L'assedio di Vienna Categoria : Recensioni Pubblicato da Admin in 23/12/2009 John StoyeL'assedio di ViennaIl Mulino, pp. 316 €. 28,00 Chissà se Osama bin Laden, scegliendo la data dell’11 settembre per il grande attacco terroristico contro gli Stati Uniti, e in generale contro l’Occidente, avrà pensato all’altro 11 settembre, quello del 1683, quando gli eserciti cristiani dettero inizio alla battaglia di Vienna, che dopo trentasei ore avrebbe non solo liberato la capitale asburgica dall’assedio musulmano ma anche dato avvio a una vigorosa controffensiva contro l’islam in Europa.Gli avvenimenti di quell’anno formidabile sono stati ricostruiti minuziosamente dallo storico inglese John Stoye che ne L’assedio di Vienna — scritto nel 1964 e rivisto nel 2000, «espungendo alcuni errori e migliorando qualche dettaglio» (p. 7), ma pubblicato solo ora in Italia (il Mulino, Bologna 2009, pp. 316, euro 28,00) — ripercorre le vicende nelle loro premesse e conseguenze generali ma soprattutto illustra, giorno per giorno, il concreto svolgersi dello scontro. La guerra s’inseriva nel più ampio contesto dello scontro fra islam e Cristianità che, dopo la conquista turca di Costantinopoli, nel 1453, aveva visto il sultano Solimano I il Magnifico (1495-1566) sbaragliare un esercito cristiano a Mohács, in Ungheria, nel 1526, e minacciare Vienna tre anni dopo. La marcia turca, frenata anche dalla battaglia navale di Lepanto, nel 1571, era ripresa nel secolo seguente, ma nel 1664 era stata fermata dagli eserciti imperiali guidati da Raimondo Montecuccoli (1609-1680) nella battaglia di San Gottardo, in Ungheria.Nell’agosto 1682 il sultano Mehmet IV (1642-1693) denuncia il trattato di pace ventennale con il sacro romano imperatore Leopoldo I di Asburgo (1640-1705), che sarebbe giunto a scadenza nel 1684, e lancia un’offensiva che dai Balcani avrebbe dovuto concludersi con l’occupazione di Vienna, incoraggiata incoscientemente dal re di Francia Luigi XIV di Borbone (1638-1715) nella sua spregiudicata politica anti-asburgica. Mentre il sultano, più interessato alla caccia che alla guerra, girovaga con la corte e l’harem fra Edirne e Belgrado, il gran visir Kara Mustafa (1634-1683), alla testa di un esercito di oltre duecentomila soldati, si dirige sull’obbiettivo, fiancheggiato dai cavalieri tartari, le cui devastazioni saranno talmente gravi da rendere difficoltosi gli approvvigionamenti degli stessi turchi. L’imperatore si rifugia a Passau, in Baviera, da dove dirige una frenetica attività diplomatica per mobilitare l’Europa cristiana, supportato da Papa beato Innocenzo XI (1676-1689) e da un instancabile padre cappuccino, il beato Marco da Aviano (1631-1699). La difesa del Paese è affidata al duca Carlo V di Lorena (1643-1690) e quella della capitale a una guarnigione rinforzata dalla guardia cittadina e dai rappresentanti dei corpi intermedi. «Macellai e birrai si unirono per mettere insieme una compagnia, mentre una ciascuna fu organizzata da calzolai e fornai. [...] Le autorità universitarie, nel frattempo, chiamarono a raccolta gli studenti insieme agli stampatori e ai librai. [...] Anche artigiani, funzionari e servitori orbitanti attorno alla corte» (pp. 148-149) si organizzarono in compagnie. L’esercito ottomano investe Vienna il 14 luglio. I difensori avevano abbattuto le case che circondavano la città per non lasciare riparo a chiunque si avvicinasse, ma i turchi scavano profonde trincee per proteggersi e per minare le mura. Questa tecnica non sortisce gli effetti sperati e non fiacca il morale degli assediati. I turchi, inoltre, invece di sfruttare la loro enorme superiorità numerica, decidono di prolungare l’assedio non tanto per il timore delle perdite dovute a un attacco frontale quanto per salvare le ricchezze della città in vista del saccheggio finale.Ma Leopoldo d’Asburgo riesce a concludere un accordo con i suoi alleati, fra cui spiccava Giovanni http://www.corrieredelsud.it/site 10/6/2017 15:20:00 / Page 1 III Sobieski (1624-1696), re di Polonia e capo della Confederazione Polacco-Lituana. A Cracovia, il 10 agosto, festa di san Lorenzo, «presenti il re, la regina, e una folla di principi, vescovi, generali, conti palatini, soldati e gente comune, il nunzio rese pubblica l’indulgenza papale per tutti coloro che avessero combattuto in quella guerra santa» (p. 191). La sera dell’11 settembre, quando Vienna è allo stremo, l’eÂ-serÂ-cito cristiano si schiera a Kalhenberg, presso la città : sono presenti con le loro truppe i principi del Baden e di Sassonia, i Wittelsbach di Baviera, i signori di Turingia e di Holstein, i polacchi e gli ungheresi, il generale italiano conte Enea Silvio Caprara (1631-1701) e il giovane principe Eugenio di Savoia (1663-1736), che riceve il battesimo del fuoco. La battaglia si protrae per tutto il 12 settembre, finché giunge l’ora «[...] in cui l’esercito cristiano, per usare il linguaggio enfatico di uno scrittore turco contemporaneo, divenne un fiume di pece nera che colava dalle montagne consumando tutto quel che toccava» (p. 234). I turchi vengono sbaragliati e Sobieski invia al Papa le bandiere catturate accompagnandole con queste parole: «“Venimmo, vedemmo e Dio vinse― (Venimus, Vidimus et Deus vicit)» (p. 242). Ancor oggi, per decisione di Papa Innocenzo XI — ma questo Stoye non lo annota —, il 12 settembre è dedicato al SS. Nome di Maria, in ricordo e in ringraziamento della vittoria. Il sultano chiede immediatamente la testa di Kara Mustafa. La notizia raggiunge il gran visir a Belgrado, dove restituisce i simboli della sua alta autorità , il sigillo e il sacro vessillo del Profeta prima di essere strangolato da un emissario di Mehmet IV il 25 dicembre 1683. «Il gran visir Kara Mustafa era morto, ma per il mondo cristiano era Natale» (p. 251).La vittoria di Kalhenberg e la liberazione di Vienna sono il punto di partenza per la controffensiva condotta dagli Asburgo contro l’impero ottomano nell’Europa danubiana, che porta, con la costituzione della Lega Santa, nel 1684, e infine la pace di Karlowitz, nel 1699, alla liberazione dell’Ungheria, della Transilvania e della Croazia. «Senza grande esagerazione, la guerra del 1683-99 contro il sultano può essere definita l’ultima crociata» (p. 257). Francesco Pappalado http://www.corrieredelsud.it/site 10/6/2017 15:20:00 / Page 2