Decisione N. 209 del 14 gennaio 2013
IL COLLEGIO DI ROMA
composto dai Signori:
Dott. Giuseppe Marziale
Presidente
Avv. Bruno De Carolis
Membro designato dalla Banca d'Italia
[Estensore]
Membro designato dalla Banca d'Italia
Avv. Massimiliano Silvetti
Prof. Avv. Gustavo Olivieri
Membro
designato
Bancario e Finanziario
dal
Conciliatore
Prof. Avv. Claudio Colombo
Membro designato da Confindustria, di
concerto
con
Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
nella seduta del 23/11/2012 dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
Fatto
Il ricorrente contesta il comportamento della banca resistente, la quale si rifiuta
di restituirgli la complessiva somma di € 14.490,58, oggetto di due depositi
vincolati infruttiferi, costituiti dallo stesso ricorrente nel mese di agosto del 1992, ai
sensi e per gli effetti dell’art. 8, comma 2, della legge n° 386/1990, “a garanzia del
pagamento di due assegni portati al protesto”. Il ricorrente chiede la restituzione
dell’importo su indicato, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, in
quanto sono decorsi oltre venti anni dal costituzione del deposito e inoltre l’ordine
di pagamento è stato formalmente revocato in data 1/3/2006.
Come chiarito in sede di reclamo (cfr. in particolare la nota del 6/5/2004,
acclusa al ricorso), il ricorrente aveva emesso tre assegni (rispettivamente datati
31/3/1992, 30/4/1992 e 31/5/1992) quale procuratore generale di una società a
responsabilità limitata, ma senza apporvi il timbro sociale. Gli assegni erano stati
poi protestati a seguito della presentazione per il pagamento. Mentre però il primo
titolo veniva regolarmente pagato e poi ritirato dal ricorrente, per il secondo e il
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terzo assegno il ricorrente stesso provvedeva a depositare presso la banca
convenuta le somme previste dalla legge n. 386/1990 per evitare gli effetti
sanzionatori previsti dalla citata legge. Il lungo tempo trascorso e l’intervenuta
revoca del pagamento giustificherebbero il diritto al rimborso delle somme versate.
Nelle sue controdeduzioni, l’intermediario chiede, in via preliminare, che il
ricorso sia dichiarato irricevibile, per difetto della competenza ratione temporis,
trattandosi di controversia relativa a operazioni e comportamenti ben anteriori al 1°
gennaio 2009 (cfr. le vigenti Disposizioni ABF, Sez. I, § 4). Rileva, in particolare,
che il deposito delle somme delle quali il ricorrente chiede la restituzione è
avvenuto nel 1992. Inoltre, fa presente che la domanda di restituzione di €
5.799,78 e di € 8.690,80 a fronte di due distinti depositi da lui costituiti nel corso
del 1992, è stata presentata con reclamo del 10/5/2004. Con nota di riscontro del
17/5/2004, la banca informava il cliente che lo svincolo delle somme in questione
poteva essere eseguito solo a favore del beneficiario degli assegni, mentre
analoga richiesta del ricorrente poteva essere accolta solo previa esibizione dei
titoli quietanzati dal legittimo prenditore con firma autenticata.
Con reclamo del 30/3/2012 il cliente ha chiesto nuovamente la restituzione delle
richiamate somme, oltre interessi legali maturati, e la banca gli ha risposto nei
medesimi termini sopra riportati, con nota del 10/5/2012.
Attesa la correttezza e la legittimità del proprio comportamento, la banca chiede
quindi che sia dichiarata l’irricevibilità del ricorso per incompetenza ratione
temporis e, in subordine, che l’ABF rigetti il ricorso, in quanto infondato.
In sede di replica alle controdeduzioni, il ricorrente ne ha contestato
integralmente il contenuto, richiamando l’art. 35 del r.d. n. 1736/33 (c.d. legge
assegni), che attribuisce al traente il potere di revoca dopo il termine di
presentazione, e inoltre gli artt. 2935 c.c. e 2936 c.c. secondo cui, a suo avviso, un
fondo costituito a garanzia di un credito, di cui ormai è intervenuta la prescrizione,
non può che essere restituito al traente. D’altra parte il destinatario dei titoli è
persona di cui non si conoscono “né generalità né recapiti”, mentre la banca
trattiene a tutt’oggi senza nessun titolo le somme in questione.
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Diritto
L’asserita incompetenza ratione temporis, eccepita dalla resistente, non appare
fondata, posto che oggetto della domanda è il rifiuto attualmente opposto dalla
banca alla richiesta di restituzione dell’importo a suo tempo depositato dal
ricorrente.
Ciò posto, si osserva che il ricorso non può essere accolto per i motivi qui di
seguito esposti.
Il deposito delle somme di cui si richiede il rimborso è stato a suo tempo
costituito dal ricorrente in esecuzione di una modalità di pagamento degli assegni,
prevista dalla legge per evitare le sanzioni amministrative altrimenti applicabili.
Infatti, ai sensi dell’art.8, comma 1, al fine di evitare le misure sanzionatorie è
richiesto il “pagamento”, entro sessanta giorni dalla data di scadenza del termine
di presentazione del titolo, dell’importo recato dall’assegno, degli interessi, della
penale e delle eventuali spese per il protesto o della constatazione equivalente.
Tra le forme attraverso le quali il “pagamento” può essere effettuato, la medesima
legge prevede quello del “deposito vincolato al portatore del titolo” da effettuarsi
presso lo stabilimento trattario, che ne rilascia attestazione (v. art. 8, comma 2, l.
cit.).
Ne consegue che il ricorrente, avendo proceduto al “pagamento” degli importi
dovuti secondo quanto stabilito dalle richiamate norme di legge, non ha alcun titolo
per richiedere la restituzione delle somme stesse, delle quali si è definitivamente
spossessato per conseguire gli indicati benefici di legge. In sostanza, le somme
oggetto della contestazione non sono costituite in generico deposito, ma sono
state oggetto di “pagamento” e, in quanto tali, possono essere oggetto di
ripetizione solo nei casi specificamente previsti dalla legge (artt. 2033, 2036 c.c.)
la cui ricorrenza, nel caso di specie, non è stata neppure dedotta dal ricorrente.
P.Q.M.
Il Collegio respinge il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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