scarica pagine saggio

annuncio pubblicitario
Capitolo Terzo.....................................
Le società di persone
Sezione Prima
La società semplice (artt. 2251-2290)
1. Nozione, caratteri e contenuto
La società semplice è la forma più elementare di società; si definisce «semplice» in quanto il contratto non è soggetto a forme particolari, salvo quelle
necessarie per la natura dei beni conferiti (art. 2251). È comunque richiesta
l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese (ma esclusivamente
al fine di pubblicità-notizia).
La caratteristica principale consiste nel fatto che essa può avere ad oggetto
esclusivamente attività di natura economica lucrativa non commerciale (art.
2249).
La sfera di applicazione delle società semplici può estendersi, pertanto, all’esercizio di:
a) attività agricole (con alcune limitazioni);
b) attività di gestione di immobili che non sia esplicata a mero scopo di godimento.
La società semplice non ha personalità giuridica, e lo si deduce tra l’altro
anche dal dato normativo che, all’articolo 2331, usa il termine «personalità»
solo per le società per azioni, e tale norma viene richiamata per le altre società
di capitali e per le cooperative, ma non per le società di persone.
2. Ragione e capitale sociale
La ragione sociale svolge una funzione di identificazione della società allo
stesso modo in cui il nome identifica la persona fisica. Viene affermato in
dottrina che, pur non facendone il legislatore menzione espressa, anche la
società semplice ha e deve avere una ragione sociale. Essa deve contenere il
nome di uno o più soci, esclusi quelli che per patto sociale non rispondono
personalmente delle obbligazioni sociali (applicazione analogica dell’art. 2292).
Il capitale sociale esprime in termini monetari il valore dei conferimenti
che costituiscono il fondo sociale.
Occorre distinguere il capitale sociale dal patrimonio sociale, che è costituito
dal complesso di attività e passività della società effettivamente esistenti in un
dato momento: capitale e patrimonio sociale possono perciò corrispondere
solo nella fase iniziale della società.
62
Parte Seconda - Le società
3. Status di socio
Lo status di socio si acquista con la costituzione della società.
Spettano, quindi, al socio diritti ed obblighi espressamente previsti dalla
legge, tra cui: il diritto di amministrare la società, il diritto di voto in assemblea, il diritto di controllare l’operato degli amministratori, il diritto agli utili,
l’obbligo di eseguire i conferimenti, il divieto di utilizzare il patrimonio sociale
per fini estranei a quelli della società.
4. Amministrazione, rappresentanza e responsabilità
A)Generalità
Per amministrazione della società si intende l’attività di gestione dell’impresa sociale, cioè l’attività di esecuzione del contratto sociale preordinata a
realizzare l’interesse per il quale si è concluso il contratto sociale.
Il principio generale per la società semplice, richiamato anche per le altre società
di persone, è che il potere di amministrazione della società spetta a ciascun
socio con responsabilità illimitata, disgiuntamente dagli altri soci (art. 2257,
comma 1); il potere di amministrazione, pertanto, nelle società di persone, è un
attributo essenziale della qualità di socio. L’atto costitutivo può tuttavia riservare
l’amministrazione solo ad alcuni soci, escludendo gli altri da tale funzione.
Il sistema cd. legale, in quanto previsto dal codice, di amministrazione disgiuntiva può essere
derogato dalla volontà delle parti che possono stabilire (nel contratto sociale e nell’atto costitutivo)
una forma di amministrazione congiuntiva, con le seguenti caratteristiche:
— per il compimento delle operazioni sociali è necessario il consenso di tutti i soci amministratori
(o della maggioranza, se così è stato stabilito);
— i singoli amministratori non possono compiere da soli nessun atto, salvo che vi sia urgenza di
evitare un danno alla società (art. 2258, comma 3).
Qualora l’amministrazione sia affidata ad uno solo dei soci, gli altri soci non possono interferire
né opporsi alle sue operazioni, anche se ad essi sono riconosciuti ampi poteri di informazione
e controllo.
Differenze
È necessario distinguere l’ipotesi in cui l’amministratore sia stato nominato con il contratto
sociale, il quale può essere revocato solo per giusta causa, dall’ipotesi in cui la nomina dell’amministratore sia contenuta in un atto separato, per la cui revoca si applicano le norme sul mandato.
B)Amministrazione e rappresentanza
In tutte le forme di società va distinta l’amministrazione dalla rappresentanza, in quanto:
— amministratore è colui che ha la gestione dell’impresa collettiva (ha, cioè,
carattere interno);
— rappresentante è invece colui che ha il potere di esprimere all’esterno
la volontà sociale, di agire nei confronti dei terzi in nome della società (ha
cioè carattere esterno). Il potere di amministrare è normalmente, ma non
Capitolo Terzo - Le società di persone
63
necessariamente, connesso con il potere di rappresentanza; può accadere,
infatti, che uno o più amministratori siano privi di capacità rappresentativa.
Per quest’ultima ipotesi, comunque, è necessaria una espressa previsione
nell’atto costitutivo: in alternativa il potere di rappresentanza è attribuito
a ciascun socio amministratore.
C)La responsabilità degli amministratori
Presupposti dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, a norma dell’articolo 2260, comma 2, sono:
— l’inadempimento, da parte degli amministratori, degli «obblighi ad essi imposti dalla legge o
dal contratto sociale»;
— il danno subìto dalla società come conseguenza immediata e diretta del suddetto inadempimento.
Legittimati a proporre tale azione sono:
— i nuovi amministratori, se quelli contro i quali si agisce siano stati già revocati;
— gli amministratori che non siano inadempienti;
— ciascun socio.
L’azione tende ad ottenere la condanna degli amministratori al risarcimento del danno subìto
dalla società. Gli amministratori sono solidalmente responsabili: tuttavia tale responsabilità non si
estende a quelli tra loro che dimostrino di essere esenti da colpa; ogni amministratore, pertanto, può
liberarsi dalla responsabilità, fornendo la prova di avere diligentemente amministrato e vigilato.
Società socia di altra società
Questione da sempre discussa è quella relativa alla possibilità che una società di capitali sia
socia illimitatamente responsabile di una società di persone.
Pur mancando un espresso divieto di legge, tale forma di partecipazione non ha mai trovato
attuazione nel sistema societario italiano per la ferma opposizione manifestata al riguardo dalla
giurisprudenza, che ha evidenziato i rischi insiti in tale operazione, derivanti dalla pericolosa
combinazione dei due diversi regimi di responsabilità previsti per le società di persone e per
le società di capitali.
La soluzione positiva, invece, è stata accolta dalla dottrina prevalente, pur non mancando i
sostenitori della tesi contraria.
Attualmente la questione sembra aver trovato una soluzione normativa per effetto dell’art. 2361
che ha ammesso la partecipazione di una qualsiasi società di capitali nelle società di persone, sempre che non ne risulti sostanzialmente modificato l’oggetto sociale. Il secondo comma
della citata disposizione prevede, in proposito, che sia l’assemblea a deliberare l’assunzione
di partecipazione in altre imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni
delle medesime. È fatto poi obbligo agli amministratori delle società di capitali di dare, nella
nota integrativa del bilancio, specifiche informazioni sulle partecipazioni in società di persone.
La giurisprudenza e parte della dottrina hanno, invce, sempre ritenuto ammissibile la partecipazione di una società di persone ad altre società di persone.
5. Volontà sociale e rapporti tra i soci
Il codice non prevede, per la società semplice, l’esistenza dell’assemblea
dei soci. Per le relative decisioni sociali, pertanto, può essere sufficiente
raccogliere, anche separatamente, le singole volontà. È discusso se le decisioni debbano essere o meno prese all’unanimità. In alcuni casi l’unanimità è
espressamente prevista dalla legge (es.: scioglimento della società, nomina e
64
Parte Seconda - Le società
revoca dei liquidatori, modificazioni del contratto sociale); in altre ipotesi la
legge ritiene sufficiente la maggioranza dei soci (es.: esclusione di un socio per
gravi inadempienze). Per le delibere per le quali la legge nulla dispone, si tende
a preferire l’applicazione del principio maggioritario.
Ciascun socio ha diritto di percepire gli utili (art. 2262).
Differenze
La norma dettata dall’art. 2262 determina una notevole differenza tra le società di persone e
le società di capitali: nella società semplice (e nelle altre società di persone) la ripartizione degli
utili costituisce un vero e proprio diritto soggettivo del socio; mentre nelle società di capitali
il socio ha solo un’aspettativa agli utili, in quanto la distribuzione di essi è subordinata ad
una delibera in tal senso da parte dell’assemblea, una volta approvato il bilancio.
Questo diverso trattamento delle società di persone rispetto alle società di capitali è giustificato sulla base del maggior rischio che corrono i soci delle prime, i quali sono illimitatamente
responsabili per le obbligazioni sociali.
L’articolo 2263 dispone che «le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle
perdite si presumono proporzionali ai conferimenti», per cui:
— se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono uguali;
— se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni,
nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione
alle perdite.
La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, infine, se non
è fissata nel contratto è determinata dal giudice, secondo equità.
I soci sono liberi di derogare a tali criteri; essi incontrano il solo limite del
divieto del cd. patto leonino (art. 2265) con il quale si escludono uno o più
soci dalla partecipazione agli utili e alle perdite (se ciò fosse consentito si permetterebbe ad un socio di fare la «parte del leone», escludendo gli altri dagli
utili o escludendo se stesso dalle perdite, facendo, cioè, venir meno il rischio
di impresa che, di regola, deve ricadere su tutti i soci).
6. Responsabilità, scioglimento e liquidazione
Delle obbligazioni assunte in nome della società dai soci amministratori
forniti di rappresentanza rispondono:
a) il patrimonio sociale (art. 2267);
b) i soci che hanno agito in nome e per conto della società (trattasi di responsabilità diretta, personale, illimitata — art. 2740 — e solidale).
A norma dell’art. 2268, i soci fruiscono di un ridotto beneficio di escussione preventiva del
patrimonio sociale (cd. beneficium excussionis) poiché i creditori sociali sono liberi di aggredire
tanto il patrimonio sociale, quanto i beni personali dei soci. Però, il socio cui è stato richiesto
il pagamento delle obbligazioni sociali può paralizzare tale azione, dimostrando che esistono
beni sociali sui quali il creditore può agevolmente soddisfarsi;
c) gli altri soci (salvo patto contrario).
Capitolo Terzo - Le società di persone
65
La responsabilità dei singoli soci ha carattere sussidiario, in quanto rileva
nei soli casi in cui non risulti agevole per i creditori sociali agire sul patrimonio della società.
Il patrimonio della società semplice è insensibile alle pretese dei creditori
personali dei soci (artt. 2270-2271).
Il creditore particolare del socio non può mai soddisfarsi sul patrimonio sociale ma può soltanto:
— far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al socio suo debitore;
— compiere atti conservativi sulla quota spettante al socio nella liquidazione;
— chiedere, ove provi che gli altri beni del debitore siano insufficienti a soddisfare i suoi crediti,
la liquidazione della quota del socio suo debitore (provocando l’uscita di questi dalla società,
ex art. 2288); a detta liquidazione la società deve provvedere entro tre mesi dalla domanda.
Quest’ultima ipotesi è espressamente esclusa per le società in nome collettivo e in accomandita
semplice, per le quali vige la regola opposta, in quanto il creditore particolare non può, finché dura
la società, chiedere la liquidazione della quota del socio.
L’articolo 2271 stabilisce, inoltre, che «non è ammessa compensazione fra il debito che un
terzo ha verso la società e il credito che egli ha verso un socio».
Il rapporto sociale può sciogliersi con riferimento ad un solo socio o nei
confronti di tutti i soci.
Nella prima ipotesi, per il principio generale valido in materia di contratti
plurilaterali, l’uscita di una sola parte dal contratto stesso non determina di
regola lo scioglimento della società. Il venir meno del singolo socio determina
l’estinzione della società soltanto se la sua partecipazione debba, secondo le
circostanze, considerarsi essenziale. In materia societaria, tale principio di
conservazione opera anche in caso di società costituite da due soli soci. Anche
in tal caso, infatti, lo scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un
socio non determina automaticamente lo scioglimento della società, il quale si
verificherà soltanto, secondo l’interpretazione dominante dell’art. 2272, n. 4, se
la pluralità dei soci non verrà ricostituita dal socio superstite entro il termine
di sei mesi (CAMPOBASSO G.F.; Cass. 18-9-2012, n. 15622).
Con riferimento alla singola partecipazione sociale lo scioglimento può avvenire per morte (art. 2284), per recesso volontario del socio (art. 2285) e per
esclusione del socio stesso (artt. 2286-2288) ad opera degli altri soci, quando
ricorranno cause di esclusione previste dalla legge (es.: mancato adempimento
dei conferimenti promessi) o di diritto (es.: fallimento).
Verso tutti i soci lo scioglimento avviene di diritto (art. 2272) per decorso
del termine, per conseguimento dell’oggetto sociale, per volontà di tutti i soci,
per il venir meno della pluralità dei soci, se non è ricostituita nel termine di
sei mesi, e per le altre cause previste nel contratto sociale.
Verificatasi la causa di scioglimento la società non cessa subito di esistere,
ma si apre la liquidazione. La società continua ad esistere ai soli fini della
liquidazione, che ha per scopo la conversione del patrimonio sociale in danaro
per estinguere i debiti sociali. Qualora i liquidatori compiano «nuove operazioni», diverse da quelle strettamente funzionali alla liquidazione, essi non
vincolano la società, ma rispondono personalmente e solidalmente per gli
affari intrapresi (art. 2279).
66
Parte Seconda - Le società
Oggetto
Conferimenti
Attività non commerciali
Denaro
Beni
Crediti
Prestazioni lavorative
Società
semplice
Amministrazione
Congiuntiva
Disgiuntiva
Del rapporto sociale
Scioglimento
Della società
Sezione Seconda
La società in nome collettivo (artt. 2291-2312)
1. Definizione e caratteri
La società in nome collettivo è il tipo di società nella quale tutti i soci
rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali (art.
2291). Poiché la struttura societaria non è dissimile da quella della società
semplice, l’articolo 2293 fa rinvio alla disciplina di questa società per quanto
non specificamente previsto.
Caratteristica di questo tipo di società è l’aspetto fiduciario (fondato sull’intuitus personae) e la responsabilità illimitata e solidale dei soci, salvo patto
contrario che però resta non opponibile ai terzi.
2. L’atto costitutivo
La stipulazione del contratto di s.n.c. deve essere fatta per iscritto e, cioè, o
mediante scrittura privata autenticata dal notaio, oppure con atto pubblico.
Gli amministratori ed il notaio (quest’ultimo nell’ipotesi di stipulazione
attraverso atto pubblico) sono obbligati a depositare il contratto (se scrittura
privata) o una copia (se atto pubblico) per l’iscrizione presso l’ufficio del registro
delle imprese nella cui circoscrizione si trova la sede sociale (art. 2296).
Le modifiche dell’atto costitutivo vanno adottate dall’assemblea sociale
all’unanimità, se non è convenuto diversamente.
Anche le modificazioni devono iscriversi nel registro delle imprese e, solo a
registrazione avvenuta, sono opponibili ai terzi, a meno che non si provi che
questi ne fossero comunque a conoscenza.
Capitolo Terzo - Le società di persone
67
3. Il capitale sociale
Per «capitale sociale» si intende il valore in danaro dei conferimenti dei beni,
risultante dalle valutazioni compiute nell’atto costitutivo.
La tutela dell’integrità del capitale sociale nella s.n.c. — seppure limitata rispetto a quella prevista per le società di capitali — è attuata attraverso:
— il divieto di distribuzione di utili fittizi (art. 2303), non corrispondenti, cioè, ad una plusvalenza attiva del patrimonio rispetto al capitale sociale: possono ripartirsi, pertanto, solo utili
realmente conseguiti;
— la riduzione facoltativa del capitale sociale per perdite: se si verifica una perdita non si distribui­
scono gli utili finché il capitale non è corrispondentemente reintegrato o ridotto (art. 2303,
comma 2);
— l’obbligo, per gli amministratori, della tenuta di scritture contabili, prescindendo dalla natura
commerciale o agricola dell’impresa esercitata dalla s.n.c.;
— l’obbligo di redigere annualmente l’inventario (art. 2302);
— il divieto, a carico degli amministratori, di restituire i conferimenti ai soci o di liberarli dall’obbligo di esecuzione, se non dopo riduzione del capitale sociale.
L’art. 2306 sottopone ad un peculiare regime qualsiasi riduzione del capitale sociale che si
effettui mediante rimborso ai soci delle quote pagate o mediante liberazione di essi dall’obbligo
di ulteriori versamenti:
— la relativa deliberazione, invero, deve essere iscritta nel registro delle imprese;
— essa può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell’iscrizione;
— nel termine anzidetto, ciascun creditore sociale anteriore all’iscrizione può fare opposizione.
4. L’autonomia patrimoniale
L’autonomia patrimoniale della s.n.c. è più rigida di quella della società
semplice in quanto la responsabilità dei soci per le obbligazioni sociali (art.
2291) ha il carattere di:
— responsabilità solidale ed illimitata: dalla illimitatezza deriva che il
fallimento della società esercente un’attività commerciale produce anche
il fallimento del socio;
— responsabilità sussidiaria: il creditore sociale deve preventivamente escutere il patrimonio sociale e solo in caso di insufficienza può agire sui beni
personali del socio. Ciò a differenza della società semplice, dove il beneficio di preventiva escussione opera soltanto se espressamente richiesto dal
socio, il quale ha anche l’onere di indicare al creditore i beni della società
sui quali possa agevolmente soddisfarsi (art. 2268).
Inoltre, si ricordi che:
— il creditore particolare di un socio non può chiedere, finché dura la società (salvo la disciplina
particolare in caso di proroga) la liquidazione della quota del suo debitore (art. 2305); egli può,
invece:
— compiere atti conservativi sulla quota del suo debitore;
— far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al suo debitore;
— provocare la dichiarazione di fallimento del debitore (se imprenditore commerciale) e,
quindi, la sua esclusione di diritto dalla società;
68
Parte Seconda - Le società
— ogni socio che entra a far parte della società risponde anche per le obbligazioni contratte
prima della sua ammissione;
— la responsabilità del socio uscente, per le obbligazioni sociali, persiste fino al giorno in cui si
verifica lo scioglimento del rapporto sociale (art. 2290).
5. Amministrazione e rapporti tra soci
Tutti i soci hanno diritto di amministrare disgiuntamente i beni sociali;
l’amministrazione può essere, però, affidata ad uno o più di essi. Per l’amministrazione (come anche per la rappresentanza) valgono le stesse regole della
società semplice.
Anche nei rapporti tra soci si applicano le regole della società semplice,
con la previsione ulteriore, però, relativa al divieto di concorrenza (art. 2301).
In pratica, ai sensi dell’art. 2301, oltre all’obbligo del conferimento, ciascun socio assume
anche l’obbligo di «non esercitare, per conto proprio o altrui, un’attività concorrente con quella
della società, né partecipare come socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente».
L’obbligo di non concorrenza, che pure costituisce un effetto legale del contratto, può essere
comunque espressamente escluso dai soci: tale volontà si ritiene presunta nei casi in cui «l’esercizio
dell’attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale e gli altri soci ne
erano a conoscenza» (art. 2301, comma 2).
6. Scioglimento e liquidazione
La s.n.c. si scioglie per decorso del termine, per conseguimento dell’oggetto
sociale, per sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, per volontà dei soci,
quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi non
viene ricostituita, per le altre cause previste dal contratto sociale, nonché per
provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge e per la
dichiarazione di fallimento (artt. 2308 e 2272).
Per la liquidazione valgono le stesse regole della società semplice, salvo le
formalità e la pubblicità nel registro delle imprese (art. 2309).
La nomina e l’accettazione dei liquidatori vanno depositate presso l’Ufficio del registro delle
imprese in modo che essi possano assumere, anche in giudizio, la rappresentanza della società.
Compiuta la liquidazione va redatto il bilancio finale e viene proposto ai soci il piano di riparto.
Bilancio e piano di riparto devono essere comunicati ai soci con lettera raccomandata e gli
stessi si intendono approvati se non sono impugnati nel termine di due mesi dalla comunicazione.
Con l’approvazione del bilancio la società viene cancellata dal registro delle imprese, ma le
scritture contabili e tutti i documenti vanno conservati per 10 anni dalla cancellazione.
Giurisprudenza
Per quanto riguarda gli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese,
in passato la giurisprudenza costante riteneva che la sola cancellazione dal registro delle
imprese non bastasse a determinare l’estinzione della società, essendo necessaria anche l’effettiva estinzione di tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa. Tale indirizzo è
cambiato con la sentenza del 22-2-2010, n. 4062, con la quale la Cassazione ha stabilito che,
analogamente a quanto previsto per le società di capitali e cooperative, anche per le società di
persone la cancellazione dell’iscrizione dal registro delle imprese comporta l’estinzione della
società, ma con efficacia dichiarativa, come tale opponibile ai creditori che agiscono contro
Capitolo Terzo - Le società di persone
69
i soci, essendo la natura costitutiva degli effetti della cancellazione dal registro delle imprese
riconosciuta per legge solo per le società di capitali. Tuttavia, la tutela della garanzia di parità
di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società comporta che, anche per le società
di persone, la cancellazione dell’iscrizione dal registro delle imprese dia luogo ad una vicenda
estintiva, analoga alla fine delle società di capitali e cooperative.
Successivamente, il Decreto semplificazioni (D.Lgs. 175/2014) ha stabilito che ai fini dell’attività
di accertamento, contenzioso tributario e riscossione di tributi, l’estinzione della società avrà
piena efficacia solo decorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione della società dal registro
delle imprese. L’Amministrazione finanziaria, quindi, potrà notificare atti di accertamento e
relative cartelle di pagamento anche dopo la cancellazione della società, purché entro cinque
anni, chiamando a rispondere anche i liquidatori, i soci e gli amministratori.
Da ultimo, la Corte di Cassazione, con la sentenza 2 aprile 2015, n. 6743 ha chiarito che la nuova norma sulle società estinte è valida solo dal 13 dicembre 2014 e non ha efficacia retroattiva.
7. La società in nome collettivo non registrata
La società in nome collettivo non registrata è irregolare per tutto il tempo per cui non è
iscritta nel registro delle imprese.
Le principali conseguenze della mancata registrazione del contratto costitutivo sono le seguenti:
a) i rapporti fra la società non registrata ed i terzi sono regolati dalle norme relative alla società
semplice (art. 2297).
Pertanto:
— i creditori sociali possono agire direttamente nei confronti dei soci, senza avere prima
escusso i beni sociali e sempreché sui medesimi non sia agevole il soddisfacimento (si
applica l’art. 2268 invece dell’art. 2304);
— i creditori particolari del socio possono chiedere la liquidazione della quota del socio loro
debitore in ogni momento, quando gli altri beni di questi non siano sufficienti a soddisfarli
(si applica l’art. 2270 invece dell’art. 2305).
Sono previste, però, due eccezioni all’applicazione, nei rapporti con i terzi, della disciplina
della società semplice:
— resta ferma la responsabilità solidale ed illimitata dei soci: è inefficace ogni patto contrario;
— si presume che ogni socio che agisce per la società ne sia rappresentante: i patti che limitano la rappresentanza ad alcuni dei soci sono opponibili solo a quei terzi che ne erano a
conoscenza;
b) il termine di prescrizione dei diritti sociali è di dieci anni (e non di cinque anni, come nelle
società registrate);
c) ciascun socio può provvedere alla regolarizzazione (o iscrizione successiva) o far condannare
gli amministratori a provvedervi. La regolarizzazione importa il subentrare ex nunc nella
disciplina sociale della normativa prevista per la società collettiva regolare (restano fermi,
pertanto, i diritti già acquisiti dai terzi).
Appare utile ricordare, infine, che non si ha società irregolare nelle ipotesi di mancata iscrizione
delle modifiche del contratto sociale: in tali casi si applica soltanto la regola generale dell’inopponibilità delle modifiche stesse ai terzi, a meno che si provi la loro conoscenza.
70
Parte Seconda - Le società
Oggetto
Attività anche commerciali
Diritti
Status di socio
Doveri
Società
in nome collettivo
Nei confronti dei
creditori sociali
Responsabilità
Diritto agli utili
Diritto alla liquidazione
quota
Obbligo di conferimento
Divieto di concorrenza
Illimitata
Solidale
Sussidiaria
Nei confronti dei
creditori particolari
Norme specifiche:
artt. 2291-2312
Disciplina
Norme dettate
per la s.s.
Scioglimento
Cause indicate dall’art. 2272
Provvedimento autorità governativa
Dichiarazione di fallimento
Sezione Terza
Società in accomandita semplice (artt. 2313-2324)
1. Nozione e categorie di soci
La società in accomandita semplice è una società di persone, caratterizzata
dal fatto che di essa fanno parte due diverse categorie di soci:
— la prima categoria di soci (detti accomandanti), conferendo soltanto e non
partecipando alla gestione sociale, non assume responsabilità verso i terzicreditori sociali ed ha solo l’obbligo di versare alla società il proprio apporto
(responsabilità limitata);
— la seconda categoria di soci, invece, che partecipa alla gestione ed alla direzione della società (accomandatari), assume una responsabilità illimitata e
risponde anche con il proprio patrimonio, sia pure in via sussidiaria, delle
obbligazioni sociali.
Anche la s.a.s. è fondata sull’intuitus personae, ossia sulla fiducia verso
gli accomandatari; la presenza, inoltre, delle due categorie di soci, richiesta
ab initio, deve sussistere sempre (art. 2323): se viene meno una categoria, la
società, decorsi sei mesi, deve sciogliersi.
Non è prevista un’assemblea societaria, ma nulla vieta che sia formata.
Capitolo Terzo - Le società di persone
71
In forza del richiamo operato dall’art. 2315, la disciplina della s.a.s. (artt. 2313-2324) viene
modellata sulla base di quella predisposta per la società in nome collettivo (e di conseguenza per
la stessa società semplice) con le integrazioni e le modifiche dettate dalla contemporanea presenza delle due diverse categorie di soci. Ad esempio, l’atto costitutivo della s.a.s. è soggetto alla
normativa dettata in materia di s.n.c. (artt. 2295, 2296); ai sensi dell’art. 2316, tuttavia, nell’atto
vanno altresì indicati e distinti i soci accomandatari e quelli accomandanti.
Allo stesso modo, la società agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno uno
dei soci accomandatari, con l’indicazione del rapporto sociale.
2. Particolare posizione dei soci accomandanti
A)Divieti «ex lege» posti all’accomandante
Rientrano fra i divieti posti all’accomandante, quali conseguenze della sua posizione di socio
a responsabilità limitata:
— il divieto di includere il proprio nome nella ragione sociale;
— divieto di «immistione» nell’amministrazione della società, salvo il conferimento di una
procura speciale per singoli affari.
Cosa accade se un socio accomandante acconsente all’inclusione del
proprio nome nella ragione sociale e se viola il divieto di «immistione?
Il divieto, per gli accomandanti, di includere il proprio nome nella ragione sociale risponde ad
un’esigenza di tutela dell’affidamento incolpevole dei terzi, normalmente indotti a ritenere che i
soci indicati nella ragione sociale siano responsabili illimitatamente per le obbligazioni sociali.
In base alla stessa esigenza di tutela si giustifica altresì la sanzione della perdita del beneficio
della responsabilità limitata disposta a carico dell’accomandante consenziente all’inclusione
del proprio nome nella ragione sociale.
L’accomandante che, contravvenendo al divieto di immistione nell’amministrazione della società, compia anche un solo atto di amministrazione (anche se non importante o non implicante
rapporti con i terzi), tratti o concluda affari in nome della società, risponde (allo stesso modo
dell’accomandante che abbia acconsentito all’inserimento del proprio nome nella ragione
sociale) illimitatamente e solidalmente verso i terzi e, inoltre, può essere escluso dalla società a
norma dell’art. 2286 (art. 2320, 1° comma).
In tali casi il socio, pur restando sempre accomandante, sarà esposto al fallimento conseguente
al fallimento della società (art. 147 L.F.).
B)Poteri degli accomandanti
Gli accomandanti, per legge:
— sono tenuti a prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori;
— hanno diritto alla comunicazione ed al controllo del bilancio e del conto profitti e perdite;
— non devono restituire gli utili accertati successivamente inesistenti, ma riscossi in buona fede
secondo il bilancio regolarmente approvato (art. 2321).
3. Trasferimento della quota (art. 2322)
La quota dell’accomandante (che ha conferito solo beni, senza partecipare
all’amministrazione) è trasferibile mortis causa ed inter vivos purché, in questa ultima ipotesi, con l’approvazione della maggioranza del capitale e salvo
diversa disposizione dell’atto costitutivo. Quella, invece, dell’accomandatario
72
Parte Seconda - Le società
si trasmette con il consenso unanime dei soci ex art. 2252 e, in caso di morte,
anche con il consenso degli eredi ex art. 2284.
4. La società in accomandita semplice non registrata
La mancanza di registrazione dell’atto costitutivo della s.a.s. si limita a determinare una disciplina parzialmente diversa del rapporto sociale, ma la società conserva — pur nella condizione di
irregolarità — le caratteristiche proprie dell’accomandita, ossia la presenza di soci che godono del
beneficio della responsabilità limitata.
I rapporti fra società e terzi sono regolati dall’articolo 2297, pertanto:
— i creditori particolari del socio hanno il diritto di chiedere la liquidazione della sua quota;
— i creditori sociali possono agire contro i soci senza la necessità della preventiva escussione del
patrimonio sociale.
Resta ferma, comunque, la limitazione di responsabilità degli accomandanti, obbligati solo in
ragione del loro conferimento, «salvo che abbiano partecipato alle operazioni sociali» (art. 2317).
Accomandatari
Soci
Accomandanti
Amministrazione
Società
in accomandita
semplice
Disciplina
Soci accomandatari
Norme specifiche:
artt. 2313-2324 c.c.
Norme dettate per la s.n.c.
Cause previste per la s.s.
Scioglimento
Sopravvenuta mancanza di una delle categorie di soci se non ricostituita nel termine di sei mesi
A
Abuso di posizione dominante art. 102
TFUE; art. 3 L. 10-10-1990, n. 287
Pratica monopolistica consistente nel comportamento dell’imprenditore che, avendo conquistato
una posizione di ingente influenza sul mercato,
ne abusa con la conseguenza di ostacolare il
gioco effettivo della concorrenza (es.: imposizione di condizioni contrattuali particolarmente
gravose, disparità di trattamento fra diverse parti
contrattuali), facendo venir meno il principio di
libera iniziativa economica. L’(—) è vietata sia a
livello europeo sia a livello nazionale: l’elusione
di tale divieto comporta la nullità assoluta della
fattispecie e sanzioni che possono giungere,
nei casi di maggiore gravità, alla sospensione
dell’attività di impresa.
Accertamento dell’attivo
[vedi → Liquidazione dell’attivo].
Accertamento del passivo
Procedura volta a verificare la presenza dei creditori e l’eventuale esistenza, in loro favore, di
titoli preferenziali in ordine al soddisfacimento
delle rispettive pretese.
• (—) nel fallimento artt. 92-103 R.D. 16-31942, n. 267; D.Lgs. 9-1-2006, n. 5: D.Lgs. 129-2007, n. 169; D.L. 18-10-2012, n. 179, conv.
in L. 17-12-2012, n. 221; D.L. 3-5-2016, n. 59,
conv. in L. 30-6-2016, n. 119
Nella procedura fallimentare, la fase di (—) si
presenta alquanto articolata. In particolare, con
esso si provvede alla: verifica dei crediti; verifica
delle domande di rivendicazione, restituzione e
separazione delle cose mobili ed immobili in
possesso del fallito.
L’(—) ha inizio con le domande di ammissione
al passivo che i creditori debbono presentare
almeno 30 giorni prima dell’udienza fissata per
l’esame dello stato passivo. Il decreto crescita
bis (D.L. 179/2012, conv. in L. 221/2012) ha
introdotto l’obbligo di presentare domanda di
ammissione al passivo in via telematica, inoltrandola direttamente al curatore.
Sulla base delle domande, il curatore predispone
il progetto di stato passivo.
Il progetto di stato passivo è depositato in cancelleria dal curatore almeno 15 giorni prima di
quello previsto per l’adunanza per l’esame del
passivo, affinché i creditori, i terzi ed il fallito
possano prenderne visione e presentare osser-
vazioni scritte e i documenti integrativi fino a
cinque giorni prima dell’udienza. Tale termine
(precedentemente abrogato dal D.Lgs. 169/2007)
è stato reintrodotto dal D.L. 179/2012, conv. in
L. 221/2012.
Segue l’udienza di verifica, in cui il giudice
delegato decide su ciascuna domanda con
decreto, accogliendola, respingendola o dichiarandola inammissibile. Il D.L. 59/2016, conv.
in L. 119/2016, ha previsto che in relazione al
numero di creditori e all’entità del passivo il
giudice delegato può stabilire che l’udienza sia
svolta in via telematica con modalità idonee
a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva
partecipazione dei creditori, anche utilizzando
le strutture informatiche messe a disposizione
della procedura da soggetti terzi.
Secondo le precisazioni inserite in proposito dal
decreto correttivo (D.Lgs. 12 settembre 2007, n.
169) in vigore dal 1° gennaio 2008, il decreto con
cui il giudice delegato accoglie o rigetta il credito
deve essere sempre succintamente motivato.
Avvenuta la verifica, il giudice delegato forma
lo stato passivo e con decreto lo dichiara esecutivo (art. 96 L.F.). Il decreto crescita bis (D.L.
179/2012, conv. in L. 221/2012) ha previsto che
la comunicazione dell’esito dell’accertamento
del passivo deve essere data a mezzo posta
elettronica certificata. Il curatore non dovrà più
informare, con apposita comunicazione, ciascun
creditore circa l’esito della domanda di insinuazione allo stato passivo, ma si dovrà limitare
ad inviare copia a ciascun creditore dello stato
passivo reso esecutivo avvertendo gli stessi che,
in caso di mancato accoglimento della domanda,
potranno proporre opposizione [vedi → Opposizione allo stato passivo].
• (—) nel concordato preventivo
A differenza che nel fallimento, manca in questa
procedura un procedimento giurisdizionale appositamente volto alla verifica dei crediti. Dopo
l’annotazione sui libri contabili dell’imprenditore del decreto di ammissione alla procedura,
annotazione da eseguirsi a cura del giudice
delegato, il commissario giudiziale procede al
controllo dell’elenco dei debitori e dei creditori
così come formato dall’imprenditore, ai soli fini
dell’adunanza di approvazione della proposta di
concordato.
• (—) nella liquidazione coatta amministrativa
art. 209 R.D. 16-3-1942, n. 267; D.Lgs. 12-92007, n. 169
In tale procedura, l’accertamento del passivo
è demandato al commissario liquidatore e, il
242
Accettazione della cambiale
relativo procedimento è svincolato dall’iniziativa
dei creditori. Il commissario liquidatore, perciò,
forma lo stato passivo d’ufficio, senza che occorra una domanda di insinuazione da parte dei
creditori. Egli redige, entro novanta giorni dalla
data del provvedimento di liquidazione, l’elenco
dei crediti ammessi o respinti e delle domande
di rivendicazione, restituzione e separazione
ammesse o respinte e provvede, poi, a depositarlo
nella cancelleria del tribunale che ha dichiarato
lo stato di insolvenza, dando comunicazione
dell’esito della verifica ai creditori comunque
esclusi. Con il deposito lo stato passivo diviene
esecutivo.
Se in tale fase sorgono controversie, la loro
risoluzione è rimessa al tribunale, nelle forme
stabilite per le opposizioni e le impugnazioni
dei creditori in sede di fallimento: si ha, così,
l’inserimento di una vera e propria fase giurisdizionale nella fase prettamente amministrativa di
accertamento del passivo, allo scopo di fornire
un’adeguata tutela ai diritti dei creditori opponenti e del debitore.
• (—) nell’amministrazione straordinaria
delle grandi imprese in crisi art. 53 D.Lgs.
8-7-1999, n. 270
In questa procedura l’(—) prosegue sulla base
delle disposizioni della sentenza dichirativa
dello stato di insolvenza, secondo il procedimento previsto dagli articoli 93 e seguenti
della legge fallimentare con l’unica differenza
che al curatore è sostituito il commissario
straordinario.
Accettazione della cambiale artt. 26 ss. R.D.
14-12-1933, n. 1669
L’(—) è l’atto negoziale con cui il trattario entra
nel rapporto cambiario [vedi → Cambiale] e si
obbliga a pagare la somma indicata nel titolo: in
tal modo il trattario diviene obbligato cambiario
principale. L’(—) è, dunque, istituto della sola
cambiale tratta. L’(—) è espressa con le parole
«accettato», «visto» o anche con la semplice
sottoscrizione del trattario sulla facciata anteriore
del titolo.
Accomandante
[vedi → Socio].
Accomandatario
[vedi → Socio].
Accomandita
[vedi → Società].
Accordo di ristrutturazione art. 182 bis
R.D. 16-3-1942, n. 267; D.L. 14-3-2005, n. 34,
conv. in L. 14-5-2005, n.80; D.Lgs. 12-9-2007,
n. 169; D.L. 31-5-2010, n. 78, conv. in L. 30-72010, n. 122; D.L. 6-7-2011, n. 98, conv. in L.
15-7-2011, n. 111; D.L. 22-6-2012, conv. in L.
7-8-2012, n. 134; D.L. 27-6-2015, n. 83, conv.
in L. 6-8-2015, n. 132
Nell’ambito della disciplina del concordato
preventivo, il D.L. 35/2005 ha introdotto la
possibilità di stipulare un piano stragiudiziale di
ristrutturazione e ha, a tal fine, previsto un nuovo
art. 182bis L.F. Si tratta di una procedura che velocizza il risanamento dell’esposizione debitoria
perché basata su patti stragiudiziali fra debitore
e parte dei creditori (almeno il 60%) suffragata
dalla relazione di un esperto (iscritto nel registro
dei revisori) sulla convenienza economica degli
stessi. Il decreto correttivo alla riforma (D.Lgs.
169/2007), ha chiarito che l’accordo può essere
presentato dall’imprenditore che si trova «in
stato di crisi», quindi non ancora pervenuto nella
più grave situazione di insolvenza.
Se tale imprenditore intende chiedere l’omologazione dell’accordo stragiudiziale, deve depositarlo nella cancelleria del Tribunale, unitamente
alla documentazione prevista dall’art. 161 L.F.
e alla relazione redatta dal professionista. Il
D.L. 83/2012, conv. in L. 134/2012, ha fissato i
termini entro i quali deve avvenire il pagamento
integrale dei creditori non aderenti all’accordo.
L’accordo è poi pubblicato nel registro delle
imprese (momento da cui acquista efficacia)
ed i creditori ed ogni altro interessato possono
proporvi opposizione entro 30 giorni. Il Tribunale, decise le opposizioni con decreto motivato,
procede in camera di consiglio all’omologazione,
o rigetta la domanda, o la dichiara inammissibile.
Il D.Lgs. 169/2007 ha previsto la più coerente
reclamabilità del decreto di omologazione (art.
183 L.F.), in virtù della nuova natura di tale
provvedimento (decreto e non sentenza) pronunciato all’esito di un procedimento camerale.
Il reclamo è proponibile alla Corte d’appello, la
quale provvede in camera di consiglio.
Gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere
in esecuzione dell’accordo omologato sono esenti da revocatoria. Il D.Lgs. 169/2007 ha inoltre
introdotto una disposizione volta a tutelare il patrimonio dell’imprenditore da eventuali iniziative proposte da terzi estranei all’accordo: infatti,
dalla data di pubblicazione dell’accordo e per 60
giorni, i creditori per titolo e causa anteriore a
Agenzia
tale data non possono iniziare o proseguire azioni
esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.
Il D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010 ha previsto
un’estensione delle situazioni in cui è esclusa per
i creditori la possibilità di iniziare o proseguire
azioni cautelari o esecutive anche nella fase delle
trattative funzionali alla conclusione dell’accordo di ristrutturazione.
Successivamente, il D.L. 83/2012, conv. in L.
134/2012, ha chiarito che il divieto temporaneo a
tali azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del
debitore comprende anche il divieto di acquisire
titoli di prelazione se non concordati. Inoltre,
è stato chiarito che il divieto per i creditori di
iniziare azioni cautelari o esecutive anche nella
fase delle trattative funzionali alla conclusione
dell’(—) si conserva anche qualora, nel corso
di questa fase preliminare, il debitore che ha
presentato domanda di accordo di (—) cambi
idea, e quindi presenti domanda di concordato
preventivo.
Il D.L. 78/2010, conv. in L. 122/2010 ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina degli (—), al
fine di facilitare l’accesso al credito alle imprese
in stato di crisi e di favorire, appunto, gli (—).
In particolare, è stata riconosciuta la prededucibilità ai finanziamenti erogati in esecuzione e in
funzione della presentazione di (—) e concordati,
in caso di insuccesso e successivo fallimento.
Il D.L. 83/2015, conv. in L. 132/2015 ha introdotto un nuovo particolare accordo di ristrutturazione con effetti per banche e intermediari
finanziari. Qualora l’impresa in crisi abbia
contratto debiti verso intermediari finanziari pari
almeno al 50% dell’indebitamento complessivo,
può individuare per tali creditori finanziari categorie omogenee, all’interno delle quali l’approvazione del 75% (del credito della categoria)
rende efficace e vincolante l’accordo per tutti i
membri del gruppo (fermo restando l’integrale
pagamento dei creditori non finanziari).
Agenzia [contratto di] artt. 1742 ss. c.c.;
D.Lgs. 10-9-1991, n. 303; D.Lgs. 15-2-1999, n.
65; L. 29-12-2000, n. 422; D.Lgs. 26-3-2010,
n. 59; D.L. 31-5-2010, n. 78, conv. in L. 30-72010, n. 122
È il contratto con cui una parte (agente) assume
stabilmente l’incarico di promuovere per conto
dell’altra (preponente), verso retribuzione, la
conclusione di contratti in una zona determinata.
L’agente opera a proprio rischio e con organizzazione autonoma, senza vincolo alcuno di
subordinazione: si tratta quindi di un impren-
243
ditore commerciale [vedi →], o meglio di un
ausiliario autonomo dell’imprenditore [vedi →
Ausiliari dell’imprenditore] preponente; può,
tuttavia, assumere talvolta la figura di lavoratore
parasubordinato. Elemento naturale, ma non
essenziale, del contratto è il reciproco diritto
di esclusiva, per il quale il preponente non può,
salvo patto contrario, avvalersi di più agenti
nella stessa zona e l’agente non può svolgere
le stesse mansioni per ditte concorrenti nella
stessa zona.
L’agente ha diritto alla provvigione per tutti
gli affari conclusi durante la vigenza del contratto ancorché non ancora eseguiti, quando
l’operazione si è realizzata per effetto del suo
intervento. Ha inoltre diritto alla provvigione
per gli affari conclusi dopo lo scioglimento del
contratto, qualora la conclusione degli stessi sia
prevalentemente dovuta all’attività da lui svolta.
All’atto di cessazione del rapporto il preponente
è tenuto a corrispondere all’agente una indennità
di fine rapporto in presenza di particolari condizioni descritte dalla legge (art. 1751).
In passato, le diverse leggi di settore prevedevano che, per esercitare le attività di agente o
rappresentante di commercio, agente di affari in
mediazione, mediatore marittimo, occorresse la
preventiva iscrizione negli appositi ruoli tenuti
dalle camere di commercio.
In materia è intervenuto, dapprima, il D.Lgs.
59/2010, che ha disposto la soppressione dei
ruoli degli agenti di affari in mediazione, degli
agenti e rappresentanti di commercio, dei mediatori marittimi e dell’elenco degli spedizionieri,
prevedendo che l’esercizio di tali attività fosse
soggetto ad una dichiarazione di inizio di attività
(DIA) da presentare alla camera di commercio
competente per territorio, tramite lo sportello
unico per le attività produttive.
Successivamente, invece, con la conversione,
ad opera della L. 122/2010, del D.L. 78/2010,
la dichiarazione di inizio attività (DIA) è stata
sostituita dalla segnalazione certificata di
inizio attività (SCIA).
La SCIA deve:
— essere presentata al registro delle imprese
della camera di commercio di competenza
nel giorno dell’inizio dell’attività economica; per le sole persone fisiche, la SCIA
andrà presentata alla camera di commercio
della provincia presso la quale si intende
iniziare lo svolgimento dell’attività e determinerà la loro iscrizione al ruolo/elenco
corrispondente;
244
All’ordine
— essere allegata ad un modello di comunicazione unica e di iscrizione/variazione al
registro delle imprese;
— contenere le autocertificazioni necessarie
per documentare il possesso dei requisiti
personali, morali e professionali previsti
dalle normative.
Dopo aver presentato la SCIA, il nuovo imprenditore può iniziare a svolgere l’attività senza
aspettare i 30 giorni previsti dalla normativa
precedente. Le amministrazioni hanno 60 giorni
a disposizione per esercitare i controlli e prendere
i provvedimenti necessari.
All’ordine
Clausola che si applica ad alcuni titoli di credito
[vedi →] che vengono intestati ad una determinata persona e si trasferiscono con la consegna
del titolo munito di girata [vedi →].
Al portatore, invece, sono quei titoli per il cui
trasferimento è sufficiente la consegna degli stessi.
Amministratore delegato art. 2381 c.c.
È la persona cui il consiglio di amministrazione
delega parte dei suoi poteri, se l’atto costitutivo
[vedi →] o l’assemblea dei soci [vedi →] lo
consentono.
Non possono essere delegate le attribuzioni
riguardanti la emissione di obbligazioni convertibili, la redazione del bilancio, l’aumento
e la riduzione del capitale sociale, la redazione
dal progetto di fusione e di scissione. Il consiglio di amministrazione esercita un potere di
direttiva e di controllo sull’operato del­l’(—) e
può sostituirsi a questo in qualunque momento
per svolgere gli atti rientranti nelle attribuzioni
delegate, ovvero impartirgli direttive vincolanti.
Amministratore unico artt. 2380 ss. c.c.
È l’organo unipersonale al quale l’atto costitutivo
[vedi →] o l’assemblea dei soci [vedi →] affida i
poteri di amministrazione nelle società per azioni
nel caso in cui tali poteri non siano attribuiti al
consiglio d’amministrazione [vedi →] (organo
collegiale).
Amministratori delle società artt. 2257-
2260, 2298, 2318, 2319, 2380-2395, 2409,
2455-2458, 2475, 2542, 2544 c.c.
Sono organi della società [vedi →] che svolgono
attività di gestione e di direzione dell’attività
imprenditoriale, dando così esecuzione al contratto sociale.
Il potere di amministrare è normalmente, ma
non necessariamente, connesso con il potere
rappresentativo, per cui può accadere che uno o
più amministratori siano privi della rappresentanza della società.
• (—) nelle società di persone artt. 2257 ss.,
2298 c.c.
Il potere di amministrazione, per principio generale, spetta a ciascun socio con responsabilità
illimitata, disgiuntamente dagli altri soci (artt.
2257, 2293 c.c.) salvo diversa pattuizione. È
prevista, comunque, la possibilità di amministrazione congiuntiva.
• (—) nelle società di capitali artt. 2380-2395,
2434 e 2475 c.c.
È prevista la nomina di un (—) unico, ovvero
di più (—), che costituiscono il consiglio di
amministrazione.
Il consiglio agisce collegialmente e delibera a
maggioranza assoluta dei presenti, con divieto
del voto per rappresentanza (art. 2388 c.c.).
Con riguardo particolare alla S.r.l., l’art. 2475
prevede, nell’ipotesi in cui si formi un consiglio
di amministrazione, il rinvio alle disposizioni di
cui agli artt. 2257 e 2258 in materia di società
di persone (amministrazione congiuntiva o
disgiuntiva).
La competenza degli (—) ha carattere generale
e si estende a tutte quelle operazioni necessarie
per l’attuazione dell’oggetto sociale.
Gli (—) sono civilmente responsabili:
— verso la società, per l’inadempimento degli
obblighi imposti dalla legge o dal contratto
sociale (artt. 2392, 2393, 2393bis c.c.);
— verso i creditori sociali, per l’inosservanza
degli obblighi inerenti alla conservazione
ed all’integrità del patrimonio sociale (art.
2394, 2394bis c.c.);
— verso i singoli soci ed i terzi non creditori,
per i danni ad essi arrecati, con colpa o dolo,
nell’esercizio delle loro funzioni (art. 2395
c.c.).
• (—) nelle società cooperative art. 2542 c.c.
La maggioranza degli (—) deve essere scelta tra
i soci cooperatori ovvero tra le persone indicate
dai soci cooperatori persone giuridiche.
Amministrazione [sistemi di]
Con l’entrata in vigore della riforma del diritto
societario (1° gennaio 2004) l’organizzazione
delle s.p.a. può essere realizzata secondo tre
diversi modelli in cui sono in ogni caso individuabili un organo amministrativo, un organo
Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza
decisionale ed uno di controllo. Tali diversificati
sistemi organizzativi si articolano nel:
— sistema tradizionale, che accanto ai consueti
organi sociali prevede la presenza di un revisore esterno (società o persona fisica) cui
sono affidati compiti di revisione legale dei
conti;
— sistema dualistico, composto da un consiglio
di gestione e da un consiglio di sorveglianza;
— sistema monistico, composto da un consiglio
di amministrazione e da un comitato di controllo.
La società sceglie il sistema organizzativo liberamente, indicando la propria opzione nell’atto
costitutivo. Se nulla è stabilito si presume che
la società abbia scelto il sistema tradizionale.
Amministrazione dei beni del fallito artt.
84-90 R.D. 16-3-1942, n. 267; D.gs. 9-1-2006,
n. 5; D.Lgs. 12-9-2007, n. 169
È quel complesso di attività finalizzato alla
conservazione o al recupero dei beni esistenti
nel patrimonio fallimentare in funzione della
soddisfazione paritaria dei creditori concorsuali.
La (—) è demandata al curatore [vedi →], che
opera previa autorizzazione del comitato dei
creditori [vedi →] e sotto il controllo del giudice
delegato. In particolare il curatore può compiere
liberamente gli atti di ordinaria amministrazione
(atti conservativi, esazione di crediti, vendita di
beni deteriorabili etc.) e con l’autorizzazione
del comitato dei creditori quelli di straordinaria
amministrazione (transazioni, rinunzie alle liti,
accettazioni di eredità etc.). Il decreto correttivo alla riforma fallimentare ha precisato che
il curatore, nel richiedere tale autorizzazione,
deve formulare le proprie osservazioni sulla
convenienza dell’affare.
Amministrazione controllata artt. 187-193
R.D. 16-3-1942, n. 267; D.Lgs. 9-1-2006, n. 5
Procedura concorsuale di tipo conservativo
prevista dall’originaria formulazione della
legge fallimentare e soppressa dalla riforma
delle procedure concorsuali a far corso dal 16
luglio 2006 (D.Lgs. 5/2006). Essa consentiva
al debitore in temporanea difficoltà di prevenire l’insolvenza, quindi la dichiarazione di
fallimento [vedi → Fallimento], in presenza di
comprovate possibilità di risanare l’impresa.
L’(—) costituiva, in sostanza, una dilazione che
i creditori concedevano al debitore per la estinzione integrale dei debiti nel tempo massimo di
due anni, mentre l’impresa continuava ad essere
245
gestita dal debitore medesimo sotto il controllo
di un commissario e la direzione del giudice. Nel
frattempo il patrimonio dell’imprenditore non
poteva essere aggredito dalle azioni esecutive
dei singoli creditori.
Amministrazione
straordinaria delle
grandi imprese in stato di insolvenza
D.L. 30-1-1979, n. 26, conv. in L. 3-4-1979, n.
95; D.Lgs. 8-7-1999, n. 270; L. 24-12-2007, n.
244; D.L. 28-8-2008, n. 134, conv. in L. 27-102008, n. 166; D.L. 13-5-2011, n. 70, conv. in L.
12-7-2011, n. 106; D.L. 22-6-2012, conv. in L.
7-8-2012, n. 134; D.L. 18-10-2012, 179, conv.
in L. 17-12-2012, n. 221; D.L. 5-1-2015, n. 1,
conv. in L. 4-3-2015, n. 20; D.L. 1°-10-2015, n.
154, conv. in L. 29-11-2015, n. 189
Procedura concorsuale [vedi →] di tipo
conservativo, finalizzata alla continuazione
dell’impresa attraverso l’attuazione di un piano
di risanamento, per salvaguardarne tutti i residui valori tecnici, commerciali, produttivi ed
occupazionali.
Introdotta con la L. 95/1979, la disciplina
dell’(—) è stata ridisegnata dal D.Lgs. 8-7-1999,
n. 270, in attuazione della delega ricevuta ex art.
1 L. 274/1998.
Possono accedere all’(—) le imprese che abbiano i requisiti previsti dall’art. 2 del D.Lgs.
270/1999:
Gli organi preposti, oltre al Tribunale fallimentare sono il commissario giudiziale, il commissario straordinario, il comitato di sorveglianza.
L’(—) può realizzarsi attraverso tre procedure:
— un programma di rivalutazione e successiva
cessione dei complessi aziendali, di durata
non superiore ad un anno;
— un programma di ristrutturazione economica
e finanziaria, di durata non superiore a due
anni;
— un programma di cessione dei complessi di
beni e contratti, della durata massima di un
anno, per le società operanti nel settore dei
servizi pubblici essenziali.
Spetta al Tribunale fallimentare valutare se,
al termine del periodo concesso, siano stati
raggiunti gli obiettivi di risanamento prefissati,
valutazione che può essere fatta anche prima
della scadenza, qualora il Tribunale ritenga gli
obiettivi non più raggiungibili. In tal caso il
Tribunale revoca l’(—) e dichiara il fallimento
[vedi →] dell’impresa.
Le novità introdotte successivamente dal D.L.
83/2012 (cd. crescita), conv. in L. 134/2012,
Scarica