G.G. Priorato: Historia di Leopoldo Cesare

Galeazzo Gualdo Priorato
Historia di Leopoldo Cesare, II, Vienna 1670, pp. 456-469
L’esercito Ottomano era tre volte più numeroso del Christiano composto de Giannizzari, Albanesi,
Spahi, Confinanti, Venturieri, Tartari, et altri, provveduto d’abbondanti provvisioni da bocca, e da
guerra, quantità d’artiglieria, e grandissimo numero de padiglioni piantati sopra le colline un mezzo
miglio in circa distante dal fiume. Lo comandava con suprema autorità il Gran Visir Achmet, col
quale erano Ismael Pascià di Bosina cognato del Gran Sultano Maumet Pascià d’Aleppo, Caplan
Pascià di Tiromania, Kurh Pascià, Ibraim Pascià, il Generale de Giannizzari Mahumet Aga, e quello
dei Spahi Simulach Aga Mahumet Maggiordomo del Gran Visir, con altri Aga, et Officiali di minor
grado.
Il fiume era in più luoghi guadabile, et in diversi siti non più largo di 10 in 12 braccia. Le ripe più
alte alla parte del Turco, che a quella de Christiani.
Il dì 30 di Luglio li due eserciti stettero appresso San Gottardo l’uno dirimpetto all’altro, e’l fiume
tramezzo, giocandosi continuamente col cannone. Il giorno seguente ultimo del mese il Gran Visir
si tirò ad una mezza lega sopra San Gottardo, e nella marchia tentò di passar per un guado, che dava
adito ad un squadrone intiero di fronte, e vi passò effettivamente, cominciando a coprirsi con alzar
terra; ma li Dragoni Cesarei del corno destro, che con qualche cavalleria comandata erano di vanguardia lo ributtarono con grave danno.
La notte precedente il primo d’Agosto piantarono i Turchi 13 pezzi d’artiglieria in tre camerate sul
bordo della Riviera all’incontro d’un picciolo villaggio. Nello spuntar del giorno scopertesi alcune
truppe nemiche uscite fuori dal loro campo, comandò il Montecuccoli allo Sporch, che con mille
cavalli tra Alemanni, Crovati, e Dragoni rinforzasse le guardie Cesaree del corno destro, come egli
prestamente fece; ma avvedutosi poi, che erano genti uscite a provvedersi de foraggi furono da lui
inseguite, e felicemente battute, con acquisto de cammelli, muli, et altri bottini. Il Gran Visir conoscendo, che dalla battaglia doveva dipendere il tutto, tenne secreta la sua risolutione.
E’ costume de Turchi prima di venir ad un fatto d’armi generale di far gran feste, disporre delle cose loro, e lavarsi alcune parti del corpo ne’ bagni, che stimano con ciò di lavar i loro peccati. In questa occasione il Gran Visir tralasciò tali cerimonie, per dubbio, che avvertiti gli avversari del suo disegno gli lo impedissero. Circa le otto ore della mattina del primo d’Agosto, in tempo appunto, che
gran parte della cavalleria Christiana era andata a foraggio più tacitamente, che puote, fece chiamar
a sé li due Bellerbey d’Asia, e d’Europa, con li Generali della cavalleria, e fanteria. Rammemorò il
valore de loro Antenati. Rappresentò la debolezza de Christiani. Disse non esservi altro ostacolo,
che di guadare il fiume stretto, e basso d’acqua per scorrere poi tutti li paesi dell’Imperatore, dove
tutti s’arricchirebbero colli bottini pretiosi, che si sarebbe fatti; oltre che nelle pertinenze di Vienna
si trovava quantità di belle donne, robuste, grasse, e bianche. Dindi rivoltatosi ad Ismael Pascià lo
gonfiò con encomi del suo valore, e per honorarlo gli diede la vanguardia d’Albanesi, e Bosnesi. A
Ialy Aga Generale de Tartari comandò dovesse esser il primo a passare, guidando egli l’ala sinistra.
Partiti i Capi dal Padiglione del Gran Visir, i Tartari non avvezzi a star dove gioca il moschetto,
s’incamminarono ben sì al luogo destinato, ma non vollero accostarsi agl’Imperiali sin che non vedessero le operationi de Turchi. Ismael Pascià sapendo essergli data la vanguardia per farlo perdere,
attesoche era il Visir di lui poco amico, tuttavia coraggioso con 3000 cavalli, et altri tanti fanti in
groppa s’accostò al fiume. Il cannone Ottomano fece una furiosa scarica per dar calore a suoi. Si
scagliarono i Turchi nell’acqua, e felicemente passarono. Caplan Pascià, e l’Agha de Giannizzari
fecero lo stesso, e con furioso empito sforzarono uno de’ posti guardati dalla gente dell’Imperio.
Questa mancò di trincierarsi la notte, come gli era stato commesso; e poi in vece di combattere, e
sostener l’inimico vilmente prese la fuga. Accorse in suo soccorso il Reggimento di Smidt, et un
battaglione de fanti di Nassau, e Kielmeneseck, ch’erano i più vicini; ma non potendo resistere alle
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vigorose forze de Turchi, essendo tutti soldati nuovi, li cederono il campo, come pure fece il Reggimento dello Smit, benché il Colonnello facesse il suo debito, restandovi ferito. Il battaglione di
fanteria della gente del Conte di Nassau, dopo esser stato ucciso il Colonnello, e’l suo Tenente, fu in
maggior parte mandato a filo di spada a fila per fila, come appunto si trovava squadronato; poiché
quei vili soldati deposte l’armi, e chiamando quartieri, credevano con ciò, come si pratica fra Christiani, di salvar la vita. A questo rumore avanzarono altre truppe dell’Imperio, ma su le prime scariche voltarono le spalle all’inimico, eleggendosi più tosto il morire fuggendo, che il salvarsi combattendo. Qui nel tirarsi de moschetti, restò morto d’un colpo nella coppa il Conte Fugger Cavalier
garbato, e valoroso, compianto universalmente da ogn’uno. La confusione perciò nell’esercito Christiano crebbe di tal maniera, che molti pensavano più tosto alla ritirata, che ad avanzarsi alla pugna.
Vi fu chi correndo presso al General Montecuccoli esclamava, che conveniva ritirarsi, poiché tutto
era perso, e la totale ruina irremediabile. Il Generale ridendo rispose, col solito della sua intrepidezza: E come perduti, se non ho ancor sfoderata la spada? Non vi smarrite, seguitatemi, e vederete.
Il Principe di Lorena, che al primo rumore s’era allestito col suo Reggimento per operare, secondo
che gli fusse ordinato, impatiente d’entrare nel cimento, et essere spettatore della strage, che facevano i Turchi di quelle povere genti, con maraviglioso coraggio salito a cavallo, benché la maggior
parte de suoi soldati fusse fuori a foraggio, e risoluto di morire glorioso, s’avanzò là dove era più
fervida la mischia. Se gli fecero incontro di primo assalto le lancie della guardia del Gran Visir con
minacciosa comparsa. Il Capitano di queste correndo con la lancia bassa per scavalcar il Principe,
egli di propria mano l’uccise. La scaramuccia s’ingrossò. I Turchi ruppero il suo squadrone. Egli
prestamente lo rimise, e tanto fece, trattenendo gli nemici a fronte di loro ferocemente combattendo,
che in tal mentre il General Montecuccoli, qual’a tutto attentamente accudiva, scagliatosi con alcuni
squadroni di cavalleria sostenuti da 400 fanti del Reggimento del Tasso, seguitato dallo Spaar, e da
Lakronambi Colonnelli, et assistiti dal Principe Palatino di Sultzbach, diede con sì precipitoso urto
nel fianco di quelli, che per fronte combattevano col suddetto Principe di Lorena, che obbligò i Turchi squarciati, e rotti e ritirarsi, et al Reggimento dello Schmid, et ad altre truppe diede modo di rimettersi, e ripigliare arditamente il combattimento. Il Gran Visir fece passar maggior numero di
soldatesca allettata da premi, e dall’honore. Questa respinse alquanto gl’Imperiali. Montecuccoli
vedendo, che quivi facevano lo sforzo maggiore, scorrendo come un fulmine di qua, e di là ove era
il bisogno maggiore, con la spada alla mano, si spinse colli Reggimenti di Spich, e di Pio, fanteria, e
quello di Rapac de Cavalli là dove la zuffa era più fiera, dura, e dubbiosa per l’intrepido combattere
de Giannizzari, e degli Albanesi. Qui pure s’hebbe a scorrere gran rischio, perché essendosi lasciato
da quei della lega un vacuo là dove era maggior il pericolo se i Turchi se ne fussero accorti potevano entrar nel medesimo, e dar gran danno a’ Christiani. Il Montecuccoli di ciò avvisato, con prontezza vi rimediò spingendovi il Reggimento di Lorena, che già s’era degnamente diportato nel primo incontro, come s’è già di sopra detto.
Nello stesso tempo tentò di passar un stuolo de Spahi a mezz’hora di sopra del corno destro, e
mezz’hora al di sotto del fianco sinistro un altro corpo de Turchi, con disegno di pigliar l’esercito
Christiano nel mezzo, e batterlo per fronte, e per i fianchi, nel qual caso sarebbe senza dubbio stato
rotto, e vinto; ma la vigilanza del Montecuccoli provvide agli inconvenienti, inviando lo Sporck con
un buon corpo de fanti, e cavalli contro quelli, che volevano passar a destra, come pure haveva già
inviato il Principe di Lorena col suo Reggimento di cavalleria, con li Crovatti, e Dragoni per impedire il passo a gli altri che tentavano di passar alla sinistra, così, che non solo furono respinti, ma tagliati a pezzi molti Turchi. Qui all’hora si conobbe di quanto utile fusse l’essersi disposta la gente
meno esperta nel mezzo, e la più veterana su l’estremità della battaglia, perché il Turco passò et attaccò non solamente nel mezzo, ma etiandio su i fianchi, dove se la risistenza de pochi contro molti,
che perciò far, dovevano essere de’ più valorosi, non l’havesse sostenuto, e ributtato, l’esercito
Christiano cinto tutto all’intorno ne’ fianchi, e nelle spalle era evidentemente posto in rotta; oltre
che li soccorsi dall’una, e dall’altra estremità al mezzo potevano per la correnza esser dati subito,
che all’incontro da una estremità all’altra, per la soverchia distanza non sarebbe riuscito.
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In questo stato di cose scorgendo Montecuccoli, che gli Giannizzari cominciavano ad alzar trinciere
di qua dal fiume, chiamò a consulta gli altri Generali. Fu proposto di cacciar l’inimico. Dalla maggior parte non venne assentito. Adducevano, che stante il timore, la fuga, e confusione delli primi
attaccati, e per il numero tanto superiore de gli nemici, non dovevasi più arrischiar quell’esercito,
nella cui conservatione consisteva l’universale salute della Christianità; ma ritirarsi in siti vantaggiosi, aspettando nuovi, e più gagliardi rinforzi. Esser temerità lo impegnarsi al capriccio della fortuna, esporsi a così gran pericolo come quello, che evidentemente soprastava. Aggiongevano, che se
in vantaggio sì grande di sito, come è quello d’un fiume non si era potuto impedire al nemico il passaggio del medesimo, per conseguenza poca speranza restava di respingerlo dopo, che era passato.
A questa opinione adherivano alcuni, e già si disponevano alla ritirata. Vedevasi venire correndo
persone disperate, strillando essere ogni cosa perduta. Altri partirsi dicendo, che se n’andavano su’l
Monte alle loro truppe. Altri a far caricar il bagaglio, e mandarlo via, con altri simili disordini.
Ma quivi il Generale Montecuccoli, che con giuditio di provetto Capitano, haveva su i fianchi
dell’ordinanza poste le truppe migliori, et agguerrite, scorgendo esser l’impressione de Turchi seguita appunto nella parte più debole, s’avvide, che non poteva andargli meglio fatto il gioco, mentre
occupati i Turchi dietro a fuggitivi poco esperti, egli gli haverebbe assaliti dall’una parte colle valorose truppe Francesi, e dall’altra colli veterani Tedeschi, co’ quali gli havrebbe rotti, e conquassati.
Si dichiarò ad alta voce non assentir in modo alcuno al ritirarsi, anzi di voler vigorosamente combattere. Disse, che quelli, i quali non assentissero a questa sua ardita opinione potevano andarsene,
perché egli voleva, o vincere, o morire in quella campagna; e rivoltatosi al Baron Tullio Miglio,
ch’era seco gli disse.
Hoggi appunto sono sei anni, che Cesare ha ricevuto la Corona dell’Imperio, et hoggi con una gloriosa vittoria gli la confermaremo in capo.
I Francesi dichiarandosi d’esser venuti in Ungheria per combattere senza alcuna riserva, risposero,
che sarebbero della partita. Lodarono il coraggio, et intrepidezza del Generale. Lo assicurarono dal
canto loro di non recedere un passo indietro, quando ben tutti dovessero sacrificarsi alle sable nemiche. Nacque però qualche difficoltà nell’avanzarsi così subito, mentre Coligny prudentemente considerando, se i Turchi fussero passati in quella parte guardata da suoi, restarebbero questi esposti ad
evidente perdita, gli pareva non esser conveniente di lasciar quel posto sprovveduto. Ma havendogli
poi il Signor della Fuillada Cavaliere ripieno di coraggio, e di valore fatto comprendere, che oltre la
vergogna d’esser spettatori di sì bella battaglia senza sfodrar la spada, soprastava un’evitabile pericolo, se rotti gl’Imperiali si fussero i Turchi rivolti contro i Francesi, ottenne d’avanzarsi egli nella
mischia. Vi comparve con 1200 fanti, e 600 cavalli, oltre i volontari, mezz’hora dopo il meridio.
S’avventò con sì buon ordine contro li nemici, che ne riportò con molta sua gloria i vantaggi, che
s’andaranno narrando.
Il Gran Visir con la sabla in mano, tenendosi alle ripe opposte, animava i suoi, e spingendo squadroni dietro a squadroni dicevale. Eccovi per miracolo del nostro gran Profeta Mahometto la vittoria, su perseguitate questi cani, che fuggono. A tali voci quasi tutti li principali dell’esercito, e della
sua corte passarono il fiume. Si figurarono la vittoria sicura. Assalirono col loro solito furore le
truppe Christiane. Queste schierate da ogni parte in forma di mezza luna, e con ben’aggiustata ordinanza, spingendosi contro il stuolo confuso de nemici, dopo furiose scariche delle bocche di fuoco,
si venne alle mani coll’armi bianche. Quivi per qualche tempo con flusso, e riflusso, a guisa
dell’onde del Mare, che hor spingono, et hor si ritirano, fu ambiguo, e dubbioso l’evento della battaglia, mentre incerta pendeva la vittoria.
Il Generale Montecuccoli comandò al Colonnello Holst, che con quattro pezzi di cannone piantati
sopra la collina dovesse bersagliare le squadre nemiche, così egli fece, e con effetto così buono, che
furono da frequenti colpi molti de gli squadroni Ottomani squarciati. E se bene i Turchi sono bravissimi colla sabla in mano, e che questi in particolare de più scielti, e valorosi s’avanzassero con
minaccioso furore, e con strepitosi urli, e strilli contro le squadre de suoi; gli Alemanni, e Francesi
servendosi ottimamente bene delle picche, e della moschettaria con buon ordine tramischiata tra li
squadroni de cavalli, col vantaggio di queste egregiamente sostennero, e finalmente ributtarono, e
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con strage de nemici conquassarono li battaglioni loro, così, che si conobbe in effetto, che per le
dette picche intrepidamente maneggiate dalli veterani Tedeschi, e da coraggiosi Francesi s’ottenne
la vittoria. I Turchi non potendo più resistere al valore de Christiani si voltarono in precipitosa fuga.
I fanti, e cavalli si lanciavano nel fiume per salvarsi. Difficilmente potevano salire la ripa opposta,
assai alta, e sdrucciolosa, onde restavano miseramente affogati in quell’acque. Qui all’hora si fece
da gli Alemanni, e Francesi così spaventoso trucidamento de nemici, che per il gran numero de cavalli, e corpi humani riempita la Riviera pareva quasi, che si potesse passar sopra di quelli all’altra
parte. Il Gran Visir vedendo questa strage cominciò a disperatamente lagrimare. Egli fu abbandonato da tutti li suoi, eccetto che da quattro soli, che mai da lui si discostarono; e ciò, che più l’affliggeva era, che l’Emiro Capitano de descendenti di Mahumetto, che soli per privilegio posson portar
il Turbante tutto verde, lasciò in abbandono il medesimo stendardo, solito non spiegarsi, che in gran
fattioni. Nel mezzo del fiume fu ammazzato Ismael Pascià dal Capitan Dunckbald del Reggimento
Schnaidau di cavalleria Alemanna, qual abbracciatosi seco lo ammazzò con la spada. Il turbante,
cascatogli di testa, restò per quelle acque, e per essere guernito d’un pretioso gioiello di diamanti
non si seppe a chi toccasse la fortuna di pescarlo. Si ritrovò bene l’anello suo, col quale soleva sigillar gl’ordini, che ispediva, e questo fu portato a Sua Maestà Cesarea.
Il Gran Visir fu spettatore della rotta, e della mortalità de suoi più bravi Capitani, e soldati. Stette
sempre sopra l’orlo opposto del fiume, e cruccioso, fremendo di sdegno, fece ogni sforzo per ravvivar la pugna, e col numeroso stuolo de suoi soldati di riserva assaltare di nuovo i Christiani, già dal
lungo travaglio assai stanchi, et indeboliti. Ma come difficilmente potevasi scendere da quelle alte
ripe, e trovar il guado opportuno da passar senza evidente rischio di provar l’esito sventurato de
compagni, così né le minaccie, né le speranze de’ premi furono bastanti a disporre i soldati a mettersi a nuovo cimento, e massime, che se i primi migliori, e scielti non havevano potuto resistere,
minor apparenza v’era, che potessero farlo gl’inferiori, e più deboli. Perciò dunque con le reliquie
del ruinato, e si può dire distrutto esercito prese la ritirata verso la collina. Gli fu ferito sotto una cavalla learda Araba, e tale fu il disordine, e confusione, che lasciò in abbandono l’artiglieria, la quale
fu subito da Cesarei inchiodata, stimando di non poterla ritirare. Il giorno seguente poscia passò di
là dal fiume il Colonnello Holst, e fece condurre sette pezzi nel campo Christiano. I Francesi ne
presero altri quattro, ma solamente due ne potero condurre nel loro quartiere, essendo restati gli altri
dentro il fiume.
Si trovarono presenti a questo fatto d’armi il Residente Cesareo, e’l suo compagno Gio. Battista Casanova Milanese, che fu poi suo successore. Restarono essi tanto afflitti nel principio quando videro
a retrocedere le truppe dell’Imperio, e pendere la vittoria per i Turchi, quanto consolati poi nel mirare la totale sconfitta de que’ infedeli.
Restarono morti su’l campo, e nel fiume circa 16 mila tra Giannizzari, Albanesi, Bosinesi, e Spahi,
tutti scielti, con quantità de Officiali, e venturieri. Oltre Ismael Pascià perirono Konakgi Ismael Pascià, Mehemet Agha de Giannizzari, e quello de Timasphi Sinhulah Agha, Spahilar, il Chiaia, et altre persone di qualità. Caplan Pascià uno de più provetti Capitani dell’Impero Ottomano, che conduceva gli Albanesi riportò tante ferite, ch’egli pure fu annoverato tra morti, ma fortunatamente si
rihebbe, e fu poscia dichiarato dal Gran Sultano, per i suoi meriti, Capitan Generale dell’armata Navale contro i Venetiani.
Per la crescente dell’acqua vennero i corpi sommersi a galla, onde i Christiani fecero bottini riguardevoli di gioie, di vestimenti, e di danari, mentre quasi tutti li Turchi soliti in occasione di battaglia
mettersi i più ricchi vestiti, e portar seco il lor danaro, havevano addosso quantità di Reali, e mezzi
Reali di Spagna d’argento, e gli Officiali buona summa de Sultanini, che qualche semplice moschettiere ne buscò sino 800. E perché in Germania non si spendon Reali, i soldati a chi loro dava un Ristallero Imperiale davano otto Reali, e tutte le conquistate robe a vilissimo prezzo. Si trovarono circa 5000 sable per le ripe, e per l’acqua del fiume. Furono prese 126 insegne, e Stendardi. Una parte
di queste si mandarono in Francia, e parte a Vienna.
Morirono su’l campo, oltre il sopradetto Conte di Nassau, con due suoi Capitani, et altri Officiali il
Conte di Trautmansdorf Capitano della Guardia di cavalleria del Generale Montecuccoli, il Tenente
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Colonnello Mattias de Grudler di Kielmansek, col Capitano Gio. Francesco Schirl, un Capitano del
Reggimento di Pio, e due dello Spaar, il Capitano Enghel di Schenaidau, il Conte di Usemberg Capitano di cavalleria di Rapach; e tutti questi erano dell’esercito Imperiale. Del corpo dell’Imperio
mancarono il Colonnello Pleitner, col suo Tenente Colonnello, e Sergente Maggiore; il Tenente Colonnello di Vestfalia, il Conte di Vied dello stesso Reggimento, e circa 700 soldati quasi tutti di
questo corpo, poiché pochi furono quelli, che morirono delle truppe veterane di Cesare.
Il Conte Fugger morto, come s’è detto, fu la perdita maggiore; diversi furono feriti, e tra questi il
Generale di battaglia Puech, il Colonnello Smidt col suo Tenente Colonnello, il Colonnello Nicolao
di Baviera, il Tenente Colonnello Herard, il Colonnello Zobel comandante a due squadroni di cavalleria del Circolo di Franconia ricevette una lanciata da un Turco, che se bene haveva indosso la corazza se non fusse stato di natura forte l’haverebbe squarciato. Due suoi Capitani furono pur feriti. I
Francesi si diportarono con impareggiabile bravura. Fu memorabile il valore, et intrepidezza particolarmente del Signor della Fuillada. Egli con non più che circa 1800 de suoi tra fanti, e cavalli si
cimentò con duplicato numero de bravissimi Turchi, e con una picca in pugno alla testa della fanteria, è fama, che di propria mano uccidesse più di 20 de nemici, e pigliasse diverse Insegne. Parecchi
Francesi furono morti, ma molti più feriti, tra quali il Marchese di Roquefort, il Conte di Sciattres, il
Marchese di Villeroy, il di Sery, di Reauverzè [Beauvezé], et alcuni altri, che tutti si fecero portar a
Vienna per curarsi, e si segnalarono con grand’honore de’ nomi loro. Tutti li Generali, Colonnelli, e
Capitani dell’esercito Imperiale furono alla testa delle loro truppe, e coraggiosamente si mescolarono nelle più feroci schiere de gl’Ottomani.
Il Principe di Lorena, benché giovine, ma d’un cuore tutto ardente di gloria s’adoprò col suo Reggimento di cavalleria così intrepido, coraggioso, e con tanto buon’ordine, che ne fu da tutto l’esercito ammirato, et encomiato. Da gli altri pure non fu mancato, né di valore, né di sapere, né di prontezza, né d’altra buona dispositione; mercé però l’ottimo ordine, e la singolar prudenza del Generale
Montecuccoli, che havendo alla sua esperienza congionta una soavità, e tratti manierosi per captivarsi gli affetti, seppe tener i Capi in buona corrispondenza, et unione di volontà fra di loro, così,
che generalmente fu acclamato per il vero Maestro della guerra, e Padre de soldati. Stancò sotto di
sé sei cavalli, e coll’haver per un mese continuo con incredibili celerità prevenuti, et interrotti i disegni a’ nemici s’acquistò gran nome, e la fama d’uno de maggiori Capitani del secolo. Dal Gran
Visir fu inteso più volte a dirsi, che egli credeva d’haver a guerreggiare con un huomo, ma che gli
pareva non esser Montecuccoli huomo, ma un Demonio, havendolo trovato sempre all’incontro in
qual si sia tentativo, che haveva, benché d’improvviso, et occultamente intrapreso.
Al favor di così segnalata vittoria haverebbe il Generale Montecuccoli passato il fiume, ma il Visir
non ostante la perdita fatta si tenne fermo nel suo campo su’l vantaggio delle colline sino al quarto
giorno d’Agosto, occupando la campagna con più di 30000 cavalli. A questo s’aggionse, ch’a pena
fu finito il combattimento, che cascò tanta pioggia, per la quale crebbe così straordinariamente
l’acque del fiume, che non solo era impossibile il passarlo; ma inondò anche gran parte del piano, e
le trincere de Christiani. Eran alcuni giorni, che mancava il pane nell’esercito, e la monitione ancora, così che dopo la battaglia s’era ridotta a soli otto barili di polvere. La soldatesca era tutta stanca,
e gran parte fuggita, così ch’a pena si trovavano le guardie necessarie. Alli 9 d’Agosto quando s’era
presso Kerment, e che all’hora era possibile il passar oltre il fiume, havendosi ricevuti qualche viveri, monitioni, e rinforzo di soldatesca, propose il Montecuccoli in pieno Consiglio a tutti i Capi da
guerra di passare; ma tanto i Francesi, quanto quei della Lega del Rheno, e dell’Imperio ricusarono.
Allegavano la stanchezza della soldatesca per i disagi patiti, con altre ragioni, di modo che bisognò,
che il Montecuccoli, per osservar gli andamenti dell’inimico vi spedisse dietro il Conte Nadasti con
gli Ungheri, e li Colonnelli Iaquez, e Kuscheniz colli Dragoni, e Crovati.
Terminatosi questo glorioso fatto d’armi tutti li Generali et Officiali maggiori andarono a congratularsi col medesimo Generale Montecuccoli, e con mille encomi, et applausi non cessavano di celebrar le sue degne attioni, e l’eccellente sua condotta così ben diretta, e senza minima confusione. A
questo egli corrispondendo con parole affettuose, et ornate di reciproche lodi, e rendimenti di gratie
a tutti loro, si cominciarono l’allegrezze, e dimostrationi più giolive di questo venturato successo.
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La notte medesima ispedì poi il Colonnello Maschurè a darne parte a Sua Maestà Cesarea, che subito nella Chiesa di San Domenico fece con solenne musica ringratiarne il Signor Iddio.
Questo giorno primo d’Agosto giolivo per Leopoldo Primo, che in tal dì l’anno 1658 fu incoronato
Imperatore, e che in questo 1664 ottenne due nobili, e celeberrime vittorie, fu annoverato per uno di
quei preludi, che appunto con segni simili annuntiò la Fortuna all’Invittissimo Carlo Quinto Imperatore Austriaco, e fece sperare, che non dovessero esser dissimili a Sua Maestà gli effetti di quelle
predittioni, che si sono fatte alla prosperosa fortuna di questo Cesare.
Furono d’indi portati dal Baron Tullio Miglio l’Insegne, e le spoglie nemiche a Vienna, dove il giorno di 8 d’Agosto si replicarono le salve del cannone, e della moschettaria in segno del giubilo di
sentenza tanto giusta data dal Cielo a favor della causa del Pio, e meritevole Imperatore. Cesare dichiarò poi subito suo Luogotenente Generale, prima carica della Guerra, il Conte Montecuccoli. Il
Conte Sporch, Generale della Cavalleria. Il Colonnello Schnaidau Sargente Generale di Battaglia. Il
Marchese Pio pur Sargente Generale. Allo Spaar fu conferito il Reggimento del defonto Conte di
Nassau. Mandò Cesare al campo danaro per dar una paga in dono a tutto l’esercito. Molte collane
d’oro, et altri regali mandò per rimunerar quelli, che in tal’occasione s’erano portati meglio, et a
molti furono fatte altre mercedi.
D’indi furono spediti al campo diversi pezzi d’artiglieria, quantità di carri di monitioni da bocca, e
da guerra, et un rinforzo di quattro mila fanti, e mille cavalli condotti dal Duca di Virtemberg. Ma
come fu assai lodato il Generale di Cesare, così non poco fu biasimato il Gran Visir, imputandosegli
a grand’errore di non haver occupato il Castello di San Gottardo, ove stando un ponte, sarebbe poi
col calore di quel posto passato il fiume; et ad errore s’attribuì la di lui prosontione in voler intendersi di tutto, né riflettere nel consiglio d’alcuno, benché di maggior esperienza nella guerra, nel
maneggio della quale devesi camminare circospetto, accudire in ogni luogo, ascoltar tutti, badar a
tutto, e star pronto a pigliar le congionture opportune; onde fu evidentemente conosciuto, e comprobato, che sì come il Signor Iddio dà la prudenza a chi vol sostenere, et aiutare, così leva l’intendimento, offusca, e confunde il consiglio di chi vuole punire.
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