Poco più avanti sono collocati i tecnici del Dipartimento della
protezione civile. Sono gli esperti di vulcanologia e di sismologia: i loro PC sono collegati con la rete
sismografica dell'intero territorio nazionale. Da lì, in tempo reale, si possono avere notizie sull'attività
sismica di tutto il territorio italiano e non solo. Procedendo in senso antiorario s’incontra il settore di
coordinamento del Corpo dei Vigili del Fuoco. Particolarmente in movimento alcune persone con un
giubbetto riportante la scritta “Ministero dei Beni Culturali”. Sono i tecnici del Ministero che aiutati
anche da volontari e dai Vigili del Fuoco stanno compiendo la ricognizione delle opere monumentali,
soprattutto delle Chiese, tutti edifici vincolati dalla Soprintendenza ai beni ambientali, architettonici,
artistici e storici. Tra gli Ufficiali del Corpo dei Vigili del Fuoco incontro un volto noto. Si tratta
dell'Ing. Paolo De Bastiani, un nostro collega di Cosenza, da anni Dirigente in servizio nel Corpo dei
Vigili del Fuoco, che ho avuto modo di conoscere e apprezzare in Calabria per la sua competenza nelle
operazioni, particolarmente delicate e pericolose, di messa in sicurezza di un'enorme travata di ponte
d'acciaio, in seguito ad un serio incidente sul lavoro occorso nelle operazioni di varo. L'Ing. De Bastiani
coordina i Vigili del Fuoco impegnati nella ricognizione di edifici monumentali danneggiati dal sisma, di
concerto con i tecnici e gli esperti del Ministero. Ci salutiamo cordialmente mentre riprende il suo
lavoro con la solita professionalità. Proseguendo in senso antiorario i settori sono occupati da altri corpi
di volontari d'ogni genere, fino a quello dei boy scout. Al piano superiore delle gradinate sono posti
alcuni uffici fra i quali una delegazione dell'Agenzia del Territorio de L'Aquila, le cui strutture sono
state pesantemente danneggiate dal sisma. Frattanto, il sotto ufficiale di servizio all'ingresso informa
il gruppo d’ingegneri volontari, che sono ormai arrivati un po' da tutt'Italia, che la riunione di
formazione è fissata per le 11,00 presso il cine-teatro. L'Ing. Picardi del CNI ci accoglie, fa l'appello
dei presenti e li ringrazia. Fornisce poi, a ciascun gruppo, la sua destinazione per l'alloggio durante la
settimana. La nostra squadra, insieme con alcune altre, dovrà recarsi a San Gregorio. Bisognerà, quindi,
tornare a Sulmona, recuperare i bagagli e trasferirci a San Gregorio, sulla SS 17 km 45, vicinissimi a
Onna proprio nella zona epicentrale.
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5. La fase di formazione al DICOMAC
Il cine-teatro della Caserma della Guardia di Finanza è una bella struttura perfettamente tenuta come
il palasport. L'ampia sala si riempie gradualmente ed è distribuita la monografia denominata “Manuale
per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento del danno, pronto intervento e agibilità per
edifici ordinari nell'emergenza post-sismica (AeDES)”. Si tratta della stessa pubblicazione sulle
indagini speditive post sisma per la verifica dell'agibilità degli edifici che, in fotocopia, è stata
distribuita ai tecnici volontari dell'Ordine di Cosenza e sulla quale abbiamo svolto il corso di
preformazione tenuto dagli Ingg. Mazza e Otranto dell'UNICAL. Una collega del Dipartimento della
Protezione Civile, attraverso delle slides, presenta gli argomenti fondamentali della monografia e
fornisce delle informazioni dettagliate sull'evento sismico. Si sofferma particolarmente sulla
compilazione delle schede di rilevamento speditivo degli edifici spiegando che tali schede, messe a
punto dai ricercatori del Servizio sismico nazionale e dal Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti,
sono il frutto dell'esperienza maturata nei terremoti dell'Irpinia, dell'Umbria e delle Marche.
La scheda è composta di nove sezioni su tre pagine e una quarta contenente le note esplicative di
compilazione:
1. Identificazione dell'edificio
2. Descrizione dell'edificio
3. Tipologia
4. Danni a elementi strutturali e provvedimenti di pronto intervento eseguiti
5. Danni a elementi non strutturali e provvedimenti di pronto intervento eseguiti
6. Pericolo esterno indotto da altre costruzioni e provvedimento di pronto intervento eseguiti
7. Terreno e fondazioni
8. Giudizio di agibilità
9. Altre osservazioni
L'analisi generale dell'edificio deve essere completa, dagli interrati alla copertura e deve riguardare
tutti i piani dell'edificio. Per edificio s’intende l'unità strutturale, spesso nel caso di centri storici
occorre individuare l'unità strutturale all'interno di un aggregato complesso. Ciò non è sempre semplice,
anche se la tipologia, la presenza di un giunto sismico, l'epoca di costruzione, la differente altezza dei
piani, i materiali diversi, la geometria delle falde di copertura e altri indizi possono aiutare a definirla.
L'analisi dell'edificio riguarda, quindi, una serie d’indicatori: le strutture verticali (prevalentemente di
muratura o di c.a.), gli orizzontamenti (solai, volte etc.), le coperture (leggere, pesanti, spingenti o non
spingenti), gli elementi non strutturali (tompagni, divisori o altro), il terreno di sedime e le fondazioni, i
pericoli derivanti da edifici o strutture contigue. Sulla scorta di tali analisi si compila la matrice della
Sezione 8, che sintetizza i rischi strutturali, non strutturali, esterni e geotecnici con l’attribuzione, in
base alle indagini effettuate in sito, di tre possibili livelli di rischio: basso, medio e alto.
L'esito di agibilità prevede i seguenti sei livelli di giudizio:
A – Edificio agibile
B – Edificio temporaneamente inagibile (tutto o in parte), ma agibile con provvedimenti di pronto
intervento
C – Edificio parzialmente inagibile
D – Edificio temporaneamente inagibile ma da rivedere con approfondimento
E – Edificio inagibile
F – Edificio inagibile per rischio esterno.
L'esito A di giudizio, di edificio agibile, non significa in assoluto che l'immobile non abbia subito danni,
ma semplicemente che i danni riscontrati sono modesti. Anche se uno solo dei parametri di rischio
considerati è alto, il giudizio non può che essere d'inagibilità. In alcuni limitati casi, quando cioè è
possibile l'esecuzione di rapidi interventi di messa in sicurezza, è possibile formulare il giudizio B)
d'agibilità condizionata a lavori di messa in sicurezza che consente, eseguiti tali interventi, di utilizzare
l'immobile. Gli altri casi riguardano gli immobili parzialmente o totalmente inagibili. Il caso E)
d'immobile inagibile per sue caratteristiche intrinseche e quello F) d'immobile inagibile per cause
esterne sono quelli più ricorrenti nelle cosiddette “zone rosse”.
Sono state eseguite, sino all’11.05.2009, oltre 30.000 verifiche d’agibilità di edifici, alcune delle quali
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più volte effettuate sulla stessa struttura poiché le scosse sismiche non accennano a fermarsi e la
situazione è in continua evoluzione. Tutte le verifiche sono inserite in un enorme data base presso la
sede del coordinamento tecnico della Protezione civile nazionale ubicata nella Reiss Romoli di Coppito.
I comuni rientranti fra quelli dichiarati terremotati sono ora quarantanove e sono stati suddivisi in
sette aree denominate COM – Centro Operativo Misto con sede in altrettanti capoluoghi. Il COM
coordina le attività di verifica nell'ambito dei COC – Centri Operativi Comunali ricadenti nelle aree
territoriali di competenza.
Suddivisione del territorio terremotato nei sette Centri Operativi Misti (COM)
Sul tema della responsabilità professionale, oggetto delle principali domande, poste dopo l'esposizione
ai Tecnici del Dipartimento della protezione civile, riporterò, per brevità, la definizione contenuta nella
monografia di che trattasi, lasciando ogni ulteriore considerazione alla sensibilità e alla deontologia
professionale del lettore attento:
“La valutazione di agibilità in emergenza post-sismica è una valutazione temporanea e speditiva – vale a
dire formulata sulla base di un giudizio esperto e condotta in tempi limitati, in base alla semplice analisi
visiva e alla raccolta di informazioni facilmente accessibili – volta a stabilire se, in presenza di una crisi
sismica in atto, gli edifici colpiti dal terremoto possano essere utilizzati restando ragionevolmente
protetta la vita umana”.
Verso le 13,30 sempre nel Cine-teatro i tecnici sono invitati a registrarsi per l'accreditamento, i nostri
dati anagrafici serviranno per organizzare il lavoro di coordinamento delle squadre sul territorio e per
le assicurazioni nel periodo di volontariato.
Siamo quindi informati che i DPI – Dispositivi di Protezione Individuale, forniti dal CNI, saranno
disponibili presso la sede dell'Ordine degli Ingegneri de L'Aquila a partire dalle ore 15,00.
Avute indicazioni sull'ubicazione della sede provinciale degli ingegneri, sono ormai passate le 14,00.
Con la tenuta fornita dal CNI saremo riconoscibili e potremo aver accesso alla tendopoli per pranzare
dovunque ci troveremo nei prossimi giorni, mentre a San Gregorio pernotteremo e consumeremo la cena
e la prima colazione.
6. La tendopoli di Coppito
Decidiamo di recarci a pranzo. Lungo la strada, poco dopo aver lasciato il DICOMAC, troviamo la
tendopoli di Coppito. Parcheggiamo all'esterno sulla strada pubblica, vicino alla nostra macchina quella
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di due giovani colleghi aquilani che si recano a pranzare nella tendopoli. Facciamo subito conoscenza e
loro stessi si adoperano a far da tramite con il personale militare all'ingresso del campo, per farci
accedere a consumare il pranzo. La temperatura al sole supera i trenta gradi, le tende sono poste su
gradoni del terreno più in basso, la cucina da campo è ubicata su un ripiano più in alto rispetto
all'ingresso. Il servizio mensa è gestito da un gruppo di volontari delle Marche e la cucina è semplice ma
gradevole. Sotto la tenda fa ancora più caldo rispetto all'esterno, gli odori della cucina col caldo mi
evocano lontani ricordi della mensa universitaria. I tavoli, provvisti di panche di seduta, sono disposti su
due lati della tenda, lasciando nella parte mediana un corridoio di passaggio e due varchi più stretti sui
lati, in aderenza alla tenda stessa. Ci mettiamo in fila, non c'è molta gente, l'ora è tarda: pasta
asciutta, pollo, insalata, una mela e acqua minerale. Ci sistemiamo in cinque, io Ninì e Roberto e i due
colleghi aquilani, allo stesso tavolo, dove una persona anziana ci fa prontamente posto spostandosi da un
lato. Si rende conto dai nostri discorsi che siamo tecnici volontari, ci guarda compiaciuto, ma non dice
nulla, consuma il pasto in silenzio con grande dignità e, appena finito, si alza dicendo semplicemente
buongiorno. Durante il pranzo apprendiamo altre notizie dai colleghi aquilani. Sono entrambi sposati. Il
primo ha dovuto abbandonare la casa e lo studio con la famiglia e vive nelle tende. Il secondo avrebbe la
casa agibile, ma non lo studio, purtroppo la moglie è rimasta così traumatizzata dall'evento sismico che
non vuol più rientrare tra le mura domestiche. Riferiscono entrambi che un po' tutti gli ingegneri
aquilani stanno vivendo una situazione a dir poco allucinante. L'opinione pubblica e certa stampa
sembrano concordi nel ritenere loro responsabili di tutto il disastro, del perché le case non abbiano
retto al sisma. Raccontano, inoltre, di non poter eseguire verifiche sugli immobili dal momento la
Protezione civile preferisce affidare tale compito a tecnici esterni, provenienti da altre province
d'Italia.
Devo aver letto qualcosa del genere, nei giorni scorsi, sul portale del CNI da Roma, ma cerco di trovare
qualche argomento di conforto anche perché pare che la situazione, almeno per loro, si stia pian piano
modificando. Completiamo il pranzo, ci salutiamo cordialmente e cerchiamo col navigatore la sede
dell'Ordine de L'Aquila.
7. La sede dell'Ordine de L'Aquila
Raggiungiamo la sede dell'Ordine poco dopo le 15,00. Molti altre squadre di colleghi sono pazientemente
in fila cercando l'ombra. La sede dell'Ordine è posta nella zona industriale, è un edificio nuovissimo,
parte delle strutture sono d'acciaio e cristallo, ma la tamponatura della parte in c.a. presenta vistose
lesioni diagonali che certamente interessano anche gli ambienti interni.
L’Aquila - Edificio della sede dell’Ordine degli Ingegneri con i tompagni lesionati
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Certamente gli ingegneri non ci fanno una bella figura ma, per magra consolazione, anche l'Associazione
degli industriali aquilani non gode di miglior salute. I tompagni del loro nuovo edificio sono caduti al
suolo e sono ancora là nella corte recintata.
L’Aquila - Sede dell’Assindustria – crollo delle murature di tompagno
L'abbigliamento, fornito ai volontari dal CNI, consiste in pantaloni e giubbotto di tela grigia con inserti
azzurri, uno smanicato dello stesso colore più pesante, un elmetto giallo, un paio di scarpe
antinfortunistiche basse, un paio di guanti. Con pazienza, districandoci tra le L e le XL, pian piano
riusciamo a piccoli gruppi a completare le operazioni. Sono passate le 16,30 e dobbiamo ancora tornare
a Sulmona per trasferirci poi a San Gregorio, a circa quindici chilometri da L'Aquila.
8. Da Sulmona a San Gregorio
Rifacciamo l'autostrada a ritroso verso Sulmona e, recuperati i bagagli, poco dopo siamo nuovamente in
viaggio per San Gregorio. La struttura prescelta per il nostro soggiorno dovrebbe essere un agriturismo
sulla SS 17, ma la vicinanza che ricaviamo dalla carta stradale tra San Gregorio con l'abitato di Onna,
completamente raso al suolo dal terremoto, non ci lascia del tutto tranquilli. Lo pensiamo un po' tutti,
ma nessuno di noi dice niente. Ninì Cava ed io ci conosciamo da troppo tempo e certe volte uno sguardo
conta più di cento parole. Gli dico semplicemente, mentre guido, di telefonare all'agriturismo per
confermare il nostro arrivo nella serata. Non ho voglia di rifare ancora l'autostrada, per cui decidiamo
di seguire le indicazioni del navigatore che ci indica la SS 17 come il percorso più breve. La statale si
percorre bene, c'è ancora luce, l'aria condizionata della macchina e il verde del paesaggio ci ritemprano.
Ninì e Roberto sono curiosi di vedere cosa ha combinato il terremoto e viaggiare sulla statale può
essere utile a fornire qualche risposta. Più ci avviciniamo alla nostra meta, più le costruzioni che ci
appaiono lungo la strada presentano danni gravi. Ninì e Roberto scattano diverse fotografie ma alcune
porzioni di edifici crollate mi costringono a fermarmi, scendiamo dall'auto per esaminare più da vicino i
danni. I fabbricati sono transennati perché inagibili e i danni sono ingenti.
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SS 17 – Da Sulmona a San Gregorio – crolli di porzioni di un fabbricato in muratura di pietrame a bordo strada
SS 17 – Da Sulmona a San Gregorio – Crolli parziali di fabbricato a bordo strada
Lungo la SS 17 si trovano alcune chiesette, collocate un po' a caso, quasi sempre isolate e non inserite
in contesti abitati. Alcune di esse appaiono integre come se fossero appena state costruite, altre
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presentano danni importanti ai paramenti murari.
SS 17 – Da Sulmona a San Gregorio – Parziale crollo del paramento murario di una chiesetta
Ragionando e commentando arriviamo a San Gregorio che è una piccola frazione a monte della statale, la
distanza da Onna è pochissima e i fabbricati lo dimostrano chiaramente dalla lettura dei danni e dei
quadri fessurativi.
SS 17 – San Gregorio – Danni ai fabbricati con profonde lesioni passanti da sisma
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SS 17 – San Gregorio – Danni ai fabbricati con profonde lesioni passanti e fuori piombo delle murature
SS 17 – San Gregorio – Crollo di una porzione di fabbricato di muratura nei pressi della Statale
Telefonicamente ci informano da Reiss Romoli che l'indomani, per le ore 8,15, dovremo essere al COM 5
di Rocca di Mezzo.
L'agriturismo San Gregorio non è precisamente nel nucleo abitato, ma è posto leggermente più a sud a
ridosso della statale. Un ampio piazzale consente la sosta degli autoveicoli e la struttura si presenta
ordinata e pulita.
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SS 17 – San Gregorio – Piazzale e parcheggio dell’alloggio turistico omonimo, sullo sfondo il Monte Velino
E' un edificio di cemento armato recentemente ristrutturato. Presenta un piano parzialmente interrato
a livello del piazzale e tre piani fuori terra. I pilastri sono per lo più a sezione quadrata di dimensioni
buone, le luci delle travi sono piuttosto piccole e la forma in pianta regolare. Non ci sono danni sugli
elementi strutturali, né sui tompagni se non qualche traccia lievissima. Le stanze sono piuttosto piccole,
ma sono pulite e hanno il bagno in camera con i rivestimenti e i sanitari nuovi e perfettamente
funzionanti. La cosa ci conforta non poco e più rasserenate sono le nostre famiglie, a Cosenza, alle quali
possiamo fornire telefonicamente notizie rassicuranti. Ninì ed io siamo alloggiati al secondo piano,
Roberto, più giovane, dividerà una stanza al terzo piano con i colleghi della Provincia BAT ( BarlettaAndria e Trani).
A cena facciamo conoscenza con gli ingegneri delle altre squadre: Perugia, Savona, Taranto, Latina,
Lecce, Barletta-Andria e Trani sono le città di provenienza. S’impiega poco a far la conoscenza dei
colleghi e scambiare con loro le prime impressioni ed esperienze. La prima sera si cena al seminterrato.
La cucina è buona, il gestore di poche parole.
A cena conosciamo anche il coordinatore degli ingegneri volontari della settimana, si tratta di Giuseppe
Gorgoglione, per gli amici Pino, Presidente della neonata Provincia di BAT.
Restiamo un po' a chiacchierare dopo cena, ma occorre andare a letto perché martedì ci aspetta il COM
5 di Rocca di Mezzo.
Appena andati a letto, mentre ascolto con Ninì le ultime notizie di una TV locale sul terremoto, il
terremoto si fa sentire veramente dandoci un’agitata ai letti dove c’eravamo appena adagiati. Per
fortuna niente di serio, ma era diverso tempo che non avvertivo il terremoto e San Gregorio me l’ha
ricordato.
9. Il COM 5 di Rocca di Mezzo e il COC di Celano
Mi alzo di buon mattino, come d'altra parte faccio tutto l'anno e mi preparo. Decido di non indossare i
pantaloni che mi vanno troppo lunghi, ma propendo per i miei jeans, indosso le scarpe antinfortunistiche,
e sopra la camicia uno dei miei maglioncini di lana sottile. Lo smanicato azzurro e grigio è gradevole ed
ha il vantaggio d'avere molte tasche dove riporre quell'infinità di cose che ci portiamo dietro e che non
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sto a descrivere. Anche il telefono cellulare che suona spesso in questi giorni e sul quale ricevo
chiamate da coordinatori di vari ambiti, che mi comunicano notizie, indicazioni e nuove destinazioni, ha
trovato una buona collocazione nel taschino superiore dello smanicato, protetto dalla chiusura in velcro.
Rocca di Mezzo dista da San Gregorio circa 25 Km, si trova in montagna, a circa 1400 m s.l.m.
SS 17 – Vista dell’altopiano del Velino-Sirente, con Rocca di Mezzo, in alto la stazione sciistica di Campo Felice
Ho lasciato ieri sera la macchina parcheggiata sul piazzale con il muso rivolto a nord e la trovo ricoperta
di brina e col parabrezza non dico ghiacciato, ma ci siamo andati vicino. Credo che di notte la
temperatura sia scesa intorno ai 3-4°C. Partiamo alle 7,30. Si arriva, deviando per superare
l'interruzione che troviamo sulla strada provinciale e dopo un'interminabile serie di tornanti, a Rocca di
Cambio, proprio a valle della stazione sciistica di Campo Felice. La strada diventa pianeggiante, si apre
lo splendido altopiano del Velino-Sirente e si arriva, quindi, a Rocca di Mezzo.
La località si presenta piuttosto silenziosa e poco trafficata. Raggiungiamo il Municipio per l'orario
stabilito, ma prima di noi sono arrivati solo i Vigili del Fuoco. Il COM 5 è allocato al piano terra, a
destra entrando nel Municipio, le donne delle pulizie si scusano ma stanno completando il loro lavoro.
Arrivano i tecnici del Comune e poco dopo il responsabile del COM 5; l'Ufficio Tecnico è pieno di tecnici
e di volontari. La nostra destinazione è il COC di Celano, ma non siamo soli, con noi i colleghi di Latina e
due altri Ingegneri di Celano che ci fanno da guida. Celano non rientra fra i comuni terremotati, ma dai
cittadini piovono sul Comune richieste di verifiche degli immobili. Celano è un paesone di circa 11.000
abitanti, è posto più a sud a circa 20 km da Rocca di Mezzo. Arriviamo in Piazza, presso la sede del
Municipio, parcheggiamo dove possiamo, sono quasi le 11,00, ma ancora non stiamo lavorando. La mia
macchina e quella dell'Ing. Zaccheo di Latina sono fuori dalle apposite strisce, ma non intralciano in
alcun modo la circolazione. Pensiamo di salir su all'Ufficio tecnico, prendere le informazioni necessarie
e iniziare le verifiche degli immobili. Ma le cose non vanno esattamente così. A Celano, in verità, non si
aspettavano l'arrivo di tanti ingegneri per le verifiche post sismiche, e la cosa noi interessa neanche
alla tutrice del traffico che è fermamente intenzionata a multare le nostre macchine. Abbiamo lasciato
Roberto giù a impedire che ciò avvenga, ma lei è inflessibile, non vuol sentir ragioni. Deve intervenire il
Comandante dei VV.UU. per chiarire la nostra presenza al Comune e munirci di un passi per
parcheggiare con maggior facilità e senza perdere troppo tempo. Veniamo, quindi, ricevuti dal
Commissario Prefettizio, il quale ci ringrazia e ci informa che, nonostante la Protezione Civile non
ritenga che Celano possa considerarsi fra i comuni terremotati sono state inoltrate circa 1.100
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richieste di sopralluogo. Si affida alla nostra professionalità e ci raccomanda, però, prima di richiedere
il transennamento di qualche via pubblica, di informarlo preventivamente. Siamo accompagnati per i
sopralluoghi dal Geom. Tonino Paris, un omone di quasi un metro e novanta, ma pacifico e assai paziente.
Le verifiche saranno eseguite su Via dell'Aquila una delle strade principali di Celano, a poche centinaia
di metri dalla Piazza del Municipio. Mentre ci spostiamo, il Geom. Paris utilizza il cellulare per informare
i proprietari che, data l'ora, non si aspettavano più d'essere convocati per i sopralluoghi.
Riusciamo così a effettuare due verifiche d’agibilità. La prima abitazione non presenta danni, sono
passati anche i Vigili del Fuoco qualche giorno prima di noi, giudizio A – edificio agibile.
Fabbricato di Celano giudicato agibile
Il secondo edificio, a più livelli, è abitato solo a un piano. Il fabbricato presenta delle catene e ha
subito un intervento di riparazione dei solai dopo il terremoto del 1915. Poche e lievi lesioni, il pericolo,
semmai, può derivare dal distacco degli stangoni di travertino dei balconi che sono separati dal
supporto e possono cadere sulla strada sottostante. Fabbricato giudicato B, agibile con prescrizioni di
pronto intervento.
Celano – Fabbricato agibile con prescrizione: rimuovere o fissare gli stangoni di travertino dei balconi
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Sono le 14,00, decidiamo di fare pausa pranzo. Il Geom. Paris telefona alla tendopoli di Celano per
informarli del nostro inaspettato arrivo. Fa molto caldo. Ci spostiamo a valle dell'abitato, nella zona
degli impianti sportivi, dove è stata allestita la tendopoli. Dentro un'area destinata agli impianti
sportivi, sotto una struttura a tendone di un campo polifunzionale, s’intravedono alcuni letti e dei tavoli.
In pratica nel campo ci sono solo un paio di famiglie di sfollati, con numerosi figli che scorazzano per il
campo. Ci accolgono bene e decidono di sistemare due tavolini da bar per far posto alla nostra squadra e
quella di Latina, che nel frattempo ci ha raggiunto, all'ombra degli alberi. Ci scambiamo rapidamente le
nostre impressioni. Siamo del parere che Celano sia piuttosto lontana dall'area dell'epicentro e che il
terremoto abbia prodotto effetti piuttosto limitati, anche se qualche fabbricato, già piuttosto
compromesso, può averne in qualche misura risentito.
Campo di Celano – Pausa pranzo – Gli Ingg. Dodaro, Acri e la squadra di Latina
Riprendiamo alle 15,30 le verifiche accompagnati sempre dal Geom. Paris, che continua col suo cellulare
a fissare appuntamenti anche per l'indomani. Eseguiamo altri due sopralluoghi. Il primo è un fabbricato
a due livelli, con piano seminterrato e soffitta. Non è abitato. Presenta qualche traccia di danno, ma
osserviamo che almeno il 50% della superficie dei solai a voltine, scarica su di una parete di spina di
circa 15 cm di spessore. Tale parete da una parte è interrotta dalla porta di accesso ai vani e dall'altra
presenta una lesione di distacco dalla parete perimetrale ortogonale. Una nuova scossa di terremoto
potrebbe, quindi, rendere labile l'appoggio dei solai e farli rovinare su quelli sottostanti con effetto
domino. Il tetto di copertura ha orditura di legno, è leggero e non spingente. Tuttavia le murature di
quinta sono distaccate ai cantonali e la loro caduta potrebbe compromettere la sicurezza del
fabbricato limitrofo. Decidiamo per il giudizio E) di non agibilità del fabbricato, prescrivendo il
provvedimento di puntellamento del muro di spina e le catene di cucitura per la copertura.
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Celano – Lesione nella muratura di pietrame dello spessore di circa 1 cm a piano terra
L'ultimo sopralluogo della giornata riguarda un fabbricato isolato, in pratica un rudere in abbandono. Il
proprietario ci aspetta sul marciapiede di fronte, all'ombra. Ninì ed io ci guardiamo, ma manteniamo un
certo aplomb, Roberto tace e ci guarda aspettando le nostre reazioni. Con voce tranquilla, ma ferma
dico all’interessato che dovremo visitare tutti gli ambienti, incluso l'interrato. Attraversiamo la strada,
l’uomo che ci precede ha in mano un mazzo di quelle chiavi antiche, da 20 cm di lunghezza. La scala in
pietra che porta all'interrato è ricoperta da ciuffi d'erbacce. Ninì, serafico, gli chiede da quanto
tempo non sia adoperata la cantina e il proprietario risponde: “Dall'anno scorso!” e nel frattempo
armeggia con le chiavi, mentre la porta continua a rimanere saldamente serrata. Di fianco alcune tavole
chiudono il passaggio a un corridoio sotterraneo a volta, sotto il ripiano d'accesso al piano rialzato.
Anche passando da lì, si può accedere ai locali interrati. Mi sistemo il casco e gli dico di fare strada.
Erbacce, ragnatele e quant'altro, ma non facciamo una piega. Visitiamo e fotografiamo almeno uno dei
due ambienti interrati, l'altro ambiente rimane inaccessibile.
La visita prosegue al piano superiore. E' tutto in evidentissimo stato d'abbandono: bottiglie sparse sul
pavimento, mobili sgangherati, fuliggine sui muri della cucina. La casa è chiusa da diversi anni. L'accesso
al piano superiore avviene da una scala interna in pietra, incastrata fra i muri d'ambito. I gradini sono
lesionati sul lato destro e distaccati dalla muratura. Il proprietario affronta rapidamente la rampa.
Decido di salire solo io lungo il lato destro e dico a Ninì e Roberto di non seguirmi. Ninì ha capito
l'antifona, sta fotografando le lesioni della scala con molta cura negli interstizi, dove si sono formate le
ragnatele. Al piano di sopra è posta una camera in abbandono, con soffitto a volta e teste di padiglione
tutte lesionate e pericolanti. Le chiavi non aprono e non è possibile accedere agli altri ambienti del
piano superiore. Visitiamo, quindi, i due magazzini posti al piano terra, ingombri ma utilizzati
correntemente. Compilare la scheda riguardante questo fabbricato non è facile e ci porta via diverso
tempo. Il giudizio è certamente E) edificio non agibile, ma per quadri fessurativi e di dissesto dovuti
alla vetustà, all'abbandono e, solo marginalmente, al terremoto.
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Celano – Fabbricato in abbandono giudicato inagibile per danni pregressi e da transennare
Al Comune ci chiedono di lasciare le schede di rilevamento compilate. Ninì si oppone fermamente, le
disposizioni impartite al DICOMAC sono di lasciare le schede riassuntive e quelle di pronto intervento
al COC; le schede del rilievo e le copie di quelle riassuntive e di pronto intervento vanno, invece,
riportate al COM 5, che provvederà alla successiva trasmissione alla Reiss Romoli.
Sono ormai le 18,30 dobbiamo rientrare a San Gregorio e percorrere circa 50 Km di strada provinciale.
Arriviamo che sono quasi le 20,00 - Ci proponiamo per l'indomani di passare da Rocca di Mezzo per
lasciare le schede al COM 5, prima di recarci nuovamente a Celano e continuare nei sopralluoghi.
10. Cambio di programma
Saliamo tutti in camera, non siamo abituati a stare al sole tutta la giornata, specie dopo la lunga
stagione invernale di quest'anno in Calabria. I nostri volti sono arrossati dal sole, almeno il mio e quello
di Ninì che ha la carnagione più chiara e i capelli biondi, pardon, ormai grigi come i miei. Roberto, in
verità, di capelli ne ha pochi ma, come i giovani d'oggi, si è completamente rasato e col sole si è già
abbronzato come un calabrese verace. Facciamo la doccia, ci cambiamo e scendiamo giù per la cena. Non
più nel seminterrato, ma al piano rialzato dove la sala ristorante è più moderna, accogliente, con
l'arredamento e il tovagliato nuovo, segno che il gestore vuole fare bella figura. Prima e dopo cena
scambiamo con i colleghi delle altre squadre notizie e impressioni sulla giornata appena trascorsa.
Scopro così che gli ingegneri volontari del CNI non fanno solo verifiche speditive per l'agibilità post
sismica, ma altre cose. Un gruppo, ad esempio, si occupa dell'allacciamento del gas ai fabbricati
dichiarati agibili. In altri termini il gestore del servizio di rete gas, prima di eseguire di nuovo l'allaccio,
ha necessità che sia confermata la condizione d'agibilità dell'edificio e di verificare la tenuta delle
tubazioni. Ecco un buon lavoro di certificazione per gli ingegneri volontari. Esiste pure un gruppo
d'ingegneri denominato GTS – Gruppo Tecnico di Supporto. L'ingegnere del GTS accompagna una
squadra di Vigili del fuoco e un tecnico comunale per l'effettuazione degli interventi di messa in
sicurezza e puntellamento degli edifici pericolanti e di demolizione delle situazioni a rischio crollo.
Lavoro interessante, vero? I miei capelli grigi e quelli di Ninì e la non più verde chioma del mio amico
ing. Giuseppe Tarantino di Lecce sono certamente responsabili di ciò che di lì a poca sta per verificarsi.
Sono quasi le 22,00 quando Pino Gorgoglione, l’ingegnere coordinatore, arriva a cena. Si siede e inizia a
cenare, poi si alza e si aggira fra i tavoli soffermandosi a discutere con me, Ninì e Roberto, poi a quello
vicino dell’Ing. Tarantino con la squadra di Lecce e, successivamente, a quello dei Colleghi di Savona:
“Domani non farete più verifiche sismiche, ma venite con me a Reiss Romoli per gli espropri!”. Dopo cena
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approfondiamo un po' l'argomento, l'ing. Tarantino ha notizie più dettagliate. Occorre costruire alcuni
villaggi per insediare gli sfollati attualmente alloggiati nelle tendopoli. Ho una certa esperienza
d'espropri e so che i proprietari non sempre sono d'accordo, commentiamo la cosa con Ninì e Roberto
che, stavolta, è piuttosto preoccupato. Gli spieghiamo a grandi linee cosa sono gli stati di consistenza
dei beni da espropriare e i verbali d'immissione in possesso, ma nutriamo qualche perplessità non tanto
sugli aspetti tecnici o procedurali dell’operazione, ma sull'atteggiamento ostativo che potrebbero
assumere alcuni proprietari dei terreni espropriati.
La cosa comunque è piuttosto interessante quanto inaspettata e, a ben pensarci bene, è la prima volta
che si procede con operazioni di questa natura e portata per sistemare i senza tetto. La stagione
invernale arriva presto qui in Abruzzo, già a fine settembre comincerà seriamente a fare freddo, come
si starà allora nelle tendopoli? Domani ne sapremo di più sulla faccenda espropri e andremo alla Reiss
Romoli di cui tutti parlano ma, a esser sincero, non ho ancora bene capito cosa sia.
11. Riunione di tecnici a Reiss Romoli
La Reiss Romoli è una struttura realizzata alcuni anni fa dalla SIP (Società italiana per l’esercizio
telefonico), dotata di reception, foresteria, sale convegni e altre strutture, con funzione di centro di
formazione per il personale tecnico dell’azienda dei telefoni. La struttura, che ha sede a Coppito, in Via
Giovanni Falcone, si presenta recintata e comprende ampi spazi all’aperto e alcuni parcheggi interni.
Reiss Romoli – Vista dal terrazzo sul parcheggio e verso L’Aquila
Dopo il terremoto, il complesso ha subito qualche danno al pesante rivestimento in pietra del paramento
murario, specie in corrispondenza delle casse ascensori, la cui struttura in cemento armato era stata
occultata, come del resto tutte le strutture del complesso, con uno spesso rivestimento in pietrame
irregolare e malta. Il sisma ha provocato il distacco e il crollo del rivestimento in alcune zone, specie
dalle strutture più alte ma, a parte questi limitati danni, la Reiss Romoli è perfettamente agibile ed è
adesso adoperata dall’Università de L’Aquila per lo svolgimento delle sedute di laurea e in parte anche
dalla Protezione Civile.
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Reiss Romoli – Crollo del pesante rivestimento di pietrame e malta della cassa ascensore con struttura in c.a.
In un’ala, infatti, hanno sede gli uffici del Dipartimento e quelli dove sono raccolte tutte le schede di
verifiche d’agibilità eseguite nei vari centri operativi misti e comunali. A Reiss Romoli tali schede sono
raccolte, controllate e inserite nell’enorme data base che viene quotidianamente e continuamente
aggiornato da numerosi giovani, attraverso diecine di PC collocati in una sala della struttura.
L’appuntamento è fissato per le 9,00. Siamo puntualissimi e rimaniamo in attesa, al piano superiore, a
curiosare. Le scale esterne e i percorsi d’accesso sono impegnati da comitive d’intervenuti alle sedute
di laurea. I gruppi con in testa i giovanotti laureandi, in giacca scura e cravatta, oppure le signorine
laureande, con abiti colorati primaverili e tacchi a spillo, sono invariabilmente formati da numerosi
intervenuti, rigorosamente provvisti di fasci di fiori augurali, telecamere e macchine fotografiche
digitali e intersecano l’andirivieni di tecnici che recano, invece, pile di schede di verifiche d’agibilità di
fabbricati terremotati.
Passa il tempo e man mano la nostra saletta si riempie di convocati, saremo ormai poco più di venti. Si
discute tra noi delle attività d’espropriazione, delle difficoltà che solleveranno i proprietari dei terreni
espropriati e delle loro possibili reazioni.
Finalmente, verso le 11,00, si svolge la riunione con uno dei responsabili del Dipartimento, l’Arch.
Fabrizio Bramerini. Egli ci informa che è intenzione del Governo e del Dipartimento, per la prima volta
in Italia, dopo un evento sismico come quello de L’Aquila, di realizzare, in pochi mesi, non campi di
prefabbricati, com’è già avvenuto per l’Irpinia o peggio per il Belice (le cui piccole costruzioni, messe in
fila, raggiungerebbero da l’Aquila l’Adriatico), ma dei nuovi villaggi residenziali con delle case vere.
Si tratta cioè di realizzare venti nuovi insediamenti nelle zone terremotate, su altrettanti siti già ben
individuati e studiati dal punto di vista idrogeologico, sismico e insediativo. Oltre cento geologi e
sismologhi si sono occupati degli studi preliminari, mentre gli urbanisti stanno eseguendo le variazioni
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agli strumenti di pianificazione vigenti nei comuni interessati dai nuovi insediamenti. C’è notevole
attenzione dell’opinione pubblica per l’iniziativa, che accompagna l’enorme sforzo organizzativo e
progettuale dispiegato, per mettere a punto tutto quanto è necessario per insediare circa 13.000
sfollati, ora collocati nelle tendopoli, prima del sopraggiungere dell’inverno. Il terreno dei venti siti, già
individuati e studiati, sarà spianato e regolarizzato, saranno poi eseguite delle fondazioni su piastroni di
calcestruzzo armato e posizionati gli isolatori sismici. In seguito saranno realizzati gli alloggi, con
fabbricati di legno e acciaio, di altezza non superiore ai tre piani. Ci saranno appartamenti più piccoli
per nuclei fino a tre persone, mentre ci saranno appartamenti di 100 mq o poco più per le famiglie più
numerose. Terminata la fase di ricostruzione e/o di riparazione post sismica, i villaggi realizzati
saranno destinati ad altre funzioni: casa dello studente, ostelli della gioventù o altre funzioni
residenziali.
Occorre, pertanto, procedere agli espropri delle venti aree individuate e per tale attività il
Commissario Bertolaso ha attivato alcune procedure straordinarie. Ha disposto il Decreto d’esproprio e
la pubblicazione, per due giorni, su due quotidiani di tiratura nazionale e sull’albo pretorio dei comuni
interessati dagli insediamenti. Gli stati di consistenza e i verbali d’immissione in possesso saranno
redatti da due tecnici dell’Agenzia del territorio: uno dell’Agenzia de L’Aquila, l’altro proveniente da
altra Provincia. Ci saranno pure due testimoni che interverranno alle operazioni, indispensabili quando il
proprietario sia assente oppure quando, pur partecipando alle operazioni, non intenda firmare il verbale
d’esproprio. In rappresentanza dell’Ufficio del Commissario saranno designati venti tecnici che saranno
all’uopo incaricati con apposito decreto.
E così io, Ninì, il giovane Roberto, l’ing. Tarantino e la sua squadra di Lecce e altri tecnici volontari, dopo
qualche domanda di chiarimento e osservazioni di carattere procedurale, soprattutto in materia
d’indennizzo, siamo stati promossi, sul campo a “.…. rappresentare la Struttura Commissariale ai fini
dell’espletamento delle procedure relative alla redazione dello stato di consistenza e all’immissione in
possesso delle aree di cui al Decreto del Commissario Delegato n. 6 dell’11 maggio 2009. Firmato Guido
Bertolaso”.
L’appuntamento è fissato per le ore 7,30 del giorno successivo, su Via Fiamme Gialle, presso ultima
porta della Caserma della Guardia di Finanza, sede del DICOMAC.
12. Il pomeriggio libero ma non troppo
Attendiamo ancora, dopo la riunione, il Decreto di nomina, ma ci dicono che sarà pronto per l’indomani.
Decidiamo di andare a pranzo nella tendopoli dell’area industriale, vicino alla sede dell’Ordine
Provinciale de L’Aquila.
L’Aquila – Vista della tendopoli nella Zona Industriale
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Il campo appare smisurato, un viale centrale bitumato divide in due l’accampamento, una distesa
interminabile di tende blu sotto il sole sempre più implacabile.
L’Aquila – Viale della tendopoli nella Zona Industriale
Poche le formalità all’ingresso, la nostra tenuta ci consente di accedere alla zona della mensa. Il campo
è gestito dalla Marina Militare con ordine ed efficacia.
L’Aquila – Gli Ingg. Acri, Cava e Dodaro nella mensa della tendopoli gestita dalla Marina Militare
Le tende sono raffrescate da condotti fatti di tubo corrugato beige. All’interno il clima è accettabile e
la cucina è gestita un sott’ufficiale che, con ordini secchi e perentori, dirige un certo numero di
addetti.
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L’Aquila – Interno della mensa della tendopoli posta nella Zona Industriale
La fila scorre veloce e c’è una discreta scelta di pietanze. La tenda attigua è piena di tavoli a otto
posti, ci sistemiamo con Ninì, Roberto e i nostri nuovi amici della squadra di Lecce allo stesso tavolo. Gli
altri tavoli ospitano la gente del campo e numeroso altro personale di vari corpi di volontari giunti da
tutt’Italia. Numerosi sono i militari dell’esercito in mimetica. Funziona tutto abbastanza bene, anche
l’impianto di climatizzazione, considerato il numero di persone sotto il tendone chiaro e la temperatura
esterna di almeno trenta gradi. Solo le forchette di plastica bianca non superano l’esame degli ingegneri
che, implacabili, dopo la prova “arrosto” le giudicano di spessore inadeguato in rapporto alle tensioni di
flessione, taglio e torsione, nella sezione concava di raccordo, all’attacco dei rebbi col manico di
plastica. Forse sembrerà strano ai non addetti ai lavori, ma quasi tutte le forchette si sono rotte
proprio nella stessa sezione.
A pranzo commentiamo il lavoro che ci aspetta nei prossimi giorni e siamo curiosi di conoscere le
località degli insediamenti che dovremo espropriare.
Ci fermiamo complessivamente un’ora nella tendopoli, poi depositiamo il vassoio all’uscita della tenda,
dove alcuni militari fanno separare la plastica dai residui organici.
Il supermercato vicino ospita anche un grosso centro commerciale; decidiamo di prendere un caffè e ci
rechiamo alla toilette pulita, sanificata periodicamente e con i lavabi provvisti d’acqua corrente per
sciacquarci il viso. Sono questi i pochi posti dove potersi fermare e risolvere certi problemi in un
territorio terremotato.
Il parcheggio è letteralmente pieno di auto, la gente all’interno fa la fila specie al supermercato. Ninì
ha bisogno di ricaricare il cellulare, qualcuno delle lamette per radersi. Con l’ing. Tarantino leggiamo sul
Corriere della Sera, che riporta il Decreto Bertolaso, i siti interessati ai nuovi insediamenti e, per
alcuni di essi, non possiamo far a meno di commentare l’enorme frazionamento delle particelle.
Valutiamo che per certe zone, con più di centocinquanta particelle, ci vorranno almeno quattro o cinque
giornate di lavoro per completare le procedure d’esproprio.
Ne approfitto per telefonare a casa e aver notizia della mia famiglia. Mia cognata da Cosenza mi
sollecita, se ho tempo, a fare un sopralluogo a casa di suo cugino, residente da circa vent’anni a L’Aquila
con la sua famiglia. Le dico di farmi chiamarmi sul cellulare, perché ho il pomeriggio libero e sto
rientrando a San Gregorio.
Chiamerò “Mario” l’uomo che mi telefona poco dopo insieme alla moglie. Li prego di prelevarmi presso
l’alloggio di San Gregorio. Mi verranno a prendere per le 18,00Report Terremoto Abruzzo – Ing. Francesco Dodaro – Segretario Consiglio Ordine Provinciale Ingegneri COSENZA – Pag 27
Avrei bisogno di riposare ma, arrivato a San Gregorio, passo almeno un’ora al telefono per risolvere una
serie di questione di lavoro e non, lasciate in sospeso a Cosenza.
Mi resta appena il tempo di lavarmi e cambiare la camicia. Arrivano Mario e la moglie che indugiano
all’imbocco del piazzale. Noto che la loro auto ha una gomma quasi a terra. Mi avvicino e facciamo
conoscenza. M’informo sull’ubicazione della loro casa che è posta proprio al centro de L’Aquila. Chiedo
se la zona sia o meno accessibile alle auto e loro mi dicono che si può arrivare sul posto, anche se non si
è residenti. Sistemata la gomma, decido di seguirli con la mia auto, voglio evitare che tornino indietro
per accompagnarmi. La coppia ha circa cinquant’anni, hanno entrambi uno sguardo particolare: un misto,
difficile da descrivere, di persone spaventate, consapevoli e nello stesso tempo rassegnate, ma logorate
fisicamente e psicologicamente dai disagi e dalla loro situazione di terremotati. Viene con me Roberto,
Ninì è già all’Aquila e abbiamo appuntamento alla Stazione. La casa di Mario è nei pressi della Stazione
ferroviaria che non ha riportato danni e funziona regolarmente. Sul piazzale esterno alla stazione,
proprio di fronte, osserviamo le macerie di due fabbricati gravemente danneggiati e demoliti per
problemi di pubblica incolumità.
L’Aquila – Piazzale della Stazione, fabbricato demolito perché pericolante si notano a sinistra le mura della Città e la “zona rossa”
Mario e la moglie hanno acquistato solo da pochi mesi l’appartamento che occupano al secondo piano.
Visitiamo il fabbricato, con struttura di muratura di mattoni pieni, che ha riportato solo lievi danni al
piano terra che mostra chiaramente la direzione dell’impulso del sisma del 6 aprile, da monte verso
valle, con lesioni di trazione sub orizzontale sulla parete trasversale dalla parte di monte e una lesione
di schiacciamento, con lieve espulsione di materiale, sulla parte di valle.
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L’Aquila – Fabbricato nei pressi della Stazione con lievi danni alle murature di mattoni pieni
La signora è ancora terrorizzata e, sebbene alcuni tecnici dei Vigili del fuoco abbiano già compiuto un
primo sopralluogo (mi par di capire con giudizio di agibilità condizionata all’esecuzione d’alcuni lavori), ha
paura a rientrare in casa e la coppia continua, ormai da quaranta giorni a dormire in una carrozza letto
delle Ferrovie, insieme con altri sfollati, sul binario morto della Stazione.
L’Aquila – Le carrozze letto delle Ferrovie sono impiegate dagli sfollati e presidiate dai volontari dei Carabinieri
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Delle due figlie una studia in una sede universitaria dell’Italia settentrionale, l’altra liceale, per
proseguire con maggior regolarità gli studi e non soffrire i disagi che stanno patendo i genitori, si è
trasferita da alcuni parenti a Cosenza. E’ difficile trovare le parole più giuste per confortare Mario e
sua moglie. Gli domando dove abitassero prima di trasferirsi nella nuova casa e mi rispondono che l’altra
casa è in pratica crollata sotto il sisma. Osservo che, nonostante la situazione di estremo disagio che
stanno vivendo, il trasferimento nella nuova casa, probabilmente, ha salvato loro la vita e che il loro
fabbricato, nonostante abbia riportato qualche danno, ha retto egregiamente al terremoto. Ciò è
dovuto principalmente alla qualità dei materiali impiegati nella costruzione, alla regolarità strutturale a
sani criteri di progettazione degli anni ’30 del secolo scorso.
Li salutiamo con affetto e l’auspicio di rivederci presto in una Città ricostruita e rientriamo a San
Gregorio. A cena l’ing. Gorgoglione riferisce dei suoi problemi di coordinatore: ci sono ingegneri che si
lamentano di essere stati inviati a verificare fabbricati con lesioni capillari, in concreto indenni, mentre
la loro esperienza tecnica e professionale dovrebbe essere spesa in contesti assai più complessi e
compromessi.
Abbiamo avuto modo con Ninì e Roberto di discutere con un tecnico che la pensava così, al quale ho
spiegato il mio punto di vista sulla questione con un esempio. Una squadra è chiamata a verificare un
fabbricato vetusto, abbandonato, con numerosi danni pregressi dovuti all’incuria e all’abbandono, per il
quale il proprietario ha sollecitato il Comune a eseguire il sopralluogo tecnico. Il COC non può sottrarsi
all’adempimento e deve mandare sul posto una squadra di tecnici. A questo punto sta ai tecnici
scrupolosi documentare con precisione la situazione di fatto, indicando i danni riscontrati e
definendone compiutamente le cause, in misura solo marginale attribuibile al sisma. Se la scheda del
rilievo è ben fatta ed esaustiva, lo Stato non dovrà risarcire, con i soldi dei contribuenti, il proprietario
furbo che cerca di approfittare della situazione per far passare un rudere in abbandono per un
fabbricato danneggiato dal terremotato. Se la riguardiamo da questo punto di vista, tale attività è
certamente più delicata e meritoria, se confrontata con quella di tecnici chiamati, invece, a giudicare un
fabbricato con evidenti lesioni e dissesti che pure uno studente alle prime armi giudicherebbe inagibile
a colpo d’occhio. Penso d’averlo convinto, è tardi possiamo andare a letto. Il terremoto, tuttavia, ci
ricorda ancora di essere vicini all’epicentro con un paio di scosse fra mezzanotte e le due.
13. Parte l’operazione espropri
E’ giovedì e ci alziamo di buona ora, alle 7,00 siamo già in auto, pronti a partire per il DICOMAC.
Arriviamo poco dopo le 7,30, davanti al terzo e ultimo cancello della Caserma di Via Fiamme Gialle c’è un
ingorgo di auto in cerca di parcheggio e di persone in attesa di disposizioni. Sono più di duecento tra
tecnici, volontari e forze dell’ordine gli uomini in attesa di disposizioni e coordinamento. Poco prima
delle 8,00 inizia la riunione che si svolge fuori dalla Caserma, nel giardinetto adiacente ai parcheggi.
Siamo tutti in attesa, per il Dipartimento della Protezione Civile arriva il Prof. Mauro Dolce, sale sul
ripiano dietro una panchina e inizia a parlare ai presenti. Li ringrazia e spiega con voce tranquilla la
sequenza di operazioni che saranno intraprese per la realizzazione dei venti insediamenti. Ricorda che
le procedure straordinarie adottate per gli espropri non sono operazioni di requisizione dei terreni, ma
atti necessari per fronteggiare l’emergenza post sismica e dare agli sfollati, specie a quelli allocati nelle
tendopoli, una casa prima dell’inverno. Segue un breve intervento del Prefetto de L’Aquila il quale
sottolinea l’importanza che tutte le operazioni siano eseguite nel rispetto della dignità dei cittadini
espropriati già provati dai disagi del sisma e che la presenza, nelle squadre operative, degli uomini
dell’Arma dei Carabinieri o della Polizia di Stato non serve solo a garantire l’ordine pubblico, ma a
dimostrare che tali operazioni sono fatte dallo Stato nell’interesse dei cittadini abruzzesi. In seguito il
Coordinatore dell’Agenzia del Territorio, con l’ausilio di un megafono, inizia a chiamare in sequenza i
componenti delle venti squadre per gli espropri. Dal folto gruppo degli adunati, raggruppati nel
giardinetto, si staccano man mano i designati, formando le squadre che occupano posto sul perimetro
esterno, una di seguito all’altra, in senso antiorario. Squadra n. 16, la mia: Casciani Lucio (Agenzia de
L’Aquila), Triggiani Alberto (Agenzia di Roma), ing. Dodaro Francesco in Rappresentanza della Struttura
Commissariale ……. ci disponiamo, come le altre precedenti squadre, sui marciapiedi dietro la bassa siepe
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di ligustro, mentre le telecamere della televisione riprendono le operazioni in corso. Conosco così Lucio
Casciani, laureato in architettura in servizio presso l’Agenzia del territorio de L’Aquila, abitava in
condominio al Centro con la moglie avvocato e i figli. Dopo il terremoto è alloggiato in un albergo sulla
costa adriatica e fa il pendolare. Alberto Triggiani, geometra, vive a Roma dove lavora presso l’Agenzia
occupandosi, prevalentemente, di cartografia. Dopo poco, mentre Lucio Casciani si reca all’interno del
DICOMAC per la consegna della documentazione, ci raggiungono due militari dell’Arma dei Carabinieri, il
brigadiere capo Loreto Micaloni della Stazione di Sassa e un giovane carabiniere alla guida di una
Subaru. Ci raggiunge Casciani con due faldoni del materiale: l’esproprio riguarda l’insediamento da
realizzare a Camarda, piccolo centro posto sotto il Gran Sasso, a circa quattro chilometri da Assergi.
Camarda – Vista del Gran Sasso e di campo Imperatore ancora innevato
I testimoni sono due giovani volontari provenienti da Capua. Sono invitato a salire sull’auto dei
Carabinieri che ci guidano alla volta di Camarda. Percorriamo l’autostrada verso il Gran Sasso ancora
innevato in alto verso Campo Imperatore, usciamo al casello di Assergi, poi si prosegue verso sud-ovest,
sulla strada regionale n. 17, verso Camarda. Ci fermiamo proprio sotto l’abitato che sorge ai piedi della
montagna.
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Camarda – Vista dalla SS 17 del Centro Urbano, si osservano in alto murature diroccate
Decidiamo di entrare nel bar di fronte allo slargo dove abbiamo fermato le macchine. Chiediamo di
usare un tavolino e, mentre con Lucio e Alberto, utilizzando l’elenco delle circa 150 particelle indicate
sul Decreto del Commissario, ne individuano la posizione sul foglio di mappa, eseguendone la spunta a
matita, con un evidenziatore arancione e l’ausilio delle ortofoto, mi premuro di tracciare sul catastale il
perimetro dell’esproprio. Si tratta di una superficie compresa fra i cinque e i sei ettari. La zona, una
collina digradante verso sud, è praticamente simmetrica rispetto all’abitato di Camarda, quasi alla
stessa quota di circa 800 m s.l.m., se si assume la S.R. 17 come asse di simmetria. L’accesso all’area è
difficoltoso, lasciamo l’auto di Lucio al parcheggio e proseguiamo con la Subaru dei Carabinieri e il
fuoristrada giallo dei volontari di Capua. L’area individuata per l’insediamento è accessibile dal fronte
sud-est: lasciamo la SR 17, attraversiamo un ponticello sul torrente che fiancheggia sulla sinistra la
strada, in corrispondenza della tendopoli di Camarda. Imbocchiamo, quindi, una pista stretta, in salita e
dal fondo sconnesso. Trazione integrale e marce ridotte: arriviamo in cima alla salita curvando tra gli
alberi sulla sinistra e discendendo fino a uno slargo in pianura.
14. Le operazioni a Camarda
Sono passate le 10,30, orientata la mappa, compiamo a piedi una ricognizione generale dell’area
complessivamente perimetrata sulla carta per individuarne sul terreno gli esatti confini. Nella porzione
collocata più in alto, chiusa da una recinzione metallica, è posta una proprietà più grande delle altre, con
un serbatoio.
Si tratta dell’impianto di un vecchio acquedotto della ex-Casmez, ormai gestito da altra Società, la cui
condotta distributrice è stata posata proprio sull’asse mediano dell’area da espropriare.
Si riconosce ancora sul terreno la pista, adoperata per interrare le tubazioni, che costituisce un utile
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riferimento per il lavoro da svolgere e anche l’unica via d’accesso alle particelle da espropriare sui suoi
due lati.
Camarda – Dietro la recinzione e gli alberi il serbatoio della ex-Casmez
Camarda – Pista adoperata per interrare le tubazioni dell’acquedotto in asse al terreno da espropriare
Il cofano anteriore dell’auto dei Carabinieri, parcheggiata all’ombra sotto una quercia, è stato
trasformato in tavolo di lavoro, sul quale è stato disteso il foglio di mappa e sistemato il voluminoso
pacco di schede delle visure catastali.
Il nostro arrivo non è certo passato inosservato, numerosi proprietari interessati, informati anche dagli
Amministratori comunali, si erano presentati sul posto alle 8,00 del mattino. Tale orario era in realtà
previsto per l’avvio delle operazioni generali al DICOMAC di Coppito, mentre le attività in sito si
sarebbero protratte per tre giorni fino il sabato.
Con qualche piccola utilitaria, ma anche a piedi, cominciano ad arrivare gruppi di proprietari. Le
proprietà sono enormemente frazionate, come succede dappertutto nel Centro e nel Sud d’Italia: da un
appezzamento un po’ più esteso, nel passaggio di due generazioni, sono state frazionate anche sei o più
particelle, tante quanti sono i figli. Alcune particelle misurano solo qualche decina di metri quadrati e
sul posto si presentano come strisce di terreno larghe appena qualche metro.
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Le schede delle visure riportano lunghi elenchi di proprietari, fratelli, sorelle e qualche usufruttuario.
Pochi degli espropriati conoscono con esattezza gli identificativi catastali, solo alcuni di loro sono in
grado d’individuare sul foglio di mappa le loro proprietà. Si procede così, leggendo adagio i nomi
riportati sulle schede di visura, per settori, fino a quando qualcuno riconosce il suo cognome o quello di
un suo parente proprietario o comproprietario. Mi rendo utile, per snellire le operazioni, a individuare
con gli aventi titolo la o le particelle interessate all’esproprio e gli identificativi catastali, mentre i
funzionari dell’Agenzia del Territorio compiono, alla presenza degli intervenuti, il sopralluogo sul
terreno, descrivendo con precisione le coltivazioni in atto, il numero e la tipologia degli alberi, la
presenza o meno di frutti pendenti, le recinzioni ed eventuali manufatti o annessi agricoli ivi presenti.
Le operazioni proseguono con serenità, non ci sono proteste, la gente ha capito che il nuovo
insediamento risolverà il loro problema di sfollati nelle tende e collaborano alle operazioni fornendo
informazioni e diffondendo presso altri cittadini interessati la notizia delle operazioni espropriative in
atto. Tutti i proprietari convenuti firmano gli stati di consistenza e i verbali d’immissione in possesso,
favorendo la cessione bonaria allo Stato dei beni espropriati.
Un signore più anziano arriva sul posto accompagnato dal figlio. Possiede un piccolo campo di circa 300
mq coltivato e recintato con paletti di legno alti circa un metro e filo di ferro spinato. Si rivolge ai
Carabinieri per chiedere se può portar via i paletti e il filo spinato, il Brigadiere capo non sa come
rispondere e dice di chiedere all’ingegnere. Non siamo qui a rapinare il suolo alla povera gente, penso,
ma non voglio certamente creare problemi di legittimità. Rispondo allora così: lasci i suoi paletti e il filo
spinato di recinzione, in modo che i tecnici dell’Agenzia possano descriverli e fotografarli, in tal modo la
recinzione le sarà pagata con gli espropri. Poi, quando arriveranno le pale meccaniche per spianare il
terreno, lei chieda all’addetto di portar via la recinzione e vedrà che non faranno obiezioni, anzi
agevolerà il loro lavoro. Il Comandante Micaloni è soddisfatto della risposta e il signore espropriato
ancora di più. Un altro contadino chiede se può tagliare gli alberi. Gli rispondo che, se li lascia, saranno
inseriti nello stato di consistenza, fotografati e pagati nell’esproprio. Nelle operazioni di sbancamento,
poi, lei farà presente che ha bisogno di tagliare un po’ di legna per l’inverno e nessuno gliela negherà.
I Carabinieri assistono alle operazioni, forniscono con cortesia informazioni ai cittadini intervenuti e
assolvono con professionalità il loro compito. Il Comandante Micaloni sa come trattare con le persone,
usa argomenti e toni diversi secondo i casi. Non mi sfugge, inoltre, il servizio di tutela dell’incolumità
della mia persona che esercita non perdendomi mai di vista, con discrezione, grande rispetto dei ruoli e
vigilanza continua. Mi rendo conto che queste sono le disposizioni che deve aver ricevuto dai suoi
superiori nella riunione tenutasi poco prima della nostra partenza dalla Caserma di Coppito.
Verso le 13,00 uno dei due volontari di Capua sta male: ha un colorito giallo che non mi piace, vomita in
continuazione e ha la diarrea. L’altro ha la febbre. Al loro campo stanno tutti male. Mi chiedono di poter
andar via. Li prego di mandare a Camarda due loro sostituti, per continuare le operazioni, il pomeriggio
alle 15,00.
Sospendiamo per il tempo strettamente necessario per recarci a pranzare. Alle 15,30 arrivano due
nuovi testi sempre volontari di Capua. Uno di essi è una giovane laureata in psicologia, l’altro è un
giovanotto che è alla guida dello stesso fuoristrada giallo della mattina. La ragazza ha ancora i postumi
e qualche disturbo per una forma di gastroenterite che ha colpito un po’ tutti nel loro campo. Penso che
la gestione dell’igiene, delle reti idriche, della fognatura ma soprattutto della cucina siano i punti deboli
di quella tendopoli e chissà di quante altre di cui si sente parlare in giro.
Riprendiamo a lavorare. Sono presenti altri proprietari che, individuano le particelle e le relative
schede di visura, partecipano al sopralluogo e firmano il verbale d’esproprio. Proseguiamo fina alle
19,00, poi rientriamo a Coppito, fissandoci appuntamento per l’indomani alle ore 8,30 con Lucio Casciani
al DICOMAC, mentre con tutti gli altri direttamente a Camarda per le 9,00.
Arrivo a San Gregorio verso le 20,00. Sono già rientratati quasi tutti gli ingegneri volontari. Rivedo
anche Ninì Cava, impegnato negli espropri di Pianola e Roberto Acri completamente immedesimato nel
suo ruolo di “Rappresentante del Commissario” per il nuovo insediamento a Monticchio.
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Carta rappresentante il COM 4 di Pianola
Le aree che ci hanno assegnato sono tra le più frazionate e richiederanno ancora parecchio lavoro.
Sembra però che a Camarda ci sia una presenza più viva e partecipata di proprietari espropriati, ma ciò
non determina difficoltà o resistenze nelle operazioni, anzi si tratta di persone provate dall’esperienza
terribile del terremoto che cedono il loro piccolo podere, non senza rimpianti, ma con grande
consapevolezza e dignità.
L’Ing. Tarantino ha invece espropriato suoli nella zona di Paganica. Si tratta di un numero più limitato di
particelle, ma di maggior pregio e consistenza. In qualche caso gli espropri hanno riguardato anche
qualche attività artigianale. Parlo con Ninì e Roberto dei problemi di salute nelle tendopoli e Ninì mi
racconta della tendopoli di Monticchio che ha avuto modo di visitare.
La tendopoli di Monticchio è a pochi chilometri da San Gregorio. E’ stata realizzata dai volontari della
Regione Lombardia. Il terreno è stato spianato e livellato, i viali all’interno imbrecciati, le tende
perfettamente allineate, il campo è recintato e presidiato sugli accessi carrai e pedonali giorno e notte.
Ancora: gruppi elettrogeni, aria condizionata, servizi sanitari e farmacia da campo fornitissima, tanto
da suscitare qualche gelosia da parte di quelle locali. Infine, ciliegina sulla torta, attrezzature per
stampare un quotidiano tutti i giorni. Non possiamo far a meno di chiederci se la Regione Calabria abbia
allestito una sua tendopoli e fino a che punto l’organizzazione possa reggere il confronto con quella della
Lombardia.
Siamo tutti piuttosto stanchi, la prolungata esposizione al sole ci sta cuocendo il viso a fuoco lento.
Quando torneremo a Cosenza, in famiglia, vedendoci penseranno più a un soggiorno in settimana bianca
che a una settimana di volontariato in Abruzzo.
L’indomani, venerdì, riprendono le operazioni sul posto, questa volta il brigadiere capo Loreto Micaloni è
accompagnato dal brigadiere Enrico Giangirolamo che è alla guida della Subaru dei Carabinieri. I
testimoni, guarda il caso, sono del campo di Monticchio, di cui mi ha parlato la sera precedente Ninì.
Uno di loro è un ufficiale dei Carabinieri in pensione, Romolo Gavarini. Dell’altro volontario non ricordo il
nome, ma è un esperto di ornitologia e botanica e lo dimostra pienamente sul campo.
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Camarda – Romolo Gavarini e il Collega dei volontari della Lombardia in tuta gialla
Alberto Triggiani ha portato con sé una collega dell’Agenzia di Roma, Daniela Fois. Il cielo è coperto e
minaccia pioggia. Andiamo sul posto con la sola macchina dei Carabinieri che deve fare perciò due viaggi.
Risistemiamo sul cofano il nostro ufficio improvvisato e organizziamo il lavoro cercando di eliminare i
tempi morti. Mi rendo utile cercando, sulla scorta delle indicazioni fornitemi dai proprietari, le
particelle sul foglio di mappa e seleziono le schede delle visure che passo a Daniela, la quale inizia a
compilare i dati generali. I verbali precompilati finiscono poi in mano a Lucio e ad Alberto per il
sopralluogo con gli stessi proprietari.
Camarda – Lucio Casciani, Alberto Triggiani e un proprietario di ritorno dal sopralluogo
Si è sparsa la voce, attorno alla macchina c’è sempre un capannello di gente per tutta la mattinata. Nel
primo pomeriggio inizia a piovere. E’ un problema, ma il comandante Micaloni lo risolve con una semplice
telefonata. Dopo circa un quarto d’ora arriva sul posto un fuoristrada, da cui sono scaricati un tavolino
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da bar, quattro sedie e un telo di iuta impermeabile verde che è rapidamente fissato agli alberi
circostanti, formando un sufficiente riparo per continuare a lavorare.
Camarda – Fois, Casciani, Triggiani tecnici dell’Agenzia del Territorio e i Carabinieri Micaloni e Giangirolamo
Chiudiamo le operazioni della giornata alle 18,00. In due giorni abbiamo completato con i proprietari
circa metà del lavoro, ottenendo la loro firma di cessione bonaria dei terreni espropriati. Di ritorno a
Coppito, i tre tecnici dell’Agenzia trasmettono una nota per la rettifica di alcuni errori riscontrati tra il
Decreto e gli atti catastali. Sarà necessario, per qualche particella, emanare un Decreto di rettifica e
completare le operazioni espropriative in una fase successiva.
Diverse squadre hanno completato il lavoro in due giorni e l’indomani daranno man forte a quelle che non
hanno ancora finito. Alle 9,00 di sabato, oltre alla nostra squadra, che continua a lavorare con i
proprietari presenti, arrivano, una dopo l’altra tre equipe. Predispongo il lavoro formando tre gruppi con
le schede di particelle limitrofe per le quali, non essendo presenti i proprietari, si procederà alla
compilazione d’ufficio dei verbali e al sopralluogo con i testimoni. Il lavoro prosegue celermente per
tutta la mattina. Verso le 14,00 il nostro compito è finalmente terminato. Andiamo a pranzare ad
Assergi. Vengono con noi anche l’Ing. Ivano Ferrari di Lodi e l’Arch. Angelo Cavanna di Novara, volontari
della Protezione Civile, e due altri tecnici dell’Agenzia del Territorio: uno de L’Aquila l’altro di Teramo.
Quest’ultimo è un personaggio veramente singolare di quelli che non si dimenticano: di statura superiore
alla media, capelli e barba lunghi e poco curati, colore della pelle rossiccio, occhi grandi e azzurri.
L’aspetto può forse preoccupare un tantino chi non lo conosce, ma i suoi colleghi aquilani, Lucio ed
Enrico, seduti al mio fianco, mi spiegano che è una persona unica di grande sensibilità e bontà d’animo.
Dopo qualche bicchiere che regge bene, non disdegna di esporre il suo pensiero ad alta voce, tanto che
riesco a seguire perfettamente i suoi ragionamenti dalla parte opposta della tavolata. E’ un vetero
comunista anzi, a voler essere precisi, un anarchico, che espone teorie e ragionamenti che mi riportano
indietro al 1968/69, anni della contestazione, quando da giovane liceale, ascoltavo pressappoco gli
stessi discorsi e le stesse teorie esposte nel corso delle interminabili assemblee e nei collettivi
studenteschi.
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Mi raggiunge telefonicamente Ninì che mi fissa appuntamento per le 16,30 alla Reiss Romoli dove ci
attende l’ing. Gorgoglione. Ho ancora il tempo di scambiare qualche battuta con Romolo Gavarini, che
con la sua corporatura imponente e il suo vocione baritonale doveva mettere veramente in soggezione,
quando era in servizio nell’Arma.
Mi comunica qualche informazione sulla Protezione civile della Lombardia e mi dice di aver partecipato
personalmente a diverse missioni: terremoto del Friuli, dell’Irpinia, dell’Umbria e delle Marche e le
alluvioni del Po. L’organizzazione è frutto dell’esperienza maturata nel tempo, dei mezzi che la Regione
mette a disposizione, nonché dell’aggiornamento e della formazione dei volontari, che è effettuata con
cadenza periodica. E’ tardi, saluto tutti e ricevo manifestazioni di stima e affetto specie dai membri
della squadra che ha operato per tre giorni a Camarda.
15. Reiss Romoli e visita alla Zona Rossa
Arrivo alla Reiss Romoli in perfetto orario. Trovo Ninì che mi aspettava, poi sopraggiunge anche
Roberto e via via anche gli altri ingegneri impegnati nelle operazioni espropriative. Poco dopo riceviamo,
quasi contemporaneamente, lo stesso SMS: “Grazie per il tuo lavoro e per aver contribuito alla
localizzazione degli insediamenti per L’Aquila. Fabrizio Bramerini”.
L’ing. Gorgoglione è riuscito ad ottenere che il gruppo d’ingegneri volontari, alloggiati a San Gregorio,
possa, accompagnato dai Vigili del Fuoco e da alcuni Tecnici del Dipartimento, visitare le “zone rosse”
de L’Aquila.
Coppito – Reiss Romoli – Gruppi d’Ingegneri volontari coordinati dal CNI
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Siamo in attesa di muoverci quando, preceduta da un boato, una scossa di terremoto ci fa sobbalzare.
Le zone rosse sono quelle aree, maggiormente colpite dal sisma del 6 aprile, dove l’entità dei danni, i
crolli e le situazioni di pericolo hanno determinato lo sgombero generalizzato, la delimitazione delle
aree di pericolo e il presidio continuo delle forze dell’ordine.
Ci muoviamo dopo le cinque e ci dirigiamo verso L’Aquila, in Via Dante. Si tratta di un nuovo quartiere,
composto di sette palazzine, disposte a pettine rispetto a Via Dante che si sviluppa in salita. Il tecnico
del Dipartimento della protezione civile che ci accompagna è un giovane sismologo. Proprio dove abbiamo
lasciato la macchina, nel piazzale in basso, ci spiega, passa la faglia, che s’immerge obliquamente sotto la
Città de L’Aquila fino alla profondità di circa nove chilometri. Le scosse erano iniziate verso ottobre del
2008 ed erano state messe diverse apparecchiature, in particolare sismografi e accelerometri, in tutto
il territorio. L’obiettivo era di misurare gli accelerogrammi e ottenere dati sull’attività sismica che si
andava sviluppando. La notte del 6 aprile, una prima scossa, intorno alla mezzanotte, ha fortunatamente
allertato gli aquilani che si sono riversati in strada. Dopo questo primo evento, molti non erano rientrati
in casa, altri lo avevano fatto ma erano rimasti vestiti o comunque piuttosto vigili. Quando alle 3,32 la
terra ha tremato ancora, con maggior violenza, in molti sono riusciti ad allontanarsi rapidamente
mettendosi in salvo. In Via Dante una palazzina di tre piani, con sottostante porticato e garage al pian
terreno, posta più vicina alla faglia è stata investita dall’impulso sismico, intenso e violento. Si stima che
nel giro di due o tre secondi, quest’impulso abbia agito come una mannaia sui pilastri del piano terra,
tranciandoli di netto.
L’Aquila – Palazzina del complesso edilizio di Via Dante, posta vicino alla faglia e sottoposta a sequestro giudiziario
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L’Aquila – Palazzina di Via Dante, crisi dei pilastri del piano terra e cedimento dei piani sovrastanti
I sovrastanti tre piani sono quindi scesi di quota, schiacciando il piano dei garage. Le porte basculanti,
deformate, sono state espulse verso l’esterno e le auto parcheggiate all’interno sono rimaste
schiacciate (piano soffice).
L’Aquila – Palazzina di Via Dante, crisi dei pilastri del piano terra e resti della porta basculante del garage
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L’Aquila – Palazzina di Via Dante, si osservano le porte dei garage del piano terra collassato
L’Aquila – Palazzina di Via Dante, crolli dei parapetti dei terrazzi su di un’auto nel cortile
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Le fotografie sono inequivocabili e drammatiche nello stesso tempo.
L’Aquila – Palazzina di Via Dante, crisi dei pilastri del piano terra con cedimento della parte sovrastante
L’Aquila - Palazzina di Via Dante, cedimento dei pilastri del piano terra vista laterale
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L’Aquila – Palazzina di Via Dante, crisi dei pilastri del piano terra, particolari delle armature
L’Aquila – Palazzina di Via Dante, crisi dei pilastri del piano terra particolari delle armature
I cedimenti delle strutture intelaiate, specialmente dei pilastri, non sono dovuti a impasti di
calcestruzzo eseguiti con sabbia di mare, nessuno sarebbe così pazzo da trasportare, dal litorale
adriatico a L’Aquila, tale materiale, il trasporto, infatti, inciderebbe in misura esagerata sui costi. Ma
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non solo. Se si fosse trattato di sabbia di mare nell’impasto del calcestruzzo, le armature sarebbero
corrose dai sali presenti sui granuli, invece in nessuna delle fotografie appaiono ferri d’armatura
interessati a fenomeni corrosivi, anzi tutt’altro. Circa la progettazione e l’esecuzione, le altre palazzine,
con danni via via minori, all’aumentare della distanza dalla faglia, dimostrano che, sostanzialmente,
l’esecuzione appare nella media.
L’Aquila- Palazzina di Via Dante, crisi dei pilastri del piano terra traslazione e cedimento dell’edificio sovrastante
L’Aquila- Palazzina di Via Dante, vista da monte
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L’Aquila- Altra palazzina del complesso edilizio di Via Dante, più distante dalla faglia
L’Aquila- Complesso edilizio di Via Dante, altra palazzina più distante dalla faglia le strutture hanno retto
I danni si devono, quindi, all’energia liberata dal sisma e all’impulso iniziale, con un picco altissimo,
seguito poi da un accelerogramma con valori di circa 0,62-0,64 g. Per avere un ordine di grandezza
basti pensare che la Provincia de L’Aquila ricadeva nella zona sismica di 2° categoria. Con le nuove
normative del gennaio 2008 che, dopo alcune proroghe, entreranno in vigore il 1° luglio 2009, le
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accelerazioni sismiche previste per le 1° categorie sono di 0,35 g.
L’acceleregramma del terremoto de L’Aquila, disponibile sul sito del Servizio sismico nazionale, se fosse
adoperato per ordinarie progettazioni, anche in zone di prima categoria, darebbe luogo a seri problemi
di verifica strutturale.
La visita prosegue raggiungendo la parte più alta di Via Dante, dove un elegante complesso edilizio
presenta degli esili pilastri a sezione circolare sul perimetro più esterno, con pilastri circolari più tozzi,
posti dietro sul telaio più interno.
L’Aquila- Altro complesso edilizio in Via Dante, in cima alla strada e più distante dalla faglia
I pilastri esterni, assai poco rigidi, sotto sisma hanno avuto un comportamento quasi pendolare,
trasferendo i taglianti di piano sui retrostanti elementi più rigidi.
L’Aquila- Altro complesso edilizio su Via Dante, comportamento pendolare dei pilastri circolari snelli
Gli effetti sono quelli della foto riportata nella copertina del notiziario on-line Duepiù2.it della
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Fondazione Mediterranea dell’Ingegneria dell’Ordine di Cosenza. Dissestati i pilastri di sezione
maggiore, l’energia si è dissipata al livello superiore, attraverso la rottura dei tompagni che presentano
le classiche lesioni a X da sisma. Anche questo complesso edilizio è stato sgomberato.
L’Aquila- Altro complesso edilizio su Via Dante, si osserva la rottura dei tompagni del primo piano residenziale
Poi visitiamo alcuni quartieri dislocati a monte di Via Antica Arischia e nelle traverse contermini. Si
tratta d’insediamenti piuttosto recenti, con una densità edilizia abbastanza spinta, sebbene le altezze
dei fabbricati, nel complesso, siano mediamente modeste.
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, danneggiamenti diffusi specie dei tompagni
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I danni agli edifici riguardano prevalentemente il piano terra, dove i taglianti sismici sono più intensi.
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, danneggiamenti e crolli dei tompagni del piano terra
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, danneggiamenti diffusi e crolli dei tompagni
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L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, danneggiamenti diffusi dei tompagni nelle maglie dei telai
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, crisi dei pilastri, crollo e punzonamento della pensilina
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I punti deboli risiedono nei nodi strutturali. Il passo delle staffe è sovente inadeguato, il confinamento
del calcestruzzo insufficiente, nessuna gerarchia fra le resistenze fra travi e pilastri nei telai. La crisi
interviene prima nei pilastri e determina pesanti fuori piombo o addirittura il cedimento strutturale.
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, crollo del piano terra e crisi dei telai sovrastanti
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, crollo di edificio in muratura e c.a.
Il calcestruzzo appare di colore piuttosto chiaro, non si distingue, almeno dall’analisi a vista, un
assortimento granulometrico degli inerti. Le rotture nei nodi mostrano, tra le armature travi-pilastro, i
resti d’alcuni elementi di qualche decimetro cubo di una sorta di maltone.
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L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, particolare delle armature dei pilastri e del calcestruzzo
L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, danneggiamenti dei telai in c.a. e dei tompagni di laterizio
In un caso vi è stato il cedimento di alcune opere di sostegno per un garage interrato, in conseguenza
del quale il piano sovrastante è stato risucchiato dalla voragine con conseguenze disastrose.
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L’Aquila- Edificio nella zona di Via Antica Arischia, cedimento del muro del garage e sprofondamento del piano sovrastante
Dovremmo proseguire visitando la facoltà d’Ingegneria dell’Università de L’Aquila ubicata a Poggio di
Roio. La fila di autovetture si sgrana agli incroci per cui, perso il contatto con il resto del gruppo,
raggiungiamo comunque la meta, ma da soli. La facoltà d’Ingegneria è stata costruita su di un colle a
circa 950 m s.l.m. in una splendida pineta che dista da L’Aquila una diecina di chilometri. Pur non
comprendendo la scelta di delocalizzare la Facoltà in una posizione certamente amena ma lontana dal
Centro e dai servizi, con immaginabili problemi di neve e d’accessibilità nella stagione invernale, non
possiamo far a meno di osservare con un certo interesse il complesso universitario che il sisma ha
danneggiato in corrispondenza di qualche elemento non strutturale.
Poggio di Roio – L’Aquila – Facoltà d’Ingegneria, s’intravede il crollo delle murature di tompagno di laterizio
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16. Rientro a Cosenza
La nostra destinazione per il giorno successivo è Ocre, ma la sera a cena l’ing. Gorgoglione ci informa
che il COC è chiuso di domenica e che, in pratica, avremmo la giornata libera. A questo punto decidiamo,
di comune accordo, che è più opportuno rientrare a Cosenza, giacché il lunedì arriveranno le nuove
squadre di tecnici volontari.
L’indomani alle 8,00 siamo pronti per ritornare a casa, così come fanno pure le altre squadre alloggiate
a San Gregorio, ma non prima d’aver fatto la tradizionale foto di gruppo.
San Gregorio – Gruppo d’Ingegneri volontari provenienti da diverse Province d’Italia
17. Considerazioni sugli eventi sismici nella Provincia di Cosenza
Non posso far a meno di confrontare la situazione de L’Aquila con quella di Cosenza. Da L’Aquila a
Sulmona c’è in pratica la stessa distanza esistente fra Rogliano e Tarsia. Il territorio aquilano è
contornato da catene montuose, quelle del Sirente e della Marsica a ovest e quelle del Gran Sasso e
della Maiella a est, nel mezzo è collocato il bacino del fiume Aterno. A est il territorio cosentino è
delimitato dal massiccio della Sila, a ovest dall’Appennino, nel mezzo è posto il bacino del fiume Crati. Il
territorio aquilano era classificato come zona sismica di seconda categoria, come quello cosentino,
prima delle modifiche intervenute con l’OPCM 3274/2003, dunque le costruzioni sono state
mediamente realizzate sulla scorta dei medesimi riferimenti normativi.
L’attività sismica del terremoto de L’Aquila è indotta da una faglia, denominata “Ovindoli-Piani di
Pezza”, che si è attivata nel terremoto del 1703, i cui limiti settentrionali sono associati nei cataloghi
sismici al terremoto del 1349.
Per inquadrare la situazione del rischio sismico in Calabria e nel Cosentino, compio una breve ricerca in
internet, soffermandomi sul sito della Protezione Civile della Provincia di Cosenza, dal quale traggo le
seguenti notizie:
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Eventi sismici - Storia sismica della Calabria negli ultimi secoli
Se interpretiamo gli eventi sismici come bruschi ed improvvisi movimenti che interessano grandi masse
rocciose, possiamo immaginare che i periodi di quiete corrispondano alle fasi in cui gli sforzi si
accumulano elasticamente nelle profondità della crosta calabra, man mano che questa viene lentamente
spinta dalle forze tettoniche, e che i grandi terremoti si generino ai confini tra i diversi blocchi quando
questi, vincendo la forza d’attrito, compiono improvvisamente un altro piccolo passo verso la Grecia.
Gli eventi sismici che si sono succeduti, si sono alternati tra la Calabria settentrionale e quella
meridionale; i terremoti del 1638-1659 colpirono la valle del Crati, del Savuto, il Marchesato e la
stretta di Catanzaro, quelli del 1783 l'intera regione a sud di Lamezia, per tornare a nord tra il 1832 e
il 1836, e infine a sud tra il 1905 e il 1908. In questi periodi l'attività sismica è sempre stata confinata
nelle regioni meridionali, indicando che la stretta di Catanzaro, analogamente alla linea CetraroRossano, corrisponde probabilmente ad una grande fascia di svincolo tettonico che permetta alle due
porzioni, meridionale e settentrionale, di avanzare indipendentemente l'una dall'altra.
Terremoti tra il 1638 e il 1659
Il primo grande evento sismico di cui si ha notizia certa e dettagliata, risale al 27 marzo 1638 e
devastò le valli del Savuto e del Crati e le coste del golfo di Lamezia. Le rovine si estesero da Bisignano
fino a S. Cristina d’Aspromonte, seppellendo oltre 12.000 persone. Il 9 agosto dello stesso anno, un
secondo terremoto di intensità circa uguale, anche se fortunatamente meno funesto (circa 700
vittime), sconvolse le campagne del Marchesato, causando la rovina di tutti i paesi della Presila tra
Mesoraca e Crosia, arrivando a colpire la stessa Crotone. Poco più di vent’anni dopo, un terzo terremoto
disastroso percorse la Stretta di Catanzaro tra il Tirreno e lo Ionio.
Terremoti del 1783
Al terremoto del 1659, seguì un periodo di quiete durato 114 anni, ma il 5 febbraio 1783 la violenza del
terremoto si scatenò nuovamente sulla Calabria meridionale: in poco meno di due mesi si contarono una
scossa di XI, una di X e due di IX grado, oltre a migliaia di scosse minori, che colpirono la regione da
Reggio Calabria fino a Lamezia, causando la morte di trentamila delle duecentomila persone che a quel
tempo la popolavano.
Fu la più grande catastrofe sismica che la storia del Mediterraneo ricordi negli ultimi secoli, forse
eguagliata solo dal terremoto irpino-lucano del 1456 e dal terremoto di Reggio e Messina del 1908.
Terremoti tra il 1832 e il 1836
Dopo 49 anni di tranquillità (dall'evento sismico del 1783), l'attività sismica riprese con rinnovata
energia in Calabria settentrionale, colpendo il Marchesato con una scossa di X grado l'8 marzo del
1832, la città di Cosenza con una scossa di XI grado il 12 ottobre 1835 e la costa Rossanese il 10 aprile
1836 con una scossa del X grado. Ulteriori scosse di minore energia, anche se notevolmente distruttive,
data l'alta densità abitativa dell'area, interessarono la Valle del Crati fino quasi alla fine del secolo.
Terremoti tra il 1905 e il 1908
Un altro relativo periodo di tranquillità, interrotto solo da alcuni eventi minori per energia, se non per
effetto sulla popolazione, durò per circa 69 anni, fino al terremoto del 1905 (di XI grado) che colpì la
Stretta di Catanzaro, estendendosi fino a Cosenza ed a Rosarno, seguito da quello di Ferruzzano nel
1907 (IX grado) e infine dalla ben nota catastrofe di Reggio e Messina nel 1908.
Dopo queste ultime grandi scosse inizia un nuovo lungo periodo di relativa quiete che dura
sostanzialmente fino ai giorni nostri, interrotto solamente da alcuni eventi sismici di media energia
(1947 nel Golfo di Squillace e 1980 nel comprensorio di Cosenza).
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Adesso il quadro regionale e locale è veramente completo. Le analogie con l’Abruzzo sono evidentissime
e bisogna affrontare seriamente il discorso anche in Calabria. I terremoti più distruttivi e pericolosi
per i centri abitati hanno un tempo di ritorno di circa cento anni. A sommesso parere dello scrivente le
misure da adottare potrebbero essere le seguenti:
Le prime misure di prevenzione risiedono nella pianificazione urbana, nei nuovi PSC - Piani Strutturali
Comunali che devono essere predisposti con particolare cura, con l’ausilio di sismologhi, sulla scorta dei
dati della micro zonazione sismica, evitando di realizzare nuovi insediamenti nelle zone di faglia e
incentivando il trasferimento degli abitati posti nelle zone di maggior rischio. E’ noto, infatti, che le
accelerazioni sismiche sono soggette a pericolose amplificazioni locali dipendenti dalla geologia del sito.
Utilizzare le mappe di vulnerabilità sismica, già da qualche tempo predisposte per gli abitati calabresi, e
procedere a misure di miglioramento sismico del patrimonio edilizio esistente dove ciò sia possibile e al
trasferimento delle famiglie residenti nei fabbricati a rischio, per i quali la situazione strutturale non
consente l’esecuzione di tali interventi.
Introdurre, per gli edifici esistenti, il “Libretto d’uso e manutenzione”, come si fa per le automobili, in
modo tale che ciascun fabbricato sia ristudiato sulla scorta degli atti del progetto originario e delle
trasformazioni intervenute nel corso degli anni. Saranno eseguite, quindi, verifiche periodiche sugli
elementi strutturali per accertarne il loro stato di conservazione ed efficienza dei materiali nel tempo
e lo stesso dovrà essere fatto per la dotazione tecnica degli impianti.
Diffondere la cultura della prevenzione dai terremoti, attraverso l’informazione e la formazione della
popolazione, specialmente dei giovani nelle Scuole. Il terremoto è un fenomeno naturale che va
conosciuto, approfondito e per il quale è necessario assumere particolari comportamenti e precauzioni.
Sviluppare e potenziare le strutture organizzative della Protezione Civile, a tutti i livelli, oltre che con
il personale dello Stato e degli Enti Locali, anche attraverso il volontariato che costituisce, come
dimostra l’esperienza abruzzese, un’inesauribile risorsa per fronteggiare le emergenze.
18. Conclusioni
Non è facile trarre conclusioni da tale esperienza. Questa settimana in Abruzzo mi ha cambiato, sono
diventato più taciturno e preoccupato. Tornando in macchina, Roberto mi ha esternato la sua
gratitudine verso l’Ordine degli Ingegneri per l’esperienza che ha potuto vivere in Abruzzo, assai
formativa dal punto di vista umano e professionale. Ninì ed io pensiamo di dover tornare in quei luoghi,
forse a settembre, per continuare a fare qualcosa per quelle popolazioni così duramente provate.
Non ho scritto questo rapporto sull’esperienza in Abruzzo nei giorni immediatamente successivi al mio
rientro a Cosenza, non perché non ne avessi voglia, ma per riflettere meglio sulla cosa.
La realtà del terremoto dell’Abruzzo che conosciamo attraverso la televisione è solo uno dei possibili
punti di vista, la verità è assai più complessa e variegata. I danni prodotti dal sisma sono veramente
ingenti e distribuiti su di un’area piuttosto estesa e occorreranno diversi anni e notevoli risorse
economiche per porvi adeguato rimedio.
Cosenza, 20 giugno 2009
Ing. Francesco Dodaro
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