NEUROLOGIA PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI LA DIAGNOSI DI MALATTIA DI MÉNIÈRE MEDIANTE RISONANZA MAGNETICA CON CONTRASTO MEDIANTE INFILTRAZIONE DI GADOBUTROLO PER VIA INTRATIMPANICA: VALORE DELLA METODICA Giampiero Neri, Antonella Centonze, Bruno Di Vincenzo, Andrea Scordella, Salentino Salice, Armando Tartaro IPO-ANACUSIA DA SORDITÀ IMPROVVISA IDIOPATICA MONOLATERALE IN UNA GRAVIDANZA GEMELLARE FIVET: CASO CLINICO E NUOVE IPOTESI PATOGENICHE Fulvio Mammarella, Francesca Cianfrone, Claudio Maria Pianura, Gianluca Bellocchi Review dalla Letteratura IL RUOLO DELLA BETAISTINA NEL TRATTAMENTO DELLA VERTIGINE E DEL COMPENSO VESTIBOLARE Introduzione a cura di Giorgio Guidetti Focus on RISCHIO VASCOLARE NELLA POPOLAZIONE CON VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE (VPP) Settembre 2014 OTO 45 45 SOMMARIO OTO NEUROLOGIA PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI La diagnosi di malattia di Ménière mediante risonanza magnetica con contrasto mediante infiltrazione di gadobutrolo per via intratimpanica: valore della metodica 2 G. Neri, A. Centonze, B. Di Vincenzo, A. Scordella, S. Salice, A. Tartaro Ipo-Anacusia da sordità improvvisa idiopatica monolaterale in una gravidanza gemellare FIVET: caso clinico e nuove ipotesi patogeniche 8 F. Mammarella, F. Cianfrone, C. M. Pianura, G. Bellocchi Aggiornamento periodico: OTONEUROLOGIA Settembre 2014 / n.45 Review dalla Letteratura Il ruolo della betaistina nel trattamento della vertigine e del compenso vestibolare 14 (Tratto da: Lacour M. Betahistine treatment in managing vertigo and improving vestibular compensation: Clarification. Journal of Vestibular Research 2013; 23:139-151). Introduzione a cura di Giorgio Guidetti Coordinamento Scientifico: Giorgio Guidetti Responsabile del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare Azienda USL di Modena, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO) e-mail: [email protected] Augusto Pietro Casani Professore Associato Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e di Area Critica Università di Pisa e-mail: [email protected] Marco Manfrin Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Università di Pavia e-mail: [email protected] Aldo Messina Responsabile Ambulatorio Otoneurologia della Cattedra di Audiologia, Azienda Universitaria Policlinico P. Giaccone di Palermo email: [email protected] ISSN 2039-5590 Mediserve Editoria & Formazione © 1999-2014 MEDISERVE S.r.l Milano - Napoli Focus on Rischio vascolare nella popolazione con Vertigine Parossistica Posizionale (VPP) 25 La diagnosi di malattia di Ménière mediante risonanza magnetica con contrasto mediante infiltrazione di gadobutrolo per via intratimpanica: valore della metodica Giampiero Neri*, Antonella Centonze, Bruno Di Vincenzo, Andrea Scordella, Salentino Salice, Armando Tartaro Dipartimento di Neuroscienze Imaging e Scienze Cliniche Università degli Studi Gabriele d’Annunzio di Chieti- Pescara *Professore Aggregato A bstract L’esame del labirinto con la RM 3T con gadolinio intratimpanico è la nuova metodica radiologica in grado di valutare l’idrope nel vivente. Molti dubbi sono emersi in questi ultimi anni sull’opportunità di inserire la metodica nella flow-chart diagnostica della malattia di Ménière (MdM) ed ancora non tutto è stato chiarito. Tuttavia le possibilità della RM si stanno dimostrando più ampie di quelle che era possibile pensare all’inizio, non solo in quanto viene superata pertanto l’ormai datata classificazione dell’AAO-HNS senza produrre danni cocleari o di stabilità statica, ma anche in quanto consente di osservare, in maniera più analitica, le alterazioni idropiche delle diverse sezioni labirintiche permettendo di confrontare i dati strumentali ed elettrofisiologici con i dati anatomici. Riportiamo l’esperienza della nostra Clinica su 18 pazienti volontari adulti affetti da MdM definita e sottoposti a RM 3 Tesla con mezzo di contrasto (gadobutrolo) intratimpanico. I ntroduzione La malattia di Ménière (MdM), com’è noto, è una patologia cronica idiopatica dell’orecchio interno, caratterizzata sintomatologicamente da ipoacusia neurosensoriale fluttuante, pienezza auricolare, acufeni e ricorrenti episodi di vertigine rotatoria (1). Nel 1938 Hallpike e Cairns (2,3), dai risultati degli esperimenti effettuati su campioni autoptici di ossa temporali di pazienti con MdM, conclusero che l’idrope endolinfatica fosse la causa anatomica della malattia. Da allora in letteratura sono stati indicati numerosi fattori come determinanti nello sviluppo dell’idrope, quali eccessiva produzione dell’endolinfa o il suo ridotto riassorbimento dal sacco endolinfatico, alterazioni ioniche, mutazioni geniche, disequilibrio autonomico, reazioni autoimmuni, alterazioni vascolari, allergiche ed infezioni virali (4-7). Successivamente, tuttavia, ed in tempi successivi, Rauch e Merchant (8,9), riscontrando la presenza di idrope anche in pazienti asintomatici, hanno rimesso in discussione il suo ruolo nella patogenesi della malattia, concludendo che l’idrope non è la causa della MdM, ma solo il suo marker istologico. Ulteriori incertezze diagnostiche della MdM sono fornite dalla sua stessa triade sintomatologica classica, presente anche in altre patologie dell’orecchio interno come la S. di Minor, la S. dell’acquedotto largo, l’insufficienza vertebro-basilare la cui diagnosi differenziale rimane pertanto problematica. Le ultime linee guida diagnostiche, proposte dall’AAO-HNS nel lontano 1995 (Tabella 1), considerano che il criterio diagnostico di 2 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 certezza della MdM è il riscontro istopatologico di idrope endolinfatica che ovviamente non può essere determinato se non post-mortem. Pertanto, a causa della difficoltà della diagnosi non supportata da test strumentali o segni clinici univoci, negli ultimi anni l’attenzione della ricerca si è focalizzata sulla ricerca di un esame strumentale in grado di poter rendere visibile l’idrope nel vivente. Nel 2007 un gruppo diretto da Nakashima (10), per primo ha sottoposto pazienti affetti da MdM, sordità improvvisa ed ipoacusia neurosensoriale fluttuante a tre scansioni RM a 3 Tesla effettuate 2h, 24h e 6 giorni dopo l’iniezione intratimpanica di GB. Con questa metodica, ben descritta ed ormai standardizzata, il contrasto diffonde, attraverso la finestra rotonda, dalla cavità del timpano nello spazio perilinfatico, che si presenta iperintenso, e permette di osservare il labirinto ripieno di endolinfa, che al contrario è ipointenso. Tanto più il labirinto membranoso sarà dilatato dall’idrope tanto più sottile risulterà la stria di gadolinio, a causa della compressione dell’endolinfa sulla perilinfa. Da questa esperienza gli autori hanno osservato che la latenza ottimale per la visualizzazione del gadolinio nell’orecchio interno è a 24 ore dall’infiltrazione in quanto esso diffonde dapprima nella scala tympani del giro basale della coclea e nello spazio perilinfatico del vestibolo e dopo 24 ore apparirà in tutte le restanti parti dell’orecchio interno (11) fino a scomparire 6 giorni dopo la sua iniezione (10). Altre metodiche proposte in letteratura sono state quella dello stesso Metodiche per diagnosi di MdM Nakashima che, utilizzando una concentrazione doppia del mezzo di contrasto somministrata per via endovenosa, ha potuto visualizzare l’idrope alla RM 3T dopo sole 4 ore (12) oppure quella di Liu (13), che con un’altra metodica apparentemente meno invasiva, ha somministrato il contrasto negli spazi endotimpanici attraverso la tuba uditiva previa sua incannulazione, tuttavia la tecnica transtimpanica risulta più semplice della tecnica di Liu, meno rischiosa e più efficace (14) rispetto alla somministrazione di dosi eccessive di GB per via intravenosa. La metodica contrastografica transtimpanica, che secondo alcuni potrebbe diventare essenziale per la diagnosi di MdM Certa (9), a detta degli autori è priva di effetti collaterali a breve e lungo termine (10,15) e Louza nel 2012 (16) in base ad esami audiometrici effettuati prima e dopo l’iniezione intratimpanica non ha rinvenuto alcun peggioramento uditivo. Analogamente però a quanto accade nel trattamento con gentamicina, la diffusione del GB nell’orecchio interno non è possibile nei pazienti con alterazioni dell’orecchio medio quali granulazione della finestra rotonda (10) e con perforazione della membrana timpanica (17). In molti lavori sono stati correlati esami strumentali utilizzati nella pratica clinica della MdM con i risultati RM, dimostrando che l’ECoG risulta uno degli esami più affidabili per evidenziare l’idrope cocleare (14,17) e che non sempre i risultati degli esami strumentali possono essere confermati da quelli RM (18,19). 1. Vertigine spontanea ricorrente ed episodica. Periodo definito di vertigine che dura almeno 20 minuti, spesso prostrante, accompagnato da disequilibrio che può durare parecchi giorni; solitamente nausea o vomito, o entrambi; nessuna perdita di coscienza. È sempre presente nistagmo rotatorio orizzontale. 2. Perdita d’udito (non necessariamente fluttuante). 3. Pienezza auricolare o acufene, o entrambi. Malattia di Ménière Certa Malattia definita con conferma istopatologica Malattia di Ménière Definita Due o più episodi di vertigine con perdita d’udito, più acufene, pienezza auricolare, o entrambe Malattia di Ménière Probabile Solo un episodio definito di vertigine e altri sintomi e segni Malattia di Ménière Possibile Vertigine definita con nessuna perdita d’udito associata o perdita d’udito con disequilibrio non definito Tabella 1. Criteri diagnostici della Malattia di Ménière dell’AAO-HNS del 1995 (The American Academy of Otolaryngology – Head and Neck Surgery criteria for diagnosis of Ménière’s disease, 1995). M ateriali e Metodi Nel periodo 2012-2013 nella Clinica ORL dell’Università di ChietiPescara, in collaborazione con l’Associazione Italiana Malati di Ménière, sono stati valutati 18 pazienti adulti volontari (10 femmine e 8 maschi) di età compresa tra 38 e 78 anni (valore medio 52,83) anni affetti da MdM definita secondo i criteri AAO-HNS. Lo studio clinico è stato eseguito presso l’ospedale Clinicizzato SS. Annunziata di Chieti e tutti i pazienti hanno firmato un consenso informato. Sono stati esclusi dallo studio pazienti precedentemente sottoposti ad interventi chirurgici sull’orecchio, a trattamento intratimpanico con gentamicina e pazienti a cui l’RM risulta controindicata. Nessun paziente incluso nello studio era in una fase acuta di malattia. Tutti i pazienti, prima dell’infiltrazione di GB, sono stati sottoposti a: RM di controllo, C-Vemps, EchoG, OEA, prove vestibolari spontanee posizionali con registrazione video, VideoHIT. Qualche ora prima e dopo circa 20-24 ore dall’iniezione intratimpanica del mezzo di contrasto, tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione stabilometrica su pedana baropodometrica (Phisionorm NBP Computerized Posturographic System). Le misurazioni stabilometriche sono state eseguite mantenendo la posizione eretta sulla piattaforma per 52 sec ad occhi aperti o ad occhi chiusi e utilizzando un cuscino in gommapiuma tra piedi e pedana, in grado di perturbare l’informazione somatosensoriale e propriocettiva.Tra una misurazione e l’altra vi è stato un intervallo di 30 secondi. Iniezione intratimpanica di Gadobutrolo L’iniezione è stata effettuata sull’orecchio malato, dopo somministrazione di anestetico locale (lidocaina cloridrato) per contatto. Il paziente è stato posizionato supino, con la testa rispetto la linea mediana del corpo, ruotata di 30° verso il lato dell’orecchio sano. Il GB è stato iniettato attraverso il quadrante postero-inferiore della membrana timpanica, fino al riversarsi del mezzo di contrasto nel condotto uditivo esterno, risultando un volume iniettato totale di circa 0.4/0.5 ml. La procedura prevede l’uso di una siringa da 1 ml con ago da 23 G e la diluizione di 1 cc di Gadobutrolo in 7cc di sostanza fisiologica, con rapporto 1:7. Dopo l’iniezione, il paziente è rimasto in posizione supina e con la testa rivolta di 45° verso il lato sano per circa 30 minuti. L’esame radiologico è stato eseguito con RM 3 Tesla prima e 24 ore dopo l’infiltrazione transtimpanica di contrasto con tecnica FLAIR 3D e TSE T2 pesato 3D, utilizzando il grading di Nakashima (11) che si basa sul rapporto Vol. FLAIR/T2 (G) da 0 a 1 e si esprime in 3 gradi di gravità (Figura 1, Tabella 2). GRADO G VALUTAZIONE 0 0 – 0,33 No idrope 1 0,33 – 0,66 Idrope grado medio 2 0,66 – 1. Idrope severa Tabella 2. Grading della visualizzazione dell’idrope rappresentata dal rapporto (G) tra i volumi di mezzo di contrasto nelle sequenze Flair 3D e TSE e T2. OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 3 Neri G, Centonze A, Di Vincenzo B, Scordella A, Salice S, Tartaro A. R isultati 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 * St.Kin. OE Pre St.Kin. OE Post St.Kin. CE Pre St.Kin. CE Post Figura 1. Le colonne a sinistra mostrano una assoluta uguaglianza dello statochinesigramma a occhi aperti e con tappeto propriocettivo prima e dopo la somministrazione di gadolinio intratimpanico. A destra le colonne mostrano una significativa riduzione delle oscillazioni ad occhi chiusi e con tappeto propriocettivo dopo infiltrazione di gadolinio *(p <0.05). Paziente Sesso Lato 1 M Sn 2 F Sn 3 M Dx 4 F Sn Coclea Vestibolo C.S.A. C.S.P. 2 X X X X 5 M Sn 6 M Sn X 2 7 F Sn X 2 8 F Dx X 1 9 F Dx X 2 10 F Dx 2 11 F Dx X 2 12 M Sn X 2 13 F Sn 14 F Dx X 2 15 F Sn X 2 X 2 16 M Dx 17 F Sn 18 M Dx 7M/11F 8Dx/10Sn Dopo l’iniezione di GB non è stata osservata alcuna reazione avversa. Quattordici pazienti su 18 (78%) hanno avuto una risposta positiva al GB con diffusione del mezzo di contrasto nella perilinfa, mentre in 4 soggetti (22%), in cui si è osservata una mancata visualizzazione alla risonanza dopo 24 ore, sono stati esclusi dallo studio. I C-VEMPS erano assenti in 7 pazienti, di ampiezza ridotta in 5 soggetti e normali in 2 casi, mentre nell’EChoG la SP/AP ratio era superiore al 33% in 12 casi su 14. Le otoemissioni erano assenti in 12 casi e presenti in 2 soggetti. Le prove vestibolari spontanee e posizionali hanno evidenziato la coesistenza di una vertigine parossistica posizionale in 8 soggetti (Tabella 3). In 3 casi era coinvolto il CSL mentre in 5 casi il CSP. In 2 soggetti tale patologia era precedente ed in 6 casi successiva all’insorgenza della MdM. L’HIT del CSL era positiva omolateralmente all’orecchio malato in 12 casi, in 3 dei quali era presente bilateralmente, e normale in 1 soggetto. L’esame stabilometrico ha evidenziato variazioni significative tra i valori delle medie dello statochinesigramma ad occhi chiusi (t=3,033; p <0,05) con una riduzione della media della lunghezza del gomitolo tra prima e dopo somministrazione di GB. C.S.L. VPPB X X X X X X X X X X X X X X X X X X X 6 (30%) 8 (44%) X X X 2 1 X X 2 10 (71%) * 6 (30%) 8 (44%) Tabella 3. Presenza di idrope, secondo il grading di Nakashima (2009), della zona cocleare, della zona vestibolare e dei singoli canali semicircolari. La colonna VPPB rappresenta per ogni singolo paziente la comorbilità con la vertigine parossisitica. 4 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Metodiche per diagnosi di MdM D iscussioni e Conclusioni Da quanto abbiamo potuto osservare nella nostra esperienza l’iniezione intratimpanica di GB e la successiva l’RM 3T, è sicuramente il più rivoluzionario metodo di utilizzo del mezzo di contrasto, in quanto in grado di visualizzare l’idrope endolinfatica nei malati di Ménière. Una volta rilasciato nella cassa timpanica, attraverso la finestra rotonda, il contrasto diffonde nello spazio perilinfatico cocleare e da qui in 24 ore nel vestibolo posteriore e nei canali semicircolari. L’RM 3T con GB intratimpanico ci permette così di poter accertare non solo la sicura presenza di idrope cocleare, ma anche la possibile estensione idropica delle restanti parti del vestibolo posteriore (Figura 2). Nella nostra esperienza infatti tutti i pazienti hanno mostrato nel lato studiato, la presenza di idrope nel labirinto posteriore (zona utricolo-sacculare), mentre l’idrope cocleare è stata osservata solo in 9 pazienti (Tabella 3), segno che la sintomatologia vertiginosa può in alcuni casi essere disgiunta dal danno cocleare che spesso appare parcellare e localizzato. Anche la localizzazione dell’idrope a carico dei canali semicircolari (CCSS) è ben visualizzata dalla metodica. In molti casi infatti i CCSS, che vengono ben visualizzati alla RM senza mezzo di contrasto, dopo infiltrazione con gadobutrolo non vengono illuminati dal mezzo di contrasto e tale osservazione riguarda a seconda dei pazienti uno, due o tutti e tre i CCSS contemporaneamente; inoltre la presenza di anomalie a carico dei canali (Figura 1) sembrerebbe essere associata alla presenza della VPPB, la quale pertanto potrebbe essere associata alla MdM proprio per la progressiva dilatazione dei canali (Tabella 3). La diffusione del mezzo di contrasto, tuttavia, che in letteratura risulta assente almeno nel 20% dei casi (18), anche nella nostra esperienza non è stata possibile in 4 pazienti su 18 (22%) probabilmente per alterazioni della finestra rotonda conseguenti a patologie dell’orecchio medio non emerse all’anamnesi ed agli esami audiologici. In letteratura finora non sono state riportate reazioni avverse alla metodica (16), sebbene studi su animali abbiano evidenziato effetti nell’orecchio interno in caso di somministrazioni per via generale di gadolinio non diluito (6) o di Omniscan (Gadodiamide) a diluizione 8-fold (20). Dal 2007 in poi sono stati effettuati numerosi studi su pazienti affetti da MdM, ma pochi hanno focalizzato l’attenzione sui possibili effetti collaterali e tra essi un risultato interessante è stato quello riportato da Louza (16-21) che non ha evidenziato danni cocleari conseguenti all’infiltrazione. Nella nostra esperienza anche la funzione vestibolare, valutata mediante stabilometria, non solo non peggiora, ma addirittura migliora dopo l’iniezione intratimpanica. Tale risultato, sicuramente non legato al principio attivo somministrato, potrebbe essere collegato alle modificazioni pressorie dell’orecchio medio indotte dalla massa di fluido iniettato che, esercitando una micropressione sulla finestra ovale, modifica la dinamiche interne al labirinto come già descritto nella terapia con Meniett da Odqvist e Gates (22,23). Un’ultima osservazione emersa dall’analisi dell’imaging riguarda la diffusione del mezzo di contrasto nel condotto uditivo interno (Figu- ra 2). Il CUI è foderato di dura madre e aracnoide ed è perforato sul fondo, dal fascio vascolo-nervoso che comprende il VII e l’VIII nervo cranico e pertanto nel CUI esiste una naturale comunicazione tra LCS e perilinfa cocleare limitata dalla sottile lamina ossea che contorna l’VIII ed il VII n.c. ben descritta da Naganawa (24) e Kawai (25). Le procedure di studio della perilinfa inoltre prevedono che essa debba essere depurata dal LCS che spesso la contamina (27) e che è separata, per mezzo del modiolo, dall’organo del Corti solo nel giro basale e intermedio della coclea (26), mentre nella porzione più apicale ne viene a contatto diretto. Questi dati porterebbero a concludere che anche modificazioni pressorie del LCR potrebbero interferire con le micropressioni cocleo-vestibolari sia nel caso di un aumento pressorio, come in caso di Gusher durante una stapedotomia o una cocleostomia a causa di un collegamento tra perilinfa e CUI visibile all’RX (28), oppure di una sua diminuzione che determina una bassa pressione perilinfatica con relativa idrope endolinfatica (29,30), come nei pazienti sottoposti a shunt ventricolo peritoneale in cui le otoemissioni variano a causa di una “vacuum” dell’orecchio interno (31). In definitiva, in base alla nostra esperienza è possibile affermare che la tecnica di visualizzazione dell’idrope endolinfatica mediante RM 3T preceduta dalla somministrazione endotimpanica di Gadobutrolo, non solo permette realmente di effettuare con certezza la diagnosi di MdM, superando pertanto l’ormai datata classificazione dell’AAOHNS e senza produrre danni cocleari o di stabilità statica, ma consente inoltre di osservare, in maniera più analitica, le alterazioni idropiche delle diverse sezioni labirintiche permettendo di confrontare i dati strumentali ed elettrofisiologici con i dati anatomici. Questo fatto, impossibile in passato, apre nuovi orizzonti non solo diagnostici ma anche fisiopatologici e terapeutici, in quanto capace di far emergere dati nuovi, come il ruolo della perilinfa e del liquido cefalo-rachidiano nel possibile determinismo della malattia o il suo rapporto con la VPPB e garantire, in tutta sicurezza, un monitoraggio nel tempo sia dell’evoluzione della MdM che dell’efficacia della sua terapia. OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 5 Neri G, Centonze A, Di Vincenzo B, Scordella A, Salice S, Tartaro A. Figura 2. A) RM T2 senza mezzo di contrasto. Si osserva la normale diffusione dei liquidi (endolinfa, perilinfa e Liquido cerebrospinale. B) RM 3 Tesla FLAIR 3D e TSE T2 pesato 3D dopo 24h dall’infiltrazione intratimpanica di Gadobutrolo. Si osserva l’assenza di perilinfa a carico di alcune aree della coclea, l’assenza totale dei canali semicircolari e di parte del vestibolo. Presenza di abbondante mezzo di contrasto nel fondo del meato acustico interno. B ibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 6 Sajjadi H, Paparella MM. Menière’s disease. Lancet 2008; 372:406-14. Yamakama K. Uber die pathologisch Veranderungbeieinem Ménière-Kranker. J Otorhinolaryngol Soc Jpn 1938; 4:2310-12. Hallpike CS, Cairns H. Observations on the pathology of Ménière’s syndrome. J Laryngol Otol 1938; 53:625-55. Kiang NYS. “An auditory physiologist’s view of Ménière’s syndrome”. In: Nadol JB Jr, ed. Second International Symposium on Ménière’s disease. Kugler&Ghedini, Amsterdam, 1989; 13-24. Schuknecht HF. Pathology of the Ear. 2nd ed, Lea &Ferbiger, Philadelphia, 1993. Merchant SN, Rauch SD, Nadol JB. Ménière’s disease. Eur Arch Otorhinolaryngol 1995; 252:63-75. Nadol JB. “Pathogenesis of Ménière’s syndrome”. In: Harris JP, ed. Ménière’s Disease. Kugler Publications, The Hague, The Netherlands, 1999; 73-9. Rauch SD, Merchant SN, Thedinger BA. Ménière’s syndrome and endolymphatic hydrops. 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Giampiero Neri Professore Aggregato - Dipartimento di Neuroscienze Imaging e Scienze Cliniche Università degli Studi Gabriele d’Annunzio di Chieti- Pescara e-mail: [email protected] OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 7 Ipo-Anacusia da sordità improvvisa idiopatica monolaterale in una gravidanza gemellare FIVET: caso clinico e nuove ipotesi patogeniche Fulvio Mammarella, Francesca Cianfrone, Claudio Maria Pianura, Gianluca Bellocchi U.O.C. Otorinolaringoiatria, Servizio di Audiologia Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma A bstract L’ipoacusia improvvisa idiopatica (III) è una patologia ancora priva di evidenze ed obiettività scientifiche: partendo dalla definizione fino alla scelta terapeutica non vi sono concordanze condivise trasversalmente a livello internazionale. L’insorgenza di III in corso di gravidanza è un evenienza rara. Presentiamo un caso di anacusia acuta monolaterale in una donna di 36 anni alla XXIV settimana di gravidanza gemellare FIVET. Nel 1860 Bing descrisse per primo in letteratura il caso di un’ipoacusia improvvisa secondaria a parotite. Fu Politzer nel 1884 a riferire il primo caso di ipoacusia improvvisa ad eziologia sconosciuta, ma bisognò aspettare quasi un secolo per la prima definizione di III frutto del francese Debain (era il 1957). Attualmente la definizione di III non è condivisa a livello internazionale: perdita in decibel, numero di frequenza coinvolte e tempo di insorgenza sono parametri senza oggettiva concordanza. L’unità di audiologia dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini identifica come III una perdita uditiva neurosensoriale maggiore di 30 db su almeno tre frequenze contigue insorta entro 24 ore a causa non identificabile non recidivante. Le modificazioni fisiologiche indotte dallo stato di gravidanza sono ritenute responsabili di alterazioni ematico-vascolari potenzialmente responsabili di trombosi o ipoafflusso cocleare. Descriviamo di seguito un raro caso di anacusia monolaterale insorto durante una gravidanza gemellare in paziente sottoposta a precedenti 5 FIVET. C aso clinico Una donna di 36 anni primipara si recava presso il DEA dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini per ipoacusia monolaterale destra insorta improvvisamente a riposo la sera precedente. L’ipoacusia era associata a sensazione di ovattamento auricolare ed acufeni in assenza di sintomi vestibolari. All’esame ORL obiettività nella norma, Weber lateralizzato a sinistra ed impossibilità ad eseguire test di Rinne e Bing a destra. Inviata presso l’unità di audiologia il giorno successivo effettuava esame audiometrico tonale che mostrava anacusia destra (con minima percezione della vibrazione da cuffia per le frequenze centrali ad intensità di stimolazione vicine a 110 db HL) (Figura 1), timpanogramma tipo A bilaterale, RCS con pattern diagonale destro e normoacusia sinistra. Ulteriori accertamenti elettrofisiologici evidenziavano echi cocleari (T.E.O.A.E. refer e D.P.O.A.E. assenti come da lesione cocleare) (Figure 2,3) refer a destra, tracciato A.B.R. destrutturato con assenza di onda V identificabile e assenza di patologie vestibolari concomitanti -10 -10 0 0 < 10 20 Perdita in dB HTL I ntroduzione x 30 < x < x < x 10 x 20 30 40 40 50 50 60 60 70 70 80 80 90 90 100 100 110 110 120 Frequenze in Hz 175 200 400 750 1000 1500 2000 3000 4000 6000 11000 8000 120 Figura 1. Esami audiometrici. -10 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 in dB HTL 8 x < x -10 0 0 10 10 20 20 30 30 40 40 50 50 Ipoanacusia da sordità TEL80SCR Durata esame Media accettata Media rigettata Correlazione Fase Screening: I, Lato: Dx, Pass: No Destra 47 s 1,50 2,00 [ms] 250 72 37% Frequenza [Hz] 1,30 0,50 1008 15,0 10,0 0 S/R [dB] 1000 0 2000 0 3000 0 4000 0 5000 0 5,00 -250 [mPs] 10 20 30 40 50 60 70 80 90 [%] 3,00 4,00 5,00 400 Click + Durata: 80 µs Click +: 24 Click -: 0 Intensità: 80 dB 300 Segnale 0 Max: 20 dB Min: -10 dB -100 Max: 30 dB Min S/R: 6 dB 3 KHz 0 dB 4 KHz 0 dB 5 KHz 0 dB -5,0 -10,0 -20,0 -25,0 [dB] Screening: Si Calibrazione: Si Rumore 2 KHz 0 dB -15,0 Correlazione: 37% Parametri Stimolo 1 KHz 0 dB 0,0 6,00 7,00 8,00 9,00 10,00 11,00 [ms] 200 100 -200 -300 -400 [Pz] Acquisizione Durata: 10 min Medie 1000 HPF: 200 Hz Analisi Inizio: 6 ms Durata: 6 ms Correlazione Min: 75% Figura 2. Echi cocleari transienti. (assenza di ny spontaneo e rivelato, stimolazione termica senza prevalenza di lato). Ricoverata in reparto si raccoglieva un’accurata anamnesi: primipara sottoposta a precedenti 5 FIVET (Fertilizzazione In Vitro con Embryo Transfer) con stimolazione ormonale senza impianti attualmente in gravidanza gemellare sempre con procedura FIVET, ma senza stimolazione. Iniziale attecchimento di tre ovuli uno dei quali abortito spontaneamente alla XI settimana. Attualmente in terapia con metilprednisolone 25 mg ½ cpr, levotiroxina 75 mg cpr due volte a settimana e 50 mg i restanti 5 giorni, acido folico cpr 400 mcg, integratore multivitaminico e multiminerale, solfato ferroso, cardioaspirina 100 mg, 17 alfa idrossiprogesterone caproato 1 fl a settimana da due mesi in sostituzione del progesterone, farmaci sintomatici per reflusso gastrico al bisogno. Gentilizio negativo per patologie cardiovascolari, sindromi genetiche con ereditarietà, infezioni virali recenti, traumi acustici o cranici, interventi chirurgici, uso di droghe, viaggi, allergie a farmaci, inalanti o alimenti. Da segnalare ripetuti episodi accessuali di tosse su base irritativa (riferita bronchite circa 20 giorni prima). Gli esami ematici, eseguiti al ricovero, mostravano le seguenti anomalie (Tabella 1): OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 9 Mammarella F, Cianfrone F, Pianura CM, Bellocchi G. DP6555CLI Durata esame Media accettata Media rigettata F1 F2 Lato: Dx 17 s Destra 8 1000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 30.0 0 FDp 2000 s R SR Pass 850 1020 680 15 23 -13 No 1700 2040 1360 20 16 4 No 2500 3000 2000 11 17 -6 No 3400 4030 2700 9 9 0 No 4300 5040 3300 3 10 -7 No 9000 [Hz] 2000 Hz 20.0 1020 Hz 10.0 3000 Hz 4080 Hz 5040 Hz 0.0 -10.0 -20.0 [dB] Parametri Screening: No Calibrazione: No 25.0 20.0 Intensità 15.0 L1: 65 dB L2: 65 dB 10.0 5.0 Frequenza 0.0 F2/F1: 1.26 F0p: 2F1 - F2 -5.0 Segnale -15.0 Max: -10 dB Min: 20 dB -20.0 2040 Hz -13 dB -8 dB 4 dB 3000 Hz -10.0 4080 Hz 0 dB -7 dB 5040 Hz 1020 Hz -30.0 [dB] Rumore Max: -80 dB Min S/R: 6 dB DP Max: -8 dB Min Punt: 2 Acquisizione Medie: a HFF: 800 Hz Figura 3. Echi cocleari prodotti di distorsione. 10,75 leucociti/uL (range 4,010,0) 16,7% linfociti (20-45) 0,4 creatinina mg/dL (range 0,5-11) 270 mg/dL trigliceridi (range 50-175) 229 mg/dL colesterolo totale (<220 desiderabile) 459 mg/dL fibrinogeno (range 150-450) 14,8% alfa 2 (range 7,1-11,1) 77,7% neurtofili (range 40-75) urea 11 md/dL (range 20-50) 417 U/L LDH (range 210-400) 39 mcg /dl sideremia (range 50-170) 4,1 microm/l omocisteina (range 4,3-11) 6,4% alfa 1 (range 2,9-4,9) 8,3% beta 1 (range 4,7-7.2) Tabella 1. Esami ematici. 10 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Previa consulenza con lo specialista ginecologo si concordava terapia infiltrativa transmiringica a base di metilprednisone sodio succinato iniziata in prima giornata, previa anestesia locale, per controindicazioni all’uso sistemico di cortisonici e riposo assoluto per 3 giorni. La terapia si ripeteva per un totale di 4 infiltrazioni nei successivi 7 giorni. L’esame audiometrico tonale eseguito ogni 24 ore mostrava dal secondo giorno recupero graduale della soglia entro gli 85 db per le frequenze centrali con negatività dello STAT e positività al SISI test (80% di incrementi) (Figura 4). Un ulteriore esame A.B.R. eseguito a sette giorni dal primo mostrava comparsa di un tracciato sincronizzato con identificazione di un’onda V a latenza ritardata. 90 90 90 100 100 100 110 110 110 120 120 120 175 200 400 750 1000 1500 2000 3000 4000 6000 11000 8000 100 Ipoanacusia da sordità 110 Frequenze in Hz 175 Perdita in dB HTL Dalla IX giornata in poi il recupero, minimo ma costante nei giorni precedenti, si bloccava con nuova caduta della soglia (Figura 5). -10 Veniva pertanto sottoposta a timpanotomia esplorativa in-10anestesia 0 0 locale negativa per fistola liquorale, in occasione della quale si posi10 10 zionava drenaggio sulla finestra rotonda fissato a mezzo di neotuba 20 a livello della membrana timpanica con mercel nel CUE 20e steri strip 30 sommini30 nella regione del padiglione. La paziente effettuava auto 40 40 strazione locale di cortisonici 2 volte al giorno nei successivi giorni. 50 50 Il posizionamento del merocel impediva la ricerca della soglia tonale 60 60 nei successivi giorni. 70 70 Stamponata con asportazione del drenaggio in VII giornata dall’in80 80 tervento l’esame audiometrico mostrava recupero della soglia uditiva 90 90 i 70 db sulle frequenze centrali (Figura 6). entro 100 100 Marker sierologici negativi. 3000 4000 6000 11000 8000 -10 Perdita in dB HTL Perdita in dB HTL 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 10 -10 20 0 30 < 40 50 x < x x < x x 60 x 70 50 80 60 90 90 70 100 100 80 110 110 90 Frequenze in Hz 175 200 400 750 1000 1500 2000 3000 4000 6000 110 120 Frequenze in Hzaudiometrici. Figura 750 -10 4. Esami 175 200 400 1000 1500 2000 3000 4000 6000 11000100 8000 110 11000 8000 120 120 -10 0 0 10 10 20 -10 Perdita Perdita in dB HTL in dB HTL 60 40 80 100 50 30 70 120 40 20 -10 20 0 30 300 40 40 10 10 50 20 20 50 60 30 30 60 70 40 40 70 50 80 50 80 60 90 60 90 70 100 70 100 80 110 80 110 90 120 100 90 Frequenze in Hz 175 200 400 750 1000 1500 2000 3000 4000 6000 11000 100 8000 110 110 120 Frequenze in Hz 175 200 400 750 Figura 5. Esami audiometrici. 1000 1500 2000 3000 4000 6000 11000 8000 120 120 120 30 40 40 50 50 60 60 70 70 80 80 90 90 100 100 110 Frequenze in Hz 175 200 400 750 1000 1500 2000 3000 4000 6000 11000 8000 120 Figura-106. Esami audiometrici. -10 0 0 10 10 30 10 < x < 20 11000 8000 -10 0 10 -10 6000 D iscussione 20 30 20 30 L’ipoacusia improvvisa è una patologia per molti aspetti ancora sco40 40 nosciuta.50Lasciando ad altra sede la discussione sulle discordanze 50 internazionali ed intranazionali dei criteri di definizione della perdita, 60 60 del tempo di insorgenza, del numero di frequenze coinvolte e della 70 70 valutazione del recupero, poniamo l’attenzione sulla mancanza di 80 80 una “lingua” condivisa a livello ORL. Questo limite impedisce l’ese90 90 cuzione di valide meta-analisi che possono chiarire le torbide acque 100 100 dei casi di recupero spontaneo variabili in letteratura dal 32 al 65% 110 110 permettendo di identificare allo specialista le situazioni nelle quali 120 120 è possibile Frequenze o consigliabile non750effettuare terapia medica. Pertanto, in Hz 1500 3000 6000 11000 175 200 400 1000 2000 4000 8000 non solo nel rispetto del codice etico-deontologico, ma anche nella propria tutela medico-legale, appare obbligatorio iniziare terapia di recupero -10 in ogni singolo caso ad esclusione delle situazioni di rifiuto -10 da parte dell’assistito alla terapia stessa, superati i 60 giorni dall’in0 0 sorgenza o esistenza di controindicazioni (diabete non controllato, 10 10 ipertensione non controllata, glaucoma, ulcera gastrica sanguinante, 20 20 emorragie in atto, anamnesi positiva per ictus o tia da picco iperten30 30 sivio, ecc...). 40 40 La paziente presentava alterazioni “fisiologiche” ematico-circolatorie 50 50 secondarie allo stato fisiologico di gravidanza quali: calo dei livelli di 60 60 emoglobina e globuli rossi (entrambi a valori border line nel range 70 70 inferiore rispettivamente 35% e 4,02x10 6/ml) dovuto a prevalente 80 80 aumento della componente plasmatica rispetto alla corpuscolare 90 90 a partire dalla VI settimana di gravidanza in poi, deficit di acido 100 100 folico e ferro (presente con valore di 39 mcg/dl) ed aumento 110 110 procoagulanti quali trombina, fibrinogeno, antigene dei fattori 120 120 di Von Willebrand ed altri fattori della coagulazione del fattore Frequenze in Hz 750 1500 3000 6000 11000 175 aumento 200 400 fibrinogeno (riscontrato lieve del a 4594000mg/dl). 1000 2000 8000L’ipotetica azione preventiva nei confronti di importanti sanguinamenti ematici dell’ipercoagulabilità al momento del parto apparirebbe fisiologicamente compensata dall’anemia da emodiluizione per la Perdita in dB HTL 2000 4000 20 Perdita in dB HTL 0 1500 3000 30 120 1000 2000 10 120 750 1500 20 120 400 1000 10 110 200 750 0 110 175 400 0 110 -10 Frequenze in Hz 200 -10 Perdita in dB HTL Frequenze in Hz 90 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 11 Mammarella F, Cianfrone F, Pianura CM, Bellocchi G. prevenzione del rischio trombotico. Cause di II secondarie ad altre patologie quali assunzione di farmaci ototossici,alterazioni ormonali, malattia di Ménière, neurosarcoidosi, sclerosi multipla o ipotensione liquorale venivano escluse per l’assenza di qualsivoglia riscontro a favore. Non era possibile escludere in maniera certa l’ipotesi di II secondaria a neurinoma, ma la caratteristica di ipoacusia fluttuante in presenza di Rosemberg negativo e SISI positivo sembrano escludere clinicamente la sua attendibilità. Appare evidente che la paziente si sottoporrà ad accertamenti radiologici per la sua esclusione dopo il parto. La teoria di una patogenesi immunitaria primitiva (AIED) era esclusa dalla diagnosi per monolateralità e le forme secondarie (granulomatosi di Wegener, panarterite nodosa, arterite temporale) per i sovra citati motivi logici. La sindrome di Cogan, a diagnosi unicamente clinica, veniva scartata per l’assenza della componente vestibolare e clinica (febbre, perdita di peso, artralgia/artrite, rash, epatosplenomegalia), cosi come la sindrome di Buerger che colpisce preferenzialmente maschi adulti fumatori in associazione a piccole lesioni alle dita, ulcere, dolore, gangrena, ischemia arteriosa, riduzione della sensibilità tattile e termica, fenomeno di Raynaud con anamnesi positiva per flebiti e parestesie. La letteratura internazionale riporta vari casi di II apparentemente associati a diagnosi di sindrome da fosfolipidi e il caso in questione era indubbiamente candidato a rientrare in questa ipotetica diagnosi: anamnesi positiva per abortività e probabile episodio su base ischemica, trombotica o da ipoafflusso soddisfacevano i criteri clinici della sindrome. Tuttavia la negatività sierologica (LAC, anticardiolopina e Coombs indiretto come test accessorio di diagnostica sierologica) in assenza di piastrinopenia e positività degli indici di flogosi portavano ad escludere la sindrome in forma primaria o secondaria ad altre patologie autoimmuni (la più comune delle quali il LES). L’assenza di 1 o più criteri laboratoristici escludevano pertanto la diagnosi come definita da Wilson e Gharavi nel luglio del 1999. L’ipotesi di una base infettiva poteva essere ritenuta credibile dall’analisi del protidogramma che riportava incremento delle frazioni alfa 1, alfa 2 e beta 1 (con incrementi superiori al 25% per le prime due frazioni) indici di flogosi acuta. Se i valori non potevano semplicemente essere giustificati dallo stato gravidico gemellare, la totale negatività sierologica escludeva evidenze a favore. La sua genesi rimaneva pertanto limitata alla teoria di una forma a virologia non dimostrabile. L’ipotesi dell’esistenza di una fistola perilinfatica da sollevamento pesi, barotrauma, trauma acustico acuto o cranico veniva esclusa dal racconto anamnestico. Rimaneva una possibile ma flebile positività da ripetuti accessi di tosse nei giorni precedenti. Tuttavia il riposo assoluto prima e la timpanotomia esplorativa poi escludevano con obiettività intra-operatoria la sua esistenza. 12 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Concludiamo con l’esegesi dell’ipotesi vascolare: stato di ipercoagulabilità da gravidanza e incremento ematico dei trigliceridi e del colesterolo totale (270 md/dl e 229 md/dl) chiari indici iperlipidemia in atto sembravano giustificare l’anacusia-ipoacusia fluttuante. Il maggior dubbio a riguardo di un’ipotesi ischemica-trombotica resta lo studio del 1957 di Kimura e Perlman dimostrante il limite di 60’ per la comparsa di danno irreversibile da embolizzazione sperimentale dell’arteria labirintica. Le caratteristiche fisiche di vascolarizzazione terminale, l’assenza di importanti circoli collaterali e l’elevato consumo di O2 da parte della macula sacculare e della coclea appaiono prove indiziarie di impossibilità di recupero funzionale successivo ad ischemia. Inoltre è risaputo che la teoria delle occlusioni dei rami terminali dell’arteria labirintica (cocleare propria, cocleare comune, cocleo-vestibolare, vestibolare anteriore) causa raramente le situazioni cliniche aspettate. Proponiamo di seguito la nostra ipotesi di patogenesi del caso: al momento dell’insorgenza la paziente non presentava anacusia, ma solo ipoacusia grave da probabile ipoafflusso su base circolatoria, motivo per il quale si è recata al PS solo nella giornata successiva. Al momento della nostra presa in carico (36 ore dopo l’esordio) l’ipoafflusso persistente era evoluto in anacusia per 2 possibili motivi: evoluzione dell’ipoafflusso o insufficiente apporto cronico ematico. In entrambi i casi è ipotizzabile l’instaurarsi di un fenomeno analogo a quello cerebrale in corso di ictus ovvero la zona d’ombra. È risaputo che le prime cellule a risentire delle condizioni di scarsità ematica sono quelle a maggiore specializzazione e consumo di O2 (nel caso dell’orecchio interno le cellule ciliate interne e le esterne) e che in condizione di necessità possono ridurre al minimo la loro attività in modalità di risparmio funzionale. Ipotizzando questo evento appare chiaro come la terapia infiltrativa di cortisonici transtimpanici riducendo l’edema e l’infiammazione locale abbia migliorato l’afflusso ematico con lento ma costante recupero della soglia. Come inquadrare allora la successiva ri-caduta? La teoria del danno da rivascolarizzazione indotto da eccitotossicità da glutammato mediata da radicali liberi chiarirebbe sia il miglioramento di soglia sia il successivo peggioramento. E il successivo rialzo post drenaggio in situ? Effetto antiedemigeno locale del cortisone nei confronti dell’edema successivo a ipoaflusso, un pò come avviene nelle necrosi cerebrali post ictus antiinfiammatorio da cortisonico. La teoria proposta, affascinante quanto originale, mostra purtroppo apertamente il suo limite: l’impossibilità di oggettivazione. Alla luce delle ipotesi formulate si giustifica il razionale di associare farmaci ad azione antiossidanti quali la vitamina C o la SOD (superossidodismutasi) in fase acuta e l’utilizzo “cronico” di molecole ad azione emerologica, non inficiate da possibili danni ototossici (vedi ASA), dopo l’allattamento, come i GAGs. Ipoanacusia da sordità B ibliografia • • • • • • Goh AY, Hussain SS. Sudden hearing loss and pregnancy: a review. J Laryngol Otol 2012 Apr; 126(4):337-9. Hou ZQ, Wang QJ. A new disease: pregnancy-induced sudden sensorineural hearing loss? Acta Otolaryngol 2011 Jul; 131(7):779-86. Kenny R, Patil N, Considine N. 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Introduzione a cura di Giorgio Guidetti Presidente VIS Società Italiana di Vestibologia. Responsabile dei Servizi di Audio Vestibologia e Rieducazione Vestibolare, Azienda U.S.L. di Modena, Ospedale Ramazzini di Carpi (MO) I ntroduzione a cura di Giorgio Guidetti L’equilibrio è il risultato di un perfetto controllo da parte del Sistema Nervoso Centrale (SNC) sulle procedure di risposta neuromotoria alle informazioni che arrivano dall’ambiente esterno, per il quale il sistema vestibolare svolge un ruolo critico. I passaggi fondamentali che garantiscono l’equilibrio riguardano il riconoscimento, il confronto, l’integrazione e la modulazione di un numero elevato di segnali che arrivano al SNC e formano la mappa dell’ambiente circostante, costruendo un’esperienza cognitiva che viene memorizzata e accoppiata ad un programma di risposta neuromotorio codificato. Da un punto di vista anatomo-fisiologico e funzionale la relazione fra il sistema vestibolare e l’apparato cognitivo dipende da connessioni neuronali fra i nuclei vestibolari del tronco e la corteccia cerebrale e cerebellare. Un esempio di questa relazione è la cosiddetta corteccia vestibolare, che rappresenta una struttura multisensoriale, in ragione della capacità di ricevere segnali vestibolari, somatosensoriali e visivi. Inoltre, il sistema vestibolare risulta strettamente connesso con quello limbico, che regola le emozioni, l’omeostasi e la memorizzazione delle esperienze. Inoltre, gli input del sistema vestibolare sono alla base della memorizzazione topo-cinetica dell’ippocampo. I deficit acuti vestibolari alterano improvvisamente i processi cognitivi di raccolta delle informazioni vestibolari, provocando un disturbo emotivo che si accompagna ai sintomi severi sperimentati dal paziente. L’evoluzione del quadro sintomatico dipende dalla capacità del SNC di adattarsi ad una nuova condizione attraverso la plasticità neuronale, necessaria per riorganizzare la funzione dell’equilibrio in presenza di un deficit vestibolare. Le risorse individuali del sistema cognitivo giocano un ruolo critico nel livello di recupero dell’equilibrio, gravato dalla cicatrice vestibolare, che comunque si forma in seguito al deficit vestibolare acuto, dando origine potenzialmente a deficit della memoria topo-cinetica, stati di allerta eccessivi, ansia, depressione, perdita del pieno controllo sui movimenti saccadici e calo dell’attenzione. L’adattamento vestibolare non è dunque costante nei tempi e nei risultati fra la popolazione di pazienti affetti da deficit vestibolare, ma dipende invece da numerosi fattori individuali collegati al sistema cognitivo (età, genere, emotività). 14 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Di conseguenza il trattamento della vertigine assume un significato ancora più alto di quanto fino ad oggi pensato, perché ha un grande impatto sia sull’equilibrio fisico che su quello cognitivo ed emozionale del paziente. L’approccio al trattamento dovrebbe quindi essere teso a risolvere il sintomo, stimolando l’addatamento centrale alla patologia vestibolare. È già ben noto quanto la mobilizzazione precoce del paziente, con l’avvio di nuovi stimoli dinamici, sia la prima chiave di un buon percorso di riabilitazione, in quanto riduce i processi di ansia e paura innescati dalla memoria traumatica e fornisce gli importanti stimoli multisensoriali che sono deficitari nei pazienti allettati per periodi troppo lunghi. Il percorso di riabilitazione vestibolare deve quindi considerare non solo gli aspetti neuromotori, ma anche quelli cognitivi collegati. L’approccio strategico al paziente dovrebbe quindi diventare sempre più dinamico e orientato al cognitivo, dunque non confinato al solo trattamento sintomatico, eziologico e patogenetico, ma esteso a terapie pro-adattamento e di supporto alle funzioni cognitive, ponendo attenzione ai livelli di stress e ansia sperimentati dal paziente, che possono costituire un importante ostacolo al suo pieno recupero del paziente. Il principale obiettivo di questa ampia review sulla betaistina, pubblicata da Michel Lacour lo scorso anno, è quello di spiegare i meccanismi d’azione che rendono questa molecola utile non solo nella fase di gestione della vertigine, ma anche in quella di compenso vestibolare. Il primo aspetto che viene richiamato riguarda il ruolo fisiologico dell’istamina come neuro-modulatore delle funzioni vestibolari, ma il punto centrale della review riguarda i tre distinti livelli sui quali agisce la betaistina, caratterizzati da pool recettoriali (HRs) diversi, che producono uno spettro di attività farmacologiche ben differenziate fra loro. Vengono quindi descritte le note attività di stimolo al flusso cocleovestibolare (H1R), quella sul labirinto che invece riduce le scariche vestibolari (H3R), ed infine l’attività sul SNC, con attivazione del circuito istaminergico cerebrale (H3R). La traduzione in clinica di queste azioni distinte negli studi con trattamenti a lungo termine riguardano il controllo della vertigine, il miglioramento dell’equilibrio e della qualità di vita dei pazienti. Dose e tempi di somministrazione adeguati risultano infine essere la condizione per cogliere tutti i risultati clinici descritti con la betaistina. Il ruolo della betaistina Il modello di lesione vestibolare è considerato un valido approccio per investigare la neuro-plasticità del SNC ed il suo recupero dopo ictus ed eventi traumatici. Da molto tempo questo modello è impiegato per verificare l’efficacia delle terapie sui sintomi delle patologie ve- stibolari e sul recupero funzionale che segue il deficit vestibolare. Su questo modello la neurofarmacologia dei disturbi vestibolari è stata di recente rivisitata, alla luce di aggiornamenti sui meccanismi d’azione sui canali ionici, sulla neurotrasmissione e neuro-modulazione. I stamina e compensazione vestibolare La famiglia degli antistaminici è la più utilizzata nel trattamento della vertigine, ma l’impiego è limitato alla fase acuta del deficit vestibolare per via della potente sedazione sui processi di recupero funzionale. Sul fronte opposto la famiglia degli istamino-simili come la betaistina, non ha effetti sedativi e vengono comunemente utilizzati nel trattamento della Malattia di Ménière (MM) e dei disturbi vestibolari di origine periferica. Nervo Terminale Istaminergico Inibizione commissurale (GABA) Agonisti Istamina + Rilascio Istamina H3 TIPO II TIPO I H3 H1 + TIPO I Antagonisti Istamina + H2 Afferente vestibolare principale S istema istaminergico e funzione vestibolare I neuroni istaminergici sono localizzati nei nuclei tuberomammillari della porzione posteriore dell’ipotalamo e i loro assoni si proiettano verso tutte le aree cerebrali, compresi i nuclei vestibolari. La distribuzione dell’istamina nel cervello dipende dai livelli di produzione del suo enzima precursore (istidina decarbossilasi), in ragione della veloce degradazione di questo neuromediatore, che ne impedisce l’accumulo. I recettori dell’istamina (HRs) individuati sono quattro (H1, H2, H3, H4). I recettori H1 e H2 sono postsinaptici, mentre gli H3 sono presinaptici e si trovano distribuiti su terminazioni istaminergiche (auto recettori) e non istaminergiche (etero recettori). I recettori H4, infine, si trovano al di fuori del SNC. Gli agonisti dell’istamina (α-metilistamina) e antagonisti (tioperamide) degli auto-recettori H3 regolano la sintesi ed il rilascio di istamina, riducendo (agonisti) e aumentando (antagonisti) il turnover dell’istamina. La stimolazione (agonisti) e il blocco (antagonisti) dei recettori H3 sulle fibre istaminergiche che arrivano ai nuclei vestibolari, riduce o aumenta il turnover dell’istamina (produzione e rilascio), rispettivamente. Gli studi sperimentali in vivo sugli effetti dell’istamina nei nuclei vestibolari hanno rilevato come l’effetto eccitatorio complessivo di questo neuromediatore, rilasciato nei nuclei vestibolari dalle fibre istaminergiche afferenti dall’ipotalamo (nuclei tubero mammillari), sia il risultato di azioni bilanciate sulle fibre nervose di tipo I e di tipo II (fibre GABAergiche), sistema che bene rappresenta la ricerca fisiologica di bilanciamento fra le attività dei nuclei vestibolari di destra e sinistra nel sistema vestibolare (Figura 1). Studi sperimentali su guinea pig hanno, inoltre, mostrato come l’infusione continua unilaterale di antagonisti H2 (cimetidina) e agonisti H3 (α-metilistamina) induca una sindrome posturale e oculomotoria del tutto simile a quella che si osserva dopo avere indotto un deficit vestibolare acuto. Lo stesso esperimento condotto questa volta con agonisti H2 e antagonisti H3 produce un’immagine speculare della sindrome vestibolare (Tabella 1). Complesso nuclei vestibolari sinistro Complesso nuclei vestibolari destro Figura 1. Schema Neuromodulazione dell’istamina sui nuclei vestibolari. Le cellule di Tipo I dei nuclei vestibolari vengono eccitate dalle fibre nervose afferenti dall’orecchio interno. Le fibre Tipo I hanno effetti eccitatori sugli interneuroni GAGAergici (fibre di tipo II), che collegano i nuclei vestibolari, svolgendo azione inibitoria sul nucleo vestibolare controlaterale. Nei nuclei vestibolari sono presenti tutti i tipi di recettori istaminergici del SNC (H1, H2, H3), gli H1 e H2 post-sinaptici sulle fibre di Tipo I, gli autocettori H3 pre-sinaptici sulle fibre istaminergiche afferenti dai nuclei tuberomammillari e gli etero recettori H3 pre-sinaptici sulle fibre GABAergiche. Il rilascio di istamina nei nuclei vestibolari o l’infusione dei suoi agonisti aumenta l’attività delle fibre di Tipo I, mentre gli antagonisti dell’istamina bloccano gli H3, inibendo l’attività GABAergica degli interneuroni nei nuclei vestibolari. AGONISTI ANTAGONISTI H1 2-metilistamina 2-tiazolil etilamina Difenidramina prometiazina meclizina H2 Impromidina dimaprit Cimetidina ranitidina zolantidina H3 α-metilistamina Betaistina tioperamide H4 4-metilistamina Tioperamide JNJ 7777120 Tabella 1. Le quattro classi di recettori di istamina e i loro principali agonisti e antagonisti. OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 15 Review dalla Letteratura Esiste quindi una robusta evidenza del coinvolgimento del sistema istaminergico centrale nella regolazione delle funzioni vestibolari ed il circuito vestibolo-ipotalamico sembra giocare un ruolo molto importante. Inoltre è stato dimostrato come lo stimolo vestibolare con acqua calda aumenta il rilascio di istamina dall’ipotalamo. Infine il sistema istaminergico risulta coinvolto nella risposta autonomica del sistema vestibolare. S istema istaminergico e compensazione vestibolare Esistono molti dati in letteratura che indicano come il sistema istaminergico sia coinvolto nei processi di recupero da un deficit vestibolare acuto periferico unilaterale. D’altra parte la sindrome vestibolare si compone di sintomi che coinvolgono più livelli neurologici, dalla alterazione dei riflessi oculomotori e posturali sino a deficit percettivi e neurovegetativi. I sintomi statici, come il nistagmo, l’ocular tilt reaction, la vertigine e le alterazioni percettive, si risolvono nel corso del primo mese, mentre i sintomi dinamici come l’asimmetria vestibolooculare e l’instabilità posturale rimangono spesso per periodi lunghi, per via di una minore compensazione. Esiste oggi una generale concordanza nel considerare i sintomi statici come il risultato dello sbilancio dell’attività dei nuclei vestibolari, mentre i sintomi dinamici coinvolgono anche altre strutture cerebrali oltre a quelle vestibolari. Nel percorso di compensazione dei sintomi statici è necessario il bilanciamento dell’attività spontanea dei nuclei vestibolari, mentre la compensazione dei sintomi dinamici richiede un’armonizzazione delle attività neuronali più ampia a livello cerebrale (Figura 2). DEFICIT VESTIBOLARE UNILATERALE SINDROME OCULOMOTORIA SINDROME POSTURALE SINDROME PERCETTIVA DEFICIT STATICI DEFICIT DINAMICI Compensazione Completa Compensazione Incompleta Nuclei Vestibolari Armonizzazione Cerebrale Neurobiologica TRATTAMENTI FARMACOLOGICI Cervello Intero Armonizzazione Cerebrale Comportamentale RIABILITAZIONE VESTIBOLARE Riequilibrio dell’attività neuronale Sostituzioni Nuove Strategie Figura 2. Compensazione dei deficit vestibolari statici e dinamici. Schematizzazione delle diverse modalità di compenso dei deficit statici e dinamici, che caratterizzano le sindromi oculomotorie, posturali e percettive. Le frecce curve indicano le principali attività della terapia farmacologica e della riabilitazione. VN: nuclei vestibolari. 16 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Nei processi di compensazione, il trattamento farmacologico agisce prevalentemente sui nuclei vestibolari e sulla armonizzazione neurobiologica cerebrale, mentre la riabilitazione agisce soprattutto sulla armonizzazione comportamentale. I segni neurobiologici riscontrati negli studi condotti sui nuclei vestibolari comprendono la up-regulation dei sistemi colinergico, GAGAergico e istaminergico cerebrale (segno neurochimico), l’aumento dei markers dello stress (segno neurormonale) e di TNF-α (segno neuro-infiammatorio). I segni neurochimici osservati in modelli animali con lesioni vestibolari coinvolgono importanti cambiamenti del sistema istaminergico, con una consistente e prolungata espressione di istidina decarbossilasi (HDC), l’enzima che sintetizza l’istamina nei nuclei tubero-mammillari. L’impiego di betaistina in modelli animali sottoposti a neurectomia vestibolare unilaterale mostra un recupero più rapido del nistagmo, della postura e dell’equilibrio locomotorio, che corrisponde all’aumento di istamina. M eccanismi d’azione della betaistina La betaistina è un farmaco istaminergico che agisce come agonista dei recettori H1 e agonista inverso H3. I primi studi sperimentali avevano evidenziato la capacità della betaistina di aumentare il flusso cocleare, inducendo vasodilatazione dell’AICA, stimolando i periciti dei capillari cocleari e ampollari dell’orecchio interno. Questa attività è importante per contrastare l’idrope endolinfatico e trattare la vertigine nella Malattia di Ménière. Inoltre, l’effetto vascolare della betaistina favorisce l’attività metabolica dei nuclei vestibolari in fase di compensazione. Altri studi in vitro, condotti su preparati del canale semi-circolare posteriore di rana, hanno indagato l’attività spontanea neuronale dei recettori, a riposo ed evocata, ottenendo una riduzione delle scariche dell’attività con 10-7mol/L e 10-2mol/L rispettivamente. La betaistina agisce a livello delle membrane basali delle cellule sensoriali, delle dark cells e delle terminazioni nervose afferenti. Studi più recenti in vitro sui neuroni vestibolari hanno evidenziato la co-presenza di recettori H3 e H4 in tutti i neuroni vestibolari del ganglio di Scarpa e la capacità della betaistina di inibire l’attività dei recettori H4 a bassi dosaggi e quella dei recettori H3 ad alti dosaggi (Figura 3). L’aspetto più innovativo sull’impiego della betaistina ad alti dosaggi (50 mg/kg) per periodi prolungati, emerso dagli studi sperimentali più recenti, condotti su gatti sottoposti a neurectomia, riguarda la capacità di accelerare il completo recupero statico (postura) e dinamico (equilibrio), riducendo da 6 a 3 settimane il tempo richiesto per la completa compensazione. Questi stessi risultati sono stati ottenuti anche con antagonisti H3 specifici, come la tioperamide. Ulteriori studi sperimentali recenti, condotti su gatti con betaistina, hanno confermato la capacità di questo farmaco di modulare la produzione di istamina, attraverso il blocco degli auto-recettori H3, con effetti di stimolazione (azione istaminergica) e inibizione (azione antistaminergica) della produzione e rilascio di questo neuromediatore, in funzione della localizzazione neuronale (ad es. fibre I e II dei nuclei vestibolari), che permettono il bilanciamento tipico delle attività dei nuclei vestibolari e, più in generale, del SNC. L’azione Il ruolo della betaistina BETAISTINA: Meccanismi d’azione Sistema Nervoso Centrale Albero Vascolare Labirinto Periferico ISTAMINA H3 R AGONISTA INVERSO ISTAMINA H1 R AGONISTA ISTAMINA H3 R AGONISTA INVERSO H4 R ANTAGONISTA ATTIVITÀ VN RIEQUILIBRANTI AROUSAL FLUSSO EMATICO COCLEARE CEREBRALE AUMENTATO RIDUZIONE NELL’INPUT VESTIBOLARE REMISSIONE FUNZIONALE PIÙ RAPIDA Figura 3. Schema dei meccanismi d’azione della betaistina che accelerano il recupero funzionale dopo deficit vestibolare unilaterale. I dati raccolti sui modelli sperimentali di deficit vestibolare acuto mostrano gli effetti sul SNC (gatti), sul microcircolo (topi e guinea pig) e sul labirinto periferico (rana e topi). VN: nuclei vestibolari. della betaistina sui recettori H3 è dunque la chiave farmacologica che permette un recupero del controllo dei livelli istaminergici nel SNC, fattore critico per il recupero funzionale statico e dinamico dopo deficit vestibolare. In sintesi i dati raccolti con i modelli sperimentali indicano che l’azione clinica della betaistina può essere spiegata con diversi meccanismi d’azione, tutti riconducibili all’attività di questo farmaco sui recettori dai istaminergici (H1/H3/H4). In particolare le azioni farmacologiche della betaistina sono: 1. Aumento del flusso circolatorio labirintico (agonista recettori H1) 2. Azione pro-compenso per aumento nei nuclei vestibolari dell’attività istaminergica diretta ed indiretta, attraverso i meccanismi inibitori commissurali GABAergici (agonista inverso H3). 3. Aumento del arousal e delle attività sensomotorie cerebrali per aumento del turn over dell’istamina nell’intero SNC (agonista inverso H3). L a betaistina nella clinica del deficit vestibolare Esistono diverse strategie terapeutiche per pazienti con dizziness, vertigine ricorrente e instabilità posturale di origine vestibolare, ma solo i principi attivi sul sistema istaminergico possono essere considerati di prima scelta per la terapia dei sintomi della vertigine. Una recente review sulla MM ha raccolto 152 lavori pubblicati in oltre 20 anni, verificando evidenze di efficacia documentate in trial condotti in doppio cieco solo per la betaistina e i diuretici. La MM è una patologia periferica vestibolare caratterizzata da attacchi ricorrenti spontanei di vertigine accompagnata da acufene, ipoacusia fluttuante e ovattamento. Se la causa della MM è ancora sconosciuta, vi è accordo in letteratura nel considerare l’idrope endolinfatico come trigger del processo patogenetico della malattia. La betaistina nei report in letteratura risulta la terapia medica più efficace nella MM e pare tanto efficace quanto i calcio-antagonisti nei pazienti vertiginosi non menierici. L’efficacia clinica della betaistina nel trattamento della vertigine ricorrente è stata evidenziata in diversi studi (Brandt T, 2009; Mira E, 2008; Fisher AJE, 1991), ma il principale problema da gestire con i pazienti menierici rimane collegato alla imprevedibilità degli attacchi vertiginosi, caratteristica che provoca un aumento dell’ansia e della paura che può arrivare alla depressione, diventando quindi un problema psichiatrico secondario alla MM. Studi specifici con betaistina vs placebo indicano una riduzione significativa della frequenza, della severità e della durata degli attacchi di vertigine e dei sintomi neurovegetativi associati ai pazienti menierici, così come un miglioramento della qualità di vita. L’efficacia della betaistina nella profilassi a lungo termine dei pazienti menierici è stata confermata (Strupp et al, 2008), così come l’efficacia nel compenso post-neurectomia (Coletti et al. 2000). Altri report sul trattamento a lungo termine con betaistina, indicano una riduzione dell’acufene in pazienti con disfunzione vestibolare, un miglioramento della postura nei pazienti con vertigine parossistica da posizionamento sottoposti a manovra di riposizionamento secondo Epley, ed una minore severità degli attacchi di vertigine nei pazienti con neurite vestibolare unilaterale. I principali benefit aggiuntivi della betaistina per il paziente riguardano la qualità della vita (ad es. Dizziness Handicap Inventory), l’equilibrio e la stabilità posturale nei pazienti con disturbi vestibolari unilaterali, sottoposti anche a riabilitazione vestibolare. Un recente trial clinico (RCT - randomizzato, in doppio cieco, placebo controllato) sul ruolo della betaistina nel compenso vestibolare (Redon C, Lacour M et al; 2011) è stato condotto su pazienti menierici sottoposti a deafferentazione vestibolare unilaterale, osservando l’andamento del compenso vestibolare nel tempo, attraverso il monitoraggio dei disturbi posturali (instabilità e postura del capo), dei disturbi oculomotori (nistagmo spontaneo e ciclotorsione oculare), delle alterazioni della verticale visiva soggettiva (SVV) e dei risultati di self-questionnaries sulla stabilità posturale. I risultati (Figura 4) mostrano una riduzione importante dei tempi di recupero nel gruppo betaistina della maggior parte dei sintomi posturali, oculomotori e percettivi, così come migliora l’andamento dei questionari di autovalutazione sulla stabilità posturale raccolti dai pazienti (Figura 4 B-D). In particolare i tempi di recupero della stabilità posturale risultano ridotti di 2 mesi e di ben 3 mesi quelli della SVV e della postura del capo, con miglioramenti registrati già dopo 4 giorni dall’avvio della terapia, che si mantengono nel tempo (Tabella 2). OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 17 BETAISTINA 48 mg tid 10 8 6 * * * 2 * 0 0 3 6 9 12 VERTICALE VISIVA SOGGETTIVA (Gradi) NUMERO DI ATTACCHI (mese) Review dalla Letteratura 14 12 10 PLACEBO 8 BETAISTINA 48 mg 6 * 4 * 2 0 7 30 B 6 PLACEBO BETAISTINA 48 mg 4 * * 0 7 30 90 TEMPO (giorni) OSCILLAZIONE CORPO (indice potenza %) INCLINAZIONE DEL CAPO (grado) A 2 90 TEMPO (giorni) TEMPO (mesi) PLACEBO 1400 BETAISTINA 48 mg 1000 600 * 200 * 0 0 7 30 90 TEMPO (giorni) C D Figura 4 A-D. Azione della betaistina sulla vertigine e sul compenso vestibolare. A: riduzione della frequenza mensile di episodi di vertigine in pazienti con Malattia di Ménière (N=62) in trattamento con betaistina 48 mg tid (p<0,01). (*Differenze significative a p<0.01). B-D: accelerazione del recupero funzionale statico in pazienti menierici (N=8) in trattamento con betaistina 48 mg/die (p<0,01). *Differenze significative a p<0,01 rispetto al gruppo placebo o ai dati precedenti il trattamento. Modello sperimentale Pazienti menierici Pieno recupero Pieno recupero Placebo Betaistina 6-7 settimane 3 settimane 3 mesi 1 mese Tabella 2. Tempi di recupero con betaistina dopo neurectomia vestibolare unilaterale (UVN) nel modello animale (betaistina: 50 mg/kg per die) e in pazienti menierici (betaistina: 24 mg bid), somministrata dal 3° giorno fino al 3° mese dopo UVN. Questi dati sostengono il ruolo della betaistina nel SNC e la capacità di ridurre l’asimmetria funzionale dei nuclei vestibolari. 18 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 R equisiti per l’effetto terapeutico della betaistina Gli studi sperimentali e clinici mostrano che il dosaggio e la durata della terapia sono requisiti importanti per l’effetto terapeutico della betaistina sul compenso vestibolare e la frequenza di attacchi nei pazienti menierici. Un recente studio sperimentale su guinea pig (Ihler et al. 2012) ha dimostrato un effetto dose-dipendente (0,001-1 mg/kg) della betaistina sul flusso cocleare della stria vascularis, il cui valore massimo comprende i comuni dosaggi clinici (48 mg/die) utilizzati nella pratica quotidiana (Figura 5 A). Una simile correlazione dose-effetto (48 mg/ die) era considerata valida fino a pochi anni fa anche per la frequenza di attacchi che colpiscono i pazienti menierici nel medio-lungo periodo, ma uno studio clinico (Strupp et al. 2008) ha aggiornato i parametri di riferimento, dimostrando una riduzione significativa della frequenza di attacchi in un periodo temporale di trattamento pari a 12 mesi, per un ampio range di dosaggi (16 mg tid; 24 mg tid; 48 mg tid), con un margine di performance per il dosaggio più elevato. Altri Il ruolo della betaistina studi (Lezins et al. 2011) hanno confermato la maggiore efficacia dei trattamenti a lungo termine con betaistina e con dosaggi elevati. Questi risultati indicano che i migliori risultati nella gestione della vertigine (sintomo, compenso e riabilitazione) con betaistina si possono ottenere con terapie di medio-lungo periodo e a dosaggi elevati. Ulteriori studi sperimentali condotti su gatti hanno testato gli effetti di diversi dosaggi di betaistina (2,5,10,50 mg/kg) impiegati per differenti periodi (1, 3 settimane, 2, 3 mesi) sulla produzione di HDC (istamina decarbossilasi), l’enzima che sintetizza l’istamina. I risultati indicano un aumento significativo nella produzione di istamina con bassi dosaggi protratti per lunghi periodi (2 volte) e con alti dosaggi impiegati per brevi periodi (2-3 volte) di trattamento (Figura 5 C). Da sottolineare che il dosaggio più basso utilizzato (2 mg/kg), che fornisce risultati significativi dopo 3 mesi, è quello più vicino ai dosaggi clinici utilizzati nella clinica del deficit vestibolare. Di conseguenza l’impiego longterm della betaistina ai dosaggi attualmente impiegati è quello che offre le migliori garanzie di efficacia in clinica. L’effetto della betaistina sulla attività neuronale, registrato negli studi sperimentali, apprezzabile già dopo 1-3 settimane di trattamento, sembra dipendere nei dosaggi più bassi, all’accumulo del primo metabolita dell’istamina (tele-metilistamina), che ha un’emivita maggiore e la stessa affinità solo per gli autorecettori H3 (Figura 5 B). Questi dati suggeriscono che il principale target a livello del SNC della betaistina siano gli auto recettori presinaptici H3, che stimolano l’attività dei neuroni istaminergici e non (ad es. fibre tipo II GABAergiche dei nuclei vestibolari). In conclusione gli studi sperimentali sul deficit vestibolare acuto e quelli clinici sui pazienti menierici, indicano che la betaistina offre una soluzione terapeutica sintomatica ai dosaggi comunemente impiegati (16 mg tid; 24 mg bid) nel breve-medio periodo, grazie all’azione sul flusso del microcircolo cocleo-vestibolare, mentre serve un trattamento long-term con dosaggi superiori per cogliere gli effetti centrali Flusso Ematico Cocleare Variazione % * Tele-Metilistamina 50 * * 40 25 20 0,0001 0,001 0,01 0,1 1 10 0,3 Trattamento Betaistina (mg/kg peso corporeo) 3 30 Trattamento Betaistina (mg/kg) A B * ESPRESSIONE HDC * Variazione % (TMN) 400% * 2 mg 2 mg 5 mg 3 3 1 sett. stt. sett. DOSI BASSE A BREVE TERMINE * 5 mg 3 mesi * 5 mg 5 mg 2 3 mesi mesi DOSI BASSE A LUNGOTERMINE * * 10 mg 50 mg 3 1 sett. sett. DOSI ELEVATE A BREVE TERMINE 50 mg 10 mg 3 3 sett. mesi 200% LIVELLO BASE DOSI ELEVATE A LUNGO TERMINE Trattamento Betaistina C Figura 5. Effetti della betaistina (flusso cocleare, turn over istamina) dipendenti dalla dose e dalla durata. A: Variazione (%) del flusso cocleare dopo la somministrazione di differenti dosi di betaistina (0.001-1 mg/kg) in guinea pig (*:p<0.01). B: Variazione (%) di un metabolita dell’istamina (tele-metilistamina) dopo somministrazione di 0,3/3,0/30,0 mg/kg di betaistina in una cavia (*: p <0.01). C: Variazione (%) di istamina-decarbossilasi (HDC: enzima che produce istamina) prodotta nei nuclei tubero mammillari nel gatto, dopo somministrazione di 2-100 mg/kg/die in un periodo compreso fra 1 settimana e 3 mesi. (*:p <0.001). I tre studi mostrano un effetto dose-dipendente della betaistina sul flusso cocleare (A) e sul metabolismo dell’istamina (B), mentre l’effetto dipendente dalla durata di trattamento con betaistina influenza soprattutto il turn-over della istamina, dunque i suoi livelli nel SNC. OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 19 Review dalla Letteratura sul compenso vestibolare, sostenere la riabilitazione posturale statica e dinamica e stimolare l’arousal del paziente, condizione molto importante perché favorisce la riabilitazione e offre una protezione fisiologica dal rischio di complicazioni psichiatriche secondarie, soprattutto per i pazienti soggetti a sintomatologia ricorrente. Durata e dose dei trattamenti con betaistina sono quindi due parametri che spostano gli effetti di questo trattamento farmacologico e possono spiegare alcuni risultati contraddittori acquisiti nel tempo in letteratura su questa terapia di riferimento in vestibologia. B ibliografia • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Albera R, Ciuffolotti R, Di Cicco M, De Benedittis G, Grazioli I, Melzi G et al. 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Neurosci Lett 2008; 448:15-9. 22 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Focus on RISCHIO VASCOLARE NELLA POPOLAZIONE CON VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE (VPP) Parole chiave: prevalenza tia/ictus; diagnosi differenziale (HINTS); patogenesi dell’orecchio interno I ntroduzione Survey condotte negli ultimi anni in Europa e in Italia (Survey VPP) indicano una maggiore incidenza di recidive di VPP nei pazienti con fattori di rischio sistemici cardio-cerebrovascolari, in particolare ipertensione, aterosclerosi epiaortica e patologie autoimmuni della tiroide. Una ulteriore tessera del puzzle eziopatogenetico che ruota intorno al distacco degli otoliti arriva da uno studio di coorte retrospettivo randomizzato, condotto dal National Health Research Institute di Taiwan (NHRI), che ha monitorato per 9 anni l’incidenza di stroke ischemico in una selezione di 4.104 pazienti con eventi di VPP, rispetto ad un gruppo di controllo di 8.397 pazienti senza disturbi vertiginosi di qualsiasi natura, riscontrando un rischio di 1,5 volte nel gruppo VPP. La selezione dei pazienti è stata fatta sulla base dei dati clinici raccolti da una popolazione di 1 milione di abitanti, assicurati presso il National Health Insurance (NHI). Questo ulteriore dato emerso in letteratura, che si aggiunge ai precedenti dati sulla correlazione di recidive di VPP e fattori di rischio vascolari, rende urgente l’esigenza di mettere a punto un pacchetto di strumenti per il Vestibologo utili nella gestione di tutti gli aspetti del paziente con VPP, dalla diagnosi differenziale, alla eziologia, alla patogenesi, fino alla completa riabilitazione del paziente ed al follow-up di medio-lungo periodo, nei casi di recidiva. Un esempio di nuovo strumento da potere integrare al trattamento sintomatico con manovre liberatorie, è rappresentato dal protocollo ambulatoriale HINTS per la diagnosi differenziale, di recente validato dalla American Academy of Otorinolaringology (AAO), che mostra un valore predittivo positivo superiore alla RM nelle prime 48 ore, fondamentali per la gestione del paziente. Nuovi spunti per potenziali strumenti futuri nella gestione della eziologia, della patogenesi e della riabilitazione dopo manovre liberatorie, arrivano da terapie consolidate, ad oggi conosciute soprattutto per il ruolo farmacologico sui fattori di rischio vascolari e sui sintomi, come gli esempi del sulodexide e della betaistina rispettivamente, che documentano oggi caratteristiche interessanti per la patogenesi, il compenso e la riabilitazione vestibolare. LA VPP E LE ALTRE FORME DI VERTIGINE POSIZIONALE La vertigine posizionale parossistica (VPP) è una forma molto comune di vestibulopatia periferica, che si caratterizza per episodi di dizziness collegati alla posizione e ai movimenti del capo, con un corredo sintomatico del tutto simile alle forme di vertigine centrale cerebrovascolari. Uno studio di coorte nazionale sulla popolazione di Taiwan, condotto su 4.104 pazienti con prima diagnosi di VPP o recidivanti (almeno due episodi nei 12 mesi antecedenti l’arruolamento), sono stati confrontati con un gruppo di controllo di 8.397 pazienti privi di anamnesi/diagnosi di vertigine, in un periodo di monitoraggio pari a 9 anni. Tutte le caratteristiche demografiche, le comorbidità cliniche e le terapie in corso, sono state registrate per entrambi i gruppi. Durante i 9 anni di follow-up il gruppo VPP ha registrato un’incidenza di stroke ischemico pari al 4,5%, mentre il gruppo di controllo si è fermato al 2,9%, evidenziando un rischio adjusted pari a 1,415 volte (intervallo di confidenza: 1,162 – 1,732, p=0,001) del gruppo VPP rispetto al gruppo di controllo. Un’ulteriore stratificazione in sottogruppi, sulla base della presenza di fattori di rischio specifici per lo stroke, ha mantenuto la correlazione statistica fra VPP e stroke ischemico. La VPP è stata descritta per la prima volta da Barany come vestibulopatia caratterizzata da brevi attacchi di vertigine collegati a movimenti del capo. Il rilascio degli otoliti nei canali semicircolari è stato proposto come meccanismo patogenetico (Schuknecht, 1969; Hall et al., 1979). La diagnosi della VPP e dei canali coinvolti si basa sul nistagmo osservato effettuando la manovra di Dix-Hallpike (Dix and Hallpike, 1952; Furman and Cass, 1999). L’eziologia della VPP rimane ancora oggi sconosciuta. Esistono ipotesi sul ruolo predisponente di traumi, infezioni virali e batteriche, patologie autoimmuni (spt. tiroidite) e ischemia dell’AICA (Baloh et al., 1987; Steenerson et al., 2005) e sulla prevalenza nel genere femminile (Lynn et al., 1995; Angeli et al., 2003; Yimtae et al., 2003; Steenerson et al., 2005; Kao et al., 2009). In letteratura una elevata quota di pazienti (67-94%) con VPP mostrano una remissione completa dei sintomi con le manovre liberatorie, seguite eventualmente da semplici esercizi posturali (Susan and Herdman, OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 23 FOCUS ON 2007). Il primo approccio al paziente con diagnosi di VPP deve quindi essere fisico e, trattandosi di una forma per molto tempo definita “benigna”, questo potrebbe risultare l’unico approccio necessario. Tuttavia la VPP può essere causa di episodi devastanti per il paziente, ma anche recidivare nel tempo, provocando distress fisico e psicologico al paziente, che talvolta si accompagnano a comorbidità caratterizzate da ansia, depressione e dizziness. Esistono inoltre numerose altre forme di vertigine posizionale che mimano il corredo sintomatico della VPP e prendono origine da cefalee, neoplasie, stroke, disturbi bulbo-cerebellari, fistole perilinfatica, deiscenza del canale superiore (Susan and Herdman, 2007). Alcuni stroke ischemici possono manifestarsi solo con disturbi dell’orecchio interno, come ipoacusie improvvise e vertigine (Kimand Lee, 2009). Un recente studio ha evidenziato come il 10,4% degli infarti cerebellari si manifesti esclusivamente con i sintomi tipici della neurite vestibolare (Lee et al., 2006). Inoltre, la vertigine di origine centrale è stata diagnosticata nel 12% di casi di pazienti con VPP (Bertholon et al., 2006). LO STUDIO DI COORTE SULLA VPP Sulla base dei dati del National Health Research Institute (NHRI) di Taiwan, raccolti dal National Health Insurance (NHI), istituto di assicurazione sanitaria che raccoglie 1 milione di taiwanesi (98% della popolazione), sono stati selezionati 4.104 pazienti con diagnosi di VPP (primo episodio o recidiva nei 12 mesi antecedenti l’arruolamento) e 8.379 pazienti per il gruppo di confronto, con caratteristiche demografiche e cliniche analoghe al primo gruppo, al netto della diagnosi di VPP. Dai due gruppi sono stati esclusi tutti i pazienti con qualsiasi forma di vertigine diversa dalla VPP, così come tutti i pazienti con eventi ischemici in anamnesi. Si è proceduto inoltre ad individuare un sottogruppo di over-65 (4.389), per indagare a fondo il rischio di stroke nella popolazione anziana, rispetto a quella generale. Inoltre, tutti i fattori di rischio predisponenti allo stroke ischemico, quali età, genere, ipertensione, diabete, fibrillazione atriale, coronaropatie, iperlipidemia, così come le terapie svolte o in corso (antiaggreganti, anticoagulanti e statine) sono state identificate e considerate (Tabella 1). Al termine dei 9 anni di follow-up (1/1/2000 – 31/12/2009) l’andamento della curva di sopravvivenza Kaplan-Meyer nei due gruppi studiati (Figura 1), mostra un risultato a favore del gruppo di controllo, cioè senza diagnosi di VPP. Indice di sopravvivenza senza attacco (%) 100 95 90 85 Log Rank P<0.001 VPP (+) VPP (-) 80 0 0 1 2 3 4 5 6 7 Follow-up (anni) Figura 1. La curva di sopravvivenza senza stroke è stata generata utilizzando l’analisi di sopravvivenza di Kaplan-Meier. 24 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 8 RISCHIO VASCOLARE NELLA POPOLAZIONE CON VPP Variabili Senza VPP (n=8379) N Totale Età, anni (media ± SD) Valore p Con VPP (n=4104) % Colonna 56.88 ± 15.55 N Totale % Colonna 57.36 ± 15.44 0.113 GENERE Femmina 5597 66.80 2740 66.80 Maschio 2782 33.20 1364 33.20 No 6134 73.20 2455 59.80 Si 2245 26.80 1649 40.20 0.984 HTN <0.001* DM No 7430 88.70 3460 84.30 Si 949 11.30 644 15.70 No 8305 99.10 4049 98.70 Si 74 0.90 55 1.30 <0.001* AF/AFL 0.022* CAD No 7542 90.00 3322 80.90 Si 837 10.00 782 19.10 <0.001* IPERLIPIDEMIA No 7348 87.70 3263 79.50 Si 1031 12.30 841 20.50 No 6287 75.03 2427 59.14 Si 2092 24.97 1677 40.86 No 8327 99.40 4084 99.50 Si 52 0.60 20 0.50 <0.001* ANTIPIASTRINICI <0.001* ANTICOAGULANTI 0.38 STATINE No 7674 91.60 3532 86.10 Si 705 8.40 572 13.90 <0.001* *p<0.05 HTN: ipertensione; DM: diabete mellito; AF/AFL: fibrillazione atriale, flutter; CAD: malattia arteria coronarica Tabella 1 - Confronti relativi alle caratteristiche cliniche e demografiche tra soggetti con e senza VPP (n=12483). Inoltre, 185 pazienti del gruppo VPP (4,5%) e 240 pazienti del gruppo di controllo (2,9%) avevano sviluppato uno stroke ischemico, evidenziando un rischio relativo normalizzato (adjusted) di stroke ischemico a favore del gruppo VPP pari a 1,415 volte (p=0,001) (Tabella 2). OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 25 FOCUS ON Presenza di Totale soggetti attacco ischemico in un tempo massimo di follow-up di 9 anni Senza VPP Con VPP Numero % Numero % Numero % Si 425 3.4 240 2.9 185 4.5 No 12058 96.6 8139 97.1 3919 95.5 1 1 1.708 (1.409 – 2.069)** Hazard ratio crude (95% CI) Hazard ratio adjusted (95% CI) 1.415 (1.162 – 1.723)* **p<0.001, *0.001 La normalizzazione (adjusted) è stata fatta per età del soggetto, genere, ipertensione, diabete, fibrillazione atriale/flutter, iperlipidemia, malattia coronarica arteriosa, e farmaci, incluso antipiastrinici, cumadina e statine. Tabella 2 - Incidenza e hazard ratio dello stroke in soggetti con e senza VPP. Per definire meglio i fattori di rischio che incidono sul rischio di stroke ischemico nella popolazione over-65, si è proceduto ad analizzare gli specifici sottogruppi, costituiti da 1.441 pazienti over-65 con VPP e 2.948 pazienti senza diagnosi di VPP o vertigine di altra natura. Nei sottogruppi over-65 la presenza di comorbidità vascolari sistemiche (ipertensione, diabete, coronaropatie e iperlipidemia) erano maggiormente rappresentate (Tabella 3). Variabili Senza VPP (n=2948) Valore p Con VPP (n=1441) N Totale % Colonna N Totale % Colonna Femmina 1784 60.50 870 60.40 Maschio 1164 39.50 571 39.60 No 1524 51.70 526 36.50 Si 1424 48.30 915 63.50 GENERE 0.948 HTN <0.001* DM No 2396 81.30 1089 75.60 Si 552 18.70 352 24.40 No 2881 97.70 1396 96.90 Si 67 2.30 45 3.10 <0.001* AF/AFL 0.103* CAD No 2349 79.70 947 65.70 Si 599 20.30 494 34.30 No 2389 81.00 1065 73.90 Si 1031 12.30 841 20.50 <0.001* IPERLIPIDEMIA *p<0.05 HTN: ipertensione; DM: diabete mellito; AF/AFL: fibrillazione atriale, flutter; CAD: malattia arteria coronarica Tabella 3 - Caratteristiche cliniche di individui di età superiore ai 65 anni con e senza VPP (n=4389). 26 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 <0.001* RISCHIO VASCOLARE NELLA POPOLAZIONE CON VPP Anche l’ulteriore analisi della popolazione over-65 mostra una correlazione indipendente dei fattori di rischio cardiovascolari e della VPP per lo stroke ischemico, con un rischio relativo normalizzato di stroke nel sottogruppo over-65 con VPP pari a 1,307 volte quello del sottogruppo di confronto. Un altro aspetto molto importante emerso dall’indagine è che nella popolazione over-65 il rischio di stroke è maggiore per il genere maschile, piuttosto che per quello femminile (Figura 2). VPP Analisi sottogruppo Età < 65 > 65 Genere Donna Uomo HTN No Si DM No Si Af/AFL No Si CAD No Si Iperlipidemia No Si 0 1 2 3 9 HR 1.415 95% C.I. (1.162-1.723) valore p 0.001 1.717 1.307 (1.170-2.518) (1.037-1.647) 0.006 0.023 1.410 (1,078-1,845) 1.397 (1.044-1.868) 0.012 0.024 1.224 1.536 (0.878-1.705) (1.198-1.970) 0.234 0.001 1.407 1.421 (1.104-1.792) (1.011-1.997) 0.006 0.043 1.401 2.346 (1.147-1.710) (0.594-9.267) 0.001 0.224 1.268 1.787 (0.997-1.614) (1.250-2.554) 0.053 0.001 1.388 1.483 (1.104-1.745) (1.001-2.197) 0.005 0.050 10 Figura 2. Hazard Ratio (HR) per VPP di sviluppo di stroke ischemico in analisi di sottogruppo. La principale novità dello studio di coorte condotto è l’associazione fra VPP ed un aumento del rischio di stroke ischemico, anche normalizzazione in base alle comorbidità cardio-cerebro-vascolari. Il rischio di stroke aumenta inoltre indipendentemente dall’età, anche se su valori di prevalenza minori per la popolazione più giovane. Storicamente la VPP è sempre stata considerata esclusivamente su base meccanica, collegata esclusivamente al rilascio di otoliti nei canali semicircolari (Schuknecht, 1969; Hall et al., 1979), ma la dimensione in sé della patologia, che raccoglie il 20-30% di tutte le diagnosi (Baloh et al., 1989; Neuhauser et al., 2001) di vertigine in Vestibologia e la quota rilevante delle ricorrenze (12-20%) (Steenerson et al., 2005; Kao et al., 2009), le condizioni predisponenti e le comorbidità sono state ampiamente indagate, evidenziando come età, cefalee, ipertensione, iperlipidemia e stroke siano indipendentemente associati alla VPP (von Brevern et al., 2007). Inoltre, così come cresce l’incidenza di stroke nella popolazione anziana, recenti studi indicano un’incidenza di VPP nella popolazione anziana pari a 1,7 volte quella della popolazione adulta (Kao et al., 2009). La circolazione dell’orecchio interno dipende dal circolo vertebrobasilare e soprattutto dall’AICA ed è particolarmente vulnerabile all’ischemia. Diversi studi recenti hanno indagato con eco-color-doppler il circolo anteriore a livello delle carotide, riscontrando un’incidenza di ispessimento dell’intima media (IMT) nella carotide comune molto più elevata fra i pazienti con VPP, rispetto a tutte le altre forme di vestibolopatia. Un altro studio ha messo in relazione l’IMT carotidea con il residual dizziness che caratterizza alcuni casi di VPP ed OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 27 FOCUS ON altri studi ancora indicano di porre attenzione alle alterazioni delle aa. vertebrali (Wada et al., 2009; Zhang et al. (2013). Questi report vanno chiaramente ampliati e vestiti con disegni di studio più stringenti sotto il profilo delle correlazioni, ma certamente indicano la presenza di un sospetto clinico dei ricercatori concentrato sui fattori di rischio cardio-cerebro-vascolari, quali potenziali trigger della VPP. Diventa quindi sempre più chiara l’esigenza per il Vestibologo di fare diagnosi differenziale rispetto alle forme centrali anche nei casi di VPP, soprattutto in presenza di pazienti anziani con comorbidità cardiovascolari, che rappresentano oggi chiari fattori predittivi del rischio di stroke ischemico (Tabella 4). Predittore Hazard Ratio 95% Intervallo di confidenza Valore p VPP 1.307 1.037-1.647 0.023* Età 1.049 1.030-1.068 <0.001 Genere maschio 1.384 1.107-1.731 0.004* HTN 1.318 1.027-1.691 0.03* DM 1.788 1.383-2.313 <0.001* Af/AFL 0.96 0.490-1.879 0.2 CAD 1.182 0.915-1.526 0.2 Iperlipidemia 1.043 0.783-1-389 0.774 *p=0.05 HTN: ipertensione; DM: diabete mellito; Af/AFL: fibrillazione atriale/flutter; CAD: malattia coronrica arteriosa. Tabella 4 - Predittori di attacco ischemico in individui con più di 65 anni esaminati con analisi di regressione Cox. Negli ultimi anni è stato introdotto un nuovo esame ambulatoriale per la diagnosi differenziale delle forme di vertigine centrale, denominato HINTS, che attraverso una batteria di 3 test comuni nella pratica vestibolare, permette di riconoscere la presenza di lesioni centrali con una sensibilità del 100% ed una specificità del 96%, cioè superiori alla RM nelle prime 24-48 ore dall’esordio della crisi vertiginosa. I test comprendono: 1. Head Impulse Test (HIT) per la valutazione dei riflessi vestibulo-oculari (VOR). In presenza di vertigine periferica unilaterale, la rotazione verso il lato colpito denota la perdita della mira visiva centrale con saccadi correttive spontanee. In presenza di vertigine centrale i riflessi vestibolo-oculari (VOR) sono normali. 2. Osservazione del Nistagmo spontaneo con sguardo fisso, a sinistra e a destra. Il cambio di direzione del nistagmo in condizioni di sguardo eccentrico è un segno centrale importante, così come la presenza di nistagmo verticale o torsionale. 3. Skew Deviation Test. Il disallineamento verticale degli occhi, collegabile ad una differente attività dei nuclei vestibolari, è considerato un segno centrale di stroke della fossa posteriore e può essere esacerbato coprendo e scoprendo gli occhi dopo avere fatto prendere al paziente una mira visiva centrale. Nella pratica il protocollo esecutivo del HINTS prevede l’esecuzione in sequenza del HIT, del test di allineamento oculare e l’osservazione del nistagmo in diverse posizioni dello sguardo (Figura 3). Altrettanto importante, una volta posta diagnosi di VPP, controllare i fattori di rischio come la pressione, la glicemia, il fumo, la dieta, l’esercizio fisico, tutti aspetti normalmente di pertinenza di altre discipline mediche, ma che irrompono oggi nella pratica clinica quotidiana anche del Vestibologo, alla luce delle recenti survey sul ruolo dei fattori di rischio cardio-cerebro-vascolari sulla clinica ambulatoriale in Vestibologia e specularmente sul ruolo dei segni vestibolari nella diagnosi differenziale dello stroke. Si profila dunque uno spettro più ampio di livelli di attenzione clinica che ruotano intorno al sintomo della vertigine, che comprende l’eziologia, la patogenesi, i sintomi e segni del paziente, il compenso e la riabilitazione (Figura 4). In particolare uno studio innovativo sul ruolo dell’infiammazione nella patogenesi della ipoacusia improvvisa (Trune, 2012), ha messo in luce di recente come i meccanismi patogenetici che si realizzano nell’orecchio interno, parta con l’infiammazione del microcircolo cocleovestibolare a prescindere dalla noxa (trauma, infezione, autoimmune, vascolare), riversandosi nei tessuti circostanti, elemento che suggerisce anche per la VPP una potenziale catena di eventi che conduce al rilascio degli otoliti, attraverso la degradazione della matrice proteica su base infiammatoria (metalloproteinasi – MMPs), che mantiene in posizione gli otoliti. Diventa quindi importante distinguere gli interventi sulle cause eziologiche, come ad esempio l’impiego di antiaggreganti e anticoagulanti, da quelli sulla patogenesi dell’orecchio interno, centrati su processi infiammatori 28 OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 RISCHIO VASCOLARE NELLA POPOLAZIONE CON VPP HINTS VERSO L’INFARTO HI • Test di impulso del capo orizzontale • Impulso normale N • Nistagmo • Alternanza fase rapida TS • Test di Inclinazione • Re-fissamento nel Cover Test (Alternato) Figura 3. Protocollo HINTS per l’infarto (Newman-Toker et al., 2013; Tarnutzer et al, 2011; Kattah et al. 2009). vascolari che coinvolgono a cascata le strutture cocleo-vestibolari, esacerbando la disfunzione vestibolare ed il corredo sintomatico al seguito. Un altro aspetto non meno importante riguarda il percorso di compenso e riabilitazione del sistema vestibolare che segue il deficit da VPP, in molti casi conseguito direttamente con le manovre liberatorie ed un trattamento sintomatico, ma in altri casi, soprattutto quelli recidivanti ed in pazienti ansiogeni, che possono riguardare fino al 20% di tutti i casi di VPP, per i quali un trattamento di supporto al compenso delle attività dei nuclei vestibolari ed alla riabilitazione neuromotoria risulta particolarmente importante. Al fine di avere pacchetti terapeutici discreti e sicuri che possano coprire l’intero spettro della Vestibologia clinica moderna, recenti indagini sulle attività peculiari dei GAGs (ad es. sulodexide) pongono questa terapia come maneggevole add on per l’eziologia vascolare, grazie all’attività antitrombotica e profibrinolitica. Per il supporto al compenso ed alla riabilitazione che seguono le manovre liberatorie, la betaistina, già nota per la gestione sintomatica del paziente con vertigine, grazie all’azione (H3) di riduzione delle scariche spontanee dei neuroni a livello del labirinto periferico, che contrasta l’eccesso di input vestibolare, responsabile dei sintomi neurovegetativi. L’azione periferica della betaistina si completa con l’attività (H1) di stimolo del flusso sanguigno nel microcircolo cocleo-vestibolare. La novità della attività pro-compenso e pro-riabilitazione è emersa da studi recenti che hanno sperimentato l’attività della betaistina sui recettori H3 dei nuclei vestibolari e del SNC, impiegando protocolli di trattamento dose-time-finding, che indicano nel dosaggio e nel tempo le due variabili inter-dipendenti da utilizzare per trasferire l’efficacia clinica dal periferico (sintomatica) al centrale (compenso e riabilitazione). Per ottenere un effetto centrale è possibile quindi aumentare il dosaggio di betaistina, mantenendo fissa la variabile del tempo (ad es. 1-2 mesi), oppure allungare i tempi di trattamento mantenendo il dosaggio (ad es. 48 mg/die) (Lacour M. 2012). OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 29 i dell’equilibrio vascolare FOCUS ON mprovvisa Acufene (1) (2) VESTIBOLOGIA CLINICA Può essere associata a eventi ischemico-trombotici dell’AICA Può essere associato ad alterazioni del flusso cocleo-vestibolare Stachler RJ et al. Otolaryngol Head Neck Surg. 2012;146:S1 Audiogramma Soglia uditiva (db) orecchio sinistro X EZIOLOGIA -10 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 Ipoacusia * orecchio destro X X X X Acufene (1) causa esempi VASCOLARE TIA/STROKE; Eventi tromboembolici e stati ipercoagulativi; Fattori di Rischio Vascolari (es. arteriopatia ai tronchi sovraortici, cerebrovasculopatia); Alterazioni Flusso Cocleo-Vestibolare (CBF) X Ipoacusia media PATOGENESI INFETTIVA X Ipoacusia severa X NEOPLASTICA 125 250 500 1000 2000 Frequenza (Hz) 4000 IDIOPATICA 8000 esempi EPISODICO, associato a ipoacusia e vertigini MALATTIA DI MENIERE (ipotesi) PULSATILE, associato a ipoacusia ORIGINE VASCOLARE (ipotesi) ASSOCIATO a ipoacusia progressiva/improvvisa PRESBIACUSIA/TRAUMA COMPENSO RIABILITAZIONE Fattori ototossici (es. antibiotici, ASA, antipertensivi) Virale; Batterica IDIOPATICO Immuno-mediata; Tiroidea POSIZIONALE, con esacerbazione/sollievo del sintomo Fattori ototossici ASSOCIATO a disturbi cardiovascolari e metabolici X Ipoacusia profonda (3, 4, 5) causa SINTOMI/SEGNI Normale Ipoacusia lieve Yang S. Restor Neurol Neurosci. 2013; 31(2): 99-108 Tuba di Eustachio Ipertensione, iperlipidemia, patologia carotidea, diabete, disturbi della tiroide, deficit Vit. B12, etc. Cervello Orecchio interno * Esempio di presbiacusia Occhi il microcircolo cocleo-vestibolare garantisce l’omeostasi endolinfatica e regola il metabolismo dell’orecchio interno (6) re associata a -trombotici dell’AICA Può essere associato ad alterazioni del flusso cocleo-vestibolare Citochine Autoanticorpi Batteri & virus Lume del vaso Cellula immunitaria GAGs TLRs Cellula endoteliale ICAMs PGs TJ Muscoli e Ossa Perdita della barriera emato-labirintica ol Head Neck Surg. 2012;146:S1 Yang S. Restor Neurol Neurosci. 2013; 31(2): 99-108 Citochine Autoanticorpi Batteri & virus Citochine BIBLIOGRAFIA : 1. Stachler RJ et al. Otolaryngol Head Neck Surg. 2012;146:S1 - 2. Yang S. Restor Neurol Neurosci. 2013; 31(2): 99-108 - 3. Crummer RW et al. Am Fam Physician 2004;69:120-6,127-8 - 4. Curhan SG et al. Am J Med (2010) 123, 231-7 - 5. Borghi C et al. Curr Ther Res. 2005; 66, 420-32 - 6. Trune DR et al. Semin Hear. 2012;33:242-50 Ipoacusia Causa? Origine centrale? AcufeneAttività Meccanismo (3, 4, 5) trauma, infezione esempi autoimmune, ecc. causa patogeneticocausaNuclei Vestibolari esempi TIA/STROKE; Eventi tromboembolici e stati ipercoagulativi; Fattori di Rischio Vascolari (es. arteriopatia ai tronchi sovraortici, cerebrovasculopatia); Alterazioni Flusso Cocleo-Vestibolare (CBF) 000 ORIGINE VASCOLARE (ipotesi) ASSOCIATO a ipoacusia progressiva/improvvisa PRESBIACUSIA/TRAUMA Chinociglio POSIZIONALE, con esacerbazione/sollievo Otoliti Membrana Stereociglia del sintomo otolitica Immuno-mediata; Tiroidea IDIOPATICA PULSATILE, associato Macula a ipoacusia IDIOPATICO Virale; Batterica X NEOPLASTICA MALATTIA DI MENIERE (ipotesi) Fascio di fibre ASSOCIATO a disturbi cardiovascolari e metabolici Fattori ototossici (STROKE) Fattori ototossici (es. antibiotici, ASA, antipertensivi) TLRs Cellule ciliate Cellule di supporto Lume del vaso Cellula immunitaria GAGs Cellula endoteliale Nucleo superiore TJ Fibre dai canali anteriore e orizzontale Nucleo superiore Nucle laterale Fibre dai canali posteriori Fibre dall’utricolo Nucleo Laterale Citochine (LIVELLI ISTAMINERGICI) ICAMs PGs Perdita della barriera emato-labirintica Citochine Autoanticorpi Batteri & virus (RIMOZIONE GAGS) Figura 4. Vestibologia clinica. OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 Fibre dal sacculo Nucleo discendente l Neurosci. 2013; 31(2): 99-108 - 3. Crummer RW et al. Am Fam Physician 2004;69:120-6,127-8 - 4. Curhan SG et al. Am J Med (2010) 123, 231-7 - 5. Borghi C et al. Curr Ther Res. 2005; 66, 420-32 - 6. Trune DR et al. Semin Hear. 2012;33:242-50 30 Istamina Tuba di Eustachio Ipertensione, iperlipidemia, patologia carotidea, diabete, disturbi della tiroide, deficit Vit. B12, etc. Fibre del crocircolo cocleo-vestibolare garantisce l’omeostasi endolinfatica nervo vestibolare (6) e regola il metabolismo dell’orecchio interno (RILASCIO OTOLITI) Citochine Autoanticorpi Batteri & virus Circuito istaminergico SNC del sacculo Macula dell’utricolo INFETTIVA EPISODICO, associato a ipoacusia e vertigini Nucleo Mediale Nucleo Mediale Nucleo discendente (BILANCIAMENTO) Cod. 01819321 VASCOLARE Cod. 01819321 (1) RISCHIO VASCOLARE NELLA POPOLAZIONE CON VPP B ibliografia • • • • Kao CL CL et al. Increased risk of ischemic stroke in patients with benign paroxysmal positional vertigo: a 9-year follow-up Nationwide Population Study in Taiwan. Frontiers in Aging Neuroscience 2014; vol. 6:1-7. Kattah JC et al. HINTS to Diagnose Stroke in the Acute Vestibular Syndrome. Stroke 2009; 40:3504-10. Trune DR. Vascular Pathophysiology in Hearing Disorders. Semin Hear 2012; 33:242-250. Lacour M. Betahistine treatment in managing vertigo and improving vestibular compensation: Clarification. Journal of Vestibular Research 2013; 23:139-51. OTONEUROLOGIA Settembre 2014 n.45 31 È on-line il nuovo portale web Otoneurologia2000, punto di riferimento in Italia sulle patologie audio-vestibolari e centro di esperienze condivise. Visitalo subito all’indirizzo web: www.otoneurologia2000.it OTO NEUROLOGIA PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI