MARTINICA 2014

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MARTINICA 2014
Martinica è un’isola abitata da circa 400.000 cittadini francesi, infatti questa zona delle piccole
Antille è un dipartimento d’oltremare della Francia. La superficie è circa 7 volte quella dell’isola
d’Elba.
La zona nord dell’isola è composta da un vulcano ancora attivo (Mount Pelée 1397 m),
la zona centrale presenta ripide ma più basse montagne vulcaniche (i Pitons) ricoperte di un fitto
manto di foresta tropicale
mentre la zona meridionale è più arida e le colline vulcaniche sono arrotondate.
La capitale della regione è Fort-de-France nella zona centrale di Martinica è qui che si
concentrano le attività produttive ed è abitata da metà della popolazione.
Nelle vicinanze l’aeroporto di Lamatine, nell’unica zona piatta dell’isola.
Martinica era abitata da indigeni arawaks quando fu raggiunta da Cristoforo Colombo nel 1502 e
dedicata a San Martino; vari stati coloniali (Spagna, Francia ed Inghilterra) si alternarono fino al
XIX secolo quando la Francia consolidò il suo predominio.
La stragrande maggioranza della popolazione è di origini nere africane e nonostante l’influsso
francese (supermercati, cura degli spazi comuni), rimangono insospettabili culti sincretistici (che si
evidenziano nella spettacolare scelta dei luoghi cimiteriali e nella loro cura); le ricette culinarie
rispecchiano la situazione di tutta la zona delle Antille (accras –fritti misti- ouassous -gamberoni di
fiume-, matètè de crabe -granchio-).
La lingua ufficiale è il francese, parlato da tutti (pochissimi conoscono l’inglese), anche se
familiarmente è usato il locale ‘patois’ creolo.
Sabato 7 giugno 2014
Partenza da Fiumicino per Parigi e trasferimento dall’aeroporto CDG ad Orly per il volo
intercontinentale. Con un po’ di ritardo abbiamo raggiunto l’aeroporto di Lamentine dove abbiamo
preso un’auto a noleggio (Renault Twingo) e dopo meno di un’ora di strada siamo arrivati al
Diamant Beach Club; resort deludente in un posto paesaggisticamente bello, ma con spiaggia
grigia battuta dalle onde. Stanchi siamo rimasti in camera approfittando dalla terrazza del
panorama illuminato dalla luna sulla ondosa baia.
La caratteristica di
questo ampio golfo è
la presenza di un
grosso
faraglione
denominato
“Rocherdu Diamant”,
geologicamente
si
tratta di un “collo
vulcanico” prodotto
dalla solidificazione
del magma all'interno
di un camino eruttivo,
una sorta di tappo
che
sopravvive
all’erosione del cono
vulcanico.
Domenica 8 giugno 2014
Mattinata passata passeggiando sulla spiaggia (fare il bagno non è proprio consigliabile) verso il
piccolo abitato di Diamant oggi animatissimo da una gara di moto d’acqua. In paese c’è una
piccola batteria di cannoni ed una chiesa dalla classica architettura locale tutta realizzata in legno.
Oggi
è
Domenica
di
Pentecoste
(il
cinquantesimo
giorno dopo la
Resurrezione di
Gesù) che nella
regione è più
importante della
Pasqua stessa e
si festeggia con
tre giorni di gite,
pic-nic
ed
arresto
praticamente
totale di tutte le
attività
lavorative.
In tarda mattinata ci siamo diretti verso Fort-de-France, capitale amministrativa della Martinica,
città portuale oggi assolutamente deserta. Interessante la cattedrale di Saint Louis (in stile
vagamente gotico, con alto campanile aguzzo ed interno dalle grandi vetrate, colori pastello ed
originale soffitto a cassettoni, appena arrivati abbiamo assistito ad una cerimonia di bambini alla
loro prima comunione),
nella zona qualche costruzione in stile coloniale, il municipio e la biblioteca Schoelcher (un
colorato padiglione in fase di restauro). Attraversando il grande parco cittadino di La Savane si
raggiunge il Fort Louis che domina l’intera baia da una bassa penisola.
Nel complesso la città è deludente, e le uniche attività aperte oggi erano KFC e Mc Donald’s (dove
ci siamo fermati per pranzo).
Tornando verso sud abbiamo stavolta percorso tutta la litoranea che segue la linea di costa della
grande penisola che separa la baia di Fort-de-France (detta anche Baie des Flamands) da
Diamant.
Abbiamo attraversato la zona turistica di Point-duBout, sito turistico un po’ artificiale e poi Les TroisIlets, borgo rurale noto soprattutto per aver dato i
natali a Giuseppina Bonaparte, in zona il museo
della Pagerie dedicato alla famosa imperatrice.
Da questo punto la strada si fa sempre più tortuosa
e stretta, in ripidi saliscendi si arriva alle stupende
e riparate baie “gemelle” di Anse Noire (di nera
sabbia vulcanica) e Anse Dufour (spiaggia bianca
a poche decine di metri di distanza). Il parcheggio
lungo la stradina è un incubo in questo periodo di
festa dove si fanno tre giorni di bisboccia
cucinando ed ascoltando musica sulla spiaggia.
Ripresa la strada litoranea ci siamo diretti ancora
verso sud traversando il paesino di Les-Ansesd’Arlet, uno degli angoli più fotografati della Martinica
con la chiesetta sul lungomare al termine del pontile.
La spiaggia è stretta ed il mare non è calmissimo,
ancora meno bella Petite Anse.
La strada corre a mezzacosta con spettacolari scorci
sul mare fino alla comparsa del Rocher du Diamant,
apprezzabile da un paio di belvedere.
Si ritorna all’altezza del mare ad Anse Cafard,
impraticabile per la balneazione, dove c’è un
monumento che ricorda la fine dello schiavismo
composto di una quindicina di statue che ricordano un
po’ quelle dell’isola di Pasqua.
La folla festaiola sulla grande baia di Diamant ci ha
costretto
ad
una deviazione
dall’ombreggiato
lungomare per arrivare al nostro albergo.
Stanchi siamo andati a cena a piedi in uno dei pochi
ristoranti aperti a causa del fine settimana di
Pentecoste che qui è celebrato come il carnevale
brasiliano.
Lunedì 9 giugno 2014
Giornata nella zona sudorientale; attraversando i paesini di Trois-Rivieres e Sainte-Luce si vede
qualche spiaggetta promettente prima di arrivare al gran Cul-de-Sac dove si trova il ripartissimo
porticciolo turistico di Le Marin. Da qui si arriva rapidamente al paesino di Sainte-Anne (anche qui
tutto deserto) con chiesa sovrastata dal santuario del Calvario. Bella e con acque tranquille Anse
Caritan, mentre noi abbiamo proceduto verso Grande Anse de Salines, splendida curva di soffice
sabbia bianca orlata da alte palme e mangrovie con mare un po’ mosso. Siamo rimasti tutto il
resto della giornata in spiaggia tra odore di barbecue e musica.
Procedendo all’estremo sud di poche centinaia di mentri si trova Anse à Prunes, molto bella ma
battuta già dalle onde oceaniche che si infrangono sugli isolotti di Table-au-Diable e Cabrits che
segnano i punti più meridionali di Martinica.
Alle spalle delle spiagge l’ampia salina con punti di osservazione ornitologica ed accesso all’arida
Savane des Pétrificationes che si affaccia direttamente sull’Atlantico.
A cena siamo arrivati ad un altro piccolo ristorante a Diamant dove abbiamo mangiato aragosta
uscendo ubriachi di ti-punch.
Martedì 10 giugno 2014
Abbiamo deciso di partire presto per visitare l’interno dell’isola. Oggi, giorno di ripresa del lavoro
dopo l’ubriacatura pentecostale, il traffico vicino a Fort-de-France è allucinante, ma appena
superato il caos della città le strade sono praticamente deserte in questo periodo considerato
(inspiegabilmente) bassa stagione.
Seguendo l’antica strada tracciata dai missionari gesuiti nel XVII secolo (Route de la Trace),
abbiamo
iniziato
ad
inerpicarci
verso
il
montuoso
interno
passando vicino alla
chiesa del Sacré Coeur
de Balata che ricorda
l’omonima
chiesa
a
Montmartre
in
un
paesaggio
però
decisamente diverso. Ci
troviamo infatti all’inizio
della zona dei Pitons, sei
aguzze montagne di
antica origine vulcanica
ricoperte
da
un
lussureggiante manto di
foresta tropicale.
Proseguendo su strade sempre più strette ed accidentate
abbiamo limitato l’originario itinerario previsto in
considerazione anche delle improvvise piogge che
rendono i sentieri piuttosto fangosi per le escursioni a
piedi. Le zone più belle sono quelle del canyon dell'Alma
(spettacolari gole trai Pitons lungo il fiume Blanche, dove
si trovano cascate ben note agli appassionati di
canyoning) e le cascate Saut-du-Gendarme (facilmente
raggiungibili, su un sentiero con ponticelli e zona picnic)
appena prima della caratteristica cittadina montana di
Fonds-Saint-Denis.
La strada verso la costa ovest comincia infine a migliorare
ed in breve si raggiunge l’antico capoluogo dell’isola, Saint-Pierre. La città fu distrutta nel 1902
dalla devastante eruzione del Mount Pelée che incombe con il suo aspetto spoglio sulla zona nord
occidentale di Martinica. Dall’eruzione si salvarono solamente quattro persone (30.000 rimasero
uccise) e solo dieci anni dopo si iniziò a ricostruire qualcosa, ma ormai gli abitanti avevano scelto
un luogo più sicuro (il vicino paese di Le Carbet) e la capitale era stata spostata a Fort-de-France.
Le uniche testimonianze del glorioso passato si trovano
nella zona centrale (lungo Rue Victor Hugo le rovine
dell’antico teatro e qualche muro della prigione, la
cattedrale di Notre-Dame-de-l'Assomption il cui
basamento è rimasto quello originario) e nel quartiere del
Forte a nord del fiume Roxelane (ruderi della chiesa del
Forte).
Il cuore di questo borgo abitato ora da 4000 persone è
Place Bertin, sul lungomare, dove è stato ricostruito
fedelmente l’edificio della Borsa di Commercio in legno;
la spiaggia è scurissima e l’acqua cristallina e calma
anche se questa parte dei Caraibi non invoglia un
granché a soggiorni marini.
La strada costiera, che da questo punto è anche l’unica
via per tornare a sud, resta una serie di ripidi saliscendi e
tornanti, ma la carreggiata è sufficientemente ampia e ci
sono i guardrail.
Nel pomeriggio abbiamo trovato il tempo per cercare qualche spiaggia non troppo lontana per i
prossimi giorni. Nel tratto tra Trois-Rivieres e Sainte-Luce ci sono una serie di spiagge e
spiaggette incantevoli, peraltro tutte unite tra loro da un percorso pedonale di circa quattro KM.
Non facile da trovare Anse Mabouyas, bella, bianca, ombreggiata da alberi e palme (si raggiunge
in auto su scomodo sterrato da Trois-Rivieres o più facilmente seguendo le indicazione del
residence Corail, dove però non si può parcheggiare). Tutte in sequenza lungo la strada costiera:
Anse Desert (un po’ battuta dalle onde e senza ombra), Anse de Fond Banane (stretta ma
suggestiva tra le mangrovie), Anse du Corps de Garde (abbastanza grande ed attrezzata anche
con piscina galleggiante), Anse Pont Café (bella e bianca dove ci siamo fermati un paio d’ore
nonostante la presenza di qualche albero di “mancinelle”, segnalato con vernice rossa), Gros
Raisin (proprio nella cittadina di Sainte-Luce).
Oggi finalmente i negozi sono aperti e prima di rientrare in albergo siamo andati in un
supermercato e nell’adiacente panetteria (dalle quali si esce con “regolamentare” baguette
sottobraccio e qualche dolce) potendo così evitarci di uscire per cena dopo questa giornata
stancante.
Mercoledì 11 giugno 2014
Dopo l’esplorazione
delle spiagge di ieri
abbiamo deciso di
passare
l’intera
giornata al mare su
Anse
Mabouyas
dove siamo stati in
solitudine
quasi
totale
fino
al
pomeriggio.
Giovedì 12 giugno 2014
Altra giornata di mare; prima ci siamo fermati
ad Anse Noir in tutta tranquillità almeno fino
al simpatico “sbarco” si una scolaresca su
una decina di kayak (ogni classe una volta a
settimana passa una mattinata al mare
imparando a nuotare e a giocare).
Ci siamo poi spostati ad anse Dufour dove ho
potuto nuotare vicino ad una grossa tartaruga
marina (snorkeling interessante anche per la
grande quantità di pesci seppure non
coloratissimi). Pranzo in uno dei due ristorantini
della piccola e bellissima baia. Verso sera ci
siamo spostati a Grande Anse d'Arlet dove si può
trovare un po’ d’ombra naturale anche nel tardo pomeriggio; abbiamo aspettato in spiaggia il
tramonto per fare il bagno.nse Noir (bambini) e Anse Dufour (tartaruga) Grande Anse d'Arlet con
ultimo bagno al tramonto.
Venerdì 13 giugno 2014
Siamo tornati ad Anse Dufour e stavolta
abbiamo potuto vedere molti grossi calamari.
Ancora un’attesa per il bagno al tramonto a
Grande Anse d'Arlet.
Sabato / Domenica14/15 giugno 2014
Ultima mattinata di mare a Grande Anse d’Arlet, preparativi per la partenza e dopo un rapido
pranzo in albergo siamo andati in aeroporto.
Volo intercontinentale tranquillo, poi un po’ di confusione a Parigi per uno sciopero dei mezzi di
trasporto, ma soprattutto un avventuroso atterraggio a Ciampino dopo un tentativo fallito di
atterraggio a Fiumicino.
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