INDICE 1. Differenza tra elettronica ed elettrotecnica 2. Corrente e Tensione La legge di Ohm 3. Resistenza Resistenze in serie Resistenze in parallelo 4. Sistema elettrico 1° legge di Kirchoff 2° legge di Kirchoff 5. Il condensatore Condensatori in serie Condensatori in parallelo 6. Il magnetismo Campo magnetico Forza magnetomotrice Induzione magnetica e intensità del campo magnetico Generalizzazione delle leggi Ciclo di isteresi Coefficiente di autoinduzione o induttanza Coefficiente di mutua induzione 1 DIFFERENZA TRA ELETTRONICA ED ELETTROTECNICA Consideriamo un sistema del tipo: I G U LINEA DI COLLEGAMENTO G= generatore (pila) U= utilizzatore o carico (lampadina) I= interruttore L’elettrotecnica si occupa dello studio delle linee di collegamento tra generatore e carico. Consideriamo, ora, lo stesso schema ma con un terzo blocco: G A U In questo caso stiamo considerando che la distanza tra il generatore e il carico sia notevole, cosicché, affinché il segnale del generatore arrivi integro il più possibile, deve essere amplificato. Il blocco A è quello a ci fa riferimento l’elettronica. 2 CORRENTE E TENSIONE Consideriamo un pezzo di materiale: In assenza di forze esterne e in condizioni di equilibrio,è costituito da atomi in cui gli elettroni si muovono in qualsiasi direzione. Supponiamo adesso di applicare una forza esterna: gli elettroni si dirigono uniformemente verso la loro carica opposta. Se adesso immaginiamo che il materiale sia un conduttore (es. filo per ponticelli): i sezione Si definisce corrente la quantità di carica (q), in questa caso elettroni (e-) che attraversa la sezione nell’unità di tempo (t): e[C] i= [A]= t [s] C=Coulomb s=secondi A= Ampere La corrente possiede un verso convenzionale, opposto al movimento della carica. In realtà nei circuiti saremo noi a indicare un verso. 3 La forza esterna, che spinge ordinatamente gli elettroni nell’unità di tempo, prende il nome di differenza di potenziale o tensione elettrica o caduta di tensione tra due punti del conduttore. A B + VAB Il verso posseduto dal generatore è ben preciso, va dal negativo (uomo) al positivo (donna). Analiticamente la tensione è definita come: F*s t L’unità di misura è il volt [V]. RESISTENZA Da un punto di vista fisico la RESISTENZA è qualcosa che si oppone e al passaggio delle cariche; mentre, da un punto di vista analitico ci esprime la relazione proporzionale tra tensione e corrente (legge di Ohm). Se i è la corrente che si stabilisce su una resistenza in funzione della tensione V ad essa applicata: i A V VAB= R * i R V [ Ω] i [V] [A] B Simbolo fisico Ω simbolo dell’unità di misura. Ohm NOTA: La resistenza è un bipolo passivo perché non è in grado di produrre, creare o immagazzinare energia. 4 RESISTENZE IN SERIE Dato un bipolo composto da più resistenze: i A R1 R2 B C R3 D VAD Applicando una differenza di potenziale (ddp) VAD, la corrente che si stabilisce nel circuito è sempre la stessa,infatti,le cariche non incontrano un punto di incrocio nel quale potersi dividere; cioè: VAD= Req * i A i Req D La tensione su ogni singola resistenza sarà: VAB= R1* i VBC= R2* i VCD= R3* i Poiché: VAD= VAB + VBC + VCD è Req * i = R1 * i + R2 * i + R3 * i Req * i = (R1+ R2 + R3) * i Req = (R1+ R2 + R3) E quindi VAD = (R1+ R2 + R3) * i Da cui : i= i VAD R1+ R2 + R3 A R1 R2 VAD R3 D A Req D VAD 5 RESISTENZE IN PARALLELO Dato il circuito: A i A i’ A i1 i2 i3 A VAB VAB B B R3 R2 R1 B Req B Notiamo che la tensione che si instaura su ogni resistenza è la stessa, mentre la corrente si dirama in ogni “bivio”; quindi: VAB = Req * i i= VAB Req mentre i’=i2 + i3 i= i1 + i’ = i1 + i2 + i3 essendo: VAB = R1 * i1 i1= VAB R1 VAB = R2 * i2 i2= VAB R2 VAB = R3 * i3 i3= VAB R3 Sostituiamo alla somma delle correnti, ottenendo: VAB Req = VAB Req = VAB 1 Req = VAB R1 1 R1 + 1 R1 + VAB R2 1 R2 + 1 R2 + + VAB R3 + 1 R3 1 R3 6 Operando un’inversione a primo e secondo membro dell’equazione, si ottiene: Req = 1 R1 + 1 1 R2 + 1 R3 Quindi la resistenza equivalente parallelo è data dall’inverso della somma degli inversi delle singole resistenze. SISTEMA ELETTRICO Schematizziamo un sistema elettrico come: n r m NODO: è un punto d’incrocio tra conduttori; RAMO: è un conduttore tra due nodi; MAGLIA: è un percorso chiuso costituito da conduttori in cui i rami e i nodi si toccano una sola volta. Un sistema elettrico avrà quindi n nodi, r rami ed m maglie. Le correnti che circolano in un circuito sono tante quanti sono i rami, cioè r; avremo,quindi, bisogno di r equazioni per determinarle! Per individuare le equazioni ci vengono in soccorso le leggi di Kirchoff 7 1° LEGGE DI KIRCHOFF La somma delle correnti entranti in un nodo è uguale a quella delle correnti uscenti: i2 i3 i1 i4 In questo esempio sarà allora: i1 + i3 = i2 + i4 2° LEGGE DI KIRCHOFF Fissato un senso di percorrenza in una maglia (omino che segue un percorso), la somma algebrica delle tensioni fornite dai generatori è uguale alle cadute di tensione su ogni resistenza: i R1 V2 V1 + V2= R1 i + R2 i V1 R2 REGOLA DEL TAGLIO Per risolvere un circuito abbiamo bisogno di r equazioni, ne sceglieremo n-1 ai nodi e le restanti r- (n-1) alle maglie La regola del taglio afferma che,una volta scritte le equazioni ai nodi,per scrivere quelle ai rami,si sceglie una maglia,se ne scrive l’equazione poi si taglia un ramo qualsiasi della maglia. Si procede così sino a quando non si hanno più maglie. 8 CONDENSATORE I circuiti sinora studiati sono sistemi nei quali le cariche elettriche sono permanentemente in movimento, stabilendo un equilibrio dinamico; circuiti di questo tipo vengono detti ELETTRODINAMICI. Esistono però dei circuiti nei quali le cariche elettriche libere, si assestano in una posizione di equilibrio statico, nella quale permangono in quiete; si parla in questo caso di sistemi ELETTROSTATICI. L’esempio più semplice è dato da i due circuiti: R R I + A VAB V V I=V/R - B I=0 Quando il circuito viene interrotto, le cariche non potendo più proseguire nel loro moto permanente di circolazione, vanno ad addensarsi nei terminali A e B, in particolare ci sarà un addensamento di elettroni presso il terminale (B) collegato con il polo negativo ed un addensamento di lacune presso il terminale (A) collegato con il polo positivo; in particolare, essendo il sistema in equilibrio, il numero di elettroni eguaglia quello di lacune. Questo tipo di comportamento è assimilabile a quello di un generatore VAB. Il fenomeno dell’addensamento di cariche si può ulteriormente forzare se si conferisce ai teminali A e B una maggiore capacità ricettiva; ciò si fa collegando due corpi di superficie estesa: R + - Vc V Tale dispositivo prende il nome di condensatore, le due superfici si chiamano ARMATURE e l’isolante interposto tra le due armature prende il nome di DIELETTRICO. 9 Prima di quantificare la capacità del condesatore ad immagazzinare carica, vediamo gli effetti che produce in termini di Vc, di I e di carica Q che è capace di immagazzinare. Dato il circuito: R I Vc V - Vc = R*I V Ricordiamo che il concetto di condensatore nasce dall’addensamento di cariche tra i due terminali, le cariche che si spostano sono quelle generate dal generatore; quindi, in una situazione iniziale tra i due morsetti e quindi tra le due armature non ci sono cariche e cioè Vc=0, inoltre il circuito è aperto cosicchè I=0, ma istantaneamente passerà al valore V/R; infatti, secondo l’equazione è: V - 0 = R *I I= V/R Qualche istante dopo le cariche generate da V migrano verso Vc, quindi le cariche sul condensatore aumentano facendo aumentare anche la sua tensione (si parla in questo caso di carica del condensatore). La corrente per contro dovendo essere sempre bilanciata l’equazione alla maglia, ci sarà una diminuzione di corrente: I = (V – Vc) / R Questa situazione si verifica finquando tutte le cariche che circolano nel circuito si troveranno sulle armature del condensatore: q = Q. In particolare, in tale istante (detto t1), quando V=Vc la corrente I=0, le cariche non essendo più sollecitate a muoversi rimangono ferme nella posizione assunta. In teoria il tempo impiegato da Vc a raggiungere il valore V è infinitamente grande, in pratica dopo un tempo pari a circa = 5 RC la tensione Vc, si può ritenere uguale a V. Il sistema assume così una situazione di regime che in teoria permane indefinitamente finchè non intervengono mutamenti provocati dall’esterno. 10 A questo punto se sostituissi V con in cortocircuito: R Isc Vc - Vc = R*Isc In condizioni normali saremmo portati a dire che nel circuito non scorre corrente perché non c’è un generatore che ci fornisce cariche; in realtà, il condensatore è pieno di cariche di conseguenza queste ultime verranno richiamate dalla resistenza affinchè si possa creare la caduta di tensione sulla stessa, quindi nel circuito circolerà una corrente detta di scarica che ha verso opposto alla corrente I. Se, a questo punto vogliamo studiare i transitori, scopriamo che all’istante t2 sono: Vc = V q=Q Isc= -V/R e via via che il condensatore di scarica la sua carica q diminuisce e diminuirà conseguentemente la sua tensione. La corrente I invece aumenta secondo la relazione scritta. Quanto detto mette in evidenza che vi è un aumento o diminuzione della tensione sul condensatore direttamente relazionato alla carica, e cioè: Q = C Vc C è la costante di proporzionalità e ci rappresenta la CAPACITA’ del condensatore ad immagazzinare e a rilasciare carica. L’unità di misura della capacità è: Q / Vc = C [coulomb]/ [volt] = [Farad] 11 Graficamente possiamo vedere: Vc(t) V t t1 t2 t3 q(t) Q t t1 t2 t1 t2 t3 I (t) V/R t3 -V/R 12 CONDENSATORI IN PARALLELO A C1 C2 A C3 B Ceq B Su ogni condensatore abbiamo la stessa tensione VAB, mentre la corrente si divide su ogni ramo dipendentemente dalla capacità di ogni condensatore a richiamare carica, cosicchè ci sarà una carica diversa su ogni consendatore. Ovviamente la somma delle cariche su ogni condensatore ci fornisce la carica totale sul ramo AB: Q1 = C1 * VAB Q2 = C2 * VAB Q3 = C3 * VAB Inoltre è Qtot = Ceq * VAB Poiché: Qtot = Q1 + Q2 + Q3 sostituendo: Ceq * VAB = C1 * VAB + C2 * VAB + C3 * VAB Ceq * VAB = (C1 + C2 + C3 ) * VAB dividendo per VAB: Ceq = C1 + C2 + C3 Cioè la capacità equivalente di più condensatori in parallelo è data dalla somma delle singole capacità. 13 CONDENSATORI IN SERIE A B C1 C C2 D C3 A D Ceq In questo caso la corrente che attraversa i condensatori è la stessa, quindi la carica che sarà presente su ognuno è la stessa, mentre su ogni condensatore si ha una differente tensione: Q = C1 * VAB VAB = Q / C1 Q = C2 * VBC VBC = Q / C2 Q = C3 * VCD VCD = Q / C3 Inoltre: Q = Ceq * VAD VAD = Q / Ceq Poiché: VAD = VAB + VBC + VCD sostituendo: Q Q Q Q Ceq C1 C2 C3 Q 1 1 1 Ceq C1 C2 C3 da cui: *Q dividendo per Q otteniamo: 1 1 1 1 Ceq C1 C2 C3 14 MAGNETISMO I magneti sono corpi capaci di attirare a se altri corpi. Esistono tra l’altro corpi che naturalmente si lasciano attrarre ( come il ferro e le sue leghe), corpi che devono essere indotti a tale fenomeno ed infine, corpi che non sono per nulla suscettibili. I magneti possono essere NATURALI, come la MAGNETITE, o ARTIFICIALI, cioè vengono fatti facendo opportuni trattamenti per renderli magnetici. I magneti si dividono ulteriormente in permanenti e temporanei . In generale viene fatta la seguente caratterizzazione dei materiali: Ferromagnetici, come il ferro e le sue leghe, sono buoni conduttori magnetici; Diamagnetici, metalli e non metalli che si comportano in modo neutro (rame, alluminio); Paramagnetici, materiali che hanno caratteristiche analoghe ai ferromagnetici ma in modo meno spiccato. Vediamo la struttura dei materiali para e ferromagnetici, nelle condizioni di normale e attraversati da un campo magnetico esterno: Paramagnetico ferromagnetico 15 Si nota come all’interno dei materiali paramagnetici le cariche magnetiche siano disposte senza alcun ordine, mentre in quelli ferromagnetici si hanno delle zone parzialmente ordinate (domini di Weiss) e quindi anche intuitivamente si spiega la loro tendenza a magnetizzarsi. La carica magnetica non è come quella elettrica; se prendiamo un magnete, possiamo identificare nello stesso due poli: NORD e SUD tra loro diversi. Si è visto che due poli uguali si respingono mentre due poli diversi si attraggono: N S N S N S S N Altra caratteristica è che dividendo un magnete si trovano due pezzetti di magnete con le rispettive polarità: N N S N S 16 CAMPO MAGNETICO E’ la regione dello spazio nel quale si manifestano o si rilevano fenomeni magnetici. Per convenzione si è scelto che le linee di forza del campo sono uscenti dal polo nord ed entranti dal polo sud: N S ELETTROMAGNETISMO Qualsiasi conduttore percorso da corrente crea attorno a se un campo magnetico. In particolare Ampère scoprì che il nord veniva orientato a destra del verso della corrente: I + - Ad una corrente è sempre associato un campo magnetico che si stabilisce con il fluire della corrente e scompare con l’estinguersi della medesima; Le linee di forza del campo magnetico sono sempre concatenate con la corrente che le produce; L’andamento delle linee di forza del campo magnetico dipende dalla geometria del circuito elettrico. Per un conduttore rettilineo le linee di forza hanno forma circolare e sono dipsoste concentricamente al conduttore. 17 Data una spira: I I Le linee di forza la attraversano nello stesso senso e si sviluppano in punti diametralmente opposti. E’ lecito pensare la spira come un minuscolo magnete avente i suoi poli nelle due facce del piano in cui giace la spira stessa. Per la determinazione delle polarità si ricorre alla regola di BURCH che consiste nello scrivere entro la spira le lettere N o S con le loro punte rivolte verso il senso della corrente; la lettera indica la polarità della faccia che si guarda: SOLENOIDI Supponiamo di disporre parecchie spire una accanto l’altra, tutte percorse da corrente nello stesso senso, si nota un naturale spostamento delle spire in modo che il nord sia accanto al sud: N S N S N S N S N S 18 Questo stesso risultato si ottiene avvolgendo più volte su se stesso il medesimo conduttore: Si realizza così un solenoide o bobina. I La differenza principale rispetto ai magneti permanenti consiste nel fatto che le polarità di un solenoide sono stabilite dal senso della corrente che lo percorre per cui, invertendo la corrente, mutano anche le polarità. Se all’interno del solenoide eccitato si pone un nucleo di ferro, quest’ultimo si magnetizza con polarità corrispondenti a quelle del solenoide si ottiene così un magnete temporaneo che produce un campo magnetico molto più intenso. Inoltre, per le caratteristiche del ferro, se esso lo si sposta al di fuori del solenoide continua ad avere effetti magnetici con le polarità come se fosse all’interno. FORZA MAGNETOMOTRICE Consideriamo un solenoide in aria chiuso: d prende il nome di toro magnetico o D toroide La forma data permette di confinare entro lo stesso tutte le linee di forza del campo magnetico che può essere prodotto da una corrente iniettata nell’avvolgimento. Si definisce tensione magnetica il prodotto della corrente I che passa nel conduttore per il numero di spire N che costituiscono il solenoide: 19 F= N * I [Asp] = [Ampère * spire] si può parlare anche in questo caso, in analogia ai circuiti elettrici, di ofrza magneto motrice (f.m.m.) o caduta di tensione magnetica. E ancora, si può dire che agli estremi di un solenoide percorso da corrente si ha una f.m.m. Si definisce flusso magnetico ( )l’insieme delle linee di forza del campo. Il flusso che si stabilisce nel circuito magnetico è l’effetto prodotto dalla f.m.m. ed è proporzionale a quest’ultima: F = Rm * dove Rm individua la riluttanza magnetica. La formula su scritta prende il nome di legge di Ohm magnetica o legge di Hopkinson. L’unità di misura del flusso è il Weber (Wb). f.e.m = R * I f.m.m = Rm * anche la riluttanza (come la resistenza) dipende dalle caratteristiche del materiale: Rm = l *S Rm può essere considerata come l’ostacolo che il circuito presenta allo stabilirsi del flusso. individua la permeabilità magnetica, è una grandezza che dipende dal materiale ed anche all’interno dello stesso materiale non si mantiene costante perchè ha una stretta dipendenza con le orientazioni delle cariche magnetiche. In via generale noi assumeremo che sia costante così da avere anche la riluttanza costante. 20 INDUZIONE MAGNETICA E INTENSITA’ DEL CAMPO MAGNETICO Consideriamo il toroide di prima, prendendo un piccolo pezzettino e qualora il diametro del toro sia molto più grande del diametro della sezione del toro: D>>d, possiamo pensare che le linee di forza del campo siano uniformi all’interno dell’avvolgimento. Definiamo, sotto queste condizioni due grandezze: induzione magnetica B: è il flusso che taglia la superficie di una sezione unitaria disposta perpendicolarmente alle linee di forza del campo magnetico: B= [T=tesla] = [Wb] S [m] B fornisce una misura del grado di addensamento delle linee di flusso, infatti mantenendo costante , variando S, le linee di flusso sono più addensate se la sezione diminuisce (come in una bottiglia). L’intensità del campo magnetico (H) esprime il rapporto tra la f.m.m. e la lunghezza del circuito: H= F = N * I l l notiamo nuovamente l’analogia con il caso elettrico, infatti il campo elettrico è definito con il rapporto tra tensione e lunghezza del filo conduttore: E=V l e quindi: f.m.m.= H * l f.e.m. = E * l H è una grandezza che esprime lo stato di magnetizzazione dello spazio entro il quale si manifestano le azioni magnetiche. In particoalre, riducendo il diametro del toroide (D), diminuisce l, assumendo N ed I costanti, H aumenta. 21 Si nota che H non dipende dal materiale entro cui agisce. Se consideriamo un conduttore rettilineo attraversato da corrente possiamo misurare il campo magnetico come: I H= I 2r r Cerchiamo ora una formula che crei un collegamento tra l’induzione magnetica che si crea a partire dal campo magnetico, cioè una relazione tra B ed H: B= S Ma F = Rm * = H=F l l * *S H= l * *1 = 1 *B*S=B *S l *S e quindi : B = * H. 22 GENERALIZZAZIONE DELLE LEGGI Consideriamo un solenoide aperto e attraversato da corrente: S1 S2 S3 Si crea un campo magnetico le cui linee di forza sono disposte come indicato. Sarà ancora: F= N * I Il flusso magnetico che si stabilisce è rappresentabile con linee di forza, ma il grado d’addensamento è diverso nelle 3 superfici, in particolare sono più addensate all’interno del solenoide che non fuori, dove è ancora : B= S All’esterno, l’andamento delle linee di flusso rendono difficili i calcoli, infatti ogni sezione individuata fornisce un valore di B (e quindi di H) diverso. Si nota inoltre che l’induzione è individuata da un orientamento differente nello spazio per cui B è una grandezza vettoriale e di conseguenza dovrà esserlo anche H. Per semplicità ci si limita a considerare il campo all’interno del solenoide e se la lunghezza di quest’ultimo è notevolmente più grande rispetto al diametro si può ammettere che le linee di forza siano parallele e quindi vale ancora: H= F = N * I l l dove l rappresenta la lunghezza del solenoide. 23 CICLO DI ISTERESI Abbiamo precedentemente accennato alla permeabilità magnetica; [henry/metro] esprime l’attitudine che possiede un certo materiale a lasciarsi attraversare dal flusso magnetico; i corpi che hanno permeabilità elevata (ferromagnetici) si magnetizzano intensamente anche con forze magnetiche ridotte. La permeabilità delle sostanze diamagnetiche (e quindi anche quella dell’aria) è praticamente coincidente a quella del vuoto: o = 1.256 10^-6 H/m quindi l’introduzione di tali sostanze entro un campo magnetico non ne modifica sostanzialmente le caratteristiche. Nei calcoli si farà sempre riferimento alla permeabilità assoluta: = o * r dove r è la permeabilità relativa e o è quella nel vuoto. Si è quindi supposto che la permeabilità relativa nell’aria dia unitaria: r =1 A = o Nei materiali paramagnetici e diamagnetici le cariche magnetiche risentono poco il campo esterno; infatti poche cariche si orientano nel senso del campo per dar luogo a fenomeni magnetici. In particolare nei materiali diamagnetici anche per valori di campo magnetico esterno elevati non si ha una sostanziale modifica, mentre nei materiali paramagnetici avviene (per campo elevato) una piccola magnetizzazione. Infine, nei ferromagnetici la magnetizzazione avviene invece in massa a partire anche da piccoli valori di campo esterno. In particolare all’aumentare del campo si arriverà ad un punto in cui quasi tutte le cariche magnetiche sono orientate nel senso del campo; in particolare comincia quindi ad comportarsi come paramagnetico poiché non ha quasi più cariche magnetiche da poter orientare e per quanto aumenti il campo l’induzione cresce poco. 24 B a b c e -Hc Hc H d Hc= forza coercitiva Una volta raggiunta la saturazione, se proviamo a diminuire H, la curva non riassume i valori che si eramo ottenuti nella fase di aumento, la nuova curva si mantiene al si sopra della precedente (si ha una induzione maggiore). Questo fenomeno si spiega pensando che durante la magnetizzazione tutte le cariche magnetiche si sono dovute orientare secondo una certa direzione: diminuendo la corrente essi dovrebbero riassumere le posizioni disordinate iniziali; per la presenza di un certo attrito essi faticano a riprendere tale assetto e quindi il materiale risulta attraversato da un flusso superiore a quello che si era ottenuto inizialmente. Facendo assumere al campo magnetico valori negativi, si nota un andamento perfettamente simmetrico del ciclo. Ripetendo le operazioni descritte si ottiene sempre lo stesso grafico. Un ciclo di magnetizzazione rleva che le particelle magnetiche del materiale, devono prima orientarsi in un senso e poi, quando la forza magnetica si inverte, in senso opposto. Questo non avviene liberamente, ma è ostacolato dagli attriti che le cariche magnetiche incontrano, essendo legati gli uni agli altri, per cui è lecito pensare che ciò dia luogo a perdite di energia con lo sviluppo di calore. Il fenomeno è particolarmente vistoso se al solenoide è aèpplicata una corrente alternata che cambia di polarità diverse volte al secondo facendo compiere rapidi cicli di magnetizzazione. Queste perdite sono proporzionali all’area del ciclo di magnetizzazione . 25 COEFFICIENTE DI AUTOINDUZIONE O INDUTTANZA Quando un conduttore è percorso da corrente, si trova sempre concatenato con un campo magnetico che si stabilisce e si estingue insieme alla corrente stessa. Quindi ad ogni variazione di corrente, anche nel circuito di cui fa parte il conduttore si manifesta una f.e.m. che rappresenta l’effetto di induzione elettromagnetica. Per valutare la f.e.m. indotta si fa ricorso ad un coefficiente L detto di autoinduzione o INDUTTANZA che rappresenta la quantità di flusso che un circuito concatena con se stesso quando è percorso da una corrente di un ampère: L= I [H=henry] = [ Wb] [A] Nell’ipotesi di variazione lineare della corrente si avrà corrispondentemente una variazione di flusso concatenato e nel circuito di manifesta una f.e.m. il cui valore è dato da: calcoliamo dalla formula di sopra: f.e.m.= - t = L* I ma a noi interessa la variazione di flusso, ed essendo L costante, la si può ottenere solo se c’è una variazione di corrente: = L * I f.e.m. = - L * I t se consideramo una bobina con N spire avvolte, il flusso totale considerato è: da cui: N*=L*I L=N* I Volendo esprimere in termini di riluttanza, ricordiamo: F=N*I F = Rm * =F =N*I Rm Rm E quindi: L= N * N * I = N2 I Rm Rm Questa espressione comprende solo grandezze fisiche proprie del circuito. 26 COEFFICIENTE DI MUTUA INDUZIONE Consideriamo un toro magnetico I1 I2 N1 N2 A seconda della posizione reciproca si possono verificare tre casi di accoppiamento: PERFETTO quando tutte le linee di flusso della bobina 1 vanno anche sulla bobina 2; PARZIALE quando solo alcune delle linee di flusso della 1 interessano la seconda bobina; NULLO quando nessuna linea della 1 andrà sulla 2; cioè, non c’è accoppiamento. Nei primi due casi, ad ogni variazione dell’intensità di corrente nelle due bobine si crea una f.e.m. indotta che è proprio la causa dell’accoppiamento. In particolare, è possibile stabilire il grado di accoppiamento ricorrendo ad un coefficiente detto di mutua induzione (Mij). Se l’avvolgimento 1 è percorso dalla corrente I1, si creerà un flusso 12 = M12 * I1 che interesserà le N2 spire del secondo avvolgimento, per cui: N2 * 12 = M12 * I1 E analogamente: N1 * 21 = M21 * I2 Quindi, come nel caso dell’autoinduzione: M12 = N2 * 12 I1 M21 = N1 * 21 I2 ed Volendo esprimere i flussi in termini di riluttanza: 12 = f.m.m. = N1 * I1 Rm Rm da cui M12 = N2 * N1 * I1 = N2 * N1 I1 Rm Rm 21 = f.m.m. = N2 * I2 Rm Rm da cui M21 = N1* N2 * I2 = N1 * N2 I2 Rm Rm e Poiché N1, N2 ed Rm sono costanti ed identici sia per M12 che per M21, si deduce che M12 = M21. In generale vale la relazione che Mij = Mji secondo il teorema di reciprocità. 27