CORRENTE E TENSIONE - Il Sito Di Sevencombat

INDICE
1. Differenza tra elettronica ed elettrotecnica
2. Corrente e Tensione
La legge di Ohm
3. Resistenza
Resistenze in serie
Resistenze in parallelo
4. Sistema elettrico
1° legge di Kirchoff
2° legge di Kirchoff
5. Il condensatore
Condensatori in serie
Condensatori in parallelo
6. Il magnetismo
Campo magnetico
Forza magnetomotrice
Induzione magnetica e intensità del campo magnetico
Generalizzazione delle leggi
Ciclo di isteresi
Coefficiente di autoinduzione o induttanza
Coefficiente di mutua induzione
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DIFFERENZA TRA ELETTRONICA ED ELETTROTECNICA
Consideriamo un sistema del tipo:
I
G
U
LINEA DI COLLEGAMENTO
G= generatore (pila)
U= utilizzatore o carico (lampadina)
I= interruttore
L’elettrotecnica si occupa dello studio delle linee di collegamento tra
generatore e carico.
Consideriamo, ora, lo stesso schema ma con un terzo blocco:
G
A
U
In questo caso stiamo considerando che la distanza tra il generatore e il carico sia notevole,
cosicché, affinché il segnale del generatore arrivi integro il più possibile, deve essere amplificato.
Il blocco A è quello a ci fa riferimento l’elettronica.
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CORRENTE E TENSIONE
Consideriamo un pezzo di materiale:
In assenza di forze esterne e in condizioni di equilibrio,è costituito da atomi in cui gli elettroni si
muovono in qualsiasi direzione.
Supponiamo adesso di applicare una forza esterna:
gli elettroni si dirigono uniformemente verso la loro carica opposta. Se adesso immaginiamo che il
materiale sia un conduttore (es. filo per ponticelli):
i
sezione
Si definisce corrente la quantità di carica (q), in questa caso elettroni (e-) che attraversa la sezione
nell’unità di tempo (t):
e[C]
i=
[A]=
t
[s]
C=Coulomb
s=secondi
A= Ampere
La corrente possiede un verso convenzionale, opposto al movimento della carica. In realtà nei
circuiti saremo noi a indicare un verso.
3
La forza esterna, che spinge ordinatamente gli elettroni nell’unità di tempo, prende il nome di
differenza di potenziale o tensione elettrica o caduta di tensione tra due punti del conduttore.
A
B
+
VAB
Il verso posseduto dal generatore è ben preciso, va dal negativo (uomo) al positivo (donna).
Analiticamente la tensione è definita come:
F*s
t
L’unità di misura è il volt [V].
RESISTENZA
Da un punto di vista fisico la RESISTENZA è qualcosa che si oppone e al passaggio delle cariche;
mentre, da un punto di vista analitico ci esprime la relazione proporzionale tra tensione e corrente
(legge di Ohm). Se i è la corrente che si stabilisce su una resistenza in funzione della tensione V ad
essa applicata:
i
A
V
VAB= R * i
R
V
[ Ω]
i
[V]
[A]
B
Simbolo fisico
Ω simbolo dell’unità di misura. Ohm
NOTA: La resistenza è un bipolo passivo perché non è in grado di produrre, creare o
immagazzinare energia.
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RESISTENZE IN SERIE
Dato un bipolo composto da più resistenze:
i
A
R1
R2
B
C
R3
D
VAD
Applicando una differenza di potenziale (ddp) VAD, la corrente che si stabilisce nel circuito è
sempre la stessa,infatti,le cariche non incontrano un punto di incrocio nel quale potersi dividere;
cioè:
VAD= Req * i
A i
Req
D
La tensione su ogni singola resistenza sarà:
VAB= R1* i
VBC= R2* i
VCD= R3* i
Poiché:
VAD= VAB + VBC + VCD
è
Req * i = R1 * i + R2 * i + R3 * i
Req * i = (R1+ R2 + R3) * i
Req = (R1+ R2 + R3)
E quindi
VAD = (R1+ R2 + R3) * i
Da cui :
i=
i
VAD
R1+ R2 + R3
A
R1
R2
VAD
R3
D
A
Req
D
VAD
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RESISTENZE IN PARALLELO
Dato il circuito:
A i
A i’ A
i1
i2
i3 A
VAB
VAB
B
B
R3
R2
R1
B
Req
B
Notiamo che la tensione che si instaura su ogni resistenza è la stessa, mentre la corrente si dirama in
ogni “bivio”; quindi:
VAB = Req * i
i= VAB
Req
mentre
i’=i2 + i3
i= i1 + i’ = i1 + i2 + i3
essendo:
VAB = R1 * i1
i1= VAB
R1
VAB = R2 * i2
i2= VAB
R2
VAB = R3 * i3
i3= VAB
R3
Sostituiamo alla somma delle correnti, ottenendo:
VAB
Req
=
VAB
Req
= VAB
1
Req
=
VAB
R1
1
R1
+
1
R1
+
VAB
R2
1
R2
+
1
R2
+
+
VAB
R3
+
1
R3
1
R3
6
Operando un’inversione a primo e secondo membro dell’equazione, si ottiene:
Req =
1
R1
+
1
1
R2
+
1
R3
Quindi la resistenza equivalente parallelo è data dall’inverso della somma degli inversi delle singole
resistenze.
SISTEMA ELETTRICO
Schematizziamo un sistema elettrico come:
n
r
m
NODO: è un punto d’incrocio tra conduttori;
RAMO: è un conduttore tra due nodi;
MAGLIA: è un percorso chiuso costituito da conduttori in cui i rami e i nodi si
toccano una sola volta.
Un sistema elettrico avrà quindi n nodi, r rami ed m maglie.
Le correnti che circolano in un circuito sono tante quanti sono i rami, cioè r; avremo,quindi,
bisogno di r equazioni per determinarle!
Per individuare le equazioni ci vengono in soccorso le leggi di Kirchoff
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1° LEGGE DI KIRCHOFF
La somma delle correnti entranti in un nodo è uguale a quella delle correnti uscenti:
i2
i3
i1
i4
In questo esempio sarà allora:
i1 + i3 = i2 + i4
2° LEGGE DI KIRCHOFF
Fissato un senso di percorrenza in una maglia (omino che segue un percorso), la somma algebrica
delle tensioni fornite dai generatori è uguale alle cadute di tensione su ogni resistenza:
i
R1
V2
V1 + V2= R1 i + R2 i
V1
R2
REGOLA DEL TAGLIO
Per risolvere un circuito abbiamo bisogno di r equazioni, ne sceglieremo
n-1 ai nodi e le restanti
r- (n-1) alle maglie
La regola del taglio afferma che,una volta scritte le equazioni ai nodi,per scrivere quelle ai rami,si
sceglie una maglia,se ne scrive l’equazione poi si taglia un ramo qualsiasi della maglia. Si procede
così sino a quando non si hanno più maglie.
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CONDENSATORE
I circuiti sinora studiati sono sistemi nei quali le cariche elettriche sono permanentemente in
movimento, stabilendo un equilibrio dinamico; circuiti di questo tipo vengono detti
ELETTRODINAMICI.
Esistono però dei circuiti nei quali le cariche elettriche libere, si assestano in una posizione di
equilibrio statico, nella quale permangono in quiete; si
parla in questo caso di sistemi
ELETTROSTATICI.
L’esempio più semplice è dato da i due circuiti:
R
R
I
+ A
VAB
V
V
I=V/R
- B
I=0
Quando il circuito viene interrotto, le cariche non potendo più proseguire nel loro moto permanente
di circolazione, vanno ad addensarsi nei terminali A e B, in particolare ci sarà un addensamento di
elettroni presso il terminale (B) collegato con il polo negativo ed un addensamento di lacune presso
il terminale (A) collegato con il polo positivo; in particolare, essendo il sistema in equilibrio, il
numero di elettroni eguaglia quello di lacune.
Questo tipo di comportamento è assimilabile a quello di un generatore VAB.
Il fenomeno dell’addensamento di cariche si può ulteriormente forzare se si conferisce ai teminali A
e B una maggiore capacità ricettiva; ciò si fa collegando due corpi di superficie estesa:
R
+
-
Vc
V
Tale dispositivo prende il nome di condensatore, le due superfici si chiamano ARMATURE e
l’isolante interposto tra le due armature prende il nome di DIELETTRICO.
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Prima di quantificare la capacità del condesatore ad immagazzinare carica, vediamo gli effetti che
produce in termini di Vc, di I e di carica Q che è capace di immagazzinare.
Dato il circuito:
R
I
Vc
V - Vc = R*I
V
Ricordiamo che il concetto di condensatore nasce dall’addensamento di cariche tra i due terminali,
le cariche che si spostano sono quelle generate dal generatore; quindi, in una situazione iniziale tra i
due morsetti e quindi tra le due armature non ci sono cariche e cioè Vc=0, inoltre il circuito è aperto
cosicchè I=0, ma istantaneamente passerà al valore V/R; infatti, secondo l’equazione è:
V - 0 = R *I
I= V/R
Qualche istante dopo le cariche generate da V migrano verso Vc, quindi le cariche sul condensatore
aumentano facendo aumentare anche la sua tensione (si parla in questo caso di carica del
condensatore). La corrente per contro dovendo essere sempre bilanciata l’equazione alla maglia, ci
sarà una diminuzione di corrente:
I = (V – Vc) / R
Questa situazione si verifica finquando tutte le cariche che circolano nel circuito si troveranno sulle
armature del condensatore: q = Q.
In particolare, in tale istante (detto t1), quando V=Vc la corrente I=0, le cariche non essendo più
sollecitate a muoversi rimangono ferme nella posizione assunta.
In teoria il tempo impiegato da Vc a raggiungere il valore V è infinitamente grande, in pratica dopo
un tempo pari a circa
 = 5 RC
la tensione Vc, si può ritenere uguale a V.
Il sistema assume così una situazione di regime che in teoria permane indefinitamente finchè non
intervengono mutamenti provocati dall’esterno.
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A questo punto se sostituissi V con in cortocircuito:
R
Isc
Vc
- Vc = R*Isc
In condizioni normali saremmo portati a dire che nel circuito non scorre corrente perché non c’è un
generatore che ci fornisce cariche; in realtà, il condensatore è pieno di cariche di conseguenza
queste ultime verranno richiamate dalla resistenza affinchè si possa creare la caduta di tensione
sulla stessa, quindi nel circuito circolerà una corrente detta di scarica che ha verso opposto alla
corrente I.
Se, a questo punto vogliamo studiare i transitori, scopriamo che all’istante t2 sono:
Vc = V
q=Q
Isc= -V/R
e via via che il condensatore di scarica la sua carica q diminuisce e diminuirà conseguentemente la
sua tensione. La corrente I invece aumenta secondo la relazione scritta.
Quanto detto mette in evidenza che vi è un aumento o diminuzione della tensione sul condensatore
direttamente relazionato alla carica, e cioè:
Q = C Vc
C è la costante di proporzionalità e ci rappresenta la CAPACITA’ del condensatore ad
immagazzinare e a rilasciare carica.
L’unità di misura della capacità è:
Q / Vc = C
[coulomb]/ [volt] = [Farad]
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Graficamente possiamo vedere:
Vc(t)
V
t
t1
t2
t3
q(t)
Q
t
t1
t2
t1
t2
t3
I (t)
V/R
t3
-V/R
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CONDENSATORI IN PARALLELO
A
C1
C2
A
C3
B
Ceq
B
Su ogni condensatore abbiamo la stessa tensione VAB, mentre la corrente si divide su ogni ramo
dipendentemente dalla capacità di ogni condensatore a richiamare carica, cosicchè ci sarà una carica
diversa su ogni consendatore. Ovviamente la somma delle cariche su ogni condensatore ci fornisce
la carica totale sul ramo AB:
Q1 = C1 * VAB
Q2 = C2 * VAB
Q3 = C3 * VAB
Inoltre è Qtot = Ceq * VAB
Poiché:
Qtot = Q1 + Q2 + Q3
sostituendo:
Ceq * VAB = C1 * VAB + C2 * VAB + C3 * VAB
Ceq * VAB = (C1 + C2 + C3 ) * VAB
dividendo per VAB:
Ceq = C1 + C2 + C3
Cioè la capacità equivalente di più condensatori in parallelo è data dalla somma delle singole
capacità.
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CONDENSATORI IN SERIE
A
B
C1
C
C2
D
C3
A
D
Ceq
In questo caso la corrente che attraversa i condensatori è la stessa, quindi la carica che sarà presente
su ognuno è la stessa, mentre su ogni condensatore si ha una differente tensione:
Q = C1 * VAB
VAB = Q / C1
Q = C2 * VBC
VBC = Q / C2
Q = C3 * VCD
VCD = Q / C3
Inoltre:
Q = Ceq * VAD
VAD = Q / Ceq
Poiché:
VAD = VAB + VBC + VCD
sostituendo:
Q
Q
Q
Q
Ceq
C1
C2
C3
Q
1
1
1
Ceq
C1
C2
C3
da cui:
*Q
dividendo per Q otteniamo:
1
1
1
1
Ceq
C1
C2
C3
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MAGNETISMO
I magneti sono corpi capaci di attirare a se altri corpi. Esistono tra l’altro corpi che naturalmente si
lasciano attrarre ( come il ferro e le sue leghe), corpi che devono essere indotti a tale fenomeno ed
infine, corpi che non sono per nulla suscettibili.
I magneti possono essere NATURALI, come la MAGNETITE, o ARTIFICIALI, cioè vengono fatti
facendo opportuni trattamenti per renderli magnetici.
I magneti si dividono ulteriormente in permanenti e temporanei . In generale viene fatta la seguente
caratterizzazione dei materiali:

Ferromagnetici, come il ferro e le sue leghe, sono buoni conduttori magnetici;

Diamagnetici, metalli e non metalli che si comportano in modo neutro (rame, alluminio);

Paramagnetici, materiali che hanno caratteristiche analoghe ai ferromagnetici ma in modo
meno spiccato.
Vediamo la struttura dei materiali para e ferromagnetici, nelle condizioni di normale e attraversati
da un campo magnetico esterno:
Paramagnetico
ferromagnetico
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Si nota come all’interno dei materiali paramagnetici le cariche magnetiche siano disposte senza
alcun ordine, mentre in quelli ferromagnetici si hanno delle zone parzialmente ordinate (domini di
Weiss) e quindi anche intuitivamente si spiega la loro tendenza a magnetizzarsi.
La carica magnetica non è come quella elettrica; se prendiamo un magnete, possiamo identificare
nello stesso due poli: NORD e SUD tra loro diversi. Si è visto che due poli uguali si respingono
mentre due poli diversi si attraggono:
N
S
N
S
N
S
S
N
Altra caratteristica è che dividendo un magnete si trovano due pezzetti di magnete con le rispettive
polarità:
N
N
S
N
S
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CAMPO MAGNETICO
E’ la regione dello spazio nel quale si manifestano o si rilevano fenomeni magnetici.
Per convenzione si è scelto che le linee di forza del campo sono uscenti dal polo nord ed entranti dal
polo sud:
N
S
ELETTROMAGNETISMO
Qualsiasi conduttore percorso da corrente crea attorno a se un campo magnetico.
In particolare Ampère scoprì che il nord veniva orientato a destra del verso della corrente:
I
+

-
Ad una corrente è sempre associato un campo magnetico che si stabilisce con il fluire della
corrente e scompare con l’estinguersi della medesima;

Le linee di forza del campo magnetico sono sempre concatenate con la corrente che le produce;

L’andamento delle linee di forza del campo magnetico dipende dalla geometria del circuito
elettrico. Per un conduttore rettilineo le linee di forza hanno forma circolare e sono dipsoste
concentricamente al conduttore.
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Data una spira:
I
I
Le linee di forza la attraversano nello stesso senso e si sviluppano in punti diametralmente opposti.
E’ lecito pensare la spira come un minuscolo magnete avente i suoi poli nelle due facce del piano in
cui giace la spira stessa. Per la determinazione delle polarità si ricorre alla regola di BURCH che
consiste nello scrivere entro la spira le lettere N o S con le loro punte rivolte verso il senso della
corrente; la lettera indica la polarità della faccia che si guarda:
SOLENOIDI
Supponiamo di disporre parecchie spire una accanto l’altra, tutte percorse da corrente nello stesso
senso, si nota un naturale spostamento delle spire in modo che il nord sia accanto al sud:
N
S
N
S
N
S
N
S
N
S
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Questo stesso risultato si ottiene avvolgendo più volte su se stesso il medesimo conduttore:
Si realizza così un solenoide o bobina.
I
La differenza principale rispetto ai magneti permanenti consiste nel fatto che le polarità di un
solenoide sono stabilite dal senso della corrente che lo percorre per cui, invertendo la corrente,
mutano anche le polarità.
Se all’interno del solenoide eccitato si pone un nucleo di ferro, quest’ultimo si magnetizza con
polarità corrispondenti a quelle del solenoide si ottiene così un magnete temporaneo che produce un
campo magnetico molto più intenso. Inoltre, per le caratteristiche del ferro, se esso lo si sposta al di
fuori del solenoide continua ad avere effetti magnetici con le polarità come se fosse all’interno.
FORZA MAGNETOMOTRICE
Consideriamo un solenoide in aria chiuso:
d
prende il nome di toro magnetico o
D
toroide
La forma data permette di confinare entro lo stesso tutte le linee di forza del campo magnetico che
può essere prodotto da una corrente iniettata nell’avvolgimento.
Si definisce tensione magnetica il prodotto della corrente I che passa nel conduttore per il numero di
spire N che costituiscono il solenoide:
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F= N * I
[Asp] = [Ampère * spire]
si può parlare anche in questo caso, in analogia ai circuiti elettrici, di ofrza magneto motrice
(f.m.m.) o caduta di tensione magnetica. E ancora, si può dire che agli estremi di un solenoide
percorso da corrente si ha una f.m.m.
Si definisce flusso magnetico (  )l’insieme delle linee di forza del campo. Il flusso che si stabilisce
nel circuito magnetico è l’effetto prodotto dalla f.m.m. ed è proporzionale a quest’ultima:
F = Rm * 
dove Rm individua la riluttanza magnetica.
La formula su scritta prende il nome di legge di Ohm magnetica o legge di Hopkinson.
L’unità di misura del flusso è il Weber (Wb).
f.e.m = R * I
f.m.m = Rm *
anche la riluttanza (come la resistenza) dipende dalle caratteristiche del materiale:
Rm =
l
*S
Rm può essere considerata come l’ostacolo che il circuito presenta allo stabilirsi del flusso.
 individua la permeabilità magnetica, è una grandezza che dipende dal materiale ed anche
all’interno dello stesso materiale non si mantiene costante perchè ha una stretta dipendenza con le
orientazioni delle cariche magnetiche. In via generale noi assumeremo che sia costante così da
avere anche la riluttanza costante.
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INDUZIONE MAGNETICA E INTENSITA’ DEL CAMPO MAGNETICO
Consideriamo il toroide di prima, prendendo un piccolo pezzettino e qualora il diametro del toro sia
molto più grande del diametro della sezione del toro: D>>d, possiamo pensare che le linee di forza
del campo siano uniformi all’interno dell’avvolgimento.
Definiamo, sotto queste condizioni due grandezze:
induzione magnetica B: è il flusso che taglia la superficie di una sezione unitaria disposta
perpendicolarmente alle linee di forza del campo magnetico:
B= 
[T=tesla] = [Wb]
S
[m]
B fornisce una misura del grado di addensamento delle linee di flusso, infatti mantenendo costante
, variando S, le linee di flusso sono più addensate se la sezione diminuisce (come in una bottiglia).
L’intensità del campo magnetico (H) esprime il rapporto tra la f.m.m. e la lunghezza del circuito:
H= F = N * I
l
l
notiamo nuovamente l’analogia con il caso elettrico, infatti il campo elettrico è definito con il
rapporto tra tensione e lunghezza del filo conduttore:
E=V
l
e quindi:
f.m.m.= H * l
f.e.m. = E * l
H è una grandezza che esprime lo stato di magnetizzazione dello spazio entro il quale si
manifestano le azioni magnetiche. In particoalre, riducendo il diametro del toroide (D), diminuisce
l, assumendo N ed I costanti, H aumenta.
21
Si nota che H non dipende dal materiale entro cui agisce.
Se consideriamo un conduttore rettilineo attraversato da corrente possiamo misurare il campo
magnetico come:
I
H=
I
2r
r
Cerchiamo ora una formula che crei un collegamento tra l’induzione magnetica che si crea a partire
dal campo magnetico, cioè una relazione tra B ed H:
B=
S
Ma F = Rm *  =
H=F
l
l
*
*S
H= l
* *1 = 1
*B*S=B
 *S
l
*S

e quindi :
B =  * H.
22
GENERALIZZAZIONE DELLE LEGGI
Consideriamo un solenoide aperto e attraversato da corrente:
S1
S2
S3
Si crea un campo magnetico le cui linee di forza sono disposte come indicato.
Sarà ancora:
F= N * I
Il flusso magnetico che si stabilisce è rappresentabile con linee di forza, ma il grado
d’addensamento è diverso nelle 3 superfici, in particolare sono più addensate all’interno del
solenoide che non fuori, dove è ancora :
B=
S
All’esterno, l’andamento delle linee di flusso rendono difficili i calcoli, infatti ogni sezione
individuata fornisce un valore di B (e quindi di H) diverso. Si nota inoltre che l’induzione è
individuata da un orientamento differente nello spazio per cui B è una grandezza vettoriale e di
conseguenza dovrà esserlo anche H.
Per semplicità ci si limita a considerare il campo all’interno del solenoide e se la lunghezza di
quest’ultimo è notevolmente più grande rispetto al diametro si può ammettere che le linee di forza
siano parallele e quindi vale ancora:
H= F = N * I
l
l
dove l rappresenta la lunghezza del solenoide.
23
CICLO DI ISTERESI
Abbiamo precedentemente accennato alla permeabilità magnetica;

[henry/metro]
esprime l’attitudine che possiede un certo materiale a lasciarsi attraversare dal flusso magnetico; i
corpi che hanno permeabilità elevata (ferromagnetici) si magnetizzano intensamente anche con
forze magnetiche ridotte.
La permeabilità delle sostanze diamagnetiche (e quindi anche quella dell’aria) è praticamente
coincidente a quella del vuoto:
o = 1.256 10^-6 H/m
quindi l’introduzione di tali sostanze entro un campo magnetico non ne modifica sostanzialmente le
caratteristiche.
Nei calcoli si farà sempre riferimento alla permeabilità assoluta:
 = o * r
dove r è la permeabilità relativa e o è quella nel vuoto.
Si è quindi supposto che la permeabilità relativa nell’aria dia unitaria:
r =1
A = o
Nei materiali paramagnetici e diamagnetici le cariche magnetiche risentono poco il campo esterno;
infatti poche cariche si orientano nel senso del campo per dar luogo a fenomeni magnetici. In
particolare nei materiali diamagnetici anche per valori di campo magnetico esterno elevati non si ha
una sostanziale modifica, mentre nei materiali paramagnetici avviene (per campo elevato) una
piccola magnetizzazione. Infine, nei ferromagnetici la magnetizzazione avviene invece in massa a
partire anche da piccoli valori di campo esterno.
In particolare all’aumentare del campo si arriverà ad un punto in cui quasi tutte le cariche
magnetiche sono orientate nel senso del campo; in particolare comincia quindi ad comportarsi come
paramagnetico poiché non ha quasi più cariche magnetiche da poter orientare e per quanto aumenti
il campo l’induzione cresce poco.
24
B
a
b
c
e
-Hc
Hc
H
d
Hc= forza coercitiva
Una volta raggiunta la saturazione, se proviamo a diminuire H, la curva non riassume i valori che si
eramo ottenuti nella fase di aumento, la nuova curva si mantiene al si sopra della precedente (si ha
una induzione maggiore).
Questo fenomeno si spiega pensando che durante la magnetizzazione tutte le cariche magnetiche si
sono dovute orientare secondo una certa direzione: diminuendo la corrente essi dovrebbero
riassumere le posizioni disordinate iniziali; per la presenza di un certo attrito essi faticano a
riprendere tale assetto e quindi il materiale risulta attraversato da un flusso superiore a quello che si
era ottenuto inizialmente.
Facendo assumere al campo magnetico valori negativi, si nota un andamento perfettamente
simmetrico del ciclo. Ripetendo le operazioni descritte si ottiene sempre lo stesso grafico.
Un ciclo di magnetizzazione rleva che le particelle magnetiche del materiale, devono prima
orientarsi in un senso e poi, quando la forza magnetica si inverte, in senso opposto. Questo non
avviene liberamente, ma è ostacolato dagli attriti che le cariche magnetiche incontrano, essendo
legati gli uni agli altri, per cui è lecito pensare che ciò dia luogo a perdite di energia con lo sviluppo
di calore. Il fenomeno è particolarmente vistoso se al solenoide è aèpplicata una corrente alternata
che cambia di polarità diverse volte al secondo facendo compiere rapidi cicli di magnetizzazione.
Queste perdite sono proporzionali all’area del ciclo di magnetizzazione .
25
COEFFICIENTE DI AUTOINDUZIONE O INDUTTANZA
Quando un conduttore è percorso da corrente, si trova sempre concatenato con un campo magnetico
che si stabilisce e si estingue insieme alla corrente stessa. Quindi ad ogni variazione di corrente,
anche nel circuito di cui fa parte il conduttore si manifesta una f.e.m. che rappresenta l’effetto di
induzione elettromagnetica.
Per valutare la f.e.m. indotta si fa ricorso ad un coefficiente L detto di autoinduzione o
INDUTTANZA che rappresenta la quantità di flusso che un circuito concatena con se stesso quando
è percorso da una corrente di un ampère:
L= 
I
[H=henry] = [ Wb]
[A]
Nell’ipotesi di variazione lineare della corrente si avrà corrispondentemente una variazione di flusso
concatenato  e nel circuito di manifesta una f.e.m. il cui valore è dato da:
calcoliamo  dalla formula di sopra:
f.e.m.= - 
t
 = L* I
ma a noi interessa la variazione di flusso, ed essendo L costante, la si può ottenere solo se c’è una
variazione di corrente:
 = L * I
f.e.m. = - L * I
t
se consideramo una bobina con N spire avvolte, il flusso totale considerato è:
da cui:
N*=L*I
L=N*
I
Volendo esprimere in termini di riluttanza, ricordiamo:
F=N*I
F = Rm * 
=F =N*I
Rm
Rm
E quindi:
L= N * N * I = N2
I
Rm
Rm
Questa espressione comprende solo grandezze fisiche proprie del circuito.
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COEFFICIENTE DI MUTUA INDUZIONE
Consideriamo un toro magnetico
I1
I2
N1
N2
A seconda della posizione reciproca si possono verificare tre casi di accoppiamento:

PERFETTO quando tutte le linee di flusso della bobina 1 vanno anche sulla bobina 2;

PARZIALE quando solo alcune delle linee di flusso della 1 interessano la seconda bobina;

NULLO quando nessuna linea della 1 andrà sulla 2; cioè, non c’è accoppiamento.
Nei primi due casi, ad ogni variazione dell’intensità di corrente nelle due bobine si crea una f.e.m.
indotta che è proprio la causa dell’accoppiamento.
In particolare, è possibile stabilire il grado di accoppiamento ricorrendo ad un coefficiente detto di
mutua induzione (Mij).
Se l’avvolgimento 1 è percorso dalla corrente I1, si creerà un flusso
12 = M12 * I1
che interesserà le N2 spire del secondo avvolgimento, per cui:
N2 * 12 = M12 * I1
E analogamente:
N1 * 21 = M21 * I2
Quindi, come nel caso dell’autoinduzione:
M12 = N2 * 12
I1
M21 = N1 * 21
I2
ed
Volendo esprimere i flussi in termini di riluttanza:
12 = f.m.m. = N1 * I1
Rm
Rm
da cui
M12 = N2 * N1 * I1 = N2 * N1
I1
Rm
Rm
21 = f.m.m. = N2 * I2
Rm
Rm
da cui
M21 = N1* N2 * I2 = N1 * N2
I2
Rm
Rm
e
Poiché N1, N2 ed Rm sono costanti ed identici sia per M12 che per M21, si deduce che M12 = M21.
In generale vale la relazione che Mij = Mji secondo il teorema di reciprocità.
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