Filosofia dei Sofisti e la scrittura su commissione

La filosofia dei Sofisti e la scrittura su commissione
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Cenni storici
Filosofi sofisti
Retorica ed eloquenza
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Cenni storici
Questo scritto sulla filosofia dei sofisti, ospitato in un sito che si occupa di scrittura su
commissione, non intende parlare strettamente di filosofia ma mettere in risalto alcuni
aspetti del pensiero e soprattutto dell’attività dei sofisti per quella parte che ha stretta
attinenza con la “filosofia” appunto del blog.
Non si può comunque prescindere dall’inquadrare questo fenomeno nel suo contesto
storico, filosofico e sociale.
Intorno al V° secolo A.C. si afferma ad Atene una nuova forma di pensiero che, a differenza
della filosofia “tradizionale” allora in auge, tende a mettere l’uomo e non la natura al centro
delle cose.
Si trattò di una vera e propria rivoluzione filosofica figlia del nuovo clima che pervadeva la
città di Atene dopo la vittoria della lega greca sui persiani che, ancora una volta, avevano
tentato l’invasione della Grecia.
Lo sforzo militare e le conseguenti spese sostenute fecero guadagnare potere alla borghesia
mentre quello dell’aristocrazia cominciava ad essere in declino.
L’espandersi dei traffici e l’evoluzione delle tecniche avevano imposto la necessità di una
democrazia più allargata e molti diritti, prima appannaggio dei soli aristocratici,
cominciarono ad essere fruibili anche da parte di borghesi influenti.
La differenza sostanziale tra la scuola dei sofisti e la scuola della filosofia tradizionale stava
nell’oggetto dell’indagine: uomo e non più natura, come detto. Ma la vera rivoluzione
consisteva nella violazione del sacro tabù dei filosofi. Fino ad allora un filosofo degno di
questo nome non si sarebbe mai “abbassato” a farsi pagare direttamente le proprie
prestazioni intellettuali: insegnamento e pareri nelle discussioni filosofiche non avevano mai
come fine il guadagno ma la diffusione della cultura per la cultura. I sofisti invece
insegnavano dietro compenso e non diffondevano la sapienza come fatto fine a se stesso, ma
come mezzo per affermarsi nella vita pratica. Era un comportamento a dir poco blasfemo:
Senofonte li bollò come “prostituti della cultura” e Platone ed Aristotele li avversarono
demonizzandoli culturalmente e trattandoli più come mercenari del sapere che come filosofi
a pieno diritto.
I sofisti non si limitavano all’insegnamento della filosofia, ma insegnavano anche altre
discipline come la grammatica e la retorica. Quest’ultima in particolare era la loro “arte”
per eccellenza.
Il concetto che i sofisti avevano della cultura, intesa come formazione dell’individuo, è
praticamente lo stesso che abbiamo ancora oggi.
La ricerca della razionalità, l’allargamento degli orizzonti oltre l’ambito cittadino, la ricerca
di un panellenismo erano concetti all’epoca rivoluzionari. Storicamente una nazione
“ellenica” non era mai esistita e neppure concepita dai greci antichi. Ogni città costituiva
un’entità autonoma e solo in casi di particolare gravità si riusciva a formare un’alleanza che
finiva al cessare del pericolo. La concezione dei sofisti al contrario tendeva a scavalcare
questi ambiti ristretti in favore di una visione più ampia e, come diremmo oggi,
multiculturale.
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Filosofi sofisti
Tra i primi sofisti ricordiamo Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia ed Antifonte
Protagora
La tesi fondamentale di Protagora è nel principio:
“ L’uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non
sono in quanto non sono “ [Protagora ne “I Dialoghi d Platone”]
Il significato non è chiaro del tutto. Secondo Platone questa affermazione significa che gli
uomini vedono le cose in modo soggettivo e, pur interpretando diversamente la realtà, le
cose restano reali comunque vengano percepite.
La filosofia degli ultimi tempi tende invece ad interpretare l’uomo come società e le cose
come i suoi valori ed i suoi ideali.
C’è ancora una interpretazione più ampia che fa concidere “l’uomo” con l’intera umanità e
le cose diventano quindi la realtà che ci circonda.
Gorgia di Lentini
Di Gorgia si ricordano le opere: “Sul non essere o sulla natura” e “Encomio di Elena”.
La filosofia della prima opera si sintetizza nel motto: “Nulla c’è; se anche qualcosa c’è, non è
conoscibile dall’uomo; se anche è conoscibile, è incomunicabile agli altri.
Nella seconda opera il filosofo dice che Elena non è colpevole perché ha agito sotto la spinta
di forze più grandi di lei, come amore, persuasione, seduzione, volontà degli dei.
Prodico
Prodico si distinse per l’eloquenza e la sua capacità oratoria e coltivò il senso dell’etica e
della morale. La sua figura di persona molto retta smentì in parte le accuse rivolte ai sofisti.
Ippia di Elide (da non confondersi con l’omonimo tiranno di Atene) non si occupò soltanto di
politica ed etica ma coltivò anche altre scienze come la matematica, l’astronomia, la storia.
Antifonte presenta una doppia veste: come sofista sostiene che gli uomini sono tutti uguali e
non vede distinzioni tra un barbaro ed un greco; come oligarca era per il dominio di pochi e
questi pochi erano i migliori che dovevano dominare gli altri.
Ogni filosofo aveva una sua visione particolare delle cose e quindi non si può parlare di una
vera e propria scuola sofistica ma piuttosto di una corrente di pensiero.
Nel secolo successivo la sofistica perse progressivamente importanza.
Solo nel II° secolo ci fu una rinascita attraverso un movimento che fu definito come
“Seconda Sofistica”.
A differenza dei loro predecessori, quello dei nuovi sofisti si presentò come un movimento di
impronta soprattutto letteraria, abbandonando temi etici e filosofici ed orientandosi allo
studio dell’oratoria e della retorica.
Il movimento della seconda sofistica durò fino alla scuola di Gaza, in Palestina, zona
fortemente influenzata dalla cultura ellenistica.
Siamo al V° secolo D.C., praticamente già in epoca bizantina.
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Retorica ed eloquenza
I Greci avevano il gusto del bello: come esso dominava i loro comportamenti così trasuda da
tutta la loro arte. Pittura e scultura sono sotto ai nostri occhi in tante località italiane di
quella che una volta è stata la Magna Grecia.
Dalla lettura degli scritti arrivati fino a noi si capisce come il bello dominasse anche la
letteratura. Il parlare forbito, l’eleganza nel discorso, il frequente ricorso alle metafore sono
tutti indicatori di una ricerca di stile e di armonia.
Con i sofisti questa ricerca viene portata “all’esasperazione”, diventa oggetto di continuo
perfezionamento. A differenza dei classici della filosofia aristocratici questa ricerca del
sempre più bello non è finalizzata a se stessa ma ha come scopo quello di “convincere”, di
crearsi approvazione.
Il politico oratore in una assemblea, la scrittura su commissione fatta a vantaggio di una
delle parti di un processo, la ricerca del consenso per intraprendere un’azione militare o
comunque impegnativa, la costruzione di un prestigio personale da spendere poi per una
carriera pubblica hanno bisogno di eloquenza convincente e tale da portare gli ascoltatori
dalla propria parte.
L’assembla popolare ateniese era uno dei luoghi dove la padronanza del linguaggio era una
condizione essenziale per ottenere il maggior consenso possibile nelle decisioni politiche e
legislative.
Un altro luogo dove era necessario avere un linguaggio convincente era il tribunale
Antifonte di Ramnunte è considerato il primo logografo, cioè scrittore di discorsi di difesa a
pagamento. Nei tribunali ateniesi vigeva la legge che ognuno doveva sostenere le proprie
ragioni personalmente. Questo creava una forte disparità quando fossero in lite soggetti
appartenenti a classi sociali diverse e chiaramente il più erudito, anche se in torto, riusciva
più facilmente a portare il giudizio a proprio favore. Il patrocinio legale non esisteva ancora
e molti non sapevano difendersi. E quindi interveniva il retore che preparava un discorso di
accusa, uno di difesa ed uno di contraddittorio, in modo da essere pronti in anticipo, e
questi scritti venivano costruiti basandosi sui fatti che gli venivano esposti.
Questo sistema favorì il sorgere di scuole di logografi e provocò lo sdegno dei filosofi
“aristocratici” per il corrispettivo in danaro che i sofisti chiedevano come retta per
partecipare alle lezioni.
Come detto in precedenza Platone fu il maggior accusatore dei sofisti anche se di alcuni ne
ammirava l’eloquenza, la personalità e la padronanza della lingua (di Protagora in
particolare).
Oggi avvocati e procuratori svolgono in versione riveduta e corretta il lavoro iniziato nel V°
secolo avanti Cristo dai sofisti.
Purtroppo nel linguaggio corrente odierno il termine “sofista” ha assunto una valenza
negativa: è diventato sinonimo di chi imbroglia il discorso, di chi “mena il can per l’aia”, di
chi si perde in inutili giri di parole per diluire la verità. Indubbiamente nell’arte della
retorica è previsto anche questo, ma non è certo l’aspetto più significativo, anche se in
molte circostanze è un buon mezzo per raggiungere il proprio scopo.
L’attività dei sofisti antichi nulla ha a che vedere con questo uso “villano” della loro arte: un
sofista esaminava un caso in tutti i suoi aspetti e, per lo stesso evento, era in grado di creare
due diverse strategie:
a) ti dimostro perché hai torto
b) ti dimostro perché hai ragione
ed ognuna delle due argomentazioni, presa per se stessa, era valida ed inconfutabile.
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