“Prato, echi preziosi. Donatello, Lippi e capolavori del sacro” Dal 15 aprile al 15 settembre 2011 sarà aperta la mostra “Prato, echi preziosi. Donatello, Lippi e capolavori del sacro” allestita in due sedi, il Museo dell’Opera del Duomo e il Museo di Pittura Murale in San Domenico, e organizzata in collaborazione tra Diocesi, Comune e Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, col contributo della Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Firenze, Pistoia e Prato. L’esposizione presenta opere di arte sacra di notevole qualità recentemente restaurate: alcune appartenenti storicamente al patrimonio culturale pratese, altre frutto di coraggiose acquisizioni da parte di enti e istituzioni cittadine. Nel Museo dell’Opera del Duomo, di fianco alla Cattedrale, sarà presentato dopo l’accurato restauro condotto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze il capitello in bronzo, su disegno di Donatello e Michelozzo, che venne fuso nel 1433 da Maso di Bartolomeo e Michelozzo per porlo alla base dell’originale pulpito esterno della Cattedrale (1430-1438). L’opera, definita da Cristina Acidini “il più bel capitello del mondo”, mostra forme turgide e dinamiche; se la resa del rilievo richiama direttamente lo stile di Michelozzo, la brillante, fantasiosa invenzione di motivi che rielaborano liberamente spunti classici con inediti abbinamenti denuncia il disegno di Donatello. Il restauro, oltre a far riemergere la notevole finezza del modellato, ha riportato in vista parte della doratura a pennello che copriva il rilievo, prodigiosamente conservata malgrado la lunga esposizione all’aperto. Nella sede del Museo di Pittura Murale la mostra presenta altre importanti opere. La più antica è un imponente polittico dipinto da Mariotto di Nardo, uno dei protagonisti del tardogotico fiorentino, per la Cappella Serristori in San Francesco, a Figline Valdarno. L’opera, datata 1424, è stata recentemente acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato. Il polittico, ricca macchina d’altare disposta su più registri, mostra negli scomparti principali la Madonna in trono col Bambino, e angeli tra i Santi Giacomo e Giovanni Battista, Andrea e Bernardo, mentre nel registro superiore si dispongono l’Annunciazione e Cristo Redentore, nella predella Storie della vita di Cristo, e committenti. L’opera appartiene alla fase più matura dell’attività dell’artista che, partito da una formazione tardo trecentesca con ricordi orcagneschi e geriniani e influenzato poi dalle novità tardogotiche che si diffondono a Firenze agli inizi del Quattrocento, ritorna in questo dipinto all’originario equilibrio compositivo, a una sobrietà e solidità quasi arcaizzanti, vivacizzati però dal raffinato cromatismo e dall’eleganza della linea. Il recente restauro, eseguito da Daniele Piacenti, ha portato al recupero di ampi brani originali sotto i numerosi rifacimenti. Nella stessa mostra del Museo di Pittura Murale è inoltre presentato un prezioso, piccolo Crocifisso dipinto da Filippino Lippi, figlio pratese del celeberrimo Filippo e di Lucrezia Buti. L’opera, donata da Simon Guggenheim al Denver Art Museum e recentemente acquistata dal Comune di Prato in un’asta a New York, replica la parte centrale della Pala Valori (circa 1497-1500), commissionata per la chiesa di San Procolo a Firenze da Francesco Valori, il più influente seguace di Girolamo Savonarola (la parte centrale del dipinto, pervenuta nel 1821 al Museo di Berlino, andò distrutta nel 1945). Della Pala Valori, molto apprezzata a Firenze soprattutto tra i seguaci del Savonarola, fu varie volte replicata in piccolo formato, per la devozione privata, la figura del Crocifisso, isolata su un omogeneo fondale scuro. Il dipinto pratese, di esecuzione rapida ma efficace e di notevole qualità, è la migliore tra le versioni conosciute; attribuito a Filippino dal Briganti (1932), è stato recentemente confermato all’artista dal Nelson. Infine completa la mostra nel museo di Pittura Murale l’importante e rarissimo complesso di venti stendardi dipinti su seta, attribuiti a Gregorio Pagani, pittore tra i maggiori attivi a Firenze sullo scorcio del Cinquecento, allievo di Santi di Tito (dal quale riprese lo stile ispirato alla chiarezza e al decoro). Gli stendardi dipinti, cosiddetti “setini” erano un tempo piuttosto frequenti, e Prato vanta una lunga tradizione in questo settore, ma solo in rari casi sono giunti fino a noi, per la fragilità del supporto e per l’uso. La serie qui esposta fu commissionata intorno al 1595 per la chiesa benedettina di San Michele dalla famiglia pratese dei Rocchi, come apparato decorativo in occasione di particolari festività. Dopo il trasferimento del monastero di clausura in San Clemente, a metà Ottocento, i “setini” continuarono a essere esposti nella nuova chiesa finché, per le condizioni precarie, è stato necessario sottoporli a un impegnativo, difficile restauro (finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Cultura e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, ed eseguito da Lucia Biondi e Lucia Nucci). Gli stendardi, dipinti a tempera su seta bianca (con sottostante balza rossa ornata del cartiglio col nome del santo), raffigurano la Visitazione, la Pietà, e diciotto santi – i fondatori di ordini religiosi sotto la regola benedettina e quelli più venerati nel monastero pratese. Nelle imponenti figure che, delineate da un segno sottile, si stagliano sull’omogeneo fondo oro creando un insieme di grande effetto, si evidenzia una raffinata ricerca per introdurre elementi di varietà nell’uniforme serie di santi, con attenti studi per le mani, rese con grande sensibilità, e vivaci brani cromatici che suggeriscono la consistenza delle stoffe e degli ornamenti. Claudio Cerretelli